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CORSO DI GRECO
TEORIA LESSICO - GRAMMATICA
SINTASSI
C O N F O R M E A I N U O V I T R A G U A R D I D E L L E C O M P E T E N Z E
La Nuova Scuola
ANGELO CARDINALE
CORSO di
GRECO
TEORIA GRAMMATICA-SINTASSI
LESSICO
Premessa
Questo Nuovo Corso di Greco nasce sulla scorta delle esperienze maturate dall’autore
nella sua quotidiana pratica didattica e quindi dalla consapevolezza delle inevitabili difficoltà
che i giovani studenti incontrano nello studio della normativa grammaticale.
L’autore, sensibile ad una fruizione didattica effettivamente sostenibile ed incline a co-
gliere i mutamenti di orientamento metodologico e le sempre nuove esigenze di carattere co-
municativo, ha predisposto uno strumento didattico organico, completo, chiaro, semplice e
moderno, senza tuttavia rinunciare alle necessarie giustificazioni logiche e storiche delle varie
forme (proposte con semplicità e senza sfoggio di inutile erudizione), né ad un rigoroso im-
pianto teorico.
In ordine ad una didattica più funzionale, il testo obbedisce ad un nuovo criterio ope-
rativo, che si esplica in particolare in due proposte:
1. una più logica e pratica distribuzione della normativa grammaticale;
2. una più dinamica e concreta esperienza lessicale.
Pertanto con questo Corso di Greco si entra subito in argomento, allo scopo di con-
sentire allo studente di far subito propria la “lezione linguistica”. La parte iniziale, la Fone-
tica, viene trattata nei suoi punti essenziali, mentre più ampi ed esaustivi contributi sono in
Appendice. Si tratta di un semplice suggerimento: ogni insegnante, del resto, per esperienza
sa scegliere i momenti più adatti, per spiegare o approfondire la trattazione di determinati fe-
nomeni fonetici nella maniera più efficace, meno arida e meno noiosa.
Quanto al secondo punto, c’è da rilevare che ogni capitolo (tranne il primo) si apre con
delle indicazioni lessicali (ejmpeiriva), tramite le quali l’autore intende avviare un’esperienza
linguistica, non legata nell’immediato a nessuna norma. L’obiettivo di ejmpeiriva, che non è né
una scheda tecnica, né una rubrica informativa, è semplicemente quello di realizzare uno
“spazio operativo aperto” (allargato anche alla lingua latina, per un proficuo confronto), che
consente al discente un naturale accostamento alla lingua greca, così da poterne subito co-
gliere la logica e l’espressività.
Angelo Cardinale
3
A Dino Pieraccioni,
incomparabile maestro
(e non solo di greco!)
Cenni
primari
PARTE PRIMA di fonetica
1. Scrittura e pronuncia
2. Segni ortografici, spiriti, accenti, apostrofo, coronide, dieresi, segni di
interpunzione, leggi dell’accento
AVVERTENZA
Altri elementi di fonetica sono raccolti in APPENDICE, come APPROFONDIMENTI, in fondo a questo volume.
CAPITOLO 1 Scrittura e pronuncia
1. Alfabeto
L’alfabeto greco (tà stoixei^a) si compone di 24 lettere (grámmata): 7 vocali e 17 consonanti.
Pronuncia
Numero
(segue)
6
SCRITTURA E PRONUNCIA CAPITOLO 1
CAPITOLO 1
1
G, g ha sempre suono gutturale duro, anche quando è seguito da i, e, h (cfr. ital. gatto, ghiro, gora) Es. gígaw
(pron. ghígas); génow (pron. ghénos); gumnásion (pron. ghymnásion).
