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IL

POR
TAL
E
DEL
L'AR
TE
DI
ROD
ONI.
CH
LA
BIB
LIO
TEC
HIN
A DI
LAU
RET
O - P
RIM
A
PAR
TE
LA
BIB
LIO
TEC
HIN
A DI
LAU
RET
O
- SE
CON
DA
PAR
TE

ART
HUR
SCH
NIT
ZLE
R

IL
RI
T
O
R
N
O
D
I
C
A
S
A
N
O
V
A
(19
18)

Nel
suo
cinqu
antatr
eesim
o
anno
di vita
Casan
ova,
che
era
ormai
da
temp
o
bracc
ato
per il
mond
o non
tanto
dalla
bram
a di
avven
ture
della
giove
ntù
quant
o
dall'in
quiet
udine
dell'in
calza
nte
vecch
iaia,
sentì
germ
ogliar
e con
tanto
impet
o
nella
sua
anima
la
nostal
gia di
Venez
ia sua
patria
, che
come
un
uccell
o il
quale
scend
a
lenta
ment
e
dalle
sue
etere
e
altezz
e per
morir
e
comin
ciò a
tracci
arle
intorn
o
volute
semp
re più
strett
e. Più
volte,
negli
ultimi
dieci
anni
del
suo
esilio,
aveva
rivolt
o
petizi
oni al
Consi
glio
dei
Dieci,
perch
é gli
conce
desse
di
tornar
e; ma
mentr
e in
passa
to
nella
redazi
one di
tali
scritti
, cosa
in cui
era
maest
ro, la
sua
penna
era
stata
guida
ta da
orgog
lio e
capar
bietà
nonch
é,
talvol
ta,
persin
o da
un
certo
stizzo
so
godim
ento,
da
qualc
he
temp
o
dalle
sue
parol
e di
quasi
umile
pregh
iera
semb
ravan
o
parlar
e,
semp
re più
inequi
vocab
ili, un
anelit
o di
soffer
enza
e un
sincer
o
penti
ment
o.
Crede
va di
poter
conta
re su
un
assen
so,
tanto
più
che le
colpe
dei
suoi
anni
passa
ti, tra
le
quali
comu
nque
per i
consi
glieri
venez
iani le
più
imper
donab
ili non
erano
la
dissol
utezz
a, la
litigio
sità e
le
impos
ture
di
natur
a per
lo più
scher
zosa,
ma il
libero
pensi
ero,
stava
no
gradu
almen
te
finend
o nel
dimen
ticatoi
o e la
storia
della
sua
fuga
mirab
olante
dai
Piomb
i di
Venez
ia,
che
egli
aveva
poi
ripetu
tame
nte
abbell
ito
davan
ti a
corti
di
regna
nti, in
castel
li
nobili
ari,
press
o
desch
i
borgh
esi e
in
case
di
malaf
fare,
comin
ciava
ad
avere
la
preva
lenza
su
ogni
altra
diceri
a
legata
al suo
nome
;ea
Manto
va,
dove
si
tratte
neva
ormai
da
due
mesi,
gli
erano
giunt
e
divers
e
missi
ve di
signor
i
molto
poten
ti che
induc
evano
l'avve
nturie
ro, di
cui si
andav
ano
spegn
endo
il
fulgor
e
interi
ore
come
quello
esteri
ore, a
spera
re
che il
suo
destin
o
sareb
be
stato
decis
o
entro
breve
.

Poich
éi
suoi
mezzi
finanz
iari
erano
diven
uti
davve
ro
esigui
,
Casan
ova
aveva
decis
o di
atten
dere
l'arriv
o
della
grazia
nella
locan
da
mode
sta
ma
decor
osa
che
aveva
già
abitat
o in
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più
felici,
e nel
fratte
mpo
trasco
rreva
il
temp
o-
per
non
menzi
onare
distra
zioni
meno
spirit
uali,
alle
quali
non
era in
grado
di
rinun
ciare
del
tutto
-
comp
onend
o un
libello
contr
o il
blasfe
mo
Voltai
re, la
cui
pubbli
cazio
ne
spera
va
potes
se
conso
lidare
la sua
posizi
one e
la sua
fama
press
o tutti
i
benpe
nsanti
venez
iani
subito
dopo
il suo
ritorn
o in
patria
.

Un
matti
no,
duran
te
una
passe
ggiat
a
fuori
città,
mentr
e
cerca
va di
dare
l'ultim
a
limati
na a
una
propo
sizion
e
destin
ata
ad
annie
ntare
quell'
empio
franc
ese,
fu
colto
all'im
provv
iso da
un'inq
uietu
dine
straor
dinari
a,
quasi
un
dolor
e
fisico:
la vita
incres
ciosa
ment
e
abitu
dinari
a che
condu
ceva
ormai
da tre
mesi;
le
passe
ggiate
mattu
tine
fuori
porta,
in
camp
agna,
le
brevi
serat
e
trasco
rse
gioca
ndo a
carte
con il
sedic
ente
baron
e
Perott
i e la
sua
butter
ata
aman
te, le
tener
ezze
della
sua
locan
diera
non
più
giova
ne
ma
focos
a,
persin
o lo
studio
delle
opere
di
Voltai
re e il
lavoro
alla
sua
ardita
e per
ora,
gli
parev
a,
non
malri
uscita
confu
tazion
e:
tutto
ciò gli
semb
rava,
nell'ar
ia
mite
e
tropp
o
dolce
di
quel
matti
no di
tarda
estate
,
parim
enti
insen
sato e
ripug
nante
;
morm
orò
un'im
preca
zione,
senza
saper
ea
chi o
a
cosa
fosse
dirett
a, e
afferr
ando
l'elsa
della
sua
spada
,
getta
ndo
ovunq
ue
sguar
di
ostili,
come
se
dalla
solitu
dine
che lo
circon
dava
lo
guard
asser
o
beffar
di
occhi
invisi
bili,
volse
d'un
tratto
i suoi
passi
verso
la
città,
intenz
ionat
oa
impar
tire
all'ist
ante
istruzi
oni
per
un'im
media
ta
parte
nza.
Non
dubit
ava
infatti
che si
sareb
be
sentit
o
subito
megli
o non
appen
a si
fosse
avvici
nato
alla
bram
ata
patria
anche
solo
di
qualc
he
miglio
.
Accel
erò il
camm
ino,
onde
assicu
rarsi
per
temp
o un
bigliet
to per
il
postal
e che
partiv
a
prima
del
tramo
nto in
direzi
one
est;
per il
resto,
gli
riman
eva
ben
poco
da
fare,
poich
é
inten
deva
rispar
miarsi
una
visita
di
comm
iato al
baron
e
Perott
ie
mezz'
ora
gli
era
più
che
suffici
ente
per
mette
re in
valigi
a tutti
i suoi
averi.
Pensò
ai due
vestiti
un
po'
lisi,
uno
dei
quali,
il
peggi
ore,
aveva
indos
so in
quel
mom
ento,
e alla
bianc
heria
più
volte
ramm
endat
a, un
temp
o
elega
nte,
che
insie
me a
qualc
he
tabac
chiera
,a
una
caten
a
d'oro
con
orolo
gio e
a un
certo
nume
ro di
libri
costit
uivan
o tutti
i suoi
posse
dimen
ti; gli
venne
ro in
ment
e
giorni
passa
ti,
quan
do
era
un
signor
e
distin
to che
traver
sava
la
camp
agna
in
una
magni
fica
carroz
za,
fornit
o di
tutto
il
neces
sario
e
pure
del
super
fluo,
tra
cui un
servit
ore -
che a
dire il
vero
era
per lo
più
un
imbro
glione
-; e
gli
saliro
no
agli
occhi
lacrim
e di
rabbi
a
impot
ente.
Una
giova
ne
donna
col
frusti
no in
mano
lo
super
ò alla
guida
di un
carret
to sul
quale
giace
va
ubriac
o, tra
sacchi
e
suppe
llettili
dome
stiche
d'ogni
gener
e, suo
marit
o.
Sulle
prime
essa
osser

con
aria
curios
ae
beffar
da
Casan
ova
che si
avvici
nava
di
buon
passo
sotto
gli
ippoc
astani
sfiorit
i della
strad
a, col
viso
strav
olto e
morm
orand
o tra i
denti
parol
e
incom
prensi
bili,
ma
poi,
quan
do
vide il
suo
sguar
do
ricam
biato
da un
lampo
d'ira,
gli
occhi
di lei
prese
ro
un'es
pressi
one
spave
ntata
e
infine
,
quan
do
passa
ndogli
accan
to si
girò
verso
lui,
benev
ola e
lasciv
a.
Casan
ova,
che
sapev
a
bene
come
odio e
ira
sapes
sero
prese
rvare
i
colori
della
giove
ntù
megli
o di
dolce
zza e
tener
ezza,
capì
subito
che
sareb
be
basta
ta
una
sua
osser
vazio
ne
sfront
ata
per
ferma
re la
carroz
za e
dispor
re
della
donna
, cosa
che
non
gli
dispia
ceva
mai;
tuttav
ia,
per
quant
o
saper
quest
o
miglio
rasse
mom
entan
eame
nte il
suo
umor
e,
non
gli
parve
che
valess
e la
pena
di
rinun
ciare
anche
solo a
pochi
minut
i per
via di
un'av
ventu
ra
tanto
scade
nte e
perciò
lasciò
che il
carret
to dei
conta
dini
contin
uasse
a
cigola
re
imper
territ
o, con
i suoi
occup
anti,
tra la
polve
re e i
vapor
i della
via
maest
ra.

L'omb
ra
degli
alberi
atten
uava
solo
in
mini
ma
parte
la
calura
del
sole
che
saliva
,e
Casan
ova si
vide
costre
tto a
rallen
tare
gradu
almen
te il
passo
. La
polve
re
della
strad
a si
era
accu
mulat
a sul
suo
abito
e
sulle
sue
scarp
ea
tal
punto
che
non si
vedev
a più
quant
o
fosser
o
consu
nte; e
così
lo si
sareb
be
potut
o
prend
ere
senz'
altro,
quant
oa
stile e
porta
ment
o, per
un
signor
e
d'alto
rango
al
quale,
per
una
volta,
era
venut
o in
ment
e di
lascia
re a
casa
la sua
carroz
za.
Già si
apriv
a
dinan
zi a
lui
l'arco
della
porta
vicino
alla
quale
era
situat
a la
locan
da
dove
abitav
a,
quan
do gli
si
avvici

sobba
lzand
o una
pesan
te
carroz
za di
camp
agna,
sulla
quale
sedev
a un
uomo
benes
tante
e ben
vestit
o,
ancor
a
piutto
sto
giova
ne.
Aveva
le
mani
incroc
iate
sull'a
ddom
e e gli
occhi
socchi
usi, e
parev
a
propri
o sul
punto
d'appi
solars
i
quan
do il
suo
sguar
do,
scivol
ando
casua
lment
e su
Casan
ova,
si
acces
e di
inatte
sa
vivaci
tà, e
tutta
la sua
perso
na
parve
cader
e in
preda
a
un'all
egra
agitaz
ione.
Si
sollev
ò
tropp
o
rapid
amen
te e
ricadd
e
subito
all'ind
ietro,
si tirò
di
nuovo
su,
asses

una
pacca
sulla
schie
na al
cocchi
ere,
per
ordin
argli
di
ferma
rsi, si
girò,
mentr
e la
carroz
za
contin
uava
ad
andar
e, per
non
perde
re di
vista
Casan
ova,
gli
fece
un
cenno
con
ambo
le
mani
e ne
gridò
tre
volte
il
nome
, con
voce
fioca
ma
chiara
. Solo
dalla
voce
Casan
ova
aveva
ricono
sciuto
quell'
uomo
: si
avvici

alla
carroz
za,
che si
era
ferma
ta,
afferr
ò
sorrid
endo
le due
mani
prote
se
verso
di lui
e
disse:
«E'
possi
bile,
Olivo,
siete
voi?»
«Son
o io,
signor
Casan
ova,
mi
ricono
scete
ancor
a?»
«Perc

non
dovre
i?
Certo,
dal
giorn
o
delle
nozze
,
quan
do ci
siamo
visti
per
l'ultim
a
volta,
siete
un
po'
aume
ntato
di
circon
feren
za...
ma
anch'i
o
negli
ultimi
quindi
ci
anni
sono
mutat
o non
insen
sibilm
ente,
anche
se
non
allo
stess
o
modo

«App
ena»
escla

Olivo,
«prati
came
nte
nient
e,
signor
Casan
ova!
E
comu
nque
son
passa
ti
sedici
anni,
da
pochi
giorni
!E
come
può
imma
ginar
e,
propri
o in
quest
a
occasi
one
abbia
mo
parlat
oa
lungo
di voi,
Amali
ae
io...»
«Dav
vero»
,
rispos
e
cordia
lment
e
Casan
ova,
«mi
ricord
ate
ancor
a,
qualc
he
volta?
» Gli
occhi
di
Olivo
si
empir
ono di
lacrim
e.
Tenev
a
ancor
a le
mani
di
Casan
ova
tra le
sue, e
ripres
ea
string
erle,
comm
osso.
«Qua
nto vi
siamo
grati,
signor
Casan
ova!
Come
potre
mmo
mai
dimen
ticare
il
nostr
o
benef
attore
? E se
allora
...»
«Non
parlia
mone
», lo
interr
uppe
Casan
ova.
«Com
e sta
la
signor
a
Amali
a?
Com'
è
possi
bile
che in
questi
due
mesi
che
ho
trasco
rso a
Manto
va -
condu
cendo
una
vita
molto
ritirat
a,
devo
dire,
ma
facen
do
ancor
a
molte
passe
ggiate
,
com'e
ra
mia
abitu
dine -
com'è
possi
bile,
dicev
o, che
non vi
abbia
incont
rato,
Olivo,
neppu
re
una
sola
volta?
»
«Sem
pliciss
imo,
signor
Casan
ova!
E'
ormai
tanto
che
non
vivia
mo
più in
quest
a
città,
che io
d'altr
onde
non
ho
mai
potut
o
soffrir
e,
come
Amali
a.
Fate
mi
l'onor
e,
signor
Casan
ova,
saltat
e su,
in
un'or
a
siamo
a
casa
mia»
-e
Casan
ova
fece
un
lieve
cenno
di
dinieg
o-
«non
ditem
i di
no.
Amali
a sarà
felicis
sima
di
rivede
rvi e
orgog
liosa
di
mostr
arvi i
nostri
tre
figli.
Sì,
tre,
signor
Casan
ova.
Tre
bambi
ne.
Tredic
i,
dieci
e otto
anni..
.
Nessu
na ha
ancor
a l'età
per
cui -
con
perm
esso -
Casan
ova
potre
bbe
farle
girare
la
testa.
»
Sorris
e
bonar
iamen
te e
accen
nò il
gesto
di
trasci
nare
Casan
ova in
carroz
za.
Ma
Casan
ova
scoss
e il
capo.

Infatti
,
dopo
esser
e
stato
quasi
tentat
o di
ceder
ea
una
comp
rensib
ile
curios
ità e
di
accog
liere
l'invit
o di
Olivo,
fu
colto
con
rinno
vato
impet
o
dalla
sua
impaz
ienza,
e
assicu

Olivo
che
purtro
ppo
affari
urgen
ti lo
costri
ngeva
no a
lascia
re
Manto
va il
giorn
o
stess
o,
prima
di
sera.
Che
cosa
mai
cerca
va a
casa
di
Olivo,
d'altr
onde?
Sedici
anni
erano
tanto
temp
o! Nel
fratte
mpo
Amali
a non
si era
certo
fatta
né più
giova
ne né
più
bella;
la
figliol
etta
tredic
enne
non lo
avreb
be
certo
degna
to di
partic
olare
consi
derazi
one,
data
la sua
età, e
l'idea
d'am
mirar
e lo
stess
o
signor
Olivo,
allora
un
giova
notto
magr
oe
studio
so,
quale
padre
di
famigl
ia
possi
dente
e
dedit
o
all'agr
icoltu
ra in
un
ambie
nte
rurale
, non
lo
attrae
va al
punto
da
fargli
riman
dare
un
viaggi
o che
lo
avreb
be
avvici
nato
di
dieci
o
venti
miglia
a
Venez
ia.

Olivo
però,
che
non
parev
a
intenz
ionat
oa
prend
ere
per
buono
il
rifiuto
di
Casan
ova,
insist
ette
quant
o
meno
per
acco
mpag
narlo
in
carroz
za
alla
locan
da,
offert
a che
Casan
ova
non
poté
rifiuta
re. In
pochi
minut
i
furon
o alla
meta.
La
locan
diera,
una
donna
formo
sa sui
trenta
cinqu
e
anni,
salutò
Casan
ova
che
entra
va
con
uno
sguar
do
che
volev
a
senz'
altro
pales
are
anche
a
Olivo
il
tener
o
rappo
rto
esiste
nte
tra
loro.
A
quest'
ultim
o,
comu
nque,
porse
la
mano
come
si fa
con
un
conos
cente,
dal
quale,
come
Casan
ova
ebbe
subito
modo
di
saper
e,
acqui
stava
regol
arme
nte
un
certo
vino
che
cresc
eva
sulle
sue
terre,
dolce
amar
oe
molto
a
buon
merc
ato.
Olivo
si
lamen

imme
diata
ment
e che
il
cavali
ere di
Seing
alt
(così
infatti
la
locan
diera
aveva
chiam
ato
Casan
ova, e
Olivo
non
esitò
un
istant
ea
servir
si
anch'
egli di
tale
titolo)
fosse
così
crudel
e da
rifiuta
re
l'invit
o di
un
vecch
io
amico
appen
a
ritrov
ato,
per il
ridicol
o
motiv
o di
dover
riparti
re da
Manto
va il
giorn
o
stess
o,
assol
utam
ente
il
giorn
o
stess
o. La
faccia
strani
ata
della
locan
diera
lo
infor

all'ist
ante
che
quest
a non
sapev
a
ancor
a
nient
e
delle
intenz
ioni di
Casan
ova, e
Casan
ova
ritenn
e
oppor
tuno
spieg
are
che
aveva
sempl
iceme
nte
antici
pato i
suoi
progr
ammi
di
parte
nza
per
non
esser
e di
peso
alla
famigl
ia
dell'a
mico
con
una
visita
tanto
inasp
ettata
;a
ogni
modo
era
davve
ro
costre
tto,
anzi
obblig
ato, a
concl
udere
nei
giorni
segue
nti un
impor
tante
lavoro
letter
ario,
cosa
per la
quale
non
conos
ceva
luogo
più
adatt
o di
quest
a
eccell
ente
locan
da,
dove
aveva
a
dispo
sizion
e una
stanz
a
fresca
e
tranq
uilla.
Olivo
ribatt
é che
la sua
casa
mode
sta
non
potev
a
conos
cere
onore
più
grand
e di
quello
che le
avreb
be
fatto
il
cavali
ere di
Seing
alt se
avess
e
portat
o
propri
o là a
compi
ment
o il
suo
lavoro
;
l'isola
ment
o
della
camp
agna
potev
a
rivela
rsi
soltan
to
profic
uo
per
una
tale
impre
sa e,
quant
oa
manu
ali e
libri
dotti
non
ne
manc
avano
,
perch
é da
qualc
he
setti
mana
era
arriva
ta con
una
cassa
piena
di
libri
sua
nipot
e, sua
di
Olivo,
la
figlia
del
suo
defun
to
fratell
astro,
una
fanciu
lla
giova
ne
ma
già
dottis
sima
nonos
tante
la sua
giove
ntù, e
se a
volte
alla
sera
comp
ariva
no
degli
ospiti,
non
era
certo
neces
sario
che il
signor
cavali
ere se
ne
curas
se, a
meno
che
dopo
il
lavoro
e le
fatich
e del
giorn
o
un'all
egra
conve
rsazio
ne o
qualc
he
partiti
na
non
gli
procu
rasser
o una
gradit
a
distra
zione.
Non
appen
a udì
parlar
e di
una
giova
ne
nipot
e,
Casan
ova
decis
e
all'ist
ante
di
veder
e
quest
a
creat
ura
da
vicino
;
dando
l'impr
essio
ne di
indugi
are
ancor
a, finì
col
ceder
e alle
insist
enze
di
Olivo,
pur
mette
ndo
in
chiaro
che
non
potev
a
allont
anarsi
da
Manto
va
per
più di
uno o
due
giorni
e
scong
iuran
do la
sua
cariss
ima
locan
diera
di
trasm
etterg
li
senza
indugi
o, con
un
mess
o,
quelle
letter
e che
potev
ano
arriva
rgli e
che
erano
forse
d'estr
ema
impor
tanza
.
Dopo
aver
siste
mato
così
la
facce
nda,
con
grand
e
soddi
sfazio
ne di
Olivo,
Casan
ova
andò
in
came
ra
sua,
si
prepa
rò per
il
viaggi
oe
un
quart
o
d'ora
dopo
era
già
nella
sala
da
pranz
o
dove
Olivo,
nel
fratte
mpo,
aveva
avviat
o
un'ani
mata
conve
rsazio
ne
d'affa
ri con
la
locan
diera.
Allora
si
alzò,
vuotò
in
piedi
il suo
bicchi
ere di
vino
e,
ammi
ccand
o con
aria
di
comp
rensio
ne, le
assicu

che le
avreb
be
riport
ato il
cavali
ere -
anche
se
non
l'indo
mani
o il
giorn
o
appre
sso -
ma
comu
nque
in
ottim
o
stato
e
incolu
me.
Casan
ova
però,
impro
vvisa
ment
e
distra
tto e
frettol
oso,
si
acco
miatò
con
tale
fredd
ezza
dalla
sua
gentil
e
locan
diera
che
quest
a, già
allo
sport
ello
della
carroz
za, gli
sussu
rrò
all'ore
cchio
una
parol
a
d'addi
o che
era
tutto
fuorc

una
carez
za.

Mentr
ei
due
uomi
ni si
dirige
vano
verso
la
camp
agna
sulla
strad
a
polve
rosa
imme
rsa
nella
calura
del
matti
no,
Olivo
racco
ntò
prolis
same
nte e
con
poco
ordin
e la
storia
della
sua
vita:
come
poco
dopo
le
nozze
avess
e
acqui
stato
un
minus
colo
terren
o
fuori
città,
avvia
ndo
un
piccol
o
comm
ercio
di
ortag
gi;
come
gradu
almen
te
avess
e
ampli
ato i
suoi
posse
dimen
ti e
comin
ciato
a
dedic
arsi
all'agr
icoltu
ra,
come
infine
grazie
alla
solerz
ia sua
e
della
sua
conso
rte
nonch
é alla
bened
izione
del
Signo
re
fosse
stato
in
grado
, tre
anni
prima
, di
acqui
stare
dall'in
debita
tissim
o
conte
Maraz
zani il
suo
vecch
io
castel
lo in
parte
dirocc
ato
con le
vigne
a
esso
pertin
enti e
come
ormai
si
fosse
siste
mato
como
dame
nte,
anche
se
non
princi
pesca
ment
e, con
mogli
ee
figli in
quella
dimor
a
nobili
are.
Tutto
ciò
però
lo
dovev
a
soltan
to, in
ultim
a
analis
i, a
quelle
cento
cinqu
anta
mone
te
d'oro
che la
sua
sposa
o
megli
o la di
lei
madr
e
aveva
no
avuto
in
dono
da
Casan
ova;
senza
tale
aiuto
prodi
gioso
la sua
sorte
non
sareb
be
oggi
divers
a da
quella
di
allora
:
inseg
nare
a
legge
re e
scrive
re a
monel
li
screa
nzati,
proba
bilme
nte
sareb
be
diven
tato
un
vecch
io
scapo
lo e
Amali
a una
vecch
ia
zitella
...
Casan
ova lo
lasciò
parlar
e,
quasi
senza
starlo
a
sentir
e. Gli
era
tornat
a in
ment
e
l'avve
ntura
nella
quale
era
rimas
to
coinv
olto
allora
,
insie
me
ad
alcun
e
altre,
più
signifi
cative
,
tanto
che
quella
, la
più
irrisor
ia,
aveva
occup
ato
ben
poco
la sua
anima
ei
suoi
sensi.
Duran
te un
viaggi
o da
Roma
a
Torin
oo
Parigi
- lui
stess
o non
lo
sapev
a più
-e
nel
corso
di un
breve
soggi
orno
a
Manto
va,
una
matti
na
aveva
scorto
Amali
a in
chies
a e,
poich
é quel
grazio
so
volto
pallid
oe
un
po'
gonfio
di
piant
o gli
era
piaciu
to, le
aveva
rivolt
o
gentil
ment
e una
doma
nda
galan
te.
Prem
urosa
come
all'ep
oca
con
lui lo
erano
tutte,
lei
era
stata
ben
lieta
di
aprirg
li il
suo
cuore
,e
così
egli
appre
se
che la
ragaz
za, la
quale
già
vivev
a
pover
amen
te,
era
inna
morat
a di
un
pover
o
istitut
ore, il
cui
padre
negav
a
decis
amen
te
l'asse
nso,
come
del
resto
la sua
stess
a
madr
e, a
un'uni
one
così
priva
di
prosp
ettive
.
Casan
ova si
dichia

subito
pront
oa
risolv
ere la
facce
nda.
Per
prima
cosa
si
fece
prese
ntare
la
mam
ma di
Amali
a; e
poich
é
quest
a,
essen
do
una
grazio
sa
vedov
a
trenta
seien
ne,
potev
a
ancor
a
avere
diritto
a
qualc
he
omag
gio,
prest
o
Casan
ova
fu
legato
a lei
da
un'am
icizia
così
intim
a che
la sua
interc
essio
ne
potev
a
otten
ere
da lei
qualsi
asi
cosa.
Non
appen
a
quest
a
dimos
trò di
reced
ere
dal
suo
atteg
giame
nto di
rifiuto
,
anche
il
padre
di
Olivo,
comm
ercian
te
decad
uto,
non
lasciò
aspet
tare a
lungo
la sua
appro
vazio
ne,
sopra
ttutto
quan
do
Casan
ova,
che
gli fu
prese
ntato
come
un
lonta
no
paren
te
della
madr
e
della
sposa
, si
impeg

gener
osam
ente
a
pagar
e le
spese
delle
nozze
e
parte
del
corre
do.
Amali
a, dal
canto
suo,
non
seppe
far
altro
che
mostr
are la
sua
gratit
udine
al suo
benef
attore
, che
le era
appar
so
come
l'invia
to da
un
altro
mond
o, un
mond
o più
elevat
o, nel
modo
in cui
glielo
impon
eva il
suo
cuore
;e
quan
do, la
sera
prima
delle
nozze
, si
sottra
sse
con le
guanc
e in
fiam
me
dall'ul
timo
abbra
ccio
di
Casan
ova,
non le
parev
a
certo
di
aver
comm
esso
un
torto
nei
confr
onti
del
suo
sposo
, che
alla
fin
fine
dovev
a la
sua
felicit
à
soltan
to alla
gentil
ezza
e alla
nobilt
à
d'ani
mo di
quello
straor
dinari
o
scono
sciuto
. Se
Olivo
avess
e mai
avuto
notizi
a, in
virtù
d'una
confe
ssion
e,
della
straor
dinari
a
ricono
scenz
a di
Amali
a nei
confr
onti
del
benef
attore
; se
avess
e
maga
ri
accett
ato il
suo
sacrifi
cio
come
natur
ale,
senza
postu
mi di
gelosi
a; o
se
quant
o era
accad
uto
gli
fosse
ancor
a
ignot
o: di
tutto
quest
o
Casan
ova
non si
era
mai
preoc
cupat
o né
se ne
preoc
cupav
a ora.

Facev
a
semp
re più
caldo.
La
carroz
za,
con
gli
amm
ortizz
atori
in
pessi
mo
stato
e
provv
ista di
cuscin
i
rigidi,
avanz
ava
rumor
osam
ente,
con
scoss
oni da
far
pietà;
le
chiacc
hiere
bonar
ie con
cui la
voce
fioca
di
Olivo
non
desist
eva
dall'in
tratte
nere
il suo
acco
mpag
nator
e
sulla
fertilit
à
delle
sue
terre,
sull'ec
cellen
za di
sua
mogli
e,
sulla
crean
za
delle
sue
figliol
ee
sui
rappo
rti
compi
aciuti
e
pacifi
ci con
i
vicini,
agrico
ltori e
nobili,
comin
ciaron
o ad
annoi
are
Casan
ova,
che si
doma
ndò
in
preda
alla
coller
a
perch
é mai
avess
e
accett
ato
un
invito
che
non
potev
a
recar
gli
altro
che
incom
odi e,
alla
fine,
anche
qualc
he
delusi
one.
Anela
va
alla
sua
fresca
came
retta
nella
locan
da di
Manto
va,
dove
in
quello
stess
o
mom
ento
avreb
be
potut
o
portar
e
avanti
il suo
libello
contr
o
Voltai
re, ed
era
già
decis
oa
scend
ere
alla
prima
locan
da
che
avess
ero
incont
rato,
noleg
giare
una
qualsi
asi
vettur
ae
tornar
e
indiet
ro,
quan
do
Olivo
erupp
e in
un
forte
«Oilà!
»,
comin
ciò a
gestic
olare
con
tutt'e
due le
mani
e,
afferr
ando
Casan
ova
per
un
bracci
o,
indicò
una
carroz
za
che si
era
ferma
ta
accan
to alla
loro,
nel
fratte
mpo
anch'
essa
ferma
,
come
per
prend
ere
accor
di.
Dall'al
tra
saltar
ono
giù,
una
dopo
l'altra
, tre
ragaz
zine,
tanto
che la
tavole
tta
che
aveva
no
usato
quale
sedile
volò
per
aria e
si
ribalt
ò.
«Le
mie
figlie»
,
disse
Olivo
voltan
dosi
verso
Casan
ova,
non
senza
un
certo
orgog
lio, e
poich
é
questi
fece
subito
per
lascia
re la
carroz
za:
«Rest
i
sedut
o,
caro
cavali
ere,
tra un
quart
o
d'ora
siamo
arriva
ti;
possi
amo
starci
anche
tutti.
Maria,
Nanet
ta,
Teresi
na:
vedet
e,
quest
o è il
cavali
ere di
Seing
alt,
un
vecch
io
amico
di
vostr
o
padre
:
avvici
natevi
e
baciat
egli la
mano
perch
é
senza
di lui
sarest
e...».
Si
interr
uppe
e
sussu
rrò a
Casan
ova:
«Stav
o per
dire
una
sciocc
hezza
». Si
corres
se
allora
a
voce
alta:
«Senz
a di
lui
alcun
e
cose
sareb
bero
divers
e!».
Le
bambi
ne,
con i
capell
i neri
e gli
occhi
scuri
come
Olivo,
e
tutte
di
aspet
to
ancor
a
infant
ile,
anche
Teresi
na, la
più
grand
e,
guard
avano
lo
strani
ero
con
una
curios
ità
disinv
olta,
quasi
conta
dina,
e la
più
piccol
a,
Maria,
si
rasse
gnò a
seguir
e le
istruzi
oni
pater
ne e
a
baciar
gli
con
grand
e
seriet
à la
mano
;
Casan
ova
però
non lo
permi
se,
ma
prese
loro
la
testa
tra le
mani,
una
dopo
l'altra
, e le
baciò
sulle
guanc
e. Nel
fratte
mpo
Olivo
scam
biava
qualc
he
parol
a col
giova
notto
che
aveva
condo
tto
sin là
la
carroz
zella
con le
bambi
ne,
dopo
di che
costui
spron
ò il
cavall
oe
prose
guì
sulla
via
maest
ra in
direzi
one di
Manto
va.

Le
bambi
ne
prese
ro
posto
sul
sedile
poste
riore,
dietro
Olivo
e
Casan
ova,
tra
risa e
scher
zosi
litigi:
erano
sedut
e
vicinis
sime,
parla
vano
tutte
insie
me e,
poich
é
anche
il loro
genit
ore,
da
parte
sua,
non
smett
eva di
parlar
e, per
Casan
ova
all'ini
zio
non
fu
facile
desu
mere
dalle
loro
parol
e ciò
che
davve
ro
aveva
no da
racco
ntare.
Un
nome
risuon
ò,
quello
di un
certo
sottot
enent
e
Loren
zi
che,
come
riferì
Teresi
na,
aveva
cavalc
ato
per
un
po'
accan
to a
loro,
prom
etten
do di
far
visita
la
sera e
invian
do al
loro
papà i
più
cordia
li
saluti.
Le
bambi
ne
riferir
ono
inoltr
e che
anche
la
mam
ma,
inizial
ment
e,
aveva
manif
estat
o
l'inten
zione
di
venir
e
incont
ro al
papà;
ma
data
la
grand
e
calura
aveva
poi
prefer
ito
riman
ere a
casa
con
Marco
lina.
Marco
lina
era
ancor
aa
letto,
quan
do
erano
partit
e; e
dal
giardi
no le
aveva
no
tirato,
dalla
finest
ra
apert
a,
una
gragn
uola
di
bacch
ee
nocci
oline,
altrim
enti
l'avre
bbero
trovat
a
ancor
a
addor
ment
ata.

«Non
è da
Marco
lina»,
disse
Olivo
rivolt
o al
suo
ospite
, «di
solito
alle
sei o
anche
prima
è già
in
giardi
no a
studia
re a
va
avanti
fino a
mezz
ogior
no. E'
vero,
ieri
sera
aveva
mo
ospiti,
e la
cosa
è
andat
a
avanti
più
del
solito
; si è
anche
giocat
o un
pochi
no -
certo
non
come
è
solito
fare il
signor
cavali
ere,
noi
siamo
gente
sempl
ice e
non ci
piace
sottra
rci
soldi
l'un
l'altro
.E
poich
é
anche
il
nostr
o
degni
ssimo
abate
si
compi
ace di
parte
cipare
, può
imma
ginar
e,
signor
cavali
ere,
che
non si
tratta
di
cose
granc

pecca
minos
e.»
Quan
do
sentir
ono
parlar
e
dell'a
bate,
le
bambi
ne
scopp
iaron
oa
ridere
e
prese
ro a
racco
ntarsi
sa
Iddio
che
cosa,
che le
fece
ridere
ancor
a di
più.
Casan
ova si
limitò
ad
annui
re
distra
ttame
nte:
nella
sua
fantas
ia
vedev
a la
signor
ina
Marco
lina,
che
non
conos
ceva
ancor
a,
corica
ta nel
suo
letto
bianc
o,
davan
ti alla
finest
ra,
col
lenzu
olo
abbas
sato e
il
corpo
semin
udo
difend
ersi
con
mani
ebbre
di
sonno
dalle
bacch
ee
dalle
nocci
oline
che
piove
vano
dentr
o-ei
suoi
sensi
furon
o
perco
rsi da
un
folle
ardor
e.
Non
dubit
ava
affatt
o che
Marco
lina
fosse
l'ama
nte
del
sottot
enent
e
Loren
zi,
quasi
che li
avessi
visti
lui
stess
o
avvin
ghiati
nel
più
tener
o
degli
abbra
cci;
ed
era
pront
oa
odiar
e lo
scono
sciuto
Loren
zi
quant
o
bram
ava la
mai
vista
Marco
lina.

Nella
tremu
la
foschi
a del
merig
gio,
svetta
nte
sul
foglia
me
grigio
verde
, si
scors
e una
torret
ta
quadr
angol
are.
Prest
o la
carroz
za
lasciò
la via
maest
ra per
imboc
care
una
stradi
na
latera
le;
sulla
sinistr
a
saliva
no
regol
ari le
vigne,
sulla
destr
a,
sopra
il
muro
di un
giardi
no, si
piega
vano
le
chiom
e di
alberi
secol
ari.
La
carroz
za si
fermò
davan
ti a
un
porto
ne i
cui
batte
nti
segna
ti
dalle
intem
perie
erano
spala
ncati;
i
passe
ggeri
scese
ro e il
vettur
ino, a
un
cenno
di
Olivo,
prose
guì
verso
la
stalla.
Un
ampio
viale
fianch
eggiat
o da
ippoc
astani
porta
va al
castel
letto,
che a
prima
vista
semb
rava
un
po'
fredd
oe
trascu
rato.
Casan
ova
fu
colpit
o
sopra
ttutto
da
una
finest
ra
rotta
al
primo
piano
; ma
non
gli
sfuggì
neppu
re
che il
cornic
ione
alla
base
della
torre
larga
e
bassa
che
sorm
ontav
a
grass
occia
l'edifi
cio
era
scalci
nato
in
parec
chi
punti.
Per
contr
o la
porta
di
casa
sfoggi
ava
un
nobile
lavoro
d'inta
glio e,
non
appen
a fu
nell'at
rio,
Casan
ova si
rese
subito
conto
che
l'inter
no
della
casa
era in
buone
condi
zioni,
senz'
altro
miglio
ri di
quant
o non
si
potes
se
presu
pporr
e
dall'e
stern
o.

«Ama
lia»,
gridò
forte
Olivo,
tanto
che il
soffitt
oa
volta
gli
riman
dò la
sua
eco.
«Scen
di più
svelta
che
puoi!
Ti ho
portat
o un
ospite
,
Amali
ae
che
ospite
!» Ma
Amali
a era
già
comp
arsa
in
cima
alla
scala,
invisi
bile
per
loro
che
erano
passa
ti dal
sole
più
pieno
alla
peno
mbra.
Casan
ova, i
cui
occhi
penet
ranti
aveva
no
conse
rvato
la
capac
ità di
trafig
gere
anche
l'oscu
rità
della
notte,
l'avev
a
scorta
prima
del
marit
o.
Sorris
e,
sente
ndo
che
quel
sorris
o gli
ringio
vaniv
a il
volto.
Amali
a non
era
assol
utam
ente
ingras
sata,
come
teme
va, e
aveva
invec
e un
aspet
to
giova
nile e
slanci
ato.
Lo
ricono
bbe
all'ist
ante.
«Che
sorpr
esa,
signor
Casan
ova,
che
felicit
à!»,
escla

senza
nessu
n
imbar
azzo,
si
precip
itò
rapid
amen
te giù
per le
scale
e
porse
a
Casan
ova le
guanc
e per
il
saluto
, al
che
egli la
salutò
senz'
altro
come
una
cara
amica
. «E
io
dovre
i
davve
ro
crede
re,
Amali
a, che
Maria,
Nanet
ta e
Teresi
na
sono
le
vostr
e
delizi
ose
figliol
e?
Per
quel
che
riguar
da il
temp
o,
potre
bbe
anche
tornar
e...»
«E
anche
per
tutto
il
resto
»,
interv
enne
Olivo.
«vi
potet
e
fidare
,
signor
cavali
ere!»
«E'
stato
il tuo
incont
ro col
cavali
ere,
Olivo
»
disse
Amali
a con
lo
sguar
do
perdu
to nei
ricord
i, «la
causa
del
tuo
ritard
o?»
«Prop
rio
così,
Amali
a, ma
spero
ci sia
ancor
a
qualc
osa
da
mangi
are,
nonos
tante
il
ritard
o!»
«Marc
olina
e io,
natur
almen
te,
non ci
siamo
mess
ea
tavola
da
sole,
per
quant
o
avessi
mo
fame.
»
«Pazi
enter
ete
allora
»,
doma
ndò
Casan
ova,
«finch
é non
abbia
ripulit
o un
pochi
no
me
stess
oei
miei
abiti
dalla
polve
re
della
via
maest
ra?»
«Vi
mostr
erò
subito
la
vostr
a
stanz
a»,
disse
Olivo,
«e
spero
,
cavali
ere,
che
ne
saret
e
soddi
sfatto
,
quasi
come.
..»,
ammi
ccò e
aggiu
nse,
«com
e
nella
vostr
a
locan
da di
Manto
va,
anche
se
può
darsi
che vi
manc
hi
qualc
osa.»
Fece
strad
a
all'os
pite,
salen
do le
scale
fino
alla
galleri
a che
perco
rreva
tutto
il
perim
etro
dell'at
rio e
dal
cui
angol
o più
lonta
no si
inerpi
cava
verso
l'alto
una
strett
a
scala
di
legno.
Arriva
to in
cima,
Olivo
aprì
la
porta
della
came
ra da
letto
e,
fermo
sulla
soglia
, la
mostr
òa
Casan
ova
con
grand
i
compl
iment
i,
define
ndola
la sua
umile
came
ra
degli
ospiti.
Una
came
riera
portò
sacca
da
viaggi
oe
mant
ello e
si
allont
anò
poi
con
Olivo;
Casan
ova si
ritrov
ò così
solo
in un
ambie
nte
mode
sto
fornit
o di
tutto
il
neces
sario
ma
piutto
sto
spogli
o, in
cui
quattr
o
finest
re ad
arco,
alte e
strett
e,
conse
ntiva
no da
tutte
le
parti
un'am
pia
vista
sulla
pianu
ra
illumi
nata
dal
sole,
con le
sue
vigne
verdi,
i prati
multic
olori,
i
campi
gialli,
le
strad
e
bianc
he, le
case
chiare
e gli
orti
scuri.
Casan
ova
lasciò
perde
re la
vedut
a e si
prepa
rò in
fretta
, non
tanto
per la
fame,
ma
perch
é lo
torme
ntava
la
curios
ità di
veder
e
Marco
lina
faccia
a
faccia
il più
prest
o
possi
bile;
non si
cambi
ò
neppu
re
d'abit
o,
perch
é
inten
deva
mostr
arsi
sotto
spogli
e più
brillan
ti
soltan
to la
sera.

Quan
do
entrò
nella
sala
da
pranz
o dal
pavim
ento
di
legno
che si
trova
va a
piant
erren
o,
vide
subito
intorn
o alla
tavola
ben
appar
ecchi
ata,
oltre
alla
coppi
a dei
padro
ni di
casa
e alle
loro
tre
figlie,
una
fanciu
lla
dalla
figura
aggra
ziata
con
un
abito
grigio
opaco
che le
scivol
ava
sempl
iceme
nte
addos
so, la
quale
lo
guard
ò con
fare
disinv
olto,
come
se
fosse
stato
di
casa
o
comu
nque
l'aves
se già
incont
rato
centin
aia di
volte.
Il
fatto
che
nel
suo
sguar
do
non vi
fosse
tracci
a di
quella
luce
che
un
temp
o lo
saluta
va
tanto
spess
o,
anche
quan
do si
prese
ntava
come
un
illustr
e
scono
sciuto
, nel
trasci
nante
splen
dore
della
sua
giove
ntù, o
nella
perico
losa
bellez
za dei
suoi
anni
virili,
ormai
non
costit
uiva
più da
temp
o, per
Casan
ova,
una
novità
. Ma
anche
negli
ultimi
anni
basta
va
spess
o che
fosse
fatto
il suo
nome
perch
é
sulle
labbr
a
delle
donne
comp
arisse
l'espr
essio
ne di
una
tardiv
a
ammi
razion
eo
almen
o un
breve
sussul
to di
ramm
arico,
a
signifi
care
che lo
avreb
bero
incont
rato
volent
ieri
qualc
he
anno
prima
.

Invec
e
adess
o,
mentr
e
Olivo
lo
prese
ntava
come
il
signor
Casan
ova,
cavali
ere di
Seing
alt,
sua
nipot
e
sorris
e non
divers
amen
te da
come
avreb
be
fatto
se le
avess
ero
nomi
nato
un
qualu
nque
altro
nome
in cui
non
risuon
asser
o echi
di
avven
ture e
miste
ri. E
anche
quan
do
prese
posto
accan
to a
lei, le
baciò
la
mano
ei
suoi
occhi
le
rivers
arono
addos
so
una
scintil
lante
pioggi
a di
rapim
ento
e
desid
erio,
la sua
espre
ssion
e non
tradiv
a
nient'
altro
se
non
una
lieve
soddi
sfazio
ne,
ben
mode
sta
rispos
ta a
un
omag
gio
tanto
arden
te.

