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Ho scelto come immagine di copertina l'Ercole farnese, che oggi viene custodito nel Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, perché risulta incredibile pensare che ai tempi dell'antica
Grecia alcuni uomini avessero già raggiunto uno sviluppo fisico paragonabile a quello di
alcuni Body Builders moderni.
Ciò prova che la scienza dell'esercizio, attraverso l'aumento progressivo dei carichi di
lavoro, era già stata capita e veniva di certo applicata attraverso protocolli ben definiti, da
molti atleti, visto che la probabilità che un uomo sia così dotato geneticamente da poter
sviluppare masse muscolari come quelle mostrate da colui che fece da modello per la
scultura, è di circa 1 a 10.000.
L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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INDICE
PENSIERO LIBERO PER MANTENERE UNA
MENTE APERTA ________________________ 3
PREFAZIONE ___________________________ 5
INTRODUZIONE ________________________ 7
PREMESSA ____________________________ 13
CAPITOLO PRIMO_______________ 16
TEORIA PER LA GIUSTA COMPRENSIONE DELLA LA NATURA DELL’ INTENSITÀ _______________ 41
SCIENZA DEL BODY BUILDING ______________ 16
PROBLEMI RISCONTRABILI DURANTE
PREMESSE PER LA COSTRUZIONE DI UNA L’ATTUAZIONE DI PROGRAMMI DI LAVORO AD
CORRETTA TEORIA _______________________ 17 ALTA INTENSITÀ _________________________ 44
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Il pensatore libero e un avversario della teoria delle élites e di ogni concezione che preveda "scelte
avanzate”, "illuminati”. Il pensatore libero prova disgusto a tenere gli uomini sotto tutela e
soggiogati all'autorità, egli, infatti, odia la violenza e ritiene che questa possa essere limitata e posta
sotto il controllo della ragione. Il pensatore libero è una persona a cui importa più di imparare che di
avere ragione e che, quindi, è pronto ad imparare dagli altri, soprattutto dalle critiche che gli altri
rivolgono alle sue proposte. In altre parole, Il pensatore libero è un uomo che ha fatto proprio un
atteggiamento di disponibilità a prestare ascolto ad argomenti critici e ad imparare dall'esperienza,
in sostanza, l'atteggiamento di chi è disposto ad ammettere che io posso aver torto e tu puoi aver
ragione, ma per mezzo di uno sforzo comune possiamo avvicinarci alla verità.
Il pensatore libero , come ogni razionalista critico, sarà sempre consapevole di quanto poco sa, e del
semplice fatto che, qualsiasi facoltà critica o ragione possegga, egli ne è debitore ai rapporti
intellettuali con gli altri. Sarà dunque portato a giudicare gli uomini fondamentalmente uguali, e a
vedere nella ragione umana un legame che riunisce. La ragione per lui è esattamente il contrario di
uno strumento di potere e di violenza: egli vede in essa un mezzo con cui sottomettere il potere e la
violenza. Il pensatore libero dunque, ha fiducia nella ragione, ma non crede nell'onnipotenza della
ragione.
Il pensatore libero non solo tollera la critica, ma la sollecita, la favorisce. Egli sa che il segreto
dell'eccellenza intellettuale è lo spirito di critica, è l'indipendenza intellettuale, sa che l'approccio
critico va considerato un dovere, sa che non esistono critiche distruttive e critiche costruttive, le
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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critiche sono sempre costruttive. Esse, infatti, ci aiutano a scoprire gli errori che, essendo fallibili,
possiamo aver commesso, esse ci fanno acquisire una miglior conoscenza del problema che stiamo
cercando di risolvere.
Il pensatore libero sa che la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli
errori. Nella scienza come nella vita nella politica come nel mercato vige il metodo di
apprendimento dagli errori. Il totalitarismo ha scritto Luigi Einaudi vive col monopolio; la libertà
vive perché vuole la discussione fra la libertà e l'errore.
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Prefazione
Il mio incontro con Enrico Dell’olio è avvenuto per una serie di circostanze fortuite e
casuali, sullo sfondo di tre elementi che ci accomunano: il metodo Heavy Duty
ovviamente, la passione per i viaggi, ed un libro…
Naturalmente, prima di conoscere Enrico di persona ne avevo da sempre apprezzato
la preparazione tecnica e la proprietà di linguaggio, avendo letto moltissimi suoi
interessanti ed esaustivi articoli sulle varie riviste del settore. A questo punto ed in
questo contesto, spendere parole d’elogio per Enrico Dell’olio sarebbe cosa sin
troppo facile, visto il suo enorme background tecnico e culturale, ed io non
aggiungerei nulla di nuovo per chi lo conosce già. Per chi non lo conosce posso dire
soltanto che, pochissime volte nell’ambiente del body building si ha la fortuna di
incontrare un professionista del suo calibro; sempre chiaro, esaustivo, scientifico e
pragmatico nell’approccio alle cose e soprattutto, sempre onesto nelle risposte.
Questo libro a mio avviso, è un espressione chiara ed eloquente di tutto ciò.
Troppe volte, fino alla nausea, ci è stato detto che il body building non è una scienza
esatta, che ciò che funzionerà su una persona non funzionerà per un'altra, che per
ottenere risultati con il body building occorrono 25 serie per i gruppi grandi, 15 per i
più piccoli, oppure 20 per i primi e 10 per i secondi, che bisogna allenarsi almeno 4
volte alla settimana, oppure 5, o ancora 5 volte ma per due volte al giorno per
ottimizzare i risultati e tanto, tanto altro…, con la conseguenza di generare nei
neofiti, ma anche nei più esperti, sempre più confusione. Basta sfogliare qualche
rivista del settore per rendersi conto che l’una propone e decanta un metodo di
allenamento, mentre l’altra dice l’esatto contrario.
Dove sta la verità delle cose? Quale filosofia allenante bisogna seguire? Chi ha
ragione?
Per dare una risposta chiara a questi quesiti, occorre demolire, con argomenti chiari e
scientifici, il più grande luogo comune del body building: ovvero che questo non sia
una scienza esatta.
Con questo libro Enrico Dell’olio prima affronta e demolisce ad uno ad uno i luoghi
comuni ancora troppo radicati nella testa di molti frequentatori di palestre (dal
semplice praticante del fitness, all’atleta più avanzato), e lo fa con argomentazioni e
dati alla mano che non lasciano spazio ad altre interpretazioni. Successivamente
illustra la scientificità di una efficace e produttiva strutturazione di un programma di
allenamento, anche qui con argomentazioni chiare e dettagliate, che non lasciano
spazio ad ulteriori dubbi.
Un volume questo, che dovrebbe far parte della libreria personale di ogni preparatore
atletico, personal trainer, istruttore di palestra, ma anche e soprattutto di ogni
appassionato del settore che cerca risposte chiare ed esaurienti, che non diano spazio
a quella perversa confusione che l’ha fatta da padrone per troppo tempo.
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Dopo aver trovato una direzione indicataci da quel grande campione e uomo che fu
Mike Mentzer (l’inventore del metodo H. D.) e dal grande teorico Arthur Jones,
finalmente un libro sull’argomento scritto da un autore italiano, che contribuisce in
modo chiaro, diretto ed efficace, a dissipare quella nebbia intellettuale sulla quale,
neofiti confusi, allenatori e tecnici improvvisati si sono crogiolati per troppo tempo.
Un libro scritto da una grande persona, prima ancora che da un professionista di
altissimo livello, del quale sono fiero ed onorato di ritenermi amico.
Massimiliano Ratta,
personal trainer.
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Introduzione
Una domanda ovvia, almeno all’ apparenza, ma che definisce un reale approccio,
filosofico/scientifico, al problema.
Per rispondere alla domanda, dobbiamo prima fare un salto indietro e compiere un’
escursione all’ interno del mondo delle riviste del settore.
Poiché le riviste oggi, sono l’ unica fonte di notizie in relazione al Body Building,
automaticamente sono diventate per la maggior parte dei praticanti delle vere e
proprie bibbie; basta che vi appaia un articolo, perché questo venga automaticamente
legittimato e investito di quella sacralità che “indubbiamente” dovrebbe meritare.
Fino a qui tutto bene, se non fosse per il fatto, che spesso ci dimentichiamo che le
riviste non sono altro che grandi cataloghi pensati principalmente per pubblicizzare
integratori o attrezzature sportive.
Vi siete mai accorti che spesso nella stessa rivista leggete un articolo e, qualche
pagina dopo ne leggete un altro che asserisce esattamente il contrario del primo?
Oppure, avete mai letto un articolo che parli delle presunte qualità miracolose di un
integratore, e, alla fine dello stesso per qualche fortuita circostanza trovate una bella
pubblicità dell’integratore di cui stavate leggendo….??
E’ vero che la vita è piena di coincidenze, ma queste, non vi sembrano essere
veramente troppe?
I falsi guru dei nostri tempi ci dicono che non esistono “principi universali” di
allenamento; che essendo noi tutti differenti non possiamo e non dobbiamo allenarci
tutti nello stesso modo.
Poi, iniziano ad enunciarci i loro “principi” dicendoci che dobbiamo allenare i
muscoli grossi con 12/20 serie e quelli piccoli con 8/10, che le ripetizioni debbono
essere 10/12, ma non ci avevano detto che non esistono “principi universali” a tutti
applicabili???
Alcuni ci dicono che dobbiamo allenarci 4 giorni la settimana, altri 6, altri ancora 2
volte al giorno.
A questo punto credo si possa dire tutto ed il contrario di tutto.
Perché allora fermarsi a 12/20 ripetizioni e non farne 40/60/100?
Perché fare 12/20 serie quando magari 40/50 sono meglio.
Credo che incominciate a rendervi conto di quanto poco sia logico e scientifico quello
che spesso troviamo sui giornali.
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Per capire meglio perché i muscoli crescono, devo introdurvi a quella che viene
chiamata la G.A.S. Theory, o meglio ancora in italiano, la teoria della SINDROME
DI ADATTAMENTO GENERALE.
Il primo ad enunciarne i principi e a definirla fu un fisiologo di origine austriaca
chiamato Hans Selye circa alla metà del secolo passato.
Lo studio che Selye realizzò non era di certo indirizzato alla spiegazione della
crescita muscolare, ma molto più generico, e, proprio per questo applicabile ad ogni
tipo di sollecitazione e relativa risposta a cui un organismo nel corso della sua
esistenza si trova ad essere sottoposto.
Riporto testualmente la sua definizione di STRESS tratta dal suo libro:
“THE STRESS OF LIFE”.
“Lo STRESS è il comune denominatore di tutte le reazioni di adattamento nel corpo”;
continuando Selye specifica meglio il concetto: “Lo STRESS è la manifestazione di
una specifica sindrome che consiste in tutti i cambiamenti non specifici indotti
all’interno di un sistema biologico”.
Più semplicemente lo Stress ha specifiche caratteristiche e composizione, ma non una
causa particolare.
Da ciò si evince che il nostro organismo qualsiasi sia la causa esterna (STRESS) che
lo colpisce, mette in atto sempre lo stesso schema di risposte biologiche.
Selye definì tale schema attraverso tre passaggi:
• Fase di ALLARME.
• Fase di RESISTENZA e ADATTAMENTO.
• Fase di ESAURIMENTO.
Perché vi ho parlato della G.A.S. e che cosa centra con il Body Building?
Se ragioniamo in termini scientifici, possiamo definire la crescita muscolare come
una sorta di adattamento dell’ organismo ad uno Sress imposto.
In sostanza i muscoli crescono perché quando ci alleniamo imponiamo al nostro
organismo un super lavoro, che termina spesso con la lacerazione delle fibre
muscolari, l’ accumulo di radicali liberi e acido lattico al loro interno (da cui, almeno
in parte, il dolore che avvertiamo i giorni seguenti ad un allenamento intenso).
Il nostro corpo per poter meglio sopportare un futuro evento simile si “difende”
aumentando la sua capacità di produrre lavoro; come?
Sviluppando più massa muscolare.
Fino a qui il ragionamento non fa una piega e tutto scorre logico e fluido come
dovrebbe.
Applichiamo ora a quanto detto i principi della G.A.S.; 1° fase: ALLARME.
Si verifica quando ci alleniamo; un nuovo evento, “STRESSORIO”, si sta palesando
ed il corpo dovrà reagire per mantenere costanti i suoi parametri vitali all’ interno di
un range fisiologico ben definito (omeostasi).
2° Fase RESISTENZA e ADATTAMENTO.
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Il corpo mette in atto una cascata di eventi tra cui: aumentate produzioni ormonali
come TESTOSTERONE e GH per stimolare una maggiore sintesi proteica che
servirà per la riparazione e la costruzione di nuovo tessuto muscolare, ricostruzione
delle scorte energetiche sotto forma di ATP e GLICOGENO muscolare, etc…
A questo punto interviene l’ ADATTAMENTO, che delle 3 fasi, è in assoluto la più
lunga, in tale circostanza i muscoli continuano a crescere fino ad esprimere il loro
massimo potenziale genetico.
La 3° Fase, L’ ESAURIMENTO, se lasciato tempo sufficiente all’ organismo per
adattarsi non dovrebbe mai intervenire.
L’entrata in questa fase porta nel nostro esempio al super-allenamento, e se
trascurata, nel tempo potrebbe portare, nei casi più gravi, fino alla morte.
Torniamo ora alla nostra domanda iniziale: Esiste una scienza del Body Building?
Per rispondere dovrò a questo punto introdurvi un altro principio: “IL PRINCIPIO DI
IDENTITA’ ”.
Aristotele più di duemila anni or sono dichiarò: “A=A”, ossia ogni cosa nel creato ha
una sua specificità e tale specificità ne condiziona le caratteristiche fisiche.
Per questo motivo un sasso non può volare, un uccello non può concettualizzare ed
una pianta non può camminare.
Se accettiamo che la realtà esiste e che ogni cosa che ci circonda è quello che è,
possiamo capire il perché di quanto sopraccitato.
In sostanza, la legge di identità ci dice che quello che vediamo intorno a noi esiste ed
è ciò che è da cui il suo corollario, ossia la legge della CAUSALITA’, cioè che ogni
cosa non può comportarsi in maniera differente da ciò che è.
Questi due principi sono alla base della scienza moderna, e, se applicati correttamente
ci permettono di mandare un uomo sulla luna e successivamente riportarlo sano e
salvo indietro sulla terra….In sostanza tutte le scienze producono innovazioni e
risultati perché si basano sull’universalità e la definibilità di ciò che esiste.
Ogni cosa, fino a che è tale, si comporterà sempre nello stesso modo perché soggetta
a leggi fisiche ben definite e definibili.
Arriviamo ora a rispondere alla nostra domanda: esiste una scienza che studia i
muscoli? La risposta è affermativa e tale scienza è una branca della medicina.
Il B.B., può essere inserito tra le discipline MEDICO/BIOLOGICHE, dove la
fisiologia muscolare fa da padrona.
Già all’inizio del XX secolo vennero fatti importanti studi sull’ ipertrofia e la risposta
muscolare.
Nel 1917 uno studio condotto da Roux-Lange evidenziò: “Quando un muscolo è
soggetto a massima prestazione, cioè, deve vincere una grande resistenza in una data
unità di tempo, solo allora interviene la crescita” e ancora: “L’ ipertrofia si riscontra
solo nei muscoli soggetti a grandi carichi di lavoro in una data unità di tempo”
(Lange, Ueber, funktionelle anpassung usw, Berlin, Julius sprinter, 1917).
Altre ricerche condotte da Petow & Siebert specificano meglio il concetto di
intensità: “Si ha ipertrofia come conseguenza dell’ aumento nell’ intensità del lavoro
eseguito, mentre la quantità totale del lavoro eseguito non ha nessuna
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Brescia, 10/03/2008
- Ayn Rand -
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Premessa
L'idea di questo libro è nata circa un anno fa quando iniziai a sentire la necessità di un
manuale che potesse essermi di aiuto per la formazione dei miei personal trainers o
che potesse essere di ausilio per una maggiore comprensione della scienza
dell'esercizio applicata al body-building da parte di praticanti avanzati.
Il mio continuo impegno nel settore del body-building mi ha portato negli ultimi venti
anni non solo ad essere un atleta della nazionale italiana W.A.B.B.A. (dal 1994 al
1997 compresi) molto conosciuto, ma, nel tempo, a coltivare la passione per le
scienze biologiche applicate alla trasformazione della composizione corporea. La
conoscenza e l'applicazione personale della metodica ad alta intensità chiamata
Heavy Duty, sviluppata dal grande campione Mike Mentzer, risale al 1993. Conobbi
in seguito Mike personalmente nel 1997 durante una serie di seminari ed esibizioni
organizzati dalla nota ditta di integratori alimentari Ultimate Italia a cui io partecipai
come Guest Poser. Devo dire che la conoscenza con questo grande campione mi
influenzò profondamente, sia sotto l'aspetto tecnico che umano. Posso
tranquillamente affermare che ciò che faccio e sono oggi è per molti aspetti derivato
dalla settimana che passai insieme a questo grande uomo e campione.
Fino alla fine degli anni ‘90 collaborai, attraverso la stesura di articoli tecnici e non,
con alcune riviste del settore, tuttavia compresi molto presto che, seppure un'ottima
occasione per farsi conoscere ed esprimere il proprio parere, le riviste di body-
building erano comunque confinate ad un pubblico di addetti ai lavori e mai avrei
potuto raggiungere la grande massa di persone che a mio avviso non leggevano questi
giornali semplicemente perché consideravano e considerano tutt'ora i campioni di
body-building come qualche cosa di estremamente lontano dai loro obiettivi, non
sapendo che i principi che stanno alla base del body-building agonistico sono
essenzialmente gli stessi che regolano i cambiamenti, in termini di composizione
corporea, a cui la maggior parte delle persone tanto anela.
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Aprii il mio primo sito Internet nel 2004, ma iniziai solo nel 2007 a pubblicare video-
articoli attraverso Youtube. L'iniziativa piacque molto ai maggiori forum di body-
building on-line, così come al grande pubblico, tanto da riportarmi ad essere
conosciuto come uno dei pochi tecnici italiani specializzato nelle tecniche H.I.T.
(High Intensity Training).
Molti anni sono passati dalla mera applicazione delle metodiche Heavy Duty e oggi,
grazie alla continua pratica su me stesso e i miei molti clienti, sono arrivato a
maturare nuove considerazioni che mi hanno portato ad implementare ciò che già
Mike aveva accennato e probabilmente avrebbe ampliato nei suoi libri a venire, se
non ci avesse lasciato prima. La grande intuizione di Mike consistette nella
regolazione di Intensità, Volume e Frequenza secondo uno schema inversamente
proporzionale, nel rispetto delle caratteristiche genetiche, e quindi uniche,
dell’individuo. Quello che però, secondo il mio modesto parere, tralasciò, fu la
necessità di modificare gli addendi dell’equazione (Intensità, Volume e Frequenza)
non appena l’organismo si fosse adattato agli schemi di lavoro imposti. In sostanza,
nonostante le sue premesse si basassero sulla G.A.S (Teoria di adattamento generale)
Theory di Hans Selye, come del resto le mie, quello che trascurò fu non pensare ai
nostri corpi come strutture dinamiche che necessitano di nuovi stimoli ogni volta che
sopraggiunge l’adattamento. La dinamicità degli organismi viventi, ossia i continui
cambiamenti durante la nostra esistenza in concordanza con l’ambiente che ci
circonda, trovano in programmi di lavoro dinamici, e non statici, il loro miglior
corollario. Quello che intendo approfondire attraverso questo manuale è la stretta
correlazione che, a mio parere, esiste tra Intensità, Volume, Frequenza e le continue
capacità di riadattamento proprie di tutti gli organismi viventi.
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“E' mia opinione consolidata che la gran parte dei Body Builders continui a
cambiare i programmi di allenamento principalmente a causa del dubbio:
apparentemente " percepiscono che qualche cosa non va " però non riescono a
capire dov'è il problema, così continuano a modificare i programmi nel tentativo di
trovare esercizi, o un ordine degli esercizi, che " dia loro la percezione giusta”.
- Arthur Jones -
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Capitolo primo
- Karl Popper -
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Esistono scienziati che lavorano diligentemente per stabilire una teoria unificante del
tutto. In effetti, ogni cosa che esiste, e che quindi costituisce l'universo, è guidata da
una serie di principi o leggi oggettivi. L'idea insita in questa teoria unificante ha le
sue radici nel sistema teorico, definito come uno studio transdisciplinare di
organizzazione astratta dei fenomeni, indipendentemente dalla loro sostanza, tipo,
scala speciale o temporale di esistenza. Quello che voglio dire, è che, invece di
ridurre un organismo, come per esempio il corpo umano, nelle sue parti elementari
(cellule o organi), dovremmo porre maggiore attenzione alle relazioni esistenti tra le
sue parti costituenti, ossia quelle relazioni che lo connettono al tutto. La teoria dei
sistemi inoltre suggerisce che esistano concetti specifici e principi di organizzazione
che sottintendano a tutto l'esistente, e ciò include anche la filosofia.
Questo tipo di generalizzazione può essere trovata all'interno dello studio della fisica
classica, dal momento che le leggi su cui si poggia definiscono tutte le azioni (i
sistemi) sulla terra, ad esempio, la forza di gravità, l'attrito o l'inerzia. A questo punto
possiamo dire che esistono cause specifiche che danno vita ad effetti altrettanto
specifici conformi alla realtà che ci circonda, quindi, tutto ciò che è fisico è governato
da leggi fisiche. Partendo da questi presupposti, possiamo affermare che la fisica
classica può spiegare tutti i fenomeni a cui assistiamo sulla terra, così come tutte i
fenomeni relativi a qualsiasi corpo all’interno dell’ universo conosciuto. E, andando
ancora oltre, si arriva a concepire l’esistenza di una grande teoria unificante capace di
riunire tutti i principi della fisica conosciuta così come ipotizza il fisico americano
Brian Greene in The elegant universe...
Conseguentemente, tutto ciò che esiste, può essere misurato e classificato all’interno
di un sistema di valori numerici, come la statistica, la fisica, la biologia, e anche la
scienza dell'esercizio. Le unità di misura convenzionali, come ad esempio il pollice, il
metro, il chilogrammo, sono irrilevanti. Sorge un problema quando ci troviamo a
dover misurare le differenze fra cose tangibili e concetti astratti, è in questo caso che
si pone l’esigenza di trovare una sorta di scala di misura comparativa adatta a
risolvere questa esigenza. I colori, ad esempio, sono misurati in termini di onde
luminose, le differenze tra la faccia di una persona ed un'altra, vengono ridotte e
quantificate, attraverso la misurazione della geometria delle caratteristiche facciali.
Dovrebbe essere ovvio, a questo punto, che se una teoria unificata del tutto esistesse,
dovrebbe essere basata su misure e numeri, e che ogni suo principio dovrebbe essere
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spiegazione è che non sia in contraddizione con ciò che sappiamo essere vero. La
prova è il processo richiesto per stabilire la verità attraverso una riduzione delle
proposizioni derivanti dalla percezione sensoriale (vista, udito, tatto, odorato e gusto).
Il concetto di validazione è relativo all'acquisizione di una data prova messa in
relazione con la realtà, ossia, il concetto è reale dal momento che esiste ed è
consistente con la realtà che ci circonda.
“uno, che non si possa dubitare della loro verità quando ci si concentra sul
loro giudizio; secondo, che la conoscenza relativa alle altre cose dipenda dai
principi che possono essere conosciuti senza queste altre cose ma non
viceversa”.
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L'induzione è meno accurata e affidabile della deduzione, dal momento che è desunta
da una singola o da pochissime esperienze, il problema è che è impossibile dedurre
una conclusione scientificamente. Per esempio uno studio si può concludere
basandosi sui dati emersi dalla ricerca (cioè, gli effetti che un gruppo di persone
hanno sperimentato). Se 200.000 persone contraggono un tumore dal fumo di
sigaretta, allora è probabile che chiunque fumi si ammalerà di cancro o avrà un alto
rischio di contrarlo. In verità, per trarre la conclusione che tutti quelli che fumano si
ammaleranno di cancro dovremmo testare ogni singolo uomo sulla terra in modo da
poter verificare la correttezza del nostro impianto teorico. In questo modo possiamo
concludere dicendo che le nostre teorie sono principalmente basate sulla probabilità
che ciò che stiamo teorizzando sia sufficiente per definire e spiegare con un basso
margine di errore un dato fenomeno.
Quanto detto è vero per ogni conclusione tesa a definire una data teoria, incluse
quelle relative alla scienza dell'esercizio. Le teorie devono essere basate su prove
osservabili che supportino i principi fondamentali della scienza dell'esercizio, e che
quindi siano applicabili a tutti. Se fosse riscontrato che 100 persone hanno progressi
minimi in relazione alla costruzione muscolare e aumento di forza allenandosi una
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sola volta, potremmo supporre che per avere risultati apprezzabili sessioni di
esercizio frequenti sono necessarie, e questo sarebbe vero per tutti. Questo esempio è
basato sul senso comune relativamente a ciò che sappiamo sul concetto di
“frequenza”. Altre conclusioni sono meno ovvie e chiare, come ad esempio le
differenti risposte che alcune persone hanno con programmi totalmente differenti,
come ad esempio quelli che raccomandano che una serie è meglio di molte serie, o
che molte serie producono più effetti di una singola serie.
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Tipi di teorie
Una teoria può essere vera (valida), sterile, o incorretta. Una teoria sterile non può
essere verificata sperimentalmente e può essere formulata o alterata per spiegare
virtualmente qualsiasi cosa, ma è completamente inutile. Questo è il caso di molte
metodologie di allenamento che appaiono sulle riviste del settore, ma che, se ci si
riflette un po', sono basate semplicemente su ipotesi indefinite, credenze, misticismo
e futili argomentazioni. Suggerimenti ad “allenarsi fino al momento in cui la semplice
flessione dell'arto diventi difficile” o “quando si abbia la sensazione che ogni
possibile fibra muscolare abbia lavorato al completo esaurimento, quindi che questo
sia l'indice di aver lavorato in maniera adeguata” sono sterili teorie di allenamento.
