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PSEUDO LONGINO Gli undici manoscritti che ci hanno tramandato il trattato intitolato Sul sublime non forniscono alcuna

indicazione sicura circa lidentit del suo autore.Si assegna ormai per comodit il nome di Pseudo-Longino.Sullo sfondo del trattato si collocano le grandi polemiche che attraversavano la retorica tardo-ellenistica , come lopposizione tra gli stili atticista e asiano, ossia tra uno stile semplice chiaro e ordinato,e uno irregolare, basato su frasi brevi e spezzate, ricco di figure retoriche e di ricercati effetti ritmici e fonetici. Lo Pseudo-Longino eredita dalla tradizione retorica il concetto di sublime come categoria esclusivamente formale e indicante uno stile oratorio elevato,proveniente dalle riflessioni sullo stile grave ereditato da Cicerone, e se ne sottolinea la dimensione non solo stilistica, ma morale: il sublime leco di una grande anima, e deve essere concepito come segno di unintensa vita interiore e di una tensione emotiva che, per essere comprese, richiedono dal lettore o dalluditore un atteggiamento ricettivo altrettanto intenso.Il sublime, inoltre, non deve essere semplicemente descritto, bens riconosciuto e praticato. il sublime si delinea come uno stile oratorio caratterizzato dallaltezza del discorso e dalla ricerca di effetti di meraviglia, stupore e sbigottimento capaci di produrre nellascoltatore uno stato di annichilimento e immedesimazione che va ben al di l della semplice persuasione: Il sublime non porta gli ascoltatori alla persuasione ma allesaltazione. Nel trattato lo Pseudo-Longino elenca nellottavo capitolo le cinque fonti del vero sublime. Due sono innate (lo slancio esuberante dei pensieri e il pathos trascinante e ispirato), mentre le altre tre devono essere acquisite con la tecnica e consistono:nel uso sapiente del linguaggio figurato,nella scelta stilistica del lessico e nella composizione delle parti del discorso. La fortuna delle tesi dello Pseudo-Longino tutta moderna:

n dallAntichit classica n dalla tradizione medioevale ci pervengono riferimenti al trattato. BAUMGARTEN Il suo pensiero collegato soprattutto alla filosofia di Leibniz e a quella di Christian Wolff che egli commenter e chioser, chiarendone ogni aspetto. Su Wolff anche basata la sua Metaphysica, del 1739, un compendio in mille paragrafi che fu adottato come testo per l'insegnamento anche da Kant. L'interesse di Baumgarten soprattutto nei confronti della metafisica, che d la possibilit a tutti di conoscere quegli argomenti che altrimenti avrebbero bisogno dell'ausilo della fede. Nella prefazione ad un suo scritto, "Le Meditazioni filosofiche su alcune cose che riguardano i poemi" del 1735, Baumgarten ci dice di essere stato incaricato dalla sua universit a "trattare il rapporto tra filosofia e poesia".In questa occasione egli sent la necessit di definire una teoria della conoscenza che divise in due parti: la logica che riguarda la conoscenza intellettuale e l'estetica (dal greco aisthesis, sensazione), termine che egli adott per primo nella storia della filosofia, riferendolo alla conoscenza sensibile e alla "teoria del bello e delle arti liberali". Baumgarten ha anche posto in maniera definita e chiara la differenza tra quello che di competenza del pensiero logico e ci che riguarda la sensibilit umana, quella disposizione intellettuale di tipo sensistico-percettivo, definita da lui scientia cognitionis sensitivae. Come Leibniz ritiene che non ci sia una diversit sostanziale tra senso ed intelletto ma solo una differenza di chiarezza e distinzione percettiva, anche Baumgarten infatti considera la conoscenza sensibile oscura e confusa a causa della contingenza dei sensi e quindi di grado inferiore a quella intellettuale, ma tuttavia essa non semplicemente un primo grado della conoscenza subordinato a quella intellettuale, ma ha un proprio valore autonomo poich, a differenza di quest'ultima, che verte sull'universale astratto, essa si basa sul particolare concreto. Egli d all'inizio della Aesthetica ( 1) la definizione seguente: L'estetica (ovvero la teoria delle arti liberali, gnoseologia inferiore, arte del pensare bello, arte dell'analogo della ragione) la scienza della conoscenza sensitiva. L'estetica per lui quindi: un'arte liberale che opera per la cultura;