Dopo
poche
parol
e di
cortes
e
introd
uzion
e
Casan
ova
comu
nicò
alla
sua
vicina
di
esser
ea
conos
cenza
dei
suoi
intere
ssi
erudit
i e le
chies
ea
quale
scienz
a si
dedic
asse
in
partic
olar
modo
. Ella
rispos
e che
coltiv
ava
sopra
ttutto
lo
studio
della
mate
matic
a
superi
ore,
al
quale
era
stata
introd
otta
dal
profe
ssor
Morga
gni, il
celebr
e
profe
ssore
dell'u
nivers
ità di
Bolog
na.
Casan
ova
espre
sse la
sua
ammi
razion
e per
tale
intere
sse,
davve
ro
insolit
o in
una
fanciu
lla
così
grazio
sa e
giova
ne,
per
un
ogget
to
così
difficil
e e al
temp
o
stess
o
disad
orno,
al che
Marco
lina
gli
rispos
e
invec
e che,
a suo
parer
e, la
mate
matic
a
superi
ore
era la
più
fantas
tica,
lo si
potev
a ben
dire,
fra
tutte
le
scienz
e,
quella
per
sua
natur
a
davve
ro
divina
.
Quan
do
Casan
ova la
pregò
di
spieg
argli
più
diffus
amen
te
quest
a
conce
zione,
che
gli
giung
eva
del
tutto
nuova
,
Marco
lina si
scher

mode
stame
nte e
affer

che i
prese
nti,
ma
sopra
ttutto
il suo
caro
zio,
avreb
bero
di
gran
lunga
prefer
ito
saper
e
qualc
osa di
più
sulle
esperi
enze
dell'a
mico
giram
ondo
che
non
vedev
ano
da
temp
o
piutto
sto
che
ascolt
are
una
conve
rsazio
ne
filosof
ica.
Amali
a
aderì
vivac
emen
te al
suo
invito
e
Casan
ova,
che
accon
disce
ndeva
semp
re
volent
ieri a
desid
eri di
quest
o
gener
e,
osser

con
legge
rezza
che
negli
ultimi
anni
si era
occup
ato
preva
lente
ment
e di
segre
te
missi
oni
diplo
matic
he
che lo
aveva
no
portat
o, per
nomi
nare
soltan
to le
città
più
grand
i, a
Madri
d,
Parigi
,
Londr
a,
Amst
erda
me
Pietro
burgo
.
Riferì
di
incont
ri e
conve
rsazio
ni di
caratt
ere
serio
e
allegr
o con
uomi
ni e
donne
di
vari
ceti
sociali
,
senza
dimen
ticare
di
menzi
onare
la
cordia
le
accog
lienza
conce
ssagli
alla
corte
di
Cateri
na di
Russi
a, e
racco
ntò in
modo
assai
divert
ente
come
Federi
co il
Grand
e lo
avess
e
quasi
nomi
nato
prece
ttore
in
un'ac
cade
mia
per
cadet
ti
frequ
entat
a da
giova
ni
nobili
della
Pome
rania,
perico
lo al
quale
si era
sottra
tto
con
una
pront
a
fuga.

Parlò
di
tutto
ciò e
di
altro
ancor
a,
come
se si
fosse
verific
ato in
un
temp
o
appen
a
trasco
rso e
non,
com'e
ra in
realtà
, anni
e
decen
ni
prima
;
qualc
he
volta
inven
tava,
senza
esser
e
davve
ro
coscie
nte
delle
sue
bugie
,
grand
ie
piccol
e,
soddi
sfatto
sia
del
propri
o
umor
e che
della
parte
cipazi
one
con
cui si
pende
va
dalle
sue
labbr
a; e
mentr
e così
racco
ntava
e
fantas
ticava
, gli
parve
quasi
di
esser
e di
fatto,
ancor
oggi,
il
fortun
ato,
lo
sfront
ato, il
raggi
ante
Casan
ova
che
aveva
girato
il
mond
o in
comp
agnia
di
belle
donne
, era
stato
insign
ito da
princi
pi
mond
ani e
religio
si dei
loro
alti
favori
,
aveva
sperp
erato,
perso
al
gioco
e
donat
o
miglia
ia di
ducati
,e
non
quel
pover
o
diavol
o
decad
uto
che
vecch
i
amici
ingles
ie
spagn
oli
aiutav
ano
con
somm
e
ridicol
e-e
talvol
ta
veniv
ano a
manc
are
anche
quest
e,
tanto
che
era
costre
tto a
conta
re su
quei
pochi,
miseri
ducati
che
vince
va al
baron
e
Perott
i o ai
di lui
ospiti
; sì,
dimen
ticò
persin
o che
il suo
massi
mo
tragu
ardo
gli
parev
a di
concl
udere
nella
sua
città
natale
, che
lo
aveva
dappr
ima
incarc
erato
e poi,
dopo
la sua
fuga,
prosc
ritto
ed
esiliat
o,
come
l'ultim
o tra i
suoi
cittadi
ni,
come
scriva
no,
come
mendi
cante,
come
nient
e,
concl
uderv
i,
dicev
amo,
la sua
esiste
nza
un
temp
o così
splen
dida.

Anche
Marco
lina lo
ascolt
ava
attent
amen
te,
ma
con la
stess
a
espre
ssion
e
come
se le
stess
ero
legge
ndo
un
libro
di
storie
passa
bilme
nte
intere
ssanti
. Il
fatto
che le
fosse
sedut
o
davan
ti una
perso
na,
un
uomo
,
Casan
ova
stess
o, che
aveva
vissut
o
tutto
quest
oe
molte
altre
cose
che
non
racco
ntava
,
l'ama
nte di
miglia
ia di
donne
...

che lo
sapes
se, la
sua
espre
ssion
e non
lo
tradiv
a
mini
mam
ente.

Diver
same
nte
scintil
lavan
o gli
occhi
di
Amali
a. Per
lei
Casan
ova
era
rimas
to
quello
che
era,
per
lei la
sua
voce
era
seduc
ente
come
sedici
anni
prima
, e lui
stess
o
sentiv
a che
gli
sareb
be
basta
ta
una
sola
parol
ae
fors'a
nche
meno
per
ricomi
nciare
dacca
po, se
gli
fosse
stato
gradit
o,
l'avve
ntura
d'allor
a. Ma
che
cos'er
a per
lui
Amali
a in
quell'
ora,
quan
do
bram
ava
Marco
lina
come
nessu
na
prima
di lei?
Attrav
erso
la
veste
semio
paca
che
l'avvo
lgeva
crede
va di
scorg
ere il
suo
corpo
nudo;
i seni
in
bocci
o
germ
ogliav
ano
verso
di lui,
e
quan
do lei
si
piegò
per
racco
gliere
il
fazzol
etto
che le
era
scivol
ato a
terra
la
fantas
ia in
fiam
me di
Casan
ova
associ
ò al
suo
movi
ment
o un
signifi
cato
così
lasciv
o che
si
sentì
prossi
mo a
svenir
e. Il
fatto
che
per
un
secon
do
inces
picò
nel
racco
nto
non
sfuggì
a
Marco
lina,
come
non le
sfuggì
che il
suo
sguar
do
comin
ciava
a
frullar
e
stran
amen
te; ed
egli
lesse
in
quello
di lei
un'im
provv
isa
estra
neità,
difesa
e
anche
una
tracci
a di
nause
a. Si
ricom
pose
rapid
amen
te e si
stava
accin
gendo
a
ripren
dere
il
racco
nto
con
rinno
vata
vivaci

quan
do
entrò
un
religio
so
corpul
ento
che il
padro
ne di
casa
salutò
come
abate
Rossi
e che
Casan
ova
ricono
bbe
imme
diata
ment
e
come
la
perso
na
che,
ventis
ette
anni
prima
,
aveva
incont
rato
su un
merc
antile
dirett
o da
Venez
ia a
Chiog
gia.
«Avev
ate
allora
una
benda
su un
occhi
o»,
disse
Casan
ova,
che
raram
ente
si
lascia
va
sfuggi
re
l'occa
sione
di
sfoggi
are la
sua
eccell
ente
mem
oria,
«e
una
conta
dina
con
un
fazzol
etto
giallo
vi
consi
gliò
un
ungu
ento
mirac
oloso
che
casua
lment
e un
giova
ne
farma
cista
dalla
voce
roca
aveva
con
sé.»
L'abat
e
annuì
e
sorris
e,
lusing
ato.
Poi,
con
faccia
furbet
ta, si
fece
vicinis
simo
a
Casan
ova,
come
se gli
voless
e
comu
nicare
un
segre
to.
Disse
invec
ea
voce
molto
alta:
«E
voi,
signor
Casan
ova,
vi
trova
vate
in un
corte
o
nuzial
e...
non
so se
foste
un
ospite
casua
le o il
testi
mone
della
sposa
, ad
ogni
modo
la
sposa
vi
guard
ava
con
occhi
molto
più
dolci
di
quant
o non
facess
e con
lo
sposo
... Si
alzò
un
forte
vento
,
quasi
un
temp
orale,
e voi
comin
ciaste
a
legge
re
una
poesi
a
estre
mam
ente
ardita
».
«Sicu
rame
nte il
cavali
ere»,
interl
oquì
Marco
lina,
«lo
fece
solam
ente
per
placar
e il
temp
orale.
»
«Non
mi
sono
mai
attrib
uito»,
replic
ò
Casan
ova,
«simil
i
poteri
magic
i; non
posso
tuttav
ia
negar
e che
nessu
no
pensò
più al
temp
orale,
quan
do io
iniziai
a
legge
re.»
Le tre
bambi
ne si
erano
avvici
nate
all'ab
ate, e
sapev
ano
bene
perch
é.

Le
sue
tasch
e
enor
mi
conte
nevan
o
infatti
delizi
ose
cara
melle
in
abbon
danza
; le
spins
e egli
stess
o tra
le
labbr
a
delle
bimbe
con le
sue
dita
grass
occe.
Nel
fratte
mpo
Olivo
riferiv
a
all'ab
ate
tutti i
detta
gli del
suo
incont
ro
con
Casan
ova.
Amali
a,
come
smarr
ita,
tenev
a il
suo
sguar
do
incoll
ato
alla
fronte
bruna
e
signor
ile del
suo
caro
ospite
. Le
bambi
ne
corser
o in
giardi
no;
Marco
lina si
era
alzata
e le
contr
ollava
da
una
finest
ra
apert
a.
L'abat
e
dovev
a
portar
ei
saluti
del
marc
hese
Celsi
che,
salute
perm
etten
do,
avreb
be
fatto
visita
al
prezio
so
amico
Olivo
quella
sera
stess
a,
insie
me
alla
sua
conso
rte.

«Si
combi
na
benis
simo»
,
rispos
e
Olivo,
«abbi
amo
infatti
, in
onore
del
cavali
ere,
una
piccol
a,
simpa
tica
congr
ega di
giocat
ori:
aspet
to i
fratell
i
Ricar
di, e
viene
pure
Loren
zi; le
bambi
ne gli
sono
andat
e
incont
ro.»
«E'
semp
re
qui?»,
doma
ndò
l'abat
e. «E'
già
una
setti
mana
che
corre
voce
debba
raggi
unger
e il
suo
reggi
ment
o.»
«La
marc
hesa»
,
replic
ò
riden
do
Olivo,
«avrà
otten
uto
una
licenz
a dal
suo
superi
ore.»
«Mi
mera
viglia
»,
interv
enne
Casan
ova
«che
per
un
ufficia
le
mant
ovano
ci
siano
licenz
e in
un
mom
ento
come
quest
o.» E
prose
guì,
inven
tando
:
«Due
miei
conos
centi,
uno
di
Manto
va,
l'altro
di
Crem
ona,
si
sono
messi
in
marci
a
nottet
empo
con i
loro
reggi
menti
, in
direzi
one di
Milan
o».
«C'è
la
guerr
a?»,
chies
e
Marco
lina
dalla
finest
ra; si
era
voltat
a, e i
tratti
del
suo
volto
in
ombr
a
riman
evano
indisti
nti;
ma
Casan
ova
era
stato
l'unic
oa
notar
e un
legge
ro
tremit
o
nella
sua
voce.

«Fors
e non
se ne
farà
di
nient
e»,
disse
con
legge
rezza.
«Ma
poich
é gli
Spag
noli
assu
mono
un
atteg
giame
nto
minac
cioso,
occorr
e
esser
e
pronti

«Ma
si
sa»,
interv
enne
Olivo
con
impor
tanza
e
aggro
ttand
o la
fronte
, «da
quale
parte
ci
schier
erem
o, se
da
quella
dei
Franc
esi o
degli
Spag
noli?»
«La
cosa
dovre
bbe
esser
e
indiffe
rente
al
sottot
enent
e
Loren
zi»,
affer

l'abat
e.
«Purc

abbia
finalm
ente
la
possi
bilità
di
dimos
trare
il suo
erois
mo.»
«Lo
ha già
fatto»
,
disse
Amali
a.
«Tre
anni
fa
c'era
anche
lui, a
Pavia.
» Ma
Marco
lina
tacev
a.

Casan
ova
ne
sapev
a
ormai
abbas
tanza
. Si
avvici
nò a
Marco
lina e
abbra
cciò il
giardi
no
con lo
sguar
do.
Non
vide
nient'
altro
che il
grand
e
prato
sul
quale
gioca
vano
le
bimbe
,
delimi
tato
dalla
parte
del
muro
da un
filare
di
alberi
alti e
fitti.
«Che
magni
fica
propri
età»,
affer

rivolg
endos
ia
Olivo.
«Sare
i
curios
o di
conos
cerla
più da
vicino
.» «E
io,
cavali
ere»,
ribatt
é
questi
,
«non
saprei
imma
ginar
mi un
piacer
e più
grand
e di
quello
di
condu
rvi
nelle
mie
vigne
e tra i
miei
campi
. Sì,
se
devo
dire
la
verità
,
doma
ndate
lo
pure
ad
Amali
a, da
quan
do
possi
edo
quest
o
piccol
o
poder
e non
ho
desid
erato
nient
e più
arden
teme
nte
che
poter
vi
avere
un
giorn
o
ospite
sulla
mia
terra.
Dieci
volte
sono
stato
sul
punto
di
scrive
rvi,
per
invita
rvi.
Ma si
potev
a mai
esser
e
sicuri
che
un
mess
aggio
vi
avreb
be
raggi
unto?
Se
qualc
uno
racco
ntava
di
avervi
visto
di
recen
te a
Lisbo
na, si
potev
a
esser
e
sicuri
che,
nel
fratte
mpo,
erava
te
partit
o per
Varsa
via o
per
Vienn
a.

E
adess
o, che
come
per
mirac
olo vi
ritrov
o
propri
o
nell'or
a in
cui
volete
lascia
re
Manto
va, e
che
riesco
- non
è
stato
facile,
Amali
a-a
trasci
narvi
qui, ci
lesina
te
talme
nte il
vostr
o
temp
o che
non
inten
dete
donar
ci - lo
crede
reste,
abate
! - più
di due
giorni
!» «Il
cavali
ere si
lascer
à
forse
convi
ncere
a
prolu
ngare
il suo
soggi
orno»
,
disse
l'abat
e, che
con
gran
dilett
o si
stava
facen
do
sciogli
ere in
bocca
uno
spicch
io di
pesca
,
getta
ndo
ad
Amali
a un
rapid
o
sguar
do dal
quale
Casan
ova
crede
tte di
poter
dedur
re
che
quest
a si
fosse
confid
ata
più
con
l'abat
e che
col
propri
o
conso
rte.
«Non
mi
sarà
purtro
ppo
possi
bile»,
rispos
e
forma
lment
e
Casan
ova,
«non
posso
infatti
nasco
ndere
ad
amici
che
prend
ono
così
parte
al mio
destin
o che
i miei
concit
tadini
venez
iani
sono
in
procin
to di
darmi
un'alq
uanto
tardiv
a ma
tanto
più
onore
vole
soddi
sfazio
ne
per il
torto
che
mi
arrec
arono
anni
fa, e
non
posso
sottra
rmi
ancor
a alle
loro
insist
enze
se
non
voglio
semb
rare
ingrat
oo
addiri
ttura
perm
aloso.
» Con
un
legge
ro
movi
ment
o
della
mano
respin
se
una
doma
nda
dettat
a da
curios
ità,
vener
azion
e che
vedev
a
spunt
are
dalle
labbr
a di
Olivo
e
osser
vò in
fretta
:
«Ben
e,
Olivo,
sono
pront
o.
Mostr
atemi
il
vostr
o
piccol
o
regno
».

«Non
sareb
be più
sensa
to»,
interv
enne
Amali
a,
«aspe
ttare
il
fresco
della
sera?
Il
cavali
ere
non
prefer
isce
riposa
re un
po' o
fare
una
passe
ggiat
a
all'om
bra?»
E dai
suoi
occhi
luccic
ò in
direzi
one di
Casan
ova
una
timid
a
implo
razion
e,
come
se
quella
passe
ggiat
a in
giardi
no
doves
se
decid
ere
per la
secon
da
volta
il suo
destin
o.
Nessu
no
ebbe
nient
e da
obiett
are
alla
propo
sta di
Amali
a, e
tutti
usciro
no
all'ap
erto.
Marco
lina,
davan
ti agli
altri,
corse
nel
sole
sul
prato,
verso
le
bambi
ne
che
gioca
vano
a
volan
o, e si
mise
a
giocar
e con
loro.

Non
era
più
alta
della
più
grand
e di
loro
e, coi
capell
i
sciolti
che le
ondeg
giava
no
sulle
spalle
,
semb
rava
lei
stess
a una
bambi
na.
Olivo
e
l'abat
e si
sedet
tero
su
una
panch
ina di
pietra
sul
viale,
vicino
alla
casa.
Amali
a
contin
uò a
camm
inare
a
fianco
di
Casan
ova.
Quan
do gli
altri
non
poter
ono
più
udirla
prese
a
dire,
con
l'infle
ssion
e di
una
volta,
come
se la
sua
voce
non
gli
avess
e mai
parlat
o
divers
amen
te:
«Così
sei di
nuovo
qua,
Casan
ova!
Come
ho
desid
erato
quest
o
giorn
o...

Sapev
o che
sareb
be
venut
o».
«E'
un
caso
che io
sia
qui»,
rispos
e
fredd
amen
te
Casan
ova.
Amali
a
sorris
e:
«Chia
malo
come
vuoi.
Sei
qui!
In
questi
sedici
anni
non
ho
sogna
to
nient'
altro
se
non
quest
o
giorn
o».

«Si
potre
bbe
suppo
rre»,
replic
ò
Casan
ova,
«che
tu
abbia
sogna
to
qualc
os'altr
o e...
non
solo
sogna
to.»
Amali
a
scoss
e la
testa:
«Tu
lo sai
che
non è
così,
Casan
ova.
E
anche
tu
non
mi hai
dimen
ticata
,
altrim
enti,
nella
tua
fretta
di
arriva
re a
Venez
ia,
non
avres
ti
accett
ato
l'invit
o di
Olivo!
».
«Cred
i
davve
ro,
Amali
a, che
io sia
venut
o qui
per
fare
del
tuo
buon
marit
o un
cornu
to?»
«Perc

parli
così,
Casan
ova?
Se io
sono
di
nuovo
tua,
in
quest
o non
c'è né
ingan
no né
pecca
to!»
Casan
ova
scopp
iò in
una
sonor
a
risata
.
«Non
c'è
pecca
to?
Perch
é non
c'è
pecca
to?
Perch
é
sono
un
vecch
io?»
«Tu
non
sei
vecch
io.

Per
me
non lo
sarai
mai.
Fra le
tue
bracci
a ho
godut
o la
mia
prima
beatit
udine
... e il
mio
destin

sicura
ment
e
quello
di
vivere
anche
l'ultim
a
insie
me a
te!»
«La
tua
ultim
a?»,
ripeté
sarca
stica
ment
e
Casan
ova,
per
quant
o
fosse
legge
rment
e
comm
osso,
«il
mio
amico
Olivo
potre
bbe
forse
avere
qualc
osa in
contr
ario.»
«Ciò
di cui
parli»
,
replic
ò
Amali
a
arross
endo,
«è
dover
e,
qualc
he
volta
anche
piacer
e; ma
non è
beatit
udine
...
non lo
è mai
stato.
» Non
perco
rsero
il
viale
fino
in
fondo
,
come
se
entra
mbi
temes
sero
la
vicina
nza
del
prato
dove
gioca
vano
Marco
lina e
le
bambi
ne:
quasi
fosser
o
d'acc
ordo,
si
volser
o
entra
mbi e
ben
prest
o,
senza
parlar
e,
furon
o di
nuovo
accan
to alla
casa.
Sul
lato
strett
o
dell'e
dificio
,a
piant
erren
o,
c'era
una
finest
ra
apert
a.
Casan
ova
vide,
nel
buio
della
stanz
a,
una
tenda
tirata
a
metà,
dietro
la
quale
si
scorg
evano
i piedi
del
letto.
Su
una
sedia,

accan
to,
era
appog
giata
una
legge
ra
veste
come
di
velo.
«La
came
ra di
Marco
lina?»
,
doma
ndò
Casan
ova.
Amali
a
annuì
.E
rivolt
aa
Casan
ova,
con
fare
allegr
oe
come
senza
sospe
tti:
«Ti
piace
?».
«Perc
hé è
bella.
»
«Bella
e
virtuo
sa.»
Casan
ova
scroll
ò le
spalle
,
come
di
fronte
a
un'inf
orma
zione
non
richie
sta.
Poi
disse:
«Se
tu mi
vedes
si
oggi
per la
prima
volta,
ti
piacer
ei
davve
ro,
Amali
a?».

«Io
non
so se
oggi
sei
divers
o da
allora
. Io ti
vedo
come
eri
allora
.

Come
ti ho
semp
re
visto
da
allora
,
anche
tra le
lacrim
e.»
«Guar
dami,
Amali
a! Le
rughe
sulla
mia
fronte
! Il
mio
collo
aggri
nzito!
E
quest
o
profo
ndo
solco
dagli
occhi
alle
tempi
e! E
qui,
sì, qui
nell'a
ngolo
mi
manc
a un
dente
», e
inarcò
la
bocca
in un
soggh
igno.
«E
quest
e
mani,
Amali
a!
Guard
ale
bene!
Dita
come
artigli
...
macc
hiolin
e
gialle
sulle
unghi
e... E
quest
e
vene.
..
azzur
re e
gonfie
...
mani
da
vecch
io,
Amali
a!»
Lei gli
prese
le
mani
che
egli le
mostr
ava e,
nell'o
mbra
del
viale,
le
baciò
una
dopo
l'altra
, con
devoz
ione.
«E
stano
tte
voglio
baciar
e le
tue
labbr
a»,
gli
disse
in un
tono
di
umile
tener
ezza
che lo
amar
eggiò.

Non
lonta
no da
loro,
in
fondo
al
prato,
Marco
lina
era
sdraia
ta
sull'er
ba,
con le
mani
sotto
la
testa,
lo
sguar
do
rivolt
o
verso
l'alto,
mentr
e le
palle
delle
bambi
ne le
volav
ano
sopra
. D'un
tratto
sollev
ò un
bracci
o,
cerca
ndo
di
acchi
appar
ne
una.
La
prese
e
scopp
iò in
una
risata
argen
tina,
le
bambi
ne si
avven
taron
o su
di lei
ed
essa
non
seppe
difend
ersi; i
suoi
ricciol
i
svola
zzava
no.
Casan
ova
sussul
tò:
«Tu
non
bacer
ai né
le mie
labbr
a né
le mie
mani
»,
disse
ad
Amali
a, «e
mi
avrai
aspet
tato e
sogna
to
invan
o... a
meno
che io
non
abbia
prima
posse
duto
Marco
lina».
«Sei
folle,
Casan
ova?»
,
escla

Amali
a con
voce
dolen
te.
«Così
non
abbia
mo
da
rimpr
overa
rci
nient
e»,
disse
Casan
ova.

«Tu
sei
folle,
perch
é
credi
di
rivede
re in
un
vecch
io
l'ama
nte
della
tua
giove
ntù,
io
perch
é mi
sono
mess
o in
testa
di
posse
dere
Marco
lina.

Ma
forse
a noi
due è
dato
di
tornar
e alla
ragio
ne.
Marco
lina
mi
deve
ringio
vanir
e...
per
te.
Quind
i...
cerca
di
peror
are la
mia
causa
press
o di
lei,
Amali
a!»
«Sei
fuori
di
senno
,
Casan
ova.
E'
impos
sibile.

Non
vuole
saper
ne,
degli
uomi
ni.»
Casan
ova
scopp
iò a
ridere
. «E il
sottot
enent
e
Loren
zi?»
«Che
cosa
c'entr
a
Loren
zi?»
«E' il
suo
aman
te, lo
so.»
«Com
e ti
sbagli
,
Casan
ova!
Egli
ha
chiest
o la
sua
mano
, e lei
gliel'h
a
rifiuta
ta. Ed
è
giova
ne e
bello..
. sì,
credo
quasi
che
sia
più
bello
di
quant
o tu
non
sia
mai
stato,
Casan
ova!»
«Egli
l'avre
bbe
chiest
a in
sposa

«Chie
di a
Olivo,
se
non
mi
credi.
» «E'
lo
stess
o.
Che
me
ne
impor
ta se
è una
vergi
ne o
una
sgual
drina,
una
sposa
o una
vedov
a... io
voglio
averla
, la
voglio

«Non
te la
posso
dare,
amico
mio.»
Ed
egli
sentì,
dal
tono
della
sua
voce,
che lo
comp
ativa.
«Vedi
bene»
,
prose
guì lui
«che
uomo
spreg
evole
sono
diven
tato,
Amali
a.

Solta
nto
dieci,
soltan
to
cinqu
e anni
fa
non
avrei
avuto
bisog
no di
appog
gi e
interc
essio
ni,
neppu
re se
Marco
lina
fosse
stata
la dea
della
virtù
in
perso
na. E
ora
voglio
fare
di te
una
ruffia
na.
Oppur
e se
fossi
ricco..
. Sì,
con
dieci
mila
ducati
... Ma
non
ne ho
neppu
re
dieci.

Sono
un
mendi
cante,
Amali
a.»
«Nep
pure
con
cento
mila
avres
ti
Marco
lina.

Che
cosa
può
impor
targli
ene
della
ricche
zza?
Ama i
libri,
il
cielo,
i
prati,
le
farfall
eei
giochi
con i
bimbi
... E
con la
sua
piccol
a
eredit
à, ha
più
del
neces
sario.
»
«Oh,
se
fossi
un
princi
pe»,
escla

Casan
ova
con
quel
tono
decla
mator
io che
assu
meva
propri
o
quan
do
era
anima
to da
una
passi
one
sincer
a.
«Se
avessi
il
poter
e di
gettar
e la
gente
in
prigio
ne e
di
farla
giusti
ziare.
.. Ma
io non
sono
nient
e. Un
mendi
cante,
e per
giunt
a un
bugia
rdo.
Mendi
co dai
poten
ti di
Venez
ia un
incari
co, un
pezzo
di
pane,
una
patria
! Che
ne è
di
me?
Non ti
faccio
ribrez
zo,
Amali
a?»
«Io ti
amo,
Casan
ova!»
«Allor
a
dam
mela,
Amali
a! Sta
a te,
lo so.
Dille
quello
che
vuoi.
Dille
che vi
ho
minac
ciati.
Che
sei
sicura
che
darei
fuoco
al
vostr
o
tetto!
Dille
che
sono
un
pazzo
, un
pazzo
perico
loso,
uscito
di
manic
omio,
e che
l'abbr
accio
d'una
vergi
ne
può
ridar
mi la
salute
. Sì,
dille
quest
o.»
«Lei
non
crede
ai
mirac
oli.»
«Com
e?
Non
crede
ai
mirac
oli?
Allora
non
crede
nem
meno
in
Dio.
Tanto
megli
o! Io
sono
ben
introd
otto
press
o
l'arciv
escov
o di
Milan
o!
Digliel
o! La
posso
rovin
are!
Vi
posso
rovin
are
tutti!
Quest

vero,
Amali
a!
Che
razza
di
libri
legge
?
Sicur
amen
te ce
ne
saran
no
alcuni
proibi
ti
dalla
Chies
a.
Fam
mi
dare
un'oc
chiata
. Ne
compi
lerò
un
elenc
o.
Una
mia
parol
a...»
«Taci,
Casan
ova.
Eccol
a che
arriva
. Non
tradir
ti!
Tieni
a
freno
i tuoi
occhi!
Mai,
Casan
ova,
mai,
ascolt
a
bene
quello
che ti
dico,
mai
ho
conos
ciuto
un
esser
e più
puro.
Se
presa
gisse
ciò
che io
ho
dovut
o
udire,
le
parre
bbe di
esser
e
insozz
ata e
non la
vedre
sti più
per
tutto
il tuo
soggi
orno
qui.
Parlal
e...
sì,
parlal
e!
Vedra
i, mi
chied
erai
perdo
no.»
Marco
lina si
avvici

con le
bambi
ne;
quest
e la
super
arono
entra
ndo
in
casa
ma
essa,
come
per
rivolg
ere
una
cortes
ia
all'os
pite,
si
fermò
davan
ti a
lui,
mentr
e
Amali
a si
allont
anava
quasi
con
intenz
ione.
Ea
Casan
ova
parve
davve
ro
che
da
quelle
labbr
a
semia
perte,
da
quella
fronte
liscia
incorn
iciata
dai
capell
i
biond
o
scuro
ora
raccol
ti
alitas
se
verso
di lui
come
un
acre
soffio
di
castit
à, e -
cosa
quest
a che
raram
ente
gli
era
capita
ta
davan
ti a
una
donna
e
neppu
re
davan
ti a
lei,
prima
, in
quell'
ambie
nte
chius
o-
sentì
sgorg
are
nella
sua
anima
una
speci
e di
devoz
ione,
di
dedizi
one
scevr
a da
qualsi
asi
desid
erio.
E con
ritegn
o,
anzi
con
quel
tono
di
vener
azion
e che
si usa
rivolg
ere
alle
perso
ne di
rango
superi
ore, e
che
dovet
te
lusing
arla,
le
doma
ndò
se
inten
desse
dedic
are
allo
studio
anche
le
prossi
me
ore
della
sera.

Lei
replic
ò che
in
camp
agna
non
era
solita
lavora
re
regol
arme
nte,
anche
se
non
potev
a
imped
ire
che
certi
probl
emi
mate
matici
di cui
si
andav
a
occup
ando
propri
o
allora
la
inseg
uisser
o
anche
nelle
ore di
riposo
,
come
le era
capita
to
adess
o
mentr
e era
sdraia
ta sul
prato
e
guard
ava il
cielo.

Tutta
via
quan
do
Casan
ova,
incora
ggiat
o
dalla
sua
gentil
ezza,
si
infor

scher
zosa
ment
e su
quale
fosse
quest
o
probl
ema
così
elevat
o e al
conte
mpo
urgen
te,
essa
replic
ò
alqua
nto
beffar
dame
nte
che
non
aveva
mini
mam
ente
a che
fare
con
quella
cabal
a con
la
quale
il
cavali
ere di
Seing
alt,
così si
racco
ntava
,
conse
guiva
risult
ati
signifi
cativi,
e
quindi
egli
non
avreb
be
saput
o che
farse
ne. Lo
irritò
il
fatto
che
parlas
se
della
cabal
a con
tanto
malce
lato
dispre
zzo; e
per
quant
o egli
stess
o
fosse
coscie
nte,
nei
suoi
pur
rari
mom
enti
di
racco
glime
nto,
che
quella
singol
are
mistic
a dei
nume
ri
detta
cabal
a non
avess
e né
senso

giustif
icazio
ne
alcun
a, che
non
esiste
sse
affatt
o in
natur
ae
fosse
utilizz
ata
soltan
to da
imbro
glioni
e
burlo
ni -
ruoli
che
recita
va
altern
ativa
ment
e, ma
semp
re
dopo
matur
a
rifless
ione -
onde
mena
re per
il
naso
facilo
ni e
pazzi,
cercò
ora,
contr
o le
sue
miglio
ri
convi
nzioni
, di
difend
ere la
cabal
a di
fronte
a
Marco
lina
come
scienz
a
seria
e
piena
ment
e
valida
.
Parlò
della
natur
a
divina
del
nume
ro
sette,
cui si
sareb
be
accen
nato
già
nella
Sacra
Scritt
ura,
del
profo
ndo
signifi
cato
profet
ico
delle
piram
idi di
nume
ri che
egli
stess
o
aveva
inseg
nato
a
costru
ire
con
un
siste
ma
nuovo
e del
frequ
ente
avver
arsi
delle
sue
previs
ioni
basat
e su
quest
o
siste
ma.
Non
aveva
lui
stess
o,
pochi
anni
prima
,
indott
o il
banch
iere
Hope
di
Amst
erda
ma
rileva
re
l'assic
urazio
ne di
un
merc
antile
già
dato
per
perdu
to,
facen
dogli
così
guada
gnare
duece
ntomi
la
fiorini
d'oro?
Ed
era
ancor
a così
abile
nell'e
sporr
e le
sue
teorie
,
ricche
di
erudiz
ione
fino a
dare
le
vertig
ini,
che
anche
stavol
ta,
come
gli
accad
eva
spess
o,
comin
ciò a
crede
re a
tutte
le
assur
dità
che
soste
neva,
e
arrivò
persin
oa
concl
udere
affer
mand
o che
la
cabal
a non
costit
uiva
tanto
un
ramo
quant
o lo
stess
o
compl
etam
ento
metaf
isico
della
mate
matic
a.
Marco
lina,
che
fino a
quel
mom
ento
lo
aveva
ascolt
ato
molto
attent
amen
te e
con
aria
appar
ente
ment
e
seria,
lo
guard
ò
all'im
provv
iso
con
espre
ssion
e
mezz
o
dispia
ciuta
e
mezz
o
birichi
na,
dicen
dogli:
«Voi
state
cerca
ndo,
egreg
io
signor
Casan
ova
(sem
brava
non
chiam
arlo
"caval
iere"
intenz
ional
ment
e), di
darmi
un'ec
cellen
te
dimos
trazio
ne
della
vostr
a
famos
issim
a
eloqu
enza,
cosa
per la
quale
io vi
sono
sincer
amen
te
grata.
Ma
sapet
e
natur
almen
te
quant
o me
che la
cabal
a non
solo
non
ha
nient
ea
che
fare
con la
mate
matic
a, ma
costit
uisce
addiri
ttura
un'off
esa
alla
sua
vera
essen
za e,
nei
suoi
confr
onti,
non si
comp
orta
divers
amen
te
dalle
chiacc
hiere
confu
se o
menz
ogner
e dei
sofisti
rispet
to alle
dottri
ne
chiare
ed
elevat
e di
Plato
ne e
di
Aristo
tele».

«Purt
uttavi
a»,
ribatt
é
rapid
amen
te
Casan
ova,
«voi
mi
dovet
e
conce
dere,
bella
e
dotta
Marco
lina,
che
anche
i
sofisti
non si
posso
no
assol
utam
ente
consi
derar
e quei
tipi
spreg
evoli
e
stolti
che il
vostr
o
severi
ssimo
giudiz
io
fareb
be
suppo
rre.
Così -
per
addur
re un
solo
esem
pio a
noi
conte
mpor
aneo
- si
potre
bbe
defini
re il
signor
Voltai
re, a
partir
e dal
suo
modo
di
pensa
re e
di
scrive
re, un
sofist
a
esem
plare;
eppur
ea
nessu
no
verre
bbe
mai in
ment
e,
neppu
re a
me,
che
pur
mi
dichia
ro
suo
decis
o
avver
sario
e
anzi,
come
non
voglio
nasco
ndere
, sto
propri
o
comp
onend
o
un'op
era
contr
o di
lui,
neppu
re a
me
viene
in
ment
e di
negar
e al
suo
straor
dinari
o
talent
o il
ricono
scime
nto
che
merit
a. E
voglio
sottoli
neare
che
non
mi
sono
lascia
to
corro
mper
e
dall'e
ccessi
va
cortes
ia che
il
signor
Voltai
re
ebbe
la
bontà
di
usar
mi in
occasi
one di
una
mia
visita
a
Ferne
y,
dieci
anni
fa.»
Marco
lina
sorris
e. «E'
gentil
e da
parte
vostr
a,
cavali
ere,
che
abbia
te la
benev
olenz
a di
giudic
are
con
tanta
mitez
za il
più
grand
e
spirit
o del
nostr
o
secol
o.»
«Un
grand
e
spirit
o...
addiri
ttura
il più
grand
e?»,
escla

Casan
ova.
«Defi
nirlo
così
mi
semb
ra
inam
missi
bile
già
solo
perch
é, con
tutto
il suo
genio,
è un
uomo
irrelig
ioso,
anzi,
un
ateo.
E un
ateo
non
potrà
mai
esser
e un
grand
e
spirit
o.»
«Seco
ndo
me,
signor
cavali
ere,
tra le
due
cose
non
c'è
contr
addizi
one
alcun
a. Ma
prima
di
tutto
dovre
te
dimos
trare
che
Voltai
re
può
esser
e
defini
to un
ateo.
» Ora
Casan
ova
era
nel
suo
eleme
nto.
Nel
primo
capito
lo del
suo
libello
aveva
raccol
to
tutta
una
serie
di
passi
tratti
dalle
opere
di
Voltai
re,
ma
sopra
ttutto
dalla
famos
a
"Pucel
le",
che
gli
parev
ano
partic
olarm
ente
adatti
a
dimos
trare
la sua
incred
ulità,
passi
che
adess
o
seppe
citare
letter
almen
te,
grazie
alla
sua
eccell
ente
mem
oria,
insie
me
alle
sue
argo
ment
azioni
in
contr
ario.
Ma in
Marco
lina
aveva
trovat
o
un'av
versa
ria
che
gli
lascia
va
ben
poco
spazi
o sia
come
dottri
na
che
come
acute
zza di
spirit
oe
che
inoltr
e, se
non
nell'el
oquen
za, gli
era
però
superi
ore
nell'ar
te
vera
e
propri
a
della
parol
a, e
in
partic
olare
nella
chiare
zza
dell'e
spres
sione.
Quei
passi
che
Casan
ova
aveva
cercat
o di
interp
retare
come
prove
del
sarca
smo,
dello
scetti
cismo
e
dell'at
eismo
di
Voltai
re,
Marco
lina li
interp
retò
abilm
ente
e
pront
amen
te
come
altrett
ante
prove
del
genio
scient
ifico e
letter
ario
del
franc
ese,
nonch
é del
suo
instan
cabile
,
arden
te
anelit
o alla
verità
,e
affer

senza
timor
e che
dubbi
o,
sarca
smo e
la
stess
a
manc
anza
di
fede,
se
uniti
a una
sapie
nza
così
abbon
dante
,a
un'on
està
così
incon
dizion
ata e
a un
corag
gio
così
elevat
o,
dovev
ano
giung
ere a
Dio
più
gradit
i
dell'u
miltà
dei
devoti
,
dietro
la
quale
perlo
più
non si
nasco
ndeva
nient'
altro
che
un'ins
ufficie
nte
capac
ità di
esegu
ire
ragio
name
nti
coere
nti e
spess
o,
cosa
di cui
non
manc
avano
esem
pi,
pigrizi
ae
codar
dia.

Casan
ova la
ascolt
ava
con
cresc
ente
stupo
re.
Poich
é non
si
sentiv
a in
grado
di
conve
rtire
Marco
lina,
tanto
più
che si
rende
va
conto
che
una
certa
fluttu
ante
dispo
sizion
e
d'ani
mo
degli
ultimi
anni,
che si
era
abitu
ato a
consi
derar
e
fede,
minac
ciava
di
dissol
versi
compl
etam
ente
sotto
le
obiezi
oni di
Marco
lina,
si
mise
in
salvo
con
l'osse
rvazio
ne di
caratt
ere
gener
ale
per
cui
opinio
ni
come
quelle
appen
a
espos
te da
Marco
lina
erano
altam
ente
perico
lose
non
solo
per
l'ordin
amen
to
della
Chies
a, ma
sopra
ttutto
per le
fonda
ment
a
dello
Stato,
e
passò
quindi
abilm
ente
a
parlar
e di
politic
a,
argo
ment
o in
cui,
con la
sua
esperi
enza
e la
sua
conos
cenza
del
mond
o,
potev
a
conta
re su
una
certa
superi
orità
nei
confr
onti
di
Marco
lina.
Ma se
anche
le
manc
avano
conos
cenze
ed
esperi
enze
perso
nali
dei
mecc
anism
i
diplo
matic
o-
cortes
ie
dovet
te
quindi
rinun
ciare
a
contr
addir
e
Casan
ova
su
quei
partic
olari
rispet
to ai
quali
l'espo
sizion
e di
lui le
ispira
va
sfiduc
ia,
dalle
sue
osser
vazio
ni egli
trasse
comu
nque
l'inco
ntest
abile
concl
usion
e che
ella
non
nutriv
a
partic
olare
rispet
to né
per i
princi
pi di
quest
a
terra

per le
istituz
ioni
dello
Stato,
in
quant
o tali,
ed
era
della
convi
nzion
e che,
nel
piccol
o
come
nel
grand
e,
l'egoi
smo e
la
sete
di
poter
e
contri
buiss
ero
non
tanto
a
gover
nare
quant
oa
confo
ndere
ulteri
orme
nte il
mond
o.
Una
simile
libert
à di
pensi
ero,
Casan
ova
l'avev
a
incont
rata
di
rado
in
una
donna
,e
mai in
una
fanciu
lla
che
sicura
ment
e non
aveva
ancor
a
vent'a
nni; e
non
senza
nostal
gia
ricord
ò che
il suo
spirit
o in
giorni
passa
ti, più
belli
di
quelli
prese
nti,
aveva
perco
rso
con
un'au
dacia
coscie
nte e
un
po'
autoc
ompia
ciuta
quelle
stess
e vie
sulle
quali
vedev
a ora
Marco
lina,
senza
che
però
quest
a
semb
rasse
mini
mam
ente
coscie
nte
della
propri
a
audac
ia. E
tutto
assort
o
nella
specif
icità
del
modo
di
pensa
re e
di
espri
mersi
di lei,
dimen
ticò
quasi
che
stava
camm
inand
o
accan
to a
un
esser
e
giova
ne,
bello
ed
estre
mam
ente
desid
erabil
e,
cosa
ancor
a più
straor
dinari
a se
si
consi
dera
che si
trova
va
tutto
solo
con
lei nel
viale
ormai
compl
etam
ente
in
ombr
ae
piutto
sto
lonta
no da
casa.
D'un
tratto
però,
interr
ompe
ndo
una
frase
che
aveva
appen
a
iniziat
o,
Marco
lina
escla

vivac
emen
te,
come
con
gioia:
«Ecco
lo
zio!...
». E
Casan
ova,
come
per
recup
erare
il
temp
o
perdu
to, le
sussu
rrò:
«Che
pecca
to. Mi
sareb
be
piaciu
to
parlar
e con
voi
ancor
a per
ore,
Marco
lina!»
. Egli
stess
o
sentì
come,
mentr
e
dicev
a
quest
e
parol
e, nei
suoi
occhi
ripren
desse
a
brillar
e il
desid
erio,
al che
Marco
lina,
la
quale
duran
te il
prece
dente
colloq
uio,
nonos
tante
ogni
ironia
, si
era
comp
ortata
in
modo
quasi
confid
enzial
e,
assun
se
subito
un
conte
gno
più
fredd
o e il
suo
sguar
do
espre
sse
quella
stess
a aria
di
difesa
e
quella
stess
a
ripug
nanza
che
già
una
volta,
oggi,
tanto
aveva
no
ferito
Casan
ova.

Ispiro
davve
ro
tanto
ribrez
zo? si
doma
ndò
angos
ciato.
No, si
rispos
e da
solo.
Non è
quest
o. Ma
il
fatto
che
Marco
lina...
non è
una
donna
.