Contengono guide non specifiche e principi scientifici non verificabili. Come
conseguenza, è incorretto definire gli esempi sopraccitati come teorie corrette.
piuttosto, possiamo definirle come interpretazioni soggettive e vaghe o “consigli
d'allenamento” basati letteralmente sul nulla.
Una teoria non corretta, d'altro canto, è molto utile se ben concepita. Le teorie
sbagliate ci possono aiutare a formulare esperimenti, necessari a migliorare le
conoscenze e riempire vuoti relative alle nostre incomprensioni. Ovviamente, sarebbe
incorretto definire queste linee guida come teorie, ma piuttosto, potremmo chiamarle
delle ipotesi di ciò che è sbagliato in una teoria.
che questo termine sia diventato assai comune all'interno del settore dell'esercizio
fisico probabilmente perché il suono né da una connotazione scientifica ottenendo
automaticamente un effetto legittimante di quanto detto.
Una teoria valida deve essere non contraddittoria in relazione alle sue premesse
generali, sebbene un'esatta quantificazione di queste premesse non potrà mai essere
definita a causa delle troppe variabili intrinseche ed estrinseche. L'obiettivo, allora,
dovrebbe essere di scoprire ciò che meglio si adatta ad ogni individuo, basandoci sui
principi generali che definiscono la nostra teoria. Nel campo dell'esercizio diventa
quindi importante armonizzare la teoria con le specifiche necessità e singolarità
dell'individuo in questione attraverso lo sviluppo di programmi che non portino
né al sovrallenamento né a risultati sub-ottimali.
Comunque, per provare che una teoria sia non contraddittoria si richiede la logica
applicazione della teoria stessa, e non solo un sistema di principi. Il formalismo non è
autosufficiente e non può essere interpretato come una chiusura. Se le teorie fossero
applicate in questa maniera la confusione all'interno dell'industria dell'esercizio non
esisterebbe. Non avremmo la quantità di illogiche metodologie che esistono oggi,
metodologie che suggeriscono erroneamente che chiunque possa seguirle con
successo… sebbene il termine “successo” non si è mai quantificato.
A questo punto, è vitale capire che la realtà esiste indipendentemente dal fatto
che si scelga di osservare e obbedire alle sue verità. I professionisti del fitness
devono arrivare a capire che la scienza dell'esercizio è un'estensione delle
scienze fisiche, che ci può essere quindi solo una teoria corretta, sebbene la
misurazione (applicazione) dei principi teorici possa variare da persona a
persona.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Inoltre, l'esercizio fisico è differente da altre attività, come per esempio portare un
carico pesante da un punto ad un altro, dal momento che fare esercizio non
rappresenta un'attività generica ma è conseguenza di uno specifico intento di fare
qualcosa, cioè, di stimolare una risposta adattativa fisiologica. Questo “tipo” di
esercizio muscolare che ho definito “intenso”, assume quindi una sua specificità, e,
l'esercizio, come definito precedentemente, diventa rilevante per l'identità stessa del
concetto.
Non voglio dire con questo che una persona non possa ottenere un effetto fisiologico
positivo da un'attività non definibile come “esercizio”, come per esempio un
muratore che porti mattoni o sacchi di cemento tutto il giorno. Intendo solo far
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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comprendere che il precedente esempio non può in alcun modo suggerirci che tale
persona si stesse allenando, invece è chiaro che stesse lavorando (al fine di ricavare
un compenso sufficiente ad acquistare ciò che egli ritiene importante nella sua vita).
Di conseguenza, nell’attività lavorativa non possiamo riscontrare nessun “intento”
connesso allo stimolo di una risposta fisiologica, quindi, non possiamo parlare di
Esercizio.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Da quanto asserito finora possiamo dire che può esistere solo una teoria dell'esercizio
considerabile valida. Comunque, dal momento che è ovvio che ci sia più di un
metodo per fare esercizio, si potrebbe cadere nell'errore di pensare che ci siano più
teorie che portino ai medesimi risultati. Tuttavia, ogni metodo, per essere produttivo,
deve alla fine seguire gli stessi principi di fisiologia. In altre parole, un individuo sia
che si eserciti con una serie o con 20 serie:
Quanto sopraccitato, indica cosa deve esistere per definire un'attività esercizio.
Comunque, per far sì che l'esercizio sia personalizzato e produca quanti più risultati
possibili, dobbiamo prendere in considerazione le caratteristiche di unicità che stanno
alla base di ogni singolo individuo (gli obiettivi di una persona, le sue necessità, le
sue capacità e le sue limitazioni).continuando su questa strada, è chiaro che per
ottenere i massimi risultati sia necessario prescrivere e individuare la quantità ideale
di esercizio applicabile ad ogni singolo individuo manipolando di volta in volta i
principi generali che ho definito precedentemente.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Principio dell’Intensità
Ogni momento di uno sforzo, così, risulta essere governato o influenzato dai momenti
precedenti, con tutti i momenti che compongono un continuo flusso in un dato
periodo di tempo delimitato da quella che chiamiamo serie. Durante gli allenamenti
di potenza o nel body-building, questa influenza è ovvia, mano a mano che lo sforzo
diventa sempre più estremo da un secondo o da una ripetizione alla successiva. Il
20% di reclutamento di tutte le risorse fisiche e mentali disponibili in un dato
momento può essere tutto ciò che è richiesto per completare la prima ripetizione, poi
il 35% per la seconda ripetizione, il 50% per la terza ripetizione, eccetera. La
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L'attività aerobica
Anche l'esercizio aerobico definisce l'intensità come “sforzo fisico”, misurato dal
battito cardiaco come conseguenza del lavoro muscolare. Allenamenti basati sulla
resistenza e durata, possono essere misurati attraverso un approccio scientifico
usando i Watts, definendo un Watt come equivalente ad una unità di potenza, cioè,
1 Joule/sec. In questo modo più alto è lo sforzo in un dato momento e più grande sarà
il lavoro e la fatica sistemica.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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L'intensità non è legata solo a quanto tempo ci alleniamo, non è cioè solo funzione
del tempo di allenamento, ne è relativa solamente al carico o al metodo di esecuzione.
Queste cose possono alterare l'intensità, ma non possono definirla. L'intensità non
deriva quindi da quanto duramente una persona si stia allenando, o lo sforzo a cui i
nostri muscoli sono sottoposti tra una ripetizione e la successiva, ma dall'effetto
complessivo dell'esercizio sull'organismo. Per semplificare il concetto possiamo dire
che l’intensità è funzione di quante unità motorie siamo riusciti ad attivare e ad
esaurire, durante la nostra serie, attraverso l'uso di una certa quantità di peso, in un
dato tempo, utilizzando un determinato stile di esecuzione, eccetera. Meno intenso
sarà stato lo sforzo durante la nostra serie, meno richiesta adattativa avremo imposto
al nostro organismo. È chiaro quindi, che più ci saremo “spremuti” durante una serie
e più sarà stata la domanda totale che avremo imposto al nostro organismo durante un
allenamento (un allenamento è composto da più serie), e più sarà stata alta la
domanda imposta durante l'allenamento, più lungo sarà il tempo che dovrà
intercorrere prima di affrontare l'allenamento successivo (frequenza).
È inoltre incorretto dire che fare una serie e subito dopo un'altra è più intenso che fare
due serie intervallate da alcuni minuti di recupero. Se una persona si allena arrivando
al momentaneo cedimento muscolare durante una serie, fare la seconda non lo porterà
ad andare oltre il 100% che già aveva raggiunto con la serie precedente. La richiesta
adattativa totale imposta sarà di sicuro più alta nel primo esempio, poiché in questo
modo si potrà incrementare la fatica localizzata, ma la richiesta totale non sempre è
correlata all'intensità durante l'attività fisica. Per esempio, un corridore di maratona è
sottoposto ad una grande fatica (domanda) durante la maratona ma lo sforzo a cui è
sottoposto in un dato momento non risulta essere molto intenso, a differenza per
esempio di un centometrista. Se un maratoneta dovesse correre con la stessa intensità
di un centometrista (cioè vicino al 100% della potenza massima esprimibile a
differenza del 60% circa del maratoneta), non potrebbe sostenere i 42 km della
maratona.
È legittimo, a questo punto, domandarsi come si possa essere certi di aver mai
raggiunto l’ attivazione del 100% delle unità motorie esprimibili in un dato momento
durante una data serie. Per esempio, alcune persone potrebbero dire di essersi allenate
al 100% della massima intensità esprimibile durante una specifica serie, senza
considerare che probabilmente avendo la giusta motivazione psicologica avrebbero
potuto generare ancora più intensità attraverso l’esecuzione di un'altra ripetizione. In
ogni caso, anche questo esempio, risulta irrilevante per la giusta identificazione del
concetto di intensità. L'intensità in natura risulta essere un concetto astratto, e la
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Mi sono dilungato molto sulla spiegazione del concetto di intensità perché se non
capito adeguatamente è impossibile per chiunque definire la giusta quantità di volume
in un allenamento o di frequenza tra un allenamento ed il successivo. Senza aver
compreso il concetto di intensità, volume e frequenza semplicemente non esistono.
Ogni elemento integra,ed è responsabile e conseguenza della validità degli altri.
È inoltre importante comprendere che non esiste nessuna discrepanza tra la mente e il
corpo durante l'esercizio. I muscoli scheletrici rispondono a sollecitazioni volontarie,
ciò significa che uno deve volontariamente attivarli perché possano produrre lavoro,
non possiamo sollevare un carico senza pensarlo e volerlo prima. Ne consegue che se
vogliamo allenarci al 100% delle nostre capacità, dobbiamo anche sapere che la
motivazione necessaria a fare questo dovrà essere del 100%.
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Il principale tipo di energia formata dai vari substrati energetici è l’ ATP, acronimo
che sta per adenosina trifosfato. Dalla rottura di ognuno dei tre legami di fosfato
costituenti la molecola di ATP si ricava una considerevole quantità di energia (la
molecola di adenosina è legata a tre molecole di fosfato) . L’ATP non viene
sintetizzato solo in una parte del corpo e poi trasportato dove ce n'è più bisogno.
Tutte le cellule (incluse le cellule muscolari) sono in grado di sintetizzare e usare
l’ATP quando necessitano di energia. Comunque c'è un limite al quantitativo di ATP
disponibile in ogni cellula e la ri-sintesi dello stesso si consegue attraverso altre vie
metaboliche.
L’ADP (adenosina di-fosfato) nelle cellule è la molecola base da cui viene ri-
sintetizzato l’ ATP. La creatina fosfato è la molecola che viene richiesta per la ri-
sintesi dell’ ATP attraverso la donazione di un suo gruppo fosfato. Anche questo
sistema non è in grado di produrre grosse quantità di ATP, e questa è la ragione per
cui è possibile sollevare grossi carichi solo per brevi intervalli di tempo.
Per ottemperare a tutte le funzioni fisiologiche all'interno del corpo umano si richiede
energia. Dal momento che ci muoviamo, i nostri sistemi convertono l'energia chimica
derivante dagli alimenti, come ad esempio il glicogeno, in energia meccanica: cibo-di
gestione-molecole-respirazione cellulare (in presenza di ossigeno)-energia-sintesi di
ATP-rottura dei legami facenti capo alla molecola di ATP-energia-contrazione
muscolare
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Cibo
Digestione
Scomposizione in molecole
Sintesi dell’ATP
Rottura dell’ATP ( * )
Energia
Contrazione muscolare
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Tempo
< 2 minuti > 2 minuti
Anaerobico Aerobico
Tuttavia, la spiegazione che ho dato dei sistemi energetici è quella più tradizionale ed
in qualche modo semplificativa, in cui aerobico = bassa intensità, mentre
anaerobico = alta intensità. C'è da dire, per chiarire meglio il concetto, che questi
sistemi non risultano essere completamente distinti tra loro, sarebbe per esempio
scorretto affermare che un alto livello di intensità non possa essere sperimentato in un
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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ambiente aerobico, o che l'alta intensità possa essere espressa solo in ambiente
anaerobico. È possibile allenarsi al momentaneo cedimento muscolare (esprimendo
un alto livello di intensità durante l'ultima ripetizione o il secondo finale di una serie)
alla fine di 3 min di attività di tipo aerobico. Il problema in questo caso non è il non
aver raggiunto il momentaneo cedimento muscolare, ma dopo quanto è stato
raggiunto. Per esempio, se il nostro obiettivo è massimizzare i guadagni in forza e
massa muscolare, utilizzare durante il nostro allenamento una serie di 3 min
comporterebbe l'utilizzo di un carico di lavoro non sufficiente a far insorgere
un'adeguata richiesta organico/adattativa. Possiamo così affermare che per
raggiungere i risultati di massimo sviluppo di forza e massa muscolare sia necessario
lavorare con la massima intensità, e quindi, in un ambiente anaerobico.
In questo modo possiamo affermare, che l'esercizio debba essere limitato in relazione
alla capacità individuale di tollerabilità dello stesso, questo si rende necessario per
evitare uno stimolo eccessivo. Evidentemente, attività di tipo anaerobico e attività di
tipo aerobico risultano essere diametralmente opposte (non consideriamo in questo
caso l'intensità d'uno sforzo, la cui importanza è determinata da altri fattori come ad
esempio il tempo di durata della serie, dal carico utilizzato, eccetera… come già
chiarito precedentemente). Quindi, se il nostro obiettivo è massimizzare la crescita
muscolare, quanto segue può essere presunto con assoluta certezza in base alle prove
empiriche accumulate nei miei tanti anni di allenamento personale e di centinaia di
clienti:
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Bisogna considerare che un neofita spesso per avere risultati non necessita di
allenarsi utilizzando un alto livello di intensità. Lo stress derivante dall'esercizio è
così nuovo per l'organismo che ogni quantitativo di lavoro e aumento progressivo dei
carichi causerà cambiamenti positivi. Per una persona che si allena già da alcuni mesi
o alcuni anni, la qualità del lavoro e dell’impegno complessivo dovrà essere molto
più alta, ciò significa che sia il volume che la frequenza dovranno essere regolati di
conseguenza per bilanciare l'equazione che sta alla base della crescita attraverso
l'esercizio fisico.
Per l'avanzato, con alcuni anni di allenamento serio alle spalle, allenarsi con un alto
quantitativo di serie, eseguite attraverso sforzi sub-massimali, è raramente la
soluzione, mentre spesso risulta essere la causa di risultati mediocri. È in questo
momento che un allenamento intenso diventa imperativo per stimolare un'ulteriore
crescita muscolare. Possiamo definire un allenamento come intenso, in relazione ad
un dato individuo, se capace di stimolare il ri-adattamento delle capacità
organico/muscolari dell'individuo in questione considerando allo stesso tempo
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l’impatto che qust’ultimo avrà sulle sempre più ridotte capacità sistemiche di far
fronte a maggiori livelli di intensità che inevitabilmente ne deriveranno.
Come può essere dedotto da quanto detto finora, l'esercizio può divenire “duro”,
anche alterando (aumentando) il volume e la frequenza applicati (quindi non solo
attraverso l’aumento dell’intensità), dal momento che anche questi ultimi
costituiscono parte della domanda totale posta sul nostro organismo. Tuttavia questi
due aspetti debbono essere ottimizzati in modo da aiutare colui che si allena a creare
dei micro-cicli con differenti quantità di volume e intensità rispetto al ciclo di base,
tesi a spingere l'organismo verso nuovi punti di equilibrio. Per poter aumentare
volume e frequenza in modo costante e continuativo, dobbiamo necessariamente
ridurre l'intensità generale. Questa regola è ovviamente vera se come obiettivo
abbiamo l’aumento di forza e massa muscolare, ma è altrettanto valida se il nostro
fine è il miglioramento della resistenza. I maratoneti, per esempio, non cercano di
percorrere sempre maggiori distanze, ma cercano di condizionare se stessi a
percorrere le stesse distanze sempre più velocemente, in questo modo esercitandosi
con maggior intensità.
Cercare di eseguire sempre più ripetizione con lo stesso peso e/o usare più peso per lo
stesso numero di ripetizioni (vedi principio di sovraccarico) è un altro metodo per
imporre una maggiore domanda sistemica in allenamento, cioè, rendere l'allenamento
più duro.
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Ritornando a quanto detto sul fatto che gli allenamenti eseguiti fino al cedimento
muscolare non siano garanzia di crescita, vorrei puntualizzare alcuni concetti; Accade
che alcune persone che si allenano molto duramente, e che spesso hanno ancora un
buon potenziale di crescita inespresso, tuttavia non migliorino. Questo potrebbe
essere ascrivibile a:
… o qualsiasi altro fattore o combinazione di diversi fattori. Inoltre, pare che non tutti
siano in grado di allenarsi fino al raggiungimento del momentaneo cedimento
muscolare.
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In questo modo, diventa imperativo saper valutare la qualità del nostro allenamento o
di quello di chi ci sta di fronte, in modo da essere in grado di determinare quanto
duramente una persona si stia realmente allenando. Una corretta valutazione è
necessaria sia per quantificare i risultati finali che per misurare la quantità di volume
e frequenza applicabile. Non è tuttavia imperativo essere assolutamente esatti nel
quantificare queste misure, ma è sufficiente ricavare una ragionevole
approssimazione. Per esempio, il livello di intensità con il quale una persona si sta
allenando può essere determinato attraverso un'accurata osservazione di quanto
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duramente tale persona sembri allenarsi. I dati così ricavati possono essere utilizzati
per determinare il volume, la frequenza e l'aumento progressivo dei carichi da
utilizzare.
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A mano a mano che la fatica muscolare e gli esercizi diventano sempre più duri,
l'intensità dello sforzo fisico e mentale deve crescere al fine di sostenere il lavoro
muscolare. Tuttavia, l'intensità relativa a quanto duramente una persona possa
allenarsi dipende da molti fattori.
Quanto un cliente possa tollerare la fatica, così come la sua capacità di adattamento
all'esercizio, debbono essere tenuti in attenta considerazione durante la stesura di un
programma di allenamento, dal momento che un neofita normalmente non è in grado
di allenarsi con la stessa dedizione di un professionista o di un avanzato.
Come esempio per il secondo fattore, possiamo dire che più pesantemente una
persona è in grado di allenarsi e maggiore sarà il numero di ripetizioni (o la durata
della serie) che potrà fare con lo stesso peso. La forza muscolare che una persona può
esprimere è determinata, e quindi anche limitata, dal suo corredo genetico. Quindi,
più peso si utilizzerà o più lenta sarà l'esecuzione di ogni singola ripetizione o minore
sarà il tempo impiegato per completare la serie e maggiore sarà l'intensità richiesta
(mantenendo tutti gli altri fattori inalterati).
Quello che è importante capire è che la percezione mentale della fatica può in alcuni
casi non coincidere con quella fisica. Per esempio,una persona si può allenare senza
raggiungere il momentaneo cedimento muscolare, ma tuttavia considerare la fatica
derivante dall’esercizio estremamente alta, questa per esempio è una situazione molto
comune tra chi è in riabilitazione, spesso questi soggetti sperimentano grande dolore
durante i movimenti e a volte questo può capitare anche con i neofiti, che in quanto
tali, hanno difficoltà ad interpretare le sensazioni derivanti dal dolore muscolare
tipico dell’allenamento con i pesi. Esistono anche situazioni in cui chi si allena è
altamente motivato e capace di raggiungere il momentaneo cedimento muscolare,
tuttavia la percezione della serie, per questi soggetti, può risultare buona senza però
essere nulla di speciale.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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A mano a mano che i giorni e le ore passano dopo una sessione di allenamento, e se il
tempo tra una sessione e la successiva è sufficiente, il muscolo allenato, ed il corpo in
generale, si adatterà alla nuova condizione ossia supercompenserà attraverso il
raggiungimento di un più alto livello di abilità. In altre parole il processo di
supercompensazione predispone il nostro organismo a meglio sopportare un
eventuale altro lavoro intenso a cui potrebbe in futuro venire sottoposto. Il processo
di recupero/adattamento può essere quindi visto come l’instaurarsi di una maggior
capacità da parte dell'organismo di far fronte a specifiche nuove richieste. Viceversa,
se i nostri muscoli non avranno abbastanza tempo per supercompensare almeno al
loro precedente stadio di capacità di lavoro, gli effetti cumulativi si tradurranno
presto nella condizione tecnicamente chiamata sovrallenamento, caratterizzata da
perdita di forza e performance.
Tuttavia, proprio come ci sono individui magri e altri grassi, così come alcuni sono
intellettuali mentre altri imbecilli, ci sono persone che possono allenarsi sempre ad
un'altissima intensità ed altri che semplicemente non possono tollerare assolutamente
un tale livello di intensità o lo possono fare solo saltuariamente. Il primo gruppo
recupera molto bene da questo tipo di allenamento, il secondo gruppo, più
probabilmente, non ha grandi capacità per la costruzione di grandi masse muscolari e
forza, dato che il loro organismo è altamente sensibile a questo tipo di stress.
Entrambi i gruppi costituiscono un piccolo segmento dalla popolazione totale. La
maggioranza degli individui si pone tra questi estremi, ossia sono in grado di allenarsi
ogni volta a cedimento muscolare (o quasi ogni volta) senza complicazioni, attraverso
l’utilizzazione di alcuni accorgimenti o ciclicizzazioni dei protocolli di lavoro.
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Maggiore sarà stato il numero delle serie effettuate durante il nostro allenamento e
meno frequente ed intenso quest'ultimo dovrà essere per bilanciare l'equazione che
sta alla base della scienza dell'esercizio. Per esempio, se poniamo come obiettivo la
massimizzazione di forza e massa muscolare, l'intensità (corrispondente al carico)
dovrà essere mantenuta alta, in modo da mantenerci in un ambiente prettamente
anaerobico durante la nostra seduta di allenamento; quindi, la quantità di serie ed il
volume che ne deriva dovrà essere appropriatamente bilanciato con gli altri fattori, in
modo da evitare una super stimolazione. A mano a mano che riduciamo l'intensità, il
volume può crescere, sebbene questa direzione non sia ideale se i nostri obiettivi sono
l'aumento di forza e l’ ipertrofia, questo tipo di allenamento dovrebbe essere limitato
a tutti coloro che hanno come obiettivo principale il miglioramento della prestazione
in termini di resistenza e capacità cardiovascolari. Inoltre, il volume dovrebbe essere
bilanciato con la frequenza considerando che più lungo sarà stato il nostro
allenamento e meno frequentemente potrà essere tollerato.
Una volta inteso il concetto che l’alta intensità (allenarsi fino al momentaneo
cedimento muscolare) sia il solo fattore responsabile della crescita muscolare, la
domanda logica che ne consegue è: ma quante serie sarà necessario fare? Ed è
precisamente su questo punto che il dibattito è maggiormente acceso e molti body
builders si equivocano. Ogni esercizio fatto in aggiunta al quantitativo minimo
richiesto per stimolare la massima crescita muscolare non è solamente uno spreco di
forze, ma è effettivamente controproducente.
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Diventa quindi chiaro, a questo punto, che il volume in allenamento sia un vero e
proprio problema, un fattore negativo, tanto che anche una sola serie possiamo
considerarla come “negativa”. Ne consegue logicamente che se vogliamo ottenere
risultati ottimali, dovremo limitare il numero di serie al quantitativo minimo
indispensabile per creare il massimo stimolo alla crescita muscolare. Naturalmente,
almeno una serie dovrà essere fatta per poter definire ciò che stiamo facendo
allenamento.
Dato che un allenamento dovrà prevedere un'altissima intensità per poter stimolare al
massimo la crescita muscolare, e siccome, da quanto asserito, più alta sarà l'intensità
e minore dovrà essere la durata dell’allenamento, un allenamento ad alta intensità
dovrà per forza di cose essere breve.
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I nostri corpi hanno a disposizione, come del resto ogni cosa nell'universo fisico,
quantità limitate di energia a cui possano attingere. L'energia a cui i nostri corpi
possono attingere, è derivata dal sole, dal cibo che mangiamo, e dall'aria che
respiriamo. È assolutamente essenziale continuare a consumare sufficienti quantità di
calorie e nutrienti per continuare a ripristinare i nostri livelli energetici.
L'acquisizione e la preservazione dell'energia è così importante che è condivisa da
tutte le creature viventi. Necessitiamo di energia per trovare cibo, per combattere i
nemici e per riprodurci. Molti atleti sottostimano il fatto che l'energia sia necessaria
per la crescita. Mentre è chiaro a tutti che una certa quantità di energia sia richiesta
per portare avanti tutte quelle attività che ci permettono di sopravvivere, solo pochi
sarebbero disposti a sostenere che grandi masse muscolari siano altrettanto necessarie
per la sopravvivenza di un uomo.
La prima cosa che il nostro corpo necessita fare, subito dopo un' allenamento intenso,
è quella di recuperare le energie perse durante lo stesso. Quando ci alleniamo per
troppo tempo e non lasciamo che ne passi a sufficienza per il recupero, il nostro
corpo non riuscirà a recuperare completamente le energie e le risorse fisiche
impiegate. Quando la nostra frequenza di allenamento diventa troppo alta, come ad
esempio quando ci si allena quotidianamente con 20 serie per distretto muscolare,
allora tutte le limitate risorse sistemiche saranno impiegate nel tentativo di
compensare gli effetti di questi tipi di allenamento, e nulla potrà essere utilizzato per
la crescita di nuovo tessuto muscolare.
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Il secondo tipo di fibre e quello che viene chiamato fibre lente, la caratteristica di tali
fibre è la lenta affaticabilità. Queste fibre possono tollerare solo brevissime
esposizioni a lavori intensi, e tuttavia in queste condizioni la loro produzione di
lavoro non risulta essere ottimale. Queste fibre lavorano al meglio in tempi che
superano i 120 s e in maniera sub-ottimale in attività comprese tra il 60 e 120 s. Le
fibre lente sono quelle maggiormente utilizzate in lavori, o esercizi, che possono
durare molti minuti o addirittura ore e la loro capacità di crescita (ipertrofia) è
minima. I corridori di lunga distanza sono esempi specifici di atleti che hanno e
necessitano un'abbondanza di questo tipo di fibre. In questi atleti normalmente le
fibre veloci risultano essere atrofiche in quanto sottoutilizzate. Anche se in un
muscolo sono predominanti le fibre veloci ne esisterà comunque un certo quantitativo
anche di lente, è invece possibile per un muscolo, dove sono predominanti le fibre
lente, di non aver affatto al suo interno fibre veloci.
