Sei sulla pagina 1di 2

FOCUS SU ...

di marco bertoli

Io non sono un

Harrell
Tom leader: so
quel che voglio
Il trombettista espone
principi che denotano

la sua visione della musica

come composizione

fusa nell’improvvisazione

In occasione di uno dei suoi più recenti passaggi in Italia,


Tom Harrell ha trovato il tempo per parlare un po’ al tele-
fono con noi. Abbiamo trovato un Tom di ottimo umore e
sempre preciso fino allo scrupolo in tutte le sue risposte,
che rivelano una visione del jazz di ampiezza insolita per-
fino in artisti della sua levatura ed esperienza. Per prima
cosa gli abbiamo domandato del disco in duo con Dado
Moroni («Humanity», Abeat), che ha riscosso consensi
unanimi presso la stampa specializzata di tutto il mondo:
«Conosco da tempo Dado Moroni e suonare con lui è
sempre per me un’esperienza magnifica, di grande sod-
disfazione musicale e personale. È fra l’altro un pianista
straordinariamente adattabile, e devo dire che ogni volta

Gianfranco Verrua / cortesia Due Laghi Jazz festival


che lo sento dopo un po’ di tempo lo trovo regolarmente
progredito rispetto alla volta prima».

Quanto è importante il pianoforte nella musica delle


tue formazioni? C’è qualcosa di particolare che ri-
chiedi a un pianista che suoni con te?
Per me il pianoforte è importantissimo, tanto che mi si
può ben definire un musicista pianocentrico: come mol-
ti altri, del resto, pensa per esempio a Dizzy Gillespie,
anche se non mi dispiace affatto suonare magari con la
chitarra al posto del pianoforte. A un pianista non chie-
do in fondo niente di diverso da quello che chiedo a
tutti i musicisti che collaborano con me: in primo luogo
di essere se stesso, un individuo; cioè di fare dono alla
mia musica della propria individualità. In questo, come
in tanti altri aspetti, prendo a modello Miles Davis, che
22 23
dei pianisti era un grande conoscitore. Miles è stato an- ai batteristi come si suona la batteria moderna! Ed era le opportunità che le claves, i

Gianfranco Verrua / cortesia Due Laghi Jazz festival


che in questo il leader ideale, perché la sua leadership anche uno che non ci pensava su due volte se doveva patterns ritmici caratteristici
non consisteva in altro che nel mettere i suoi musicisti rimproverare i suoi musicisti. Mi è capitato di sentirglielo di quelle musiche, offrono ai
in grado di esprimere se stessi al livello più alto a loro fare, una volta, con il batterista Teddy Stewart, che se- musicisti.
consentito, e nel modo più personale, nello stesso tem- condo lui non ascoltava con sufficiente attenzione gli al- Sì, quello per le musiche del cen-
po ponendo il loro talento e la loro personalità al servizio tri componenti del gruppo. Ecco, questa è una cosa che tro e del sud d’America è un mio
della sua musica. In questo senso, anche se in maniera all’occorrenza io non sarei sicuramente capace di fare, amore di antica data. Ho parla-
molto diversa, procedeva anche Horace Silver, con cui riprendere chi suona con me. to della clave perché in quelle
ho avuto la fortuna di suonare in gioventù e da cui mi strutture il ritmo si presenta sì in
ritengo molto influenzato. C’è una frase che pronunciasti anni fa nel corso di una forma prettamente africana,
un’intervista con Whitney Balliett che ho sempre però musicalmente già raffinata,
Ti senti a tuo agio nel ruolo di leader? trovato molto suggestiva e molto vera: la forma, di- facile da inserire con naturalezza
cevi, è ritmo su scala più ampia. in un discorso jazzistico. Anche