Una
dotta,
una
filosof
a, un
prodi
gio
sicura
ment
e...
ma
non è
una
donna
. Ma
sapev
a al
temp
o
stess
o che,
in
quel
modo
,
cerca
va
soltan
to di
ingan
narsi,
di
conso
larsi,
di
salvar
si, e
che
questi
tentat
ivi
erano
vani.
Olivo
era
davan
ti a
loro.
«Ebb
ene»,
disse
a
Marco
lina,
«non
ho
fatto
bene
a
portar
ti
finalm
ente
in
casa
qualc
uno
con
cui
puoi
fare
discor
si
intelli
genti
come
quelli
ai
quali
sei
abitu
ata,
con i
tuoi
profe
ssori
di
Bolog
na?»
«Ma
neppu
re tra
loro,
cariss
imo
zio»,
replic
ò
Marco
lina,
«c'è
qualc
uno
che
osere
bbe
sfidar
ea
duello
lo
stess
o
Voltai
re!»
«Com
e,
Voltai
re! Il
cavali
ere lo
sfida?
»,
escla

Olivo
senza
capire
. «La
vostr
a
argut
a
nipot
e,
Olivo,
parla
del
libello
che
mi
tiene
occup
ato
negli
ultimi
tempi
. Un
passa
temp
o per
le ore
di
ozio.
Un
temp
o
avevo
di
megli
o da
fare.»
Marco
lina,
senza
badar
ea
quest
a
osser
vazio
ne,
disse:
«Avre
te
una
piace
vole
ariett
a
fresca
per la
vostr
a
passe
ggiat
a.
Arrive
derci»
. Fece
un
rapid
o
cenno
e si
affret

verso
casa
passa
ndo
per il
prato.
Casan
ova si
guard
ò
bene
dal
seguir
la con
lo
sguar
do e
doma
ndò:
«La
signor
a
Amali
a ci
acco
mpag
na?».

«No,
egreg
io
cavali
ere»,
rispos
e
Olivo,
«ha
tutta
una
serie
di
cose
da
prepa
rare e
organ
izzare
,a
casa;
inoltr
ea
quest'
ora è
solita
fare
lezion
e alle
bambi
ne.»
«Che
donna
e
mam
ma
brava
e
solert
e! C'è
da
invidi
arvi,
Olivo!
» «Sì,
me lo
dico
tutti i
giorni
»,
rispos
e
Olivo,
e gli
saliro
no le
lacrim
e agli
occhi.

Si
allont
anaro
no
lungo
il lato
corto
della
casa.
La
finest
ra di
Marco
lina
era
apert
a,
come
prima
; sul
fondo
buio
della
stanz
a
balugi
nava
la
veste
chiara
di
velo.
Lungo
l'ampi
o
viale
fianch
eggiat
o
dagli
ippoc
astani
arriva
rono
sulla
strad
a, già
compl
etam
ente
in
ombr
a.

Si
avviar
ono
lenta
ment
e in
su,
lungo
il
muro
del
giardi
no; le
vigne
comin
ciava
no
dove
la
strad
a
piega
va a
destr
a. Tra
gli alti
vitigni
, cui
erano
appes
i
grossi
acini
blu
scuro,
Olivo
guidò
il suo
ospite
sulla
somm
ità
della
collin
a, da
dove
indicò
, con
un
movi
ment
o
pacifi
co e
soddi
sfatto
della
mano
, la
sua
casa,
piutto
sto in
basso
rispet
to a
loro.
A
Casan
ova
parve
di
veder
e una
figura
femm
inile
appar
ire e
scom
parire
dietro
la
finest
ra
della
came
ra
nella
torre.

Il sole
era
quasi
al
tramo
nto,
ma
facev
a
ancor
a
abbas
tanza
caldo.

Sulle
guanc
e di
Olivo
scend
evano
gocce
di
sudor
e,
mentr
e la
fronte
di
Casan
ova
resta
va
perfet
tame
nte
asciut
ta.
Ripre
sero a
camm
inare
e,
cambi
ando
legge
rment
e
direzi
one,
giuns
ero
su
campi
rigogli
osi.
La
rete
dei
rami
corre
va da
un
olivo
all'alt
ro
senza
soluzi
one di
contin
uità;
tra i
filari
degli
alberi
ondeg
giava
no le
alte
spigh
e
gialle.

«Ben
edizio
ni del
sole»,
disse
Casan
ova
come
per
espri
mere
ammi
razion
e, «in
mille
forme

Olivo
racco
ntò di
nuovo
,e
con
maggi
ore
dovizi
a di
partic
olari
rispet
to a
prima
,
come
col
passa
re del
temp
o
avess
e
acqui
stato
quella
piccol
a
propri
età, e
come
un
paio
di
raccol
ti e di
vende
mmie
fortun
ate
avess
ero
fatto
di lui
un
uomo
benes
tante,
anzi
ricco.
Casan
ova
però
era
imme
rso
nei
suoi
pensi
eri e
si
riallac
ciava
solo
di
rado
a una
parol
a di
Olivo,
per
dimos
trare
la sua
atten
zione
con
una
doma
nda
interl
ocuto
ria.
Solta
nto
quan
do
Olivo,
chiacc
hiera
ndo
di
tutto
un
po',
giuns
ea
parlar
e
della
sua
famigl
ia e
poi di
Marco
lina,
Casan
ova lo
stette
a
sentir
e.
Poich
é già
da
bambi
na,
ancor
a in
casa
di suo
padre
, quel
fratell
astro
di
Olivo
rimas
to
vedov
o
prem
atura
ment
e il
quale
eserci
tava
l'arte
medic
aa
Bolog
na, le
preco
cissim
e
capac
ità
del
suo
intelle
tto
aveva
no
semin
ato
stupo
re nel
suo
ambie
nte,
si era
avuto
modo
di
abitu
arsi al
suo
modo
di
esser
e.

Suo
padre
era
morto
da
qualc
he
anno
e da
allora
lei
vivev
a
nella
famigl
ia di
un
celebr
e
profe
ssore
dell'u
nivers
ità di
Bolog
na,
propri
o quel
Morga
gni
che si
propo
neva
di
fare
della
sua
alliev
a una
grand
e
erudit
a; nei
mesi
estivi
era
semp
re
ospite
dello
zio.
Aveva
rifiuta
to
tutta
una
serie
di
richie
ste di
matri
monio
, da
parte
di un
merc
ante
di
Bolog
na, di
un
possi
dente
dei
dintor
ni e di
recen
te del
sottot
enent
e
Loren
zi, e
parev
a
davve
ro
intenz
ionata
a
dedic
are
compl
etam
ente
la sua
esiste
nza al
serviz
io
della
scienz
a.
Mentr
e
Olivo
così
racco
ntava
,
Casan
ova
sentì
il suo
desid
erio
aume
ntare
smisu
ratam
ente
e
l'idea
che
esso
fosse
così
folle e
privo
di
spera
nza lo
gettò
quasi
nella
disper
azion
e.
Propri
o
mentr
e dai
campi
ritorn
avano
sulla
via
maest
ra
vider
o
avvici
narsi
una
nuvol
a di
polve
re da
cui li
raggi
unser
o
escla
mazio
ni e
saluti.
Emer
se
una
carroz
za, in
cui un
signor
e
anzia
notto
vestit
o
distin
tame
nte
era
sedut
o
accan
to a
una
signor
a un
po'
più
giova
ne,
formo
sa e
trucca
ta. «Il
marc
hese»
,
sussu
rrò
Olivo
al suo
acco
mpag
nator
e,
«sta
venen
do da
me.»
La
carroz
za si
fermò
.
«Buo
na
sera,
mio
eccell
ente
Olivo
»,
escla
mò il
marc
hese.
«Poss
o
prega
rla di
prese
ntarm
i il
cavali
ere di
Seing
alt?
Non
dubit
o
infatti
di
avere
il
piacer
e di
trovar
mi
davan
ti a
lui.»
Casan
ova si
inchin
ò
legge
rment
e. «In
perso
na»,
disse.
«Io
sono
il
marc
hese
Celsi,
e
quest
a è la
marc
hesa,
la mia
conso
rte.»
La
signor
a
porse
a
Casan
ova la
punta
delle
dita,
che
egli
sfiorò
con le
labbr
a.

«Ora,
cariss
imo
Olivo
»,
disse
il
marc
hese,
al cui
magr
o
volto
giallo
cereo
non
confe
rivan
o
ceno
un
aspet
to
amich
evole
le
fitte
sopra
cciglia
rosse
che
sporg
evano
unite
sopra
i
penet
ranti
occhi
verdi,
«caris
simo
Olivo,
noi
faccia
mo la
stess
a
strad
a,
cioè
verso
casa
vostr
a. E
poich
é ci
manc
a sì e
no un
quart
o
d'ora,
voglio
scend
ere e
fare
due
passi
con
voi.
Tu
non
hai
nient
e in
contr
ario,
vero,
a
prose
guire
da
sola
per
quest
o
piccol
o
tratto
»,
contin

rivolt
o alla
marc
hesa,
che
per
tutto
il
temp
o
aveva
osser
vato
Casan
ova
con
occhi
malizi
osi e
indag
atori;
senza
atten
dere
la
rispos
ta
della
conso
rte,
fece
un
cenno
al
cocchi
ere,
al che
questi
spron
ò
subito
impet
uosa
ment
ei
cavall
i,
come
se
avess
e
avuto
chissà
quale
motiv
o per
portar
via la
sua
padro
na il
più in
fretta
possi
bile;
e la
carroz
za era
già
scom
parsa
dietro
una
nuvol
a di
fumo.

«Nei
dintor
ni si
sa
già»,
affer
mò il
marc
hese,
che
era
un
paio
di
pollici
più
alto
di
Casan
ova e
di
una
magr
ezza
innat
urale,
«che
è
arriva
to il
cavali
ere di
Seing
alt ed
è
sceso
press
o il
suo
amico
Olivo.
Portar
e un
nome
così
celebr
e
deve
dare
una
vera
sensa
zione
di
sollie
vo.»
«Siet
e
molto
gentil
e,
signor
marc
hese»
,
rispos
e
Casan
ova,
«e
tuttav
ia lo
non
ho
ancor
a
abban
donat
o le
spera
nze di
guada
gnar
mi un
simile
nome
,
anche
se
per il
mom
ento
sono
ancor
a
molto
lonta
no
dalla
meta.
..

Spero
che
mi ci
possa
avvici
nare
un'op
era
alla
quale
sto
lavora
ndo
propri
o in
questi
giorni

«Poss
iamo
taglia
re di
qui»,
disse
Olivo
imboc
cando
un
viotto
lo tra
i
campi
che
porta
va
diritto
al
muro
del
suo
giardi
no.
«Oper
a?»,
ripeté
il
marc
hese
con
espre
ssion
e
incert
a. «Si
può
chied
ere di
che
gener
e di
opera
parlat
e,
cavali
ere?»
«Se
me lo
chied
ete,
signor
marc
hese,
mi
vedo
allora
costre
tto a
rivolg
ervi
anch'i
o una
doma
nda,
ovver
o di
che
gener
e di
celebr
ità
parla
vate
poc'a
nzi.»
E
guard
ò
orgog
liosa
ment
e il
marc
hese,
in
quei
suoi
occhi
penet
ranti.
Perch
é, per
quant
o
sapes
se
perfet
tame
nte
che
né il
suo
roma
nzo
fantas
tico
"Icos
amer
one"
né la
sua
"Conf
utazio
ne
della
Storia
del
gover
no
venet
o di
Amel
ot", in
tre
volum
i, gli
aveva
no
procu
rato
una
fama
letter
aria
degna
di
quest
o
nome
, gli
prem
eva
dimos
trare
che
era
quella
l'unic
a
fama
cui
aspira
va, e
fraint
ese
intenz
ional
ment
e
tutte
le
caute
osser
vazio
ni e
allusi
oni
del
marc
hese,
il
quale
al
nome
di
Casan
ova
associ
ava
senz'
altro
un
celebr
e
sedut
tore,
giocat
ore,
affari
sta,
emiss
ario
politic
oe
chi
più ne
ha
più ne
metta
, ma
certa
ment
e non
uno
scritt
ore,
tanto
più
che
non
gli
era
mai
giunt
o
sento
re né
della
confu
tazion
e
dell'o
pera
di
Amel
ot né
dell'"I
cosa
mero
ne".
Alla
fine
questi
osser
vò,
con
un
certo
cortes
e
imbar
azzo:
«Di
Casan
ova
ce n'è
uno
solo».
«Anc
he
quest

un
errore
,
signor
marc
hese»
,
replic
ò
fredd
amen
te
Casan
ova.
«Ho
alcuni
fratell
i, e il
nome
di
uno
di
loro,
il
pittor
e
Franc
esco
Casan
ova,
dovre
bbe
dire
qualc
osa a
un
inten
ditore
.» Fu
subito
evide
nte
che il
marc
hese
non
era
un
inten
ditore
,e
così
passò
a
parlar
e di
conos
centi
che
vivev
ano a
Napol
i,
Roma
,
Milan
oe
Manto
va,ch
e
suppo
neva
Casan
ova
potes
se
averei
ncont
rato
occasi
onalm
ente.
In
tale
conte
sto
fece
anche
il
nome
del
baron
e
Perott
i, ma
in un
tono
di
legge
ro
dispre
zzo, e
Casan
ova
dovet
te
amm
ettere
che
talvol
ta
andav
aa
giocar
e in
casa
del
baron
e
Perott
i,
«per
distra
rmi»,
aggiu
nse,
«una
mezz'
oretta
prima
di
andar
ea
dormi
re.

Per il
resto,
non
mi
dedic
o
quasi
più a
quest
o
gener
e di
passa
temp
o».

«Mi
dispia
cereb
be»,
disse
il
marc
hese,
«perc

non
posso
nasco
nderv
i,
signor
cavali
ere,
che il
sogno
della
mia
vita è
semp
re
stato
quello
di
misur
armi
con
voi,
sia
nel
gioco
che -
in
anni
più
giova
ni -
anche
su
qualc
he
altro
terren
o.
Pensa
te un
po',
arriva
ia
Spa -
quant
o
temp
o fa,
ormai
? - lo
stess
o
giorn
o,
anzi
la
stess
a ora
in cui
voi
partiv
ate.
Le
nostr
e
carroz
ze si
incroc
iaron
o. E a
Ratisb
ona
accad
de
qualc
osa di
simile
. Là
mi
venne
addiri
ttura
asseg
nata
la
came
ra
che
voi
aveva
te
lascia
to
l'ora
prima
.» «E'
una
vera
sfortu
na»,
disse
Casan
ova
un
po'
lusing
ato,
«qua
ndo
nella
vita ci
si
incont
ra
tropp
o
tardi.
»
«Non
è
ancor
a
tropp
o
tardi»
,
escla

vivac
emen
te il
marc
hese.

«Su
qualc
he
altro
terren
o,
sono
dispo
sto a
darmi
per
vinto
in
parte
nza, e
me
ne
impor
ta
poco..
. ma
per
quel
che
riguar
da il
gioco,
mio
caro
cavali
ere,
siamo
entra
mbi
propri
o
negli
anni..

Casan
ova lo
interr
uppe:
«Negl
i
anni,
può
darsi.
Ma
purtro
ppo,
propri
o sul
terren
o del
gioco,
non
posso
più
aspira
re al
piacer
e di
misur
armi
con
un
rivale
del
vostr
o
rango
,
perch
é...»,
e lo
disse
con la
voce
di un
princi
pe
detro
nizzat
o,
«perc

con
tutta
la mia
fama,
egreg
io
signor
marc
hese,
non
sono
diven
tato
nient
e di
più
che
un
mendi
cante
».

Il
marc
hese,
involo
ntaria
ment
e,abb
assò
gli
occhi
davan
ti
all'org
oglios
o
sguar
do di
Casan
ova, e
poi
scoss
e la
testa
incred
ulo,
come
davan
ti a
uno
stran
o
scher
zo.
Olivo
però,
che
aveva
ascolt
ato
tutto
il
colloq
uio
con
grand
e
emozi
one,
acco
mpag
nando
con
cenni
di
assen
so le
rispos
te
elega
nti e
ponde
rate
del
suo
straor
dinari
o
amico
, non
seppe
repri
mere
un
moto
di
orrore
. Si
trova
vano
lungo
il
muro
poste
riore
del
giardi
no,
davan
ti a
una
portic
ina di
legno,
e
Olivo,
mentr
e la
apriv
a con
una
chiav
e
cigola
nte e
lascia
va
che il
marc
hese
entra
sse
per
primo
nel
giardi
no,
sussu
rrò a
Casan
ova,
prend
endol
o per
un
bracci
o:
«Ritir
erete
le
vostr
e
ultim
e
parol
e,
cavali
ere,
prima
di
mette
re
piede
in
casa
mia.
Il
denar
o di
cui vi
sono
debit
ore
da
sedici
anni è
a
vostr
a
dispo
sizion
e.
Non
osavo
...
chied
etelo
ad
Amali
a. E'
già
stato
conta
to.
Inten
devo
prend
ermi
quest
a
libert
à al
mom
ento
del
comm
iato...
».
Casan
ova lo
interr
uppe
dolce
ment
e.
«Voi
non
siete
mio
debit
ore,
Olivo.
Quell
a
manci
ata di
ducati
,
erano
- e lo
sapet
e
benis
simo
- un
dono
di
nozze
che
io, in
quant
o
amico
della
mam
ma di
Amali
a...
Non
parlia
mone
più.
Che
impor
tanza
ha
una
manci
ata di
ducati
? Il
mio
destin

davan
ti a
una
svolta
»,
aggiu
nse
con
voce
intenz
ional
ment
e
alta,
in
modo
che
potes
se
sentir
lo
anche
il
marc
hese,
ferma
tosi a
pochi
passi
di
distan
za.
Olivo
scam
biò
un'oc
chiata
con
Casan
ova,
onde
accert
arsi
del
suo
conse
nso, e
poi
osser
vò,
rivolt
o al
marc
hese:
«Il
cavali
ere è
stato
richia
mato
a
Venez
ia e,
nel
giro
di
pochi
giorni
,
partir
à per
la sua
città
natale
». «Di
più»,
aggiu
nse
Casan
ova,
«da
qualc
he
temp
o mi
si
chiam
a
semp
re più
insist
ente
ment
e.

Io
credo
però
che i
signor
i
senat
ori si
siano
presi
abbas
tanza
temp
o.

Che
pazie
ntino
adess
o.»
«Un
orgog
lio»,
disse
il
marc
hese,
«cui
avete
estre
mam
ente
diritto
,
cavali
ere!»
Quan
do dal
viale
usciro
no sul
prato,
ormai
compl
etam
ente
in
ombr
a,
vider
o
riunit
a
vicino
alla
casa
la
piccol
a
comp
agnia
che li
aspet
tava.

Tutti
si
alzaro
no
per
andar
e loro
incont
ro:
per
primo
l'abat
e, tra
Marco
lina e
Amali
a; li
seguì
la
marc
hesa,
a
fianco
di un
giova
ne
ufficia
le alto
e
glabr
o in
unifor
me
rossa
con
gli
alama
ri
d'arg
ento
e
lucidi
stivali
da
cavali
ere, il
quale
non
potev
a
esser
e altri
che
Loren
zi. Il
modo
in cui
parla
va
alla
marc
hesa,
accar
ezzan
do
con lo
sguar
do le
sue
spalle
incipri
ate
come
una
ben
nota
prova
di
altre
cose
grazio
se
non
meno
note;
e
ancor
più il
modo
in cui
la
marc
hesa
alzav
a gli
occhi
verso
di lui,
sorrid
endo
e con
le
palpe
bre
semic
hiuse,
non
potev
a dar
adito
a
dubbi
,
persin
oa
perso
ne
meno
esper
te,
sulla
natur
a del
rappo
rto
esiste
nte
tra i
due
nonch
é sul
fatto
che
non si
curav
ano
mini
mam
ente
di
tenerl
o
segre
to.
Interr
upper
o il
loro
colloq
uio,
somm
esso
ma
anima
to,
soltan
to
quan
do
furon
o
davan
ti ai
nuovi
venut
i.

Olivo
fece
le
prese
ntazio
ni di
rito
tra
Casan
ova e
Loren
zi. I
due si
misur
arono
con
uno
sguar
do
rapid
oe
fredd
o, che
parve
rassic
urarli
della
recipr
oca
antip
atia,
poi
sorris
ero
appen
a e si
inchin
arono
senza
porge
rsi la
mano
,
poich
éa
tal
fine
avreb
bero
dovut
o
avvici
narsi
entra
mbi
d'un
passo
.
Loren
zi era
bello,
dal
volto
magr
o e,
consi
derat
a la
sua
giovin
ezza,
dai
linea
menti
estre
mam
ente
affilat
i; in
fondo
ai
suoi
occhi
brillav
a
qualc
osa di
inaffe
rrabil
e che
dovev
a
invita
re gli
esper
ti alla
cautel
a.
Casan
ova
riflett
é solo
un
secon
do su
chi gli
ricord
asse
Loren
zi: poi
seppe
che
stava
incont
rando
il suo
stess
o
ritratt
o, di
trent'
anni
più
giova
ne. Mi
sono
forse
reinca
rnato
nella
sua
figura
, si
doma
ndò.
Ma
dovre
i
prima
esser
e
morto
... Ed
ebbe
un
tremit
o: ma
non lo
sono
già da
temp
o?
Cos'è
rimas
to in
me
del
Casan
ova
che
era
giova
ne,
bello
e
felice
? Udì
la
voce
di
Amali
a. Gli
doma
ndò,
come
da
lonta
no,
bench
é
fosse
accan
to a
lui, se
gli
fosse
piaciu
ta la
passe
ggiat
a, al
che
egli
espre
sse
ad
alta
voce,
in
modo
che
tutti
lo
potes
sero
sentir
e, il
massi
mo
appre
zzam
ento
per i
terren
i
fertili
e ben
curati
che
aveva
visitat
o con
Olivo.
Nel
fratte
mpo
la
came
riera
appar
ecchi
ò, sul
prato,
una
tavola
di
forma
allung
ata,
con
l'aiuto
delle
due
figlie
più
grand
icelle
di
Olivo,
che
porta
vano
da
casa
tra
grand
i
sman
cerie
e
risati
ne
piatti,
bicchi
eri e
quant
o
altro
era
neces
sario.
Gradu
almen
te
scese
il
crepu
scolo;
il
giardi
no fu
accar
ezzat
o da
una
brezz
a
lieve
e
rinfre
scant
e.
Marco
lina si
affret

verso
la
tavola
, per
portar
ea
compi
ment
o
quant
o era
stato
iniziat
o da
bimbe
e
came
riera
e per
rimed
iare
alle
event
uali
manc
anze.
Gli
altri
si
sparp
agliar
ono
libera
ment
e tra
prato
e
viali.
La
marc
hesa
dimos
trò
molta
cortes
ia a
Casan
ova,
ed
espre
sse il
desid
erio
di
udire
da lui
la
celebr
e
storia
della
sua
fuga
dai
Piomb
i di
Venez
ia,
bench
é non
le
fosse
affatt
o
ignot
o-
come
aggiu
nse
con
un
sorris
etto
ambig
uo -
che
avess
e
super
ato
avven
ture
ben
più
perico
lose
che,
tuttav
ia,
potev
a
avere
maggi
or
ritegn
oa
racco
ntare.
Casan
ova
ribatt
é che,
per
quant
o
avess
e
anch'
egli
incont
rato
le sue
diffico
ltà,
gravi
e
allegr
e,
non
potev
a dire
di
conos
cere
quella
vita il
cui
senso
e la
cui
stess
a
essen
za
signifi
cano
perico
lo;
infatti
, per
quant
o
molti
anni
prima
avess
e
fatto
per
un
paio
di
mesi
il
soldat
o, in
tempi
inquie
ti,
sull'is
ola di
Corfù
-
c'era
forse
un
solo
mesti
ere
sulla
terra
al
quale
la
sorte
non
l'aves
se
costre
tto?!
-, non
aveva
mai
avuto
la
fortun
a di
parte
cipare
a una
vera
camp
agna
come
quella
che
era
immi
nente
per il
signor
sottot
enent
e
Loren
zi e
per la
quale
quasi
lo
invidi
ava.
«Allor
a voi
ne
sapet
e più
di
me,
signor
Casan
ova»,
disse
Loren
zi con
voce
chiara
e
sfront
ata,
«e
addiri
ttura
più
del
mio
coma
ndant
e,
perch
é ho
appen
a
otten
uto
un
prolu
ngam
ento
a
temp
o
indet
ermin
ato
della
mia
licenz
a.»
«Dav
vero!
»,
escla
mò il
marc
hese
con
malce
lata
stizza
,e
aggiu
nse
sarca
stica
ment
e: «E
pensa
te,
Loren
zi,
che
noi,
sopra
ttutto
la mia
conso
rte,
aveva
mo
tanto
conta
to
sulla
vostr
a
parte
nza
che
abbia
mo
invita
to nel
nostr
o
castel
lo,
per
gli
inizi
della
prossi
ma
setti
mana
, uno
dei
nostri
amici,
il
canta
nte
Baldi»
.
«Otti
ma
cosa»
,
replic
ò
tranq
uillam
ente
Loren
zi,
«Baldi
e io
siamo
buoni
amici,
ci
soppo
rtere
mo.
Non è
vero?
»,
prose
guì
rivolt
o alla
marc
hesa,
mostr
ando i
denti
bianc
hissi
mi.
«Ve
lo
consi
glierei
»,
rispos
e la
marc
hesa
con
un
sorris
o
allegr
o.

Con
quest
e
parol
e si
sedet
te a
tavola
, per
prima
; al
suo
fianco
Olivo
e,
dall'al
tra
parte,
Loren
zi. Di
fronte
a lui
era
sedut
a
Amali
a, tra
il
marc
hese
e
Casan
ova;
accan
to a
questi
, sul
lato
più
strett
o
della
tavola
,
Marco
lina;
sull'al
tro, di
fronte
a lei e
accan
to a
Olivo,
l'abat
e. Le
due
bambi
ne più
grand
i,
Teresi
na e
Nanet
ta,
porse
ro le
scode
lle e
si
occup
arono
di
mesc
ere
l'otti
mo
vino
che
cresc
eva
sulle
collin
e di
Olivo,
e sia
il
marc
hese
che
l'abat
e
ringra
ziaron
o le
fanciu
lle
con
carez
ze
scher
zosa
ment
e rudi
che
un
padre
più
sever
o di
Olivo
non
avreb
be
forse
toller
ato.
Amali
a
semb
rava
non
accor
gersi
di
nient
e: era
pallid
a, con
lo
sguar
do
torvo
e
l'aspe
tto di
una
donna
che
ha
decis
o di
invec
chiare
,
perch
é
esser
e
giova
ne
non
ha
più
senso
per
lei. E'
tutto
qui il
mio
poter
e?
pensò
amar
amen
te
Casan
ova,
osser
vando
la di
lato.
Ma
forse
era
l'illum
inazio
ne a
modifi
care
così
triste
ment
ei
tratti
di
Amali
a. Sui
comm
ensali
cadev
a
infatti
un
ampio
raggi
o di
luce
prove
nient
e
dall'in
terno
della
casa;
per il
resto,
ci si
accon
tenta
va del
chiaro
re
crepu
scolar
e del
cielo.
Le
cime
dei
monti
, con
le
loro
linee
nere
e
affilat
e,
toglie
vano
ogni
vista,
e il
ricord
o di
Casan
ova
andò
a un
miste
rioso
giardi
no
dove,
molti
anni
prima
,
aveva
attes
o
nottet
empo
un'am
ata.
«Mur
ano»,
sussu
rrò
tra
sé, ed
ebbe
un
fremit
o; poi
disse
forte:
«C'è
un
giardi
no su
un'iso
la
vicino
a
Venez
ia, il
giardi
no di
un
mona
stero,
dove
non
metto
piede
da
qualc
he
decen
nio...
la
sera
vi
aleggi
ava
quest
o
stess
o
profu
mo».

«Siet
e
stato
anche
mona
co?»,
doma
ndò
scher
zando
la
marc
hesa.
«Qua
si»,
rispos
e
Casan
ova, e
racco
ntò
con
una
certa
veridi
cità
come,
all'età
di
quindi
ci
anni,
avess
e
ricevu
to gli
ordini
inferi
ori
dalle
mani
del
patria
rca di
Venez
ia,
ma
che
già da
ragaz
zino
aveva
prefer
ito
depor
re la
veste
religio
sa.
L'abat
e
menzi
onò
un
vicino
mona
stero
femm
inile
che,
nel
caso
in cui
Casan
ova
non lo
conos
cesse
, gli
consi
gliava
calda
ment
e di
visitar
e.
Olivo
si unì
entusi
astica
ment
e alla
propo
sta:
elogiò
il
cupo
edifici
o
antico
,i
grade
voli
dintor
ni in
cui
era
ubicat
o, la
strad
a
assai
varia
che
condu
ceva
colà.
Inoltr
e,
prose
guì
l'abat
e, la
bades
sa,
suor
Serafi
na -
donna
estre
mam
ente
colta,
duche
ssa di
nascit
a - gli
aveva
espre
sso in
una
letter
a (per
iscritt
o
perch
é in
quel
mona
stero
regna
va il
voto
del
silenzi
o
perpe
tuo)
di
conos
cere
di
perso
na
Marco
lina,
della
cui
erudiz
ione
era
venut
aa
saper
e.
«Sper
o,
Marco
lina»,
disse
Loren
zi, ed
era la
prima
volta
che le
rivolg
eva
dirett
amen
te la
parol
a,
«che
non vi
lascer
ete
sedur
re a
imitar
e la
duche
ssa-
bades
sa
sotto
ogni
aspet
to.»
«E
perch
é
dovre
i?»,
ribatt
é
allegr
amen
te
Marco
lina,
«si
può
conse
rvare
la
propri
a
libert
à
anche
senza
voti;
anzi
megli
o,
perch
éi
voti
sono
una
coerci
zione.
»
Casan
ova
era
sedut
o
accan
to a
lei.
Non
osava
neppu
re
sfiora
rle
appen
a il
piede
o
toccar
le il
ginoc
chio
con il
propri
o:
perce
pire
un'alt
ra
volta
nel
suo
sguar
do
quell'
espre
ssion
e di
orrore
, di
nause
a - ne
era
certo
- lo
avreb
be
spinto
imma
ncabil
ment
ea
compi
ere
una
pazzi
a.
«Ho
parlat
o con
Marco
lina.»
«Tu
hai...
» In
lui si
acces
e una
spera
nza
folle.
«Pian
o,
Casan
ova.
Non
si è
parlat
o di
te,
soltan
to di
lei e
dei
suoi
piani
per il
futuro
. E ti
ripeto
ancor
a:
non
appar
terrà
mai a
un
uomo

Olivo,
che si
era
servit
o
abbon
dante
ment
e di
vino,
si
alzò
inasp
ettata
ment
e e,
col
bicchi
ere in
mano
,
pronu
nziò
goffa
ment
e
qualc
he
parol
a
sull'al
to
onore
che
rende
va
alla
sua
casa
la
visita
del
suo
caro
amico
il
cavali
ere di
Seing
alt.

«Dov'
è il
cavali
ere di
Seing
alt,
mio
caro
Olivo,
di cui
andat
e
parla
ndo?»
,
doma
ndò
Loren
zi con
la sua
voce
chiara
. Il
primo
impul
so di
Casan
ova
fu
quello
di
scara
venta
re in
faccia
allo
spudo
rato il
suo
bicchi
ere
pieno
;
Amali
a
però
gli
toccò
appen
a il
bracci
oe
disse:
«Molt
a
gente
,
signor
cavali
ere,
vi
conos
ce
ancor
a
soltan
to col
vostr
o
vecch
io
nome
, più
famos
o, di
Casan
ova».

«Non
sapev
o»,
disse
Loren
zi con
oltrag
giosa
gravit
à,
«che
il re
di
Franci
a
avess
e
confe
rito al
signor
Casan
ova
un
titolo
nobili
are.»
«Ho
potut
o
rispar
miare
al re
quest
a
fatica
»,
replic
ò
tranq
uillam
ente
Casan
ova,
«e
spero
che
voi,
sottot
enent
e
Loren
zi, vi
accon
tenter
ete di
una
spieg
azion
e alla
quale
il
borgo
mastr
o di
Norim
berga
non
ebbe
nient
e da
obiett
are
quan
do, in
un'oc
casio
ne
peralt
ro
irrilev
ante,
ebbi
l'onor
e di
espor
gliela.
»E
mentr
e gli
altri
tacev
ano
tesi:
«L'alf
abeto
è
notori
amen
te un
bene
comu
ne. Mi
sono
cercat
o una
serie
di
letter
e che
mi
piace
ssero
e
sono
diven
tato
nobile
senza
esser
e
obblig
ato a
un
princi
pe, il
quale
peralt
ro
non
sareb
be
stato
in
grado
di
soddi
sfare
le mie
esige
nze.
Io
sono
Casan
ova
cavali
ere di
Seing
alt. Mi
dispia
cereb
be
per
voi,
sottot
enent
e
Loren
zi, se
quest
o
nome
non
doves
se
trovar
e la
vostr
a
appro
vazio
ne».
«Sein
galt...
un
nome
eccell
ente»
,
disse
l'abat
e, e
lo
ripeté
un
paio
di
volte,
quasi
voless
e
assap
orarlo
con le
labbr
a. «E
non
c'è
nessu
no al
mond
o»,
escla

Olivo,
«che
potre
bbe
chiam
arsi
cavali
ere
con
maggi
or
diritto
del
mio
nobile
amico
Casan
ova!»
«E
non
appen
a la
vostr
a
fama,
Loren
zi»,
aggiu
nse il
marc
hese,
«giun
gerà
così
lonta
no
come
quella
del
signor
Casan
ova,
cavali
ere di
Seing
alt
non
esiter
emo,
se vi
aggra
da, a
chiam
are
anche
voi
cavali
ere.»
Casan
ova,
irritat
o per
l'inde
sidera
to
soste
gno,
era
quasi
in
procin
to di
affer
mare
che
era
perfet
tame
nte in
grado
di
difend
ersi
da
solo
quan
do,
dal
buio
del
giardi
no, si
avvici
naron
o al
tavolo
due
vecch
i
signor
i
vestiti
ancor
a
elega
ntem
ente.
Olivo
li
salutò
cordia
lment
ee
rumor
osam
ente,
ben
lieto
di
poter
così
smus
sare
un
dissid
io che
minac
ciava
di
farsi
impor
tante
e di
comp
romet
tere
l'alleg
ria
della
serat
a. I
nuovi
venut
i
erano
i
fratell
i
Ricar
di,
scapo
loni
che,
come
Casan
ova
seppe
da
Olivo,
aveva
no
vissut
o un
temp
o nel
bel
mond
o,
dove
aveva
no
tentat
o con
poca
fortun
a
impre
se
d'ogni
gener
e, e si
erano
poi
ritirati
nel
villag
gio
vicino
,
dov'e
rano
nati,
per
viverv
ia
pigion
e in
una
miser
abile
casup
ola.

Gente
singol
are,
ma
innoc
ua. I
due
Ricar
di
espre
ssero
la
loro
felicit
à di
rivede
re il
cavali
ere,
che
aveva
no
conos
ciuto
anni
prima
a
Parigi
.

Casan
ova
non
ricord
ava.
O era
forse
Madri
d?...
«Può
esser
e»,
rispos
e
Casan
ova,
ma
sapev
a
perfet
tame
nte
che
non li
aveva
mai
visti.
A
parlar
e era
uno
di
loro,
evide
ntem
ente
il più
giova
ne;
l'altro
, che
parev
a
avere
novan
t'anni
, si
limita
va ad
acco
mpag
nare i
discor
si del
fratell
o con
incess
anti
cenni
del
capo
e uno
smarr
ito
soggh
igno.

Ci si
era
alzati
da
tavola
. Le
bambi
ne
erano
già
scom
parse
.
Loren
zi e la
marc
hesa
passe
ggiav
ano
sul
prato,
nel
crepu
scolo.
Marco
lina e
Amali
a
comp
arver
o
prest
o nel
salon
e,
dove
semb
ravan
o
atten
dere
agli
ultimi
prepa
rativi
per il
gioco.
Che
cosa
signifi
ca
tutto
ciò, si
doma
ndò
Casan
ova,
solo
in
giardi
no. Mi
credo
no
ricco?
Mi
voglio
no
spenn
are?
Perch
é tutti
questi
eventi
,
anche
la
prem
ura
del
marc
hese,
persin
o la
solleci
tudin
e
dell'a
bate,
l'appa
rizion
e dei
fratell
i
Ricar
di, gli
giung
evano
un
po'
sospe
tti;
non
potev
a
darsi
che
anche
Loren
zi
fosse
coinv
olto
nell'in
trigo?
O
Marco
lina?
O
addiri
ttura
Amali
a?
Forse
non è
altro,
pensò
fugac
emen
te,
che
un
tiro
dei
miei
nemic
i, che
inten
dono
ostac
olare
il mio
ritorn
oa
Venez
ia,
addiri
ttura
imped
irlo
all'ulti
mo
mom
ento?
Ma
dovet
te
subito
dirsi
che si
tratta
va di
un'ide
a
compl
etam
ente
assur
da,
sopra
ttutto
perch
é non
aveva
più
nem
meno
nemic
i. Era
un
vecch
io
cretin
o,
innoc
uo e
decad
uto; a
chi
potev
a
impor
tare
del
suo
ritorn
oa
Venez
ia? E
mentr
e,
dalle
finest
re
apert
e
della
casa,
guard
ava i
signor
i
dispor
si
pront
amen
te
intorn
o al
tavolo
sul
quale
erano
già
pront
e le
carte
ed
erano
stati
riemp
iti i
bicchi
eri di
vino,
fu
certo
al di
là di
ogni
dubbi
o che
qui
non si
aveva
in
ment
e
nient'
altro
che
un'inn
ocua
partit
a,
come
d'abit
udine
, alla
quale
un
nuovo
giocat
ore
era
semp
re il
benve
nuto.
Marco
lina
gli
scivol
ò
accan
to e
gli
augur
ò
buona
fortun
a.
«Non
restat
e?
Nepp
ure a
guard
are il
gioco

«Perc

dovre
i?
Buon
a
notte,
cavali
ere di
Seing
alt...
a
doma
ni!»
Si
udiro
no
fuori
alcun
e
voci.
«Lore
nzi»,
fu
chiam
ato,
«sign
or
cavali
ere,
stiam
o
aspet
tando

Casan
ova,
nell'o
mbra
della
casa,
potev
a
veder
e
come
la
marc
hesa
cerca
sse di
trasci
nare
Loren
zi dal
prato
verso
il buio
degli
alberi
. Là lo
abbra
cciò
impet
uosa
ment
e, ma
Loren
zi si
strap
pò da
lei
con
un
gesto
di
ribelli
one e
si
affret

verso
la
casa.

Incon
trò
Casan
ova
all'ent
rata
e, con
una
speci
e di
beffar
da
cortes
ia, gli
cedet
te il
passo
, cosa
quest
a che
Casan
ova
accett
ò
senza
ringra
ziare.

Il
marc
hese
tenne
per
primo
il
banco
.
Olivo,
i
fratell
i
Ricar
di e
l'abat
e
punta
rono
somm
e così
basse
che
l'inter
a
partit
a fu
per
Casan
ova -
anche
oggi
che
tutto
il suo
patri
monio
amm
ontav
aa
un
paio
di
ducati
- un
gran
divert
iment
o. Gli
parve
quindi
ancor
a più
ridicol
o che
il
marc
hese
racco
gliess
ee
distri
buiss
e il
denar
o con
aria
così
comp
resa,
come
se si
tratta
sse di
impor
ti
vertig
inosi.
All'im
provv
iso
Loren
zi,
che
fino a
quel
mom
ento
non
aveva
parte
cipato
,
gettò
nel
piatto
un
ducat
oe
vinse;
giocò
allora
il
doppi
oe
vinse
una
secon
da e
una
terza
volta,
prose
guend
o così
con
poche
interr
uzioni
. Gli
altri
signor
i
contin
uavan
oa
punta
re
basso
,
come
prima
,e
sopra
ttutto
i due
Ricar
di
semb
ravan
o
estre
mam
ente
scont
enti
se il
marc
hese
parev
a non
tratta
rli con
lo
stess
o
riguar
do
riserv
ato al
sottot
enent
e
Loren
zi. I
due
fratell
i
gioca
vano
insie
me;
l'uno,
il più
vecch
io,
che
prend
eva le
carte,
aveva
il
volto
imper
lato
di
sudor
e;
l'altro
, in
piedi
dietro
di lui,
gli
parla
va
incess
ante
ment
e,
come
per
dargli
consi
gli
impor
tanti
e
infalli
bili.
Quan
do
vedev
a che
il
fratell
o
tacitu
rno
incass
ava, i
suoi
occhi
lampe
ggiav
ano;
altrim
enti li
volge
va
disper
ato al
cielo.

L'abat
e
parte
cipav
a
poco,
e al
massi
mo
sente
nziav
a che
«Fort
una e
donne
bacia
no chi
voglio
no»
oppur
e che
«La
terra
è
tonda
e
grand
e il
cielo»
;
talvol
ta
guard
ava
Casan
ova
con
un'ari
a
birichi
na e
incora
ggian
te e
subito
dopo
Amali
a,
sedut
a
davan
ti a
questi
e
accan
to al
marit
o,
come
se
spett
asse
a lui
riacco
ppiar
ei
due
vecch
i
aman
ti.

Casan
ova
però
pensa
va
soltan
to
che,
adess
o,
Marco
lina si
stava
lenta
ment
e
spogli
ando
nella
sua
stanz
ae
che,
se la
finest
ra era
apert
a, la
sua
pelle
bianc
a
balugi
nava
nella
notte.
Colto
da un
desid
erio
che
gli
turba
va i
sensi,
volev
a
alzars
i dal
suo
posto
,
accan
to al
marc
hese,
e
lascia
re la
stanz
a; il
marc
hese
però
intese
quest
o
movi
ment
o
come
una
decisi
one di
parte
cipare
al
gioco
e
disse:
«Final
ment
e!
Sapev
amo
che
non
sarest
e
rimas
to
spett
atore
a
lungo
cavali
ere».
Gli
mise
davan
ti una
carta
e
Casan
ova
scom
mise
tutto
quello
che
aveva
con
sé -
ed
era
pratic
amen
te
tutto
quello
che
posse
deva,
circa
dieci
ducati
: non
li
contò
nem
meno
, li
lasciò
scivol
are
sul
tavolo
dal
suo
borsel
lino,
spera
ndo
di
perde
rli in
un
colpo
solo,
perch
é
sareb
be
stato
un
segno
, un
segno
propiz
io -
non
sapev
a di
che
cosa,
se del
suo
prossi
mo
ritorn
oa
Venez
ia o
della
vista
di
Marco
lina
nuda
davan
ti a
lui -;
ma
prima
che
decid
esse
tra le
due,
il
marc
hese
usciv
a già
perde
nte
dal
confr
onto
con
lui.
Anche
Casan
ova,
come
Loren
zi,
giocò
il
doppi
o, e
anche
a lui
la
fortun
a
rimas
e
fedele
come
al
sottot
enent
e. Il
marc
hese
non si
occup
ò più
degli
altri;
il
Ricar
di
tacitu
rno si
alzò
offeso
,
l'altro
si
torse
le
mani,
e si
recar
ono
entra
mbi
in un
angol
o del
salon
e,
come
annie
ntati.

L'abat
ee
Olivo
non
se la
prese
ro: il
primo
mangi
ava
dolci
e
ripete
va le
sue
sente
nze;
l'altro
guard
ava
eccita
to
l'avvi
cenda
rsi
delle
carte.