˘
Il segno grafico ( ) posto sopra -e- indica che la lettera è breve; il segno (–) invece indica che è lunga. La
2
2. Lettere scomparse
Altre tre lettere facevano parte dei vari alfabeti arcaici greci:
7
ejmpeiriva
1
mi@a celidw#n eòar ouè poieî una hirundo non efficit ver “una rondine non fa
MIA CELIDWN EAR OU POIEI primavera”
auèto#v eòfh ipse dixit “l’ha detto lui, cioè l’ha detto
AUTOS EFH il Maestro e non si discute”
(Celebre precetto in vigore nella scuola pitagorica di Crotone. È noto che i discepoli di Pitagora dovevano ta-
cere per ben undici anni per ascoltare l’armonia dell’universo alla quale dovevano conformare l’armonia del
proprio animo).
8
SCRITTURA E PRONUNCIA CAPITOLO 1
CAPITOLO 1
3. Pronuncia
Le lettere greche si pronunciano come sono scritte, come abbiamo visto nella tavola del-
l’alfabeto.
I dittonghi ai, ei, oi, au, eu,hu si pronunciano come in italiano rispettivamente: ài, èi, òi,
àu, èu.
Il dittongo -ou- si legge u.
-g-, come si è già detto, ha sempre suono gutturale anche davanti alle vocali e, h, i e alle
consonanti l, n.
- g - se è seguito da un altro g oppure dalle lettere - k-, -x, -j, si pronuncia -n- velare (si chia-
ma - g - nasale):
9
PARTE PRIMA CENNI PRIMARI DI FONETICA
- x - (nelle antiche iscrizioni= KH) si pronuncia come -k-, oppure, come nel greco mo-
derno, come il -c- aspirato dell’uso fiorentino o il gruppo -ch- tedesco in nach.
- f - (nelle antiche iscrizioni = IIH) si pronuncia come il gruppo -ph- dei Latini e come la -f-
italiana.
il gruppo -ti- si pronuncia sempre -ti-, mai -zi-, come accade nella pronuncia scolastica del latino.
Nota
La pronuncia del greco, generalmente in uso nella scuola, è quella erasmiana o etacistica dal suono che in
essa assume la lettera h¥ ta (eta). Essa prende il nome da Erasmo da Rotterdam (1467-1536) dotto umanista
che nel dialogo De recta latini graecique sermonis pronuntiatione sostenne la pronuncia antica del greco nei
confronti di Giovanni Reuchlin (1455-1522) che proponeva quella detta appunto reucliniana o itacistica
dal suono dato alla lettera h¥ta (pron. ita) comune alla pronuncia del bizantino e del greco moderno.
Un terzo sistema di pronuncia fu proposto da Enrico Cristiano Henning, 1684, (lat. Henninius) illustre filo-
logo olandese e dal suo nome si chiamò henniniana che, sulla scorta del latino, pronunciava il greco secondo
la quantità della penultima: Es. ƒnϑrvpow (pron. anthròpos); lambánv (pron. lámbano).
10
SCRITTURA E PRONUNCIA CAPITOLO 1
CAPITOLO 1
4. Vocali e dittonghi
– Vocali –
In greco ci sono 5 vocali, espresse con 7 segni, perché e ed o sono scritte diversamente
a seconda che abbiano il suono breve o lungo.
Si distinguono in brevi, lunghe e ancipiti (vocali che possono essere sia lunghe (—) che
brevi ( ):
˘
– le brevi: e, o;
– le lunghe: h, w;
- ă ; -i ĭ ; u
– le ancipiti: a, i, u (che quindi si possono trascrivere così: a - ŭ ).
Quanto al suono, si distinguono in vocali forti (a, e, h, o, w), e deboli (i, u).
Se si incontrano due vocali forti si ha la contrazione; quando ad una vocale debole
segue una vocale forte, ognuna fa sillaba a sé; se una vocale forte è seguita da vocale
debole si ha il dittongo, ovvero l’unione di due vocali in un’unica sillaba.
– Dittonghi –
I dittonghi si dividono in propri (se la prima vocale è breve) ed impropri (se la prima
vocale è lunga).
I dittonghi propri sono: ăi, ău, ei, eu, oi, ou (pronuncia: -u-).
I dittonghi impropri sono: a -i, hi, wi; in questi casi lo iota va sottoscritto e non si pro-
nuncia: aı, hı, wı: a¢ıdw (pr. “ado”).