produttice di conoscenza vera, ma indefinita e non logica; costituente il campo dove ci si occupa della bellezza; La sensibilit estetica, la cognitio sensitiva ha una sua assoluta specificit, ed indipendente dalle altre forme del sapere.Oltre che influenzare Kant nella Critica del giudizio, l'estetica di Baumgarten fu ripresa da Moses Mendelssohn e Johann Gottfried Herder. In epoca romantica venne un poco dimenticata, ma sar rivalutata nel Novecento da tutti quegli indirizzi filosofici che riconoscono all'estetica specificit, indipendenza ed autonomia come, tra gli altri, anche dall'idealismo di Benedetto Croce KANT Kant usa il termine "estetica" intendendo il suo significato etimologico: aisthesis in greco significa "sensazione", "percezione". Infatti, in questa parte della Critica, Kant si occupa della sensibilit e delle sue forme a priori. La sensibilit svolge due ruoli nel processo conoscitivo. Il primo di questi recettivo (passivo) ed il procedimento attraverso cui prende i propri contenuti dalla realt esterna. In seguito la sensibilit svolge il suo secondo ruolo (attivo) e cio riordina le informazioni empiriche tramite le forme a priori che sono lo spazio e il tempo. Lo spazio la forma del senso esterno e si occupa dell'intuizione della sola disposizione delle cose esterne. Il tempo la forma del senso interno e regola la successione delle cose interne. Spazio e tempo, secondo Kant, sono forme "pure" che precedono l intuizione, che sussistono prima di ogni esperienza; sono quindi "funzioni", ovvero modi di funzionamento della nostra mente; sono trascendentali, in quanto, pur acquistando senso e significato solo se riferiti all'esperienza, tuttavia non appartengono a quest'ultima poich esistono, come a priori, prima dell'esperienza; sono inoltre necessari, dato che neppure se volessi potrei farne a meno nella conoscenza empirica; sono infine universali, poich appartengono a tutti gli uomini dotati di ragione. Spazio e tempo hanno quindi natura intuitiva (cio non subiscono la mediazione delle categorie), e non discorsiva in quanto non concepiamo lo spazio attraverso le percezioni sensibili dei diversi oggetti spaziali, ma intuiamo i vari spazi, riferiti agli oggetti, come un unico spazio. Secondo Kant la matematica e la geometria sono sintetiche e a priori, in quanto la