Alla
fine il
marc
hese
aveva
perdu
to
cinqu
ecent
o
ducati
, che
Casan
ova e
Loren
zi si
divise
ro. La
marc
hesa
si
alzò
e,
prima
di
lascia
re la
sala,
ammi
ccò a
Loren
zi;
Amali
a
l'acco
mpag
nò.
La
marc
hesa
anche
ggiav
a,
cosa
quest
a che
Casan
ova
trovò
ripug
nante
;
Amali
a
scivol
ò al
suo
fianco
come
un'u
mile
vecch
ia.
Poich
é il
marc
hese
aveva
perdu
to
tutti i
suoi
conta
nti, il
banco
passò
a
Casan
ova,
che
con
ramm
arico
del
marc
hese
insist
ette
affinc
hé gli
altri
ripren
desse
ro a
giocar
e. I
fratell
i
Ricar
di
furon
o
subito
al
loro
posto
,
curios
ie
agitat
i;
l'abat
e
scoss
e la
testa,
ne
aveva
abbas
tanza
,e
Olivo
giocò
soltan
to per
non
venir
e
meno
al
desid
erio
del
suo
nobile
ospite
.
Loren
zi fu
di
nuovo
fortun
ato;
quan
do
ebbe
vinto
in
tutto
quattr
ocent
o
ducati
, si
alzò e
disse:
«Dom
ani
sono
pront
oa
dare
loro
la
rivinci
ta.
Adess
o
chied
o
licenz
a di
poter
cavalc
are
verso
casa»
.
«Vers
o
casa»
,
escla

con
un
riso di
scher
no il
marc
hese,
che
pure
si era
già
ripres
o
qualc
he
ducat
o,
«ben
detto!
Il
sottot
enent
e
abita
infatti
in
casa
mia!»
,
aggiu
nse
rivolt
o agli
altri.
«E la
mia
conso
rte è
rincas
ata
antici
pata
ment
e.
Buon
divert
iment
o,
Loren
zi!»
«Voi
sapet
e
benis
simo»
,
ribatt
é
Loren
zi
senza
mutar
e
espre
ssion
e,
«che
cavalc
o alla
volta
di
Manto
va e
non
del
vostr
o
castel
lo,
dove
ieri
foste
così
benev
olo da
darmi
allogg
io.»
«Cav
alcate
dove
volete
,
anche
al
diavol
o, per
quel
che
mi
riguar
da!»
Loren
zi si
acco
miatò
dagli
altri
con la
massi
ma
cortes
ia e
se ne
andò
senza
dare
al
marc
hese
la
rispos
ta che
merit
ava,
cosa
quest
a che
mera
vigliò
oltre
modo
Casan
ova.
Scopr
ì di
nuovo
le
carte
e
vinse,
tanto
che il
marc
hese
gli fu
prest
o
debit
ore di
qualc
he
centin
aio di
ducati
.A
che
scopo
? si
doma
ndò
inizial
ment
e
Casan
ova.

Poi
però
il
fascin
o del
gioco,
a
poco
a
poco,
lo
avvin
se di
nuovo
. Non
va
male,
pensò
... Tra
poco
sono
mille.
..
posso
no
diven
tare
anche
duemi
la. Il
marc
hese
paghe
rà il
suo
debit
o.
Entra
re a
Venez
ia con
un
piccol
o
patri
monio
non
sareb
be
male.
Ma
perch
éa
Venez
ia. Di
nuovo
ricco,
di
nuovo
giova
ne. La
ricche
zza è
tutto.
Quant
o
meno
adess
o me
la
potrò
comp
rare.
Chi?
Non
ne
voglio
altre..
. E'
nuda
alla
finest
ra, ne
sono
certo.
..
aspet
ta...
sente
che
verrò.
.. E'
alla
finest
ra per
farmi
impaz
zire.
E io
sono
qui.
Nel
fratte
mpo
aveva
di
nuovo
distri
buito
le
carte,
con
espre
ssion
e
impas
sibile,
non
solo
al
marc
hese,
ma
anche
a
Olivo
e ai
fratell
i
Ricar
di, ai
quali
ogni
tanto
sping
eva
una
mone
ta cui
non
aveva
no
diritto
.A
loro
non
dispia
ceva.

Dalla
notte
giuns
e un
rumor
e,
come
lo
scalpi
tio
degli
zoccol
i di
un
destri
ero al
galop
po
sulla
strad
a.
Loren
zi,
pensò
Casan
ova...
Dal
muro
del
giardi
no
giuns
e
come
un'ec
o; poi
rumor
e ed
eco si
spens
ero
pian
piano.
A
quest
o
punto
però
la
fortun
a
volse
le
spalle
a
Casan
ova.
Il
marc
hese
punta
va
alto,
semp
re più
alto;
ea
mezz
anott
e
Casan
ova si
ritrov
ò
pover
o
come
prima
,
anzi,
ancor
a di
più,
perch
é
aveva
perdu
to
anche
quei
pochi
ducati
.
Spins
e le
carte
lonta
no da
sé e
si
alzò
sorrid
endo:
«Graz
ie,
signor
i».

Olivo
spala
ncò le
bracci
a
verso
di lui.
«Amic
o
mio,
contin
uiamo
a
giocar
e...
Cento
cinqu
anta
ducati
- lo
avete
dimen
ticato
- no,
non
cento
cinqu
anta!
Tutto
ciò
che
ho,
che
sono..
.
tutto,
tutto!
»
Balbe
ttava;
infatti
non
aveva
smes
so di
bere
per
tutta
la
sera.

Casan
ova si
scher

con
un
gesto
della
mano
esage
ratam
ente
distin
to.

«Le
donne
e la
fortun
a
bacia
no chi
voglio
no»,
disse
inchin
andos
i
all'ab
ate.
Quest
i
annuì
soddi
sfatto
e
batté
le
mani.
«A
doma
ni
allora
,
stima
tissim
o
cavali
ere».
disse
il
marc
hese,
«ci
ripren
dere
mo i
nostri
soldi,
toglie
ndoli
a
Loren
zi.» I
Ricar
di
insist
ettero
per
contin
uare
a
giocar
e. Il
marc
hese,
molto
allegr
o, li
lasciò
tener
e il
banco
. Essi
tiraro
no
fuori
le
mone
te che
Casan
ova
aveva
fatto
loro
vincer
e: in
due
minut
i il
marc
hese
se le
era
ripres
e, e
rifiutò
decis
amen
te di
contin
uare
a
giocar
e con
loro
se
non
aveva
no
conta
nti in
mano
. Essi
si
torser
o le
mani.
Il più
vecch
io
comin
ciò a
piang
ere
come
un
bambi
no;
l'altro
,
come
per
calma
rlo, lo
baciò
su
entra
mbe
le
guanc
e. Il
marc
hese
doma
ndò
se la
sua
carroz
za
fosse
già
tornat
a;
l'abat
e
rispos
e
affer
mativ
amen
te:
l'avev
a
sentit
a
arriva
re
mezz'
ora
prima
. Il
marc
hese
invitò
l'abat
eei
fratell
i
Ricar
di
nella
sua
carroz
za, li
avreb
be
acco
mpag
nati
press
o il
loro
domic
ilio; e
tutti
lascia
rono
la
casa.

Quan
do gli
altri
se ne
furon
o
andat
i
Olivo
prese
il
bracci
o di
Casan
ova e
gli
assicu

ripetu
tame
nte,
con la
voce
rotta,
che in
quella
casa
tutto
appar
tenev
aa
lui,
Casan
ova, e
che
potev
a
farne
quel
che
megli
o
crede
va.
Passa
rono
davan
ti alla
finest
ra di
Marco
lina.
Non
solo
era
chius
a, ma
davan
ti era
calata
anche
una
grata;
dentr
o
pende
va
una
tenda
. In
altri
tempi
,
pensò
Casan
ova,
tutto
ciò
non
sareb
be
servit
oa
nient
e, o
non
avreb
be
signifi
cato
nient
e.
Entra
rono
in
casa.

Olivo
non si
fece
imped
ire di
acco
mpag
nare
l'ospit
e su
per la
scala
un
po'
cigola
nte
fino
alla
came
ra
nella
torre,
dove
lo
abbra
cciò.

«Dom
ani,
allora
», gli
disse,
«andr
emo
a
visitar
e il
mona
stero.
Ma
dormi
te
tranq
uillam
ente:
non
partia
mo
certo
tropp
o
prest
oe
comu
nque
all'ora
che
più vi
è
como
da.
Buon
a
notte.
» Se
ne
andò
chiud
endo
piano
la
porta
dietro
di sé,
ma i
suoi
passi
sulla
scala
risuon
arono
in
tutto
l'edifi
cio.

Casan
ova
era
solo
nella
came
ra
timid
amen
te
rischi
arata
da
due
cande
le, e i
suoi
occhi
corre
vano
dall'u
na
all'alt
ra
delle
quattr
o
finest
re,
orient
ate
secon
do i
vari
punti
cardin
ali. Il
paesa
ggio,
imme
rso in
un
alone
azzur
rogno
lo,
era
quasi
ugual
e da
tutte
le
parti:
ampie
pianu
re
con
pochi
rilievi,
soltan
to
verso
nord
le
creste
delle
mont
agne,
qua e

singol
e
case,
poder
i,
anche
edifici
più
grand
i; tra
questi
uno
un
po'
più in
alto
rispet
to
agli
altri,
in cui
brillav
a una
luce,
che
Casan
ova
suppo
se
esser
e il
castel
lo del
marc
hese.
Nella
came
ra,
che
oltre
all'am
pio
letto
vuoto
non
conte
neva
nient'
altro
se
non
un
lungo
tavolo
sul
quale
ardev
ano le
due
cande
le,
due
seggi
ole,
un
casse
ttone
con
sopra
uno
specc
hio
dalla
cornic
e
d'oro,
aveva
no
fatto
ordin
e
mani
prem
urose
;
anche
la sua
sacca
da
viaggi
o era
stata
disfat
ta.
Sul
tavolo
si
trova
vano
la
cartell
a di
cuoio
chius
ae
consu
nta
che
conte
neva
le
carte
di
Casan
ova,
nonch
é
qualc
he
libro
che
gli
serviv
a per
il suo
lavoro
e
aveva
quindi
portat
o con
sé; vi
era
prepa
rato
anche
il
mater
iale
per
scrive
re.
Poich
é non
sentiv
a la
mini
ma
sonno
lenza,
estras
se
dalla
borsa
il suo
mano
scritt
oe
riless
e, a
lume
di
cande
la, le
ultim
e
cose
che
aveva
scritt
o.
Poich
é si
era
ferma
to a
metà
di un
parag
rafo,
non
ebbe
diffico
ltà a
riparti
re da
lì.
Prese
in
mano
la
penna
,
scriss
e
rapid
amen
te un
paio
di
frasi
e
all'im
provv
iso si
fermò
di
nuovo
.A
che
scopo
? si
doma
ndò,
come
per
un'orr
ibile
illumi
nazio
ne
interi
ore. E
se
anche
sapes
si che
quant
o
scrivo
e
scrive

sarà
incom
parab
ilmen
te
grand
ioso,
sì, se
anche
riusci
ssi
davve
ro ad
annie
ntare
Voltai
re e a
super
are la
sua
fama
con la
mia,
non
sarei
forse
pront
o, e
con
gioia,
a dar
fuoco
a
tutte
quest
e
carte,
se in
cambi
o mi
fosse
conce
sso di
abbra
cciare
, in
quest'
ora,
Marco
lina?
Sì,
allo
stess
o
prezz
o non
sarei
pront
oa
far
voto
di
non
mette
re
mai
più
piede
a
Venez
ia,
anche
se mi
ci
voless
ero
trasp
ortare
in
trionf
o?
Venez
ia!...
Ripet
é la
parol
a, che
gli
risuon
ò
dintor
no in
tutta
la sua
magni
ficenz
a: e
già la
vecch
ia
poten
za
aveva
preso
il
sopra
vvent
o su
di lui.
Gli
sorse
davan
ti la
città
della
sua
giovin
ezza,
circon
data
da
tutta
la
magia
del
ricord
o, e il
cuore
gli si
gonfiò
di
una
nostal
gia
così
strazi
ante
e
smisu
rata
che
pensa
va di
non
avern
e mai
prova
ta
d'ugu
ale.
Rinun
ciare
al
ritorn
o gli
parve
il più
impos
sibile
di
tutti i
sacrifi
ci che
il
destin
o
potes
se
prete
ndere
da
lui.
Che ci
facev
a, in
quest
o
mond
o
pietos
amen
te
sbiadi
to,
senza
la
spera
nza,
la
certez
za di
rivede
re un
giorn
o
quella
città
amat
a?
Dopo
anni e
decen
ni di
pereg
rinazi
oni e
avven
ture,
dopo
tutta
la
felicit
àe
l'infeli
cità
che
aveva
vissut
o,
dopo
tutto
l'onor
e e gli
smac
chi,
dopo i
trionfi
e le
umilia
zioni
che
aveva
subìto
,
dovev
a
avere
infine
un
posto
in cui
riposa
re,
una
patria
.E
c'era
per
lui
un'alt
ra
patria
, se
non
Venez
ia?
Un'alt
ra
felicit
à se
non la
coscie
nza di
avere
di
nuovo
una
patria
? In
un
paese
strani
ero,
non
gli
era
propri
o
possi
bile
attira
re
accan
to a

una
felicit
à
durat
ura.
Gli
era
ancor
a
conce
ssa,
talvol
ta, la
forza
di
conce
pirla,
ma
non
più
quella
di
tratte
nerla.
Il suo
poter
e
sugli
altri,
uomi
ni e
donne
, non
c'era
più.
Solta
nto là
dove
egli
signifi
cava
ricord
i la
sua
parol
a, la
sua
voce,
il suo
sguar
do
avvin
cevan
o
ancor
a; al
suo
prese
nte
quest
o
effett
o era
negat
o.

Passa
to era
il suo
temp
o! E
si
confe
ssava
anche
quant
o
altrim
enti
cerca
va di
nasco
ndersi
con
partic
olare
solerz
ia,
cioè
che
anche
i suoi
sforzi
letter
ari e
persin
o il
suo
libello
contr
o
Voltai
re,
nel
quale
aveva
ripost
o la
sua
ultim
a
spera
nza,
sicura
ment
e non
sareb
be
mai
stato
un
tale
succe
sso
da
giung
ere
lonta
no.
Anche
per
quello
era
tropp
o
tardi.
Sì, se
in
anni
più
giova
ni
avess
e
avuto
il
temp
o e la
pazie
nza
per
occup
arsi
seria
ment
e di
cose
consi
mili -
lo
sapev
a
bene
-
sareb
be
stato
pari
ai
primi
poeti
e
filosof
i del
suo
secol
o;
allo
stess
o
modo
in cui
la
grand
e
perse
veran
za e
cautel
a che
gli
erano
propri
e
avreb
bero
fatto
di lui
il più
eccels
o dei
finanz
ieri o
dei
diplo
matici
. Ma
dove
finiva
no
tutta
la sua
pazie
nza e
la sua
cautel
a,
dove
tutti i
suoi
proge
tti,
quan
do lo
attrae
va
una
nuova
avven
tura
d'amo
re?
Donn
e,
donne
dappe
rtutto
. Per
loro
aveva
gettat
o via
tutto,
in
ogni
istant
e: per
le
nobili
come
per le
volga
ri, per
le
passi
onali
come
per le
fredd
e, per
le
vergi
ni
come
per le
sgual
drine;
per
una
notte
in un
nuovo
letto
si era
semp
re
vendu
to
tutti
gli
onori
e
tutte
le
beatit
udini
di
quel
mond
o. Ma
rimpi
angev
a ciò
che
dell'e
sisten
za
potev
a
aver
perdu
to in
quest
o
etern
o
cercar
ee
mai-
o-
semp
re
trovar
e, in
quest
o
etern
o
fuggir
e di
bram
a in
piacer
e e di
piacer
e in
bram
a?
No,
non
rimpi
angev
a
nient
e.
Aveva
vissut
o la
sua
vita
come
nessu
n
altro;
e non
la
vivev
a
ancor
a oggi
a
modo
suo?
Dapp
ertutt
o
c'eran
o
ancor
a
donne
sulla
sua
strad
a,
anche
se
non
gli
impaz
zivan
o più
intorn
o
come
una
volta.
Amali
a?
Potev
a
averla
quan
do
volev
a, in
quella
stess
a ora,
nel
letto
del
suo
ebbro
conso
rte; e
la
locan
diera
di
Manto
va,
non
era
inna
morat
a di
lui
come
di un
bel
ragaz
zo,
con
tener
ezza
e
gelosi
a? E
l'ama
nte
butter
ata
ma
ben
fatta
del
baron
e
Perott
i, non
l'avev
a
implo
rato,
inebri
ata
dal
nome
Casan
ova
che
parev
a
sprizz
arle
addos
so la
volutt
à di
mille
notti,
di
conce
derle
una
sola
notte
d'amo
re, ed
egli
non
l'avev
a
disde
gnata
come
uno
che
potev
a
ancor
a
scegli
ere di
suo
gusto
?
Certo
-
Marco
lina -
quelle
come
Marco
lina
non
facev
ano
più
per
lui. O
forse.
.. che
lei
non
avess
e mai
fatto
per
lui?
C'era
no
anche
donne
così.
Negli
anni
passa
ti ne
aveva
forse
incont
rata
qualc
una,
ma
poich
é ce
n'era
semp
re
un'alt
ra più
dispo
nibile,
non vi
si era
tratte
nuto,
per
non
sospir
are
invan
o
neppu
re un
giorn
o. E
poich
é
neppu
re
Loren
zi era
riuscit
oa
conqu
istare
Marco
lina,
poich
é
aveva
addiri
ttura
rifiuta
to la
mano
di
quest'
uomo
, che
era
bello
e
sfacci
ato
come
in
giove
ntù lo
era
stato
lui,
Casan
ova,
potev
a
darsi
davve
ro
che
Marco
lina
fosse
propri
o
quella
creat
ura
prodi
giosa
della
cui
esiste
nza
sulla
terra
egli
aveva
sinora
dubit
ato:
la
donna
virtuo
sa.
Ma
scopp
iò in
una
risata
così
sonor
a che
rieche
ggiò
in
tutta
la
stanz
a.
«Inca
pace,
cretin
o!»,
escla

forte,
come
spess
o
facev
a
duran
te i
suoi
monol
oghi.
«Non
ha
saput
o
sfrutt
are
l'occa
sione.

O la
marc
hesa
non lo
molla.
Oppur
e se
l'è
presa
soltan
to
perch
é non
è
riuscit
o ad
avere
Marco
lina,
l'erudi
ta...
la
filosof
a?!»
E
all'im
provv
iso gli
venne
un'ide
a:
doma
ni le
legge
rò il
mio
libello
contr
o
Voltai
re! E'
l'unic
a
creat
ura
che
possa
comp
rende
rlo.
La
convi
ncerò
... Mi
ammi
rerà.
Natur
almen
te mi
dirà...
«Ecce
llente
,
signor
Casan
ova!
Voi
scrive
te in
uno
stile
magni
fico,
vecch
io
signor
e! Per
Dio...
Avete
annie
ntato
Voltai
re...
vecch
io
genial
e!»
Così
parlò,
sibila
ndo
tra sé
e sé e
andan
do
avanti
e
indiet
ro per
la
came
ra
come
in
una
gabbi
a. Era
stato
colto
da un
imma
ne
furore
,
contr
o
Marco
lina,
contr
o
Voltai
re,
contr
o se
stess
o,
contr
o il
mond
o
intero
.
Racco
lse le
sue
ultim
e
forze
per
non
mette
rsi a
urlare
.
Infine
si
gettò
sul
letto,
senza
spogli
arsi,
e
rimas
ea
guard
are
con
gli
occhi
spala
ncati
le
travi
del
soffitt
o,
dove
ogni
tanto
al
lume
di
cande
la
vedev
a
brillar
e tele
di
ragno
. Poi,
come
talvol
ta gli
capita
va
quan
do
andav
aa
dormi
re
dopo
aver
giocat
o, gli
saetta
rono
davan
ti a
veloci

fantas
tica
imma
gini di
carte,
e
infine
sprof
ondò
davve
ro in
un
sopor
e
senza
sogni,
che
però
durò
pochi
ssimo
. Tese
allora
l'orec
chio
al
miste
rioso
silenzi
o
intorn
oa
lui. Le
finest
re
della
came
ra
nella
torre
erano
apert
e
verso
est e
verso
sud;
da
giardi
no e
campi
penet
ravan
o
soavi,
dolci
profu
mi
d'ogni
gener
e; dal
paesa
ggio
rumor
i
indisti
nti, di
quelli
che
l'incip
iente
auror
a
ama
portar
e da
lonta
no e
da
vicino
.

Casan
ova
non
riusci
va più
a
restar
e
corica
to; lo
colse
un
vivac
e
desid
erio
di
cambi
amen
to,
che lo
sping
eva
fuori.
Da
fuori
lo
chiam
ava il
canto
degli
uccelli
, la
fresca
brezz
a
mattu
tina
gli
accar
ezzav
a la
fronte
.
Casan
ova
aprì
piano
la
porta,
scese
piano
le
scale
e, con
la sua
consu
mata
abilità
,
riuscì
a non
fare
scricc
hiolar
e
mini
mam
ente
sotto
i suoi
passi
i
gradi
ni di
legno
;
lungo
la
scala
di
pietra
giuns
e poi
al
piant
erren
oe
dalla
sala
da
pranz
o,
sulla
cui
tavola
erano
ancor
ai
bicchi
eri
pieni
a
metà,
in
giardi
no.
Poich
é
sulla
ghiaie
tta i
suoi
passi
si
sentiv
ano,
andò
subito
sul
prato,
che
nel
chiaro
re
dell'a
urora
assu
meva
un'est
ensio
ne
irreal
e. Poi
imboc
cò il
viale,
dalla
parte
in cui
si
sareb
be
trovat
o
sotto
gli
occhi
la
finest
ra di
Marco
lina.
Era
chius
a,
munit
a di
grata
e di
tenda
come
l'ultim
a
volta
che
l'avev
a
vista.
Casan
ova si
sedet
te su
una
panch
ina di
pietra
a
forse
cinqu
anta
passi
dalla
casa.
Sentì
passa
re
una
carroz
za
oltre
il
muro
del
giardi
no,
poi
silenzi
o. Sul
prato
aleggi
ava
una
delica
ta
foschi
a
grigia
,
quasi
uno
stagn
o
torbid
o-
trasp
arent
e dai
confin
i
incert
i.
Casan
ova
ripens
ò
ancor
aa
quella
notte
di
giove
ntù
nel
giardi
no del
conve
nto di
Mura
no - o
di un
altro
parco
-oa
un'alt
ra
notte
- non
sapev
a più
quale
:
forse
erano
cento
notti
che
nel
suo
ricord
o
diven
tavan
o
una,
come
talvol
ta
cento
donne
che
aveva
amat
o nel
ricord
o
diven
tavan
o
una,
la cui
figura
enigm
atica
si
librav
a
davan
ti ai
suoi
sensi
confu
si. Ma
non
erano
tutte
uguali
, le
notti,
alla
fin
fine?
E le
donne
?
Sopra
ttutto
quan
do
non
c'eran
o più?
E la
parol
a
«più»
prese
a
marte
llargli
le
tempi
e,
quasi
fosse
destin
ata a
diven
tare il
battit
o
della
sua
esiste
nza
perdu
ta.

Gli
parve
di
perce
pire
un
frusci
o
dietro
di lui,
lungo
il
muro.
O era
soltan
to
un'ec
o? Sì,
il
rumor
e
veniv
a
dalla
casa.
La
finest
ra di
Marco
lina
era
impro
vvisa
ment
e
apert
a, la
grata
era
stata
spost
ata e
la
tenda
tirata
da
una
parte,
mentr
e dal
buio
della
stanz
a si
levav
a una
figura
scura
: era
propri
o
Marco
lina,
che si
avvici
nò al
davan
zale
con la
camic
ia da
notte
bianc
a
abbot
tonat
a fino
alla
gola,
come
per
respir
are la
soave
aria
del
matti
no.
Casan
ova si
era
lascia
to
scivol
are
lesto
giù
dalla
panch
ina;
al di
sopra
del
bordo
, tra i
rami
del
viale,
guard
ava
incant
ato
Marco
lina, i
cui
occhi
affior
avano
dalla
peno
mbra
come
senza
pensi
eri,
anzi,
senza
direzi
one.
Solta
nto
dopo
un
paio
di
secon
di il
suo
esser
e,
ancor
a
come
asson
nato,
parve
riuscir
ea
racco
gliersi
in
uno
sguar
do,
che
lasciò
vagar
e
lunga
ment
ea
destr
aea
sinistr
a. Poi
si
piegò
in
avanti
,
come
per
cercar
e
qualc
osa
sulla
ghiaie
tta, e
subito
dopo
alzò
la
testa,
coi
capell
i
sciolti
,
verso
l'alto,
come
verso
una
finest
ra del
piano
superi
ore.
Poi
rimas
e un
attim
o
immo
bile,
le
mani
appog
giate
ai due
stipiti
della
finest
ra,
come
inchio
date
a una
croce
invisi
bile.
Solta
nto
adess
o,
come
se
all'im
provv
iso si
fosser
o
illumi
nati
dall'in
terno,
Casan
ova
riuscì
a
scorg
ere
distin
tame
nte i
suoi
tratti
in
peno
mbra.
Sulla
bocca
le
aleggi
ò un
sorris
o che
si
irrigid
ì
subito
.
Lasciò
cader
e le
bracci
a; le
sue
labbr
a si
muov
evano
in
modo
singol
are,
quasi
bisbig
liasse
ro
una
pregh
iera;
il suo
sguar
do
vagò
di
nuovo
lenta
ment
e nel
giardi
no,
indag
atore,
poi
annuì
breve
ment
e e,
nello
stess
o
istant
e,
qualc
uno
saltò
il
davan
zale
per
uscire
,
qualc
uno
che
fino
ad
allora
dovev
a
esser
e
rimas
to
accov
acciat
o ai
piedi
di
Marco
lina:
Loren
zi.
Volò,
più
che
camm
inare,
sulla
ghiaie
tta,
verso
il
viale,
lo
attrav
ersò
ad
appen
a
dieci
passi
di
distan
za da
Casan
ova il
quale,
tratte
nendo
il
respir
o,
riman
eva
sotto
la
panch
ina, e
si
precip
itò
poi
oltre
il
viale,
dove
accan
to al
muro
corre
va
una
strett
a
strisci
a di
prato,
fino a
scom
parire
agli
occhi
di
Casan
ova.
Casan
ova
udì
una
porta
geme
re sui
cardin
i: non
potev
a
esser
e
altro
che
quella
da cui
egli
stess
o era
tornat
o in
giardi
no,
ieri
sera,
con
Olivo
e il
marc
hese..
. poi
silenzi
o.
Marco
lina
era
rimas
ta per
tutto
il
temp
o
compl
etam
ente
immo
bile:
non
appen
a
seppe
che
Loren
zi era
al
sicuro
respir
ò
profo
ndam
ente,
chius
e
grata
e
finest
ra, la
tenda
ricadd
e di
nuovo
,
come
per
forza
propri
a, e
tutto
tornò
come
prima
;
soltan
to che
nel
fratte
mpo,
quasi
non
avess
e più
motiv
o di
indugi
are,
su
casa
e
giardi
no si
era
levato
il
giorn
o.

Anche
Casan
ova
era
ancor
a là,
come
prima
, le
mani
distes
e
davan
ti a
sé,
sotto
la
panch
ina.
Dopo
un
po'
strisci
ò
avanti
,
finend
o in
mezz
o al
viale,
e
prose
guì a
quattr
o
zamp
e
finché
non
arrivò
in un
punto
dove
non
potev
ano
vederl
o né
dalla
finest
ra di
Marco
lina
né da
qualsi
asi
altra
finest
ra.
Allora
si
alzò,
con la
schie
na
dolen
te, si
stirac
chiò
gli
arti e
finalm
ente
tornò
in sé;
si
ritrov
ò
propri
o
come
se, da
cane
basto
nato,
si
fosse
di
nuovo
trasfo
rmato
in un
uomo
conda
nnato
a
perce
pire
le
basto
nate
non
come
dolor
e
fisico,
ma
come
profo
nda
vergo
gna.
Perch
é, si
doma
ndò,
non
mi
sono
avvici
nato
alla
finest
ra
finché
era
apert
a? E a
lei,
saltan
do il
davan
zale?
Avreb
be
potut
o
resist
ermi,
l'ipocr
ita, la
bugia
rda,
la
sgual
drina?
E
contin
uò a
impre
care
quasi
che
ne
avess
e
avuto
diritto
,
quasi
che
lei gli
avess
e
giurat
o
fedelt
à
come
a un
aman
te e
lo
avess
e
tradit
o.
Giurò
a se
stess
o che
l'avre
bbe
portat
a
sulla
bocca
di
tutti,
che le
avreb
be
gettat
o
fango
addos
so
davan
ti a
Olivo,
davan
ti ad
Amali
a,
davan
ti al
marc
hese,
all'ab
ate,
alla
dome
stica
e ai
dome
stici,
dicen
do
che
non
era
altro
che
una
putta
nella
lasciv
a, e
nient
e più.
Come
per
eserci
tarsi,
si
racco
ntò
nei
mini
mi
partic
olari
quel
che
aveva
appen
a
visto,
compi
acend
osi di
inven
tare
tutto
ciò
che
potes
se
mortif
icarla
:
che
era
nuda
alla
finest
ra,
che
aveva
accett
ato le
carez
ze
oscen
e
dall'a
mant
e
mentr
e la
lambi
va la
brezz
a del
matti
no.
Dopo
che
ebbe
così
placat
o la
sua
coller
a,
riflett
é su
che
cosa
fosse
megli
o fare
con
ciò
che
adess
o
sapev
a.
Non
era
ora in
suo
poter
e?
Non
potev
a
estorc
erle
con le
minac
ce
quei
favori
che
non
gli
conce
deva
spont
anea
ment
e? Ma
quest
o
piano
ignom
inioso
riaffo
ndò
imme
diata
ment
e,
perch
é
Casan
ova
dovet
te
ricono
scern
e non
tanto
l'igno
minia
quant
o
l'inse
nsate
zza e
l'inad
eguat
ezza
al
caso
in
questi
one.
Che
potev
a
impor
tare
delle
sue
minac
ce a
Marco
lina,
la
quale
non
dovev
a
rende
re
conto
a
nessu
no e
che
d'altr
onde,
se
gliene
fosse
impor
tato,
era
abbas
tanza
scaltr
a da
caccia
rlo di
came
ra
taccia
ndolo
di
calun
nia e
ricatt
o? E
persin
o se
fosse
stata
dispo
sta a
conce
dersi
a lui
per
comp
rare il
suo
silenzi
o
sulla
sua
tresca
con
Loren
zi
(ma
sapev
a
bene
di
trovar
si al
di là
dei
limiti
di
ogni
possi
bilità)
, per
uno
come
lui,
che
quan
do
amav
a
desid
erava
mille
volte
di più
dare
felicit
à che
riceve
re
felicit
à, un
piacer
e
estort
o con
la
violen
za
non si
sareb
be
inevit
abilm
ente
trasfo
rmato
in un
torme
nto
indici
bile,
tale
da
sping
erlo
sull'or
lo
della
pazzi
a,
dell'a
utoan
nient
amen
to? Si
trovò
impro
vvisa
ment
e
davan
ti alla
porta
del
giardi
no.
Era
chius
a col
chiavi
stello.
Loren
zi
aveva
quindi
una
copia
della
chiav
e. E
chi
era
stato
- gli
venne
in
ment
e
all'im
provv
iso -
ad
avven
tarsi
nella
notte
su un
destri
ero al
galop
po,
quan
do
Loren
zi si
era
alzato
dal
tavolo
da
gioco
?
Evide
ntem
ente
un
dome
stico
prezz
olato.
Senza
volerl
o,
Casan
ova si
trovò
costre
tto a
sorrid
ere.
Erano
degni
l'uno
dell'al
tra,
Marco
lina e
Loren
zi, la
filosof
ae
l'uffici
ale. E
davan
ti a
loro si
apriv
a una
magni
fica
carrie
ra.
Chi
sareb
be
stato
il
prossi
mo
aman
te di
Marco
lina?
si
doma
ndò.
Il
profe
ssore
di
Bolog
na,
press
o il
quale
abita.
Ma
che
stupid
o: lo
è già
stato.
.. Chi
ancor
a?
Olivo?
L'abat
e?
Perch
é
no?!
O il
giova
ne
dome
stico
che
ieri,
quan
do
siamo
arriva
ti, era
fermo
sulla
porta
con
gli
occhi
spala
ncati?
Tutti!
Io lo
so.
Ma
Loren
zi no.
E'
quest
o il
mio
vanta
ggio
su di
lui. In
realtà
non
solo
era
convi
nto,
nel
suo
intim
o, che
Loren
zi
fosse
il
primo
aman
te di
Marco
lina,
ma
presu
meva
addiri
ttura
che
quella
fosse
la
prima
notte
che
gli
avess
e
donat
o; ma
quest
o non
gli
imped
ì di
prose
guire
nel
suo
gioco
di
pensi
eri
malva
giame
nte
oscen
i per
tutto
il
temp
o che
impie
gò a
perco
rrere
il
perim
etro
del
giardi
no,
lungo
il
muro.
Si
trovò
così
di
nuovo
davan
ti alla
porta
della
sala,
che
aveva
lascia
to
apert
a, e
vide
che
per il
mom
ento
non
gli
resta
va
altro
che
tornar
e
nella
came
ra
della
torre.
senza
farsi

veder
e né
sentir
e.
Scivol
ò per
le
scale
con la
massi
ma
cautel
a e,
una
volta
in
came
ra, si
abban
donò
sulla
poltro
na
dove
era
già
stato
sedut
o:
davan
ti al
tavolo
dove i
fogli
sciolti
del
suo
mano
scritt
o
parev
ano
aspet
tare il
suo
ritorn
o.

Invol
ontari
amen
te gli
occhi
gli
cadde
ro
sulla
frase
che
prima
aveva
interr
otto a
metà,
e
lesse:
«Volt
aire
sarà
immo
rtale,
certa
ment
e; ma
si
sarà
comp
rato
quest
a
immo
rtalità
con la
sua
parte
immo
rtale;
l'argu
zia ha
consu
mato
il suo
cuore
come
il
dubbi
o la
sua
anima
,e
quindi
...».
In
quel
mom
ento
la
stanz
a fu
inond
ata
dal
rosse
ggian
te
sole
del
matti
no,
tanto
che il
foglio
che
tenev
a in
mano
comin
ciò ad
arder
e ed
egli,
come
sconfi
tto, lo
lasciò
cader
e sul
tavolo
,
sopra
gli
altri.
Si
rese
impro
vvisa
ment
e
conto
che
aveva
le
labbr
a
secch
e e si
versò
un
bicchi
ere
d'acq
ua
dalla
bottig
lia
che
era
sul
tavolo
; era
tiepid
ae
dolcia
stra.
Disgu
stato,
girò
la
testa
da
una
parte:
dalla
paret
e,
dallo
specc
hio
sul
casse
ttone,
lo
fissav
a un
volto
pallid
oe
vecch
io, coi
capell
i
scom
posti
che
gli
ricade
vano
sulla
fronte
. Nel
piacer
e di
torme
ntarsi
,
abbas

ulteri
orme
nte
gli
angoli
della
bocca
,
come
un
attore
di
teatro
che
debba
recita
re un
ruolo
disgu
stoso;
si
passò
le
mani
tra i
capell
i in
modo
che le
ciocch
e gli
ricade
ssero
in
modo
ancor
a più
disord
inato;
fece
la
lingua
ccia
alla
sua
imma
gine
allo
specc
hio,
gracc
hiò
con
voce
intenz
ional
ment
e più
roca
una
serie
di
insuls
e
impre
cazio
ni
contr
o se
stess
oe
infine
,
soffia
ndo
come
un
bambi
no
maled
ucato
, fece
cader
e dal
tavolo
i fogli
del
suo
mano
scritt
o. Poi
ripres
ea
impre
care
contr
o
Marco
lina, e
dopo
averla
fatta
ogget
to
delle
parol
e più
sconc
e,
sibilò
tra i
denti:
pensi
che la
gioia
duri a
lungo
?
Diven
terai
grass
ae
grinzo
sa e
vecch
ia
come
le
altre
donne
, che
sono
state
anch'
esse
giova
ni
come
te:
una
donna
vecch
ia dai
seni
caden
ti e
dai
capell
i
ispidi
e
grigi,
senza
denti
e
maleo
doran
te... e
infine
morir
ai!
Puoi
morir
e
anche
giova
ne! E
ti
deco
mporr
ai! E
sarai
cibo
per i
vermi
. Per
vendi
carsi
ancor
a di
lei,
cercò
di
imma
ginarl
a
morta
. La
vide
distes
a in
una
bara
apert
a,
vestit
a di
bianc
o, ma
fu
incap
ace di
imma
ginar
e su
di lei
alcun
segno
di
distru
zione;
anzi,
la sua
bellez
za
davve
ro
ultrat
erren
a gli
provo
cò un
nuovo
acces
so di
furore
.
Dava
nti ai
suoi
occhi
chiusi
, la
bara
diven
ne un
letto
nuzial
e;
Marco
lina vi
era
sdraia
ta e
sorrid
eva
con
gli
occhi
socchi
usi,
con le
pallid
e
mani
affuso
late,
come
per
dispet
to, si
lacerò
la
bianc
a
veste
sui
seni
delica
ti. Ma
mentr
e egli
tende
va le
bracci
a
verso
di lei,
mentr
e si
avven
tava
su di
lei
l'appa
rizion
e si
dissol
se nel
nulla.
Bussa
rono
alla
porta
ed
egli si
scoss
e da
quel
torbid
o
sonno
:
davan
ti a
lui
c'era
Olivo.
«Com
e, già
allo
scritt
oio?»
«E'
mia
abitu
dine»
,
rispos
e
Casan
ova
subito
tornat
o in
sé,
«dedi
care
al
lavoro
le
prime
ore
del
matti
no.
Che
ore
sono?
» «Le
otto»,
rispos
e
Olivo;
«la
colazi
one è
pront
a in
giardi
no;
non
appen
a
coma
ndate
,
cavali
ere,
ci
mette
remo
in
viaggi
o per
il
mona
stero.

Vedo
però
che il
vento
vi ha
sparp
agliat
oi
fogli!
» E si
mise
a
racco
gliere
le
carte
dal
pavim
ento.
Casan
ova lo
lasciò
fare,
perch
é si
era
avvici
nato
alla
finest
ra e
guard
ava,
alline
ate
intorn
o alla
tavola
della
colazi
one
che
era
stata
appar
ecchi
ata
sul
prato,
all'om
bra
della
casa,
Amali
a,
Marco
lina e
le tre
bambi
ne.
Gli
detter
o il
buon
giorn
o.

Egli
vide
soltan
to
Marco
lina:
gli
sorrid
eva
gentil
ment
e con
occhi
lumin
osi,
tenev
a in
grem
bo un
grapp
olo
d'uva
preco
ceme
nte
matur
a e si
mette
va in
bocca
un
acino
dopo
l'altro
.
Come
ebbro
della
sua
vista,
si
ritirò
nuova
ment
e
nella
came
ra
dove
Olivo,
ancor
a in
ginoc
chio
sul
pavim
ento,
cerca
va i
fogli
sparp
agliati
sotto
tavolo
e
casse
ttone;
gli
proibì
di
contin
uare
nei
suoi
sforzi
ed
espre
sse il
desid
erio
di
esser
e
lascia
to
solo
per
poter
si
prepa
rare
alla
gita.
«Non
c'è
fretta
»,
disse
Olivo
toglie
ndosi
la
polve
re dai
panta
loni,
«sare
mo
tranq
uillam
ente
di
ritorn
o per
pranz
o. Il
marc
hese
ci ha
prega
to
inoltr
e di
poter
comin
ciare
a
giocar
e
nelle
prime
ore
del
pome
riggio
;
evide
ntem
ente
desid
era
esser
ea
casa
prima
del
tramo
nto.»
«Mi è
del
tutto
indiffe
rente
a che
ora si
comin
cia»,
disse
Casan
ova
mentr
e
mette
va in
ordin
ei
suoi
fogli
nella
cartell
a;
«tant
o io
non
ho
intenz
ione
di
giocar
e.»
«E
invec
e
gioch
erete
»,
dichia

Olivo
con
una
risolu
tezza
che
gli
era
insolit
a, e
depos
e sul
tavolo
un
gruzz
olo di
mone
te
d'oro.
«Il
mio
debit
o,
cavali
ere,
in
ritard
o, ma
con
tutta
la mia
gratit
udine

Casan
ova
rifiutò
.
«Dov
ete
accett
are»,
prote
stò
Olivo,
«se
non
volete
offen
dermi
profo
ndam
ente;
inoltr
e
Amali
a
stano
tte ha
sogna
to
qualc
osa
che vi
indurr
àa
farlo..
. ma
ve lo
racco
nterà
lei
stess
a.» E
tacqu
e
subito
.
Casan
ova
stava
comu
nque
conta
ndo le
mone
te;
erano
cento
cinqu
anta,
esatta
ment
e la
somm
a che,
quindi
ci
anni
prima
,
aveva
regal
ato
allo
sposo
o alla
sposa
o alla
mam
ma di
lei...
non lo
sapev
a più
nem
meno
lui. La
cosa
più
ragio
nevol
e
sareb
be, si
disse,
che
intasc
assi il
denar
o,
prend
essi
conge
do e
lascia
ssi la
casa,
se
possi
bile
senza
rivede
re
Marco
lina.
Ma ho
mai
fatto
la
cosa
più
ragio
nevol
e? E
se nel
fratte
mpo
fosser
o
giunt
e
notizi
e da
Venez
ia?...
A dire
il
vero
la mia
eccell
ente
locan
diera
ha
prom
esso
di
trasm
etterl
e qui
senza
indugi
o...
Nel
fratte
mpo
la
came
riera
aveva
portat
o su
una
grand
e
brocc
a di
terrac
otta
con
acqua
fresca
di
sorge
nte, e
Casan
ova si
lavò
tutto
il
corpo
, cosa
quest
a che
lo
rinfre
scò
molto
; poi
si
mise
il suo
vestit
o
miglio
re,
una
speci
e di
abito
da
cerim
onia,
come
avreb
be
fatto
già la
sera
prima
se
solo
avess
e
trovat
o il
temp
o di
cambi
arsi;
fu
comu
nque
molto
conte
nto di
poter
si
prese
ntare
a
Marco
lina in
abbigl
iamen
to più
elega
nte
del
giorn
o
prima
,
anzi,
quasi
sotto
una
forma
nuova
.

Con
una
giacc
a di
seta
grigia
lucida
e
ricam
ata,
guarn
ita di
ampi
ricami
d'arg
ento
alla
spagn
ola,
panci
otto
giallo
e
calzo
ni di
seta
rosso
ciliegi
a,
porta
ment
o
nobile
ma
non
tropp
o
altezz
oso,
un
sorris
o
medit
abond
o ma
cordia
le
sulle
labbr
a e gli
occhi
che
irradi
avano
una
giovin
ezza
il cui
fuoco
non si
potev
a
spegn
ere:
così
entrò
in
giardi
no
dove,
con
sua
grand
e
delusi
one,
trovò
sulle
prime
soltan
to
Olivo,
che lo
invitò
a
seder
si
accan
to a
lui e a
servir
si a
volont
à di
quel
mode
sto
pasto.
Casan
ova si
ristor
ò con
latte,
burro,
uova,
pane
bianc
oe
poi
ancor
a
pesch
ee
uva,
che
gli
parve
ro le
più
gusto
se
che
avess
e mai
assag
giato.
Erano
giunt
e,
corre
ndo
sul
prato,
le tre
bambi
ne;
Casan
ova le
baciò
tutte
e tre,
e alla
più
grand
e
allung
ò
qualc
he
carez
za di
quelle
che
ieri
aveva
accett
ato
dall'a
bate;
ma le
scintil
le che
si
acces
ero
nei
suoi
occhi
erano
,
come
Casan
ova
ben si
accor
se, il
frutto
di un
piacer
e ben
divers
o da
quello
di un
innoc
uo
gioco
infant
ile.
Olivo
fu
felice
di
veder
e che
il
cavali
ere ci
sapev
a fare
così
bene
con le
bimbe
. «E
ci
volete
davve
ro
lascia
re già
doma
ni?»,
doma
ndò
con
timid
a
dolce
zza.
«Stas
era»,
rispos
e
Casan
ova,
ammi
ccand
o
scher
zosa
ment
e.
«Sap
ete,
ottim
o
Olivo,
i
senat
ori di
Venez
ia...»
«Non
vi
merit
ano»,
lo
interr
uppe
vivac
emen
te
Olivo.
«Che
aspet
tino.
Resta
te con
noi
fino a
dopod
omani
, ma
no,
per
una
setti
mana

Casan
ova
scoss
e
lenta
ment
e la
testa,
mentr
e
string
eva la
mano
della
piccol
a
Teresi
na e
la
tenev
a
come
prigio
niera
tra le
ginoc
chia.
Ella si
stava
divinc
oland
o
dolce
ment
e, con
un
sorris
o
sulle
labbr
a che
non
aveva
nient
e di
infant
ile,
quan
do
dalla
casa
usciro
no
Amali
ae
Marco
lina,
l'una
con
uno
scialle
nero,
l'altra
con
uno
scialle
bianc
o
sulle
spalle
chiare
.
Olivo
le
pregò
di
unire
le
loro
pregh
iere
alle
sue.
«E'
impos
sibile
»,
disse
Casan
ova
con
ecces
siva
durez
za
nella
voce
e
nell'e
spres
sione,
perch
é né
Amali
a né
Marco
lina
trova
vano
le
parol
e per
unirsi
all'inv
ito di
Olivo.