Con l’iniziale maiuscola, lo iota si ascrive e non si pronuncia: ºAidw (pr. “Ado”).
Quanto alla quantità. i dittonghi sono quasi sempre lunghi.
5. Consonanti
Le consonanti sono 17 fonemi: 3 doppie e 14 semplici.
Le consonanti doppie sono: x, y, z.
Le consonanti semplici: sono le 9 mute (così chiamate perché non si possono pro-
nunciare senza l’aiuto di una vocale): si suddividono in: gutturali (k, g, c); labiali (p, b, f);
dentali (t, d, j).
Queste consonanti, in considerazione del grado, sono tenui, medie, aspirate.
È importante tener conto del seguente prospetto:
11
ejmpeiriva
2
a° mh# qe@leiv quae non vis “le cose che non vuoi”
Mou^sai: Qa@leia, Ouèranía, Musae: Thalia, Urania, “Le Muse: Talìa, Urania,
Melpome@nh, Polúmnia, ˆEratå, Melpomene, Polymnia, Erato, Melpomene, Polymnia, Erato,
Kallio@ph, Kleiå, Euète@rph, Calliope, Clio, Euterpe, Tersicore Calliope, Clio, Euterpe,
Terjyico@rh Terpsicore”
fhsìn siwpw^n tacendo dicit “parla tacendo”
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CAPITOLO 2 Segni ortografici
6. Spiriti*
Le parole greche che iniziano per vocale o per dittongo hanno sulla vocale o sul secondo ele-
mento del dittongo un piccolo segno chiamato spirito (dal greco pneu^ma, lat. spiritus, «aspirazione1»).
Vi sono due specie di spiriti:
1. lo spirito aspro ( ^ ): indica aspirazione iniziale, simile alla -h- aspirata dei Latini.
Anche la consonante iniziale -r- ha in genere lo spirito aspro (-]- = lat. - rh-).
Nel corpo della parola il gruppo -rr- può avere duplice spirito, dolce e aspro (così -fl]-),
oppure nessuno spirito.
13
PARTE PRIMA FONETICA
Tutte le parole greche, ad eccezione delle enclitiche e delle proclitiche, hanno sempre un
accento (gr. pros~día, lat. accentus).
L’accento in greco può essere:
1. acuto ( ´ ): indica elevazione di voce e si pone su vocali brevi o lunghe e sul secondo ele-
mento dei dittonghi, ma in tal caso si pronuncia sul primo elemento.
stádion (leggi stádion): «stadio»; kaí (leggi kái): «e».
Svkráthw (leggi Sokrátes): «Socrate».
2. grave ( ` ): indica abbassamento della voce e sostituisce l’accento acuto nelle sillabe fi-
nali di parola nel contesto della frase e quando non segue segno d’interpunzione o parola en-
clitica.
Ku^ row h¥ n kalòw kaì ˙gaϑów.
«Ciro era bello e buono».
3. circonflesso ( ~ ): indica sulla stessa sillaba una doppia intonazione, elevazione ed abbas-
samento della voce e si pone sempre sulle vocali lunghe e sui dittonghi, mai sulle vocali brevi.
mh^ lon (da méèlon): «mela».
sv^ ma (da sóòma): «corpo».
4. per dittongo spurio con vocale iniziale maiuscola (con iota ascritto) spirito e accento
sono posti a sinistra in alto della vocale maiuscola (Es. %Aidhw, Ade); se invece la parola ini-
zia con vocale minuscola (con iota sottoscritto), spirito e accento sono posti sopra tale vocale
(Es. Ïdv «(io) canto»).
14
SEGNI ORTOGRAFICI CAPITOLO 2
CAPITOLO 2
L’apostrofo può indicare l’elisione di una vocale iniziale di una parola preceduta da una
parola terminante per vocale (elisione inversa o aferesi).
2. la coronide (’), segno della crasi, indica la fusione di due parole, di cui la prima finisce
per vocale e la seconda inizia per vocale.