Un terzo tipo di fibre sono quelle dette intermedie o miste. Queste fibre sono
maggiormente coinvolte in esercizi di durata che va dai 50 ai 90 s. La maggior parte
degli uomini hanno una quantità mista di tipi di fibre all'interno dei loro muscoli
scheletrici con differenti quantitativi da muscolo a muscolo. Pochissimi uomini
risultano essere inusualmente forti e muscolosi (senza esercizio), tale condizione è
però un chiaro indicatore di un'alta quantità di fibre veloci. La maggior parte delle
donne tende ad avere un'alta percentuale di fibre lente nei loro muscoli, questo, unito
ad una diminuita quantità di testosterone prodotto, le predispone maggiormente ad
attività di resistenza e ad essere impossibilitate a sviluppare grandi masse muscolari e
forza.
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È importante notare che dal momento che le fibre veloci hanno una bassa tollerabilità
allo sforzo intenso, tendono a diminuire la loro capacità contrattili totale ad ogni
successiva ripetizione a differenza di fibre lente che invece gradualmente aumentano
la loro forza contrattile ad ogni successiva ripetizione, fino ad aggiungere un
determinato punto, superato il quale, anche per loro inizierà una graduale decrescita
della forza spessa.
La differente capacità di produrre lavoro relative ai diversi tipi di fibre ci porta a tre
riflessioni:
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Fibre Intermedie
- Combinano le caratteristiche delle Fibre lente e di quelle veloci.
- Durata di lavoro medio, lavorano al loro ottimo ad un’intensità da moderata ad alta, possono crescere
(seppur di poco) in volume (ipertrofizzabili), aumentano in forza espressa, lavorano bene in un
intervallo di tempo che va da 60 a 90 secondi.
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Aumentare il numero di serie risulta essere il metodo più abusato per aumentare il
sovraccarico. Con questo non voglio dire che l'aumento della domanda attraverso
l'aumento delle numero di serie non debba in assoluto essere usato come mezzo per
l'incremento del sovraccarico sistemico, ma che deve essere utilizzato oculatamente e
in una maniera ciclica. Per esempio, un atleta potrebbe incrementare di alcune serie
per un periodo di due o tre mesi, poi incrementare ulteriormente di alcune serie per
alcune settimane in modo da creare un'ulteriore stress sistemico, per poi ritornare agli
allenamenti precedenti costituiti da un minor volume totale, e quindi più tollerabili,
per altri 2 o 3 mesi. Va sottolineato, a questo punto, che se l'aumento di serie fosse la
risposta, allora 50 serie sarebbero meglio di 10, e 100 serie sarebbero meglio di 50.
L'irrazionalità di queste affermazioni dovrebbe apparire ovvia senza ulteriori
discussioni. È chiaro che includere troppe serie nel nostro allenamento richieda una
riduzione costante dell'intensità dello sforzo generato, in modo da sostenere il volume
imposto. Ridurre l'intensità si tradurrebbe in una riduzione della domanda per unità di
tempo, e tutto ciò non è ideale se la massimizzazione di forza e misure è il nostro
obiettivo. Anche i maratoneti comprendono così bene questo principio, che non
cercano di correre distanze maggiori in ogni allenamento, ma piuttosto una distanza
che risulti la più appropriata in funzione dei loro bisogni e obiettivi.
Aumentare il carico di lavoro viene meglio attuato attraverso l'aumento dei pesi e dal
rallentamento di esecuzione dei movimenti rispetto all'aumento delle sedie totali.
Quanto aumentare i carichi o rallentare la velocità in ogni allenamento dipende dal
grado di sviluppo e adattamento del praticante. Nel caso di un neofita, la progressione
dovrebbe essere piuttosto lenta, in modo da non stressare eccessivamente il corpo
producendo estremo dolore muscolare e possibile avversione a nuove sedute di
allenamento. Inoltre, ci si dovrebbe concentrare principalmente ad imparare la giusta
esecuzione dei movimenti.
Ritengo come adeguato, al fine dell’attuazione del progressivo aumento dei carichi,
un incremento di circa il 5% del carico utilizzato nell'allenamento precedente oppure
una riduzione della velocità (risultante in una migliore gestione del movimento
durante la serie) di 5/10 secondi al massimo, mentre si impara la giusta forma di
esecuzione. Per esempio, il praticante potrebbe mantenere un tempo di esecuzione di
60 s in ogni allenamento mentre i carichi di lavoro vengono incrementati del 5%. La
serie in questo modo dovrebbe terminare appena raggiunti 60 s totali, anche se si
potrebbe continuare oltre. O, una volta raggiunti i 60 s, l'atleta dovrebbe incrementare
il peso di circa il 5%, in questo modo sperimenterà una caduta dei tempi totali di
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Dopo circa 4/6 mesi di tempo in cui si dovrebbe aver appreso una corretta tecnica di
movimento e sviluppato un'adeguata percezione neuromuscolare, la domanda e la
relativa tollerabilità incomincia a cambiare nel praticante. I seguenti 2/3 anni spesso
risultano essere quelli di più grandi risultati e guadagni muscolari. Tuttavia, poiché i
progressi possono essere eccezionali durante questo periodo, potrebbe essere difficile
per gli atleti utilizzare il metodo degli incrementi del 5%, così come descritto
precedentemente, in quanto, soprattutto nei primi mesi, l’entità di tali incrementi
potrebbe non essere sufficiente. Non è infatti inusuale sottostimare i progressi a mano
a mano che il muscolo cresce in misure e forza molto rapidamente. Il punto qui è
quello di evitare strutture pre-impostate, ricordatevi sempre che ogni adattamento, in
quanto individuale, necessita di riaggiustamenti altrettanto individualizzati.
Per finire, è importante notare che anche la selezione dei movimenti che
comporranno i nostri programmi di allenamento, influenzerà la misura e la possibilità
di ulteriore aumento futuro dei carichi di lavoro. Esercizi multi-articolari, come ad
esempio lo Squat con bilanciere, aumenta notevolmente l'intensità per unità di tempo
rispetto ad esercizi di isolamento come ad esempio il Leg-extension. In effetti,
maggiori sono le aree muscolari coinvolte in un esercizio e più condizionamento a
livello sistemico otteniamo, dando così maggior impulso alla crescita generalizzata.
La conseguenza diretta di quanto appena detto, è che risulta essere più difficile
migliorare attraverso l'utilizzo di esercizi semplici come il Curl per gli avambracci,
dal momento che l’area muscolare stimolata è molto piccola, che con esercizi
complessi come ad esempio gli stacchi da terra, i quali coinvolgono una percentuale
estremamente alta di aree muscolari nello stesso tempo.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Esercitare la volontà
Esiste ancora una variabile, di cui non abbiamo ancora parlato, necessaria per fare un
buon allenamento: la volontà. A mano a mano che incrementiamo i livelli di intensità
nel nostro allenamento, ci troviamo ad affrontare una resistenza mentale al sacrificio
sempre più forte.
Questo succede perché l'onere derivante dalla contrazione, portata fino al cedimento,
di un muscolo sempre più forte e grande sulle capacità di recupero del nostro
organismo, diventa sempre più difficile da compensare, quindi, potenzialmente
dannoso. Più l'allenamento sarà intenso e più risorse verranno assorbite dal nostro
organismo per portarlo a termine, più la nostra mente ed il nostro corpo cercheranno
di prevenire, quanto più possibile, il totale esaurimento delle stesse.
Ansietà, poca voglia di allenarsi, e una maggior attitudine alle attività a bassa
intensità (aerobiche), sono tutte manifestazioni della nostra mente di avversione verso
attività che comportino uno sforzo massimo.
Quindi, a mano a mano che i nostri muscoli diventano sempre più forti, bisognerà
esercitare la nostra volontà a sopportare sempre maggiori richieste. Gli allenamenti
ad alta intensità sono estremamente duri, tale durezza influenza non solo il nostro
organismo, ma anche le nostre capacità mentali di sopportarla. Se dovessi definire la
sensazione sperimentata durante l'allenamento ad alta intensità la contraddistinguerei
come sgradevole e brutale.
Se siete in grado di parlare tra una serie e l'altra e sentite il desiderio di aumentare il
numero di serie totale dell'allenamento, allora non vi state allenando alla massima
intensità possibile. Se state veramente allenandovi al cedimento muscolare, non
sarete in grado di parlare tra le serie perché sarete intenti a cercare di recuperare da
quello che avete appena fatto, e, invece di pensare a fare altre serie, incomincerete
piuttosto a pensare a come fare per accorciare il vostro allenamento.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Il corpo può tollerare solo una certa quantità di sforzo, e, quanto asserito, diventa
sempre più evidente a mano a mano che l'atleta invecchia, dal momento che le sue
articolazioni tendono ad infiammarsi come conseguenza di un'eccessiva usura.
Inoltre, quello che spesso viene poco considerato è che anche un'esecuzione perfetta
degli esercizi può condurre ad una condizione di osteoartrite a mano a mano che
invecchiamo. Naturalmente questo dipende da molti fattori, come ad esempio il
numero di anni di attività fisica praticata, l'intensità del lavoro, il volume, la
frequenza e la predisposizione genetica a questo tipo di problemi.
Continuando a speculare sulla natura del carico, possiamo dire che quanto può essere
sollevato diventa rilevante solo relativamente all'attività fisica svolta, ciò significa
che l'aumento di carichi non deve mai andare a discapito della corretta esecuzione del
movimento a meno che il tipo di attività che stiamo svolgendo abbia come fine
ultimo la quantità di carico sollevato (vedi sollevamento pesi).
È interessante notare questo punto: non sempre l'aumento dei carichi di lavoro
corrisponde ad un aumento della massa muscolare. Si può concludere quindi che
costruire nuovo muscolo ha molto più a che fare con la maniera con cui ci alleniamo
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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(l'uso degli attrezzi, la velocità dei movimenti, l'enfasi durante isometriche, negative,
e positive) che con il semplice aumento dei carichi sollevati. La quantità di carico
sollevato è quindi solo un aspetto tra i tanti componenti degli stimoli che causano la
costruzione di nuovo muscolo.
Dobbiamo considerare, che più lento sarà il movimento e meno ATP verrà utilizzato
durante una serie. Un importante aspetto del condizionamento muscolare necessario
per la crescita e la super compensazione si basa sulla quantità di energia consumata
nell'unità di tempo. Muoversi troppo lentamente, e produrre quindi meno
ripetizioni/contrazioni nella stessa unità di tempo, riduce notevolmente la quantità di
energia spesa durante una serie.
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allenamento. Sebbene un certo numero di serie debba essere fatto per stimolare la
crescita muscolare è anche vero che a tali serie dovrà corrispondere un'intensità di
lavoro sufficiente a dare un valore compiuto alla serie stessa. Per ogni persona esiste
un punto critico o di soglia superato il quale ogni serie aggiuntiva risulterà in uno
stato debilitante di sovrallenamento.
Quanto detto, può essere riassunto dicendo che l'aumento del numero delle serie
dovrebbe essere visto, la maggior parte delle volte, come un fattore negativo. Tale
aumento dovrebbe essere circoscritto solo a determinati momenti e applicato in una
maniera ciclica. In altre parole, il volume dovrebbe essere aumentato, oltre i livelli
considerati ideali, solo se si considera che possa derivarne un potenziale beneficio,
comunque l'incremento dovrebbe essere sempre breve e attentamente monitorato. È
inutile dire che ogni aumento generalizzato del lavoro svolto incrementi i livelli di
stress organico, includendo in questo concetto anche l’ intensità e la frequenza,
dovremmo concludere che ogni incremento dovrebbe essere fatto con attenzione,
tuttavia va detto che l'eccessivo volume, appare essere il problema principale del
fallimento di molti programmi di allenamento. Se una certa quantità non è sufficiente,
allora è luogo comune aggiungere più serie, in questo modo molta gente esegue più
serie di quelle effettivamente richieste, spesso non eseguendole con l'intensità
richiesta per produrre risultati.
Concludendo, il numero ideale di serie potrebbe anche essere solo uno per gruppo
muscolare, se la qualità del movimento e l'intensità sviluppata risultasse essere
abbastanza alta, naturalmente in relazione ai livelli correnti di condizionamento
sistemico raggiunto. Se invece considerassimo il caso di persone che ancora non
abbiano raggiunto livelli di intensità sufficiente, il quantitativo ottimale di serie
potrebbe aggirarsi intorno alle 2 o 3 (ad esempio: 2 o 3 esercizi di una serie ciascuno
o 2 o 3 serie di un solo esercizio). In altri casi, il quantitativo di serie potrebbe anche
essere uguale a zero, dal momento che l'effetto cumulativo derivante da esercizi
multi-articolari è più che sufficiente per stimolare le catene muscolari più piccole
coinvolte; per esempio: i bicipiti femorali coinvolti durante gli Squat o i tricipiti
coinvolti nella panca piana. Evidentemente, si necessiterà di un tipo di approccio
consistente in prove, errori e modifiche, necessario per scoprire il numero ideale
di serie per gruppo muscolare, o per il corpo in generale, un numero questo che
varierà dinamicamente a mano a mano che la concentrazione, gli obiettivi, e
l'intensità generata dall'atleta, cambieranno.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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All' aumentare continuo dei carichi di lavoro, mese dopo mese o anno dopo anno,
potrebbe essere necessario diminuire il volume totale di serie in allenamento o la
frequenza in modo da migliorare il recupero generale in relazione all'intensità
espressa in allenamento. Non sarebbe corretto diminuire l'intensità fino a quando
fossimo in grado di gestire sempre più peso o aumentare il numero di ripetizioni
all'interno di una serie. Diventa quindi imperativo capire la relazione che esiste tra
volume e frequenza. Il costo metabolico in allenamento può aumentare alcune decine
di volte a mano a mano che l'atleta migliora le sue capacità di generare intensità e
aumenta la sua massa muscolare, tuttavia le capacità di recupero locali e sistemiche
non aumenteranno proporzionalmente, anzi, tenderanno a diminuire con
l'invecchiamento. Questo ci suggerisce che i neofiti e i praticanti molto giovani
saranno quelli che meglio tollereranno maggior quantità di volume e frequenza, e che
questi due elementi dovranno proporzionalmente diminuire a mano a mano che
invecchiamo o progrediamo, in modo da poter sostenere le nuove richieste in termini
di carichi e intensità.
Si è spesso sentito dire, erroneamente, che gli atleti avanzati riescono ad adattarsi
progressivamente a sempre maggiori volumi di allenamento e che aumentare il
numero di serie sia essenziale per produrre crescita e forza muscolare. Oggi possiamo
dire che questo è vero solo in un contesto limitato, ossia, ciclicizzando in tempi
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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diversi periodi di maggior volume con periodi di minor volume, come spiegato
precedentemente. L'aumento del volume, raramente risulta essere una buona
soluzione nel lungo periodo, molto più spesso è un problema.
Una nota interessante, relativa ad un mero fattore estetico, è data dalla frequenza in
relazione non all'aumento di forza e massa muscolare. Una più alta frequenza di
allenamento produce effetti benefici in termini di maggiore pienezza muscolare,
probabilmente ciò e dovuto alla maggiore pressione di fluidi, infiammazione locale, e
continua deplezione, ripristino e super-compensazione di glicogeno (carboidrati)
muscolare. Quindi, sebbene allenamenti più frequenti non miglioreranno la nostra
massa muscolare o la forza da noi prodotta, dobbiamo dire che tuttavia, se effettuati
per periodi di tempo non troppo lunghi, potranno produrre un miglior effetto
“estetico” generale (magari prima di una data importante in cui ci si deve trovare al
top).
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Capitolo secondo
- Mike Mentzer -
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Nota dell’autore
Questo libro, inizialmente, era stato da me concepito come una mera disquisizione
tecnica sui principi che regolano la crescita muscolare.
Andando avanti nella sua realizzazione mi sono reso conto che sarebbe stato
comunque necessario inserire una parte pratica.
Essendo stato, come già dichiarato nelle premesse, direttamente a contatto con Mike
Mentzer, utilizzerò, per l’esemplificazione dei programmi, delle schede basate sulla
metodologia elaborata da Mike e denominata Heavy Duty.
Le due tabelle che troverete in questo capitolo, sono simili a quelle realizzate da Mike
nei suoi ultimi libri, ma tuttavia, non identiche, dato che contengono qualche
modifica, da me apportata, che considero necessaria in relazione ai problemi emersi
con i miei clienti durante i molti anni di pratica sul campo.
Come è già emerso dalla mia disquisizione teorica, oggi ritengo che usare un
protocollo uguale per tutti non vada bene, gli allenamenti devono essere
necessariamente personalizzati in termini di Intensità, Volume e Frequenza, in
relazione alle capacità psico-fisiche di colui a cui verrà destinato il programma.
Tuttavia, ho ritenuto necessario inserire almeno due programmi base di lavoro, in
modo da poter meglio orientare, attraverso due esempi pratici, il fruitore di questo
manuale.
Il primo programma è una scheda base destinata ad un neofita tipo, intesa più che
altro a valutare le sue capacità e, nello stesso tempo, introduttiva all’acquisizione dei
giusti rudimenti in termini di correttezza dei movimenti, respirazione durante gli
esercizi, velocità delle ripetizioni e raggiungimento del momentaneo cedimento
muscolare.
Il secondo programma è destinato ad un intermedio/avanzato che abbia acquisito il
controllo della giusta tecnica e sia già in grado di allenarsi fino al raggiungimento del
momentaneo cedimento muscolare.
Entrambe le tabelle non vanno prese per “oro colato”.
Ricordatevi sempre che una volta compresa la teoria che sta alla base della crescita
muscolare e avendo ben chiaro che i muscoli crescono come risposta di adattamento
ad uno stress imposto e mettendo il tutto in stretta relazione con i principi che ne
influenzano e determinano la risposta, ossia, Intensità, Frequenza e Volume, sarete
sempre voi, e solo voi, a determinarne la validità o la necessità di variazione negli
schemi.
Nonostante esistano altre metodologie che rientrano nei sistemi H.I.T. (High Intensity
Training) molto interessanti e soprattutto valide, come ad esempio il sistema Zone
Training sviluppato da Brian D. Johnston, che normalmente utilizzo per la
ciclicizzazione dei miei programmi di lavoro, ho ritenuto più appropriato utilizzare
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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schemi Heavy Duty, dato che ritengo siano più che sufficienti per iniziare e procedere
durante almeno tutto il primo anno.
L’analisi, l’utilizzo ed il commento delle altre tecnologie H.I.T. sarà molto
probabilmente l’argomento di un prossimo manuale.
Cercare sempre di mantenere la mente aperta e critica è condizione necessaria per
determinare ciò che è corretto da ciò che risulta essere fuorviante, ed è, secondo me,
l’unico sistema che possa garantire il massimo sviluppo del potenziale intellettuale di
ognuno di noi.
Brescia 02/05/2009
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Introduzione all’allenamento
razionale
Durante tutto l’escursus teorico che ci ha condotto fino a qui ho cercato di dimostrare
che la crescita muscolare è soggetta alle stesse leggi fisico-biologiche che regolano
l’esistenza di tutti gli organismi viventi.
L’allenamento deve quindi essere oggettivamente impostato attraverso principi
universali, che, in quanto tali, sono soggetti solo per una piccola parte, ad
aggiustamenti soggettivi.
Se partiamo quindi dal presupposto che tutti facciamo parte della stessa specie, ossia
la razza umana, e che la fisiologia e i processi biologici che regolano i nostri
organismi sono fondamentalmente identici, ci pare subito chiaro che l’allenamento
per essere proficuo non può che essere per tutti uguale e che le variazioni non
possono che essere minime e rientrare in spazi ben definiti.
Se la mia premessa non fosse vera non esisterebbero le scienze biologiche come ad
esempio la medicina.
Possiamo prescrivere farmaci e terapie uguali per tutti (aggiustando solo di volta in
volta i dosaggi e le modalità di somministrazione) proprio perché basicamente siamo
tutti molto simili, il nostro fegato, le nostre reni, il nostro intestino funzionano tutti
nella stessa maniera.
Vi immaginate se applicassimo le premesse dei vari Gurù degli allenamenti alla
medicina?
Il risultato sarebbe una confusione totale, non esisterebbero protocolli di cura uguali
per tutti a cui fare riferimento e per ognuno si dovrebbe trovare una cura
completamente diversa da un altro.
Vi chiedo ora, se quello che ho detto è vero, perché ognuno di noi dovrebbe allenarsi
in un modo differente, generato il più delle volte da un interpretazione soggettiva
degli stimoli che ci vengono dal nostro corpo?
Spesso, senza per altro avere le minime basi tecnico/scientifiche per poterne definire
la correttezza.
La crescita muscolare è una risposta biologica, ben definita e definibile, ad uno stress
imposto.
Per semplificare la discussione mi servirò di un esempio.
Prendiamo l’abbronzatura, quando ci esponiamo al sole, il corpo per non scottarsi
inizia a produrre un pigmento scuro che serve a proteggere la nostra pelle
dall’eccessiva esposizione ai raggi UVA e UVB che viene chiamato: “melanina”.
Perché venga prodotta melanina, l’agente stressorio, ossia l’esposizione ai raggi
solari, deve essere o molto lunga, nel caso in cui la quantità dei raggi solari sia molto
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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diluita, per esempio in inverno o primavera, o corta ed intensa, nel caso in cui ci
troviamo ad esporci in piena estate.
Non può essere molto lunga ed intensa poiché il corpo non sarebbe in grado di gestire
l’enorme quantità di danni che ne deriverebbe e quindi, ci troveremmo scottati, fino
alle estreme conseguenze, in cui la scottatura sarebbe tale che ci porterebbe alla
morte.
Cosa centra direte voi l’abbronzatura con la crescita muscolare?
In realtà i due processi sono confrontabili e ognuno di essi è la risultante di un
adattamento organico ad un fattore stressorio.
Ogni volta che ci alleniamo, se l’allenamento è stato sufficientemente intenso,
creiamo nel nostro organismo una serie di danni a livello delle nostre fibre muscolari
che successivamente dovrà essere riparato.
Il nostro organismo identifica nell’allenamento una causa di maggior uso con
successivo maggior deterioramento dei nostri muscoli.
Per difendersi da tale “attacco” non solo deve ricostruire ciò che è stato distrutto, ma
successivamente deve cercare di aumentare le sue capacità di resistenza ad un
ipotetico nuovo “attacco” che tanto lo ha traumatizzato.
Tecnicamente questo processo si chiama supercompensazione.
Durante la supercompensazione i nostri muscoli vengono non solo riparati, ma
crescono per meglio sopportare un ipotetico nuovo “attacco”.
Esattamente come succede per l’abbronzatura, anche per l’allenamento vale lo stesso
principio dell’esposizione al sole.
Più l’allenamento è stato intenso e più deve essere corto.
L’intensità, come ho già definito precedentemente, non è legata alla durata, ma
piuttosto al numero di unità motorie e fibre muscolari che riusciamo a reclutare
in una data unità di tempo.
Potremo fare allenamenti lunghi, fino ad arrivare a quelli aerobici, solo se il numero
di unità motorie reclutate durante l’esercizio saranno sempre molto poche.
Ripeto, non è possibile allenarsi intensamente e allo stesso tempo per periodi
lunghi di tempo.
Altra cosa estremamente importante, e che spesso si sottovaluta, è che dopo un
allenamento molto intenso, serve molto tempo perché i processi di compensazione
prima, e supercompensazione poi, vengano messi in atto.
I muscoli crescono come adattamento del corpo ad una maggior richiesta di lavoro
muscolare.
Come per l’abbronzatura, dove, dopo un’ esposizione corta ed intensa ci troviamo
con la pelle arrossata e necessitiamo di 48/96 ore perché i processi di compensazione
(riparazione dei danni) e supercompensazione (produzione di melanina) abbiano
luogo, così accade anche per i nostri muscoli.
Continuare ad esporci al sole dopo l’arrossamento ci porterebbe solo a scottarci,
continuare ad allenarci dopo aver raggiunto il cedimento muscolare ci porterebbe solo
al super-allenamento.
Immaginate le risposte dell’organismo ad uno stress imposto come un interruttore.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Una volta che accendete la luce, ossia innescate una reazione per cui si necessiterà di
un adattamento, non serve più continuare ad accenderla e spegnerla per mantenerla
accesa…., l’interruttore ha solo 2 posizioni: acceso e spento.
Anche il corpo ha 2 stadi, una volta “acceso”, ossia innescata una reazione di
adattamento, non dobbiamo far altro che aspettare che i processi di
supercompensazione abbiano luogo.
Allenarsi nuovamente, anche se pensate di allenare muscoli differenti
dall’allenamento precedente, senza che i processi di supercompensazione siano
completamente esauriti porta ad un graduale sovrallenamento con il risultato più o
meno rapido della stabilizzazione dei risultati.
Come facciamo a sapere che il tempo intercorso tra un allenamento ed il successivo è
stato sufficiente?
Semplice, ogni volta che ritorniamo a fare gli stessi gruppi muscolari dovremo essere
in grado di usare maggiori carichi o fare più ripetizioni.
Se siamo stabili o addirittura torniamo indietro vuol dire che il corpo non è in grado
non solo di supercompensare, ma anche solo di riparare i danni tra un allenamento ed
il successivo.
Ecco il perché molti programmi di allenamento prevedono micro-cicli di recupero,
per ovviare al sovra-allenamento che ne deriva.
Ricordatevi che l’adattamento allo stress è un processo continuo e costante e
terminerà solo nel momento in cui raggiungerete l’espressione del vostro massimo
potenziale genetico/muscolare, che nell’abbronzatura è dato dal livello di
pigmentazione massima che possiamo raggiungere, e che nella crescita muscolare è
dato dalla massima crescita che possiamo ricavare dai nostri muscoli e che, ancora
una volta, è intima funzione del nostro patrimonio genetico/muscolare.