Mentr
e
proce
devan
o
lungo
il
viale
di
ippoc
astani
verso
la
porta,
Marco
lina
doma
ndò a
Casan
ova
se
duran
te la
notte
avess
e
sensi
bilme
nte
prose
guito
nel
suo
lavoro
, al
quale
Olivo
le
aveva
racco
ntato
di
averlo
trovat
o di
primo
matti
no.
Casan
ova
pensa
va già
di
darle
una
rispos
ta
ambig
ua e
malig
na,
che
l'avre
bbe
sorpr
esa
pur
senza
tradirl
o; ma
repre
sse
quel
motto
di
spirit
o in
consi
derazi
one
del
fatto
che
ogni
fretta
avreb
be
potut
o
esser
e
nociv
ae
rispos
e
cortes
emen
te di
avere
appor
tato
unica
ment
e
alcun
e
modifi
che
cui
era
stato
stimol
ato
dal
colloq
uio
con
lei.
Saliro
no su
una
carroz
za
sform
ata e
mal
imbot
tita
ma
comu
nque
como
da.
Casan
ova
era
sedut
o
davan
ti a
Marco
lina e
Olivo
davan
ti alla
sua
conso
rte;
ma la
vettur
a era
così
spazi
osa
che
nonos
tante
le
molte
scoss
e era
impen
sabile
che
gli
occup
anti
potes
sero
toccar
si
senza
volerl
o.
Casan
ova
pregò
Amali
a di
racco
ntargl
i il
suo
sogno
. Lei
gli
sorris
e
gentil
ment
e,
quasi
bonar
iamen
te;
dai
suoi
tratti
era
scom
parsa
ogni
tracci
a di
risent
iment
o o di
ranco
re.
Poi
comin
ciò:
«Vi
ho
visto,
Casan
ova,
passa
re in
una
magni
fica
carroz
za
tirata
da sei
cavall
i scuri
davan
ti a
un
edifici
o
chiaro
. Di
più:
la
carroz
za si
ferma
va e
io non
sapev
o
ancor
a chi
c'era
dentr
o,
quan
do
siete
sceso
voi,
con
un
magni
fico
abito
da
cerim
onia
bianc
o coi
ricami
d'oro,
quasi
ancor
a più
elega
nte di
quello
che
indos
sate
oggi
(nei
suoi
modi
c'era
un'am
ichev
ole
ironia
)e
porta
vate -
davve
ro - la
stess
a
caten
a
d'oro
che
avete
oggi e
che io
non vi
avevo
mai
visto!
(Ques
ta
caten
a, con
l'orolo
gio
d'oro
e una
tabac
chiera
d'oro
temp
estate
di
pietre
semip
rezios
e che
Casan
ova
tenev
a in
mano
,
gioch
erella
ndoci,
erano
gli
ultimi
gioiell
i di
un
certo
valore
che
aveva
saput
o
conse
rvare.
) Lo
sport
ello fu
apert
o da
un
vecch
io che
aveva
l'aspe
tto di
un
mendi
cante
: era
Loren
zi; voi
però,
Casan
ova,
erava
te
giova
ne,
giova
nissi
mo,
ancor
a più
giova
ne di
quant
o non
foste
allora
.
(Diss
e
"allor
a"
incura
nte
del
fatto
che,
da
quest
a
parol
a,
volas
sero
tra un
frullar
d'ali
tutti i
suoi
ricord
i.) Voi
saluta
vate
in
tutte
le
direzi
oni,
per
quant
o in
lungo
e in
largo
non si
vedes
se
nessu
no,
ed
entra
vate
dalla
porta;
essa
si
chius
e
violen
teme
nte
dietro
di voi,
non
so se
per
opera
del
vento
o di
Loren
zi:
tanto
violen
teme
nte
che i
cavall
i si
imbiz
zarrir
ono e
volaro
no via
con la
carroz
za.
Allora
udii
un
urlo
dai
vicoli
vicini,
come
di
perso
ne
che
cerca
ssero
di
mette
rsi in
salvo,
ma
tacqu
e
subito
. Voi
però
vi
affacc
iaste
a una
finest
ra
della
casa,
adess
o
sapev
o che
era
una
casa
da
gioco,
e
saluta
ste in
tutte
le
direzi
oni,
ma
non
c'era
nessu
no.
Poi vi
volge
ste
all'ind
ietro,
sopra
le
vostr
e
spalle
,
come
se
dietro
di voi,
nella
stanz
a, ci
fosse
qualc
uno;
ma io
sapev
o che
anche
là non
c'era
nessu
no.
Poi vi
scorsi
all'im
provv
iso a
un'alt
ra
finest
ra, a
un
altro
piano,
dove
accad
de
esatta
ment
e la
stess
a
cosa,
poi
semp
re più
in
alto,
e
ancor
a, era
come
se
l'edifi
cio
cresc
esse
all'infi
nito,
e
semp
re
saluta
vate
verso
il
basso
e
parla
vate
con
qualc
uno
che
era
alle
vostr
e
spalle
,
anche
se in
realtà
non
c'era
nessu
no.
Loren
zi
però
contin
uava
a
rincor
rervi
per le
scale
senza
raggi
unger
vi.
Voi
non
aveva
te
neppu
re
pensa
to a
fargli
l'elem
osina.
..».

«E
poi?»,
doma
ndò
Casan
ova
quan
do
Amali
a
tacqu
e.
«Succ
edeva
qualc
os'altr
o, ma
io l'ho
dimen
ticato
»,
disse
Amali
a.
Casan
ova
era
delus
o; al
posto
di lei
avreb
be,
come
semp
re
facev
a in
simili
casi,
si
tratta
sse di
sogni
o di
realtà
,
cercat
o di
perfe
zionar
e il
racco
nto,
di
confe
rirgli
un
senso
,e
così
osser
vò,
alqua
nto
scont
ento:
«Com

tutto
alla
roves
cia,
nel
sogno
. Io
ricco
e
Loren
zi
mendi
cante
e
vecch
io».
«Lore
nzi
non
andrà
lonta
no,
con la
sua
ricche
zza»,
disse
Olivo:
«suo
padre
è
piutto
sto
benes
tante,
ma i
suoi
rappo
rti col
figlio
non
sono
dei
miglio
ri». E
senza
che
doves
se
fare
doma
nde,
Casan
ova
venne
a
saper
e che
si
dovev
a la
conos
cenza
del
sottot
enent
e al
marc
hese,
che
un
giorn
o,
qualc
he
setti
mana
prima
,
l'avev
a
sempl
iceme
nte
portat
o con
sé in
casa
di
Olivo.
Non
c'era
certo
bisog
no di
spieg
are
espre
ssam
ente
a un
esper
to
come
il
cavali
ere
che
tipo
di
rappo
rto
interc
orress
e tra
il
giova
ne
ufficia
le e la
marc
hesa;
d'altr
o
canto
,
poich
é il
conso
rte
semb
rava
non
trovar
ci
nient
e da
ridire,
non si
capiv
a
perch
é la
cosa
doves
se
turbar
e
loro,
che
non
erano
dirett
amen
te
intere
ssati.
«Che
il
marc
hese
sia
così
d'acc
ordo
come
voi
semb
rate
crede
re,
Olivo
»,
disse
Casan
ova,
«mi
perm
ettere
i di
mette
rlo in
dubbi
o.
Non
avete
notat
o con
quale
miscu
glio di
dispre
zzo e
astio
tratti
il
giova
ne?
Non
potrei
giurar
e che
la
cosa
andrà
a
finire
bene.
»
Anche
adess
o
nient
e si
moss
e sul
volto
di
Marco
lina,

cambi
ò
posizi
one.
Parev
a non
prend
ere
mini
mam
ente
parte
al
colloq
uio su
Loren
zi e
goder
si
tranq
uillam
ente
la
vista
del
paesa
ggio.
Casan
ova
prefer
ì
scend
ere e
prose
guire
accan
to alla
carroz
za.
Marco
lina
parlò
dei
dintor
ni di
Bolog
na e
delle
belle
passe
ggiate
vespe
rtine
che
amav
a fare
con la
figlia
del
profe
ssor
Morga
gni.
Menzi
onò
anche
la sua
intenz
ione
di
recars
i,
l'anno
dopo,
in
Franci
a, per
conos
cere
perso
nalme
nte il
celebr
e
mate
matic
o
Saugr
enue,
dell'u
nivers
ità di
Parigi
.
«Fors
e mi
conce
derò
il
piacer
e»,
disse
sorrid
endo,
«di
ferma
rmi a
Ferne
y, per
saper
e
dallo
stess
o
Voltai
re
come
egli
abbia
accolt
o lo
scritt
o
polem
ico
del
suo
più
perico
loso
oppos
itore,
il
cavali
ere di
Seing
alt.»
Casan
ova,
con la
mano
sul
bordo
della
carroz
za,
accan
to al
bracci
o di
Marco
lina,
la cui
manic
a
gonfia
gli
sfiora
va le
dita,
replic
ò
fredd
amen
te:
«Non
si
tratta
tanto
di
come
il
signor
Voltai
re
accog
lierà
la mia
opera
, ma
di
come
l'acco
gliera
nno i
poste
ri:
infatti
soltan
to
costor
o
avran
no il
diritto
di
prend
ere
una
decisi
one
defini
tiva».
«Voi
crede
te»,
chies
e
Marco
lina
seria
ment
e,
«che
sulle
questi
oni di
cui
andia
mo
parla
ndo
possa
no
davve
ro
esser
e
prese
decisi
oni
defini
tive?»
«Que
sta
doma
nda
mi
mera
viglia
sulla
vostr
a
bocca
,
Marco
lina,
le cui
opinio
ni
filosof
iche
e, se
posso
usare
la
parol
a,
religio
se,
non
mi
semb
rano
assol
utam
ente
inconf
utabili
di per
sé ma
comu
nque
ben
salda
ment
e
fonda
te
nella
vostr
a
anima
,
purch
é
amm
ettiat
e di
avern
e
una.»
Marco
lina,
non
facen
do
caso
alle
frecci
ate
nel
discor
so di
Casan
ova,
alzò
tranq
uillam
ente
gli
occhi
al
cielo
che si
apriv
a
azzur
ro
intens
o
sulle
chiom
e
degli
alberi
e
rispos
e:
«Talv
olta,
sopra
ttutto
in
giorni
come
oggi»
, e in
quest
e
parol
e
risuon
ò solo
per
Casan
ova,
che
sapev
a,
una
palpit
ante
devoz
ione
prove
nient
e dal
profo
ndo
del
suo
cuore
di
donna
, «mi
pare
che
tutto
ciò
che
defini
amo
filosof
ia e
religio
ne sia
solo
un
gioco
di
parol
e, più
nobile
,
certa
ment
e, ma
anche
più
insen
sato
di
tutti
gli
altri.

Conce
pire
l'infini
to e
l'eter
nità ci
sarà
semp
re
negat
o; la
nostr
a
strad
a
proce
de
dalla
nascit
a alla
morte
; che
cosa
ci
resta
se
non
vivere
secon
do la
legge
che
ciascu
no ha
nel
suo
petto,
o
anche
contr
o
quest
a
legge
?
Perch
é
ribelli
one e
umilt
à
sono
uguali
davan
ti a
Dio».

Olivo
guard
ava la
nipot
e con
timid
a
ammi
razion
ee
Casan
ova
con
una
certa
paura
;
questi
cerca
va
una
rispos
ta con
la
quale
spieg
are a
Marco
lina
che
lei,
per
così
dire,
dimos
trava
e al
conte
mpo
negav
a
l'esist
enza
di
Dio;
ma
sentiv
a che
alla
sensi
bilità
di lei
non
potev
a
oppor
re
che
parol
e
vuote
,e
non
gli
venne
ro
neppu
re
quelle
.
Tutta
via
l'espr
essio
ne
partic
olarm
ente
strav
olta
del
suo
volto
parve
risveg
liare
in
Amali
a il
ricord
o
delle
sue
folli
minac
ce del
giorn
o
prima
, ed si
affret
tò a
osser
vare:
«E
tuttav
ia
Marco
lina è
devot
a,
crede
temi,
cavali
ere».
Marco
lina
sorris
e
smarr
ita.
«Lo
siamo
tutti,
a
modo
nostr
o»,
disse
cortes
emen
te
Casan
ova, e
guard
ò
davan
ti a
sé.

Una
curva
repen
tina,
e
all'im
provv
iso
davan
ti a
loro
c'era
il
mona
stero.
Sull'al
to
muro
di
cinta
svetta
vano
le
esili
chiom
e dei
cipres
si. Al
rumor
e
della
carroz
za
che
avanz
ava si
era
apert
a la
porta;
un
portin
aio
dalla
lunga
barba
bianc
a
salutò
devot
amen
te e
fece
entrar
e gli
ospiti.
Lungo
un
loggia
to ad
archi,
tra le
cui
colon
ne si
vedev
a da
ambo
le
parti
un
giardi
no
coper
to di
veget
azion
e
verde
scuro,
si
avvici
naron
o al
mona
stero
vero
e
propri
o,
dalle
cui
mura
grigie
,
compl
etam
ente
prive
di
orna
menti
e
simili
a
quelle
di
una
prigio
ne,
soffia
va
verso
di
loro
un'ari
etta
sgrad
evole
e
freddi
na.

Olivo
tirò la
fune
della
camp
anella
;
quest
a
emise
un
suono
acuto
che
subito
rieche
ggiò e
una
suora
velati
ssima
aprì
in
silenzi
oe
condu
sse
gli
ospiti
in un
parlat
orio
ampio
e
spogli
o, in
cui si
trova
vano
soltan
to
alcun
e
sempl
ici
sedie
di
legno.
Sul
retro,
esso
era
chius
o da
una
grata
di
ferro
dalle
sbarr
e
molto
gross
e, al
di là
della
quale
la
stanz
a
svani
va in
una
fitta
oscuri
tà.
Con
l'ama
rezza
nel
cuore
,
Casan
ova
ripens
òa
quell'
avven
tura
che a
tutt'o
ggi gli
parev
a una
delle
più
straor
dinari
e che
avess
e
vissut
oe
che
aveva
avuto
inizio
in un
ambie
nte
assai
simile
:
nella
sua
anima
affior
arono
le
figure
delle
due
suore
di
Mura
no
che,
nell'a
more
per
lui, si
erano
ritrov
ate
amich
e, e
gli
aveva
no
regal
ato
insie
me
incom
parab
ili ore
di
piacer
e. E
quan
do
Olivo,
a
voce
bassis
sima,
comin
ciò a
parlar
e
della
rigoro
sa
discip
lina
che
qui le
suore
erano
tenut
ea
osser
vare,
tanto
che
dopo
la
vestiz
ione
non
potev
ano
più
mostr
are il
loro
volto
a un
uomo
ed
erano
conda
nnate
al
silenzi
o
perpe
tuo,
sulle
sue
labbr
a
tremò
un
sorris
o che
si
irrigid
ì
subito
.

In
mezz
oa
loro
c'era
la
bades
sa,
come
spunt
ata
dall'o
scurit
à.
Muta,
salutò
gli
ospiti
; con
un
inchin
o
oltre
modo
benev
olo
del
capo
velato
accett
ò il
ringra
ziame
nto di
Casan
ova
per il
perm
esso
di
entrar
e
conce
sso
anche
a lui;
Marco
lina
però,
che
volev
a
baciar
le la
mano
, la
strins
e tra
le
bracci
a.
Poi,
con
un
gesto
della
mano
,
invitò
tutti a
seguir
la, e
attrav
erso
una
stanz
etta
latera
le li
guidò
in un
portic
o di
forma
quadr
ata
che
corre
va
tutt'in
torno
a un
fioren
te
giardi
no.

Rispet
to
all'alt
ro,
inselv
atichit
o,
semb
rava
curat
o con
partic
olare
solleci
tudin
e; e
nelle
molte
aiuole
,
ricche
e
illumi
nate
dal
sole,
gioca
vano
colori
che si
accen
devan
oe
smorz
avano
in
modo
straor
dinari
o. Ai
profu
mi
caldi
che
fluiva
no dai
calici
dei
fiori,
e che
quasi
lo
stordi
vano,
a
Casan
ova
parev
a ne
fosse
misch
iato
uno
partic
olarm
ente
miste
rioso,
di cui
la sua
mem
oria
non
riusci
va a
trovar
e
l'egua
le.
Tutta
via,
propri
o
mentr
e
stava
per
dire
qualc
osa a
Marco
lina a
quest
o
propo
sito,
notò
che
quest
o
profu
mo
miste
rioso,
che
gli
eccita
va il
cuore
ei
sensi,
veniv
a da
lei
stess
a, che
si era
appog
giata
sul
bracci
o lo
scialle
che
aveva
tenut
o sino
a quel
mom
ento
sulle
spalle
,
cosicc

dalla
scolla
tura
della
sua
veste
adess
o
libera
si
levav
a il
profu
mo
del
suo
corpo
, che
si
univa
a
quello
dei
cento
mila
fiori
come
se
fosse
loro
affine
per
natur
a
eppur
e
divers
o.

La
bades
sa,
semp
re
muta,
condu
sse i
visitat
ori tra
le
aiuole
, per
sentie
ri
stretti
e
molto
tortuo
si,
simili
a un
delica
to
labirin
to;
nella
legge
rezza
e
nella
rapidi
tà del
suo
inced
ere si
perce
piva
la
gioia
che
lei
stess
a
prova
va nel
mostr
are
agli
altri
la
vario
pinta
magni
ficenz
a del
suo
giardi
no; e
quasi
si
fosse
prefis
sa di
far
venir
e loro
le
vertig
ini,
come
se
guida
sse
un'all
egra
ridda,
li
prece
deva
andan
do
semp
re più
in
fretta
.
All'im
provv
iso
però -
Casan
ova
ebbe
l'impr
essio
ne di
svegli
arsi
da un
sogno
confu
so - si
ritrov
arono
tutti
nel
parlat
orio.
Al di

della
grata
aleggi
avano
figure
scure
;
nessu
no
sareb
be
riuscit
oa
distin
guere
se
fosser
o tre
o
cinqu
eo
venti
donne
velate
,
quelle
che
vagav
ano
avanti
e
indiet
ro al
di là
delle
spess
e
grate,
come
spiriti
perse
guitat
i; e
soltan
to gli
occhi
abitu
ati
alla
notte
di
Casan
ova
erano
in
grado
di
distin
guere
figure
uman
e in
quella
profo
nda
peno
mbra.
La
bades
sa
acco
mpag
nò i
suoi
ospiti
alla
porta
e,
senza
parlar
e,
fece
loro
cenno
che
erano
conge
dati,
scom
paren
do
prima
che
avess
ero il
temp
o di
espri
mere
i loro
obblig
ati
ringra
ziame
nti.

All'im
provv
iso,
prima
che
lascia
ssero
la
sala,
risuon
ò dai
pressi
della
grata
un
«Casa
nova»
pronu
nziato
da
una
voce
di
donna
:
nient'
altro
che il
nome
, ma
con
un'es
pressi
one
che
Casan
ova
crede
va di
non
avere
ancor
a mai
udito.
Che
fosse
stata
una
sua
amat
ao
una
donna
mai
vista
a
infran
gere
un
sacro
voto
per
alitar
e
un'ulti
ma o
una
prima
volta
in
aria il
suo
nome
; se
vi
avess
e
trema
to la
beatit
udine
per
un
inatte
so
rivede
rsi, il
dolor
e per
qualc
osa di
irrime
diabil
ment
e
perdu
to o il
lamen
to
perch
é un
arden
te
desid
erio
di
giorni
lonta
ni si
esaud
iva
così
tardi
e
inutil
ment
e,
Casan
ova
non
poté
saperl
o:
sapev
a
soltan
to
quest
o, che
il suo
nome
, che
tante
volte
la
tener
ezza
aveva
sussu
rrato,
la
passi
one
balbet
tato e
la
gioia
decla
mato
oggi,
per la
prima
volta,
arriva
va al
suo
cuore
col
suono
pieno
dell'a
more.
Ma
propri
o per
quest
o ogni
altra
curios
ità gli
parev
a
assur
da e
insen
sata:
e
dietro
un
segre
to che
nessu
no
avreb
be
mai
svelat
o si
chius
e
quella
porta.
Se gli
altri
non
avess
ero
fatto
capire
, con i
loro
sguar
di
timidi
e
fugaci
, di
aver
udito
anch'
essi
quel
richia
mo,
subito
rieche
ggiat
o,
ciascu
no
avreb
be
potut
o
crede
re, da
parte
sua, a
un'illu
sione
senso
riale;
infatti
mentr
e
avanz
avano
lungo
il
loggia
to
fino
alla
porta
nessu
no
profer
ì
parol
a.
Casan
ova
però
segui
va
per
ultim
o;
camm
inava
a
capo
chino,
come
dopo
un
grand
e
addio.

Il
portin
aio
era
accan
to alla
porta
e
riceve
tte la
sua
elemo
sina;
gli
ospiti
saliro
no
sulla
carroz
za
che li
ricond
usse
a
casa
senza
ulteri
ori
indugi
.
Olivo
semb
rava
imbar
azzat
o,
Amali
a
rapita
,
Marco
lina
invec
e
perfet
tame
nte
tranq
uilla;
e
anche
tropp
o
intenz
ional
ment
e,
così
parve
a
Casan
ova,
tentò
di
avviar
e con
Amali
a una
conve
rsazio
ne su
questi
oni di
econo
mia
dome
stica,
che
però
fu
Olivo
a
soste
nere
al
posto
della
mogli
e.
Prest
o vi si
unì
anche
Casan
ova,
che si
inten
deva
a
mera
viglia
di
questi
oni
che
riguar
dasse
ro
cucin
ae
cantin
ae
non
vedev
a
motiv
o,
date
le sue
conos
cenze
ed
esperi
enze
anche
in
quest
o
camp
o,
quasi
una
dimos
trazio
ne
della
sua
polied
ricità,
di
tener
sene
lonta
no. A
quest
o
punto
anche
Amali
a si
destò
dal
suo
traso
gnam
ento;
dopo
l'avve
ntura
quasi
favolo
sa e
tuttav
ia
oppri
ment
e da
cui
erano
riaffio
rati,
parev
ano
tutti,
ma
sopra
ttutto
Casan
ova,
trovar
si
partic
olarm
ente
a loro
agio
in
un'at
mosfe
ra
così
terren
ae
quoti
diana
;e
quan
do la
carroz
za si
fermò
davan
ti alla
casa
di
Olivo,
da cui
li
raggi
unse
un
invita
nte
profu
mo di
arrost
o e di
erbe
d'ogni
gener
e,
Casan
ova si
era
appen
a
imbar
cato
nell'a
ppetit
osa
descri
zione
di un
pastic
cio
polac
co
che
anche
Marco
lina
ascolt
ava
con
un'am
abile
parte
cipazi
one
da
casali
nga,
che
Casan
ova
trovò
lusing
hiera.

In
preda
a un
umor
e
stran
amen
te
tranq
uillo e
quasi
compi
aciuto
che
mera
viglia
va
anche
lui,
sedet
te poi
a
tavola
con
gli
altri,
facen
do a
Marco
lina
una
corte
scher
zosa
e
giovia
le,
come
ci si
aspet
ta che
un
vecch
io
signor
e
distin
to
possa
fare
con
una
giova
ne
bened
ucata
di
famigl
ia
borgh
ese.
Lei
accett
ò di
buon
grado
e
rispos
e alle
sue
gentil
ezze
con
grazia
infinit
a.
Egli
facev
a una
gran
fatica
a
imma
ginar
e che
la sua
costu
mata
vicina
fosse
quella
stess
a
Marco
lina
dalla
cui
finest
ra, la
notte
addiet
ro,
aveva
visto
fuggir
e un
giova
ne
ufficia
le che
evide
ntem
ente
era
stato
nelle
sue
bracci
a fino
a
pochi
secon
di
prima
;
come
gli
resta
va
difficil
e
suppo
rre
che
quest
a
dolce
fanciu
lla,
che
amav
a
rotola
rsi
sull'er
ba
con
ragaz
zine
non
ancor
a
cresci
ute,
intrat
tenes
se
una
dotta
corris
ponde
nza
col
celebr
e
Saugr
enue
di
Parigi
;e
subito
si
rimpr
overò
per
quest
a
ridicol
a
pigrizi
a
della
sua
fantas
ia.
Non
aveva
già
speri
ment
ato,
innu
mere
voli
volte,
che
nell'a
nima
di
ogni
uomo
davve
ro
vivo
convi
vono
nel
modo
più
pacifi
co
eleme
nti
appar
ente
ment
e
nemic
i? Lui
stess
o, che
fino a
poco
prima
era
un
uomo
agitat
o,
disper
ato,
anzi
pront
oa
compi
ere
atti
malva
gi:
non
era
adess
o così
mite,
bonar
io e
inclin
e ad
allegri
gioch
etti
che le
figliol
ette
di
Olivo
ridev
ano
talvol
ta a
crepa
pelle?
Solta
nto
dalla
sua
fame
straor
dinari
a,
quasi
anima
lesca,
di
quelle
che lo
coglie
vano
semp
re
dopo
forti
emozi
oni,
egli si
accor
se
che
nella
sua
anima
l'ordin
e non
si era
ancor
a
compl
etam
ente
ristab
ilito.

Insie
me
all'ulti
ma
portat
a la
dome
stica
conse
gnò
una
letter
a
appen
a
giunt
a per
il
cavali
ere
con
un
mess
agger
o
prove
nient
e da
Manto
va.

Olivo,
che
notò
come
Casan
ova
fosse
impall
idito
dall'e
ccitazi
one,
ordin
ò di
dare
al
mess
o da
bere
e da
mangi
are e
poi
disse
al suo
ospite
:
«Non
vi
distur
bate,
cavali
ere,
legget
e
tranq
uillam
ente
la
vostr
a
letter
a».
«Col
vostr
o
perm
esso»
,
rispos
e
Casan
ova;
si
alzò
da
tavola
con
un
legge
ro
inchin
o, si
avvici

alla
finest
ra e
lesse
la
letter
a con
simul
ata
indiffe
renza
. Era
di
Braga
dino,
suo
pater
no
amico
dei
giorni
di
giove
ntù,
un
vecch
io
scapo
lone
che,
ormai
più
che
ottant
enne,
e da
dieci
anni
mem
bro
del
Consi
glio
dei
Dieci,
parev
a
prend
ersi
cura
della
sorte
di
Casan
ova
più
degli
altri
benef
attori
che
questi
aveva
a
Venez
ia. La
letter
a,
eccezi
onalm
ente
gentil
ee
scritt
a da
una
mano
un
po'
trema
nte,
dicev
a
letter
almen
te:
"Mio
caro
Casan
ova,
oggi
mi
trovo
finalm
ente
nella
gradit
a
posizi
one di
poter
vi
inviar
e una
notizi
a che
spero
sia
sosta
nzial
ment
e
all'alt
ezza
dei
vostri
desid
eri.
Nella
sua
ultim
a
sedut
a,
tenut
asi
ieri, il
Consi
glio
dei
Dieci
non
solo
si è
dichia
rato
pront
oa
conce
dervi
di
rientr
are a
Venez
ia,
ma
desid
era
addiri
ttura
che lo
accele
riate
il più
possi
bile,
poich
é ha
intenz
ione
di
ricorr
ere
quant
o
prima
alla
fattiv
a
ricono
scenz
a che
avete
prosp
ettato
in
nume
rose
letter
e.
Come
forse
ignor
ate,
caro
Casan
ova
(poic

purtro
ppo è
da
tanto
che
abbia
mo
dovut
o
rinun
ciare
alla
vostr
a
prese
nza),
nel
corso
degli
ultimi
tempi
la
situaz
ione
della
nostr
a cara
città
natale
dà un
po' da
pensa
re, da
un
punto
di
vista
sia
politic
o che
moral
e.
Nasco
no
societ
à
segre
te
contr
o la
nostr
a
costit
uzion
e, che
pare
si
prefig
gano
una
rivolu
zione
violen
ta; e
com'è
nella
natur
a
delle
cose,
sono
sopra
ttutto
certi
eleme
nti
votati
al
libero
pensi
ero,
irrelig
iosi e
del
tutto
dissol
uti a
parte
cipare
in
nume
ro
preva
lente
a
quest
e
societ
à che,
con
una
parol
a più
dura,
si
potre
bbero
defini
re
anche
congi
ure.
Sulle
pubbli
che
piazz
e, nei
caffè,
per
non
parlar
e dei
luoghi
privat
i,
come
ben
sappi
amo,
si
tengo
no i
discor
si più
spave
ntevol
i, di
vero
e
propri
o alto
tradi
ment
o, ma
solo
di
rado
si
riesce
a
coglie
re i
colpe
voli
sul
fatto
oa
prova
re
qualc
osa di
sicuro
sul
loro
conto
,
poich
é
certe
confe
ssioni
estort
e con
la
tortur
a si
sono
dimos
trate
così
inatte
ndibili
che
alcuni
mem
bri
del
nostr
o
Consi
glio
dei
Dieci
prefer
iscon
o
presci
ndere
da
meto
di
invest
igativi
così
orribil
ie
per
giunt
a
spess
o
fuorvi
anti.
Non
manc
ano
certo
perso
ne
che si
metta
no al
serviz
io del
gover
no
per il
bene
dell'or
dine
pubbli
co e
dello
Stato
; ma i
più
sono
tropp
o noti
come
arden
ti
soste
nitori
della
costit
uzion
e
esiste
nte
perch
é
qualc
uno si
lasci
facilm
ente
sfuggi
re, in
loro
prese
nza,
un'os
serva
zione
incaut
ao
addiri
ttura
un
discor
so di
alto
tradi
ment
o.
Ora
da
uno
dei
senat
ori, di
cui
per il
mom
ento
non
voglio
fare il
nome

stata
avanz
ata,
duran
te la
sedut
a di
ieri,
l'ipote
si per
cui
qualc
uno
che
abbia
la
fama
di
uomo
senza
princi
pi
moral
ie
per
giunt
a di
un
libero
pensa
tore -
in
breve
qualc
uno
come
voi,
Casan
ova -
otterr
ebbe
imme
diata
ment
e la
simpa
tia di
quei
circoli
sospe
tti di
cui
andia
mo
parla
ndo e
- con
qualc
he
accort
ezza
da
parte
sua -
incont
rereb
be
prest
o una
fiduci
a
incon
dizion
ata. A
mio
paret
e
intorn
oa
voi si
racco
gliere
bbero
neces
saria
ment
e,
quasi
ottem
peran
do a
una
legge
natur
ale,
propri
o
quegli
eleme
nti la
cui
neutr
alizza
zione
e
punizi
one
esem
plare
sta
partic
olarm
ente
a
cuore
al
Consi
glio
dei
Dieci,
nella
sua
instan
cabile
solleci
tudin
e per
il
bene
dello
Stato
;e
noi
consi
derer
emm
o non
solo
una
prova
del
vostr
o zelo
patrio
ttico,
mio
caro
Casan
ova,
ma
anche
un
segno
inequi
vocab
ile
della
vostr
a
compl
eta
conve
rsione
da
tutte
quelle
tende
nze
che a
suo
temp
o
doves
te
scont
are
certo
dura
ment
e, ma
non
del
tutto
ingius
tame
nte,
come
voi
stess
o oggi
ricono
scete
(se
possi
amo
crede
re
alle
vostr
e
rassic
urazio
ni
episto
lari),
nei
Piomb
i, se
voi
foste
pront
oa
cercar
e
subito
dopo
il
vostr
o
rimpa
trio
colleg
amen
ti nel
senso
appen
a
accen
nato
con
gli
eleme
nti
che
abbia
mo
caratt
erizza
to, a
string
ere
con
loro
rappo
rti
amich
evoli
come
uno
che
nutra
le
stess
e
tende
nze e
sopra
ttutto
a
riferir
e
senza
indugi
oe
detta
gliata
ment
e al
Senat
o
quant
o vi
semb
ri
sospe
tto o
comu
nque
degno
d'ess
er
saput
o. Per
tali
serviz
i si
sareb
be
inclini
ad
asseg
narvi
in un
primo
mom
ento
uno
stipen
dio
mensi
le di
duece
ntocin
quant
a lire,
a
presci
ndere
da
gratifi
cazio
ni
extra
per
singol
i casi
di
partic
olare
impor
tanza
,
nonch
é
natur
almen
te a
rimbo
rsarvi
senza
esitaz
ioni o
spilor
cerie
tutte
le
spese
deriv
anti
dall'e
serciz
io del
vostr
o
serviz
io
(man
ce a
quest
ooa
quell'
altro
indivi
duo,
piccoli
doni a
mem
bri
del
gentil
sesso
,
eccet
era).
Non
mi
nasco
ndo
assol
utam
ente
che
avret
e da
comb
attere
divers
i
scrup
oli
prima
di
poter
vi
decid
ere
nel
senso
da noi
auspi
cato;
ma
perm
ettete
al
vostr
o
vecch
io e
sincer
o
amico
(che
è
stato
anche
lui
giova
ne) di
ricord
arvi
che
non è
mai
dison
orevol
e
rende
re
alla
propri
a
amat
a
patria
un
serviz
io
indisp
ensab
ile al
prose
guime
nto
della
sua
sicura
esiste
nza,
anche
se
fosse
un
serviz
io tale
che
un
cittadi
no
super
ficiale
e non
anima
to da
intent
i
patrio
ttici
potre
bbe
ritene
rlo
meno
degno
.
Vorrei
anche
aggiu
ngere
che
voi,
Casan
ova,
siete
abbas
tanza
conos
citore
dell'a
nimo
uman
o per
poter
distin
guere
lo
svent
ato
dal
crimin
ale e
il
burlo
ne
dall'er
etico,
e
quindi
stare
bbe a
voi,
nei
casi
che
riterr
este
oppor
tuni,
dare
la
prece
denza
alla
grazia
sul
diritto
.
Riflett
ete
però
sopra
ttutto
sul
fano
che
differi
reste
di
lungo
temp
o, e
anzi,
come
temo,
a
data
impre
vedibi
le,
l'ade
mpim
ento
del
vostr
o più
arden
te
desid
erio,
il
vostr
o
ritorn
o in
patria
, se
doves
te
rifiuta
re la
benev
ola
propo
sta
del
Consi
glio
dei
Dieci,
e che
io
stess
o, se
mi è
lecito
farne
menzi
one,
essen
do un
vecch
io di
ottant
uno
anni,
secon
do
ogni
calcol
o
uman
o
dovre
i
rinun
ciare
alla
gioia
di
rivede
rvi in
quest
a
vita.
Poich
é il
vostr
o
impie
go,
per
comp
rensib
ili
motiv
i, non
avreb
be
caratt
ere
pubbli
co ma
anzi
piutto
sto
confid
enzial
e, vi
prego
di
indiriz
zare a
me
perso
nalme
nte la
vostr
a
rispos
ta,
che
mi
impeg
no a
comu
nicare
al
Consi
glio
dei
Dieci
nel
corso
della
prossi
ma
sedut
a, che
avrà
luogo
di qui
a otto
giorni
;e
inoltr
e con
la
maggi
ore
celerit
à
possi
bile
perch
é,
come
già ho
accen
nato,
ci
giung
ono
quoti
diana
ment
e
istanz
e da
parte
di
perso
ne in
parte
estre
mam
ente
degne
di
fiduci
a che
si
metto
no
volont
ariam
ente
a
dispo
sizion
e del
Consi
glio
dei
Dieci
per
amor
e
della
patria
.
Certa
ment
e
nessu
no di
costor
o
potre
bbe
comp
etere
con
voi,
mio
caro
Casan
ova,
per
esperi
enza
e
spirit
o; e
se
avret
e un
mini
mo di
consi
derazi
one
per la
mia
simpa
tia
nei
vostri
confr
onti,
allora
non
dubit
o che
rispon
deret
e con
gioia
alla
chiam
ata
che vi
giung
e da
perso
na
così
altolo
cata e
bendi
spost
a.
Fino
ad
allora
riman
go,
con
immu
tata
amici
zia, il
vostr
o
affezi
onato
Braga
dino.

'Posts
criptu
m'.
Avrò
il
piacer
e,
non
appen
a mi
avret
e
comu
nicato
la
vostr
a
decisi
one,
di
emett
ere
una
cambi
ale
dell'i
mport
o di
duece
nto
lire
sulla
banca
Valori
di
Manto
va
onde
coprir
e le
vostr
e
spese
di
viaggi
o, Il
sudde
tto".

Casan
ova
aveva
da
temp
o
finito
di
legge
re,
ma
contin
uava
a
tener
e il
foglio
davan
ti agli
occhi,
per
non
far
notar
e il
pallor
e
morta
le dei
suoi
tratti
sconv
olti.
Nel
fratte
mpo il
rumor
e del
pasto
era
prose
guito,
tra
sbatt
ere di
posat
ee
tinnir
di
bicchi
eri,
ma
nessu
no
dicev
a una
parol
a.
Alla
fine
Amali
a si
permi
se di
notar
e,
timid
amen
te:
«La
mines
tra si
fredd
a,
cavali
ere,
non
volete
servir
vi?».
«Graz
ie»,
disse
Casan
ova
mostr
ando
nuova
ment
e il
volto,
cui
soltan
to
grazie
alla
sua
consu
mata
abilità
di
attore
era
riuscit
oa
confe
rire
un'es
pressi
one
calma
.
«Son
o
notizi
e
magni
fiche,
quelle
che
mi
giung
ono
da
Venez
ia, e
devo
spedir
e
senza
indugi
o la
mia
rispos
ta.
Chied
o
perciò
licenz
a di
poter
mi
ritirar
e
subito

«Fate
come
megli
o vi
aggra
da,
cavali
ere»,
disse
Olivo.
«Ma
non
dimen
ticate
che
tra
un'or
a si
comin
cia a
giocar
e.»
Casan
ova
andò
in
came
ra
sua,
sprof
ondò
su
una
sedia
e
tutto
il
corpo
gli si
coprì
di
sudor
e
fredd
o; era
scoss
o dai
brividi
, e gli
salì in
gola
una
nause
a tale
che
pensò
di
dover
soffoc
are
sul
posto
. Non
era in
grado
,
tanto
per
comin
ciare,
di
conce
pire
un
pensi
ero; e
comu
nque
impie
gava
tutte
le sue
forze
per
tratte
nersi,
senza
che
sapes
se
dire
da
che
cosa.
Infatti
in
quella
casa
non
c'era
nessu
no
con
cui
avreb
be
potut
o
sfoga
re la
sua
coller
a
imma
ne, e
riusci
va
pur
semp
re a
ricono
scere
come
folle
l'oscu
ra
impre
ssion
e che
Marco
lina
fosse
in
qualc
he
modo
corres
ponsa
bile
dell'in
dicibil
e
onta
che
gli
era
capita
ta.
Quan
do si
fu
ricom
posto
, il
suo
primo
pensi
ero fu
quello
di
vendi
carsi
di
quei
farab
utti
che
aveva
no
credu
to di
poterl
o
assol
dare
come
infor
mator
e
della
polizi
a.
Avreb
be
voluto
insinu
arsi a
Venez
ia
sotto
menti
te
spogli
ee
uccid
ere
con
l'inga
nno
tutti
quei
furfan
ti...

o
quant
o
meno
colui
che
aveva
escog
itato
quel
piano
miser
evole.
Era
stato
forse
lo
stess
o
Braga
dino?
Perch
é no?
Un
vecch
io,
ormai
così
spudo
rato
che
aveva
osato
scrive
re a
Casan
ova
quella
letter
a,
così
stupid
o da
crede
re
che
Casan
ova -
Casan
ova!
che
pure
aveva
conos
ciuto
-
fosse
adatt
oa
fare
la
spia!
No,
non lo
conos
ceva
più,
Casan
ova!
Nessu
no lo
conos
ceva
più,
né a
Venez
ia né
altrov
e. Ma
lo
avreb
bero
conos
ciuto
di
nuovo
.
Certo,
non
era
più
abbas
tanza

bello

giova
ne da
sedur
re
una
fanciu
lla
virtuo
sa, né
più
abbas
tanza
abile
e
agile
da
scapp
are di
prigio
ne e
fare
eserci
zi
ginnic
i sulla
linea
di
colmo
dei
tetti..
. ma
era
pur
semp
re più
intelli
gente
di
tutti
loro!
E una
volta
a
Venez
ia,
avreb
be
potut
o
darsi
da
fare
come
megli
o
crede
va:
l'impo
rtante
era
arriva
rci!
Forse
non ci
sareb
be
stato
neppu
re
bisog
no di
uccid
ere
qualc
uno:
esiste
vano
vende
tte
d'ogni
gener
e, più
argut
ee
più
diabol
iche
di
quant
o non
fosse
un
banal
e
omici
dio; e
se
avess
e
accolt
o solo
in
appar
enza
la
propo
sta di
quei
signor
i,
sareb
be
stata
la
cosa
più
facile
del
mond
o
rovin
are
propri
o
quelli
che
volev
a
rovin
are e
non
quelli
che
invec
e
prem
evano
al
Consi
glio
dei
Dieci
e che,
tra
tutti i
venez
iani,
erano
senz'
altro i
miglio
ri!
Come
?
Perch
é
erano
nemic
i di
quest
o
infam
e
gover
no,
perch
é
erano
consi
derati
eretici
,
dovev
ano
finire
in
quegli
stessi
Piomb
i dove
anch'
egli
aveva
langui
to,
ventic
inque
anni
prima
,o
addiri
ttura
sotto
la
mann
aia?
Egli
odiav
a il
gover
no
cento
volte
di più
e con
motiv
i
miglio
ri di
costor
o, ed
eretic
o lo
era
stato
per
tutta
la
vita,
lo era
ancor
a oggi
e con
convi
nzioni
più
sacre
di
tutti
loro!
Si era
recita
to
soltan
to
una
fastidi
osa
comm
edia,
in
questi
ultimi
anni:
per
noia e
nause
a. Lui
crede
re in
Dio?
Che
Dio
era
mai
quest
o,
benev
olo
solo
ai
giova
ni,
che
piant
ava in
asso i
vecch
i? Un
Dio
che,
quan
do
volev
a, si
trasfo
rmav
a in
diavol
o, e
conve
rtiva
ricche
zza in
pover
tà,
infelic
ità in
felicit
à,
piacer
e in
disper
azion
e? Tu
ti
divert
i con
noi, e
noi ti
dobbi
amo
prega
re?
Dubit
are di
te è
l'unic
o
mezz
o che
ci
riman
e, per
non
beste
mmia
rti!
Non
esser
e!
Perch
é, se
sei, ti
devo
maled
ire!
Strins
ei
pugni
verso
il
cielo
e si
drizzò
.
Invol
ontari
amen
te alle
sue
labbr
a
affior
ò un
nome
odiato
.
Voltai
re! Sì,
adess
o era
nella
dispo
sizion
e
d'ani
mo
giusta
per
portar
ea
compi
ment
o il
suo
libello
contr
o il
vecch
io
saggi
o di
Ferne
y.
Comp
iment
o? Ma
no,
comin
ciava
soltan
to
adess
o.
Una
nuova
opera
!
Diver
sa! In
cui
quel
ridicol
o
vecch
io
fosse
strap
azzat
o
come
merit
ava...
per la
sua
cautel
a, la
sua
super
ficialit
à, il
suo
servili
smo.
Un
incred
ulo
lui?
Di cui
ultim
amen
te si
dicev
a che
avess
e
ottimi
rappo
rti coi
preti
e con
la
Chies
ae
che,
nei
giorni
solen
ni, si
andas
se
addiri
ttura
a
confe
ssare
?
Un
eretic
o lui?
Un
chiacc
hiero
ne,
un
viglia
cco
millan
tatore
,
nient'
altro!
Era
però
giunt
a la
terribi
le
resa
dei
conti,
dopo
la
quale
del
grand
e
filosof
o non
sareb
be
rimas
to
nient'
altro
se
non
un'op
eretta
buffa.
Come
si era
atteg
giato,
il
buon
signor
Voltai
re...