loro validit indipendente dall'esperienza e aggiungono qualcosa di nuovo al soggetto. La geometria usa intuitivamente lo spazio e la matematica fa lo stesso con il tempo, basandosi sulla successione dei numeri, senza ricavarli da altro (dimostrazione matematica dell'apriorit dello spazio e del tempo). Di conseguenza, essendo aritmetica e geometria basate su spazio e tempo, cos come la sensibilit umana, esse possono essere applicate al mondo fenomenico. VICO 1688 A differenza degli illuministi, che considerano la storia quasi esclusivamente dal punto di vista dei progressi scientifici, Vico vede nella storia l'espressione dell'intera natura umana e delle sue facolt. Egli vede un parallelismo profondo tra le attitudini psichiche dell'uomo e il divenire del linguaggio, dei costumi, delle leggi e delle istituzioni. Di qui l'intuizione della legge generale che governa i fatti storici: essi si ordinano in tre epoche o et successive, che Vico indica come et degli di ( o et dell'uomo primitivo, et dei bestioni tutto stupore e ferocia che scoprono per l'impulso del sacro e la presenza del divino nella natura), et degli eroi ( cio all'et della mitologia) ed et degli uomini che ormai ragionano con la mente e inventano la filosofia e le scienze. Queste tre et si succedono ciclicamente. L'uomo razionale perde la primitiva sapienza del sentimento e s corrompe nel lusso e nei vizi. Di qui il crollo fatale delle grandi civilt e il ritorno a costumi primitivi (esempio tipico di ci per Vico l'avvento del medio evo dopo l'et pagana). Ma la storia non ricomincia da capo. Ad essa presiede la divina provvidenza che aiuta l'uomo a non riprecipitare nella bestialit delle primitive selve, sicch la ciclicit della storia assume piuttosto l'aspetto di una linea a spirale che ritornando circolarmente in se stessa punta nel contempo verso l'alto, cio verso la progressiva civilizzazione e spiritualizzazione della vita umana, di cui la rivelazione cristiana il fulcro e la meta ultima. Questa concezione in realt largamente estranea allo spirito dell'Illuminismo e anticipa piuttosto, com' stato pi volte notato, il concetto delta storia che sar proprio dei romantici e delle grandi filosofie idealistiche dell'800.Vico cerca i principi della storia entro le capacit e modificazioni dell'animo umano. Poich gli uomini sono nella storia attori e creatori, essi la fanno in base a come sono. E l'uomo dapprima sente senza avvertire, cio senza aver coscienza chiara di ci che sente. In questo stadio primitivo (che Vico immagin ed elabor ispirandosi principalmente a Lucrezio) l'uomo poco pi che un animale. Successivamente si sviluppano in lui le forze del sentimento e della fantasia, e solo alla fine perviene alle capacit concettuali. A questo sviluppo di facolt psichiche corrisponde lo sviluppo del linguaggio, che dapprima un muto indicare ed esprimere col corpo e poi un esplodere di intense passioni nella voce modulata del grido e del canto per arrivare solo per ultimo

all'articolazione controllata e riflessiva della prosa. Di qui l'importanza centrale della mitologia, che Vico per primo studi come documento essenziale per comprendere lo sviluppo storico delle umanit antiche, i loro costumi, sentimenti religiosi, leggi, istituzioni spirituali e materiali. La mitologia diviene dunque la chiave per comprendere la storia di come noi stessi siamo divenuti e cio di quali sono le basi nascoste della nostra civilt, dei nostri linguaggi, delle nostre scienze e credenze. L'originale studio del mito e del linguaggio port Vico a concepire in modo nuovo l'arte, la poesia e in generale l'estetica. Svincolata dal concetto e da ogni norma o legge d'ordine intellettuale, la poesia e l'arte in genere si configura come espressione diretta degli impulsi sensitivi originari elaborati dalla fantasia e dall'immaginazione; essa corrisponde a uno stadio dell'umanit che pu assomigliarsi, nell'individuo, all'infanzia, quanto tutto appare meraviglioso, favoloso, mosso da animazioni misteriose e fantastiche, in magica consonanza con i sentimenti e i bisogni interiori. Questo carattere emozionale dell'arte fa s che essa tocchi i suoi vertici espressivi nei primordi (per es. in Omero), per declinare invece con l'imporsi della maturit dell'intelletto e con la freddezza concettuale del pensiero. La storia intreccia cos forze e verit diverse, tra loro dialettiche e antagonistiche. Il progresso non unilineare: ci che per un lato si acquista, per un altro si perde. Se vero che passando dalle selve alle caverne e poi ai villaggi e infine alle grandi citt e metropoli l'uomo appare collocato in un divenire trionfale, anche vero che al culmine di questo processo l'uomo perde contatto con le forze naturali originarie, con l'ingenuit del sentimento e la spontaneit della passione. In lui i costumi si ingentiliscono e si raffinano, ma nel contempo la sua immaginazione si inaridisce, il vigore fisico declina, e gli agi e le mollezze lo corrompono sino alla perversione del vizio autodistruttivo. Cos le orgogliose metropoli e la loro potenza tecnica celano abissi di miseria spirituale e morale e il germe di un'inarrestabile decadenza. La storia pertanto un teatro drammatico in cui l'uomo, senza l'aiuto della divina provvidenza, si perderebbe nei ricorrenti pericoli della barbarie e della depravazione, che sono gli estremi tra i quali la civilt deve faticosamente procedere, recuperando ogni volta il suo senso e il suo valore dalla inevitabilit dell'errore e della decadenza. BURKE Lindagine Sul sublime si era per la prima volta affacciata sullo scenario letterario quando un autore anonimo. LAnonimo sul sublime, tuttavia, si limitava a parlare di sublime letterario, un sublime che