3. la dieresi ( ¨ ) (gr. diaíresiw, «separazione»), indica che due vocali non formano dit-
tongo e il segno della dieresi si pone sulla vocale dolce.
10. L’accento
L’accento greco (pros~día, da prów + Œd+^ = lat. ad + cantum = ital. «accento»), non era espi-
ratorio, come in italiano e nella maggior parte delle lingue moderne, ma era essenzialmente musi-
cale.
In greco si possono distinguere tre tipi di accento (come abbiamo detto in precedenza).
1) accento acuto ( ´)
2) accento grave ( ` )
3) accento circonflesso ( ˜ )
15
PARTE PRIMA FONETICA
L’accento acuto (` •jùw tónow) può stare sull’ultima o sulla penultima o sulla terzultima
1.
sillaba breve o lunga.
a) La parola che ha l’accento acuto sull’ultima sillaba si chiama ossìtona.
Es. stratiá «esercito»; ϑeów «dio»; `dów «strada».
b) La parola che ha l’accento acuto sulla penultima sillaba si chiama parossìtona.
Es. stratiQthw «soldato»; \pist}mh: «conoscenza».
c) La parola che ha l’accento acuto sulla terzultima sillaba si chiama proparossìtona.
Es. didáskalow «maestro»; ƒnϑrvpow «uomo».
3. L’accento circonflesso può stare sull’ultima o sulla penultima sillaba soltanto se in que-
sta c’è una vocale lunga per natura (ā, h, ī, v, ū) o un dittongo.
a) La parola che ha l’accento circonflesso sull’ultima sillaba si chiama perispòmena.
Es. timh^ w «dell’onore»; •stou^ n: «osso»; kalv^ w «bene».
b) La parola che ha l’accento circonflesso sulla penultima sillaba si chiama properispòmena.
Es. dv^ron « dono»; dou^ low «servo»; &Aϑh^ nai «Atene»; Mou^ sa «Musa».
c) Si dicono baritone le parole che non hanno accento sulla sillaba finale.
a) Una parola greca ha l’accento acuto sulla terzultima sillaba quando l’ultima sillaba è
breve.
b) Una parola proparossìtona (con accento acuto sulla terzultima) diventa parossìtona
(accento acuto sulla penultima) se nella flessione l’ultima sillaba diventa lunga.
I dittonghi -oi e -ai in fine di parola ai fini dell’accento sono considerati brevi ad eccezione
dell’ottativo:
˘ ˘
ƒnϑrvpŏi; ϑálattai; mou^sai; ma all’ottativo dell’aoristo sigmatico 3a pers. sing. pai-
deúsa¯i, lúsa
¯i etc.
16
SEGNI ORTOGRAFICI CAPITOLO 2
CAPITOLO 2
2.Legge del trochèo finale (o legge svth^ ra)1: una parola greca che finisce con un trochèo
(– 傼) è sempre properispòmena.
svth^row «del salvatore»; svth^ra «il salvatore», ma svt}rvn «dei salvatori; svt}roin
«ai due salvatori».
Le forme o·tiw, eÊte, ∫ste, m}te, o·te, ≥de sono eccezioni apparenti, trattandosi di parole
composte con un’enclitica.
3.Legge di Vendryès2 (o legge ¡gvge): le parole trisillabiche properispòmene, con la ter-
zultima sillaba breve, diventano in attico proparossìtone.
\rh^ mow «solitario» in attico = ¡rhmow. dikai^ow «giusto» in attico = díkaiow.
∞toi^mow «pronto» in attico = £toimow. `moi^ow «simile» in attico = –moiow.
geloi^ow «ridicolo» in attico = géloiow.
4. Legge del dattilo finale (o di Wheeler)3: tutte le parole polisillabiche che finiscono in dat-
tilo (– 傼 傼), originariamente ossìtone, diventano parossìtone.
*patrasí > 4 patrási «ai padri». *poikilów > 4 poikílow «adorno».
*mhtrasí > 4 mhtrási «alle madri». *leleimmenów > 4 leleimménow «lasciato».