«Ah,
mio
caro
signor
Casan
ova,
io ce
l'ho
davve
ro
con
voi.
Che
cosa
mi
impor
ta
delle
opere
del
signor
Merlin
?
Siete
voi il
respo
nsabil
e, se
ho
sprec
ato
quattr
o ore
con
quest
e
stupid
aggini

«Que
stione
di
gusto
,
ottim
o
signor
Voltai
re! Le
opere
di
Merlin
contin
ueran
no a
esser
e
lette
anche
quan
do la
"Pucel
le"
sarà
dimen
ticata
da
temp
o... e
saran
no
proba
bilme
nte
appre
zzati
anche
i miei
sonet
ti,
che
mi
restit
uiste
con
uno
spudo
rato
sorris
o,
senza
una
sola
parol
a in
merit
o. Ma
quest
e
sono
piccol
ezze.
Non
turbia
mo
un
mom
ento
impor
tante
con
susce
ttibilit
à da
scritt
ori: si
tratta
di
filosof
ia,
per
Dio!..
.
Incro
ciare
le
spade
,
signor
Voltai
re, mi
faccia
il
piacer
e di
non
morir
e
tropp
o
prest
o.»
Già
pensa
va di
mette
rsi
imme
diata
ment
e
all'op
era
quan
do gli
venne
in
ment
e che
il
mess
o
atten
deva
una
rispos
ta. E
con la
mano
che
volav
a
vergò
una
letter
aa
quel
vecch
io
sciocc
o di
Braga
dino,
una
letter
a
carica
di
lusing
hiera
umilt
àe
falsa
delizi
a:
egli
accog
lieva
la
grazia
del
Consi
glio
dei
Dieci
con
gioios
a
gratit
udine
e
atten
deva
a
strett
o giro
di
posta
la
cambi
ale
onde
poter
si
gettar
e il
più
prest
o
possi
bile ai
piedi
dei
suoi
benef
attori
ma
sopra
ttutto
del
suo
vener
atissi
mo
amico
pater
no,
Braga
dino.
Propri
o
mentr
e
stava
per
sigilla
re la
letter
a
bussa
rono
piano
alla
porta:
la
figliol
etta
più
grand
e di
Olivo,
la
tredic
enne,
entrò
e
riferì
che
tutta
la
comp
agnia
era
già
riunit
ae
atten
deva
con
impaz
ienza
il
cavali
ere
per
poter
giocar
e. Le
brillav
ano
stran
amen
te gli
occhi
e
aveva
le
guanc
e
arross
ate; i
fitti
capell
i da
donna
mand
avano
rifless
i
nero-
blu
sulle
sue
tempi
e; la
bocca
infant
ile
era
semia
perta.
«Hai
bevut
o
vino,
Teresi
na?»
«Prop
rio
così...
e il
signor
cavali
ere se
ne
accor
ge
imme
diata
ment
e?»
Arros

ancor
a di
più e,
come
imbar
azzat
a, si
passò
la
lingua
sul
labbr
o
inferi
ore.
Casan
ova la
afferr
ò per
le
spalle
, le
alitò il
suo
respir
o in
volto
e la
gettò
sul
letto;
lei lo
guard
ò con
i suoi
occhi
oni
inerm
i, dai
quali
era
scom
parsa
ogni
luce;
ma
quan
do la
sua
bocca
si aprì
come
per
gridar
e,
Casan
ova
fece
una
faccia
così
minac
ciosa
che
ella
quasi
si
irrigid
ì e gli
lasciò
fare
tutto
quello
che
volle.
La
baciò
con
una
tener
ezza
selva
ggia e
sussu
rrò:
«Non
devi
dirlo
all'ab
ate,
Teresi
na,
neppu
re in
confe
ssion
e. E
quan
do,
più
tardi,
avrai
un
inna
morat
oo
un
fidanz
ato o
persin
o un
marit
o,
non
c'è
bisog
no
che lo
sappi
a
neppu
re lui.
Del
resto
devi
semp
re
menti
re;
anche
al
papà
e alla
mam
ma e
alle
tue
sorell
e, se
vuoi
che le
cose
ti
vadan
o
bene
sulla
terra.
Ricor
datelo
bene»
. Così
beste
mmiò
;ea
Teresi
na
dovet
te
certo
semb
rare
una
bened
izione
perch
é gli
prese
la
mano
e la
baciò
devot
amen
te
come
quella
di un
prete.
Egli
scopp
iò in
una
fragor
osa
risata
.
«Vieni
»,
disse
poi,
«vieni
, mia
piccol
a
donna
,
scend
iamo
dabba
sso a
bracc
etto!»
Lei
fece
un
po' la
ritros
a ma
poi
accett
ò
sorrid
endo,
non
scont
enta.

Era
propri
o
l'ora
che
usciss
ero
dalla
porta,
perch
é
Olivo
stava
salen
do le
scale
accal
dato
e con
le
sopra
cciglia
aggro
ttate,
e
Casan
ova
suppo
se
subito
che
qualc
he
scher
zo
indeli
cato
del
marc
hese
o
dell'a
bate
potes
se
averg
li
dato
da
pensa
re. I
suoi
tratti
si
rischi
araro
no
subito
quan
do
vide
Casan
ova
sulla
soglia
a
bracc
etto
con la
piccol
a,
come
per
scher
zo.
«Perd
onate
mi,
mio
ottim
o
Olivo,
se vi
ho
fatto
aspet
tare.
Dove
vo
finire
la mia
letter
a.»
La
porse
a
Olivo
come
prova
.
«Pren
dila»,
disse
Olivo
a
Teresi
na
mentr
e le
carez
zava i
capell
i un
po'
scom
pigliat
i, «e
portal
a al
mess
o.»
«E
qui»,
aggiu
nse
Casan
ova,
«ecco
due
mone
te
d'oro,
dalle
a
quell'
uomo
e digli
che si
affret
ti
affinc
hé la
letter
a
parta
oggi
stess
o da
Manto
va
per
Venez
ia, e
infor
mi la
mia
locan
diera
che
staser
a sarò
di
nuovo
da
lei.»
«Stas
era?»
,
escla

Olivo.
«Be',
vedre
mo»,
disse
Casan
ova
con
condi
scend
enza.
«E
qui,
Teresi
na,
c'è
una
mone
ta
d'oro
per
te»,...
e alle
obiezi
oni di
Olivo:
«Mett
ila nel
tuo
salva
danai
o,
Teresi
na: la
letter
a che
hai in
mano
vale
duemi
la
ducati
».
Teresi
na
corse
via, e
Casan
ova
annuì
soddi
sfatto
: gli
procu
rava
un
partic
olare
divert
iment
o
pagar
e per
i suoi
servig
i
quella
ragaz
zina,
di cui
aveva
già
posse
duto
la
mam
ma e
la
nonna
, in
prese
nza di
suo
padre
.

Quan
do
Casan
ova
entrò
con
Olivo
nel
salon
e, si
era
già
comin
ciato
a
giocar
e.
Egli
ricam
biò
con
allegr
a
dignit
à gli
enfati
ci
saluti
degli
altri e
prese
posto
davan
ti al
marc
hese,
che
tenev
a il
banco
. Le
finest
re
erano
apert
e
verso
il
giardi
no, e
Casan
ova
udì
avvici
narsi
alcun
e
voci:
passa
rono
Marco
lina e
Amali
a,
gettar
ono
una
rapid
a
occhi
ata
dentr
o la
sala,
scom
parve
ro e
non si
vider
o più.
Mentr
e il
marc
hese
distri
buiva
le
carte,
Loren
zi si
rivols
e con
grand
e
cortes
ia a
Casan
ova.
«Vi
faccio
i miei
compl
iment
i,
cavali
ere:
erava
te
megli
o
infor
mato
di
quant
o non
fossi
io, e il
nostr
o
reggi
ment
o si
mette
davve
ro in
marci
a
doma
ni,
prima
di
sera.
» Il
marc
hese
parve
stupit
o.

«E ce
lo
dite
soltan
to
adess
o,
Loren
zi?»
«Non
è
certo
così
impor
tante!
»
«Per
me
non
tanto
»,
affer
mò il
marc
hese,
«ma
per
mia
mogli
e!
Non
trovat
e?» E
scopp
iò in
una
risata
roca,
ripug
nante
. «E
comu
nque
anche
per
me!
Ieri
mi
avete
vinto
quattr
ocent
o
ducati
,e
non
mi
riman
e
abbas
tanza
temp
o per
recup
erarli.
»
«Anc
he a
noi il
sottot
enent
e ha
vinto
dei
soldi»
,
interv
enne
il più
giova
ne dei
due
Ricar
di, e il
più
vecch
io,
senza
parlar
e,
alzò
gli
occhi
verso
le
spalle
del
fratell
o che,
come
il
giorn
o
prima
, era
in
piedi
dietro
di lui.
«La
fortun
a e le
donne
...»,
comin
ciò
l'abat
e. Ma
il
marc
hese
concl
use:
«baci
ano
chi sa
come
tratta
rle».
Loren
zi
sparp
agliò i
suoi
soldi
davan
ti a
sé,
come
sbada
tame
nte.
«Ecco
li
qua.
Se
desid
erate,
tutti
in un
solo
piatto
,
marc
hese,
così
non
dovre
te
correr
e
tropp
o
dietro
al
vostr
o
denar
o.»
Casan
ova
provò
all'im
provv
iso
una
speci
e di
comp
assio
ne
per
Loren
zi che
non
seppe
spieg
arsi
bene
neanc
he
lui;
ma
poich
é
aveva
una
certa
stima
della
sua
intuizi
one,
si
convi
nse
che il
sottot
enent
e
sareb
be
cadut
o nel
primo
comb
attim
ento
cui
avreb
be
parte
cipato
. Il
marc
hese
non
accett
ò
quella
punta
ta
così
alta;
Loren
zi non
insist
ette e
così il
gioco,
cui
anche
gli
altri
prese
ro
mode
stame
nte
parte,
come
il
giorn
o
prima
,
iniziò
con
punta
te
mode
rate.

Quest
e si
fecero
più
alte
già
nel
secon
do
quart
o
d'ora;
e
prima
che
termi
nasse
quello
segue
nte
Loren
zi
aveva
già
perdu
to i
suoi
quattr
ocent
o
ducati
col
marc
hese.
Di
Casan
ova
parev
a che
la
fortun
a non
si
curas
se:
egli
vinse,
perse
e
vinse
ancor
a, a
interv
alli
quasi
ridicol
ment
e
regol
ari.
Quan
do
l'ultim
o
ducat
o fu
spinto
verso
il
marc
hese,
Loren
zi tirò
un
respir
o di
sollie
vo e
si
alzò.
«Vi
ringra
zio,
miei
signor
i.
Dovrà
passa
re», e
indugi
ò,
«lung
o
temp
o
prima
che
possa
giocar
e
ancor
a in
quest
a
casa
accog
liente
.E
adess
o,
mio
egreg
io
Olivo,
prima
che io
torni
in
città,
conse
ntite
mi di
prend
ere
conge
do
dalle
signor
e:
vorrei
infatti
arriva
re
prima
del
tramo
nto,
per
prepa
rare il
mio
equip
aggia
ment
o per
doma
ni.»
Spud
orato
bugia
rdo,
pensò
Casan
ova.
Stano
tte
sei di
nuovo
qui...
con
Marco
lina!
In lui
si
riacce
se la
coller
a.
«Com
e?»,
escla
mò il
marc
hese
di
pessi
mo
umor
e,
«man
cano
ancor
a
molte
ore a
sera e
abbia
mo
già
finito
di
giocar
e? Se
desid
erate,
Loren
zi, il
mio
cocchi
ere
può
andar
e ad
avver
tire la
marc
hesa
che
tardat
e.»
«Sto
andan
do a
Manto
va»,
ribatt
é
impaz
iente
Loren
zi. Il
marc
hese,
senza
badar
gli
contin
uò:
«Abbi
amo
ancor
a
temp
o;
tirate
fuori i
vostri
soldi,
anche
se
sono
pochi
». E
gli
tirò
una
carta.
«Non
ho un
solo
ducat

disse
stanc
amen
te
Loren
zi.
«Che
cosa
dite
mai!»
«Nem
meno
uno»
ripeté
Loren
zi
come
nause
ato.
«Che
impor
ta»,
escla
mò il
marc
hese
in
preda
a
un'im
provv
isa
gentil
ezza,
dall'ef
fetto
non
grade
volissi
mo.
«Mi
dovet
e
dieci
ducati
,
andia
mo, e
se
neces
sario
anche
di
più.»
«Un
ducat
o,
allora
»,
disse
Loren
zi
prend
endo
le
carte.

Quell
e del
marc
hese
erano
più
alte.
Loren
zi
contin
uò a
giocar
e,
come
se
fosse
natur
ale, e
prest
o fu
debit
ore al
marc
hese
di
cento
ducati
.

Casan
ova
prese
il
banco
ed
ebbe
ancor
a più
fortun
a del
marc
hese.
Nel
fratte
mpo
erano
rimas
ti in
tre a
giocar
e:
oggi
nem
meno
i
fratell
i
Ricar
di
aveva
no
sollev
ato
obiezi
oni e
si
erano
messi
a
guard
are,
con
Olivo
e
l'abat
e.
Non
fu
scam
biata
una
parol
a: a
parlar
e
erano
solo
le
carte,
e
parla
vano
abbas
tanza
chiara
ment
e. Il
caso
volle
che
tutti i
conta
nti
andas
sero a
Casan
ova, e
un'or
a
dopo
aveva

vinto
duemi
la
ducati
a
Loren
zi, ma
veniv
ano
tutti
dalle
tasch
e del
marc
hese,
che
era
rimas
to
senza
un
soldo.
Casan
ova
gli
mise
a
dispo
sizion
e
quant
o
volev
a. Il
marc
hese
scoss
e la
testa:
«Graz
ie»,
disse.
«Bast
a
così.
Io ho
finito
di
giocar
e.»
Dal
giardi
no
rieche
ggiar
ono le
risa e
le
urla
delle
bambi
ne.
Casan
ova
udì la
voce
di
Teresi
na;
era
sedut
o con
le
spalle
alla
finest
ra e
non si
voltò.
Cercò
un'ulti
ma
volta,
in
favor
e di
Loren
zi,
non
sapev
a
neppu
re lui
perch
é, di
convi
ncere
il
marc
hese
a
giocar
e
ancor
a.
Quest
i
rispos
e
scuot
endo
la
testa
in
modo
ancor
a più
risolu
to.
Loren
zi si
alzò.
«Mi
perm
etterò
,
signor
marc
hese,
di
conse
gnarv
i
perso
nalme
nte
l'impo
rto di
cui vi
sono
debit
ore
doma
ni
prima
di
mezz
ogior
no,
dirett
amen
te
nelle
vostr
e
mani.
» Il
marc
hese
fece
una
risati
na.
«Son
o
curios
o di
veder
e
come
ve la
caver
ete,
signor
sottot
enent
e
Loren
zi.
Non
c'è
anima
viva,
a
Manto
va o
altrov
e, che
vi
prest
erebb
e
anche
solo
dieci
ducati
,
figuri
amoci
duemi
la, in
partic
olare
oggi
che
state
parte
ndo
per
una
camp
agna
di
guerr
a; e
non è
detto
che
tornia
te.»
«Avre
te il
vostr
o
denar
o
doma
ni
matti
na
alle
otto,
signor
marc
hese,
sulla
mia...
parol
a
d'ono
re.»
«La
vostr
a
parol
a
d'ono
re»,
rispos
e
fredd
amen
te il
marc
hese,
«non
vale
per
me
neppu
re un
ducat
o, che
è
molto
meno
di
duemi
la.»
Gli
altri
tratte
nnero
il
respir
o, ma
Loren
zi
replic
ò
soltan
to,
appar
ente
ment
e
senza
tropp
a
agitaz
ione:
«Mi
daret
e
soddi
sfazio
ne,
signor
marc
hese»
.
«Con
piacer
e,
signor
tenen
te»,
rispos
e il
marc
hese,
«non
appen
a
avret
e
pagat
o il
vostr
o
debit
o.»
Olivo,
dispia
ciutis
simo,
interv
enne
balbet
tando
un
po':
«Mi
rendo
garan
te per
l'impo
rto,
signor
marc
hese.
Purtro
ppo
non
ho
sotto
mano
abbas
tanza
conta
nti,
ma
c'è la
mia
casa,
la mia
propri
età...
»e
fece
un
goffo
movi
ment
o
circol
are
con la
mano
.
«Non
accett
o la
vostr
a
garan
zia»,
disse
il
marc
hese,
«per
il
vostr
o
bene,
perch
é
perde
reste
i
vostri
soldi.
»
Casan
ova
vide
che
gli
sguar
di di
tutti
erano
fissi
sul
denar
o
posto
davan
ti a
lui.
Se io
garan
tissi
per
Loren
zi,
pensò
. Se
pagas
si per
lui...
Il
marc
hese
non
potre
bbe
rifiuta
re...
Non
sareb
be
quasi
mio
dover
e?
Sono
pur
semp
re
soldi
del
marc
hese.
Ma
tacqu
e.
Senti
va
che
dentr
o di
lui
stava
nasce
ndo
un
piano,
per
ora
oscur
o, cui
dovev
a
dare
il
temp
o di
prend
ere
forma
.

«Avre
te il
vostr
o
denar
o oggi
stess
o,
prima
che
cali la
notte
»,
disse
Loren
zi.
«In
un'or
a
sono
a
Manto
va.»
«Il
vostr
o
cavall
o
potre
bbe
romp
ersi il
collo»
,
replic
ò il
marc
hese,
«e
anche
voi...
maga
ri
intenz
ional
ment
e.»
«Purt
uttavi
a»,
interv
enne
involo
ntaria
ment
e
l'abat
e, «il
sottot
enent
e non
può
far
appar
ire
denar
o
come
per
magia
.» I
due
Ricar
di
risero
, ma
smise
ro
subito
. «E'
evide
nte»,
disse
Olivo
al
marc
hese,
«che
dovet
e
innan
zitutt
o
perm
ettere
al
sottot
enent
e
Loren
zi di
allont
anarsi

«Cont
ro un
pegno
»,
escla
mò il
marc
hese
con
occhi
scintil
lanti,
come
se
l'acca
duto
gli
procu
rasse
un
partic
olare
piacer
e.
«Non
mi
pare
male»
,
disse
Casan
ova
distra
ttame
nte,
perch
é il
suo
piano
stava
matur
ando.
Loren
zi si
tolse
un
anello
dal
dito e
lo
fece
scivol
are
sul
tavolo
. Il
marc
hese
lo
prese
.
«Que
sto
può
valere
mille
ducati
.» «E
quest'
altro?
»
Loren
zi
spins
e un
secon
do
anello
davan
ti al
marc
hese.
Quest
i
annuì
,
affer
mand
o:
«Altri
mille»
.
«Siet
e
soddi
sfatto
,
adess
o,
signor
marc
hese?
»,
doma
ndò
Loren
zi, e
fece
per
andar
sene.
«Son
o
soddi
sfatto
»,
rispos
e
compi
aciuto
il
marc
hese,
«tant
o più
che
questi
anelli
sono
rubati

Loren
zi si
voltò
rapid
amen
te e
alzò
un
pugn
o sul
tavolo
, per
abbat
terlo
sul
marc
hese.
Olivo
e
l'abat
e gli
tratte
nnero
il
bracci
o.
«Con
osco
quest
e due
pietre
»,
disse
il
marc
hese
senza
muov
ersi
dal
suo
posto
,
«anch
e se
la
mont
atura
è
divers
a.
Vedet
e,
miei
signor
i, lo
smer
aldo
ha un
piccol
o
difett
o,
altrim
enti
varre
bbe
dieci
volte
tanto.
Il
rubin

perfet
to,
ma
non
molto
grand
e.
Quest
e due
pietre
facev
ano
parte
di un
gioiell
o che
io
stess
o
donai
a mia
mogli
e. E
poich
é non
posso
pensa
re
che la
marc
hesa
abbia
fatto
mont
are
quest
e
pietre
come
anelli
per il
sottot
enent
e
Loren
zi,
esse,
anzi
tutto
il
gioiell
o non
può
esser
e
altro
che
rubat
o.

Comu
nque.
.. il
pegno
mi
basta,
signor
sottot
enent
e, alla
prossi
ma.»
«Lore
nzi!»,
escla

Olivo.
«Avet
e da
noi
tutti
la
parol
a che
nessu
na
anima
viva
saprà
mai
quello
che è
appen
a
accad
uto.»
«Ma
poi,
che
cosa
ha
mai
comm
esso
il
signor
Loren
zi»,
disse
Casan
ova.
«Dei
due la
canag
lia
siete
voi,
signor
marc
hese.
»
«Vogli
o
spera
rlo»,
rispos
e il
marc
hese.
«Qua
ndo
uno
ha la
nostr
a età,
signor
cavali
ere di
Seing
alt,
almen
o in
furfan
teria
non si
può
far
super
are
da
nessu
no.
Buon
a
sera,
miei
signor
i.» Si
alzò,
nessu
no
rispos
e al
suo
saluto
, e se
ne
andò.

Per
un
po' ci
fu un
tale
silenzi
o che
si
perce
piron
o
come
ecces
sivam
ente
forti
le risa
delle
bimbe
prove
nienti
da
fuori.
Chi
avreb
be
potut
o
trovar
e le
parol
e
adatt
e per
giung
ere
all'ani
mo di
Loren
zi,
ancor
a
immo
bile
accan
to al
tavolo
col
bracci
o
sollev
ato?
Casan
ova,
l'unic
oa
esser
e
rimas
to
sedut
o al
suo
posto
,
provò
un
involo
ntario
piacer
e
esteti
co
nell'o
sserv
are
quest
o
gesto
ormai
assur
do,
come
pietrif
icato
ma
nobil
ment
e
minac
cioso,
che
parev
a
trasfo
rmare
il
giova
ne in
una
statu
a.
Infine
Olivo
gli si
rivols
e con
un
gesto
come
di
pacifi
cazio
ne; si
avvici
naron
o
anche
i
Ricar
di, e
l'abat
e
parve
volere
decid
ersi a
parlar
e;
allora
le
mem
bra di
Loren
zi
furon
o
scoss
e
come
da un
legge
ro
tremit
o; un
gesto
imper
ioso e
sdegn
ato
imped
ì ogni
tentat
ivo di
inger
enza
e, con
un
cortes
e
cenno
del
capo,
egli
lasciò
la
stanz
a
senza
fretta
. Nel
mede
simo
istant
e si
alzò
anche
Casan
ova,
che
aveva
raccol
to
l'oro
spars
o
davan
ti a
lui in
un
fazzol
etto
di
seta,
e lo
seguì.
Senti
va,
pur
senza
veder
e le
espre
ssioni
degli
altri,
che
tutti
pensa
vano
si
stess
e
affret
tando
a fare
quello
che si
erano
attesi
per
tutto
il
temp
o, che
mette
sse
cioè
la
somm
a
vinta
a
dispo
sizion
e di
Loren
zi.

Raggi
unse
Loren
zi nel
viale
di
ippoc
astani
che
porta
va da
casa
al
castel
lo, e
disse
in
tono
legge
ro:
«Mi
perm
ettere
ste,
sottot
enent
e
Loren
zi, di
unirm
i alla
vostr
a
passe
ggiat
a?».
Loren
zi,
senza
guard
arlo,
rispos
e in
tono
un
po'
altezz
oso,
per
nient
e
adegu
ato
alla
sua
situaz
ione:
«Com
e
megli
o vi
aggra
da,
signor
cavali
ere;
ma
temo
che
non
trover
ete in
me
un
comp
agno
che
faccia
conve
rsazio
ne».
«Ma
forse
saret
e voi,
sottot
enent
e
Loren
zi, a
trovar
ne
uno
in
me»,
disse
Casan
ova,
«e se
siete
d'acc
ordo,
prend
iamo
il
sentie
ro su
per le
vigne,
dove
potre
mo
chiacc
hierar
e
indist
urbati

Lascia
rono
la via
maest
ra su
quello
stess
o
sentie
ro
lungo
il
muro
di
cinta
che
Casan
ova
aveva
perco
rso il
giorn
o
prima
con
Olivo.
«Voi
presu
mete
giusta
ment
e»,
così
esordì
Casan
ova,
«che
io
abbia
intenz
ione
di
offrirv
i la
somm
a di
denar
o che
dovet
e al
marc
hese;
non a
mo' di
presti
to
perch
é - mi
perdo
neret
e - mi
pare
un
affare
un
po'
tropp
o
rischi
oso,
ma
come
ricom
pensa
-a
dire il
vero
non
di
pari
valore
- per
un
piacer
e che
forse
saret
e in
grado
di
farmi.
» «Vi
ascolt
o»,
disse
fredd
amen
te
Loren
zi.
«Prim
a che
vada
avanti
»,
ripres
e
Casan
ova
nello
stess
o
tono,
«mi
trovo
costre
tto a
porre
una
condi
zione
dalla
cui
accett
azion
e da
parte
vostr
a
dipen
de la
prose
cuzio
ne di
quest
o
colloq
uio.»
«Sent
iamo
quest
a
condi
zione.
»
«Pret
endo
la
vostr
a
parol
a
d'ono
re
che
mi
ascolt
erete
senza
interr
ompe
rmi
anche
se
quant
o ho
da
dirvi
suscit
asse
la
vostr
a
sorpr
esa o
la
vostr
a
riprov
azion
eo
anche
la
vostr
a
coller
a.

Sta
compl
etam
ente
a voi,
sottot
enent
e
Loren
zi, se
poi
accett
are o
meno
la mia
propo
sta,
sul
cui
caratt
ere
insolit
o non
nutro
nessu
n
dubbi
o; ma
la
rispos
ta che
mi
atten
do da
voi è
soltan
to un
sì o
un
no, e
qualu
nque
essa
sia,
nessu
no
saprà
mai
nient
e di
quant
o qui
è
stato
tratta
to tra
due
uomi
ni
d'ono
re
che
sono
forse
entra
mbi
anche
perdu
ti.»
«Son
o
pront
o ad
ascolt
are la
vostr
a
propo
sta.»
«E
accett
ate la
mia
condi
zione

«Non
vi
interr
ompe
rò.»
«E
non
mi
daret
e
altra
rispos
ta se
non
un sì
o un
no?»
«Nien
t'altro
se
non sì
o
no.»
«Beni
ssimo
»,
disse
Casan
ova.
E
mentr
e
lenta
ment
e
risaliv
ano la
collin
a, tra
i
vitigni
,
sotto
un
afoso
cielo
pome
ridian
o,
Casan
ova
comin
ciò:
«Affro
ntiam
o la
questi
one
parte
ndo
dalle
leggi
della
logica
, così
ci
inten
dere
mo
megli
o.
Evide
ntem
ente
non
avete
possi
bilità
alcun
a di
procu
rarvi
il
denar
o che
dovet
e al
marc
hese
entro
il
termi
ne da
lui
stabili
to; e
nel
caso
in cui
non lo
faccia
te,
non
c'è
dubbi
o che
egli
sia
ben
decis
o ad
annie
ntarvi
.
Poich
é sa
di voi
più
(qui
Casan
ova
azzar
dò un
po'
più
del
dovut
o, ma
egli
amav
a
quest
e
piccol
e
avven
ture
non
del
tutto
prive
di
perico
li su
una
strad
a per
il
resto
prede
termi
nata)
di
quant
o ci
abbia
oggi
rivela
to,
voi
siete
davve
ro
compl
etam
ente
nelle
mani
di
quest
a
canag
lia, e
il
vostr
o
destin
o di
ufficia
le e di
nobilu
omo
sareb
be
segna
to.
Quest

un
lato
della
cosa.

Per
contr
o
saret
e
salvo
non
appen
a
avret
e
saldat
o il
vostr
o
debit
oe
avret
e di
nuovo
in
mano
gli
anelli,
comu
nque
siano
venut
i in
vostr
o
posse
sso; e
quest
o non
è
meno
impor
tante,
per
voi,
poich
é
tornat
e
padro
ne di
un'esi
stenz
a con
la
quale
aveva
te già
chius
o,
un'esi
stenz
a,
poich
é
siete
giova
ne,
bello
e
ardito
,
piena
di
splen
dori,
felicit
àe
fama.
Una
tale
prosp
ettiva
mi
semb
ra
abbas
tanza
magni
fica,
in
partic
olare
se
dall'al
tra
parte
non
c'è
altro
che
un
tramo
nto
senza
fama,
anzi
depre
cabile
, per
sacrifi
carla
a un
pregi
udizio
che
perso
nalme
nte
non si
è mai
nutrit
o. Io
so,
Loren
zi»
aggiu
nse
rapid
amen
te,
come
se
stess
e
arriva
ndo
un'obi
ezion
e e la
voless
e
preve
nire,
«che
voi
non
avete
pregi
udizi,
come
non
ne ho
mai
avuti
io;
quello
che
inten
do
chied
ere a
voi è
cosa
che io
stess
o, al
vostr
o
posto
e
nelle
stess
e
circos
tanze
, non
esiter
ei un
attim
oa
esaud
ire,
come
del
resto
non
mi
sono
mai
tirato
indiet
ro,
quan
do lo
volev
ano il
destin
oo
anche
solo il
mio
umor
e, a
comm
ettere
una
canag
liata,
o
megli
o ciò
che i
folli di
quest
o
mond
o
aman
o
defini
re
così.
Anch'i
o,
Loren
zi,
come
voi,
sono
stato
pront
o in
ogni
mom
ento
a
giocar
mi la
vita
per
meno
di
nient
e, e
quest
o
pareg
gia
tutto.
Lo
sono
anche
adess
o, nel
caso
in cui
la mia
propo
sta
non vi
piacci
a. Noi
siamo
fatti
della
stess
a
stoffa
,
Loren
zi,
siamo
fratell
i di
spirit
o, e
così
le
nostr
e
anime
posso
no
stare
l'una
davan
ti
all'alt
ra
senza
falsi
pudor
i,
orgog
liose
e
nude.
Ecco i
miei
duemi
la
ducati
- anzi
i
vostri
, se
perm
ettere
te che
io
trasco
rra
quest
a
notte
con
Marco
lina al
posto
vostr
o.
Non
fermi
amoci
,
Loren
zi,
contin
uiamo
a
camm
inare
».

Prose
guiro
no tra
i
campi
, tra i
bassi
alberi
da
frutto
,
insinu
andos
i tra
le viti
carich
e di
grapp
oli;
Casan
ova
contin
uava
a
parlar
e.
«Non
mi
rispon
dete
ancor
a,
Loren
zi,
non
ho
finito.
Le
mie
prete
se
sareb
bero
natur
almen
te, se
non
sacril
eghe,
quant
o
meno
prive
di
prosp
ettive
e
quindi
assur
de, se
voi
avest
e
intenz
ione
di
fare
di
Marco
lina la
vostr
a
sposa
, o se
la
stess
a
Marco
lina
orient
asse
le sue
spera
nze e
i suoi
desid
eri in
quest
a
direzi
one.
Ma
come
la
scors
a
notte
è
stata
la
vostr
a
prima
notte
d'amo
re
(espr
esse
anche
quest
a sua
conge
ttura
come
un'inc
rollabi
le
certez
za),
così
quella
ventu
ra è
destin
ata a
esser
e,
secon
do
ogni
calcol
o
uman
o ma
pure
secon
do le
intenz
ioni
vostr
e e di
Marco
lina,
la
vostr
a
ultim
a, per
molto
temp
oe
proba
bilme
nte
per
semp
re: e
io
sono
convi
nto
che la
stess
a
Marco
lina,
per
salvar
e il
suo
amat
o da
una
rovin
a
sicura
,
sareb
be
pront
a
senza
indugi
o, se
lui lo
desid
erass
e, a
conce
dere
quest
a
notte
al suo
salvat
ore.
Perch
é
anche
lei è
una
filosof
a, e
quindi
come
noi
libera
da
pregi
udizi.
Ma
per
quant
o io
sia
certo
che
super
erebb
e
quest
a
prova
, non
ho
assol
utam
ente
intenz
ione
di
impor
gliela.
Perch
é
posse
dere
una
donna
che
non
mi
vuole
e che
intim
amen
te mi
rifiuta
è
cosa
che,
in
quest
o
caso,
non
soddi
sfere
bbe le
mie
esige
nze.
Non
solo
come
aman
te,
ma
come
amat
o,
voglio
goder
e una
felicit
à che,
alla
fine,
mi
pare
abbas
tanza
grand
e da
esser
e
pagat
a con
la
vita.
Comp
rende
temi
bene,
Loren
zi.
Per
ciò
Marco
lina
non
deve
neppu
re
presa
gire
che
sono
io a
string
ere il
suo
seno
celest
iale:
deve
esser
e
convi
nta di
non
avere
tra le
sue
bracci
a altri
che
voi.
Prepa
rare
quest
a
illusio
ne è
affar
vostr
o;
mant
enerl
a,
affar
mio.
Non
avret
e
partic
olari
diffico
ltà a
farle
capire
che
dovet
e
partir
e
prima
che
faccia
giorn
o; né
saret
e in
imbar
azzo
a
trovar
e una
scusa
per il
fatto
che la
farete
felice
senza
parlar
e. Del
resto,
per
esclu
dere
anche
ogni
perico
lo di
una
scope
rta
succe
ssiva,
a un
certo
mom
ento
finger
ò di
aver
udito
un
rumor
e
sospe
tto
fuori
dalla
finest
ra,
afferr
erò il
mio
mant
ello,
anzi il
vostr
o, che
natur
almen
te mi
dovre
te
prest
are
alla
bisog
na, e
scom
parirò
dalla
finest
ra,
per
non
farmi
veder
e mai
più.
Perch
é
natur
almen
te, in
appar
enza,
partir
ò oggi
stess
o, poi
col
prete
sto di
avere
dimen
ticato
docu
menti
impor
tanti
a
metà
strad
a farò
tornar
e
indiet
ro il
cocchi
ere e
mi
introd
urrò
nel
giardi
no
dalla
porta
di
dietro
- la
copia
della
chiav
e me
la
daret
e voi,
Loren
zi -
fino
alla
finest
ra di
Marco
lina,
che si
aprirà
a
mezz
anott
e. Di
abito,
calze
e
scarp
e mi
sarò
sbara
zzato
in
carroz
za, e
indos
serò
soltan
to il
mant
ello,
cosicc

alla
mia
precip
itosa
fuga
non
riman
ga
nient
e che
possa
tradir
e me
o voi.
Il
mant
ello lo
riavre
te
doma
ni
matti
na
alle
cinqu
e
nella
mia
locan
da di
Manto
va,
insie
me ai
duemi
la
ducati
, in
modo
che
possi
ate
scagli
are
quest
a
somm
a ai
piedi
del
marc
hese
prima
ancor
a
dell'or
a
stabili
ta. In
quest
o
senso
avete
il mio
solen
ne
giura
ment
o. E
adess
o ho
finito.
»
Tutto
a un
tratto
si
fermò
. Il
sole
inclin
ava al
tramo
nto,
una
brezz
a
legge
ra
carez
zava
le
spigh
e
gialle
e un
rossic
cio
chiaro
re
vespe
rtino
circon
dava
la
torre
della
casa
di
Olivo.
Anche
Loren
zi si
fermò
; sul
suo
volto
pallid
o non
si
muov
eva
un
musc
olo, e
guard
ava
immo
bile
lonta
no,
oltre
le
spalle
di
Casan
ova.
Le
bracci
a gli
pende
vano
fiacch
e,
mentr
e la
mano
di
Casan
ova,
che
era
pront
oa
tutto,
era
casua
lment
e
finita
sull'el
sa
della
spada
.
Trasc
orser
o
alcuni
secon
di
senza
che
Loren
zi
reced
esse
dalla
sua
rigida
postu
ra e
dal
suo
silenzi
o.
Semb
rava
imme
rso in
una
tranq
uilla
rifless
ione;
ma
Casan
ova
rimas
e
all'ert
a, e
prose
guì
tenen
do
con la
destr
a il
fazzol
etto
coi
ducati
e con
la
sinistr
a
l'elsa
della
spada
:
«Avet
e
rispet
tato
la mia
condi
zione,
come
un
uomo
d'ono
re. So
che
non vi
è
stato
facile.

Infatti
,
anche
se
non
abbia
mo
pregi
udizi,
l'atm
osfera
in cui
vivia
mo è
da
essi
così
avvel
enata
che
non
possi
amo
sottra
rci
compl
etam
ente
alla
loro
influe
nza. E
come
voi,
Loren
zi, nel
corso
dell'ul
timo
quart
o
d'ora
siete
stato
più
volte
in
procin
to di
saltar
mi
alla
gola,
così
io - lo
devo
amm
ettere
- ho
giocat
o un
po'
con
l'idea
di
regal
arveli
,i
duemi
la
ducati
,
come
a un
amico
, no,
al mio
amico
,
perch
é
raram
ente
ho
prova
to per
una
perso
na,
sin
dal
primo
istant
e,
una
simpa
tia
così
enigm
atica
come
per
voi.
Ma se
avessi
cedut
oa
quest
o
gener
oso
istinto
, me
ne
sarei
profo
ndam
ente
pentit
o
all'ist
ante
stess
o,
propri
o
come
voi,
Loren
zi,
prima
ancor
a di
caccia
rvi la
palla
in
testa,
avres
te
disper
atam
ente
ricono
sciuto
che
erava
te
stato
un
folle
senza
pari a
gettar
e via
mille
notti
d'amo
re
con
donne
semp
re
nuove
per
un'uni
ca
notte
cui
non
sareb
be
seguit
a
nessu
na
notte.
.. e
nessu
n
giorn
o».

Loren
zi
tacev
a
ancor
a; il
suo
silenzi
o
durò
secon
di,
durò
minut
i, e
Casan
ova si
chies
e per
quant
o
temp
o
aspet
tare
ancor
a.
Stava
già
per
allont
anarsi
con
un
breve
saluto
,
indica
ndo
così
che
consi
derav
a la
sua
propo
sta
respin
ta,
quan
do
Loren
zi,
semp
re
muto,
con
un
movi
ment
o
tutto
fuorc

rapid
o
infilò
la
mano
nella
tasca
della
giacc
ae
porse
a
Casan
ova,
che
nello
stess
o
istant
e era
indiet
reggi
ato di
un
passo
come
per
abbas
sarsi,
ora
come
prima
pront
oa
tutto,
la
chiav
e del
giardi
no.

Il
movi
ment
o di
Casan
ova,
che
aveva
pur
semp
re
espre
sso
un
moto
di
paura
, fece
appar
ire
sulle
labbr
a di
Loren
zi un
sorris
o di
scher
no
che
subito
scom
parve
.
Casan
ova
seppe
repri
mere,
anzi
nasco
ndere
, la
sua
cresc
ente
coller
a, il
cui
effetti
vo
scopp
io
avreb
be
potut
o
rovin
are
tutto,
e
prend
endo
la
chiav
e con
un
legge
ro
cenno
del
capo
si
limitò
a
notar
e:
«Poss
o
bene
farlo
valere
per
un sì.
Tra
un'or
a
esatta
- nel
fratte
mpo
saret
e
riuscit
oa
parlar
e con
Marco
lina -
vi
aspet
to
nella
came
ra
della
torre,
dove
mi
perm
etterò
di
conse
gnarv
i
imme
diata
ment
ei
duemi
la
ducati
, in
cambi
o del
vostr
o
mant
ello.
In
primo
luogo
come
segno
della
mia
fiduci
a e in
secon
do
luogo
perch
é non
saprei
davve
ro
dove
custo
dire il
denar
o per
la
notte
». Si
separ
arono
senza
altre
forma
lità;
Loren
zi
ripres
e la
strad
a da
cui
erano
venut
i
assie
me,
Casan
ova
un'alt
ra,
per il
villag
gio
vicino
,
dove
con
una
copio
sa
capar
ra si
assicu

alla
locan
da
che
una
vettur
a lo
aspet
tasse
alle
dieci,
davan
ti alla
casa
di
Olivo,
per
portar
lo a
Manto
va.

Poco
dopo,
non
prima
di
aver
ripost
o il
denar
o in
un
posto
sicuro
nella
came
ra
della
torre,
entra
va nel
giardi
no di
Olivo,
dove
gli si
offrì
una
vista
che in

non
aveva
nient
e di
singol
are
ma
che,
nell'at
mosfe
ra di
quell'
ora,
lo
comm
osse
in
modo
abbas
tanza
stran
o. Su
una
panch
ina,
sul
bordo
del
prato,
era
sedut
o
Olivo
con
Amali
a, con
un
bracci
o
intorn
o alle
spalle
di lei;
ai
loro
piedi
erano
accuc
ciate
le
bambi
ne,
come
sposs
ate
dai
giochi
del
pome
riggio
; la
più
piccol
a,
Maria,
aveva
appog
giato
la
testa
sul
grem
bo
della
mam
ma e
parev
a
assop
ita.
Nanet
ta era
sdraia
ta sul
prato,
ai
suoi
piedi,
con le
bracci
a
sotto
la
nuca;
Teresi
na
era
appog
giata
alle
ginoc
chia
del
padre
, le
cui
dita
gioca
vano
tener
amen
te con
i suoi
capell
i; e
quan
do
Casan
ova si
avvici
nò,
dagli
occhi
di lei
non lo
salutò
assol
utam
ente
uno
sguar
do di
desid
erio e
di
intesa
,
come
involo
ntaria
ment
e si
aspet
tava,
ma
un
apert
o
sorris
o di
confid
enza
infant
ile,
come
se
quel
che
era
accad
uto
tra lei
e lui
poche
ore
prima
non
fosse
stato
nient'
altro
che
un
gioco
da
nulla.
I
tratti
di
Olivo
si
acces
ero
gentil
ment
e
quan
do lo
vide
avvici
narsi,
e
Amali
a gli
fece
un
cenno
cordia
le e
grato.
Entra
mbi lo
accog
lievan
o,
Casan
ova
non
ne
dubit
ava,
come
si fa
con
qualc
uno
che
abbia
compi
uto
una
nobile
azion
ee
che al
temp
o
stess
o si
aspet
ti che
gli
altri
abbia
no la
delica
tezza
di
evitar
e di
farne
parol
a. «E'
propri
o
vero»
,
doma
ndò
Olivo,
«che
ci
abban
donat
e già
doma
ni,
mio
caro
cavali
ere?»
«Non
doma
ni»,
rispos
e
Casan
ova
«ma -
come
vi ho
detto
-
staser
a.» E
poich
é
Olivo
stava
per
sollev
are
una
nuova
obiezi
one,
prose
guì
scroll
ando
le
spalle
,
come
ramm
arican
dosi:
«La
letter
a che
ho
ricevu
to
oggi
da
Venez
ia non
mi
lascia
altra
scelta
.
L'invit
o
giunt
omi è
così
onore
vole,
sotto
ogni
punto
di
vista,
che
ogni
rinvio
del
mio
ritorn
o
signifi
chere
bbe
una
perve
rsa,
anzi
imper
donab
ile
scorte
sia
nei
confr
onti
dei
miei
alti
benef
attori
».
Chies
e al
temp
o
stess
o
licenz
a di
poter
si
ritirar
e per
prepa
rarsi
alla
parte
nza e
poter
così
trasco
rrere
indist
urbat
o le
ultim
e ore
della
sua
perm
anenz
a
nella
cerchi
a dei
suoi
cari
amici.

