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Il confine tra Stati Uniti e Messico

Il confine tra Stati Uniti e Messico misura 3.145 chilometri. È proprio attraverso


questi due Paesi che si registra la maggior quantità di passaggi legali al mondo,
considerando automobili e camion, ma anche un gran numero di passaggi clandestini. La
frontiera tra Messico e Stati Uniti è varcata ogni anno da cinquecentomila migranti ed
è diventata un luogo simbolo per l’enorme quantità di latinoamericani deceduti durante
l’attraversamento, 5.513 solo negli ultimi 15 anni.
A rendere netta la separazione tra i due Paesi vi è un muro che, ad intermittenza,
percorre buona parte della frontiera, la lunghezza complessiva dei vari muri e barriere è
di 1000 chilometri. Da un lato si trova l’America Latina, dove la vita umana, troppo
spesso, non ha valore. Dall’altro c’è il benessere, il lavoro, le opportunità: “il sogno
americano”. In alcuni punti del confine, come vicino a San Diego, il muro è di cemento, in
altri si trasforma in una barriera di legno e metallo, con l’aggiunta di filo spinato o
elettrificato. Recentemente, complice il progresso tecnologico, si sono aggiunti sistemi
di vigilanza tecnologicamente avanzata. Così, alla barriera fisica, si è unita anche quella
virtuale.
L’avviamento della costruzione del muro ebbe origine con la presidenza di George H.
W. Bush, il quale nel 1990 inaugurò i primi 23 chilometri lungo il confine tra San Diego e
Tijuana. La struttura venne poi continuata dall'amministrazione Clinton, che nel 1994
ordinò di costruire barriere in California, Arizona e Texas, con il fine di diminuire il
traffico illegale di droga e i flussi migratori. Inoltre, Clinton aggiunse una presenza
fissa di forze di polizia sul confine. Un’altra figura politica che ha fortemente
contribuito alla costruzione del muro è Donald Trump. Il suo obiettivo di perseguire in
maniera massiccia gli immigrati con la costruzione del muro è stato recentemente
supportato dalla Corte Suprema, la quale ha deciso che il presidente potrà utilizzare i
fondi del Paese per costruire 160,9 chilometri di muro lungo il confine.
È importante sottolineare che, nonostante gran parte del confine non abbia muri o
barriere, spesso è la natura stessa a rendere difficoltoso il passaggio di frontiera. Ne
sono un esempio il monte Baboquivari, il Rio Grande e il deserto di Sonora, uno tra i punti
più caldi del Nord America.

Oggi, il numero delle vittime, in gran parte collegate al clima e agli annegamenti nei corsi
d’acqua, rimane ancora troppo alto. A parlare più forte delle parole sono i numeri. Nel
corso dei primi dieci anni della presenza del muro, sono state all’incirca duemila le
persone morte tentando di attraversare il confine. Nello stesso periodo, circa 700 mila
migranti sono stati arrestati dalla polizia di confine. Osservando sviluppi più recenti,
durante gli ultimi tre anni dell'amministrazione Obama, i morti sono aumentati da 307
nel 2014, fino a raggiungere quota 396 nel 2016. Successivamente, con l’insediamento
di Trump, per via delle misure sempre più restrittive, si è verificata la riduzione dei
passaggi di confine. Di conseguenza, gli immigrati morti nel 2017 sono stati 375, il 5% in
meno rispetto al 2016. Nonostante ciò, i dati restano implacabili. La Human Rights
Coalition  dell’Arizona ha registrato 137 vittime solo nel 2015, 260 nel 2018.
Oltre ai tristi dati delle morti, un altro aspetto preoccupante è quello che riguarda
il traffico di esseri umani. Sono svariate le inchieste condotte da giornali e da
associazioni umanitarie locali che hanno dimostrato come i narcos e i cartelli della droga
abbiano assunto il controllo di questi redditizi traffici. Questi ultimi, secondo l'United
Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) , hanno prodotto un giro d'affari enorme,
pari a 6,6 miliardi di dollari, solo nel 2015.
A tal proposito, sono diverse le denunce da parte della Caritas e della Pastorale sociale
del Messico e del Centroamerica contro la sciagura della tratta di persone, definita
dalle stesse come “crimine contro l’umanità”. Le bande dei trafficanti, meglio
conosciute come “Coyote”, spesso non si limitano a sfruttare economicamente le persone
spinte a migrare ma le truffano. Infatti, come sottolineato in un’inchiesta
di Repubblica  da Jose Moreno Mena, presidente de “C oaliciòn pro defensa del
migrante”,  i migranti vengono abbandonati nel nulla e, per questo, molti di loro muoiono
prevalentemente per il freddo e l’ipotermia. Il tutto è inconcepibile se si pensa che
queste persone intraprendono tale viaggio con la speranza di raggiungere un nuovo
mondo pieno di opportunità.
Ad ostacolare il viaggio verso gli USA si aggiunge il rischio di incontrare la “border
patrol”, ovvero la polizia di frontiera. In questo caso, la probabilità di essere espulsi
dagli USA è alta. Così, il viaggio, di per sé estenuante, si interrompe e inizia la
deportazione. Come afferma un migrante, intervistato in uno dei tanti centri
d’accoglienza a Tijuana durante un’inchiesta di Repubblica: “Se ti becca la polizia di
frontiera perdi tutto, tutte le illusioni e tutto il danaro” .
A questo punto, è importante sottolineare che per un migrante che non sia in possesso di
una Green Card (un’autorizzazione rilasciata dalle autorità degli Stati Uniti che
consente ad uno straniero di risiedere sul suolo degli Usa illimitatamente), risulta
sempre più difficoltoso ottenere un permesso e spesso basta una semplice infrazione
per mettere in atto un’espulsione dal suolo statunitense. Basti pensare che, tra il 2014
e il 2016, sarebbero stati 10.142 gli ordini di espulsione emanati a carico di bambini
privi di documenti che provengono da generalmente da Honduras, Nicaragua ed El
Salvador, paesi molto poveri e ad alto tasso di violenza.
Così, alle condizioni gravose nelle quali i migranti si trovano ad affrontare questo
viaggio, si aggiungono inevitabilmente le separazioni forzate di numerose famiglie, che
sognavano una vita migliore in un altro Paese. Il tutto dettato da un contesto in cui
vigono leggi che rovinano quotidianamente la speranza di un futuro migliore di uomini,
donne, anziani e bambini.