1. Si chiama «legge svth^ra» perché viene applicata nella parola svth^ra che è accusativo singolare di
svt}r, -h^ row «salvatore», sostantivo della terza declinazione.
2. Illustre glottologo francese, autore di trattati di grammatica storica greca.
3. Insigne linguista americano che si dedicò in particolare allo studio dell’accento nella lingua greca.
4. Il segno > significa «diviene» ed indica il risultato di un processo fonetico.
17
PARTE SECONDA Morfologia
ejmpeiriva
3
20
CAPITOLO 3 Nozioni preliminari
12. Morfologia
La morfologia (o studio delle forme) comprende:
1. la declinazione, cioè la flessione dei sostantivi, degli aggettivi, dei participi e dei pronomi;
2. la coniugazione, cioè la flessione dei verbi.
Nella declinazione e nella coniugazione le parole greche subiscono delle variazioni e pre-
sentano alcuni elementi fondamentali:
prefissi, radice, suffissi, desinenza.
Osserviamo, il seguente prospetto:
TEMA
DESINENZA PAROLA
PREFISSI RADICE SUFFISSI
Il tema è una parte invariabile della parola, formata da prefissi, radice, uno o più suffissi.
Il tema di una parola greca si ricava togliendo la desinenza. Inoltre si ricordi che nei nomi ab-
biamo il tema nominale, mentre nei verbi abbiamo il tema verbale.
Esaminiamo, ad esempio, le seguenti parole che risalgono alla stessa radice tim-:
21
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
Quando il tema coincide con la radice di un sostantivo o di un verbo si chiama tema ra-
dicale.
13. La declinazione
Nella declinazione greca, come in quella latina, esistono:
1. tre generi : maschile, femminile, neutro;
2. tre numeri : singolare, duale, plurale; (in latino manca il duale).
3. cinque casi 1 : nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo.
22
NOZIONI PRELIMINARI CAPITOLO 3
osservazioni
1) Nella lingua indoeuropea i casi erano otto (compreso il vocativo che, come abbiamo
detto, non deve essere considerato un caso vero e proprio) e altrettanti ne contava la pri-
mitiva lingua greca: nominativo, genitivo, dativo, accusativo, vocativo, locativo (per il com-
plemento di stato in luogo), ablativo (per il complemento di origine e di allontanamento),
strumentale (per il complemento di mezzo e di causa).
Col passar del tempo, però, si verificò la tendenza comune alle lingue di origine indoeu-
ropea, a ridurre i casi (sincretismo dei casi), per cui in greco l’ablativo si è fuso col geni-
tivo, il locativo e lo strumentale col dativo.
2) Nell’avverbio oÊkoi «in casa» riscontriamo una desinenza -i- superstite dell’antico locativo
(*oiko+i), così in latino domi «in casa», ruri «in campagna», Romae (da Romai) «a Roma».
14. L’articolo
L’indoeuropeo non aveva l’articolo che, infatti, manca anche in latino.
Il greco, invece, ha introdotto questo nuovo elemento che originariamente era un pro-
nome dimostrativo.
L’articolo greco corrisponde all’articolo determinativo in italiano, manca invece in greco
l’articolo indeterminativo, corrispondente all’italiano un, uno, una.
ƒnϑrvpów tiw: «un certo uomo», «un uomo» (lat. homo quidam).
23
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
osservazioni
1) L’articolo non ha vocativo: la voce v¥ che si premette al vocativo dei nomi è un’interiezione.
v¥ ƒnϑrvpe «o uomo».
24
ejmpeiriva
4
25
CAPITOLO 4 Prima declinazione (o declinazione in -a)
La prima declinazione corrisponde alla prima declinazione latina e comprende nomi fem-
minili e maschili il cui tema è in -a.
Le declinazioni dei maschili e dei femminili sono diverse nelle terminazioni del nomina-
tivo e del genitivo singolare.
Ed ecco il prospetto delle terminazioni1 (da non confondere con le desinenze) dei vari casi
della prima declinazione:
1. Per il confronto con il latino vedi anche la Scheda n. 1, con le relative note di grammatica storica, alla fine del
capitolo.
