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  LE IDEE POLITICHE DELL’OTTOCENTO

Rivoluzione francese- dominio napoleonico- processo di industrializzazione


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                                                             Posero all’attenzione pubblica

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                                                 La questione politica              la questione sociale       
                                                           (libertà)                                  (giustizia)

1. questione politica= libertà dall’assolutismo imposto dalla Restaurazione e


l’indipendenza dei popoli sacrificata dalle decisioni del Congresso di Vienna.
2. questione sociale. Derivata dalle trasformazioni della società industriale e dalle
condizioni di vita di contadini ed operai.

1. Le grandi ideologie dell’Ottocento

Ideologia: sistema di credenze  che viene utilizzato nella lotta politica per influire sul
comportamento delle masse, per ottenere il consenso.

Tre furono le principali ideologie:

 l’orientamento liberale che metteva al primo posto la libertà degli individui, sia nei
confronti dello stato sia nei rapporti economici e sociali;
 l’orientamento democratico, che sosteneva l’uguaglianza politica, 
 l’orientamento socialista, che propugnava l’eguaglianza economico-sociale come
condizione per dare vita a una società giusta.

   
Idee forza 
 Costituzione
 Diversi erano i modi per intendere e volere la costituzione:
1. per i liberali  significava il superamento dell’assolutismo, garanzia dei diritti
fondamentali di libertà degli individui, riconoscimento del potere degli organismi
rappresentativi(parlamenti), divisione dei poteri. Lo stato avrebbe dovuto essere la
monarchia costituzionale.
2. Per i democratici la costituzione era il fondamento della stessa nazione , era l’atto
con cui il popolo si costituiva come nazione, quindi non poteva essere concessa dai
sovrani ma doveva essere scritta e approvata dai rappresentanti del popolo. Questa
visione democratica della costituzione prevedeva la sovranità popolare, quindi la
forma di governo la repubblica.
 Nazione:
1. nazione-démos, comunità fondata su una decisione politica, sulla scelta di convivere
sotto le stesse leggi: è la nazione costruita sul popolo come entità politica. Questo
concetto è di origine illuminista: Rousseau, poi rivoluzione francese.
2. nazione-éthnos, come comunità di sangue, di lingua e di cultura, fondata sul legame
spirituale fra gli appartenenti a una medesima stirpe.