non investiva lambito della natura ma si arrestava alle pagine dei libri e non un caso chegli scorga le cinque fonti nel a) concepire pensieri elevati, b) nel pathos, c) nelle figure retoriche, d) nellingegno espressivo, e) nellelevatezza stilistica. Ora, a parecchi secoli di distanza dallanonimo, Burke ritorna su questo problema - a sua volta ripreso da Kant - che tende a fare di lui un autore pre-romantico, che tende a sfuggire dal secolo dei Lumi: a tale tematica, egli dedica il suo celebre scritto Inchiesta sul bello e sul sublime, in cui come cause del sublime individua il terrore, loscurit, la potenza, la privazione, la vastit, linfinit, la difficolt, la magnificenza. Cominciando dal: -terrore, nessuna passione, come la paura, priva con tanta efficacia la mente di tutto il suo potere di agire e di ragionare. Poich, essendo il timore lapprensione di un dolore o della morte, agisce in modo da sembrare un dolore reale, tutto ci, quindi, che terribile alla vista pure sublime, sia che la causa della paura alla grandezza delle dimensioni oppure no (vi sono molti animali che, sebbene non siano affatto grossi, sono tuttavia capaci di suscitare lidea del sublime, come i serpenti velenosi). -Per rendere poi un oggetto molto terribile, sembra in generale necessaria loscurit. Quando conosciamo lintera estensione di un pericolo, quando possiamo abituare a essa il nostro sguardo, gran parte del timore svanisce: la notte, comune a tutti, aumenta il nostro terrore; -Al terzo posto sta poi la potenza: il dolore sempre inflitto da un potere superiore, poich non ci sottomettiamo mai al dolore spontaneamente. La potenza trae la sua sublimit dal terrore a cui va unita, ogni volta che la forza soltanto utile e viene usata a nostro beneficio o per il nostro piacere, non mai sublime: un bue un essere di grande forza, ma una creatura innocente e per nulla pericolosa; per questo lidea di un bue non per niente sublime. Lidea di un toro, invece grandiosa, ed esso trova sovente posto in descrizioni sublimi e in nobili paragoni. -Poi la volta della privazione: tutte le privazioni sono grandi perch tutte terribili: il vuoto, loscurit, la solitudine e il silenzio. -Per quel che riguarda la vastit, lestensione o in lunghezza o in altezza o in profondit. Di queste la lunghezza colpisce meno. Allo stesso modo laltezza meno grandiosa della profondit; infatti siamo maggiormente impressionati nel guardare gi da un precipizio che nel guardare verso lalto un oggetto di uguale altezza. Come il grado estremo della dimensione sublime, cos il grado estremo della piccolezza pure sublime. Quando noi osserviamo linfinita divisibilit della materia, quando seguiamo la vita animale in esseri piccolissimi e pure organizzati e la scala dellesistenza che ancora diminuisce, rimaniamo stupiti e confusi ai miracoli della piccolezza. -Passando allinfinit, vi sono pochissime cose che per loro natura sono infinite, ma non essendo locchio capace di percepire i limiti di