2. La desinenza in -w è per analogia con i sostantivi maschili della seconda declinazione.
3. La terminazione -ou- è per analogia col genitivo della seconda declinazione.
26
PRIMA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -a) CAPITOLO 4
osservazioni
L’-a puro è breve 1 in alcuni sostantivi terminanti in airaÿ, eiraÿ, oiraÿ, u—raÿ, eiaÿ, triaÿ.
L’-a impuro è breve 1 quando è preceduto da s, ss (tt), j, c, z, ll, ain e si muta in -h- nel
genitivo e dativo singolare.
L’-a impuro lungo si muta in -h- in tutto il singolare, mentre resta -a- nel duale e nel plu-
rale (ovviamente il gen. pl. è in -v^ n < *-ásvn).
••• RIEPILOGO
Rispetto a quanto si è detto finora, sono eccezioni apparenti, dovute alla scomparsa di
consonanti: kórh: «fanciulla» (da *kórFh); dérh: «cervice» (da *dérF h); kórrh: «tempia» (da
*kórsh); stoá: «portico» (da *stója).
27
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
--); nomin. -a
A) Femminili in -a- puro lungo (-a -, gen. -a
-w
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
--: «stagione»
Ωra --: «ombra»
skia
-w
B) Femminili in -a- puro breve (-ă -); nomin. -ă , gen. -a
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
moiră-: «sorte» gefură-: «ponte»
28
PRIMA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -a) CAPITOLO 4
D) Femminili in -a- impuro breve (-ă -); nomin. -ă , gen. -hw
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
ϑalassă-: «mare» glvssă-: «lingua»
29
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
(cont.) D) Femminili in -a- impuro breve (-ă -); nomin. -ă , gen. -hw
TEMA
NUM. CASO ARTICOLO
dojă-: «opinione»
2.Il genitivo plurale è sempre perispomeno1, sia nei femminili che nei maschili, in quanto
la terminazione -v^ n deriva da *-ásvn, quindi -ávn (per scomparsa di -s- intervocalico), infine
-v^ n per contrazione (da á + v = v^).
Il dittongo -ai del nominativo e vocativo plurale è considerato breve nei femminili, come
4.
nei maschili, solo ai fini dell’accento.
1. Il nome = ˙fúh: «acciuga», al genitivo plurale è parossitono (tv^n ˙fúvn), per distinguerlo da ˙fuv^n (gen. pl. di
˙fu}w, «incapace»).
30
PRIMA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -a) CAPITOLO 4
5. Le terminazioni del duale e del plurale sono comuni ai sostantivi femminili e maschili.
6. Se il nominativo singolare è ossitono la parola resta tale nei casi diretti (nomin.; accus.;
vocativo), mentre diventa perispomena nel genitivo e dativo del singolare, duale e plurale:
nomin. tim}; genitivo sing. timh^ w; dativo sing. tim+^ ; genitivo e dativo duale timai^n;
genitivo pl. timv^ n; dativo pl. timai^w.
7. Se il nominativo singolare è parossitono l’accento acuto resta sulla stessa sillaba del no-
minativo in tutti gli altri casi, tranne il genitivo plurale; se, però, nella flessione la penultima
sillaba è lunga (nomin. e vocativo plurale), e l’ultima sillaba è breve, l’accento passa da acuto
a circonflesso, cioè la parola diventa properispomena per la legge svth^ ra.
10. Se il nominativo singolare è perispomeno resta sempre tale in tutti i casi del singolare,
del duale e del plurale (come accade di norma nei nomi contratti).
1. I sostantivi maschili della prima declinazione sono poco numerosi ed hanno tutti il
-.
tema in -a
a) I nomi in -a -w.
- puro hanno il nominativo in -a
-
b) Quelli in -a impuro hanno il nominativo in -hw.