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Quante ripetizioni?
Molteplici fattori definiscono quante ripetizioni andrebbero fatte o quanto una serie
dovrebbe durare. L’ adattamento fisico e mentale necessario per sostenere contrazioni
muscolari intense, ed in quanto tali “non piacevoli”, dovrà essere tenuto in giusta
considerazione, sebbene questo non sia del tutto determinante, a meno che dozzine o
centinaia di ripetizioni siano inserite in una determinata serie.
I bisogni e gli obiettivi di un individuo vanno sempre tenuti in primo piano, tanto da
dover coincidere con la natura stessa dell'attività/programmi intrapresi. I lavori per la
massimizzazione della forza richiedono meno ripetizioni rispetto ad un classico
programma di body building dove invece il numero di ripetizioni ed i tempi di
movimento diventano estremamente importanti per il miglioramento in termini di
composizione corporea (aumento della massa magra).
Quanto più duramente una persona riuscirà ad allenarsi e tanto più verrà ad essere
influenzata la quantità di ripetizioni fatte con un determinato peso. A questo
proposito, più velocemente una persona progredisce in termini di aumento di carichi
da allenamento ad allenamento, e più difficile sarà sostenere un dato numero di
ripetizioni mantenendo la medesima cadenza (velocità durante concentriche,
eccentriche ed isometriche).
Anche la cadenza del movimento durante una serie contribuirà direttamente alla
quantità di ripetizioni totali eseguite. Considerate ad esempio due serie da 60 s, dove,
nella prima, ogni ripetizione duri mediamente 10 s, e, nella seconda, ogni ripetizioni
duri mediamente 6 s. Nel primo esempio, solo 6 ripetizioni saranno possibili, mentre
nel secondo esempio se ne potranno fare 10. A questo punto dovrebbe essere chiaro
che la cadenza durante le ripetizioni dovrebbe essere sempre accuratamente
monitorata in modo che sia costante da un allenamento al successivo, tale
accorgimento diventa necessario per poter determinare con certezza la variazione di
progressi da una volta con l'altra. Dopo tutto, se un praticante riesce a fare otto
ripetizioni in 60 s in un allenamento e poi nove ripetizioni di 60 s nell'allenamento
successivo, si potrebbe concludere che sia migliorato, ciò però non risulta essere
sempre vero, ed in particolare quando movimenti più veloci sono la risultante di una
maggior inerzia e quindi di un minor sforzo muscolare prodotto durante l'esercizio.
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Il modo ideale per la determinazione del giusto numero di serie dipende inoltre da un
altro fattore. La risposta individuale all'esercizio influenzerà il numero di serie totali
che possono essere eseguite. Un muscolo con un'alta percentuale di fibre veloci
risponderà meglio ad un basso quantitativo di serie rispetto ad un muscolo con alti
quantitativi di fibre lente, mentre un muscolo con un'alta percentuale di fibre
intermedie risponderà meglio con un numero di serie totali posto più o meno alla
metà dei due estremi precedenti. Questa considerazione fa riferimento alle capacità e
alle relative limitazioni tipiche di ogni individuo (componente genetica). Inoltre, a
mano a mano che l'intensità di allenamento aumenti o diminuisca, il numero totale di
serie dovrà variare di conseguenza.
Un altro fattore che influenzerà il volume totale di serie del nostro allenamento, sarà
il grado di adattamento già raggiunto dall'atleta. Bisogna sottolineare che muscoli
sempre più forti e grandi necessitano di sempre meno lavoro a causa degli alti livelli
di scarti del metabolismo muscolare prodotti in 'allenamento e dai maggiori tempi
destinati al recupero post-allenamento. Se un cliente è abituato a far sempre due serie
per uno specifico gruppo muscolare, portarlo a quattro serie risulterebbe in un
aumento del 100% del lavoro, e quindi sarebbe estremamente stressante. Tuttavia
allenarsi con più serie per un certo periodo di tempo determina un riadattamento
sistemico e quindi una maggior capacità di svolgere un maggior quantitativo di
lavoro. Dobbiamo comunque tenere sempre ben presente che esiste un limite a quante
serie una persona possa tollerare, è quindi necessario determinarlo e mai superarlo.
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Definiamo la frequenza
Molti body-builders professionisti si allenano sei giorni alla settimana, per molte ore
ogni giorno. A questo punto dovremmo avere già capito che tali volumi di
allenamento non sono la causa principale del loro sviluppo fisico. I body-builders di
livello, posseggono caratteristiche genetiche eccezionali unite all'uso sistematico di
farmaci dopanti che permette loro una maggior tolleranza dello stress derivante da
alti volumi di lavoro. Grazie ad una genetica eccezionale e alla non necessità di
ottimizzare le loro risposte ormonali derivanti da allenamento e dieta a causa
dell'utilizzo esogeno di tutti quegli ormoni analbolici e anti-catabolici atti ad
incrementare al massimo la loro sintesi proteica ed il recupero fisico post-
allenamento, questi grandi atleti possono letteralmente “infischiarsene” di tutti i
normali principi fisiologici che regolano la scienza dell'esercizio finora esposta.
Tuttavia, sono sinceramente convinto, che se questi campioni si fossero allenati con
metodiche ad alta intensità avrebbero conseguito gli stessi risultati in tempi molto più
brevi.
La quantità di stress che il nostro organismo può sopportare, in modo tale da dar vita
ai processi di costruzione muscolare che ricerchiamo, è direttamente correlata
all'intensità stessa di allenamento. Mentre è certamente vero che il grado di stress
necessario per stimolare una crescita compensatoria debba essere sufficientemente
intenso (in quanto applicando uno stress fisico al di sotto della minima intensità
richiesta per dar vita ad una risposta compensatoria non saremo in grado di indurre
nessuna risposta di adattamento fisico), è altrettanto vero che è necessaria almeno una
quantità minima di intensità per dar vita ai processi di produzione di nuova crescita
muscolare; e, maggiore sarà l'intensità, e meno il corpo sarà in grado di tollerarla per
lunghi periodi di tempo prima di iniziare i processi di decompensazione (perdita di
massa muscolare) che inevitabilmente ci condurranno allo stato di sovrallenamento.
Una volta prodotto attraverso un allenamento intenso un dato livello di stress, sarà
necessario aspettare, in modo da lasciare tempo al corpo di recuperare senza un
ulteriori aggiunta di attività fisica.
Molti body builders sbagliano credendo che una split routine di sei giorni alla
settimana, con la metà dei muscoli allenati un giorno per poi passare il giorno
seguente all'allenamento dei restanti gruppi, possa permettere ai primi un riposo
sufficiente perché avvengano i processi di super-compensazione desiderati. Bisogna
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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ricordare che ogni allenamento non ha solo un effetto localizzato sui muscoli allenati,
ma produce anche notevoli effetti a livello sistemico generalizzato.
Diventa chiaro a questo punto che anche se decidessimo di allenare muscoli ogni
volta differenti, ma senza lasciare adeguati tempi di recupero tra una sessione e la
successiva, tutti i sistemi biochimici del nostro organismo verranno interessati
continuativamente e non solo le aree muscolari sollecitate, contribuendo così a
mettere le basi per una condizione di sovrallenamento.
La tendenza tra i culturisti più entusiasti è quella di aggiungere sempre più serie al
proprio allenamento, così come aumentare il numero di giorni durante la settimana
destinati agli allenamenti. Questa tendenza deve essere controllata razionalmente ed
evitata ad ogni costo.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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allenamenti ad alto volume siano ancora più inappropriati e negativi, procurando una
situazione di stallo generalizzata già dopo i primi 2 o 3 mesi di pratica con i pesi
(approfondirò meglio quanto detto per la condizione femminile nell'appendice del
mio libro dedicata all'influenza degli stili di vita sugli ormoni prodotti).
Da quanto detto finora ricaviamo che allenamenti ad alta intensità sono assolutamente
necessari per stimolare una rapida crescita di forza e massa muscolare. Dal momento
che questi tipi di allenamento saranno per loro natura di corta durata il
depauperamento delle riserve sistemiche sarà relativamente piccolo. Non dimenticate
che la definizione di sovrallenamento è: ogni quantità aggiunta di esercizio, in
termini sia di durata che frequenza, oltre quella minima espressamente
richiesta.
L'errore più frequente in chi si allena è quello della mala interpretazione del giusto
tempo che deve necessariamente intercorrere tra una sessione e la successiva, infatti il
completamento dei processi di compensazione prima e super-compensazione poi, può
necessitare di qualche giorno, e in alcuni casi anche di più. E’ importante capire che
allenarsi nuovamente prima che i processi di super-compensazione siano stati
terminati produrrà un rallentamento continuo nei progressi, fino, nei casi più gravi,
all'arresto totale degli stessi e all’inizio dei processi catabolici di perdita di massa
muscolare.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Naturalmente, a tutti questi aspetti, vanno aggiunti alcuni altri fattori esterni e
complementari, che tuttavia risultano necessari per la determinazione della giusta
frequenza di allenamento, come ad esempio: lo stile di vita del praticante, l'età, il tipo
di lavoro svolto, le relazioni private, altre attività fisiche se praticate, etc...
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1. Ogni gruppo muscolare dovrebbe essere allenato non più di una volta ogni 5/7
giorni, se l'intensità di uno sforzo è relativamente alta, vicina, o, al cedimento
muscolare. Atleti più avanzati potrebbero necessitare di ridurre la frequenza
ulteriormente a mano a mano che invecchiano o diventano sempre più
muscolosi e forti.
2. Ci si può allenare più frequentemente se l'intensità di allenamento è più bassa o
facendo allenamenti di tipo aerobico.
3. Nel momento in cui l'intensità di sforzo o il numero di serie totale dei nostri
allenamenti dovesse cambiare, la frequenza dovrà essere riadattata di
conseguenza.
4. E’comunque sempre consigliabile che un allenamento non sia mai consecutivo
ad un altro. Se una persona è in grado di allenarsi più di due giorni
consecutivamente o di arrivare a cinque allenamenti la settimana, l'intensità
dello sforzo dovrà essere rivista in quanto insufficiente a raggiungere qualsiasi
tipo di risultato legato al cambiamento della composizione corporea. A questa
regola possiamo fare un'eccezione solo nel caso di neofiti che raramente
possono raggiungere alti livelli di intensità in allenamento e spesso sono
maggiormente concentrati nell'acquisizione della corretta forma di esercizio e
respirazione, lo stesso può essere detto per altre categorie, come ad esempio, i
molto anziani che per forza di cose non possono o non riescono a raggiungere
livelli di intensità molto alti.
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Un altro modo per poter aumentare il carico di lavoro, senza tuttavia migliorare la
performance, sta nell’ aumentare i riposi tra una ripetizione e la successiva. Bloccarsi,
o fare delle pause tra le ripetizioni, è cosa comune negli esercizi multi-articolari,
particolarmente quando dobbiamo eseguire un numero alto di ripetizioni, come ad
esempio negli squat o negli stacchi da terra, dal momento che questi esercizi
inducono momenti di debito di ossigeno che richiedono un aumento della quantità di
aria ispirata a mano a mano che la serie diventa sempre più pesante. Il problema qui è
dato dal fatto che risulta vero che abbiamo aumentato il carico, ma i tempi necessari
per la serie sono aumentati a loro volta, mascherando così la realtà delle cose.
Diventa quindi necessario stabilire dei tempi standard di movimento (velocità delle
positive, delle isometriche, delle negative ed eventuali tempi di riposo eseguiti nelle
rispettive posizioni di massima contrazione e allungamento) che dovranno essere il
più possibile rispettati in modo da avere la possibilità di misurare oggettivamente la
prestazione. Consideriamo il seguente esempio:
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L'ultimo fattore da considerare nell'aumento dei carichi è dato dal modo che abbiamo
di mantenerci posizionati sulle macchine. La tensione creata da muscoli sinergici
attraverso le contrazioni che derivano dal mantenimento di una data posizione,
possono aiutarci a sollevare carichi maggiori. Questo naturalmente non significa che
il muscolo che stiamo allenando stia sperimentando una maggiore tensione. Per
capire meglio questo ultimo fattore cercate di immaginare una serie al Leg-extension
dove sia necessario mantenersi saldi ai supporti della macchina in modo da non venir
sollevati dal carico durante l'esecuzione. A seconda della tensione esercitata è
possibile inconsciamente sfruttare l'effetto rimbalzo che può derivare dalla
stabilizzazione che cerchiamo di realizzare attraverso le braccia durante l'esecuzione
dell'esercizio, peggiorando così l'esecuzione nel suo complesso.
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Nella maggioranza dei casi, i primi allenamenti dovrebbero iniziare senza mai
raggiungere il momentaneo cedimento muscolare, l'attenzione dovrebbe essere posta
maggiormente sull'acquisizione e l'apprendimento della giusta esecuzione in
relazione ai tempi, alla velocità e alla corretta respirazione durante l'esecuzione di
serie e ripetizioni. Dopo un periodo medio che può andare da due a quattro settimane,
ciò dipende principalmente da quanto velocemente la persona che stiamo allenando si
adatta al nuovo lavoro in termini di recupero e migliori capacità nell'eseguire
correttamente gli esercizi, possiamo pensare di passare ad un livello di allenamento
intermedio. A questo punto l'intensità diventa un fattore chiave, mentre volume e
frequenza dovranno essere regolati di conseguenza in modo da non arrivare mai ad
uno stato di sovrallenamento. Normalmente il periodo successivo che va da 12 a 24
mesi, seguendo un programma razionale e ottimizzando frequenza, volume ed
intensità nella maniera che ho già descritto precedentemente, consisterà in rapidi
aumenti di forza ed ipertrofia, fino all'avvicinamento o al raggiungimento dei limiti
genetici individuali. A mano a mano che ci avvicineremo al nostro limite genetico,
anche allenandoci al momentaneo cedimento muscolare, i risultati rallenteranno
considerevolmente, il muscolo cesserà quasi completamente di crescere, mentre la
forza, seppur più lentamente, continuerà ad aumentare a causa dei continui
riadattamenti neuromuscolari, che tuttavia continueranno per un periodo anche dopo
aver raggiunto il nostro limite genetico, permettendoci di continuare a migliorare la
nostra performance. A questo punto possiamo classificare la persona che stiamo
allenando come avanzata, ciò significa che per continuare a progredire sarà
necessario utilizzare tecniche e metodiche che implichino, se possibile, un ulteriore
aumento dell'intensità in allenamento.
La continua lotta contro i nostri limiti genetici potrebbe infine portare a periodi di
demotivazione a causa del continuo stress mentale a cui conduce inevitabilmente
l'ansia da prestazione che deriva da questo tipo di allenamento. Senza una giusta
motivazione è improbabile che si possa raggiungere risultati degni di nota. La
motivazione è una variabile che può essere descritta come l'intensità della volontà.
In altre parole, più intensa è la volontà e la passione che mettiamo nel tentativo di
raggiungere i nostri obiettivi e più facilmente riusciremo a raggiungerli. Quindi, una
forte volontà è considerata il risultato di alti livelli motivazionali.
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Quando l'individuo veramente desidera qualcosa, dirige ogni suo sforzo verso
quell'obiettivo cercando di realizzarlo in ogni modo. Tuttavia, allenarsi raggiungendo
il momentaneo cedimento muscolare utilizzando ogni volta carichi più alti, credendo
che altrimenti non ci saranno miglioramenti, risulta essere estremamente stressante
per la nostra psiche, e fisicamente sgradevole. Solo pochissime persone possono
riuscire a mantenere altissimi livelli di intensità e concentrazione per molti anni
consecutivamente.
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La maggior parte delle riviste o libri relativi all'industria del fitness ignora o
sottostima il ruolo delle capacità genetiche individuali quando vengono stilati e
proposti i programmi di allenamento. Tali approcci risultano spesso essere speculativi
e raramente considerano le caratteristiche individuali dei soggetti spostando
l'attenzione, probabilmente per amore della pura discussione, su approcci generici e
su ciò che “probabilmente” potrebbe funzionare per alcuni praticanti. E’ chiaro che
con questo approccio spesso vengono totalmente ignorate le variazioni esistenti
all'interno di una popolazione.
Quanto sopra esposto spesso accade anche nel settore del fitness. Se tutti seguissimo
lo stesso programma di allenamento, quelli con un potenziale scarso o quelli con un
potenziale eccezionale, avrebbero pochi risultati in relazione alle loro specifiche
capacità. Questo naturalmente sarebbe vero se tale programma fosse effettivamente
appropriato sia sotto il profilo psicologico che fisico per il praticante medio, tuttavia
fino ad ora mai è stato provato che un tale programma esista.
Quello che prima dovrebbe essere chiarito per realizzare un tale programma sarebbe
la definizione di “medio” in relazione alla tollerabilità di dieta ed esercizio. Qui
naturalmente sorgono i primi problemi, quello che potrebbe essere il meglio per la
risposta dei pettorali, potrebbe non essere il meglio per la risposta dei quadricipiti.
Visto in questo modo, determinare ciò che è ideale per la media dei praticanti è
effettivamente più complicato e problematico (e improbabile) che la determinazione
di ciò che potrebbe essere ideale per ogni individuo, dal momento che lavorando su
un’ unica persona si dovrebbe solo considerare la risposta e i tempi di adattamento
del singolo esaminato e non di una totalità di individui.
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Prima del principio dell'individualità, così come prima di stabilire intensità, volume e
frequenza, va considerato il principio del sovraccarico. La natura e la quantità del
carico utilizzato influisce direttamente sulla qualità dell'allenamento stesso, così
come sul volume e la frequenza. Questo viene determinato dal fatto che il
sovraccarico influenza l'intensità degli sforzi comprendendo quindi anche il concetto
di volume. Per chiarire meglio il concetto, prendiamo in considerazione, per esempio,
l’aver aggiunto ad un esercizio 10 Kg. in più rispetto alla seduta precedente. Se
nell'ultimo allenamento c'eravamo allenati avvicinandoci al momentaneo cedimento
muscolare, l'aumento di 10 kg incrementerà la probabilità che nel successivo
allenamento si raggiunga il momentaneo cedimento muscolare, tale condizione
influenzerà a sua volta il volume totale degli allenamenti a venire così come la loro
frequenza. Tutto ciò risulta logico se pensiamo che più duro sarà l'allenamento e
meno saranno le serie, così come la frequenza tollerabile.
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Bisogna tener sempre ben presente che ad oggi non esiste (anche se alcuni ci dicono
di sì) un protocollo di lavoro onnicomprensivo che possa andare bene per tutti o che
possa coprire lunghi periodi di tempo. Dobbiamo quindi abituarci a pensare che solo
la nostra sensibilità e la nostra capacità di analisi e interpretazione dei dati a
disposizione unite ad un attento ragionamento logico e consequenziale,ci permetterà
di capire quando un programma non funzioni o sia diventato improduttivo in seguito
al completo adattamento del nostro organismo al tipo di lavoro svolto.
Una volta appresa la teoria, la pratica non sarà altro che la rigorosa applicazione dei
concetti di intensità, volume e frequenza attraverso l’attento discernimento derivante
dalla meticolosa raccolta e interpretazione dei dati accumulati durante la pratica.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Come ho già sottolineato nei miei articoli precedenti, I muscoli crescono per
adattamento, e la forza che un muscolo esprime è almeno per il 50% proporzionale
alle sue dimensioni.
Quindi più siamo forti e più i nostri muscoli saranno grandi.
I nostri allenamenti debbono essere incentrati sull’aumento della nostra forza.
Gli aumenti dei carichi però non debbono mai andare a scapito dell’esecuzione che
deve essere sempre perfetta e corretta.
Come direbbe Karl Popper, il grande filosofo epistemologo della scienza, non
dovremmo mai sacrificare la sostanza per la forma.
Ricordatevi che il carico di lavoro è il mezzo per raggiungere il vostro fine primario
che è la crescita muscolare, quindi se utilizziamo un carico che non ci permette una
corretta esecuzione, stiamo sacrificando la sostanza, ossia la possibilità di stimolare
fino in fondo la crescita muscolare, alla forma, ossia l’impiego di carichi sempre
maggiori, ma mal utilizzati.
Incomincerei dicendovi che le forze che un muscolo può esprimere sono tre:
Isotonica o concentrica, isometrica o statica e eccentrica o negativa.
L’isotonica è data dalla ripetizione positiva dove il muscolo si accorcia sviluppando
forza, per esempio quando eseguite un curl con bilanciere portando il peso dal basso
verso l’alto.
La positiva o concentrica è la minore delle 3 forze, ossia quella dove siamo meno
forti.
La seconda forza che un muscolo può esprimere è quella statica o isometrica, ossia
quella di poter mantenere in una posizione fissa o statica un carico in un qualsiasi
punto del movimento che stiamo compiendo.
Se provate per esempio ad eseguire una serie in panca piana, e ad un certo punto,
quando avete eseguito l’ultima ripetizione e siete già al capolinea, mentre scendete
verso il petto provate a fermarvi, vedrete che vi sarà estremamente facile mantenere il
peso immobile per alcuni secondi, anche se l’ultima ripetizione positiva era stata
difficilissima da portare a termine.
La terza forza è quella negativa o eccentrica, in questo caso il muscolo produce forza
mentre si allunga cercando di frenare il carico attratto verso il basso dalla forza di
gravità.
La negativa è di gran lunga la forza più grande che possiamo esprimere.
Infatti, se normalmente usiamo 100 Kg per fare una serie da 8 ripetizioni positive
portate a cedimento in panca piana, possiamo facilmente utilizzarne circa 120 Kg. per
poter eseguire una ripetizione isometrica o statica di circa 20/30 secondi e circa 140
Kg. per eseguire agevolmente delle negative.
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Per chi inizia ad allenarsi con sistemi Heavy Duty non consiglio di fare allenamenti
solo di isometriche o negative in quanto sussiste il rischio di arrivare molto
velocemente ad uno stato di superallenamento.
Per gli avanzati, ossia chi sta allenandosi in Heavy Duty da almeno 6 mesi e vuole
ulteriormente aumentare l’intensità di allenamento, consiglio di inserire e utilizzare
queste tecniche gradatamente e per non più di 2 volte consecutivamente.
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Alla fine della prima serie di riscaldamento consiglio di fare 40 secondi di Stretching
specifico per il muscolo che stiamo scaldando.
A questo punto siamo pronti per la seconda serie di riscaldamento.
Utilizzeremo in questa seconda serie circa l’80% del carico utilizzato
nell’allenamento precedente, eseguendola nella stessa modalità che abbiamo
utilizzato per la prima serie di riscaldamento e che poi utilizzeremo per la serie
definitiva.
Questa volta saranno sufficienti dalle 3 alle 4 ripetizioni eseguite perfettamente
stando bene attenti a coprire tutto l’arco del movimento.
Consiglio alla fine della seconda serie di riscaldamento altri 40 secondi di Stretching.
A questo punto dovreste aver preparato il vostro sistema nervoso centrale e periferico
all’attivazione della giusta sequenza neuro-muscolare che caratterizza l’esercizio che
stiamo per fare aumentando così la momentanea capacità del muscolo di reclutare
fibre e unità motorie durante l’esercizio, inoltre, i muscoli dovrebbero essere
sufficientemente caldi e irrorati di sangue per affrontare la nostra unica serie.
Ho notato nei molti anni di pratica che la maggior parte dei miei cliente non
necessitano di più di 2 serie di riscaldamento, però alcuni potrebbero necessitarne
solo 1 ed altri 3 o 4.
Ricordatevi sempre che ognuno di noi è differente e unico, quindi ogni consiglio va
aggiustato ed integrato dalle nostre esperienze personali.
Tenete bene in mente comunque che il riscaldamento dovrebbe essere sufficiente per
prepararvi al lavoro muscolare effettivo e non dovrebbe mai diventare un allenamento
a se stante.
Pensate sempre che le nostre capacità di recupero sono estremamente limitate ed ogni
esercizio aggiuntivo, anche se non eseguito al cedimento, ci sottrae importanti risorse
che invece potrebbero essere utilizzate per la nostra crescita.
Ora siete pronti per la vostra unica serie, io consiglio sempre, prima di iniziare, un
periodo di concentrazione di 4 o 5 secondi in modo da raccogliere tutte le nostre
energie psico-fisiche.
A questo punto partite sfruttando tutto l’arco del movimento nei tempi che vi ho
suggerito e di cui ho già parlato ampiamente.
Tali tempi dovrebbero essere sufficienti per riuscire ad isolare completamente l’area
muscolare che stiamo allenando escludendo totalmente l’inerzia derivante
dall’eccessiva velocità o l’entrata in gioco di muscoli sinergici attivati ancora una
volta dall’inerzia conseguente all’alta velocità di esecuzione.
Circa 2 o 3 ripetizioni prima del cedimento muscolare il dolore e la fatica
incomincerà a diventare ingestibile e difficile da ignorare, è qui che il gioco si fa duro
e dovrete far capo a tutte le vostre energie psichiche per portare a termine la vostra
serie fino all’ultima ripetizione possibile.
Ricordatevi che tutte le ripetizioni precedenti non saranno servite a nulla, o quasi, se
non si esegue quella in cui per quanto ci sforziamo non riusciamo a completarla, solo
in questo momento saremo sicuri di aver innescato i processi di crescita a cui tanto
aneliamo.
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Finita la serie, prima di passare al secondo esercizio, per cui non avrete più bisogno
di nessun riscaldamento, fate passare un tempo appena sufficiente a colmare il debito
di ossigeno e abbassare la frequenza cardiaca.
Non iniziate mai una nuova serie se state ancora ansimando altrimenti rischiereste di
terminarla non perché siete arrivati a reclutare il 100% delle fibre muscolari
disponibili, ma perché le scorte di ATP muscolare non sono state completamente
ripristinate e quindi vi verrebbe a mancare la “benzina” per andare avanti nel
reclutamento delle unità motorie che compongono il distretto muscolare che state
allenando.
Per il secondo esercizio, ossia le croci in panca alta, non avrete bisogno di nessuna
serie di riscaldamento, potrete quindi passare all’utilizzo del carico adeguato per la
serie ad esaurimento.