molte cose, sembra che esse siano infinite e producono gli stessi effetti che se realmente lo fossero. Ogni volta che nel nostro pensiero ritorna con frequenza unidea, essa viene ripetuta ancora molto tempo dopo che la prima causa ha cessato di agire: ad esempio dopo una lunga successione di rumori, come pu essere una cascata, lacqua ancora rumoreggia nella nostra immaginazione molto tempo dopo che i primi rumori hanno cessato di esistere. LInfinito di Leopardi si muove - in qualche misura - in questa prospettiva. -Passando alla difficolt, quando unopera sembra abbia richiesto unimmensa forza e fatica per essere compiuta, lidea che ne abbiamo grandiosa. Stonehenge non offre quanto a disposizione di masse o a decorazione alcunch di ammirevole; ma quegli immensi rozzi macigni di pietra ritti e messi luno sullaltro spingono il pensiero allimmensa forza necessaria per tale lavoro. Anzi la rozzezza dellopera accresce questo motivo di grandiosit, mentre esclude lidea di arte. -Infine, la magnificenza: una grande profusione di cose, splendide o pregevoli in se stesse, magnifica. Il cielo stellato, sebbene cada frequentemente sotto il nostro sguardo, suscita sempre unidea di grandiosit, che non pu essere dovuta a qualcosa che si trovi nelle stelle stesse considerate. separatamente. La causa sta certamente nel loro numero. Il disordine apparente aumenta la grandiosit, poich laspetto dellordine altamente contrario alla nostra idea di magnificenza. Ma, esaminate le cause del sublime, resta da chiarire in che cosa esso si distingua, propriamente, dal bello: Kant dir (nella Critica del Giudizio) che il bello dettato da un libero gioco delle facolt intellettive, per cui al vedere un bel paesaggio proviamo piacere perch come se esso si adeguasse spontaneamente alle nostre categorie intellettive; per il sublime, invece, Kant (che aveva in mente il cielo stellato, le catene montuose, il mare in tempesta) intende qualcosa di ambiguo, che desta al contempo piacere e senso di smarrimento: l'oggetto in questione (vuoi il mare in tempesta, vuoi il cielo stellato o le montagne) non si adegua spontaneamente a noi e alle nostre facolt conoscitive, ma ci incute timore perch manifesta la sterminata grandezza e la sterminata potenza della natura di fronte alla sterminata piccolezza e impotenza dell'uomo; mentre il bello univocamente positivo, il sublime positivo e negativo al tempo stesso. Nel chiudere questa visione d'insieme della bellezza sorge naturale l'idea di paragonarla col sublime, e in questo paragone appare notevole il contrasto. Gli oggetti sublimi sono infatti vasti nelle loro dimensioni, e quelli belli al confronto sono piccoli; se la bellezza deve essere liscia e levigata, la grandiosit ruvida e trascurata; la bellezza deve evitare la linea retta, ma deviare da essa insensibilmente; la grandiosit in molti casi ama la linea retta, e quando se ne allontana compie spesso una forte deviazione; la bellezza non deve essere oscura, la grandiosit deve essere tetra e

tenebrosa; la bellezza deve essere leggera e delicata, la grandiosit solida e perfino massiccia. Il bello e il sublime sono davvero idee di natura diversa, essendo l'uno fondato sul dolore e l'altro sul piacere, e per quanto possano scostarsi in seguito dalla diretta natura delle loro cause, pure queste cause sono sempre distinte fra loro, distinzioni che non deve mai dimenticare chi si proponga di suscitare passioni.

Il conflitto tra morale ed estetica


Il punto di vista morale di Baudelaire, che giudica e interpreta la reciproca esclusione di Bene e Male, cerca invano dei fondersi con il punto di vista estetico, che oppone Bello e Brutto. Baudelaire oscilla fra il primo e il secondo punto di vista, mettendo spesso provocatoriamente in conflitto un tipo di morale con un tipo di estetica. Con i suoi scritti sul vino e sullhascisc, rivoluziona e scardina i canoni dellestetica tradizionale, aprendo la strada a una concezione del bello totalmente nuova: al fumatore dellhascisc si offre infatti per Baudelaire la possibilit ad unesperienza estetica estremamente pi ampia di quella concessa allindividuo in condizioni di completo controllo delle proprie facolt psichiche. In questo nuovo universo vengono accolti oggetti apparentemente insignificanti e talvolta "brutti", che fanno comunque parte del quotidiano e che limmaginazione creativa delluomo pu rendere interessanti. Il giudizio sul "bello" si libera dunque dai vincoli imposti e tramandati.

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