2. Il genitivo singolare esce in -ou (per analogia col genitivo della seconda declinazione).
3. In tutti gli altri casi del singolare rimangono invariate -a ed -h del nominativo.
4. Nel duale e nel plurale non c’è differenza con la terminazione dei sostantivi femminili
e l’-a si conserva sempre.
31
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
neania--: «giovane» polita--: «cittadino»
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
krita--: «giudice» --: «Atride»
&Atreida
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PRIMA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -a) CAPITOLO 4
TEMA
NUM. CASO ARTICOLO
Persa--: «Persiano»
osservazioni
- nei sostantivi con nominativo in -a
1) Il vocativo singolare esce in -a -w, esce invece in -h nei
sostantivi col nominativo in -hw.
2) Hanno il vocativo in -ă invece che in -h:
a) i nomi uscenti in -thw (vedi la declinazione di políthw, krit}w);
b) i nomi di popoli in -hw; (vedi declinazione di Pérshw);
c) i nomi composti in -métrhw, -tríbhw, -pQlhw:
Es. gev-métrhw: «geometra», vocativo „ gevmétră;
paido-tríbhw: «maestro di ginnastica», vocativo „ paidrotríbă;
biblio-pQlhw: «libraio», vocativo „ bibliopv^lă etc.
33
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
a + a -
= a e + a = h
a + Ÿ -
= Ÿ e + Ÿ = +
a + a i = ai e + a i = ai
a + v = v e + o u = ou
e + a -
= a (prec. da e, i, r) e + v = v
TEMI
N. CASO
mnaa- = mna- : «mina» sukea- = sukh: «fico» ^Ermea- = ^Ermh: «Hermes»
I nomi propri e il sostantivo = gh^ hanno solo il singolare; il sostantivo ` Boréaw: «il vento
Borea» accanto alla declinazione regolare ne ha anche una contratta: nomin. Borra^w;
gen. Borra^; dat. BorrŸ^; accus. Borra^n.
* Per più ampie indicazioni_ sulla contrazione: cfr. Appendice – Approfondimenti di fonetica
1. Prevale la caratteristica a sulla normale contrazione.
2. Il sostantivo ^Ermh^w al duale e al plurale significa «le Erme», statue di Hermes.
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PRIMA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -a) CAPITOLO 4
Lingue a confronto
1. -aw è terminazione indoeuropea: cfr. lat. arcaico familia-s, via-s; la forma arcaica terras diventò terrai
e quindi terrae.
3. Deriva da un antico -m
¤ che, insieme alla vocale del tema, ha dato -ăm e poi -ăn.
4. Deriva da un antico terrad, divenuto terra- in seguito alla caduta della dentale finale.
6. Da xvrásvn, in seguito alla caduta di -s- intervocalico si è avuta la forma xvrávn e poi xvrv^n per
contrazione di a + v. Da *terrasom si è avuta la forma *terrarom per rotacismo (in latino, passaggio
di –s– intervocalica a –r–) e poi terrarum.
8. Da *xQranw e *terrans, poi cade la consonante -n- e la vocale del tema si allunga in -a--, quindi si
-w e terra-s.
hanno xQra
35
PARTE SECONDA MORFOLOGIA
36
ejmpeiriva
5
37
CAPITOLO 5 Seconda declinazione (o declinazione in -o)
20. Come in latino, la seconda declinazione comprende sostantivi maschili, femminili e neu-
tri il cui tema è in -o.
La flessione dei sostantivi maschili è identica a quella dei sostantivi femminili. I neutri
hanno tre casi uguali (nominativo, accusativo e vocativo) nel singolare e nel plurale.
A) Sostantivi maschili
TEMI
NUM. CASO ARTICOLO
˙nϑrvpo-: «uomo» fobo-: «paura»
1. Per il confronto con il latino vedi la Scheda n. 2 con le relative note di grammatica storica, alla fine del capitolo.
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SECONDA DECLINAZIONE (O DECLINAZIONE IN -O) CAPITOLO 5
B) Sostantivi femminili
TEMI
NUM. CASO ART.
nhso--: «isola» fhgo--: «quercia» (lat. fagŭs)
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