La questione ambientale

La questione ambientale riguardante il muro U.SA – Messico non è da sottovalutare e,


come abbiamo visto, va avanti da molti decenni. E i danni arrecati da quel migliaio di
chilometri di muri e recinzioni già presenti al confine tra Stati Uniti e Messico e
completati negli ultimi tre decenni vanno dalla distruzione dell’habitat, all’isolamento di
intere popolazioni di quelli che sono alcuni degli animali più rari e meravigliosi del Nord
America, come il giaguaro, l’ocelot, gli orsi neri, la civetta nana, il gufo pigmeo e molti
altri; fino all’inasprimento dei danni dovuti alle alluvioni: le barriere, infatti, si sono
comportate come dighe, impedendo all’acqua di defluire.
Ma l’idea di continuare la costruzione del muro e di recintare l’intero confine non va
affatto a genio ad alcuni stati americani, tanto che 15 stati (Colorado, Connecticut,
Delaware, Hawaii, Illinois, Maine, Maryland, Minnesota, Nevada, New Jersey, New
Mexico, New York, Oregon, Virginia e Michigan) si sono uniti alla California per fermare
il progetto e portare la questione in tribunale. Gli stati sopracitati ritengono che sia
stata violata la legge sulla tutela ambientale e che il presidente degli Stati Uniti
d’America, Donald Trump, non abbia compreso né valutato l’impatto ambientale del muro.
E’ vero che l’amministrazione Trump, pur di accelerare la costruzione del muro, ha
sospeso 28 leggi federali che imponevano supervisione e protezione su acqua e aria,
terre pubbliche e sui diritti dei nativi americani. Il clima generale è sicuramente teso,
tanto da portare Raúl Grijalva, deputato democratico dell’Arizona, a dire pubblicamente
che “il presidente Trump […] attraverso rinunce ambientali e fondi rubati, sta
costruendo un muro che impoverirà preziose risorse idriche, profanerà siti sacri1 e
distruggerà i tesori ambientali e la biodiversità che rendono uniche le terre di confine”.
A questa voce – tra le tante - si aggiunge quella di William Ripple, professore di ecologia
dell’Oregon University, che, nel 2017, insieme a 20.000 scienziati di 184 paesi differenti
ha firmato un appello dove si sollecita il governo degli Stati Uniti d’America a
«rispettare, piuttosto che rinunciare in nome della sicurezza nazionale, le leggi federali
sull’ambiente» visto che «la regione di confine [ovvero tutti i luoghi e gli ambienti situati
lungo il confine] ospita circa 1.056 animali e vegetali terrestri e d’acqua dolce. 62 di
queste specie sono elencate come in pericolo di estinzione, in via di estinzione o
profondamente vulnerabili».
Per concludere la situazione – e non abbiamo accennato alla condizione sociale e
migratoria, estremamente critica – per quanto riguarda l’impatto ambientale del muro
tra Stati Uniti d’America e Messico si concentra su questi punti fondamentali:
Il muro minaccia la diversità dell’ecosistema ambientale: la costruzione di un muro di
confine dividerà nettamente in due l’habitat geografico in cui vivono circa 1.506 specie
animali e piante autoctone, tra cui 62 specie che sono elencate come in pericolo di
estinzione.

Pericoli per la fauna selvatica e le piante: il muro di frontiera (se costruito


integralmente) potrebbe separare circa un terzo delle 346 specie di animali selvatici
nativi. Ciò aumenterebbe il rischio per la loro sopravvivenza restringendo e isolando le
popolazioni animali e limitando la loro capacità di muoversi alla ricerca di cibo, acqua e
compagni. Il muro inoltre ne intrappolerebbe la fuga in caso di incendi, inondazioni o
ondate di calore. Anche il gufo pigmeo è a rischio, perché quando vola, il suo raggio
d’azione è a meno di un metro da terra.

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