Il carico, come sempre, lo ricaverete dal vostro diario di allenamento dove avrete
segnato i pesi utilizzati nello stesso allenamento della volta precedente.
Se avete già raggiunto 9 o 10 ripetizioni nell’allenamento precedente incrementate il
carico di circa il 5% in modo da scendere tra 6 e 10 ripetizioni.
Ricordate, se le cose sono state fatte bene, ogni volta che tornate ad allenarvi dovrete
essere in grado di aumentare il numero di ripetizioni o i carichi di allenamento in
quanto il muscolo si sarà adattato ossia avrà super-compensato.
A questo punto non mi rimane altro che augurarvi buon allenamento…
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Nonostante attraverso questo libro la mia intenzione sia principalmente quella di dare
ai lettori le giuste indicazioni per sviluppare autonomamente i programmi di
allenamento, ho ritenuto comunque necessario esemplificare la teoria attraverso lo
sviluppo di 2 programmi di lavoro tipo.
Con queste tabelle intendo, come ho già detto, solamente esemplificare ciò di cui
abbiamo discusso, per cui non dovranno essere prese come leggi scolpite nella roccia,
ma piuttosto, dovranno essere intese come punti di partenza da riadattare alle singole
esigenze che si presenteranno ogni volta.
Il primo programma, che seguirà in questo paragrafo, è la tabella di allenamento
introduttiva che normalmente io utilizzo per preparare i nuovi clienti (per nuovi
intendo persone che non hanno mai avuto nulla a che fare con le tecniche Heavy
Duty) ai lavori più intensi e personalizzati che seguiranno.
Quando inizio un lavoro con un nuovo cliente, spesso mi trovo ad avere a che fare
con una persona che non ha mai toccato un manubrio in vita sua.
Diventa così determinante una pre-fase di preparazione Psico-fisica ad un nuovo
lavoro.
Bisogna ricordare che per una persona che non si è mai sottoposta a nessun tipo di
allenamento, qualsiasi cosa, all’inizio, si concreta in un estremo stress psico-fisico.
I primi allenamenti dovrebbero essere tesi non al raggiungimento del momentaneo
cedimento muscolare, ma alla spiegazione della giusta tecnica di sollevamento dei
carichi (tempi di movimento) e respirazione.
Spesso chi inizia ad allenarsi ha una percezione parziale dei muscoli che sta
allenando ed i primi periodi sono fondamentali proprio per creare i nuovi partners di
attivazione neuro-muscolare che saranno necessari per automatizzare il movimento
attraverso il giusto reclutamento delle catene muscolari impiegate durante gli esercizi.
E’ durante questo periodo introduttivo, che può durare da un minimo di 2 ad un
massimo di 8 settimane, che si porranno le basi per la giusta comprensione dei
movimenti, dei tempi, della respirazione e del concetto di allenamento fino al
momentaneo cedimento muscolare.
Un altro indice che normalmente tengo in stretta considerazione sono i dolori
muscolari conseguenti all’allenamento svolto.
Nei giorni seguenti ai primi allenamenti bisognerebbe che il cliente non arrivasse mai
a sentire dei dolori lancinanti, ma solo un lieve indolenzimento muscolare.
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Se si arrivasse a sentire dei dolori molto forti e invalidanti vorrebbe dire che durante
l’allenamento si è ampliamente superata l’intensità di lavoro sufficiente a stimolare i
processi di adattamento.
Tale condizione è paragonabile alla scottatura da eccessiva esposizione ai raggi solari
che riscontriamo quando ci esponiamo, dopo un inverno passato al buio, ad una
giornata in spiaggia senza protezione.
Se seguissimo quelle che sono le normali capacità di adattamento fisiologico, ci
dovremmo togliere dal sole non appena la pelle incomincia ad arrossarsi, ossia, dopo
circa 20 minuti di esposizione al sole di fine giugno o luglio.
Ogni minuto in più di esposizione non migliorerà la nostra risposta adattativa
(abbronzatura), ma contribuirà a scottarci sempre più, fino ad arrivare a procurarci
ustioni di primo, secondo, e, nei casi più gravi, terzo grado.
Lo stesso principio vale per l’allenamento, non avremo una risposta più rapida se ci
alleneremo di più di quella che è la nostra momentanea capacità di far fronte e
adattarci ad un nuovo lavoro, ma riusciremo solamente ad esaurire completamente le
nostre capacità biochimiche locali e sistemiche, con il risultato di farci entrare in una
condizione di superallenamento.
Vorrei ricordarvi cosa soleva dire Mike al riguardo: “tanto non è meglio, poco non è
meglio, quello che bisogna fare è il giusto, ne più, ne meno”.
Non abbiate quindi fretta di saltare ai programmi più avanzati, ma tenete sempre ben
presente che qualsiasi tipo di attività, all’inizio, per il corpo risulta essere
estremamente impegnativa e determina una serie di riadattamenti che sfociano
comunque nei processi di compensazione prima, e, supercompensazione poi che tanto
ricerchiamo.
Come ultimo appunto, vorrei farvi notare che nella scheda non ho inserito esercizi
specifici per i bicipiti, tricipiti, e i bicipiti femorali, in quanto già allenati,
indirettamente, da altri esercizi come quelli per i dorsali, per i quadricipiti e per le
spalle che inevitabilmente li coinvolgono.
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SCHEDA BASE
- PETTORALI:
Pectoral Machine 1 serie da 8 a 12 ripetizioni
- DORSALI:
Tirate al Lat-Machine con Impugnatura stretta e inversa 1 serie da 6 a 10 ripetizioni
- DELTOIDI:
Shoulder press o Lento dietro con Bilanciere 1 serie da 6 a 10 ripetizioni
- POLPACCI:
Calf inpiedi 1 serie da 12 a 20 ripetizioni
- QUADRICIPITI FEMORALI:
Leg-Press obliqua 1 serie da 12 a 20 ripetizioni
- ADDOMINALI:
Crunch alla Crunch-machine 1 serie da 12 a 20 ripetizioni
Leg-raise su panca addome 1 serie da 12 a 20 ripetizioni
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Per il secondo programma, che troverete di seguito, vale quanto già è stato detto
nell’introduzione alla “scheda di allenamento condizionante per un neofita”.
Prima di parlare di esercizi, serie e ripetizioni, vorrei attirare la vostra attenzione su
alcuni aspetti relativi al corretto svolgimento del programma di allenamento che
andremo a vedere.
La scheda è stata strutturata pensando ad un frequentatore tipo, che abbia già
acquisito i rudimenti necessari atti a realizzare un buon allenamento.
Tale fruitore dovrebbe essere in grado di eseguire i movimenti in modo perfetto,
rispettando i tempi nelle tre fasi, concentrica, isometrica ed eccentrica di cui ho già
parlato ampiamente.
Prima di allenare un muscolo specifico dovreste scaldarlo, attraverso le modalità già
discusse in precedenza.
Ricordate che il riscaldamento non deve mai essere un allenamento a se stante, ma
deve essere semplicemente sufficiente a far affluire sangue al gruppo muscolare che
stiamo per allenare e a preparare il nostro sistema nervoso centrale e periferico a
mettere in moto i vari gruppi muscolari che saranno interessati nell’esercizio
specifico permettendoci così di attivare la giusta sequenza di reclutamento neuro-
muscolare.
Consiglio questo programma non ad un neofita, ma ad un intermedio, ossia una
persona che abbia un’esperienza di palestra di almeno 6 mesi consecutivi e sia
seriamente intenzionato a sviluppare nel più breve tempo possibile il suo potenziale
muscolare.
Partite con una frequenza di allenamento di una seduta ogni 4 giorni, ossia una volta
finita la vostra sessione di allenamento, che non dovrebbe durare più di 35 minuti,
prima di tornare nuovamente ad allenarvi aspettate almeno 4 giorni.
Per quanto riguarda la frequenza, i 4 giorni sono solo un consiglio, dovrete essere in
grado di valutare voi in base a ciò che annotate sul vostro diario se tale intervallo sia
adeguato a farvi recuperare totalmente o meno.
Se ogni volta che tornate a fare uno stesso gruppo muscolare non siete in grado di
aumentare il carico di lavoro o il numero di ripetizioni, rimanendo comunque
all’interno dell’ intervallo che vi suggerisco, vuol dire che il muscolo non ha super-
compensato.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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SCHEDA
- Primo Giorno:
- PETTORALI
- DORSALI
- ADDOMINALI
- Secondo Giorno:
- POLPACCI
- BICIPITI FEMORALI
- QUADRICIPITI FEMORALI
- Terzo Giorno:
- DELTOIDI
- TRICIPITI
- BICIPITI
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Se mi avete seguito fino a qui, avrete compreso come l’aumento di forza sia fattore
necessario ed imprescindibile per la massima crescita muscolare.
Infatti, come ho già più volte spiegato, la crescita muscolare non è altro che una
risposta organica ad uno stress imposto.
I meccanismi che regolano la crescita muscolare sono in sostanza gli stessi che
regolano l’abbronzatura o la formazione di un callo.
La GAS theory, ossia la sindrome da adattamento generale espressa da Hans Selye,
ci spiega esaurientemente i meccanismi generali di adattamento di ogni organismo
biologico ad uno stress imposto, e la crescita muscolare, poiché sottostà alle
medesime leggi fisiche e biologiche che regolano il nostro universo, non fa
eccezione.
Ecco perché quando parlo di Body Building mi piace definirlo una Scienza.
L’improvvisazione che spesso si osserva nelle palestre o la vera e propria ignoranza
di molti cosiddetti “istruttori” ne svilisce l’essenza stessa, trasformandolo da scienza
atta alla trasformazione della composizione corporea attraverso principalmente
alimentazione e allenamento, ad una mera ginnastica con i pesi senza nessuna finalità
estetica.
In questo estratto, vorrei iniziare ad illustrarvi alcune metodiche per aumentare
l’intensità in allenamento.
Una volta compreso che se vogliamo continuare a crescere dobbiamo generare
progressivamente contrazioni muscolari sempre più intense, quello che rimane però
oscuro a molti Body Builder è come fare per ottenere tale progressione.
La difficoltà a capire come affrontare produttivamente un allenamento ad alta
intensità spesso deriva dal fatto che molti non abbiano ben compreso il concetto di
intensità.
Il concetto di intensità è da molti, compresi anche alcuni Body Builders, spesso
confuso con un altro concetto, che però ha ben poco a che vedere con il primo, ossia
quello di durata.
Apparentemente molti non hanno bene inteso che i due concetti nel Body Building
sono inversamente proporzionali, così come la loro applicazione in relazione alla
frequenza di allenamento.
Solo quando un muscolo si sta contraendo con la massima forza esprimibile in ogni
dato momento dell’esercizio possiamo parlare di massima intensità.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Quando vi state allenando in modo che ogni ripetizione di ogni serie relativa ad ogni
esercizio richiede uno sforzo assoluto, qui e solo qui possiamo parlare di massima
intensità.
Solo quando riuscirete ad allenarvi in questo modo, per forza di cose, la durata
dell’allenamento dovrà essere breve.
In altre parole allenarsi ad alta intensità non è compatibile con un allenamento ad alte
ripetizioni.
Possiamo così affermare che un allenamento ad alta intensità limita drasticamente la
durata dell’allenamento stesso.
Quello che è ancora più importante in tali allenamenti è che ogni contrazione al di
sotto della massima intensità esprimibile produrrà risultati parziali.
Mike Mentzer per rendere chiaro questo concetto usava fare un esempio:
Prendete un candelotto di dinamite e colpitelo con un martello soavemente, non
importa quante volte lo farete, vedrete che non riuscirete a farlo esplodere.
Viceversa, prendete lo stesso candelotto di dinamite e colpitelo con lo stesso martello
quanto più forte potete, vedrete che un solo colpo sarà sufficiente per farlo esplodere.
Lo stesso avviene nei nostri muscoli, sollevare una matita 1000 volte non vi farà
diventare Mr.Olympia, ma fare una sessione di Stacchi da terra da 6 ripetizioni a
cedimento probabilmente vi porterà a delle trasformazioni sostanziali della vostra
composizione corporea.
In sostanza, ogni allenamento a bassa o media intensità non sarà in grado di produrre
quegli stimoli alla crescita muscolare che state cercando, semplicemente perché non
sufficiente a stimolare l’adattamento organico.
Ricordatevi che le capacità di recupero sono scarse e limitate, quindi ogni volta che
utilizzate un sistema che aumenti l’intensità in allenamento dovrete lasciare più
tempo di riposo (frequenza), in modo da poter ripristinare completamente le vostre
riserve.
Le tecniche d’intensità non dovrebbero essere utilizzate sempre, ma solo quando vi
sentite particolarmente in forma e psicologicamente motivati.
Di seguito elencherò le varie tecniche disponibili per aumentare l’intensità in
allenamento partendo però dalla prima tecnica che sta alla base dell’intero sistema di
allenamento Heavy Duty ossia il cedimento muscolare.
con 50 Kg. Per 10 ripetizioni e non proviamo mai a fare la undicesima il nostro
corpo non avrà mai un motivo vero per cambiare, ossia per crescere.
Ricordatevi che il corpo è un sistema omeostatico, ossia che cerca di mantenere
gli equilibri raggiunti, per far si che lo stato di equilibrio passi ad un differente
livello, dobbiamo letteralmente obbligarlo. Credo che per capire questo
concetto non si necessiti essere ne un biologo ne un fisiologo. Eseguire una
serie al momentaneo cedimento muscolare ci garantisce di raggiungere quello
che Mike chiamava BREAK-OVER POINT ossia il punto prima del quale non
si ha stimolato a sufficienza la crescita muscolare e oltre il quale invece
abbiamo innescato i processi di crescita o supercompensazione. Una domanda
sorge quindi legittima: Dove è esattamente questo punto? E’ forse al 85% o al
90% dell’intensità massima realizzabile? Nessuno ad oggi può dire di saperlo
di sicuro, ma potete stare certi che se ci alleniamo fino al 100% della massima
intensità ottenibile avremo raggiunto il BREAK-OVER POINT.
• Tecnica Rest pause: Mano a mano che i muscoli crescono e diventano sempre
più forti ci si trova ad affrontare il problema relativo all’esponenziale consumo
di ossigeno e produzione di prodotti di scarto del metabolismo muscolare che
derivano dalle contrazioni sempre più intense e brutali di questi ultimi.
Effettivamente la quantità di ossigeno consumata in un muscolo che lavora alla
massima intensità può aumentare fino a 30 volte..!! Le contrazioni muscolari
possono diventare così intense che il flusso sanguigno, e quindi il trasporto di
ossigeno, diminuiscano notevolmente, ne consegue che più tempo deve
trascorrere tra una contrazione, o ripetizione, e la successiva prima che il
sistema vascolare sia in grado di riempire completamente di sangue il muscolo.
Da queste premesse nasce come conseguenza logica la tecnica denominata
Rest-Pause. Possiamo superare il problema derivante da una momentanea
diminuita capacità di contrazioni alla massima intensità facendo un riposo di
circa 10 secondi tra una ripetizione e la successiva, in modo da lasciare
sufficiente tempo al sangue di riempire i muscoli portandovi nutrimento per un
verso, e ripulendoli dai prodotti di scarto del loro metabolismo durante
l’esercizio dall’altro. L’uso che Mike Mentzer consigliava di questa tecnica, e
che io stesso ho provato su di me ed i miei clienti confermandone l’efficacia, è
di selezionare un carico massimale che ci permetta di fare un’unica ripetizione,
intervallata da 10 secondi di recupero e ripetuta per 4 volte. Dopo le prime 2
ripetizioni spesso è necessario diminuire il carico di circa il 15% in modo da
poter continuare fino alla quarta ripetizione, è possibile tuttavia non diminuire
il carico se ci avvaliamo di un Training partner o di un Personal Trainer che ci
possa aiutare durante il nostro allenamento. Non consiglio questa tecnica ai
principianti che invece dovrebbero incominciare ad utilizzarlo più tardi nel
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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tempo. Per gli intermedi e gli avanzati ne consiglio l’ utilizzo, ma con cautela,
in quanto il Rest-Pause è in assoluto la tecnica più brutale che sia mai stata
concepita e se utilizzata troppo può facilmente portare al superallenamento. E’
importante che capiate che a differenza delle altre tecniche di allenamento dove
arrivate al cedimento alla fine di una serie composta da più ripetizioni, nel
Rest-Pause ogni ripetizione è massimale. In questo modo da una parte questo
tipo di allenamento è altamente produttivo, ma allo stesso tempo è pure
altamente impattante sulle nostre limitate capacità di recupero che necessitano
più tempo per essere completamente ripristinate.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Appendici
“Ho sempre pensato che quando un uomo si ficca in capo di riuscire in qualche
progetto e non s'occupa altro che di questo, deve aver successo malgrado ogni
difficoltà; questo uomo diventerà gran visir, papa, butterà all'aria la monarchia,
purchè si dia da fare per tempo, abbia il coraggio e la costanza necessari”.
- Giacomo Casanova –
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Nota dell’autore
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Spero che la mia dedizione ed impegno nel settore del Body Building servi ad
incrementare l'espansione di questo incredibile sport e stile di vita, rendendolo
popolare e fruibile alla grande massa.
Brescia, 03/05/2009
“La differenza tra un vincente e un perdente sta anche e soprattutto nella sua
capacità di scegliere e saper riconoscere attraverso l'uso della razionalità il giusto
dal non giusto…”.
- Enrico Dell’olio -
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Il nostro corpo se non stimolato tende a mantenere uno stato di continuo equilibrio.
Meno cambiamenti introduciamo in un programma di allenamento, è più facile sarà
per il nostro organismo mantenere lo stato raggiunto. Questo non vuol dire
modificare un programma continuamente, dal momento che ogni cambiamento
dovrebbe essere supportato da dati che ne giustifichino la necessità. Quello che qui
voglio intendere è che bisognerebbe apportare cambiamenti con una certa regolarità
ai nostri programmi. Tali variazioni dovrebbero essere supportate dai dati raccolti
attraverso i diari compilati durante le sedute. Naturalmente, ogni cambiamento dovrà
essere sottoposto ai principi di cui ampiamente ho già discusso.
Il meccanismo primario di cui si servono gli organismi viventi come piante e animali
per sopravvivere è quello dell’ adattamento. Tale processo, ben descritto in biologia,
definisce la capacità che gli esseri viventi hanno di riadattarsi a nuove situazioni
contingenti instauratesi nell'ambiente circostante, in modo da poter sopravvivere e
riprodursi. Il concetto si riferisce quindi ai cambiamenti intervenuti in un dato
organismo che ne hanno alterato o modificato lo stato precedente.
In ogni momento della nostra vita subiamo continui micro riadattamenti che sommati
in una scala temporale sufficientemente lunga determinano importanti variazioni. Per
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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esempio, quando camminiamo in una stanza buia e poi accendiamo la luce, i nostri
occhi si aggiustano o adattano attraverso il restringimento della pupilla dovuto alla
maggior quantità di luce presente, in modo da limitare la quantità massima della
stessa che entrerà nei nostri occhi così da produrre una visione chiara di ciò che
abbiamo di fronte. Ci troviamo quindi di fronte ad un riadattamento della grandezza
di un elemento, relativo ad uno specifico organo, in modo da limitare e dosare la
quantità di luce che entrerà e determinerà la nostra visione. Anche quando siamo
sottoposti alle situazioni più avverse, come ad esempio un incidente grave in auto, il
sistema nervoso simpatico e parasimpatico continuamente lavorano uno contro l'altro
in modo da aggiustare e bilanciare al meglio le risposte del nostro organismo con
l'obiettivo di creare un nuovo equilibrio che ci permetta di sopravvivere all'evento.
Hans Selye, il padre della teoria dello stress, fu il primo a notare e misurare uno
specifico pattern di adattamento, nel quale si distinguono chiaramente tre fasi, di cui,
per la nostra discussione, sono particolarmente interessanti la prima e l’ultima.
La prima fase, detta di reazione o allarme determina il segnale di risposta fisiologico
che porterà alla seconda, detta di resistenza o di adattamento a cui il corpo risponderà
appunto adattandosi, se lo stress risulta essere non troppo eccessivo e quindi non
superi le capacità adattative momentanee dell'organismo in questione. Se lo stress è
troppo grande, l'organismo cede a vari livelli al fattore stressorio dando vita così alla
terza fase chiamata di esaurimento, la quale implica appunto l’esaurimento delle
risorse metaboliche momentaneamente disponibili. Tornando al nostro esempio sulla
luce nella stanza buia, possiamo dire che guardare direttamente ad una lampadina da
30 Watt determini uno stress tollerabile, tuttavia fissare direttamente il sole porta ad
un rapido esaurimento delle capacità fisiologiche di mediazione di quest'evento,
producendo come risultato finale una temporanea o, nei casi più gravi, permanente
cecità. In questo caso solo un aspetto dell'organismo viene colpito ed esaurito (gli
occhi) producendo solo un modesto effetto sul resto del nostro corpo.
I cambiamenti che abbiamo commentato fino ad ora sono, tutto sommato, piccoli e
riguardano lassi di tempo non particolarmente lunghi, se però, facendo uno sforzo di
fantasia. estendessimo quanto detto ad un periodo lungo centinaia o milioni di anni
possiamo intuire come gli animali e le piante che popolano la terra siano riusciti ad
adattarsi ai molti cambiamenti che hanno caratterizzato le varie epoche passate.
Possiamo dire che le micro variazioni a cui giornalmente siamo sottoposti, alla lunga
si traducono in macro variazioni o adattamenti. Quindi, ne deduciamo, che la
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Per chiarire ulteriormente il concetto di adattamento così come derivato dalla teoria
del professor Selye, riporterò un breve estratto della sua definizione di stress:
“indipendentemente da dove proviene lo stress, che sia esercizio fisico, studiare per
un esame, o perdere una persona cara, ritroviamo sempre una risposta fisica non
specifica – quando il fattore stressorio diventerà tale da superare le capacità di
adattamento (omeostasi o equilibrio organico), il risultato finale sarà sempre lo
stesso:
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Il punto qui, su cui dovremmo soffermarci, è che lo stress derivante dall'esercizio non
è solamente uno sforzo specifico che richieda solo una reazione specifica. Piuttosto,
dovremmo capire, che quando alleniamo un gruppo muscolare non creiamo
solamente uno stress locale, ma anche sistemico. Detto più chiaramente, il semplice
fatto che solleviamo un carico molto pesante alcune volte non è garanzia di crescita
muscolare. Più il nostro organismo (in generale) si trova ad affrontare allenamenti
anaerobici intensi, e più si adatterà a questa condizione in modo generalizzato.
Continuando su questa strada, possiamo dire che anche se abbiamo lavorato un
muscolo con carichi pesanti ciò non vorrà automaticamente dire che gli adattamenti
che ne deriveranno saranno quelli auspicati (aumento della massa muscolare), la
costruzione di nuovo tessuto muscolare è una possibilità, attuabile solo se le
condizioni sono corrette. Possiamo quindi dire che lo stress locale causi “danni”
anche ad altri sistemi organici, e che il corpo si adatta in modo generico e non solo
localmente, come invece vorremmo.
È solo prendendo in considerazione le leggi della fisiologia dello stress a tutti i livelli
che saremo in grado di vedere e capire meglio gli eventi che contraddistinguono i
processi di adattamento. Quando ci alleniamo non creiamo solo uno stress ai gruppi
allenati così che questi crescano per risposta sempre più grossi, il nostro corpo è ben
più complesso e i meccanismi metabolici posti in atto riguarderanno tutti i sistemi
organici.
Un importante corollario a ciò di cui abbiamo discusso finora, è che più sarà
prevedibile il nostro programma di allenamento, e più sarà veloce e semplice
l'adattamento che ne seguirà. Più spesso ripetiamo lo stesso esercizio nella stessa
maniera, e più il corpo ne sarà felice, dal momento che lo sforzo diventerà presto
prevedibile e convenzionale.
Allenamenti di base che siano solo semplicemente progressioni del carico vanno
molto bene per i neofiti, dal momento che lo sforzo è così nuovo per i muscoli da
produrre importanti risultati, questo processo può durare anche svariati mesi prima
che il corpo si adatti completamente, tuttavia, prima o poi l'adattamento sarà
completo.
Questo è il motivo perché non è sufficiente svolgere solo un lavoro pesante al fine di
cambiare la propria composizione corporea. Ci sono centinaia di persone che
svolgono lavori pesanti, per esempio di facchinaggio, ma che tuttavia risultano essere
completamente fuori forma e, considerando i grossi carichi che giornalmente
sollevano, non si possono dire neppure super forti. Piuttosto, potremmo affermare,
che sono estremamente efficienti nello svolgere determinate attività per cui hanno
indubbiamente affinato le loro capacità. Sareste sorpresi dal vedere come queste
persone siano estremamente inefficienti e goffe se provassero ad eseguire lavori
completamente differenti da quelli a cui sono abituati. Nonostante queste attività
siano indiscutibilmente molto pesanti a livello fisico, non possiamo tuttavia affermare
che possono essere adeguate per creare e mantenere un corpo molto forte e
muscoloso.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Il significato di tutto ciò, è che quello che non dovremmo solo ambire a, quando
ci sottoponiamo ad allenamenti intensi, diventare sempre più bravi a sollevare
un determinato carico attraverso un dato esercizio. Non vogliamo allenarci
solamente per migliorare le nostre capacità di sollevamento pesi attraverso
un'attività particolarmente intensa, ma ciò che vogliamo è cercare di costruire
quanta più massa muscolare possibile, nel minor tempo possibile, e, per fare ciò,
dobbiamo far si che quando sia necessario, l'allenamento (stress) si converta in
qualcosa di sufficientemente inusuale da produrre una nuova reazione di
adattamento (leggi ciclicizzare).
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Ciò detto, sottolinea quanto sia importante, per continuare a stimolare adeguatamente
il nostro organismo, la ciclicizzazione di quello che facciamo. Attività fisiche, come
l'esercizio fisico, si basano e sono strettamente connesse al grado di sviluppo dei
patterns di attivazione neuro-muscolare. Allo stesso modo, i sistemi che il nostro
organismo mette in essere per produrre energia, determinano le modalità di
conservazione o meno dei substrati energetici che influenzeranno direttamente la
nostra capacità di produrre lavoro muscolare.