umberto germinale / phocus


È un concetto per me ovvio: si parte da fram- qui possiamo tornare indietro a
menti o gruppi di note la cui connotazione prin- Coltrane e a Miles, agli anni Ses-
cipale, quando non esclusiva, è ritmica, e poi santa: la musica latina, quella
gradatamente, per espansione, si arriva alle cubana in modo particolare, con
forme più estese. È quello che faceva Coltrane i suoi lunghi ostinati, i montunos,
nei suoi assoli, arrivando a raggiungere un’uni- già allora presentava sponta-
tà composita. neamente un suono modale; del
resto, l’uso di scale è la chiave
Dunque è un concetto che vale tanto per il universale della world music,
comporre che per l’improvvisare? quella che consente a musicisti di tradizioni diverse di i tipi. Rimanendo al jazz, fra le cose che ricordo con più
Proprio così, è un processo che si presenta trovare un terreno comune. emozione, e non solo di quegli anni ma di tutta la mia
identico tanto nell’improvvisazione quanto nel- vita di musicista, ci sono il quartetto di Coltrane, ovvia-
la composizione. Che l’una e l’altra non siano in Joe Lovano, tuo amico e frequente collaboratore, mente, e poi Pharoah Sanders con Marvin Peterson alla
fondo che una cosa sola, lo si capisce subito ha detto di conoscere due Tom Harrell: quello che tromba, che facevano una musica d’intensità indimenti-
se si ascoltano con attenzione certi musicisti. prepara e incide i dischi e che è cauto, attento e ad- cabile. Dei musicisti di quegli anni amo moltissimo Cecil
Per esempio, è una cosa lampante negli assoli dirittura trattenuto, e il compagno di palcoscenico, Taylor, anche e soprattutto nei suoi lavori con le grandi
di Freddie Hubbard, che sono di una perfezio- che dà ogni sera il tutto per tutto. A te lavorare in formazioni e nei dischi della Fondation Maeght, e Archie
ne e di una coerenza musicale quasi incredibili. sala di registrazione piace? Ed è vero che affronti Shepp per il suo suono meraviglioso. E naturalmente Or-
Me ne sono accorto una volta, trascrivendone diversamente le due situazioni? nette. L’importanza delle sue composizioni mi è apparsa
alcuni: certi fraseggi erano di una complessità Mi dà molta soddisfazione il lavoro in sala di registra- chiara molto per tempo.
e di una logica musicale inesorabili. zione. Il fatto di poter tornare sul già fatto e di poterlo
correggere lo considero a ogni effetto un atto di com- Ti piace lavorare con grandi formazioni?
Non per nulla Hubbard era tra i pochi (in- posizione. Dal vivo è tutt’altra cosa, e non ha forse torto Sì, molto. Ai miei esordi ho lavorato con Stan Kenton,
sieme a niente meno che Lester Young) Lovano dicendo che ci sono due Tom Harrell. poi con Woody Herman e con altre orchestre. Amo il
Tom Harrell al flicorno con Dado Moroni (che considera un partner dei cui assoli Lennie Tristano imponesse suono e il colore delle big band, di quelle classiche, la
ideale). Nella pagina di fronte è ad Avigliana nel 2008 con, da sinistra, lo studio ai suoi discepoli… Sei di quegli artisti che sentono forte l’influenza del cui influenza puoi sentire per esempio in un disco come
Danny Grissett, Ugonna Okegwo, Johnathan Blake e Wayne Escoffery. Non lo sapevo e non mi meraviglia affatto. pubblico? «Time’s Mirror», ma anche di quelle meno classiche, fra
Fortissima. Per questo pongo un’attenzione speciale alla gli anni Sessanta e Settanta, come per esempio quelle
Ti sei diplomato in composizione alla Stan- costruzione del set, non solo al repertorio ma alla se- guidate da Don Ellis: gruppi che avevano una potenza e
Non è cosa a cui io pensi mai, per la verità. Non mi sento ford University. Che importanza ha avuto nella tua quenza dei pezzi. Tuttavia, per le ragioni che ti ho detto, una vivacità ritmica e coloristica straordinarie. Big band
un leader. musica questa formazione? Riservi alla composi- non ritengo che il lavoro di registrazione sia qualcosa di a parte, mi piace lavorare con formazioni estese.
zione dei periodi della tua attività o è qualcosa che meno creativo di un’esibizione dal vivo. Voglio dire inve-
Eppure è opinione diffusa che musicisti importan- fai ogni giorno? ce che una cosa che mi manca, che mi piacerebbe fare Fra i tuoi dischi, quale preferisci?
ti e così diversi fra loro come Dewey Redman, Joe Io cerco di scrivere ogni giorno, mi porto dietro un com- di più, sono le jam session. Per me, come per tutti, sono Ecco, appunto, devo dire che mi sento rappresenta-
Lovano, Kenny Werner, Danilo Perez abbiano dato il puter portatile appuntandovi cose che rielaboro in se- state molto importanti agli esordi. Come forse già sai, to particolarmente bene da «Paradise», il disco di mie
meglio di sé sotto la tua leadership. guito, magari anni dopo; questo mi permette di vederle una in particolare mi è rimasta impressa, a cui partecipai composizioni con gli archi che ho registrato nel 2001.
Questa opinione naturalmente mi onora; ma tutto quello sotto diversa luce e di ricomporle quindi in modo non con Lee Morgan. Subito dopo, lui mi prese da parte e mi
che posso dirti che è che io, molto prima che un lea- banale. La formazione accademica, cioè, nel caso mio, incoraggiò. Era un uomo molto generoso [Altrove, Har- Infine, vuoi dirmi come vedi lo stato del jazz di
der, mi sento un compositore, ecco: un compositore che lo studio della composizione, dell’orchestrazione e così rell ha dato di quest’episodio una versione diversa, in cui oggi?
ha necessità di collaboratori. Ai miei collaboratori non via, più ancora che importante è comoda, perché è una l’ammirazione espressagli da Morgan ha una forma più Direi che sia quello di sempre: in progresso. Io infat-
dico come devono suonare, ma faccio del mio meglio risorsa, uno strumento in più. Può diventare un pericolo caratteristica del personaggio: «You are a motherfucker, ti sono convinto che il jazz progredisca sempre e che
per spiegare la composizione e l’effetto generale che mi se ci si lascia imbrigliare da quello che si è imparato e su I won’t let you sit in anymore!»]. per accorgersene non ci si debba rivolgere necessaria-
aspetto di ottenere con il loro indispensabile aiuto. Ho cui ci si è esercitati. Può essere invece uno stimolo per mente alle sue espressioni più avanzate. È per esempio
avuto la fortuna di dividere il palcoscenico con Dizzy Gil- usare i diversi tipi di musica e fare una musica globale. Parlami della scena musicale a San Francisco, al una cosa che io sento molto chiara quando ascolto un
lespie e di vedere come lavorava lui: Dizzy amava dare tuo arrivo. sassofonista come Wayne Escoffery, che suona nel mio
l’esempio, e così istradava tutti, magari sedendosi al pia- A questo proposito, hai sempre mostrato un vivo E allora parliamo degli anni Sessanta. Si offriva l’occa- quintetto.
noforte e alla batteria. È Dizzy, lo sai, che ha insegnato interesse per le musiche latine e hai sottolineato sione di ascoltare, e anche di suonare, musiche di tutti Marco Bertoli

Potrebbero piacerti anche