Quando nasce e si fa strada l’idea di nazione? Come reazione al dominio napoleonico. Caduto
Napoleone gli ideali nazionali  furono portati avanti contro l’ordine imposto dal congresso di
Vienna. Furono al centro del Romanticismo.
Le due concezioni di nazione comunque si intrecciarono.
 Libertà:
parola d’ordine del liberalismo, che poneva a fondamento della società la libertà
dell’individuo in ogni sua forma: libertà politica, libertà religiosa, libertà
economica(liberismo).
Il pensiero liberale si chiarì ulteriormente quando incominciò a sottoporre una critica alla
rivoluzione francese: secondo i liberali essa aveva accelerato notevolmente la realizzazione
concreta di principi quali la libertà, i diritti civili e politici, ma con la dittatura giacobina, si
erano evidenziati i rischi di un potere senza limiti esercitato in nome del popolo sovrano.
Quindi uno dei massimi esponenti del pensiero liberale, Benjamin Constant, affermava che
un conto era la rivoluzione del 1789 e un conto quella del 1793: la prima era stata quella
della libertà e dei diritti, la seconda quella del dispotismo e del Terrore. La legge deve
incontrare dei limiti precisi: esistono sfere della personalità di ciascuno che sono e devono
restare “individuali e indipendenti” non soggette al controllo e all’intervento dello stato.
I pensatori liberali si chiedevano quale fossero i sistemi politici più adeguati a realizzare
l’ideale della libertà.
 Constant pensava che la libertà dovesse garantire l’autonomia della sfera privata di
ogni individuo, al contrario sia dei tradizionalisti reazionari contrari all’affermazione
dei diritti dell’ individuo, sia dei giacobini che non riconoscevano alcun limite alla
sovranità popolare.
Tra questi due estremi, Constant proponeva un “giusto mezzo” , cioè una costituzione che
garantisse le libertà fondamentali, la separazione dei poteri, il controllo del governo da parte
del parlamentoe diritto di voto censitario.
 Alexis de Tocqueville, invece non era contrario né alla forma repubblicana né
all’estensione del diritto di voto, sino al suffragio universale, in quanto secondo lui
produce una cittadinanza più consapevole e partecipata.
Però precisava che nella democrazia c’è un grave pericolo per la libertà: la tirannia
della maggioranza, quando questa diventa un dogma di convinzione collettiva profonda.
A questo punto anche la libertà di pensiero  viene meno giacché tutte le opinioni
tendono ad uniformarsi a quelle dei più.
Cosa fare per evitare ciò: difendere il pluralismo delle opinioni e lo sviluppo dei
associazioni che siano in grado di far sentire la loro voce a tutela delle minoranze.
 John Stuart Mill affermava che il conformismo è il peggiore nemico della libertà e per
combatterlo bisogna impartire un’educazione aperta e pluralista, che abitui i giovani al
confronto delle idee e la difesa di tre tipi di libertà fondamentali:
1. la libertà di coscienza, di pensiero, di ricerca in ogni campo;
2. la libertà di scelta;
3. la libertà di associazione, che unisce gli individui in progetti di vita comune(come
per esempio quelle dei lavoratori, che può rendere meno drammatico il rapporto tra
capitale e lavoro).
             La società può essere veramente libera, per Mill, se si fonda sull’inclusione e sulla
             partecipazione, quindi lui è a favore del suffragio universale maschile e femminile e 
             criticò anche il dominio coloniale.
Con Mill siamo al confine tra liberalismo e democrazia, potrebbe essere definito un liberal-
democratico, anche se è importante precisare che per i liberali il problema fondamentale era
la limitazione del potere, per i democratici, invece, era quello della sua diffusione al maggior
numero di cittadini, potenzialmente a tutti.
Stella polare per i liberali libertà, per i democratici uguaglianza.