Dall'altra parte i fautori delle tecniche ad alto volume (quelli che si basano
essenzialmente su quando e quanto spesso, piuttosto che considerare l'intensità come
base per la crescita) sono soliti utilizzare moltissime variazioni nei loro programmi.
Queste persone tendono a essere orientate maggiormente verso le misure. Non
cercano solamente di allenarsi e sollevare progressivamente carichi sempre più
grandi, ma vorrebbero arrivare agli stessi risultati dei primi attraverso un minor
sforzo fisico e mentale. Sfortunatamente, senza applicare la giusta intensità, il giusto
recupero e un adeguato sovraccarico progressivo, spesso si arenano su pochi o nessun
risultato, per periodi lunghissimi di tempo, tale condizione generalmente porta nel
tempo a smettere completamente di allenarsi. Esiste inoltre una terza categoria che
interpreta il body-building come un'attività impossibile da fare senza un uso
continuativo di steroidi anabolizzanti. I farmaci non determinano solamente maggiori
capacità di crescita muscolare, ma permettono di allenarsi per molto più tempo e con
maggior frequenza rispetto a chi non fa uso di tali sostanze permettendo così, a
questo gruppo, di comportarsi in modo sostanzialmente differente dai primi due, in
quanto, attraverso l'uso di sostanze dopanti, le leggi fisico biologiche prese in
considerazione finora vengono completamente stravolte. I concetti di intensità,
frequenza e volume nel caso di uso di steroidi continuano si ad esistere, ma in
maniera molto diversa. Senza considerare i principi che stanno alla base della crescita
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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muscolare, così come esposti, i risultati sono spesso non ottimali e contraddistinti da
grandi perdite di tempo, soldi ed energie.
Il dilemma che ci troviamo ad affrontare a questo punto è determinato dal fatto che
risulta essere estremamente difficile individuare quando è arrivato il momento di
variare i nostri programmi. Oggi, dopo molti anni di esperienza, posso dire che le
risposte individuali sono estremamente varie e differenti, è quindi impossibile
definire un protocollo che vada bene per tutti. L'unico modo per individuare i partner
di risposta fisiologica è attraverso l'attenta osservazione e sperimentazione personale.
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È necessario partire da una premessa comune con la quale tutti noi ci troviamo a
misurare. Ogni individuo parte con le stesse caratteristiche fisico/biologiche di base
che sono uniche nella nostra specie, tuttavia le differenze individuali, che
costituiscono la variabilità di specie e determinano l'unicità dell'individuo, sono
anche la base di partenza per definire le giuste quantità di intensità, volume e
frequenza che caratterizzeranno un determinato programma di allenamento. E’quindi
la combinazione dei vari fattori che determinerà le dosi di intensità, volume e
frequenza da applicare per raggiungere i risultati auspicati, ed è qui che la scienza
teorica incontra la sua applicazione pratica.
Esistono sul mercato molti differenti modelli di organizzazione degli esercizi che
vengono riassunti con il termine: TECNICHE DI ALLENAMENTO e che
costituiscono il tentativo più o meno organizzato di dare forma a sequenze di esercizi
messi in modo che tengano conto dei fattori che governano la crescita muscolare. E’
importante notare che il modello di organizzazione di un programma di allenamento
determinerà il modello di risposta del nostro organismo. In altre parole, due individui
potrebbero allenarsi con lo stesso identico programma eseguendo gli stessi esercizi
nello stesso identico modo, tuttavia la risposta che ne deriverà produrrà
immancabilmente risposte sistemiche (riorganizzazione della composizione corporea)
uniche e geneticamente determinate dalla fisiologia individuale. Questo è il motivo
per cui le persone hanno differenti risultati dall'applicazione dei medesimi
programmi, ed è il motivo per cui sia necessario creare programmi personalizzati in
funzione delle risposte soggettive.
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Sono quindi le variazioni derivanti dai riadattamenti continui dei nostri organismi che
determineranno la struttura dei nostri programmi di allenamento. Tali programmi,
tuttavia, non potranno essere eterni, dal momento che dovranno modificarsi ogni
qualvolta il nostro corpo vi ci sarà adattato, in modo da creare un continuo stress a cui
seguirà un continuo adattamento in accordo con il nostro potenziale genetico.
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Orologi biologici
All'interno dei nostri organismi troviamo tutta una serie di cicli o ritmi che regolano
le varie attività metaboliche nelle nostre cellule. Tali ritmi vengono chiamati orologi
biologici. Gli orologi biologici non servono a misurare il tempo, ma possiamo
definirli come oscillatori ciclici auto-alimentati. Possiamo dire, per semplificare il
concetto, che le cellule comunicano tra di loro ritmicamente, questo meccanismo
include anche i meccanismi di risposta associabili dalla sindrome di adattamento
generale (G.A.S.) determinata da allenamenti intensi. Più specificatamente, le cellule
del nostro organismo sono soggette a ritmi, come ad esempio:
• I cicli di sonno-veglia (da cui l'effetto negativo derivante dal jet leg).
• Le secrezioni ormonali (il testosterone raggiunge i massimi livelli durante le
ore di sonno, mentre tende ad abbassarsi durante il corso del giorno).
• La chimica sanguigna.
• Le percentuali di globuli rossi e bianchi durante il giorno.
• La pressione sanguigna (al massimo in prima serata e nel mese di dicembre).
• La quantità di urina prodotta ed espulsa.
• La temperatura corporea (più bassa intorno alle 3 AM e più alta intorno alle 7
PM).
• La velocità di divisione cellulare.
• La fame (più alta nel primo pomeriggio e minore intorno alla mezzanotte).
• Il respiro.
• L’invecchiamento .
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I ritmi corporei interni, che consistono di cicli positivi e negativi durante il giorno,
determinano le capacità di tollerabilità di una determinata attività fisica. I ritmi
biologici sono così importanti da influenzare svariati aspetti della nostra vita, incluso
l'uso di farmaci. Molti farmaci hanno un migliore o peggiore effetto in relazione al
momento della loro assunzione che può coincidere o meno con altri fattori, come ad
esempio specifici rilasci ormonali.
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Caratteristiche di un ritmo
massimo
ampiezza
-----------------------------------------------------------------------------------
periodo
(lunghezza di un ciclo)
minimo
12 Tempo (ore) 24
cardiaco, ma, piuttosto, l'intensità dello sforzo con un dato peso. Più sarà grande
l'ampiezza e più sarà grossa la differenza fra i minimi e i massimi espressi all’interno
del ciclo di riferimento. Per esempio, uno stimolo di allenamento più intenso si
concreta in un maggior picco nella reazione di allarme “onda” all'interno della G.A.S.
(General adaptation Syndrome).
Due altri termini comuni che si riferiscono ai ritmi e agli orologi biologici sono
periodo e fase. Un periodo si riferisce alla lunghezza di tempo di un ciclo (quindi, il
ciclo mestruale nella donna si riferisce ad un periodo). Una fase fa riferimento a un
segmento o all'estensione di una porzione all'interno di un ciclo. Per esempio,
dormire è una fase del ciclo di sonno-veglia. L'altra fase, naturalmente, consiste nell’
essere svegli.
Se una fase o un ciclo vengono alterati nella loro natura, possono essere necessari
svariati cicli prima di ristabilire un ideale o efficiente sistema ritmico (omeostasi),
alterare la richiesta della quantità di allenamento totale (ad esempio aumento
dell'intensità o del volume) è un chiaro esempio di quanto detto. Chiunque si alleni da
un po’ di tempo, avrà notato che quando viene cambiato il programma di esercizi sì
necessitano almeno 3/5 allenamenti prima di adattarsi al nuovo schema.
Quindi, ciò che può alterare le risposte ritmiche dei nostri orologi biologici
(omeostasi) successivamente, con il tempo, tenderà a diventare normale per il nostro
organismo. Ciò che succede, a questo punto, è un'alterazione dell'ampiezza dell'onda
del ritmo (diminuzione di grandezza), da alta a moderata e successivamente da
moderata a bassa, a mano a mano che lo stimolo continua a ripetersi nel tempo. Se lo
stress risulta essere tanto estremo per l'organismo da non permetterne un adattamento,
mantenendo quindi uno stato di allarme continuo indotto dall'incapacità di riadattarsi
ad una nuova situazione, la conseguenza sarà il sovrallenamento.
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Il cortisolo e un ormone che causa catabolismo tissutale, tale ormone viene rilasciato
in modo da ridurre i livelli di infiammazione sistemici causati dallo stress, in tali
fattori va incluso anche l'allenamento. Non è stato ancora del tutto chiarito come,
variando nutrizione e allenamento durante il giorno, si possa influenzare la risposta
del cortisolo. Alcuni speculano sul fatto che dal momento che il sistema immunitario
è al minimo della sua attività durante la prima parte della mattina, l’allenarsi molto
presto dovrebbe essere evitato, dal momento che si avrebbero aumenti nelle
produzioni totali di cortisolo, aumentando così la necessità di maggior riposo tra una
sessione e la successiva. D'altro canto, dal momento che probabilmente il corpo
produce una grossa quantità di cortisolo solo una volta al giorno, allenamenti svolti la
mattina presto, o comunque nella prima metà della mattinata, potrebbero essere
ottimali, dal momento che si potrebbe evitare in questo modo un altro picco del
cortisolo più tardi durante la giornata come risultante di una attività fisica intensa.
Questo fattore non dovrebbe essere ignorato dal momento che lo stato d'animo e i
livelli di energia che ne derivano, possono positivamente influenzare il nostro
allenamento. Quando si cerca di allenarsi da stanchi o depressi, indipendentemente
dal momento del giorno, si riscontrano cali di energia che si riflettono in una parziale
improduttività durante la sessione.
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Riposino si o no?
Un altro fattore da considerare è dato dalla dinamicità dei livelli energetici durante il
giorno, potremo rappresentare i nostri livelli energetici attraverso un grafico a picchi
e valli. Un aspetto interessante, ritrovabile in tutte le culture del pianeta, è quello del
riposino pomeridiano, collocabile in molte culture tra le 3 e le 5 P.M. Questa
abitudine è ricollegabile ad un abbassamento fisiologico dei nostri livelli energetici
durante la giornata.
Alcune persone hanno speculato sul fatto che ciò possa accadere in conseguenza ad
alimentazioni particolarmente ricche in carboidrati e al carico glicemico derivante
dalla loro ingestione, tipico delle diete occidentali. Tuttavia, questa condizione si nota
nella maggior parte dei paesi, inclusi quelli utilizzanti alimentazioni a basso
contenuto di carboidrati (da ricordare che i carboidrati aumentando i livelli di
serotonina dovrebbero essere evitati, in grosse quantità, prima di un allenamento).
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A causa del normale abbassamento di energia e attenzione che si rileva nel primo
pomeriggio (subito dopo pranzo), solo pochi individui riescono ad allenarsi
efficacemente. E’ interessante notare, che la maggior parte delle palestre nel primo
pomeriggio sono quasi sempre vuote. Tuttavia, verso le 5 pomeridiane, i livelli di
energia ritornano a salire, permettendo così alle persone di allenarsi agevolmente e
con più mordente tra le 5 e le 7 pomeridiane.
Per la maggior parte delle persone, è rilevabile un picco delle capacità anaerobiche e
aerobiche, così come della temperatura corporea, dei riflessi, della coordinazione, e
altri indicatori relativi alle prestazioni fisiche tra le 5 e le 6 PM. Inoltre, in queste ore,
la flessibilità, la capacità polmonare e l'efficienza cardiaca sono al loro massimo. E’
importante notare che ci potrebbe essere fino ad un 20% in meno di capacità di
flessione e allungamento appena svegli e questo sta ad indicare chiaramente un
maggior bisogno di riscaldamento prima di intraprendere attività intense la mattina
presto.
Il seguente picco anaerobico più alto, lo troviamo tra la tarda mattinata ed il primo
pomeriggio, e normalmente coincide con le migliori capacità mentali di
apprendimento. Allenarsi la mattina presto coincide con una riduzione della forza
rispetto a ciò che sarebbe possibile nella tarda mattinata o nel tardo pomeriggio.
Questo sicuramente è molto importante da tenere in considerazione per gli atleti
coinvolti nelle discipline di forza, tuttavia, quelli che necessitano di maggiore
accuratezza nei movimenti, concentrazione e destrezza, come ad esempio gli arcieri,
o i tiratori al bersaglio, trovano il momento migliore per l'allenamento durante la
prima parte della mattinata, quando le pulsazioni cardiache sono più basse.
Non dovrebbe essere una sorpresa, a questo punto, notare che la maggior parte degli
incidenti stradali avvengano nel pomeriggio, con la più bassa incidenza durante la
mattina e la prima serata (tra le 6 PM e le 9 PM). Di conseguenza, chi si allena per
gare dove l’agilità e la destrezza rivestono molta importanza, o, pratichi Body
Building e sollevamento pesi, ossia attività che richiedono un'intensa concentrazione
che permetta il completamento delle routine ed eviti all'atleta rischi di infortunio,
dovrebbero evitare gli orari di maggior rischio che si concentrano tra le 2 PM e le 5
PM.
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Da tutto ciò ne deriviamo che i momenti migliori per allenarsi con i pesi sono la
mattina tardi o il pomeriggio dopo le 5, tuttavia, va tenuto in considerazione che, un
buon personal trainer che sappia ben motivare i propri clienti, spesso può portarli a
raggiungere prestazioni ottime anche se allenati in momenti della giornata non ideali.
Vorrei qui aprire una parentesi relativa al lavoro del personal trainer. Da quanto detto
finora risulta chiaro che le attività di maggior concentrazione dovrebbero essere
svolte la mattina in quanto il cervello è al massimo del suo potenziale di attenzione e
allerta. La mattina risulta quindi essere il momento migliore per un personal trainer,
rispetto a quando allenare i propri clienti, mentre il pomeriggio dovrebbe essere
riservato alla preparazione dei programmi.
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La ragione per cui il corpo diviene così resistente e riluttante a guadagnare nuova
massa muscolare (questo diventa particolarmente vero negli atleti avanzati) è data dal
fatto che è in grado di stabilire un bioritmo basato sugli stimoli e le risposte che ne
derivano. Il nostro organismo è in grado di imparare velocemente a riconoscere uno
dato stimolo come “tipico” (ad esempio allenarsi al momentaneo cedimento
muscolare ogni “x” giorni per “Y” serie). Se il ritmo (omeostasi) non viene disturbato
o forzato verso nuovi livelli, cioè oltre a ciò che è tipico, come ad esempio
raddoppiando il volume o la frequenza, o provando nuovi esercizi, nuove
attrezzature, o metodologie di lavoro, ci sono poche ragioni, per il nostro organismo,
di cambiare, e quindi, aumentare la massa muscolare. Lenti aumenti dei carichi di
lavoro, per esempio, diventano progressivamente inadatti al fine di condizionare la
crescita di nuova massa muscolare. Il primo adattamento organico al lavoro con i pesi
si concreta generalmente in un miglioramento delle capacità neuromuscolari di
attivazione delle catene muscolari allenate e utilizzate in un dato movimento. Quindi,
se non viene creata nuova massa muscolare da allenamento ad allenamento e tuttavia
progrediamo attraverso l'incremento della forza muscolare, questo significa che
stiamo assistendo all'instaurarsi di un nuovo ritmo (adattamento) oppure abbiamo
raggiunto il nostro massimo potenziale genetico, accompagnato da migliori capacità
neuromuscolari.
E’ importante inoltre notare che dal momento che l'alterazione sia della dieta che
dell'allenamento può influenzare i nostri bioritmi, come ad esempio le nostre capacità
di recupero locale e sistemico, diviene necessario considerare sia le influenze positive
che quelle negative quando stendiamo il nostro piano di lavoro. Parlando di esercizio,
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Intrigato da quanto mi aveva esposto il mio amico e ancora alla ricerca di una
spiegazione valida per il mio fallimento chiesi ad un altro amico che viveva negli
USA di procurarmi l’ultimo libro di Mike…
Dopo 1 mese arrivò il libro, iniziai subito a leggerlo e mano a mano che procedevo
attraverso le spiegazioni di Mike ed il filo logico che le legava, nella mia mente
trovavo risposte a tutta una serie di domande che fino a quel momento avevo
semplicemente messo da parte senza per altro aver mai tentato di trovarvi una
spiegazione soddisfacente.
Inoltre, incominciavo ad accorgermi che gli studi di fisiologia muscolare che avevo
fatto, meglio si adattavano alla teoria di Mentzer che alle teorie di Weider.
Il dilemma probabilmente derivava dal fatto che non mi ero mai posto seriamente il
problema relativo al perché della crescita muscolare, mi ero in sostanza limitato ad
accettare la teoria corrente con la quale ero venuto in contatto dal primo giorno che
avevo messo piede in palestra, senza mai per altro questionarne le premesse.
Dovetti quindi dare ragione a Karl Popper quando affermava, riporto testuali parole :
“Bisogna certamente ammettere che, in ogni dato momento, le nostre teorie
scientifiche dipendono non soltanto dagli esperimenti, condotti fino a quel
momento, ma anche dai pregiudizi che sono accettati come veri, sino a che non
abbiamo preso coscienza di essi.”
La teoria relativa alla crescita muscolare che trovavo così ben esposta nei libri di
Mike Mentzer era semplice, intuitiva, chiara, e coerente con i dati scientifici a
disposizione.
Trasformavano il BB da un’attività improvvisata ad una vera e propria scienza.
Mike non aveva paura di dire, analizzare e smontare passo per passo i fondamenti su
cui poggiava il BB, ossia un insieme di superstizioni e leggende più o meno
malamente riadattabili dagli stregoni del BB ad ogni caso singolo.
Ma allora perché tutti i grandi campioni utilizzavano i sistemi ad alto volume?
La risposta era molto semplice; Mike attraverso il suo sistema di allenamento che
denominò Heavy Duty e che si poggiava sui tre principi: Breve, Intenso ed
Infrequente, fu uno dei primissimi a considerare l’organismo umano come un sistema
che necessita di tempi ben definibili per far si che riesca a compensare prima e
supercompensare poi in seguito di uno stress impostogli.
Quello che le riviste patinate ed i campioni si dimenticano o omettono di dirci è che
tutti, e dico tutti, ad alti livelli nel BB utilizzano farmaci dopanti che migliorano
esponenzialmente le capacità di recupero e rigenerazione fisica di un atleta.
Un atleta dopato non necessita dover aspettare molti giorni tra una seduta e la
successiva perché i suoi livelli di testosterone aumentino e quelli di cortisolo
diminuiscano.
Semplicemente, introducendo ormoni dall’esterno, bypassa il problema.
Inoltre il quantitativo di ormoni che vengono utilizzati nel BB moderno è tale che
supera in alcuni casi di decine e decine di volte le normali produzioni endogene.
Da un lato abbiamo quindi un uomo che deve, tramite alimentazione, allenamento ed
integrazione cercare di ottimizzare al massimo ciò che la natura gli ha dato e
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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dall’altra uno che non solo non deve preoccuparsi di quanto, quando e come allenarsi,
ma che ha costantemente presenti nel sangue livelli ormonali di testosterone, GH,
Sometomedina C, insulina e chi più ne ha più ne metta, da tirannosauro Rex.
E’ chiaro che il primo dovrà utilizzare tecniche di allenamento e alimentazione tali
che tengano in considerazione le limitate capacità e risorse di cui dispone, mentre il
secondo potrà fare quello che vuole visto che il suo potenziale di recupero è
letteralmente sovraumano.
Vi ricordo che gli steroidi anabolizzanti furono usati dai nazisti nei campi di
concentramento in grandi quantità per permettere a uomini sotto nutriti e posti in
condizioni di stress e di lavoro a dir poco estreme, di continuare a lavorare fino alla
morte senza avvertire troppa stanchezza.
Le tecniche ad alto volume utilizzate per l’aumento di massa muscolare vanno
completamente contro a quelle che sono le premesse che stanno alla base della
fisiologia e del recupero muscolare.
Tempo fa le fibre muscolari vennero catalogate in fibre rosse e fibre bianche, le prime
sono poco ipertrofizzabili, caratterizzate da una elevata densità di capillari, quindi
ottima vascolarizzazione, numerosi mitocondri, emoglobina, mioglobina e citocromi,
necessari per il trasporto di ossigeno che servirà per ottimizzare l’utilizzo dei grassi
come substrato energetico preferenziale.
La loro caratteristica principale è la resistenza, qualità questa che esprimono
attraverso contrazioni lente e costanti per periodi lunghi di tempo.
Le fibre bianche invece crescono più facilmente in dimensione, ossia sono
ipertrofizzabili, e sono capaci di contrazioni rapide e potenti esprimibili in brevi lassi
di tempo, il loro substrato energetico di riferimento è l’ATP già presente libero nel
muscolo o il glucosio, sono caratterizzate dall’incapacità di sopportare un’ alta
intensità di lavoro per lunghi periodi di tempo.
Se le fibre bianche sono quelle ipertrofizzabili e che quindi dobbiamo colpire
maggiormente durante i nostri allenamenti per aumentare il volume dei nostri muscoli
e se tali fibre sono soggette a contrazioni rapide e potenti per brevi periodi di tempo,
ne consegue che se il nostro allenamento sarà troppo lungo saranno le fibre rosse,
quindi quelle non ipertrofizzabili, ad essere più coinvolte.
Un’alta intensità di lavoro è inversamente proporzionale alla lunghezza del tempo
di allenamento.
Quindi, ad allenamenti molto lunghi deve per forza di cose corrispondere una bassa
intensità di lavoro e le fibre muscolari coinvolte sono principalmente quelle rosse a
contrazione lenta, vedi la maratona.
Vice versa, un allenamento ad altissima intensità, deve per definizione, svolgersi in
un tempo brevissimo, ad esempio i 100 Mt. Di corsa.
Se è vero come è vero che la crescita muscolare non è altro che il normale
adattamento organico ad uno stress imposto è anche vero che tale stress non può
essere imposto per più volte di seguito, una volta superata la soglia di attivazione di
adattamento e creato lo stimolo non dovranno esserci altri stress aggiuntivi pena
l’allungamento dei tempi di ripristino delle normali funzioni fisiologiche ed il ritardo
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Molti allenatori scrivono i loro libri o i loro articoli partendo, giustamente, dalle loro
esperienze personali, che di solito, per arrivare a scrivere un libro e per avere la giusta
autorevolezza, sono di anni passati ad allenare campioni, ossia persone
geneticamente dotate e che spesso fanno uso di farmaci dopanti per migliorare
esponenzialmente le loro già eccellenti prestazioni fisiche.
Questo è un fenomeno trasversale a molti sport e di solito tutti quelli che provano ad
allenarsi secondo i comandamenti del campione o dell’allenatore di turno e nella
migliore delle ipotesi non hanno nessun risultato di rilievo o addirittura vanno peggio
di quando si allenavano da soli ascoltando il loro corpo e, nel momento in cui
chiedono spiegazioni, vengono liquidati semplicemente dicendogli che non sono
portati.
Ho scritto questo articolo per rispondere ai molti ragazzi che mi scrivono e chiedono
come mai su tutte le riviste vengano pubblicate principalmente schede di allenamento
ad alto volume, di solito facenti capo al campione di turno, che puntualmente passa
quasi tutta la giornata in palestra a tirare pesi e naturalmente consiglia a tutti di fare lo
stesso.
Se invece di migliorare, andate indietro, e vi ritrovate in quello che ho esposto fino a
qui, è meglio che incominciate a pensare che probabilmente quello che state facendo
non funziona e che forse sia arrivato il momento di lasciare i vecchi schemi
patrocinati dai vari stregoni che affollano le palestre in favore di un metodo più
scientifico meglio capace di ottimizzare le vostre risposte biologiche ossia il sistema
ad alta intensità sviluppato da Mike Mentzer: Heavy Duty.
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Con questo Articolo intendo spiegare l’impatto che il nostro stile di vita che include:
alimentazione, attività fisica, lavoro e le relazioni sociali, ha sulla produzione e
modulazione di tutta una serie di ormoni che incidono direttamente sulla nostra
composizione corporea.
Inizierò trattando l’argomento in modo generico, parlandovi delle ripercussioni
generali, che in seguito possono sfociare in vere e proprie patologie, che gli stili di
vita occidentali producono nella nostra specie.
Continuerò poi la mia relazione discutendo invece più approfonditamente la
connessione tra ormoni, tipo di allenamento e composizione corporea nel Body
Building.
E’ stato ben documentato che il CRF o Fattore di rilascio della corticotropina, è in
grado di attivare perifericamente il sistema immunitario inducendo l’espressione di
Citochine come il TNF o Fattore di necrosi tumorale e l’interleuchina 1 e 6.
Anche un alto numero di cellule adipose sono in grado di attivare un’ ulteriore
risposta di questa classe di molecole pro-infiammatorie.
E’ ben dimostrato e risaputo all’interno della comunità medica che uno stile di vita
sconsiderato porti a drammatiche modifiche, non solo in termini di salute, ma anche
dell’aspetto fisico generale.
Quali sono le dinamiche sociali che più ci stanno portando alla patogenesi della
composizione corporea odierna?
La crescita esponenziale delle patologie psichiatriche, del diabete mellito di tipo II,
dell’ipertensione cardiaca, delle patologie cardio-vascolari, della sindrome X o
plurimetabolica, le disfunzioni sessuali, sono tutte patologie che sono principalmente
generate dal nostro stile di vita.
Il 72% dei maschi statunitensi è in sovrappeso di almeno 14 Kg., e sono affetti da una
bassa vitalità che è ormai diventata cronica.
E’ stato stimato che il 90% della popolazione adulta è completamente sedentaria, tali
soggetti non superano durante la loro giornata attiva i 6000 passi di camminata.
La composizione corporea maschile negli stati uniti sta diventando sempre più simile
a quella femminile, con accumuli di grasso, soprattutto nella zona del giro vita, che li
fanno sempre più assomigliare a donne in cinta al terzo mese.