E
senza
ascolt
are
tutte
le
obiezi
oni
tornò
in
casa,
salì le
scale
fino
alla
stanz
a
della
torre
e,
prima
di
tutto,
si
cambi
ò
l'abito
elega
nte
con
quello
più
sempl
ice,
che
sareb
be
andat
o
bene
per il
viaggi
o. Poi
rifece
la
sacca
da
viaggi
o e,
con
un'att
enzio
ne
che si
facev
a più
vibra
nte di
minut
o in
minut
o,
tese
le
orecc
hie ai
passi
di
Loren
zi.

Ancor
prima
del
termi
ne
prest
abilito
si udì
un
legge
ro
colpo
alla
porta
ed
entrò
Loren
zi,
con
un
ampio
mant
ello
blu da
cavali
ere.
Senza
dire
una
parol
a, se
lo
fece
scivol
are
dalle
spalle
con
un
movi
ment
o
lieve,
cosicc
hé tra
i due
uomi
ni si
venne
a
trovar
e, sul
pavim
ento,
un
infor
me
cumul
o di
stoffa
.
Casan
ova
estras
se i
suoi
ducati
dall'i
mbott
itura
del
letto
e li
spars
e sul
tavolo
. Li
contò
accur
atam
ente
davan
ti agli
occhi
di
Loren
zi,
cosa
che fu
abbas
tanza
rapid
a
perch
é
molte
mone
te
erano
da più
di un
ducat
o,
conse
gnò a
Loren
zi la
somm
a
conve
nuta,
dopo
averla
distri
buita
in due
borsel
lini, al
che
gli
rimas
ero
ancor
a
circa
cento
ducati
.
Loren
zi
mise i
borsel
lini
nelle
due
tasch
e
della
giacc
a, e
stava
per
allont
anarsi
senza
dire
una
parol
a.
«Alto
là,
Loren
zi»,
disse
Casan
ova,
«è
pur
semp
re
possi
bile
che ci
incont
riamo
ancor
a,
nella
vita.
Che
sia
senza
astio.
E'
stato
un
affare
come
un
altro,
siamo
pari»,
e gli
porse
la
mano
.
Loren
zi non
la
strins
e, ma
pronu
nciò
le
prime
parol
e.
«Non
ricord
o»,
disse,
«che
anche
quest
o
fosse
previs
to dal
nostr
o
patto.
» Si
girò e
se ne
andò.

Siam
oa
posto
così,
amico
mio?
pensò
Casan
ova.
Posso
esser
quindi
certo,
a
maggi
or
ragio
ne,
che
non
mi hai
defra
udato
.A
dire il
vero
non
aveva
mai
pensa
to
seria
ment
ea
quest
a
possi
bilità:
sapev
a per
esperi
enza
perso
nale
che la
gente
come
Loren
zi
aveva
un
senso
dell'o
nore
molto
partic
olare,
le cui
leggi
non
erano
suddi
visibili
in
parag
rafi
ma
sulle
quali,
nei
singol
i casi,
non si
potev
a
avere
dubbi
.

Siste
mò il
mant
ello di
Loren
zi in
cima
alla
sua
sacca
da
viaggi
o e la
chius
e; si
nasco
se
addos
so il
denar
o che
gli
resta
va,
contr
ollò
dappe
rtutto
la sua
came
ra,
dove
non
avreb
be
mai
rimes
so
piede,
e con
spada
e
cappe
llo,
pront
o per
partir
e, si
recò
nel
salon
e,
dove
trovò
Olivo
già
sedut
oa
tavola
con la
mogli
e e le
figlie.
Marco
lina,
prove
nient
e dal
giardi
no,
entrò
insie
me a
lui,
dall'al
tra
parte,
cosa
quest
a che
Casan
ova
interp
retò
come
un
segno
favor
evole
del
destin
o, e
rispos
e al
suo
saluto
con
un
disinv
olto
cenno
del
capo.
Fu
servit
a la
cena;
la
conve
rsazio
ne
dappr
ima
stent
ò,
come
rallen
tata
dall'at
mosfe
ra
dell'a
ddio.
Amali
a
semb
rava
occup
arsi
partic
olarm
ente
delle
figlie,
semp
re
attent
a che
non
riemp
issero
tropp
oo
tropp
o
poco i
loro
piatti.

Olivo,
senza
un
motiv
o
plausi
bile,
parlò
di un
insign
ificant
e
proce
sso
con
un
suo
vicino
che si
era
concl
uso in
suo
favor
e e di
un
viaggi
o
d'affa
ri che
l'avre
bbe
tra
poco
condo
tto a
Manto
va e a
Crem
ona.

Casan
ova
espre
sse la
spera
nza di
poter
rivede
re
l'amic
oa
Venez
ia tra
non
molto
. Tra
l'altro
, che
stran
a
coinci
denza
,
Olivo
non
c'era
mai
stato.
Amali
a
aveva
visitat
o
quella
città
mera
viglio
sa
molti
anni
prima
, da
bambi
na;
come
fosse
stato,
non
avreb
be più
saput
o
dirlo;
ricord
ava
soltan
to un
vecch
io
signor
e
avvolt
o in
un
mant
ello
rosso
scarla
tto
che
era
sceso
da
un'im
barca
zione
nera
di
forma
allung
ata,
aveva
incia
mpat
o ed
era
cadut
o
distes
o.
«Nep
pure
voi
conos
cete
Venez
ia?»,
doma
ndò
Casan
ova a
Marco
lina,
che
era
sedut
a
propri
o
davan
ti a
lui e
guard
ava la
profo
nda
oscuri
tà del
giardi
no
dietro
le
spalle
di lui.
Lei
scoss
e la
testa,
senza
una
parol
a. E
Casan
ova
pensò
: se
te la
potes
si
mostr
are,
la
città
in cui
sono
stato
giova
ne!
Oh,
se tu
fossi
stata
giova
ne
con
me...
E gli
venne
un
altro
pensi
ero,
quasi
assur
do
quant
o
quello
: e se
adess
o ti
porta
ssi
via
con
me?
Ma
mentr
e
tutto
ciò
attrav
ersav
a
inespr
esso
la sua
anima
,
aveva
già
comin
ciato
a
parlar
e
della
città
della
sua
giove
ntù
con
quella
legge
rezza
che
gli
era
data
anche
nei
mom
enti
di più
forte
agitaz
ione
interi
ore:
con
tanta
artific
iosità
e
fredd
ezza
come
se si
fosse
tratta
to di
descri
vere
un
quadr
o,finc
hé,ris
calda
ndo
involo
ntaria
ment
e il
tono,
giuns
ea
parlar
e
della
storia
della
sua
vita,
e si
trovò
impro
vvisa
ment
e con
la sua
perso
na in
mezz
oa
quel
quadr
o, che
soltan
to
adess
o
comin
ciò a
vivere
ea
riluce
re.
Parlò
di sua
madr
e,
celebr
e
attric
e per
la
quale
il
grand
e
Goldo
ni,
suo
ammi
ratore
,
aveva
comp
osto
l'eccel
lente
comm
edia
"La
pupill
a";
racco
ntò
poi
del
suo
squall
ido
soggi
orno
nella
pensi
one
dell'a
varo
dottor
Gozzi,
del
suo
amor
e
infant
ile
per la
figliol
etta
del
giardi
niere,
che
poi
era
scapp
ata
con
un
lacch
è;
della
sua
prima
predic
a da
giova
ne
abate
,
dopo
la
quale
aveva
trovat
o nel
borsel
lo del
sacre
stano
non
solo
le
solite
mone
te,
ma
anche
qualc
he
dolce
letteri
na;
delle
masc
alzon
ate
che
era
solito
combi
nare,
con
alcuni
comp
agni
anima
ti
dagli
stessi
senti
menti
,
quan
d'era
violini
sta
nell'or
chestr
a del
teatro
di
San
Samu
ele,
masc
herat
oo
senza
masc
hera,
per
calli,
mesci
te,
sale
da
gioco
e da
ballo;
ma
anche
di
questi
tiri
spava
ldi e
talvol
ta
davve
ro
inquie
tanti
riferì
senza
adope
rare
una
sola
parol
a
sgrad
evole,
anzi
in
modo
poetic
o-
trasfi
guran
te,
quasi
voless
e
avere
riguar
do
delle
bimbe
, che
pende
vano
dalle
sue
labbr
a
come
gli
altri,
Marco
lina
non
esclus
a. Ma
il
temp
o
passa
va e
Amali
a
mand
ò le
figlie
a
letto.
Prima
che
andas
sero
Casan
ova le
baciò
teneri
ssima
ment
e,
Teresi
na
come
le due
più
piccol
e, e
tutte
dovet
tero
prom
etterg
li di
andar
lo
prest
oa
trovar
ea
Venez
ia,
con i
genit
ori.

Quan
do le
bambi
ne se
ne
furon
o
andat
e
poté
contr
ollarsi
di
meno
, ma
contin
uò il
suo
racco
nto
senza
ambig
uità e
sopra
ttutto
senza
vanità
di
qualu
nque
sorta,
così
che
parev
a di
sentir
e più
il
racco
nto di
un
pazzo
senti
ment
ale
dedit
o
all'am
ore
che
quello
di un
sedut
tore e
avven
turier
o
perico
loso e
sfren
ato.
Parlò
della
splen
dida
scono
sciuta
che
per
setti
mane
aveva
viaggi
ato
con
lui
trave
stita
da
ufficia
le e
una
matti
na
era
impro
vvisa
ment
e
scom
parsa
dal
suo
fianco
;
della
figlia
del
nobile
ciabat
tino
di
Madri
d che,
tra un
abbra
ccio e
l'altro
,
aveva
cercat
o di
fare
di lui
un
cattoli
co
ferve
nte;
della
bella
ebrea
Lia, di
Torin
o, che
andav
aa
cavall
o
megli
o di
qualsi
asi
princi
pessa
;
della
delizi
osa e
innoc
ente
Mano
n
Ballet
ti,
l'unic
a che
aveva
quasi
sposa
to;
della
scade
nte
canta
nte
che
aveva
fischi
ato a
Varsa
via
dopo
di che
aveva
dovut
o
batter
si a
duello
col
suo
aman
te, il
gener
ale
della
coron
a
Branit
zky, e
poi
fuggir
e
dalla
città;
della
malva
gia e
miser
abile
Charp
illon,
che a
Londr
a
l'avev
a
tratta
to da
pazzo
; di
un
viaggi
o
nottur
no
nella
bufer
a
attrav
erso
la
lagun
a,
fino a
Mura
no,
dalla
sua
mona
ca
adora
ta,
viaggi
o che
gli
era
quasi
costat
o la
vita;
del
giocat
ore
Croce
che,
dopo
aver
perdu
to un
patri
monio
a
Spa,
aveva
preso
conge
do da
lui in
lacrim
e,
sulla
via
maest
ra, e
si era
mess
o in
camm
ino
verso
Pietro
burgo
: così
com'e
ra, in
calze
di
seta,
giacc
a di
vellut
o
verde
mela
e
basto
ncino
di
bamb
ù in
mano
.
Racco
ntò di
attrici
,
canta
nti,
modis
te,
conte
sse,
balleri
ne,
came
riere;
di
attori,
ufficia
li,
princi
pi,
amba
sciato
ri,fina
nzieri,
music
isti e
avven
turieri
;e
così
straor
dinari
amen
te fu
avvint
o
dalla
magia
del
suo
stess
o
passa
to,
magia
che
per
quant
o
esso
fosse
irrime
diabil
ment
e
trasco
rso
adess
o
risent
iva,
così
compl
eto
era il
trionf
o
delle
sue
splen
dide
esperi
enze
sulle
miser
e
ombr
e di
cui
potev
a
vanta
rsi il
suo
prese
nte,
che
era
quasi
sul
punto
di
racco
ntare
la
storia
di
quella
fanciu
lla
grazio
sa e
pallid
a che
gli
aveva
confid
ato,
nella
peno
mbra
di
una
chies
a di
Manto
va, le
sue
pene
d'amo
re,
senza
pensa
re
che
quella
stess
a
creat
ura,
di
sedici
anni
più
vecch
ia,
era
sedut
a
davan
ti a
lui a
tavola
,
marit
ata al
suo
amico
Olivo,
quan
do la
came
riera
goffa
ment
e
entrò
e
avver
tì che
davan
ti al
cance
llo
era
pront
a la
carroz
za. E
subito
, con
il suo
incom
parab
ile
dono
di
racca
pezza
rsi
senza
indugi
o nel
sogno
e
nella
veglia
, ogni
qual
volta
fosse
neces
sario,
Casan
ova si
alzò
per
prend
ere
conge
do.
Invitò
ancor
a
cordia
lment
e
Olivo,
al
quale
per
l'emo
zione
manc
avano
le
parol
e, a
visitar
lo con
mogli
ee
figlie
a
Venez
ia, e
lo
abbra
cciò;
quan
do si
avvici
nò ad
Amali
a con
la
stess
a
intenz
ione,
essa
si
scost
ò
legge
rment
e e gli
porse
solo
la
mano
, che
egli
baciò
con
vener
azion
e.

Quan
do si
rivols
ea
Marco
lina,
quest
a gli
disse:
«Tutt
o
quello
che ci
avete
racco
ntato
staser
a-e
altro
ancor
a--
dovre
ste
scrive
rlo,
signor
cavali
ere,
come
avete
fatto
per la
vostr
a
fuga
dai
Piomb
i».
«Dite
sul
serio,
Marco
lina?»
,
doma
ndò
lui col
ritegn
o di
un
giova
ne
scritt
ore.

Lei
sorris
e con
lieve
ironia
.
«Pres
umo»
,
disse,
«che
un
tale
libro
sareb
be
ancor
a più
intere
ssant
e del
vostr
o
libello
contr
o
Voltai
re.»
E'
proba
bile
che
sia
vero,
pensò
lui
senza
dirlo.
Chiss
à che
un
giorn
oo
l'altro
non
segua
il tuo
consi
glio?
E tu
stess
a,
Marco
lina,
ne
sarai
l'ultim
o
capito
lo.
Quest
a
idea,
o più
ancor
a il
pensi
ero,
che
quest'
ultim
o
capito
lo
sareb
be
stato
vissut
o nel
corso
della
notte
a
venir
e,
fece
lampe
ggiar
e così
stran
amen
te il
suo
sguar
do
che
Marco
lina
lasciò
scivol
are
da
quella
di lui
la
mano
che
gli
aveva
porto
per
saluta
rlo
prima
ancor
a che
lui,
inchin
andos
i,
fosse
riuscit
oa
impri
mervi
un
bacio.
Senza
far
notar
e
alcun
ché,
fosse
delusi
one o
astio,
Casan
ova si
voltò
per
andar
e,
dando
a
inten
dere
con
uno
di
quei
gesti
chiari
e
sempl
ici
che
soltan
to a
lui
riusci
vano
così
bene
che
non
volev
a
esser
e
acco
mpag
nato
da
nessu
no,
neppu
re da
Olivo.

Si
affret
tò per
il
viale
di
ippoc
astani
a
rapidi
passi;
diede
una
mone
ta
d'oro
alla
came
riera
che
aveva
portat
o la
sua
sacca
da
viaggi
o in
carroz
za,
salì e
partì.

Il
cielo
era
carico
di
nubi.
Dopo
aver
lascia
to il
villag
gio,
dietro
le cui
pover
e
finest
re si
intrav
edeva
ancor
a,
qua e
là,
qualc
he
lucina
,a
brillar
e
nella
notte
fu
soltan
to la
lanter
na
gialla
fissat
a
davan
ti, sul
timon
e.
Casan
ova
aprì
la
sacca
da
viaggi
o
depos
ta ai
suoi
piedi,
tirò
fuori
il
mant
ello di
Loren
zi e,
dopo
esser
selo
drapp
eggiat
o
addos
so, si
spogli
ò
sotto
la sua
prote
zione,
con
tutta
la
cautel
a del
caso.
Chius
e
nella
sacca
gli
abiti
che si
era
tolto,
anche
calze
e
scarp
e, e si
avvol
se
bene
nel
mant
ello.
A
quel
punto
gridò
al
cocchi
ere:
«Ehi,
dobbi
amo
tornar
e
indiet
ro!».
Il
cocchi
ere si
voltò
secca
to.
«Ho
lascia
to in
quella
casa
le mie
carte.
Mi
senti?
Dobbi
amo
tornar
e
indiet
ro.» E
poich
é
quello
, un
uomo
scont
ento,
magr
o,
dalla
barba
grigia
,
semb
rava
esitar
e:
«Non
prete
ndo
certo
che
tu lo
faccia
gratis
.
Tieni!
». E
gli
mise
in
mano
una
mone
ta
d'oro.
Il
cocchi
ere
annuì
,
morm
orò
qualc
osa e,
asses
tando
al
cavall
o una
frusta
ta del
tutto
super
flua,
girò
la
carroz
za.
Quan
do
riattr
avers
arono
il
villag
gio le
case
erano
tutte
mute
e
spent
e.
Ancor
a un
breve
tratto
lungo
la via
maest
ra, e
il
cocchi
ere
stava
per
imboc
care
la
stradi
na
più
strett
a
legge
rment
e in
salita
che
condu
ceva
a
casa
di
Olivo.
«Alt!»
,
gridò
Casan
ova,
«non
avvici
niamo
ci
tropp
o,
altrim
enti li
svegli
amo.
Aspet
ta qui
sull'a
ngolo.
Torno
prest
o... E
se ci
mette
ssi un
po' di
più,
ogni
ora
vale
un
ducat
o!» A
quest
o
punto
l'uom
o
crede
tte di
saper
e di
che
cosa
si
tratta
va;
Casan
ova lo
notò
dal
modo
in cui
annuì
con la
testa.
Scese
e si
affret
tò,
prest
o
scom
paren
do
agli
occhi
del
cocchi
ere,
fino al
cance
llo
chius
o;
seguì
poi il
muro
fino al
punto
in cui
piega
va ad
angol
o
retto
verso
l'alto
e
imboc
cò il
viotto
lo tra
le
vigne,
che
seppe
trovar
e
facilm
ente,
avend
olo
perco
rso
due
volte
alla
luce
del
giorn
o. Si
tenne
vicino
al
muro
e lo
seguì
anche
dove,
a
circa
metà
della
collin
a,
piega
va di
nuovo
ad
angol
o
retto.
Cam
minav
a ora
sul
soffic
e
prato,
nel
buio
di
quella
notte
coper
ta;
dovev
a ora
fare
atten
zione
a non
manc
are la
porta
del
giardi
no.
Andò
tasto
ni
lungo
la
recinz
ione
di
pietra
liscia
finché
le sue
dita
non
sentir
ono il
rozzo
legno
;a
quel
punto
riuscì
a
distin
guere
chiara
ment
e
anche
i
sottili
conto
rni
della
porta.
Infilò
la
chiav
e
nella
serrat
ura,
subito
trovat
a,
l'aprì,
entrò
in
giardi
no e
richiu
se la
porta
dietro
di sé.
Al di
là del
prato
vide
svetta
re la
casa
con la
torre
a una
distan
za
impro
babile
ea
un'alt
ezza
altrett
anto
impro
babile
.
Rimas
e un
po'
fermo
,
guard
andos
i
intorn
o:
perch
é
quelle
che
per
altri
occhi
sareb
bero
state
teneb
re
impen
etrabi
li
erano
per i
suoi
soltan
to
una
profo
nda
peno
mbra.
Invec
e di
proce
dere
sul
viale,
la cui
ghiaie
tta gli
facev
a
male
ai
piedi
nudi,
osò
proce
dere
sul
prato,
che
inghio
ttiva
il
rumor
e dei
suoi
passi.
Crede
va di
volare
,
tanto
era
legge
ro il
suo
passo
. Ero
divers
o,
pensò
,
quan
do
perco
rrevo
simili
strad
ea
trent'
anni?
Non
sento
,
come
allora
,
scorre
re
nelle
mie
vene
tutto
l'ardo
re del
desid
erio e
tutta
la
linfa
della
giovin
ezza?
Non
sono
oggi
Casan
ova
come
lo ero
allora
?... E
giacc

sono
Casan
ova,
perch
é non
dovre
bbe
fallire
, con
me,
quell'
orrida
legge
alla
quale
sono
sogge
tti gli
altri e
che si
chiam
a
invec
chiare
?E
facen
dosi
semp
re più
ardito
si
doma
ndò:
perch
é mi
insinu
o da
Marco
lina
masc
herat
o?
Casan
ova
non è
più di
Loren
zi,
anche
se è
di
trent'
anni
più
vecch
io? E
non
sareb
be lei
donna
da
conce
pire
l'inco
ncepi
bile?
Era
neces
sario
comm
ettere
una
piccol
a
canag
liata e
indurr
e un
altro
a
comm
ettern
e una
ben
più
grand
e?
Con
un
po' di
pazie
nza
non
avrei
raggi
unto
lo
stess
o
scopo
?
Loren
zi
doma
ni
parte,
io
sarei
rimas
to...
Cinqu
e
giorni
...
tre, e
sareb
be
stata
mia,
consa
pevol
ment
e
mia.
Era
schiac
ciato
contr
o il
muro
della
casa,
accan
to alla
finest
ra di
Marco
lina,
ancor
a ben
chius
a, e i
suoi
pensi
eri
contin
uavan
oa
volare
. E'
davve
ro
tropp
o
tardi?
Potrei
tornar
e,
doma
ni,
dopod
omani
... e
iniziar
e la
mia
opera
di
seduz
ione,
da
uomo
d'ono
re,
per
così
dire.
Quest
a
notte
sareb
be
un'an
ticipa
zione
delle
prossi
ma.
Ma
Marco
lina
non
avreb
be
mai
dovut
o
saper
e che
oggi
ero
io, o
comu
nque
soltan
to più
tardi,
molto
più
tardi.

La
finest
ra era
semp
re
chius
a;
anche
dietro
non si
muov
eva
nient
e.

Manc
ava
ancor
a
qualc
he
minut
oa
mezz
anott
e.
Dove
va
farsi
notar
e in
qualc
he
modo
?
Forse
bussa
re
piano
alla
finest
ra.
Poich
é non
aveva
no
conco
rdato
nient
e del
gener
e,
forse
la
cosa
avreb
be
potut
o far
nasce
re in
Marco
lina
qualc
he
sospe
tto.
Aspet
tare,
quindi
. Non
potev
a
manc
are
molto
. Fu
colto
dal
pensi
ero -
e non
era la
prima
volta
- che
lo
avreb
be
ricono
sciuto
subito
,
svela
ndo
l'inga
nno
prima
che
fosse
compi
uto:
un
pensi
ero
fugaci
ssimo
,
quasi
la
natur
ale,
ragio
nevol
e
consi
derazi
one di
una
possi
bilità
che
sfuma
va
nell'i
mpro
babile
, più
che
un
serio
timor
e. E
gli
venne
in
ment
e
un'av
ventu
ra
piutto
sto
ridicol
a
succe
ssa
vent'a
nni
prima
:
quella
con la
bruna
vecch
ia di
Solett
a, con
cui
aveva
trasco
rso
una
notte
delizi
osa
convi
nto di
posse
dere
una
giova
ne
bella
e
adora
ta e
che
per
giunt
a, il
giorn
o
dopo,
lo
aveva
scher
nito
con
una
spudo
rata
letter
a per
quell'
errore
da lei
estre
mam
ente
desid
erato
e
favori
to
con
ogni
astuzi
a. Nel
ricord
are fu
assali
to
dalla
nause
a:
non
avreb
be
propri
o
dovut
o
pensa
rci,
adess
o, e
scacci
ò
quell'i
mma
gine
obbro
briosa
. Be',
era
finalm
ente
mezz
anott
e?
Quant
o
dovev
a
riman
erci
ancor
a,
schiac
ciato
contr
o quel
muro,
gelan
do nel
fredd
o
della
notte
?O
addiri
ttura
aspet
tare
invan
o?
Esser
e
defra
udato
,
dopo
tutto?
Duem
ila
ducati
per
nient
e? E
Loren
zi con
lei
dietro
la
tenda
?
Prend
endos
i
gioco
di lui?
Invol
ontari
amen
te
strins
e la
spada
che
tenev
a
sotto
il
mant
ello,
sopra
il suo
corpo
nudo.
Da un
tipo
come
Loren
zi ci si
dovev
ano
aspet
tare,
in
fondo
,
anche
le
sorpr
ese
più
penos
e. Ma
poi...
in
quell'i
stant
e udì
un
legge
ro
scricc
hiolio
:
sapev
a che
la
grata
della
finest
ra di
Marco
lina si
stava
muov
endo;
subito
dopo
si
spala
ncaro
no i
due
batte
nti,
mentr
e la
tenda
riman
eva
ancor
a
tirata.
Casan
ova
rimas
e
qualc
he
secon
do
immo
bile,
finché
la
tenda
,
tirata
da
mano
invisi
bile,
si
alzò
da
una
parte:
per
Casan
ova
fu il
segno
di
lancia
rsi
oltre
il
davan
zale,
nella
stanz
a, e
di
chiud
ere
subito
dietro
di sé
finest
ra e
grata.
La
tenda
che
era
stata
tirata
ricadd
e
sulle
sue
spalle
,
tanto
che
egli fu
costre
tto a
uscirn
e
strisci
ando,
e si
sareb
be
trovat
o
nella
più
compl
eta
oscuri
tà se
dal
fondo
della
stanz
a,
quasi
risveg
liato
dal
suo
stess
o
sguar
do,
un
opaco
baglio
re
non
gli
avess
e
mostr
ato la
strad
a.
Solta
nto
tre
passi,
e fu
accolt
o da
bracci
a che
lo
desid
erava
no
arden
teme
nte;
si
lasciò
scivol
are la
spada
di
mano
e il
mant
ello
dalle
spalle
e
sprof
ondò
nella
sua
felicit
à.

Dall'a
bband
ono e
dai
sospir
i di
Marco
lina,
dalle
lacrim
e di
beatit
udine
che
baciò
sulle
sue
guanc
e,
dall'ar
dore
semp
re
nuovo
con
cui
accog
lieva
le sue
tener
ezze
si
accor
se
ben
prest
o che
lei
condi
videv
a il
suo
rapim
ento,
che
gli
parev
a più
elevat
o di
ogni
altro
mai
godut
o,
anzi
di
tipo
nuovo
,
divers
o. Il
piacer
e
diven
tava
devoz
ione,
la più
profo
nda
ebbre
zza
diven
tava
vigila
nza
senza
egual
e:
qui
era
finalm
ente
quant
o già
spess
o,
abbas
tanza
stolta
ment
e,
aveva
credu
to di
vivere
,e
che
pure
non
aveva
mai
vissut
o
davve
ro:
l'appa
game
nto
era
sul
cuore
di
Marco
lina.
Tenev
a tra
le
bracci
a la
donna
alla
quale
potev
a
dare
tutto
se
stess
o per
sentir
si
inesa
uribile
: sul
suo
seno
l'istan
te
dell'ul
timo
abban
dono
e del
nuovo
desid
erio
coinci
devan
o in
un'uni
ca,
inim
magin
ata
volutt
à
dell'a
nima.

Su
quest
e
labbr
a non
erano
la
stess
a
cosa
vita e
morte
,
temp
o ed
eterni
tà?
Non
era
egli
un
dio?
Giove
ntù e
vecch
iaia
solo
una
favola
inven
tata
dagli
uomi
ni?
Patria
ed
ester
o,
splen
dore
e
miseri
a,
fama
e
oblio:
distin
zioni
prive
di
essen
za a
uso
dei
senza
fama,
dei
soli,
dei
vani,
diven
tate
assur
de se
si era
Casan
ova e
si era
trovat
a
Marco
lina?
Indeg
na,
anzi
di
minut
o in
minut
o più
ridicol
a gli
parev
a
l'idea
di
fuggir
e da
quest
a
splen
dida
notte
come
un
ladro,
senza
una
parol
a,
senza
farsi
ricono
scere,
fedele
a un
propo
sito
preso
vilme
nte
poco
prima
.
Nell'in
fallibil
e
sensa
zione
di
aver
dato
felicit
à
come
ne
aveva
ricevu
ta, si
crede
va già
decis
oa
rischi
are e
a fare
il suo
nome
, per
quant
o
fosse
coscie
nte di
giocar
e
alto,
a un
gioco
che,
se
avess
e
perdu
to,
avreb
be
dovut
o
esser
e
pront
oa
pagar
e con
l'esist
enza.

Intor
no a
lui
c'era
ancor
a buio
fitto,
e
potev
a
postic
ipare
la sua
confe
ssion
e,
dalla
cui
accog
lienza
da
parte
di
Marco
lina
dipen
deva
il suo
destin
o, la
sua
stess
a
vita,
fino a
quan
do
dalla
spess
a
tenda
non
penet
rasser
o le
prime
luci
dell'a
urora.
Ma
quest
o
stare
insie
me,
muto
e
beato
,
dolce
e
perdu
to,
non
era
fatto
appos
ta per
legar
e
Marco
lina a
lui più
indiss
olubil
ment
e di
bacio
in
bacio
?
Quel
che
era
sorto
come
ingan
no
non
diven
tava
verità
nell'in
effabil
e
rapim
ento
di
quest
a
notte
? Non
era
perco
rsa,
lei, la
raggir
ata,
l'amat
a,
l'unic
a, da
un
brivid
o, un
presa
gio
che
non
fosse
Loren
zi, il
giova
ne, la
canag
lia,
ma
Casan
ova,
ai cui
ardori
divini
si
stava
abban
donan
do? E
così
comin
ciò a
ritene
re
possi
bile
che il
mom
ento
tanto
anelat
oe
tuttav
ia
temut
o
della
confe
ssion
e gli
sareb
be
stato
total
ment
e
rispar
miato
;
sognò
che
Marco
lina
stess
a,
palpit
ante,
avvint
a,
libera
ta, gli
avreb
be
sussu
rrato
il suo
nome
.E
poi,
quan
do
l'aves
se
così
perdo
nato,
no,
quan
do
avess
e
accolt
o il
perdo
no di
lui,
volev
a
portar
la via
con
sé,
subito
, in
quella
stess
a ora:
lascia
re
con
lei
quella
casa
nel
grigio
re del
primo
matti
no,
salire
con
lei
sulla
carroz
za
che
atten
deva
sulla
curva
della
strad
a...
andar
sene
con
lei,
tenerl
a
semp
re
con
sé,
coron
are
così
l'oper
a di
una
vita,
avend
o
conqu
istato
con
l'enor
me
poten
za del
suo
inesti
nguibi
le
esser
e,
negli
anni
in cui
gli
altri
si
accin
gono
a una
triste
vecch
iaia,
la più
giova
ne, la
più
bella,
la più
intelli
gente
,e
avend
ola
fatta
sua
per
semp
re.
Perch
é
quest
a era
sua
come
nessu
na
prima
di lei.
Scivol
ava
con
lei
per
stretti
canali
miste
riosi,
tra
palaz
zi alla
cui
ombr
a era
di
nuovo
a
casa,
tra
ponti
arcua
ti sui
quali
guizz
avano
figure
scure
;
alcun
e gli
facev
ano
un
cenno
dalla
spalle
tta e
scom
pariv
ano
prima
che
potes
se
scorg
erle.
Adess
o la
gondo
la
attrac
cava;
gradi
ni di
marm
o
porta
vano
nella
magni
fica
casa
del
senat
ore
Braga
dino,
l'unic
a
illumi
nata
a
festa;
giù e
su
per le
scale
corre
vano
figure
masc
herat
e, e
alcun
e si
ferma
vano,
curios
e, ma
chi
potev
a
ricono
scere
Casan
ova e
Marco
lina,
dietro
le
loro
masc
here?
Entrò
con
lei
nella
sala,
dov'e
ra in
corso
un'im
porta
nte
partit
aa
carte.
Tutti i
senat
ori,
anche
Braga
dino,
nei
loro
mant
elli
purpu
rei,
erano
alline
ati
intorn
o al
tavolo
.
Quan
do
entrò
Casan
ova,
sussu
rraro
no
tutti il
suo
nome
,
come
in
preda
al
terror
e,
perch
é
l'avev
ano
ricono
sciuto
dal
lampo
dei
suoi
occhi
dietro
la
masc
hera.
Egli
non si
sedet
te,
non
prese
le
carte,
ma
giocò.
Vinse,
vinse
tutto
l'oro
che
era
sul
tavolo
, ma
era
tropp
o
poco:
i
senat
ori
dovet
tero
firmar
e
cambi
ali,
perde
ndo il
loro
patri
monio
,i
loro
palaz
zi, i
loro
mant
elli
color
porpo
ra...
erano
mendi
canti,
gli
strisci
avano
intorn
oa
grapp
oli, gli
bacia
vano
le
mani,
e
accan
to, in
una
sala
rosso
scuro,
c'eran
o
music
ae
danze
.
Casan
ova
volev
a
danza
re
con
Marco
lina,
ma se
n'era
andat
a. I
senat
ori coi
loro
mant
elli
purpu
rei
erano
di
nuovo
seduti
intorn
o al
tavolo
,
come
prima
; ma
ora
Casan
ova
sapev
a che
non si
tratta
va di
carte
ma di
imput
ati,
crimin
ali e
innoc
enti,
il cui
destin
o era
in
gioco.
Dov'e
ra
Marco
lina?
Non
l'avev
a
tenut
a
tutto
il
temp
o
strett
a per
il
polso
? Si
precip
itò
giù
per le
scale,
la
gondo
la
atten
deva;
allora
avanti
,
avanti
,
attrav
erso
l'intric
o dei
canali
,
natur
almen
te il
gondo
liere
sapev
a
dove
si
trova
va
Marco
lina:
ma
perch
é era
masc
herat
o
anche
lui?
Un
temp
o ciò
non
era
comu
ne a
Venez
ia.
Casan
ova
volev
a
dirglie
lo,
ma
non
osò.
Si
diven
ta
così
vili da
vecch
i? E
semp
re
avanti
: che
città
enor
me si
era
fatta
Venez
ia, in
questi
ventic
inque
anni!
Final
ment
e le
case
arretr
avano
e il
canal
e si
facev
a più
largo:
scivol
avano
tra le
isole,

svetta
vano
le
mura
del
mona
stero
di
Mura
no in
cui si
era
rifugi
ata
Marco
lina.
La
gondo
la non
c'era
più -
adess
o
c'era
da
nuota
re -
com'e
ra
bello!
E'
vero,
nel
fratte
mpo i
bambi
ni di
Venez
ia
gioca
vano
con le
sue
mone
te
d'oro:
ma
che
cosa
gliene
impor
tava
dell'or
o?...

L'acq
ua
era
ora
calda,
ora
fresca
;
mentr
e si
arram
picav
a su
per il
muro
gli
gocci
olava
dai
vestiti
.
Dov'è
Marco
lina?
doma
ndò
nel
parlat
orio a
voce
alta e
sonan
te,
come
può
doma
ndare
un
princi
pe. La
chiam
erò,
disse
la
bades
sa-
duche
ssa, e
sprof
ondò.
Casan
ova
prese
a
volare
,
sbatt
endo
le ali,
avanti
e
indiet
ro
lungo
le
sbarr
e
della
grata,
come
un
pipist
rello.
Se
avessi
saput
o che
so
volare
. Lo
inseg
nerò
anche
a
Marco
lina.
Dietro
le
sbarr
e si
librav
ano
figure
femm
inili.
Suore
, ma
indos
savan
o
tutte
abiti
borgh
esi.
Egli lo
sapev
a per
quant
o non
le
vedes
se
affatt
o, e
sapev
a
anche
chi
fosser
o.
C'era
no
Henri
ette,
la
scono
sciuta
, e la
balleri
na
Cortic
elli e
Cristi
na, la
sposa
, e la
bella
Duboi
s e la
maled
etta
vecch
ia di
Solett
ae
Mano
n
Ballet
ti... e
altre
cento
,
manc
ava
solo
Marco
lina!
Mi hai
ingan
nato,
gridò
al
gondo
liere
che
aspet
tava
nella
gondo
la;
non
aveva
mai
odiato
nessu
no
sulla
terra
come
lui e
giurò
a se
stess
o di
infligg
ergli
una
raffin
ata
vende
tta.
Ma
non
era
una
follia
aver
cercat
o
Marco
lina in
un
mona
stero
di
Mura
no
quan
do lei
si era
recat
a da
Voltai
re?
Che
bello
che
sapes
se
volare
: non
avreb
be più
potut
o
perm
etters
i una
carroz
za. E
nuotò
via:
ma
non
era
più
felice
come
aveva
pensa
to;
facev
a
fredd
oe
semp
re più
fredd
o,
avanz
ava in
mare
apert
o,
lonta
no da
Mura
no,
lonta
no da
Venez
ia;
tutt'in
torno
non
una
nave,
e il
suo
abito
pesan
te
ricam
ato
d'oro
lo
tirava
sotto;
cercò
di
sbara
zzars
ene,
ma
era
impos
sibile
perch
é
tenev
a in
mano
il suo
mano
scritt
o,
quello
che
dovev
a
conse
gnare
al
signor
Voltai
re: gli
entrò
acqua
nella
bocca
e nel
naso,
fu
sopra
ffatto
da
un'an
gosci
a
morta
le,
tese
le
mani,
rantol
ò,
gridò
e aprì
fatico
same
nte
gli
occhi.
Da
una
sottile
fessur
a tra
tenda
e
telaio
della
finest
ra era
penet
rato
un
raggi
o di
luce
dell'a
urora.
Marco
lina,
avvolt
a
nella
sua
bianc
a
camic
ia da
notte,
che
tenev
a
chius
a sul
seno
con
ambo
le
mani,
era
ferma
ai
piedi
del
letto
e
osser
vava
Casan
ova
con
uno
sguar
do di
indici
bile
orrore
, che
lo
svegli
ò
subito
,e
compl
etam
ente.

Invol
ontari
amen
te,
quasi
in un
gesto
di
implo
razion
e,
tese
le
mani
verso
di lei.
Marco
lina,
quasi
a
rispon
dere,
lo
respin
se
con
un
movi
ment
o
della
mano
sinistr
a,
mentr
e con
la
destr
a
string
eva
ancor
a più
spas
modic
amen
te la
sua
veste
sul
seno.
Casan
ova si
alzò a
metà,
appog
giand
osi
con
entra
mbe
le
mani
al
giacig
lio, e
la
fissò.
Riusci
va
tanto
poco
a
distog
liere
lo
sguar
do da
lei
come
lei da
lui. In
quello
di lui
c'eran
o
coller
ae
vergo
gna,
in
quello
di lei
vergo
gna e
orrore
.

E
Casan
ova
sapev
a
come
lei lo
vedev
a,
perch
é lui
stess
o si
vedev
a
nello
specc
hio
dell'ar
ia,
per
così
dire,
e si
scorg
eva
come
si era
visto
ieri
allo
specc
hio
appes
o
nella
came
ra
della
torre:
un
volto
giallo
e
cattiv
o con
rughe
profo
ndam
ente
scava
te,
labbr
a
sottili,
occhi
penet
ranti..
. per
giunt
a
triplic
emen
te
devas
tato
dalle
dissol
utezz
e
della
notte
passa
ta,
dall'af
fanno
so
sogno
del
matti
no,
dal
terribi
le
ricono
scime
nto
del
risveg
lio. E
quant
o
lesse
nello
sguar
do di
Marco
lina
non
fu
quello
che
avreb
be
prefer
ito
mille
volte
legge
rvi,
ladro,
liberti
no,
canag
lia: vi
lesse
un'uni
ca
parol
a, che
però
lo
abbat
té al
suolo
più
ignom
iniosa
ment
e di
qualsi
asi
altra
offesa
, vi
lesse
la
parol
a che
più
teme
va,
che
pronu
nziò
la sua
sente
nza
defini
tiva:
vecch
io. Se
in
quel
mom
ento
avess
e
avuto
il
poter
e di
annie
ntarsi
con
una
parol
a
magic
a,
l'avre
bbe
fatto,
pur di
non
dover
strisci
ar
fuori
dal
lenzu
olo e
dover
si
mostr
are a
Marco
lina
nella
sua
nudit
à, che
dovev
a
parerl
e più
degna
di
dispre
zzo
della
vista
di un
anima
le
nause
abond
o. Lei
però,
come
torna
ndo
lenta
ment
e alla
realtà
, ed
evide
ntem
ente
nel
bisog
no di
conce
dergli
l'oppo
rtunit
à di
fare il
più in
fretta
possi
bile
quant
o era
comu
nque
indisp
ensab
ile, si
voltò
verso
la
paret
e, ed
egli
sfrutt
ò quel
temp
o per
scend
ere
dal
letto,
racco
gliere
il
mant
ello
dal
pavim
ento
ed
avvol
gervis
i.
Recup
erò
subito
anche
la
spada
,e
ora,
giacc

parev
a
fosse
sfuggi
to
all'ont
a
peggi
ore,
quella
del
ridicol
o, si
chies
e se
non
fosse
possi
bile
mette
re in
un'alt
ra
luce
tutta
quella
storia
per
lui
così
penos
a con
qualc
he
parol
a ben
detta,
che
non
avreb
be
avuto
imbar
azzo
a
trovar
e, e
addiri
ttura
volge
rla in
suo
favor
e. Sul
fatto
che
Loren
zi gli
avess
e
vendu
to
Marco
lina
non
potev
a
sussis
tere
per
lei,
data
la
situaz
ione,
alcun
dubbi
o; ma
per
quant
o lei
potes
se in
quell'i
stant
e
odiar
e quel
miser
abile,
Casan
ova
sentiv
a che
lui,
vile
ladro,
dovev
a
semb
rarle
mille
volte
più
odios
o.
Un'alt
ra
ipotes
i
prom
ettev
a
forse
più
soddi
sfazio
ne:
sminu
ire
Marco
lina
con
discor
si
allusi
vi,
beffar
dame
nte
lascivi
: ma
anche
quest
a
perfid
a idea
si
dissol
se
davan
ti a
uno
sguar
do la
cui
espre
ssion
e
carica
di
orrore
si era
gradu
almen
te
trasfo
rmata
in
una
triste
zza
infinit
a,
come
se
Casan
ova
non
avess
e
sverg
ognat
o
soltan
to la
femm
inilità
di
Marco
lina:
no,
quella
notte,
in
modo
indici
bile e
inespi
abile,
l'inga
nno
aveva
violat
o la
fiduci
a, il
piacer
e
l'amo
re, la
vecch
iaia la
giovin
ezza.
A
quello
sguar
do,
che
con
grand
e
torme
nto di
Casan
ova
riacce
se
per
un
attim
o
tutto
ciò
che in
lui
c'era
ancor
a di
buono
, egli
si
volse:
senza
girars
i più
per
guard
are
Marco
lina,
andò
alla
finest
ra,
tirò
da
una
parte
la
tenda
, aprì
finest
ra e
grata,
gettò
uno
sguar
do nel
giardi
no
imme
rso
nel
chiaro
re
dell'a
urora,
come
ancor
a
assop
ito, e
con
un
salto
super
ò il
davan
zale,
ritrov
andos
i
all'ap
erto.
Poich
é
teme
va
che
qualc
uno
in
casa
fosse
già
svegli
oe
potes
se
scorg
erlo
da
una
finest
ra,
evitò
il
prato
e si
lasciò
accog
liere
dall'o
mbra
protet
tiva
del
viale.
Uscì
dalla
porta
del
giardi
no e
l'avev
a
appen
a
chius
a
dietro
di sé
quan
do
qualc
uno
gli si
fece
incont
ro e
gli
sbarr
ò la
strad
a. Il
gondo
liere..
. fu il
suo
primo
pensi
ero.
Perch
é
adess
o
sapev
a,
all'im
provv
iso,
che il
gondo
liere
del
suo
sogno
altri
non
era se
non
Loren
zi.
Era
là. La
rossa
giacc
a
dell'u
nifor
me
con
gli
alama
ri
d'arg
ento
ardev
a
nella
luce
del
matti
no.
Che
magni
fica
unifor
me,
pensò
Casan
ova
nel
suo
cervel
lo
confu
so e
stanc
o,
non
semb
ra
nuova
?E
sicura
ment
e non
è
stata
pagat
a...
Quest
e
sobrie
consi
derazi
oni lo
riport
arono
compl
etam
ente
in sé
e,
non
appen
a
ebbe
coscie
nza
della
situaz
ione,
ne fu
conte
nto.

