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Tematiche e contenuti

• Personale universale (redenzione dell'umanità).


• Autobiografico: redenzione dell'anima del poeta dopo il periodo di traviamento (selva
oscura).
• Redenzione politica: l'umanità con la guida della ragione (Virgilio) e dell'impero raggiunge la
felicità naturale (Paradiso terrestre = giustizia e pace).
• Redenzione religiosa: con la guida della Teologia (Beatrice) e della fede (San Bernardo) si
arriva alla felicità ultraterrena (Paradiso).
Nella Divina Commedia, Dante si prefigge il ruolo di poeta vate in quanto universalizza il proprio viaggio
verso la purificazione, per tutti gli uomini. Leggendo, infatti, la Divina Commedia ogni uomo ripercorre il
viaggio dantesco purificandosi anch'esso dai sette vizi capitali.
Dante rappresenta cielo e terra, ma la terra trova nel poema una rappresentazione nuova, una
profonda comprensione della realtà umana. In Dante è presente un modo nuovo e disincantato di
percepire la storia: il racconto storico abbraccia il corso dei secoli con la storia dell'Impero romano e
cristiano, delle lotte fiorentine tra guelfi bianchi e neri, una larga considerazione prospettica della storia
della Chiesa e della storia contemporanea del papato.
L'osservazione della natura è accurata e armoniosa, accentuata nel suo valore prospettico, ricca e
determinata. Le note geografiche[26] e visive si succedono.
Il paragone è lo strumento con cui il poeta ritrae il reale mediante un intreccio di notazioni varie e reali.
La natura dantesca scaturisce sempre da un riferimento personale ed è, non di rado, attratta nell'orbita
drammatica della rappresentazione. Tutto in Dante ha un valore soggettivo, il poema non è solo la
storia dell'anima cristiana che si volge a Dio, ma anche la vicenda personale di Dante, inestricabilmente
intrecciata agli avvenimenti che narra. Dante è sempre attore e giudice.
Il poeta ci presenta l'uomo nella sua complessità e ne mostra il rapporto con Dio, alla luce della
tradizione ebraico-cristiana la quale si innestava su quella classica, greca e latina.[27]
La profezia religiosa e politica si sviluppa su un terreno di esperienze personali, dichiaratamente
espresse, e di aspirazioni precise. Dante sovrappone la profezia ai fatti concreti e non li dimentica, né
insegue sogni vaghi e irrealizzabili di rinnovamento come i profeti medievali, infatti il suo
vagheggiamento di un rinnovamento religioso, morale e politico ha obiettivi ben precisi: una ritrovata
moralità della Chiesa, la restaurazione dell'Impero, la fine delle lotte civili nelle città.
L'allegoria e la concezione figurale sono il fondamento del poema ed il segno più scoperto del suo
medievalismo; il mondo è raffigurato suddiviso: da un lato la realtà storica e concreta, dall'altro il
sopramondo, ossia il significato della realtà storica trasferita sul piano morale e su quello ultraterreno. Il
costante riferimento al sopramondo attesta la subordinazione medievale di ogni realtà a un fine morale
e religioso. Siffatta subordinazione è rigida e imperante e nell'assoluto valore dell'allegoria, nella fedeltà
ai modi e allo stile ereditati dalla letteratura precedente è il medievalismo di Dante.
I sesti canti del poema sono di contenuto politico, secondo una visione che si amplia
da Firenze (Ciacco, Inferno), all'Italia (Sordello da Goito, Purgatorio), all'impero (Giustiniano
I, Paradiso). Nell'Inferno è presente un dialogo fra Dante e Ciacco in cui viene condannata la
decadenza morale e civile di Firenze ("superbia, invidia e avarizia sono/ le tre faville c'hanno i cuori
accesi"; Inf. VI, vv. 74-75). Nel Purgatorio è Dante stesso che affronta la tematica politica. Il poeta, in
veste di autore, in una digressione deplora gli imperatori germanici suoi contemporanei poiché non si
occupano più del "giardino dell'impero" ("giardin de lo imperio"; Purg. VI, v. 105), cioè dell'Italia ("Che
val perché ti racconciasse il freno / Iustinïano, se la sella è vòta?"; Purg. VI, vv. 88-89). La scelta del
numero 6 non è casuale, perché 6 è multiplo del 3, numero centrale nella Commedia. I tre testi
contengono una profezia (VI Inferno), un compianto (VI Purgatorio) e una narrazione (VI Paradiso). In
tutti e tre i canti l'intento del poeta è sempre lo stesso: criticare le divisioni politiche che minano la
solidità dell'Impero creato da Dio unico ed indivisibile.
Nel Paradiso la tematica è quella della legittimità dell'impero universale, istituzione voluta dalla
Provvidenza, garante di pace e di giustizia, ed è affidata all'imperatore bizantino Giustiniano,
personaggio fondamentale della storia antica, colui che aveva riordinato le leggi romane (Corpus iuris
civilis) consentendo la loro trasmissione alle epoche successive. Quindi sia i guelfi, simpatizzanti per
la monarchia francese (i gigli gialli; Par. VI, v. 100), opponendosi all'impero, sia i ghibellini, che
strumentalizzano il pubblico segno per interessi privati e particolari, sono in errore ed ostacolano i
disegni della Provvidenza. Il pensiero politico del poeta ruota perciò attorno alle istituzioni del Papato e
dell'Impero e alle loro funzioni, motivi già trattati nel Convivio e nel De Monarchia.[28]
Dal punto di vista filosofico Aristotele è "il maestro di color che sanno" (Inferno, IV,131), il cui pensiero,
ripreso e interpretato in chiave cristiana da Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, è fondamentale
nella filosofia dantesca. "Un peso maggiore sulla base dottrinale della Commedia lo assume
il neoplatonismo, soprattutto perché in esso, soprattutto ad opera dei Padri della
Chiesa alessandrini (per esempio Origene, III secolo) e dello stesso Pseudo-Dionigi l'Areopagita (V
secolo) si fusero concezioni cristiane e platoniche sulla base di un criterio sincretistico. A questo
proposito va notato che la disposizione e la struttura stessa di Inferno e Paradiso risentono in modo
determinante delle dottrine neoplatoniche: Satana è collocato nel punto del cosmo più lontano
da Dio ed è caratterizzato dalla brutalità meccanica tipica delle creature che costituiscono l'ultimo
gradino della scala degli esseri, in cui prevale la materia.

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