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Si può solo provare ad immaginare l’incubo che viva un uomo di 45 anni che
guardandosi allo specchio si veda con una pancia simile a quella di una donna incinta,
che debba ricorrere al Viagra per avere normali rapporti sessuali, sia sempre stressato
ed ansioso, necessiti di sonniferi per dormire, che il suo sistema muscolo/scheletrico
sia atrofizzato e che le sue capacità cognitive siano in continuo declino.
Questo ritratto relativo a milioni di uomini occidentali non è fantascienza, anche se
spaventoso, poiché è diventato la condizione principale della nostra specie.
Gli studi sulla popolazione prevedono che in futuro questa situazione tenderà ad un
continuo peggioramento.
Stress, bassa vitalità, obesità, Sindrome plurimetabolica, diabete mellito di tipo II,
malattie mentali, problemi della sfera sessuale, dismetabolismi e enigmatici disordini
infiammatori, non hanno ancora raggiunto il loro picco.
Tuttavia è stato dimostrato che il fenotipo moderno può venire facilmente invertito,
anche se alcuni fattori culturali ne impediscono la realizzazione.
Si ha un carico sistemico quando il sistema nervoso centrale umano viene
cronicamente attivato da fattori stressori continui provenienti dall’esterno.
Oggi ci sono molte case farmaceutiche intente nel trovare una molecola ad azione
recettoriale antagonista del CRF o Fattore di rilascio della corticotropina in modo da
evitare gli effetti patogenici di questo peptide neuroendocrino.
La continua produzione di questa molecola determina una risposta negativa in termini
di salute fisica generale.
Lo Stress cronico determina un abbassamento costante delle difese immunitarie
organiche mantenendo il corpo in un continuo stato di risposta infiammatoria, che a
lungo andare sfocia, in problemi psichiatrici, diminuzione della capacità cranica
totale, repentini cambiamenti d’umore, problemi sessuali, aumento dei depositi di
grasso, fatica, difficoltà a prendere sonno, ipertensione, atrofia muscolare,
cambiamenti negativi nell’ attenzione e nelle capacità di concentrazione,
dismetabolismi, etc…
L’uomo occidentale medio è diventato cronicamente stressato e ansioso in
conseguenza del nostro stile di vita super-tecnologico.
I dottori Zorilla e Koob nel loro lavoro del 2005, elencano le possibili molecole
antagoniste del CRF, che sono già state clinicamente testate, ma non prendono in
considerazione quali siano gli aspetti del nostro stile di vita che più hanno contribuito
all’ ormai cronico innalzamento dei valori plasmatici di tale molecola che come noto
media direttamente, a livello di sistema nervoso centrale, la risposta stressoria
sistemica.
La comunità scientifica americana e europea ha già compreso i meccanismi neuro-
endocrini che stanno alla base del deleterio rimodellamento dei nostri corpi.
A questo punto dobbiamo chiederci: sono gli antagonisti del CRF la soluzione a
questo problema?
E’ probabile che questa classe di molecole non abbia solo effetti benefici, ma anche
tutta una serie di effetti collaterali che potrebbero compromettere seriamente l’asse
neuro-ormonale di cui sono parte integrante.
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Pare che l’ ipotesi di proporre cambiamenti culturali o modifiche negli stili di vita
non sia particolarmente di moda.
Il “Faust” di Goethe parla di un intellettuale che decide di vendere la sua anima al
diavolo per avere vantaggi finanziari e personali.
Dobbiamo allora chiederci se il mondo occidentale stia contrattando una maggiore
opulenza economica per alcuni individui, a spese di masse lasciate sempre più
nell’ignoranza e perciò esposte alla degradazione?
I fisiologi ed i sociologi non hanno ancora ben compreso le motivazioni profonde che
stanno alla base della patologica modifica del fenotipo umano odierno.
E’ interessante leggere ciò che scrive in un suo recente articolo, intitolato
“Psicofarmacologia essenziale”, un esperto e accreditato psichiatra come il Dottor
Steven Sthal riguardo al fatto che il modo in cui viviamo è biologicamente tradotto
dal nostro corpo in una serie di profonde modifiche a livello di trascrizione e codifica
di una vasta gamma di proteine ed enzimi.
La comunità neuroscentifica e psichiatrica ha ormai dimostrato in numerosi lavori
che alti livelli di stress sono direttamente responsabili delle alterazioni organiche,
molecolari e biochimiche, così come delle modifiche dinamico/strutturali, negli
organismi biologici.
Possiamo derivare da quanto esposto fino ad ora che le nostre abitudini di vita in
termini di alimentazione, allenamento o sedentarietà, relazioni sociali e lavorative,
direttamente influiscano sul rilascio di alcuni ormoni o fattori di rilascio ormonale
che in cascata attivano una serie di reazioni biochimiche che predispongono il nostro
organismo ad una maggiore o minore capacità di costruire o mantenere massa
muscolare o ad utilizzare o non utilizzare il grasso come sub-strato energetico.
Cerchiamo ora di applicare quanto riportato fino ad ora sui rilasci ormonali endogeni
all’attività fisica, per derivarne le migliori tecniche di allenamento da utilizzare a
seconda dello stato fisico da cui partiamo e dei risultati che ci proponiamo di
ottenere.
Quando iniziamo una seduta di allenamento, c’è un maggior rilascio di Testosterone,
la quantità che viene prodotta è direttamente influenzata dalla lunghezza e intensità
del nostro allenamento.
Più l’allenamento è intenso e corto e più testosterone viene prodotto.
Viceversa in allenamenti molto lunghi, ossia che superino ampiamente l’ora, i livelli
di Testosterone dopo un primo picco iniziano a scendere, mentre un altro ormone
antitetico al Testosterone inizia a venir prodotto.
Questo ormone si chiama Cortisolo.
Generalmente quando i livelli di cortisolo sono alti, quelli di Testosterone scendono.
Più l’allenamento sarà lungo, vedi allenamenti ad alto volume o Weider, e più i livelli
di cortisolo in allenamento e post-allenamento saranno alti.
Se poi, dopo un allenamento lungo non lasciamo al corpo abbastanza tempo per
recuperare completamente, ne risulterà un mantenimento cronico di livelli alti di
cortisolo con tutti gli effetti devastanti di cui parlavo all’inizio dell’articolo.
Dobbiamo ricordare che il Cortisolo è anche definito l’ormone dello stress.
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gli zuccheri e cambiare la distribuzione corporea del grasso diminuendolo nelle zone
tipiche di accumulo femminile ormono/mediato, ossia cosce e glutei.
A prova di quanto detto esiste, ed è ben documentata, la famosa “Sindrome
dell’insegnante di aerobica”.
Avete mai visto nelle palestre quelle istruttrici di aerobica che saltano per 3 o 4 ore al
giorno dal lunedì al venerdì nutrendosi di insalatone e tonno , e poi concludono il
sabato e la domenica andando ai loro corsi dove si sparano altre 3 o 4 ore non stop?
Avete notato che spesso non sono in gran forma, anzi, hanno qualche chilo di troppo,
nonostante la loro consacrazione al Dio “aerobica” che a sentir loro dovrebbe farle
dimagrire e renderle toniche.
La spiegazione di questo paradosso, che tale non è se consideriamo le normali
risposte biochimiche agli alti livelli di Cortisolo che tali allenamenti scriteriati
portano, sta proprio nelle premesse.
Avete mai visto i fisici delle maratonete e quelli delle centometriste?
Le prime sembrano uscite da Auschwitz, le seconde sembrano statue greche scese dal
piedistallo.
Ecco perché a tutte le mie clienti sconsiglio vivamente allenamenti impostati solo su
attività aerobiche.
Le donne, più degli uomini, necessitano di essere allenate in stile Heavy Duty ossia
con allenamenti di circa 20/30 minuti tesi a massimizzare la resa muscolare e le
produzioni di Testosterone endogeno e nello stesso tempo a limitare i rilasci di
Cortisolo provocati da allenamenti poco intensi, ma lunghi e stressanti.
E’ bene inoltre, come per gli uomini, lasciare adeguati tempi di recupero tra una
seduta e la successiva in modo da lasciare al corpo il tempo di compensare prima e
supercompensare poi.
L’attività aerobica dovrebbe essere nei casi di dimagrimento, sia per gli uomini, ma
soprattutto per le donne, complementare a quella breve e intensa con i pesi e tesa solo
a mantenere alto il metabolismo, cosa che si ottiene con sedute di non più di 20/25
minuti.
Ricapitolando, se il vostro obiettivo è un fisico tipo bronzo di Riace per gli uomini o
Martina Colombari per le donne, il mio consiglio è allenarsi in modo intenso, corto
ed infrequente con i pesi, e , nel caso dobbiate perdere qualche chilo e siete quindi in
dieta, 2 o 3 sedute alla settimana da 20/25 minuti in stile aerobico preferibilmente la
mattina appena alzati a digiuno o la sera prima di andare a dormire.
Questo approccio è il migliore nel caso degli uomini, che tuttavia potrebbero anche
aumentare l’attività aerobica senza avere le conseguenze devastanti che invece
riscontrano le donne in seguito ai bassi livelli di Testosterone fisiologico che già per
natura hanno.
Ricordo inoltre che il Testosterone regola tra le altre cose sia nell’uomo che nella
donna anche i livelli di libido, quindi alti livelli di questo ormone in entrambe i sessi
producono buone risposte sessuali che altrimenti vengono inibite.
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Spero che attraverso questo articolo sia riuscito a chiarirvi alcuni degli aspetti
ormonali che derivano dall’applicazione alla nostra vita di errate concezioni di
allenamento o di stili di vita non compatibili con la nostra evoluzione biologica.
Ricordatevi che il corpo non reagisce come a noi piacerebbe facesse, ma siamo noi
che studiando la sua fisiologia ed evoluzione dobbiamo ricavare i processi fisici che
lo regolano e di conseguenza utilizzarli per raggiungere i nostri obiettivi.
So che l’argomento trattato è particolarmente complicato e avrebbe meritato maggiori
approfondimenti, ma ciò esula dalla natura stessa del mio Video-Giornale che
dovrebbe principalmente darvi degli spunti su cui riflettere e magari, di successivo
approfondimento.
Bibliografia:
1. Kiecolt-Glaser JK, McGuire L, Robles TF, Glaser R. Psychosom Med. 2002;64(1):15-28.
2. McKewen BS. Biol Psychiatry, 2003 54(3):200-207.
3. Korte SM et al, The Darwinian Concept of stress: benefits of allostasis and costs of allostatic
load and the trade-offs in health and disease. 2004.
4. Zorrilla EP, Koob GF. The therapeutic potential of CRF antagonists for anxiety. 2004.
5. Stahl, Stephen. Essential Psychopharmacology. Cambridge University Press, New York 2000.
Ron Shane, Ph.D., is Research Scholar, Department of Psychology, U.C. San Diego. Dr. Shane
received his master’s and doctorate degrees from the University of California at Santa Barbara in
Sociology and Social Psychology. He has been involved in post-doctoral studies with the University
of California at San Diego in the field of Neuroendocrinology and Optimal Physiology and the
Biological Basis of Consciousness and Neurobiology. Dr. Shane has held faculty appointments at
the University of California at San Diego,
MesaCollege,andSanDiegoStateUniversity.
Jodi Ann Lasky, PA-C, is a Certified Physician Assistant, Licensed Clinical Laboratory Scientist,
Personal Trainer, Nutrition Consultant, and licensed Life Coach. She
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Ricevo giornalmente molte mail e spesso devo riscontrare che molte delle
affermazioni che fate in relazione ai vostri programmi di allenamento e
alimentazione, più che basarsi su dati scientifici sono frutto di Miti e leggende che
chissà per quale strano motivo continuano ad aleggiare nelle palestre.
Alla divulgazione e al loro mantenimento contribuiscono spesso attivamente i
cosiddetti “istruttori”, che, magari con tanto di laurea, invece di chiedersi il perché di
ciò che affermano, lo danno per scontato, continuando a divulgarlo a loro volta,
convinti del fatto che se una cosa viene descritta da tutti nella stessa maniera
automaticamente sia da ritenere vera.
Socrate ci esortava a non fermarci alle semplici affermazioni, ma di chiederci sempre
il perché alle origini delle stesse, e, a continuare così, andando a ritroso, fino ad
arrivare, se possibile, a scoprire la causa ultima che stava alla base della nostra
affermazione originale.
Prendendo esempio da Socrate anche io vi esorto non solo nel BB, ma anche nella
vita, a cercare di andare all’origine di ciò che vi viene detto in modo da essere in
grado di valutare la veridicità o meno delle varie affermazioni che sentite.
Socrate utilizzava tale sistema per definire la bontà o meno dei principi etici che
regolavano la società greca di 2000 anni fa, ma la stessa metodologia si può applicare
alle varie scienze tra cui anche al BB e alla nutrizione.
Ricordatevi che per sviluppare programmi di allenamento e alimentazione correti,
questi si dovranno basare su specifici principi di fisiologia e bio-chimica che sono
comuni a tutti noi e solo all’interno di questi principi potremo sviluppare delle
varianti per adattare i vari sistemi all’unicità che contraddistingue ogni essere umano.
Anche qui la filosofia ci viene in aiuto, Aristotele enunciò per primo il principio di
identità: A=A ossia un sasso è un sasso e non può essere un uomo o un’altra cosa.
Il corollario di tale principio fa emergere è un secondo principio quello di causalità
ossia che una data cosa può fare solo ciò che è nella sua natura: un sasso non può
volare e il grasso non può trasformarsi magicamente in una fibra muscolare o
viceversa.
Smettiamo ora di scomodare i grandi filosofi della storia e torniamo ai nostri miti….
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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• Fare tante serie per Dimagrire e Poche serie per Aumentare di Massa.
Quante volte ci siamo sentiti dire o abbiamo sentito dire che se vogliamo aumentare
la Massa muscolare dobbiamo fare poche serie e ripetizioni, mentre invece se
vogliamo definirci e perdere grasso dobbiamo aumentare serie e ripetizioni….
Questo mito si basa sul tentativo di trasformare la Cultura Fisica da un’attività
prettamente di potenza ad un’attività aerobica simile alla Cyclette o alla corsa. Vi
ricordate il primo e secondo principio di Aristotele, quello di identità e di causalità?
Perché cercare di snaturare il Body Building da quello che è, cioè un’attività atta a
sviluppare forza e massa muscolare attraverso il reclutamento delle fibre bianche con
uno specifico metabolismo energetico derivante dall’ossido/riduzione di ATP e
Fosfo-creatina e in parte del glucosio, nel tentativo di trasformarlo in un’attività dove
le fibre rosse sono alla base della produzione del lavoro e i substrati energetici di
riferimento sono glucosio e grassi?
Non sarebbe forse meglio lasciare le cose come stanno, ossia continuare ad allenarci
per la forza e la massa come prescrive la scienza del BB ed utilizzare una specifica
attività aerobica come corsa, cyclette o step molto più adatte ad incrementare il nostro
consumo calorico attraverso l’ossidazione dei sub-strati energetici derivanti
principalmente da grassi e in parte da glucosio?
Cercare di utilizzare un mono-pattino per andare da Milano a Roma quando si può
utilizzare un aereo non ha nessun senso, voi che ne dite?
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Quante volte in palestra si sente dire: “Voglio trasformare il mio grasso in eccesso in
muscolo”.
Anche qui dobbiamo applicare il principio di identità e di causalità: Una cosa è quello
che è e non si può trasformare in qualcos’altro.
Sarebbe come avere un 1 kg. Di burro in un piatto e pretendere da un cuoco che
questi lo trasformi in una bella bistecca di cavallo da 1 kg..
Credo che vi rendiate conto che è semplicemente impossibile visto che la
composizione chimica della carne è diversa da quella del burro.
Lo stesso principio vale anche per il nostro corpo o le parti ed i tessuti di cui è
costituito.
Per ottenere il risultato di cui alla domanda, il grasso prima dovrà essere utilizzato a
scopo energetico attraverso un regime ipocalorico che ne permetta la conversione in
energia (ATP, vi ricordate) e poi attraverso un buon programma di allenamento
Heavy Duty ed una dieta moderatamente ipercalorica stimoleremo la crescita
muscolare….
Quante volte siete stati messi sulle panche addome sentendovi dire, che se si vogliono
vedere gli addominali bisogna farne molti?
Gli addominali normalmente non si vedono perché sono coperti da un certo pannicolo
adiposo, quindi come abbiamo già detto, l’unico modo per vedere gli addominali
definiti è attraverso un programma alimentare di dimagrimento e quindi ipocalorico.
Inoltre se volete vederli belli spessi e a cubetti vi sconsiglio di farne molti.
Gli addominali fanno parte dei muscoli scheletrici e rispondono alle stesse leggi a cui
rispondono gli altri muscoli scheletrici del nostro corpo.
Quindi 1 serie con ripetizioni che vanno da 12 a 20 incrementando carichi o
ripetizioni ad ogni seduta è più che sufficiente.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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• Sudare fa dimagrire.
Avete mai visto quei personaggi che si aggirano in palestra con indosso 2 o 3
magliette o peggio ancora correre con quelle belle tutine auto-confezionate secondo
l’ultima moda con i sacchi di plastica nera per lo sporco?
Questi vi diranno che usano tali espedienti per sudare di più e quindi, secondo loro,
accelerare i processi di dimagrimento.
A volte ne rimane “secco” qualcuno in seguito ad un colpo di calore.
Probabilmente molte persone vedendo uno spiedo girare sulla graticola hanno
concluso che come il grasso si scioglie e cola durante la cottura dello spiedo, allo
stesso modo avviene per il tessuto adiposo umano se alziamo la nostra temperatura
corporea a dismisura, con relativa espulsione di quest’ultimo attraverso la
sudorazione.
Vi ricordo che la sudorazione è il sistema che mette in atto il nostro organismo per
regolare la temperatura corporea in caso questa salga in seguito ad un’intensa e
prolungata attività fisica o a eccessivo calore dell’ambiente che ci circonda.
In poche parole, l’evaporazione del sudore raffredda il nostro corpo che altrimenti si
surriscalderebbe con il rischio, in casi estremi, di colpo di calore.
E’ quindi importantissimo lasciare che il sudore evapori coprendosi il meno possibile
o utilizzando indumenti traspiranti, durante l’attività fisica.
Inoltre, come già ben sapete, il grasso non si scioglie, ma per essere eliminato, deve
essere ossidato, all’interno dei mitocondri o dei perossisomi contenuti nelle nostre
cellule, attraverso la respirazione cellulare, per la formazione di ATP il quale servirà
come substrato energetico per le reazioni metaboliche che avvengono nella cellula.
non pensano di avere a che fare con persone sane che eseguendo i movimenti nella
maniera corretta non corrono alcun rischio, ma a furia di studiare le patologie relative
alla colonna vertebrale si convincono di avere a che fare con dei malati o dei
potenziali tali. Quindi, rifacendosi al principio di cautela, escludono tutti quegli
esercizi che sarebbero si pericolosi, ma solo nel momento in cui ci trovassimo di
fronte a persone con specifiche patologie riferibili alla colonna vertebrale o al sistema
scheletrico portante. Lo Squat è, e rimane, uno dei 3 esercizi di base per costruire
massa, ciò è dovuto alla sua capacità di mettere in moto dal 60 al 70% dei nostri
muscoli contemporaneamente. Lo Squat dovrebbe essere eseguito, stando bene attenti
alla corretta tecnica di movimento, da chiunque sia seriamente impegnato a
sviluppare la propria massa muscolare.
Non possiamo decidere la forma che avranno i nostri muscoli a priori, semplicemente
allenandoli con esercizi o movimenti specifici. Ad esempio, quante volte abbiamo
ammirato i bicipiti di Albert Beckles per il loro picco eccezionale? Ecco quindi
decine di articoli sulle cosiddette riviste specializzate che ci dicono come allenare i
nostri bicipiti in modo da conseguire un picco come quello di Albert Beckless e
naturalmente in mezzo alla pagina dell’articolo c’è la foto di questi incredibili
bicipiti. Vi svelo un segreto: “la forma, così come la grandezza che raggiungeranno i
nostri muscoli, è codificata dal nostro patrimonio genetico” quindi, dal momento in
cui nasciamo, la lunghezza delle nostre ossa, l’attacco dei nostri tendini (punto di
origine e di inserzione) alle ossa e il numero di fibre muscolari in quel dato muscolo,
tra le altre cose, ne determineranno dimensione e forma. Da tutto ciò ne consegue
che l’unica cosa che possiamo fare è allenarci bene per la massa e, forma e
dimensioni, saranno quindi la risultante della nostra espressione genica.
Questo è forse il mito più resistente e diffuso in assoluto. Tutti vorrebbero degli
addominali da campione, anche chi non ama in particolar maniera i fisici dei grandi
Culturisti. Poiché spesso il punto di maggior accumulo negli uomini è proprio la zona
addominale, questi muscoli sono diventati leggendari. La leggenda viene
continuamente alimentata da ignoranza mista a mala fede. Andiamo ad analizzare il
perché gli addominali generalmente non si vedono. Il problema principale di tale
stato è l’eccesso di accumulo di grasso nella zona della cintura. Fare gli
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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addominali non farà altro che allenare questo muscolo specifico che, guarda caso, si
trova proprio sotto il pannicolo adiposo che lo copre.
Quindi, possiamo anche passare l’intera nostra giornata a fare addominali, senza
arrivare mai a vederli. Vi ricordate cosa vi ho già detto in relazione al grasso?
Il grasso per essere bruciato o più correttamente, ossidato, deve essere utilizzato
dall’organismo a scopo energetico. Infatti tutto il grasso sottocutaneo che abbiamo
nel nostro organismo non è altro che un grande magazzino di energia da cui il nostro
organismo attinge nei momenti di bisogno. E quali sono questi momenti di bisogno?
Detto molto semplicemente, e qui mi scuso per l’eccessiva semplificazione con i più
tecnici, quando le calorie che introduciamo con l’alimentazione sono inferiori a
quelle che spendiamo durante la nostra giornata. Ergo, senza mai fare gli addominali
potremmo arrivare a vederli con una buona dieta, mentre facendo 10.000 Sit-Up tutti
i giorni senza una buona dieta rischiamo di non vederli mai.
E’ sensazione comune e diffusa che più uno è grosso e più debba allenarsi, è invece
vero esattamente il contrario. Considerate un ragazzo, chiamiamolo Carlo, che inizia
ad allenarsi.
Poniamo sia capace durante la sua prima sessione di allenamento di eseguire un Curl
con bilanciere con 20 Kg. e abbia una circonferenza di braccio di circa 30 cm.
Supponiamo anche che questo ragazzo si alleni con il miglior schema possibile e
abbia un’ alimentazione e integrazione perfetta. Il nostro Carlo in 2 anni passerà da
20 a 60 Kg. nel Curl con bilanciere e da una circonferenza di 30 a 40 Cm. di braccio,
quindi avrà avuto un incremento netto in forza di circa il 200%, ma non sarà
avvenuto lo stesso per quanto riguarda le sue scarse capacità di adattamento. In poche
parole la forza e l’intensità del suo allenamento aumenteranno geometricamente,
mentre le sue capacità di recupero, aumenteranno si, ma aritmeticamente, ossia non
così velocemente da riuscire a compensare i “danni”, locali e sistemici, derivanti
dalla nuova forza e dimensione dei sui muscoli. Questo in parole povere vuol dire che
se prima necessitava di 2 giorni per recuperare tra un allenamento ed il successivo,
ora necessiterà di almeno 3 o 4 giorni per recuperare completamente. Ecco spiegato
perché più si cresce, avvicinandosi quindi alla massima espressione del nostro
potenziale genetico, e più tempo si necessita tra una seduta e la successiva.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Con questa affermazione, si vorrebbe indicare o far credere che non esiste nessuna
regola fisico/biologica che determini la crescita muscolare. Se tutti facessimo ciò che
ci pare solo perché oggi siamo dell’umore di fare una cosa piuttosto che un’altra chi
mai studierebbe, si allenerebbe, lavorerebbe, etc… Anche qui la filosofia ci può
venire in aiuto. Ayn Rand definì le sensazioni e le emozioni come il modo ancestrale
ed istintivo di percepire la realtà che tuttavia però deve sempre essere filtrata dalla
ragione in modo da definire la strada che poi prenderemo, mai lasciarsi trasportare
dalle emozioni e dalle sensazioni come una foglia dal vento, in quanto spessissimo, se
non reinterpretate dalla ragione, possono essere ingannevoli.
Vi faccio un esempio: la cosa che a me piace di più da mangiare sono le lasagne.
Se seguissi le mie emozioni le mangerei tutti i giorni, se però filtro l’istinto di
nutrirmi di lasagne con la ragione ed inizio, grazie ai miei studi, a pensare a ciò che
succede a livello biochimico nel mio organismo dopo aver mangiato le lasagne,
subito mi rendo conto che una cosa è quello che mi piace mangiare ed un’altra è
quella di avere un’alimentazione sana che non mi faccia ingrassare, mantenga i miei
esami ematochimici nella norma e che mi faccia sentire bene, forte e scattante tutto
l’anno.
La stessa cosa succede con gli allenamenti, se entriamo in palestra e iniziamo a
sollevare pesi a casaccio senza considerare, tecnica, velocità nelle ripetizioni, numero
delle ripetizioni, tempi tra una ripetizione e l’altra, e, cosa ancora più importante, la
giusta relazione tra i concetti di intensità, volume e frequenza, etc…forse sarebbe più
produttivo andare a fare i facchini al mercato ortofrutticolo, tanto il risultato più o
meno sarebbe lo stesso, con la differenza che almeno li verremmo pagati per il lavoro
svolto.
Differente è invece il caso in cui mi alleni per sviluppare il mio corpo
armoniosamente, cercando di esaurire nel più breve tempo possibile il mio potenziale
genetico.
Allora qui la scienza, e quindi la ragione, diventano preponderanti.
Ricordate, Francesco Bacone diceva sempre: “la conoscenza è potere” e questo vale
anche nel Body Builiding.