Assun
se il
suo
atteg
giame
nto
più
orgog
lioso,
afferr
ò più
salda
ment
e
l'elsa
della
spada
sotto
il
mant
ello in
cui
era
avvolt
oe
disse,
nel
tono
più
amabi
le:
«Non
trovat
e,
sottot
enent
e
Loren
zi,
che
quest
a idea
vi
viene
un
po' in
ritard
o?».
«Ma
no»,
ribatt
é
Loren
zi, e
in
quel
mom
ento
era
più
bello
di
qualsi
asi
uomo
che
Casan
ova
avess
e mai
visto,
«perc

tanto
soltan
to
uno
di noi
uscirà
vivo
da
quest
o
posto

«And
ate di
fretta
,
Loren
zi»,
disse
Casan
ova
con
voce
quasi
mellifl
ua.

«Non
voglia
mo
riman
dare
la
cosa
almen
o fino
a
Manto
va?
Sarà
per
me
un
onore
acco
mpag
narvi
con la
mia
carroz
za.
Aspet
ta alla
curva
.
Mante
nere
la
forma
avreb
be i
suoi
lati
positi
vi...
propri
o nel
nostr
o
caso.
»
«Non
occorr
ono
forme
. Voi,
Casan
ova,
o io,
propri
o
adess
o.»
Estras
se la
spada
.
Casan
ova
scroll
ò le
spalle
:
«Com
e
desid
erate,
Loren
zi.

Vorrei
però
ricord
arvi
che
purtro
ppo
sarei
costre
tto a
prese
ntarm
i in
abbigl
iamen
to
total
ment
e
inade
guato
».
Aprì il
mant
ello e
rimas
e
nudo,
la
spada
in
mano
come
per
gioco.
Negli
occhi
di
Loren
zi salì
un'on
data
di
odio.
«Non
saret
e
svant
aggia
to
rispet
to a
me»,
rispos
e, e
con
grand
e
veloci

comin
ciò a
sbara
zzarsi
dei
suoi
abiti.
Casan
ova si
voltò
e, per
il
mom
ento,
si
avvol
se di
nuovo
nel
suo
mant
ello,
perch
é
nonos
tante
il sole
che si
levav
a tra
la
foschi
a
mattu
tina si
era
fatto
sensi
bilme
nte
fresco
.I
pochi
alberi
che si
trova
vano
sulla
somm
ità
della
collin
a
getta
vano
sul
prato
le
loro
lungh
e
ombr
e. Per
un
mom
ento
Casan
ova si
trovò
a
pensa
re: e
se
alla
fine
passa
sse
qualc
uno?
Ma il
sentie
ro
che
corre
va
lungo
il
muro
fino
alla
porta
sul
retro
era
usato
solo
da
Olivo
e dai
suoi.
A
Casan
ova
venne
in
ment
e che
stava
forse
viven
do gli
ultimi
minut
i della
sua
esiste
nza, e
si
mera
vigliò
di
esser
e così
tranq
uillo.
Il
signor
Voltai
re ha
fortun
a,
pensò
fugac
emen
te:
ma in
fondo
Voltai
re gli
era
compl
etam
ente
indiffe
rente
e
avreb
be
prefer
ito, in
quel
mom
ento,
poter
mater
ializza
re
davan
ti alla
sua
anima
imma
gini
più
soavi
di
quella
del
ripug
nante
viso
aquili
no del
vecch
io
letter
ato.
Non
era
stran
o,
peralt
ro,
che al
di là
del
muro
non
cingu
ettass
e
nem
meno
un
uccelli
no?
Stava
per
cambi
are il
temp
o. Ma
che
cosa
gliene
impor
tava
del
temp
o?
Avreb
be
prefer
ito
ricord
are
Marco
lina,
la
volutt
à che
aveva
godut
o tra
le sue
bracci
ae
che
avreb
be
pagat
o
cara.
Cara?
Abbas
tanza
a
buon
merc
ato!
Qualc
he
anno
di
vecch
iaia,
in
miseri
ae
nullità
...
Che
gli
resta
va da
fare
al
mond
o?...
Avvel
enare
il
signor
Braga
dino?
Ne
valev
a la
pena?
Nient
e
valev
a la
pena.
..
Come
svetta
vano
sottili
gli
alberi
,
lassù!
Comi
nciò a
conta
rli.
Cinqu
e...
sette.
..
dieci.
Che
non
abbia
nient
e di
più
impor
tante
da
fare?
«Son
o
pront
o,
signor
cavali
ere!»
Casan
ova si
voltò
di
scatto
.
Loren
zi era
di
fronte
a lui,
magni
fico
come
un
giova
ne
dio,
nella
sua
nudit
à.
Ogni
volga
rità
era
scom
parsa
dal
suo
volto:
semb
rava
pront
oa
uccid
ere
come
a
morir
e. E
se io
getta
ssi
via la
mia
spada
?
pensò
Casan
ova.
Se lo
abbra
cciass
i? Si
lasciò
scivol
are il
mant
ello
dalle
spalle
e fu
così
come
Loren
zi,
slanci
ato e
nudo.
Loren
zi
abbas
sò la
spada
in
segno
di
saluto
.
secon
do le
regol
e
della
scher
ma.
Casan
ova
restit
uì il
saluto
; un
attim
o
dopo
le
lame
si
incroc
iavan
oe
l'arge
ntea
luce
del
matti
no
gioca
va
scintil
lante
di
acciai
o in
acciai
o.
Quant
o
temp

passa
to,
pensò
Casan
ova,
dall'ul
tima
volta
in cui
mi
sono
trovat
o con
la
spada
davan
ti a
un
avver
sario?
Non
gli
venne
tuttav
ia in
ment
e
nessu
no dei
suoi
duelli
più
seri,
ma
soltan
to gli
eserci
zi di
scher
ma
che
dieci
anni
prima
amav
a
ancor
a
pratic
are
con
Costa
, il
suo
dome
stico,
quel
farab
utto
che
era
poi
scapp
ato
con
cento
cinqu
anta
mila
lire.
Ad
ogni
modo
,
pensò
Casan
ova,
era
un
valent
e
spada
ccino.
.. e
anch'i
o non
ho
disim
parat
o
nient
e! Il
suo
bracci
o era
sicuro
, la
sua
mano
legge
ra, il
suo
occhi
o
acuto
come
non
mai.

Giove
ntù e
vecch
iaia
sono
una
favola
,
pensò
...
Non
sono
un
dio?
Non
siamo
entra
mbi
dèi?
Se
qualc
uno ci
vedes
se! Ci
sono
signor
e che
chissà
che
cosa
dareb
bero.
Le
lame
si
piega
vano,
le
punte
scintil
lavan
o;
ogni
volta
che le
spade
si
tocca
vano
si
udiva
un
lieve
canto
nell'ar
ia del
matti
no.
Un
comb
attim
ento?
No,
un
torne
o...
Perch
é
quello
sguar
do di
orrore
,
Marco
lina?
Non
siamo
entra
mbi
degni
del
tuo
amor
e?
Egli è
giova
ne,
ma io
sono
Casan
ova!..
.E
Loren
zi
cadde
, con
una
stocc
ata in
mezz
o al
cuore
. La
spada
gli
cadde
di
mano
, egli
spala
ncò
gli
occhi,
come
in
preda
allo
stupo
re,
sollev
ò
ancor
a la
testa;
le sue
labbr
a si
contr
asser
o di
dolor
e,
abbas
sò di
nuovo
la
testa,
gli si
spala
ncaro
no le
narici,
rantol
ò
appen
ae
morì.
Casan
ova si
piegò
verso
di lui,
gli si
ingino
cchiò
accan
to,
vide
qualc
he
gocci
a di
sangu
e
colare
dalla
ferita
e
passò
la
mano
vicino
alla
bocca
del
cadut
o:
non
un
soffio
di vita
la
sfiorò
. Un
brivid
o
fredd
o
perco
rse le
mem
bra di
Casan
ova.
Si
alzò e
prese
il suo
mant
ello.
Poi si
riavvi
cinò
al
cadav
ere e
guard
ò quel
corpo
giova
nile di
una
bellez
za
incom
parab
ile
distes
o sul
prato.

Il
silenzi
o era
perco
rso
da un
lieve
morm
orio.
Era il
vento
del
matti
no
che
carez
zava
la
chiom
e al di
là del
muro.
Che
fare?
si
doma
ndò
Casan
ova.
Chia
mare
qualc
uno?
Olivo?
Amali
a?
Marco
lina?
A che
scopo
? La
vita
non
gliela
ridà
nessu
no!
Riflett
eva
con
quella
fredd
a
calma
che
gli
era
semp
re
stata
propri
a nei
mom
enti
più
perico
losi
della
sua
vita.
Prima
che lo
trovin
o
posso
no
passa
re
molte
ore,
forse
fino a
sera,
o
anche
più.
Io ho
temp
o fino
a quel
mom
ento,
e poi
si
vedrà
.
Tenev
a
ancor
a la
spada
in
mano
; vi
vide
brillar
e il
sangu
e, e
la pulì
sull'er
ba.
Gli
venne
l'idea
di
vestir
e il
cadav
ere,
ma gli
avreb
be
fatto
perde
re
minut
i
prezio
si e
irrecu
perab
ili.
Come
per
un
ultim
o
sacrifi
cio, si
piegò
ancor
a una
volta
e
chius
e gli
occhi
al
morto
.
«Beat
o te»,
disse
tra
sé, e
in
preda
a una
comm
ozion
e
come
traso
gnata
baciò
l'uccis
o
sulla
fronte
. Poi
si
alzò
rapid
amen
te e si
affret

lungo
il
muro,
girò
l'ango
lo e
piegò
verso
il
basso
, in
direzi
one
della
strad
a. La
carroz
za era
ancor
a
all'inc
rocio
dove
l'avev
a
lascia
ta; il
cocchi
ere, a
casse
tta,
dormi
va
sodo.
Casan
ova
fece
ben
atten
zione
a non
svegli
arlo;
prima
salì
con
estre
ma
cautel
ae
soltan
to
allora
lo
chiam
ò.
«Ehi!
E'
ora!»
e gli
diede
una
pacca
sulla
schie
na. Il
cocchi
ere si
spave
ntò,
si
guard
ò
dintor
no,
stupit
o che
fosse
già
giorn
o, poi
spron
òi
cavall
ie
partì.
Casan
ova si
appog
giò
allo
schie
nale,
avvolt
o nel
mant
ello
che
era
stato
di
Loren
zi.
Nel
villag
gio
c'era
soltan
to
qualc
he
bimbo
per
strad
a;
evide
ntem
ente
uomi
ni e
donne
erano
già
tutti
nei
campi
.
Quan
do si
furon
o
lascia
ti le
case
alle
spalle
,
Casan
ova
tirò
un
respir
o di
sollie
vo;
aprì
la
sacca
da
viaggi
o, ne
tirò
fuori
le sue
cose
e
comin
ciò a
rivesti
rsi,
sotto
la
prote
zione
del
mant
ello,
non
senza
timor
e che
il
cocchi
ere si
voltas
se e
potes
se
esser
e
sorpr
eso
dal
singol
are
comp
ortam
ento
del
suo
passe
ggero
. Ma
non
accad
de
nient
e di
simile
;
Casan
ova
poté
prepa
rarsi
indist
urbat
o,
rimise
il
mant
ello di
Loren
zi
nella
sacca
e tirò
fuori
il suo.
Guard
ò il
cielo,
che
nel
fratte
mpo
si era
oscur
ato.
Non
si
sentiv
a
stanc
o,
anzi,
estre
mam
ente
energ
ico e
vigile.
Riflett
é
sulla
sua
situaz
ione
e,
comu
nque
la
osser
vasse
,
arriva
va
alla
concl
usion
e che
era
davve
ro un
po'
preoc
cupan
te,
per
quant
o non
perico
losa
come
forse
sareb
be
semb
rata a
spiriti
più
ansio
si.
Che
lo
avreb
bero
subito
sospe
ttato
di
avere
ucciso
Loren
zi era
certo
proba
bile,
ma
nessu
no
potev
a
dubit
are
che
fosse
accad
uto
nel
corso
di un
onore
vole
duello
,o
megli
o
ancor
a: era
stato
assali
to da
Loren
zi e
costre
tto al
comb
attim
ento,
e
nessu
no
potev
a
accus
arlo
di un
delitt
o,
perch
é
aveva
agito
per
difend
ersi.
Ma
perch
é lo
aveva
lascia
to
morto
sul
prato,
come
un
cane?
Nepp
ure
quest
o
potev
ano
rimpr
overa
rgli:
fuggir
e
rapid
amen
te era
un
suo
buon
diritto
,
quasi
un
suo
dover
e.
Loren
zi non
avreb
be
fatto
divers
amen
te.
Ma
Venez
ia non
avreb
be
potut
o
conse
gnarl
o?
Al suo
arrivo
si
sareb
be
subito
mess
o
sotto
la
prote
zione
del
suo
benef
attore
Braga
dino.
Ma
non si
incolp
ava
così
egli
stess
o di
un'azi
one
che
potev
a
anche
non
esser
e
scope
rta o
comu
nque
non
imput
ata a
lui?
C'era
una
sola
prova
contr
o di
lui?
Non
era
stato
convo
cato a
Venez
ia?
Chi
potev
a dire
che
era
una
fuga?
Il
cocchi
ere
forse,
che
aveva
aspet
tato
per
metà
notte
lungo
la
strad
a?
Con
qualc
he
mone
ta
d'oro
gli si
tappa
va la
bocca
. Così
corre
vano i
suoi
pensi
eri, in
cerchi
o.
Impro
vvisa
ment
e gli
parve
di
udire
uno
scalpi
tio di
cavall
i alle
sue
spalle
. Già
qui?
fu il
suo
primo
pensi
ero.
Avvici
nò la
testa
al
finest
rino
della
carroz
za e
guard
ò
all'ind
ietro:
la
strad
a era
vuota
.
Erano
passa
ti
vicino
a una
fattori
a:
aveva
sentit
o
l'eco
degli
zoccol
i dei
loro
stessi
cavall
i. Il
fatto
che si
fosse
ingan
nato
lo
tranq
uillizz
ò per
un
po', al
punto
che
gli
parve
di
esser
e
scam
pato
a ogni
perico
lo. Là
svetta
vano
le
torri
di
Manto
va...
«Ava
nti,
avanti
»,
disse
tra sé
e sé,
perch
é non
volev
a che
il
cocchi
ere lo
sentis
se.

Quest
i
però,
ormai
vicino
alla
meta,
spron
òi
cavall
i di
sua
iniziat
iva;
furon
o
prest
o alla
porta
attrav
erso
la
quale
Casan
ova
aveva
lascia
to la
città
con
Olivo
meno
di
quara
ntotto
ore
prima
;
diede
al
cocchi
ere il
nome
della
locan
da
davan
ti alla
quale
ferma
rsi e
dopo
pochi
minut
i
appar
ve
l'inse
gna
con il
leone
d'oro,
al che
Casan
ova
saltò
giù
dalla
carroz
za.
Sulla
porta
c'era
la
locan
diera:
fresca
, col
volto
sorrid
ente
e non
scont
enta
di
riceve
re
Casan
ova,
propri
o
come
si
accog
lie un
aman
te
che,
desid
eratis
simo,
ritorn
a
dopo
un'as
senza
indesi
derat
a;
egli
accen

però
torvo
al
cocchi
ere,
testi
mone
sgradi
to, e
disse
poi a
quest
o di
entrar
ee
mangi
are e
bere
a
volont
à.

«Ieri
sera è
arriva
ta per
voi
una
letter
a da
Venez
ia,
signor
cavali
ere.»
«Un'a
ltra?»
,
doma
ndò
Casan
ova, e
salì di
corsa
le
scale
che
porta
vano
alla
sua
came
ra. La
locan
diera
lo
seguì.
Sul
tavolo
c'era
una
letter
a
sigilla
ta.
Casan
ova
l'aprì
in
preda
alla
massi
ma
agitaz
ione.
Un
ripens
amen
to? si
chied
eva
angos
ciato.
Ma
quan
do
l'ebbe
letta
il suo
volto
si
rischi
arò.
Erano
poche
righe
di
Braga
dino,
che
gli
acclu
deva
un
ordin
e di
paga
ment
o per
duece
ntocin
quant
a lire
di
modo
che,
qualo
ra
avess
e
decis
o in
tal
senso
,
potes
se
non
riman
dare
il
viaggi
o di
un sol
giorn
o.
Casan
ova si
voltò
verso
la
locan
diera
e le
spieg
ò,
simul
ando
un'es
pressi
one
secca
ta,
che
era
purtro
ppo
costre
tto a
prose
guire
all'ist
ante
il suo
viaggi
o, se
non
volev
a
correr
e il
perico
lo di
perde
re il
posto
che il
suo
amico
Braga
dino
gli
aveva
procu
rato a
Venez
ia e al
quale
aspira
vano
altre
cento
perso
ne.

Tutta
via,
aggiu
nse
subito
quan
do
vide
levars
i sulla
fronte
della
locan
diera
nubi
minac
ciose,
egli
inten
deva
soltan
to
assicu
rarsi
quel
posto
e
riceve
re la
sua
nomi
na, a
segre
tario
del
Consi
glio
dei
Dieci
di
Venez
ia;
poi,
una
volta
insedi
atosi
nella
sua
carica
,
avreb
be
chiest
o
imme
diata
ment
e una
licenz
a per
siste
mare
le sue
cose
a
Manto
va,
licenz
a che
natur
almen
te
non
avreb
bero
potut
o
negar
gli;
lascia
va
infatti
qui la
maggi
or
parte
dei
suoi
beni..
.e
poi
dipen
deva
soltan
to
dalla
sua
cara,
affasc
inant
e
amica
se
inten
desse
ceder
e la
locan
da e
seguir
lo a
Venez
ia
come
sua
sposa
... Lei
gli si
gettò
al
collo
e gli
doma
ndò
con
gli
occhi
colmi
di
lacrim
e se,
prima
della
parte
nza,
non
potes
se
almen
o
portar
gli in
came
ra
una
buona
colazi
one.

Egli
sapev
a che
si
stava
prepa
rando
una
festa
d'addi
o, per
la
quale
non
prova
va il
bench
é
mini
mo
desid
erio:
ma si
dichia

d'acc
ordo,
per
poter
si
finalm
ente
libera
re di
lei;
quan
do lei
ebbe
sceso
le
scale,
mise
in
valigi
a la
bianc
heria
ei
libri
che
gli
occorr
evano
più
urgen
teme
nte,
scese
nella
sala
da
pranz
o,
dove
trovò
il
cocchi
ere
davan
ti a
un
pasto
abbon
dante
e gli
doma
ndò
se
non
fosse
dispo
sto -
in
cambi
o di
una
somm
a che
super
ava
del
doppi
o il
prezz
o
consu
eto -
a
partir
e
subito
con
gli
stessi
cavall
i in
direzi
one di
Venez
ia,
fino
alla
succe
ssiva
stazio
ne di
posta.
Il
cocchi
ere si
dichia

senz'
altro
d'acc
ordo,
e per
il
mom
ento
Casan
ova si
era
libera
to
della
sua
più
urgen
te
preoc
cupaz
ione.
Entrò
la
locan
diera,
rossa
in
faccia
dalla
coller
a, e
gli
chies
e se
avess
e
dimen
ticato
che in
came
ra lo
atten
deva
la
colazi
one.
Casan
ova
rispos
e con
la
massi
ma
disinv
oltura
che
non
l'avev
a
dimen
ticato
affatt
o e la
pregò
al
temp
o
stess
o,
poich
é
aveva
i
minut
i
conta
ti, di
recars
i
press
o la
banca
sulla
quale
era
emes
sa la
sua
cambi
ale e
di
ritirar
gli
duece
ntocin
quant
a lire
con
l'ordin
e di
paga
ment
o che
le
porge
va.
Mentr
e lei
corre
va a
prend
ergli il
denar
o
Casan
ova
andò
in
came
ra e,
con
avidit
à
davve
ro
anima
lesca,
comin
ciò a
ingoia
re il
pasto
che
gli
aveva
prepa
rato.
Non
lo
distur

che
comp
arisse
la
locan
diera,
si
limitò
a
intasc
are
lesto
il
denar
o che
gli
aveva
portat
o;
quan
do
ebbe
finito
si
voltò
verso
la
donna
, che
era
scivol
ata
tener
amen
te al
suo
fianco
e che,
ritene
ndo
finalm
ente
giunt
a la
sua
ora,
gli
aveva
teso
le
bracci
a in
modo
inequi
vocab
ile:
egli la
abbra
cciò
caloro
same
nte,
la
baciò
su
entra
mbe
le
guanc
e e,
quan
do
parev
a
pront
aa
non
negar
gli più
nient
e, si
divinc
olò
dicen
do:
«Dev
o
andar
e...
arrive
derci!
» con
tanta
irruen
za
che
lei
cadde
all'ind
ietro,
sull'a
ngolo
del
sofà.
La
sua
espre
ssion
e, un
miscu
glio di
delusi
one,
rabbi
a,
impot
enza,
aveva
qualc
osa di
così
irresis
tibilm
ente
comic
o che
Casan
ova,
mentr
e si
chiud
eva la
porta
alle
spalle
, non
poté
tratte
nere
una
risata
.
Il
fatto
che il
suo
passe
ggero
avess
e
fretta
non
potev
a
esser
e
sfuggi
to al
cocchi
ere;
chied
ersen
e il
perch
é non
era
affar
suo e
a ogni
modo
,
quan
do
Casan
ova
uscì
dalla
porta
della
locan
da,
era
già
sedut
oa
casse
tta, e
non
appen
a
quegli
fu
salito
spron
ò
energ
icame
nte i
cavall
i. Gli
parve
oppor
tuno
anche
non
attrav
ersar
e la
città:
infatti
la
aggir
ò, per
ripren
dere
la via
maest
ra
dall'al
tra
parte.
Il sole
non
era
ancor
a
alto,
manc
avano
tre
ore a
mezz
ogior
no.
Casan
ova
pensò

anche
possi
bile
che
non
abbia
no
ancor
a
trovat
o il
cadav
ere di
Loren
zi. Il
fatto
che
era
stato
lui a
uccid
ere
Loren
zi gli
affior
ava
appen
a alla
coscie
nza:
era
solo
conte
nto di
poter
si
allont
anare
semp
re più
da
Manto
va,
che
finalm
ente
gli
fosse
conce
ssa
quiet
e, per
un
po'...
Cadd
e nel
sonno
più
profo
ndo
della
sua
vita,
che in
certo
qual
modo
durò
due
giorni
e due
notti;
perch
é le
brevi
interr
uzioni
neces
sarie
per
cambi
are i
cavall
ie
duran
te le
quali
riman
eva
sedut
o
nelle
sale
di
mesci
ta
delle
locan
de,
camm
inava
avanti
e
indiet
ro
davan
ti alle
stazio
ni di
posta,
scam
biand
o
qualc
he
parol
a
occasi
onale
con
postie
ri,
osti,
dogan
ieri,
viaggi
atori,
erano
partic
olari
che
non
era
riuscit
oa
impri
mere
nella
mem
oria.
Così il
ricord
o di
questi
due
giorni
e
notti
conflu
ì con
il
sogno
che
aveva
sogna
to nel
letto
di
Marco
lina, e
di
quest
o
sogno
facev
a
parte,
in
qualc
he
modo
,
anche
il
duello
tra
due
uomi
ni
nudi
su un
prato
verde
al
chiaro
re
dell'a
urora,
sogno
in cui
talvol
ta,
enigm
atica
ment
e, lui
non
era
Casan
ova,
ma
Loren
zi,
non il
vincit
ore,
ma il
cadut
o,
non il
fuggit
ivo,
ma il
morto
,
intorn
o al
cui
pallid
o
corpo
giova
nile
gioca
va
solitar
io il
vento
del
matti
no;
ed
entra
mbi,
lui
stess
oe
Loren
zi,
non
erano
più
reali
dei
senat
ori
nei
rossi
mant
elli
purpu
rei
che
erano
scivol
ati in
ginoc
chio
davan
ti a
lui, e
non
meno
reali
di
quel
vecch
io
appog
giato
alla
spalle
tta di
un
qualc
he
ponte
al
quale,
nella
peno
mbra,
aveva
gettat
o
un'ele
mosin
a
dalla
carroz
za.
Se
Casan
ova
non
avess
e
saput
o
tener
e
separ
ate,
in
virtù
della
sua
capac
ità di
giudiz
io,
esperi
enze
vissut
e ed
esperi
enze
sogna
te,
avreb
be
potut
o
imma
ginar
e di
esser
e
cadut
o, fra
le
bracci
a di
Marco
lina,
in un
sogno
confu
so dal
quale
si
svegli
ò
soltan
to alla
vista
del
Camp
anile
di
Venez
ia.

Fu al
terzo
giorn
o del
suo
viaggi
o, da
Mestr
e, che
rivide
per la
prima
volta,
dopo
più di
vent'a
nni di
nostal
gia, il
camp
anile:
una
costru
zione
di
pietra
grigia
che
gli si
levò
davan
ti
lonta
na,
come
svetta
ndo
dalla
peno
mbra.
Ma
egli
sapev
a che
ormai
solo
due
ore di
viaggi
o lo
separ
avano
dall'a
mata
città
in cui
era
stato
giova
ne.
Pagò
il
cocchi
ere,
senza
saper
e se
fosse
il
quart
o, il
quint
o o il
sesto
con
cui
facess
ei
conti,
da
Manto
va, e
si
affret
tò,
seguit
o da
un
ragaz
zino
che
gli
porta
va i
bagag
li,
lungo
le
miser
e
strad
e che
condu
cevan
o al
porto,
per
raggi
unger
e il
merc
antile
che
ancor
a
oggi,
come
ventic
inque
anni
prima
,
partiv
a alle
sei
per
Venez
ia.
Parev
a che
aspet
tasse
solo
lui:
non
appen
a
ebbe
preso
posto
tra
donne
che
porta
vano
in
città
le
loro
merc
anzie,
piccoli
comm
ercian
ti e
artigi
ani su
una
strett
a
panca
,
l'imba
rcazio
ne si
mise
in
movi
ment
o. Il
cielo
ero
fosco
e la
lagun
a
imme
rsa
nella
nebbi
a;
c'era
odore
d'acq
ua
stagn
ante,
legno
umido
,
pesce
e
frutta
fresca
.
Semp
re più
alto
svetta
va il
camp
anile
e
nell'ar
ia si
stagli
avano
anche
altre
torri;
diven
nero
visibili
cupol
e di
chies
ee
da un
tetto,
da
due,
da
molti
gli
giuns
e il
rifless
o dei
raggi
del
sole
del
matti
no; le
case
si
separ
avano
e
cresc
evano
in
altezz
a;
dalla
nebbi
a
spunt
avano
imbar
cazio
ni più
o
meno
piccol
e,
dalle
quali
ci si
scam
biava
no
saluti.

Le
chiacc
hiere
intorn
o a lui
si
fecero
più
chiass
ose;
una
bambi
na gli
offrì
di
comp
rare
dell'u
va;
egli
assap
orò i
chicch
i blu,
sputa
ndo le
bucce
fuorib
ordo
alla
manie
ra dei
suoi
concit
tadini
,e
prese
a
parlar
e con
qualc
uno
che
gli
espre
sse la
sua
felicit
à per
il
fatto
che
parev
a
esser
e
finalm
ente
arriva
to il
bel
temp
o.
Come
,
erano
tre
giorni
che
piove
va?
Non
ne
sapev
a
nient
e:
veniv
a dal
sud,
da
Napol
i, da
Roma
...

Già la
nave
attrav
ersav
ai
canali
della
perife
ria;
case
sporc
he lo
fissar
ono
da
finest
re
opach
e,
come
con
occhi
ebeti
ed
estra
nei;
due,
tre
volte
si
fermò
il
battel
lo, ne
scese
ro
alcuni
giova
ni,
uno
con
una
grand
e
cartell
a
sotto
bracci
o, e
donne
coi
loro
panie
ri;
ora si
arriva
va
finalm
ente
in
quarti
eri
più
ospita
li.
Non
era
quest
a la
chies
a in
cui si
era
confe
ssata
Marti
na? E
quest
a la
casa
in cui,
a
modo
suo,
aveva
ridato
rossor
ee
salute
alla
pallid
a
Agata
,
affett
a da
una
malat
tia
morta
le? E
in
quell'
altra
non
aveva
fatto
nero,
di
botte,
l'infa
me
fratell
o
dell'af
fascin
ante
Silvia
? E in
un
canal
e
latera
le
quella
casett
a
giallic
cia
sui
cui
gradi
ni
dilava
ti
dall'a
cqua
stava
a
piedi
nudi
una
donna
grass
a...
Prima
che
riusci
sse a
ricord
are
quale
figura
dei
lonta
ni
giorni
di
giove
ntù
potes
se
colloc
arvi,
l'imba
rcazio
ne
era
entrat
a nel
Canal
Grand
ee
proce
deva
ora
lenta
ment
e tra i
palaz
zi di
quell'
ampia
via
d'acq
ua. A
Casan
ova,
sulla
scia
dei
suoi
sogni,
semb
rava
di
averla
perco
rsa il
giorn
o
prima
.
Scese
al
ponte
di
Rialto
perch
é,
prima
di
recars
i dal
signor
Braga
dino,
volev
a
lascia
re i
bagag
li e
assicu
rarsi
una
stanz
a
press
o una
miser
a
pensi
oncin
a di
cui
ricord
ava
l'ubic
azion
e ma
non il
nome
.
Trovò
la
casa
più
decad
uta o
quant
o
meno
più
trascu
rata
di
quant
o non
ricord
asse:
un
secca
to
came
riere
dalla
barba
lunga
gli
asseg

una
came
ra
poco
accog
liente
con
vista
sul
muro
senza
finest
re
della
casa
davan
ti. Ma
Casan
ova
non
volev
a
perde
re
temp
o;
inoltr
e gli
giuns
e
assai
gradit
o,
poich
é
duran
te il
viaggi
o
aveva
quasi
esauri
to i
suoi
conta
nti, il
basso
prezz
o
della
stanz
a;
decis
e così
di
riman
ere
provv
isoria
ment
e lì, si
liberò
dalla
polve
re e
dalla
sporci
zia
del
lungo
viaggi
o,
riflett
é un
po' se
indos
sare il
suo
abito
elega
nte
ma
trovò
più
indica
to
rimett
ersi
quello
più
mode
sto e
infine
lasciò
la
locan
da.
Appe
na
cento
passi,
per
una
calle
strett
ae
sopra
un
ponte
, lo
separ
avano
dal
palaz
zotto
elega
nte in
cui
vivev
a
Braga
dino.

Casan
ova si
annu
nziò a
un
giova
ne
dome
stico
dalla
faccia
un
po'
insole
nte
che
fece
finta
di
non
avere
mai
udito
quel
celebr
e
nome
;
ritorn
ò
però
dalle
stanz
e del
suo
signor
e con
un'es
pressi
one
un
po'
più
gentil
ee
fece
entrar
e
l'ospit
e.
Braga
dino
era
sedut
oa
un
tavolo
vicino
a una
finest
ra
apert
a:
stava
facen
do
colazi
one;
volev
a
alzars
i,
cosa
quest
a che
Casan
ova
non
permi
se.
«Cari
ssimo
Casan
ova»,
escla

Braga
dino,
«com
e
sono
felice
di
rivede
rvi!
Già,
chi
avreb
be
mai
pensa
to che
ci
sare
mmo
rivisti
?» E
gli
tese
entra
mbe
le
mani.
Casan
ova le
afferr
ò
come
se
voless
e
baciar
le,
ma
non lo
fece,
e
rispos
ea
quel
cordia
le
saluto
con
parol
e di
caloro
so
ringra
ziame
nto,
in
quel
modo
un
po'
reboa
nte di
cui la
sua
espre
ssion
e non
era
esent
e in
tali
occasi
oni.
Braga
dino
lo
invitò
a
seder
si e
gli
chies
e
innan
zitutt
o se
avess
e già
fatto
colazi
one.
Quan
do
Casan
ova
rispos
e di
no,
Braga
dino
suonò
al
dome
stico
e gli
impar
tì le
relati
ve
istruzi
oni.
Quan
do il
dome
stico
si fu
allont
anato
,
Braga
dino
espre
sse la
sua
soddi
sfazio
ne
per il
fatto
che
Casan
ova
avess
e
accett
ato
senza
riserv
e
l'offer
ta del
Consi
glio
dei
Dieci;
l'aver
decis
o di
dedic
are i
suoi
servig
i alla
patria
non
gli
avreb
be
certo
arrec
ato
danno
.
Casan
ova
dichia

che
sareb
be
stato
felice
di
soddi
sfare
le
aspet
tative
del
Consi
glio.
Lo
disse,
e in
propo
sito
aveva
idee
ben
precis
e.
Non
perce
piva
dentr
o di
sé più
tracce
di
odio
contr
o
Braga
dino;
semm
ai una
certa
comm
ozion
e per
quell'
uomo
vecch
issim
oe
istupi
dito
che
gli
sedev
a
davan
ti con
la
barba
bianc
a
ormai
rada
e gli
occhi
cerchi
ati di
rosso,
mentr
e la
tazza
gli
trema
va
nella
mano
magr
a.
L'ulti
ma
volta
che
Casan
ova lo
aveva
visto,
Braga
dino
potev
a
avere
l'età
che
aveva
oggi
Casan
ova;
a dire
il
vero
gli
era
parso
vecch
io già
allora
.

A
quest
o
punto
il
dome
stico
portò
la
colazi
one
per
Casan
ova
che,
senza
parlar
e
tropp
o, la
appre
zzò a
dover
e,
poich
é
duran
te il
viaggi
o
aveva
consu
mato
soltan
to
qualc
he
frettol
oso
spunti
no.
Sì,
aveva
viaggi
ato
notte
e
giorn
o, da
Manto
va fin
lì,
tanto
aveva
fretta
di
dimos
trare
la sua
dispo
nibilit
à al
Consi
glio
dei
Dieci
e al
suo
nobile
benef
attore
la sua
inesa
uribile
gratit
udine
; lo
disse
per
scusa
re
l'avidi

quasi
indec
ente
con
cui
ingur
gitò
la
ciocco
lata
fuma
nte.
Dalla
finest
ra
penet
ravan
oi
mille
rumor
i della
vita
dei
canali
,
grand
ie
piccoli
; le
grida
dei
gondo
lieri si
alzav
ano
mono
tone
su
tutte
le
altre;
da
qualc
he
parte,
non
tropp
o
lonta
no,
forse
nel
palaz
zo
davan
ti -
era
palaz
zo
Fogaz
zari?
-
gorgh
eggia
va
una
bella
voce
di
donna
,
piutto
sto
alta:
appar
tenev
a
evide
ntem
ente
a una
creat
ura
molto
giova
ne,
una
creat
ura
che ai
tempi
in cui
Casan
ova
era
fuggit
o dai
Piomb
i non
era
ancor
a
nata.
Mangi
ò
biscot
ti e
burro,
uova,
carne
fredd
a,
contin
uando
a
scusa
rsi
per la
sua
insazi
abilità
con
Braga
dino,
che
invec
e lo
guard
ava
soddi
sfatto
. «Mi
piace
»,
disse,
«che i
giova
ni
abbia
no
appeti
to! E
per
quant
o
ricord
o,
mio
caro
Casan
ova,
a voi
non è
mai
manc
ato!»
E
ramm
entò
un
pranz
o che,
i
primi
tempi
della
sua
conos
cenza
con
Casan
ova,
aveva
consu
mato
con
lui - o
più
propri
amen
te che
aveva
guard
ato,
con
ammi
razion
e, il
suo
giova
ne
amico
consu
mare
-
come
oggi;
perch
é non
era
ancor
a
compl
etam
ente
ristab
ilito,
era
infatti
poco
dopo
che
Casan
ova
aveva
buttat
o
fuori
di
casa
il
medic
o che,
coi
suoi
perpe
tui
salass
i,
aveva
portat
o il
pover
o
Braga
dino
quasi
nella
tomb
a...
Parlar
ono
dei
tempi
passa
ti; sì,
allora
a
Venez
ia si
vivev
a
megli
o di
oggi.
«Non
dappe
rtutto
»,
disse
Casan
ova,
accen
nando
con
un
lieve
sorris
o al
tetto
dei
Piomb
i.
Braga
dino
si
scher
nì con
un
movi
ment
o
della
mano
,
come
se
non
fosse
il
mom
ento
di
ricord
are
quei
partic
olari
sgrad
evoli.
Del
resto
allora
lui,
Braga
dino,
aveva
fatto
del
suo
megli
o per
salvar
e
Casan
ova
dalla
pena,
anche
se
purtro
ppo
invan
o. Oh,
se
avess
e già
fatto
parte
del
Consi
glio
dei
Dieci!
Giuns
ero
così a
parlar
e di
politic
a, e
Casan
ova
seppe
da
quel
vecch
io il
quale,
acces
o dal
suo
tema,
parev
a
ritrov
are
l'argu
zia e
tutta
la
vivaci
tà dei
suoi
anni
più
giova
ni,
molte
cose
e
singol
ari
sulla
preoc
cupan
te
tende
nza
spirit
uale
cui
aderi
va
parte
della
giove
ntù
venez
iana e
sui
perico
losi
disord
ini
che
segni
inequi
vocab
ili
comin
ciava
no ad
annu
nziare
; ed
egli
non
era
assol
utam
ente
maldi
spost
o
quan
do, la
sera
di
quello
stess
o
giorn
o, che
aveva
trasco
rso
chius
o
nella
sua
cupa
came
ra
d'albe
rgo a
riordi
nare
e in
parte
brucia
re
alcun
e
carte,
solo
per
placar
e la
sua
anima
alqua
nto
turbat
a,
entrò
nel
Caffè
Quadr
i, in
piazz
a San
Marco
,
consi
derat
a il
princi
pale
punto
di
ritrov
o di
liberi
pensa
tori e
sovve
rsivi.
Trami
te un
vecch
io
music
ista
che lo
ricono
bbe
subito
, l'ex
maest
ro di
cappe
lla del
teatro
di
San
Samu
ele, lo
stess
o in
cui
Casan
ova
trent'
anni
prima
suona
va il
violin
o, fu
introd
otto
nel
modo
più
natur
ale in
una
comp
agnia
di
perso
ne
per lo
più
giova
ni i
cui
nomi
gli
erano
rimas
ti
impre
ssi
nella
mem
oria
dal
suo
colloq
uio
mattu
tino
con
Braga
dino,
che li
aveva
descri
tti
come
partic
olarm
ente
sospe
tti. Il
suo
nome
parve
però
non
fare
alcun
effett
o
sugli
altri,
come
avreb
be
avuto
ragio
ne di
aspet
tarsi;
anzi i
più
parev
ano
non
saper
e
nient'
altro,
di
Casan
ova,
se
non
che
molto
temp
o
prima
era
stato
rinchi
uso
nei
Piomb
i per
qualc
he
motiv
oo
forse
pure
innoc
ente
e che
ne
era
fuggit
o tra
mille
perico
li.
Certo,
il
libricc
ino in
cui
già
anni
prima
aveva
descri
tto
così
vivac
emen
te la
sua
fuga
non
era
rimas
to
ignot
o, ma
nessu
no
parev
a
averlo
letto
con la
merit
ata
atten
zione.
Divert
ì
alqua
nto
Casan
ova
pensa
re
che
dipen
deva
soltan
to da
lui
procu
rare il
più
prest
o
possi
bile a
ciascu
no di
questi
giova
ni
signor
i
un'es
perie
nza
perso
nale
delle
condi
zioni
di vita
nei
Piomb
i di
Venez
ia e
delle
diffico
ltà
dell'e
vasio
ne;
ma
ben
lungi
dal
far
balugi
nare
o
addiri
ttura
indovi
nare
un'ide
a così
malva
gia,
seppe
invec
e
recita
re
anche
qui la
parte
della
perso
na
innoc
ua e
amabi
le,
intrat
tenen
do
ben
prest
o la
comp
agnia
a
modo
suo,
racco
ntand
o
allegr
e
avven
ture
d'ogni
gener
e che
gli
erano
capita
te
duran
te il
suo
viaggi
o da
Roma
a
Venez
ia:
storie
che,
per
quant
o nel
compl
esso
piutto
sto
vere,
risaliv
ano in
realtà
a
quindi
ci o
venti
anni
prima
.
Mentr
e tutti
ancor
a lo
ascolt
avano
eccita
ti,
qualc
uno
portò,
con
altre
novità
, la
notizi
a che
un
ufficia
le di
Manto
va
era
stato
ucciso
nei
pressi
della
propri
età di
un
amico
di cui
era
ospite
e che
il suo
cadav
ere
era
stato
sacch
eggiat
o dai
briga
nti,
che
gli
aveva
no
tolto
persin
o la
camic
ia.
Poich
é
simili
aggre
ssioni
e
omici
di
all'ep
oca
erano
tutto
eccett
o che
rari,
anche
quest
o non
suscit
ò
partic
olare
scalp
ore in
quella
cerchi
a, e
Casan
ova
prose
guì il
racco
nto
che
aveva
interr
otto,
quasi
che la
cosa
gli
intere
ssass
e ben
poco,
come
agli
altri;
in
realtà
però,
libera
to da
un'inq
uietu
dine
che
non
aveva
confe
ssato
neppu
re a
se
stess
o,
trovò
accen
ti
ancor
a più
divert
enti e
insole
nti di
prima
.

Era
passa
ta la
mezz
anott
e
quan
do,
dopo
un
breve
comm
iato
dai
suoi
nuovi
conos
centi,
attrav
ersò
da
solo
la
grand
e
piazz
a
vuota
su cui
si
apriv
a un
cielo
caligi
noso
e
senza
stelle,
ma
egual
ment
e
scintil
lante.

Con
una
speci
e di
sicure
zza
da
sonna
mbulo
,
senza
esser
e
davve
ro
coscie
nte
che lo
facev
a per
la
prima
volta
dopo
un
quart
o di
secol
o,
trovò
la
strad
a per
strett
e
calli,
tra
muri
scuri
e
passe
relle,
fino
alla
sua
miser
a
locan
da, la
cui
porta
gli si
aprì
davan
ti,
pigra
e
inospi
tale,
solo
dopo
che
ebbe
ripetu
tame
nte
bussa
to; e
pochi
minut
i
dopo,
in
preda
a una
dolor
osa
stanc
hezza
che
gli
appes
antiva
le
mem
bra
senza
rilass
arle e
con
un
retrog
usto
amar
o
sulle
labbr
a che
sentiv
a
salire
dal
più
intim
o del
suo
esser
e, si
gettò,
spogli
ato
soltan
to a
metà,
su un
cattiv
o
letto,
per
dormi
re
dopo
ventic
inque
anni
di
esilio
il
primo
,
tanto
desid
erato
sonno
in
patria
, che
finalm
ente,
alle
prime
luci
del
matti
no,
ebbe
pietà
del
vecch
io
avven
turier
oe
sopra
ggiun
se
senza
sogni
e
profo
ndo.

NOTA
:

Una
visita
di
Casan
ova a
Ferne
y
ebbe
luogo
davve
ro,
ma
tutti
gli
eventi
della
prese
nte
novell
aa
essa
riferiti
, in
partic
olare
il
fatto
che
Casan
ova
avreb
be
lavora
to a
un'op
era
polem
ica
contr
o
Voltai
re,
non
hanno
nient
ea
che
veder
e con
la
verità
storic
a.
Storic
amen
te
attest
ato è
inoltr
e che
Casan
ova
tra i
cinqu
anta
ei
sessa
nta
anni
si
vide
costre
tto a
fare
l'infor
mator
e per
la sua
patria
,
Venez
ia;
notizi
e più
precis
ee
più
fedeli
a
quest
o
propo
sito e
su
altre
prece
denti
avven
ture
del
celebr
e
avven
turier
o alle
quali
si fa
incide
ntalm
ente
riferi
ment
o in
quest
o
libro
si
posso
no
trovar
e
nelle
sue
"Mem
orie".
Per il
resto
tutto
l'intre
ccio
del
"Ritor
no di
Casan
ova"
è
compl
etam
ente
inven
tato.

A. S.

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