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RIME SPARSE

Con questo sonetto Petrarca apre il Canzoniere ponendolo come proemio.

Il sonetto è diviso in due quartine e due terzine, seguendo uno schema metrico delle rime del
tipo: ABBA, ABBA, CDE, CED.

La prima quartina si apre con "voi", ovvero con un'espressione vocativa che si estende all'intera
quartina e trova espansione in una lunga serie di subordinate: la relativa "che ascoltate", da cui
dipende l'altra relativa "ond'io nudriva", da cui dipende ancora la temporanea "quand'era".

Nel primo e secondo verso, con un allitterazione, ci parla dei suoini dei sospiri con i quali
alimenta il cuore. Ciò però è stato un errore perchè ha generato una contraddizione tra speranze e
dolore ricoprendo Petrarca di un senso vano dell'amore. Il poeta fa queste considerazioni perchè
è , in parte, un uomo diverso da quello che era ("quell'uom"), dal momento che nonostante il
trascorrere del tempo e l'età matura, la passione non è ancora svanita.

Nella seconda quartina si ha una simmetria rovesciata: nella prima si iniziava con "voi" quindi il
nucleo del periodo era all'inizio, nella seconda non era più collegato all'inizio ma bensì alla fine
con "spero". Petrarca fa riferimento a un pubblico di persone che come lui hanno sofferto le pene
dell'amore, e cerca in loro comprensione e perdono (v.8). La speranza di questa comprensione
però cade subito poichè il poeta Non solo ha commesso un errore morale, mettendo da parte Dio,
ma anche un errore letterario, visto che ha fatto produrre dei componimenti slegati fra loro
("Rime sparse") che esprimono sentimenti diversi dato che li aveva scritti seguendo stati d'animo
diversi.

Nella terzina finale è caratterizzata da una struttura a brevi membri, legati dal polisindeto, cioè
una coordinazione da più membri sintattici come per esempio nel verso 13 (e l'frutto,e 'l pentirsi,
e 'l conoscer...). Petrarca conclude questo sonetto con la conclusione che la sua follia, il suo
pentimento, e la sua consapevolezza verso i piaceri terreni sono vani come un breve sogno.

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