Il seno di una donna è composto per l’80% da grasso e per il restante 20% da
ghiandole atte alla secrezione del latte. Il muscolo pettorale si trova esattamente sotto
il grasso mammario ed ha la stessa forma ed attacchi dei pettorali maschili. Ciò si può
vedere molto bene nelle campionesse di Body building che non hanno ancora
impiantato le protesi al silicone. Il seno in tali atlete tende a scomparire quasi
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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completamente in seguito alle diete, lasciando ben visibile il muscolo pettorale del
tutto simile a quello di un uomo.
Da tutto ciò ne deriviamo che, sviluppare in una donna, ammesso e non concesso che
si riesca a farlo, i muscoli pettorali non porta di certo ad un aumento del seno così
come si intenderebbe, visto che, perché aumenti, dovrebbe aumentare la quantità di
grasso sottocutaneo nell’area del seno e non il muscolo che come ora sappiamo è
tutt’altra cosa ed è in tutt’altra posizione. Inoltre, in quelle pochissime donne più
dotate che riescono a costruire un po’ di massa muscolare, sviluppare i pettorali tende
a spingere il seno verso l’esterno cambiandone quindi la conformazione spaziale e
rendendolo a volte sgradevole alla vista. Quindi, continuate ad allenare i pettorali, ma
non fatelo pensando di aumentare le dimensioni del vostro seno.
Quante volte avete visto gli istruttori in palestra fare schede diverse per uomini e
donne? Preparando per queste ultime programmi con serie interminabili alla Gluteus
Machine o alle macchine per Adduttori e Abduttori. Come se i muscoli delle donne
seguissero leggi fisiche differenti da quelli degli uomini o che tutti i tendini dei vari
gruppi muscolari finissero nei glutei. Anche qui devo svelarvi un segreto che
probabilmente vi lascerà di stucco. I muscoli delle donne sono identici agli omologhi
maschili, utilizzano gli stessi sub-strati energetici e i tendini si innestano esattamente
negli stessi punti dove si innestano quelli maschili. La principale differenza tra
uomini e donne sta in una minore quantità di fibre muscolari in generale, soprattutto
nel distretto superiore, così come da differenti produzioni di testosterone. Il
testosterone viene prodotto anche nella donna dalle ghiandole surrenali e dalle ovaie,
in quantità circa 10 volte inferiori a quelle maschili. Tra le altre cose il testosterone
regola la sintesi proteica muscolare, quindi una minore quantità di questo ormone
presente nel sangue corrisponde ad una minore massa muscolare.
Nonostante questa importante differenza biologica, per il resto i muscoli scheletrici
femminili, come dicevamo prima, funzionano e seguono le stesse leggi fisiche di
quelli maschili. Se una ragazza è seriamente intenzionata a modellare il proprio corpo
dovrebbe allenarsi con gli stessi esercizi e la medesima intensità di un uomo. Per le
gambe ed i glutei non esiste miglior esercizio dello Squat e degli stacchi da terra.
Prova di quanto vi sto dicendo sono le gambe ed i glutei delle centometriste che
notoriamente eseguono Squat pesantissimi e sviluppano glutei perfetti…altro che
Gluteus Machine, Adductor Machine e Abductor Machine….Nella mia esperienza
personale ho trovato le donne particolarmente recettive agli allenamenti ad alta
intensità. Le donne, se ben motivate, riescono più degli uomini a superare la soglia
del dolore e arrivare ad esaurire un gruppo muscolare completamente in un’unica
serie.
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Inoltre, se ben allenate, riescono ad usare per il distretto inferiore ottimi carichi con
uno stile di movimento perfetto. Vi confido che non è raro per me portare in pochi
mesi una donna ad eseguire Squat da 80/90 Kg. E poi le chiamano il sesso debole…..
Spesso ho sentito persone parlare tra di loro degli integratori dicendo che facevano
ingrassare. In questo caso il problema non stà nell’integratore specifico, ma nel totale
calorico ingerito giornalmente da chi utilizza anche integratori. Gli integratori
normalmente rivestono non più di 1/3 del totale calorico introdotto tramite alimenti
durante la nostra giornata. Il problema è dato dal fatto che spesso molte persone
assumono integratori senza verificare se effettivamente ne avevano bisogno. Come
dice la parola: “Integratore” dovrebbe essere qualche cosa di cui necessitiamo per
integrare un’alimentazione povera in quello specifico nutriente. Se però noi
acquistiamo polveri varie senza cognizione di causa, rischiamo semplicemente di
aumentare il nostro introito calorico predisponendoci così ad ingrassare. Quindi il
problema non è l’integratore, ma deriva dalla somma calorica totale di ciò che
mangiamo. Il mio consiglio per non ingrassare e non buttare denaro per cose che a
volte non vi servono neppure, è quello di farvi aiutare da un dietologo o nutrizionista
sportivo a definire, se ci sono, eventuali carenze di nutrienti nella vostra dieta e solo
poi acquistare ciò di cui avete bisogno.
cui viene asportato un rene può vivere una vita lunga e piena senza particolari
restrizioni, l’unico principio a cui deve sottoporsi è la sobrietà. Tutto quello che
sentiamo in relazione ai danni renali o epatici da sovraccarico proteico, deriva
direttamente dagli studi che sono stati fatti in relazione all’introduzione dei vari
alimenti nei casi conclamati di specifiche malattie che coinvolgono il sistema epatico
o renale. In questo caso, se soffro di insufficienza renale, sono dializzato, ho calcoli
ai reni, ho una cirrosi epatica in atto, etc…, allora si che dovrò sottopormi ad una
dieta che preveda un certo controllo sull’ introito proteico giornaliero. Vi prego di
notare che uso la parola controllo, perché 8 dei 20 amminoacidi che costituiscono le
proteine sono detti essenziali per la vita, ossia debbono quotidianamente essere
introdotti tramite gli alimenti in quanto il fegato non è in grado di sintetizzarli
autonomamente e quindi, anche in caso di malattia grave degli organi sopraccitati
debbono essere ingeriti, pena la morte. A questo punto vi chiedo, ma se una persona
con un rene solo può mangiare, senza eccedere, più o meno quello che gli pare, cosa
succede se io sono in piena salute, ho 20 anni e nessuna patologia in atto? Quale è la
quota massima proteica giornaliera che posso introdurre senza rischiare nel tempo di
danneggiare il mio organismo? Ora vi svelo un segreto, durante i miei ormai più di 15
anni di studi in nutrizione e biologia, non sono mai riuscito a trovare un lavoro su
persone sane o atleti che determinasse i massimi carichi proteici a cui potevano
sottoporsi senza riportare danni a fegato e reni. Ho cercato e richiesto dappertutto un
lavoro scientifico che potesse mettere la parola fine a questa disputa, ma pare che
nessuno, ad oggi, lo abbia mai realizzato. Invece, lavori sui malati ce ne sono a
migliaia. Comunque, continuando nelle mie ricerche, nel 2000 ho comprato un libro
di biochimica intitolato: “HUMAN PROTEIN METABOLISM” scritto da colui che
mondialmente è ritenuto una delle maggiori autorità nel campo del metabolismo
proteico umano. Questo scienziato si chiama Stephen Welle, e nel suo libro a pag.
118 scrive, cito testualmente: “E’ difficile dire quale sia il quantitativo che possa
definire un’ “alta” introduzione proteica. Alcuni nostri progenitori nel neolitico
potrebbero aver vissuto consumando nella loro dieta un quantitativo almeno 5 volte
superiore a quello della dieta dell’americano medio (studi pubblicati da Eaton and
Konner nel 1985). Eccetto per certe patologie come: nefropatie e fenilchetonuria, una
dieta ad alto contenuto proteico non è incompatibile con un buono stato di salute”.
Credo che con questa ultima affermazione possiamo passare al prossimo Mito.
Questa è una delle maldicenze più brutte e fatte in mala fede che si possano sentire.
Quando avevo 16 anni iniziai ad integrare la mia alimentazione, consigliato dal mio
allenatore del tempo, con 30 g. di proteine al giorno e dell’arginina e ornintina che
assumevo la sera prima di coricarmi nel tentativo di ottimizzare i miei rilasci
endogeni di GH (ormone della crescita). Mia madre non sapendo cosa fossero andò
dal suo farmacista di fiducia, chiedendogli se mi avessero potuto fare male. La
risposta di questo ignorante, non vedo con quale altro aggettivo potrei definirlo, fu
che se avessi continuato ad assumere integratori, con il tempo sarei diventato
impotente. Mia madre tornò a casa e dopo avermi riferito ciò che aveva sentenziato il
farmacista mi disse che ora spettava a me decidere che fare. Io naturalmente mi ero
già ben informato in precedenza, e decisi di continuare. Questo è un esempio di
terrorismo psicologico che spesso medici, dietologi e farmacisti mettono in essere.
Invece di informare seriamente le persone, decidono di prendere posizioni
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Anche questa è una delle tante leggende metropolitane. Non so chi la possa avere
messa in giro, ma quelli che ne guadagnano di più dalla sua divulgazione sono di
sicuro le aziende produttrici di acque minerali e oligominerali. Le persone, vedendo i
soffioni delle docce di casa o il ferro da stiro riempirsi in poche settimane di
incrostazioni calcaree lasciate come residui dall’acqua corrente di rubinetto, pensano
che bevendo tale acqua i nostri reni subiranno lo stesso destino. Vi ricordo che i
nostri reni non sono dei ferri da stiro e che il nostro organismo è perfettamente in
grado di regolare i livelli di calcio introdotti con gli alimenti. I calcoli renali si
possono formare principalmente per 2 motivi: 1) In seguito ad alti livelli di acido
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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urico nel sangue, un sottoprodotto del metabolismo delle basi puriniche contenute nel
DNA delle cellule animali concomitante ad un difetto nella sua eliminazione a livello
renale con conseguente precipitazione dell’acido urico a sali di urato e formazione di
calcoli. 2) In relazione ad un difetto, generalmente genetico, nel metabolismo di uno
dei derivati dell’acido ascorbico, anche meglio conosciuto come Vit. C, e relativa
formazione di alti quantitativi di ossalati che precipitando nel rene formano a loro
volta calcoli (questa ipotesi, tuttavia, viene attaccata e rifiutata dal premio Nobel per
la chimica Linus Pauling, nel suo libro sugli effetti della Vit. C come coadiuvante per
il trattamento del cancro “Cancer and Vitamin C”.). Quindi, primo ci deve essere una
predisposizione alla formazione dei calcoli renali e secondo un’alta introduzione di
carne o Vitamina C. a seconda del tipo di calcolo. Come avrete capito l’acqua di
rubinetto con la formazione dei calcoli renali centra ben poco.
Per smontare questo mito, partiamo dal presupposto che non esiste nulla che faccia
ingrassare in assoluto. Esistono nutrienti che più facilmente aumentano l’introito
calorico o che più predispongono il nostro organismo ad ingrassare o a diminuire la
capacità del nostro organismo di utilizzare i nostri grassi sottocutanei a scopo
energetico. In passato si è fatto passare i grassi come il male assoluto solo per il fatto
che sono buoni al gusto, e la chiesa ci insegna che tutto ciò che da piacere è male, e
che per ogni grammo sviluppano 9 Kcal., mentre proteine e carboidrati sviluppano
per grammo solo 4 Kcal. Da ciò si evince che diminuendo le quantità di grassi
introdotte durante il giorno tramite la nostra alimentazione diminuiamo anche
drasticamente l’introito calorico, ergo dimagriamo. Il primo errore in questo
approccio sta nel non considerare il fatto che i grassi non sono tutti uguali, all’interno
di tale categoria troviamo anche i grassi essenziali. Tali grassi non vengono
sintetizzati autonomamente dal nostro organismo e necessitano essere introdotti
giornalmente tramite gli alimenti. I grassi essenziali sono estremamente importanti,
soprattutto per la formazione di alcune molecole ad azione ormonale prodotte dalle
cellule che vengono genericamente chiamate eicosanoidi e che sono potentissimi
regolatori di molte funzioni organiche, ma anche per la formazione delle membrane
cellulari come quelle cerebrali e non, che necessitano tali acidi per essere mantenute
fluide. Inoltre è sbagliato spiegare gli alimenti in meri termini calorici. Il corpo
umano non è una stufa dove si buttano dentro alimenti e questi vengono
semplicemente bruciati, i nutrienti nel nostro corpo a secondo che siano proteine,
carboidrati o grassi seguono specifiche vie metaboliche spingendo l’organismo a
sintetizzare o inibire il rilascio di specifici ormoni atti a mediare specifiche azioni. In
parole povere ogni volta che introduciamo un alimento non possiamo pensarlo solo
sotto l’aspetto calorico, ma dobbiamo pensare anche a ciò che determinerà nel nostro
organismo in termini di risposte ormonali. Tali risposte possono generare una
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Tutti i carboidrati una volta digeriti, vi ricordo che la digestione dei carboidrati
avviene principalmente nell’intestino, arrivano al sangue sotto forma di glucosio.
Gli altri zuccheri come ad esempio il fruttosio prima di essere utilizzabili devono
passare dal fegato ed essere convertiti in glucosio. Da ciò si evince che
biochimicamente per il nostro organismo, una volta che arrivano nel sangue, è
impossibile distinguere gli zuccheri che vengono dalla pasta e dal pane dallo
zucchero semplice o saccarosio sciolto nel caffè per dolcificarlo o da una flebo di
glucosio che ci viene attaccata al braccio dopo un’operazione per mantenere la
glicemia stabile.
Ora vi do un’altra notizia. La pasta è stata prodotta per la prima volta in Italia alla
fine del 1700 nella zona del Vesuvio, ciò vuol dire che prima del 1800 non si
mangiava, mentre il pane esisteva già da molto tempo, anche se era abbastanza
differente da quello che arriva oggi sulle nostre tavole. Le tecniche di raffinazione
delle farine non erano avanzate come quelle odierne ed il pane conteneva un
quantitativo di fibre altissimo che lo rendeva scuro e gommoso e dopo pochi bocconi
difficile da continuare a mangiare in grandi quantità. Come avranno fatto i nostri
antenati 20.000 anni fa allora a sopravvivere senza pane e pasta? Semplicemente
ricavando i carboidrati dalle fonti subito pronte e direttamente disponibili in natura,
ossia frutta e verdura. Inoltre vi ricordo che all’interno di frutta e verdura non ci sono
solo zuccheri, ma vitamine, sali minerali, antiossidanti e fibre che pasta e pane
contengono solo in tracce, ma che rivestono una funzione primaria nella nostra
nutrizione. Da tutto ciò passiamo facilmente dedurre che benché sia vero che pasta e
pane siano squisiti e considerati alimento nazionale è altrettanto vero che non sono
strettamente necessari alla nostra alimentazione.
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L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio
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Una volta quando si diceva “inizio la massa” si intendeva un periodo dove si poteva
mangiare qualsiasi cosa in qualsiasi quantità, l’obiettivo era semplicemente quello di
salire di peso. Quello che però succedeva era che si saliva si di peso, ma il nuovo
peso acquisito non era dato solo da muscoli, ma anche, e spesso soprattutto, da
grasso. Così quando poi si rientrava in dieta per definirsi ci si ritrovava con molti
chili da perdere che creavano 2 problemi: tempi di dieta molto lunghi e
contemporanea perdita di massa magra.
Oggi per ovviare a questo problema la tendenza è quella di non aumentare più del
10% del peso forma in modo da non avere troppi chili da dover perdere in fase di
definizione. Le diete così sono ancora iper caloriche, ma lo sono moderatamente in
modo da non eccedere troppo e trovarsi così alla fine eccessivamente ingrassati.
Inoltre a differenza di una volta dove non si controllava ne la quantità ne la qualità
dei cibi introdotti, oggi si tende a scegliere gli alimenti tra quelli che meno
predispongono all’ ingrassare e quelli che più forniscono al nostro organismo tutti
quei principi essenziali di cui necessita giornalmente. Possiamo quindi affermare che
sia finito il tempo della “massa” incontrollata a tutti i costi.
Con questo ultimo mito concludo il mio lungo Video-articolo sui Miti da sfatare su
Palestra e Alimentazione, spero vi sia piaciuto e vi sia servito per aiutarvi a
contraddire, argomentando le vostre ragioni, chiunque in futuro cerchi di continuare a
divulgare queste vere e proprie eresie.
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In questo video vorrei parlare di una cosa tanto ovvia e, nello stesso tempo tanto
sottovalutata, ossia: la frequenza e la tecnica corretta alla base dell’allenamento
produttivo.
Prima di tutto vorrei soffermarmi un attimo sul numero delle serie da fare per un
determinato muscolo.
La maggior parte di voi appena entrati in palestra e conosciuto l’istruttore avranno
iniziato con una prima scheda, generalmente uguale per tutti, dove in una seduta si
allenavano tutti i distretti muscolari facendo 1 o 2 esercizi con le classiche 3 serie da
8, 10 o 12 ripetizioni.
Tale scheda di solito viene consigliata da eseguire con una frequenza di 3 sedute alla
settimana, normalmente a giorni alterni.
Avrete subito notato che nelle prime 2 settimane il corpo aveva risposto bene, i
muscoli erano diventati più duri, segnati, e la maglietta del cuore incominciava a
diventare stretta.
Naturalmente visto che i risultati arrivavano, non vi siete fermati un solo istante a
pensare perché il vostro istruttore vi avesse dato 3 serie per esercizio da 8, 10 o 12
ripetizioni.
Tutto ciò risultava essere semplicemente normale.
Dopo i primi risultati avete però incominciato a rallentare, la voglia di andare in
palestra che prima era grande inizia ora a diminuire, i muscoli non sono più così
densi e duri e anzi incominciate ad avere la sensazione di peggiorare invece di
continuare a migliorare.
A questo punto ne parlate con il vostro istruttore e concordate che è assolutamente
necessario cambiare la scheda.
Passate quindi da una scheda dove allenavate tutto il corpo con una frequenza di 3
giorni la settimana, ad una dove frazionate il corpo in 2 distretti muscolari con la
classica frequenza, ossia: Lunedì/martedì/giovedì/venerdi allenamento e
mercoledì/sabato e domenica riposo.
Il corpo in questa nuova scheda viene diviso generalmente in 2 “sezioni” da allenare
ognuna due volte nella stessa settimana.
Naturalmente vi viene detto che dividendo il corpo in 2 tronconi e volendo continuare
a crescere dovrete anche aumentare il numero di esercizi, le serie e le ripetizioni.
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Del resto questo è normale, durante tutta la vostra vita vi è stato detto che più farete e
più otterrete, quindi perché il vostro corpo dovrebbe sottrarsi a questa
importantissima massima popolare.
Inoltre, se siete partiti con 2 esercizi per i pettorali, dove per ognuno facevate 3 serie
da 10 ripetizioni, e non state più ottenendo risultati è chiarissimo e “logico” che per
continuare a crescere dovrete assolutamente aumentare gli esercizi almeno a 3, le
serie a quattro e magari modificare il numero di ripetizioni per serie eseguendo un
piramidale.
Benissimo direte, quale è il problema?
Incominciamo con calma a smontare ognuno dei DOGMI sovra esposti.
Primo, non vi sembra più logico per uno che inizia da zero partire da un esercizio con
un’unica serie ed eventualmente se non funziona passare in un secondo momento a 2
o 3 serie?
Come possiamo definire quante serie fare andando avanti con il tempo se partiamo
subito da 3 o 4 per esercizio?
E’ chiaro che con questo approccio l’unica strada percorribile se non abbiamo
risultati è quella di continuare ad aumentarle, e non certo di diminuirle.
Vi ricordate quando nei miei articoli precedenti vi dicevo che per stimolare la crescita
muscolare non era la quantità di esercizio svolto nell’unità di tempo che era
importante, ma l’intensità.
Secondo errore, la frequenza tra una seduta e la successiva.
Se partiamo dal presupposto, scientificamente provato, che le risorse fisiche
disponibili sono date e finite, ne deriviamo che prima di ritornare ad allenarci almeno
i processi di ricostruzione/compensazione dovranno essere stati portati a termine e se
vogliamo che anche i processi di supercompensazione o crescita muscolare
avvengano dovremo aggiungere qualche giorno supplementare.
Quindi, per definire la frequenza dell’allenamento, non possiamo che utilizzare un
metro che misuri di volta in volta i nostri risultati in termini adattativi allo stress
imposto dagli allenamenti stessi.
In altre parole, iniziare un allenamento prima che i processi di riparazione siano
terminati, porta ad un graduale sovrallenamento con rallentamento o cessazione, a
seconda della gravità, della crescita muscolare.
Come facciamo quindi a sapere quando fare l’allenamento successivo?
Ci sono 2 modi che io utilizzo con i miei clienti: il primo è aggiungere circa 2 giorni
di recupero extra dal momento in cui non avvertono più i dolori muscolari dell’ultimo
allenamento al momento che ritorneremo ad allenarci, il secondo è la registrazione su
un diario di allenamento delle variazioni al rialzo dei carichi o delle ripetizioni
effettuate.
Si, avete capito bene, se i processi di compensazione prima e supercompensazione
poi sono avvenuti dovremo essere più forti della volta precedente.
Quindi, tirando le somme di quanto detto finora, ne deriviamo che non esiste un
giorno fisso di allenamento, ma deve venire di volta in volta definito in base alle
nostre capacità di recupero.
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Tali capacità sono influenzate da molti fattori, tra cui: la genetica, il tipo di
alimentazione e integrazione che stiamo utilizzando, il tipo di lavoro che facciamo
giornalmente, altri sport che pratichiamo e l’eventuale uso di steroidi anabolizzanti.
Tutti questi fattori incidono con vari gradi sulla scelta della frequenza che dovrebbero
avere i nostri allenamenti.
Una domanda che spesso mi viene fatta è la seguente: Ma se ieri ho allenato petto,
spalle e tricipiti e i muscoli del prossimo allenamento sono le gambe, che bisogno c’è
di riposare molti giorni visto che in seguito andrò ad allenare muscoli e aree del corpo
distinte dalle prime?
Anche qui l’errore di fondo è quello di vedere l’intero organismo per settori e non
come un tutto.
Poniamo per semplificare il valore di 100 unità alle nostre capacità di recupero.
Se io oggi ho allenato petto, spalle e tricipiti e nei giorni seguenti non ritorno ad
allenarmi, tutte le 100 unità di cui dispongo saranno impiegate dal mio corpo per
portare a termine i processi di compensazione e supercompensazione fino a quando
questi non saranno terminati.
Se invece, diciamo il giorno dopo, decidessi di allenare Quadricipiti, bicipiti femorali
e polpacci, poiché il mio organismo non aveva ancora terminato i processi di
riparazione di petto, spalle e tricipiti si troverà ora a dover dividere le iniziali 100
unità, che ricordate, sono date e fisse, anche con i quadricipiti, bicipiti femorali e
polpacci che ho appena allenato, aumentando così i tempi di recupero totali che se
prima fossero stati di 4 giorni ora dovranno diventare almeno di 8.
Se poi, prima dello scadere degli otto giorni decidessi di allenare dorso, bicipiti e
addome le nostre iniziali 100 unità ora dovrebbero essere ulteriormente ripartite,
allungando così ancora una volta i nostri tempi di recupero.
E’ chiaro, da quanto detto fino a qui, come sia facile attraverso i sistemi ad alto
volume o Weider arrivare al sovrallenamento con relativo velocissimo arresto della
crescita muscolare.
Da qui, la necessità di creare micro-cicli di allenamento a basso volume ed intensità
in modo da permettere al corpo di recuperare dopo lunghi periodi di stress e sovra
allenamento.
Spero con questo articolo di avervi chiarito altri aspetti relativi all’allenamento ed ai
processi che intervengono nella crescita muscolare.
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una maggiore massa muscolare e minore quantità di tessuto adiposo in uomini non
grassi in normali condizioni fisiche.
Ancora una volta i risultati di questo studio indicano che una dieta a basso contenuto
di carboidrati rende l’organismo maggiormente capace di mobilitare e bruciare grassi
rispetto ad una normale dieta ad alto contenuto di carboidrati, mentre allo stesso
tempo aiuta a conservare la massa muscolare.
L’insulina, attraverso la sua capacità di variare le riserve di carboidrati e di grassi nel
nostro corpo, può anche rendere il nostro organismo più efficiente nell’uso delle
calorie derivanti dagli alimenti che introduciamo.
Per esempio, una diminuzione dei livelli plasmatici di insulina, un aumento nella
sensibilità all’ insulina e anche la mancanza di un recettore insulinico a livello del
tessuto adiposo, porta ad un aumento nella spesa energetica totale e aiuta a
proteggerci dall’obesità anche se si hanno stili di vita predisponenti a quest’ultima.
Le calorie derivanti da fonti differenti possono contribuire positivamente o
negativamente in merito ai differenti fattori coinvolti nel controllo e mantenimento
del peso, come ad esempio: l’appetito, la sazietà, il desiderio di mangiare e cambi
nell’ossidazione di altri sub-strati, facendo una grande differenza in termini di
fattibilità e mantenimento di un dato schema alimentare, e quindi, del più facile o
difficile raggiungimento di un dato obiettivo.
Un altro recente studio ha trovato che la quantità del grasso corporeo e la
composizione dei macronutrienti della nostra dieta, influenzano i tipi e la velocità di
ossidazione dei substrati energetici.
Questo studio ha rilevato che l’ingestione di un singolo pasto a basso tenore glucidico
e alto proteico, migliora, post-pasto, l’ossidazione dei grassi nelle donne obese e
produce un aumentata risposta termica.
Questa risposta è principalmente modulata dalle minori produzioni insuliniche e da
una maggior spesa calorica che deriva dall’assunzione di alimenti a basso contenuto
di zuccheri e alto di proteine.
L’aumentata perdita di peso e grasso conseguente a diete a basso tenore glucidico e
alte in proteine, è spesso stata associata all’aumentata termogenesi innescata dai
maggiori costi metabolici inerenti alla rottura o alla sintesi dei legami peptidici, la
ureogenesi e la gluconeogenesi che derivano da un’alta introduzione proteica.
Spero con questo Video-articolo di essere riuscito a chiarire sufficientemente questo
tema che spesso se non spiegato contribuisce ad alimentare uno stato di grande
disinformazione.
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Bibliografia:
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