2. La questione sociale

L’industrializzazione aprì una grave questione sociale legata alla povertà, all’insicurezza e
allo sfruttamento del proletariato. Quali soluzioni:
 i liberali erano difensori della libertà economica e della concorrenza: solo lasciando il
mercato libero di agire si sarebbe potuta aumentare la ricchezza sociale, anche a
vantaggio delle classi più povere;
 i democratici, pensavano che i conflitti dovevano in qualche modo essere “governati”
dal potere politico, con interventi di riforma e di assistenza volti alla tutela dei più
deboli.
 Il pensiero socialista, invece, pensava che lo sfruttamento e la povertà fossero
ineliminabili all’interno del sistema capitalistico, fondato sulla proprietà privata.
Il socialismo criticava radicalmente il liberalismo sostenendo che l’esaltazione della
libertà dell’individuo e del mercato nasconde in realtà l’oppressione e lo sfruttamento
della maggior parte della società.
Secondo i socialisti dell’Ottocento  le garanzie e le libertà tanto esaltate dal liberalismo
non sono universali, ma di una ristretta minoranza che detiene il potere economico,
politico e la cultura. Dunque in una società divisa in classi il valore fondamentale non è
la libertà ma la giustizia sociale.
A differenza dei democratici per cui era importante l’uguaglianza politica(uguaglianza
formale) per i socialisti oltre a questa si doveva realizzare l’uguaglianza
sostanziale(condizioni e opportunità di vita).
Il pensiero socialista dell’Ottocento è costituito da un insieme di idee culturali e
politiche che vanno: dall’illuminismo di Rousseau a l’utopismo settecentesco, al
giacobinismo fino all’umanitarismo cristiano.
            Vari pensatori:
 Fourier, utopista: tentò di realizzare un nuovo modello di società basato su molte
piccole comunità, di circa 1600 persone riunite in un’unica struttura, il falansterio,
comunità di vita e di lavoro dove le mansioni vengono svolte a turno, il reddito viene
diviso  equamente e dove c’è la parità dei sessi;
 Owen, imprenditore filantropo, riformatore e dirigente sindacale. Proprietario di una
filanda ebbe modo di constatare direttamente i devastanti effetti dello sviluppo
industriale sui lavoratori: abbrutimento fisico e psichico, alcolismo, ignoranza,
criminalità, cui corrispondevano negli imprenditori, l’avidità di guadagno e la sfrenata
concorrenza. Per rimediare a questi danni per Owen bisognava basare l’economia
sulla cooperazione e non sulla concorrenza. Progettò comunità agricolo-industriali
autosufficienti, in cui i produttori si scambiassero direttamente le merci al valore
determinato dalla quantità di lavoro in esse contenuta.
 Blanc pensava di sostituire la proprietà privata e la concorrenza, cause fondamentali
della miseria operaia, con un sistema produttivo fondato sulle “fabbriche sociali”gestite
in cooperativa dai lavoratori
 Proudhon, che affermava che la “proprietà è un furto”, non proponeva l’abolizione
della proprietà ma la sua estensione a una pluralità di soggetti- artigiani, piccoli
imprenditori, società cooperative- posti in condizione di sviluppare con profitto la
propria attività; in questo caso la proprietà ha un alto valore sociale.
Dalla metà dell’Ottocento si iniziò a creare la distinzione tra socialismo e comunismo.
Il filone politico comunista traeva origine dal giacobinismo radicale.
I comunisti teorizzavano:
 Blanqui la costruzione  di una società basata sulla proprietà comune della
ricchezza, da attuarsi per via rivoluzionaria;
 Marx ed Engels elaborarono una critica della società capitalistica industriale e una
teoria rivoluzionaria(elementi che distinguono il pensiero comunista da quello
socialista) su un’analisi che voleva essere “scientifica”delle contraddizioni interne a
tale società. 
Marx nella sua analisi parte dal divenire storico il cui motore è la lotta di classe, tra
la classe che detiene  il potere economico e quella che aspira a conquistarlo, fino ad
arrivare alla conquista del potere da parte della borghesia che secondo Marx ha
svolto una grande funzione storica, perché ha costruito una società più sviluppata e
più ricca di quella feudale. Tuttavia anche la società borghese è destinata ad essere
superata da una classe più evoluta e organizzata a causa di un conflitto insanabile
tra borghesia capitalistica, proprietaria dei mezzi di produzione, e la classe operaia
che possiede solo la forza lavoro. Il capitalista, infatti ottiene il suo profitto
attraverso lo sfruttamento del lavoro operaio, in quanto il lavoratore è retribuito
meno rispetto a quanto produce; da qui nasce il plusvalore. Accade, dunque, che la
borghesia, la parte minoritaria della società, si arricchisce, ma l’altra
maggioritaria, la classe operaia, si impoverisce. Marx afferma che non solo
l’operaio diventa sempre più povero, ma il suo lavoro è sempre più alienato,
consistendo nella ripetizione meccanica di operazioni alla macchina. Per tali
ragioni, Marx ritiene che quanto più la produzione capitalistica si diffonderà, tanto
più si unificherà la classe operaia. Lo sbocco di tale conflitto sarà l’abolizione della
proprietà privata dei mezzi di produzione e la realizzazione di una società senza
classi in cui sarà eliminato lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
La discussione sulle teorie di Marx aprirà un dibattito nel corso dell’Ottocento
aprendo una divaricazione sempre più netta tra chi sosterrà un’interpretazione
rivoluzionaria e chi invece un’interpretazione riformista. 

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