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SONATA OP.101
Con questa sonata comincia quel percorso di disgregazione degli equilibri formali
ed estetici classici, percorso che condurrà Beethoven non solo fino ai limiti più
esterni delle forme classiche, ma addirittura oltre: a gettare le briciole sul sentiero che
sarà battuto dalle generazioni future.
Primo movimento
Un poco vivace e col più intimo sentimento. allegretto, ma non troppo.
Già il fatto che la prima cadenza perfetta nella tonalità d'impianto appaia soltanto
verso la fine della ripresa è un fatto di per sé sconvolgente.
Un ulteriore elemento d'interesse è sicuramente rappresentato dalla indicazione che
Beethoven pone in calce a quella metronomica (Allegretto ma non troppo – 69 alla
semiminima col punto): un poco vivace e col più intimo sentimento. Per la prima
volta B. da delle indicazioni di carattere romantico, come poi è romantico (secondo
un certo modo di vedere le cose) questo primo movimento.
Intanto nella prima frase c'è subito con un pedale di dominante al basso, su cui si
muove, un ottava più su, un cromatismo discendente, che poi è l'anima nascosta di
tutto il brano. In tutto questo alla voce superiore è affidata una melodia dal carattere
lirico (elemento tutt'altro che ricorrente in B!) che Wagner definì come un “modello
ideale di melodia infinita”.
La terza frase è identica alla prima, eccezion fatta per la presenza di un poco
ritardando (e siamo solo alla quinta battuta!) che porta in maniera del tutto naturale la
melodia ad una corona sul sesto grado. (Cadenza d'inganno)
Sesto grado che poi si ritroverà a sua insaputa tramutato in un quinto in secondo
rivolto della tonalità di mi maggiore: il ponte modulante non c'è, o meglio: è il primo
tema, che nella sua ultima parte si trasforma lui in ponte modulante.
Senza una cesura netta cominciano gli sviluppi, all'inizio dei quali B. ripropone il
primo tema, ma relazionandolo con l'elemento di sfasamento ritmico appena passato,
in un meraviglioso effetto orchestrale con l'improvviso alternarsi tra forte e piano.
Prima della ripresa troviamo un episodio in do# minore in cui le continue
appoggiature cromatiche appaiono prima
drammatiche, ma dopo la corona, nel molto
espressivo, preannunciano il ritorno del primo
tema.
L'episodio con lo
sfasamento ritmico,
stavolta non è più
diatonico, ma prolungato
e reso più intenso dal
fortissimo su armonie diminuite, le quali poi prepareranno una breve coda, costruita
sul materiale tematico del secondo tema.
Secondo movimento
Vivace, alla marcia
Questa sezione presenta una scrittura meno densa che in una eventuale orchestrazione
potrebbe essere ricondotta a dei soli affidati ai fiati (flauto, oboe, clarinetto e fagotto).
Nelle prime 2 battute c'è una imitazione dal carattere interrogativo, di sospensione,
che dal registro acuto arriva a quello grave.
L'imitazione successiva (prima in re minore e poi ripetuta in do maggiore) ha invece
carattere affermativo.
Attraversando una sezione dalla grande incertezza
armonica ci ritroviamo su di un lungo pedale armonico
(con anche un lungo pedale di risonanza autografo di
Beethoven) di reb, che, tramite 3 battute di preparazione,
si trasformerà in un pedale di do sul quale è ben
incastrato il motivo iniziale.
Dopo una brusca fermata c'è un piccolo episodio contrappuntistico a 3 voci, troppo
breve per definirsi un fugato, e finalmente ci ritroviamo in fa maggiore.
Qui la scrittura è molto scomoda per il pianista, in quanto la mano sinistra deve
saltare in su e in giù per la tastiera passando sopra alla destra.
2 minime in fortissimo spezzano finalmente la persistenza del ritmo puntato e di fatto
tonicizzano per una battuta il quarto grado, per arrivare, poche battute più avanti, alla
fine.
Dopo una breve ripresa con un bellissimo crescendo da lontano la marcia ricomincia
tale e quale per arrivare poi al fine.
Terzo movimento
Adagio ma non troppo, con affetto.
Nei tempi lenti delle ultime sonate Beethoven abbandona via via ogni tipo di
riferimento formale: la classica forma di canzone cede infatti il posto a dei tempi
adagio sempre più dilatati, difficilmente definibili sul piano formale, quasi
improvvisazioni scritte, dal carattere sognante.
Nelle prime otto battute dal carattere elegiaco Beethoven modula da la minore a do
maggiore, attraverso un percorso denso di cromatismi.
Quarto Movimento
Presto, ma non troppo, e con decisione.
Questo movimento, dal carattere di toccata, e di difficile resa pianistica è in realtà una
forma sonata, in cui lo sviluppo è sostituita da una fuga.
La prima parte dell'esposizione quindi, è tutta costruita su 3 elementi fondamentali:
1. Il tema principale, dalla forte caratterizzazione data dal incipit anacrusico
2. il ponte modulante, costruito sulla coda della prima entrata del tema
3. il secondo tema, dal carattere bucolico
Andando più a fondo nello svolgersi del percorso
musicale troviamo che il tema è diviso sempre in 2
parti: le prime 4 battute dal carattere deciso e
affermativo e le successive 4 (su cui poi B. costruirà il
ponte modulante) dal carattere interrogativo, qui con 2
fermate coronate, dopo le quali la struttura si ripete in
registri diversi, ma stavolta senza fermata, portando il discorso fino al ponte tonale,
non prima di aver riproposto ancora una volta l'inciso tematico nelle sue 2 parti.
La seconda regione tonale alla dominante (mi maggiore), in cui ci troviamo dopo
aver attraversato il ponte, è a sua volta divisa in 3 gruppi tematici fondamentali:
Un elemento di interesse è dato dalla scrittura nelle battute 59 -60 in cui compaiono
le famose quinte dei corni, a conferma del carattere pastorale presente in questa parte
della sonata.
B. gioca la codetta ancora una volta sull'effetto sorpresa: infatti, dopo un crescendo
dal piano al fortissimo troviamo un elemento nuovo, derivante dal primo tema con
l'anacrusi, da cui scaturirà poi il soggetto della fuga presente negli sviluppi.
In quest'ottica ancora più teatrale appare l'episodio subito precedente all'inizio
dello sviluppo in cui B. sembra voler portare a chiusura il discorso, sfumando
il pianissimo in 2 fermate coronate (come nel primo tema), ma poi in realtà
dimostra che ha ancora molto altro da dire, aprendo la nuova sezione con la
cellula anacrusica pura e semplice, in fortissimo.
Arrivati a questo punto ritroviamo quegli elementi del primo tema che erano stati
tagliati nella ripresa.
ANALISI
Il brano comincia con un ostinato di 2 misure, il quale a sua volta si può dividere
in 2 parti: la prima costruita su una sovrapposizione di quarte ascendenti, e la
seconda affermante una tonalità di sol minore.
L'ostinato è scritto usando una scala ungherese di sol, ovvero una scala minore
con il quarto e il settimo grado alzati di un semitono. Questo tipo di scala dal
carattere ambiguo ammette storicamente delle variazioni su alcuni gradi (in
genere il terzo, quarto, sesto e settimo), rendendo possibile l'utilizzo di altre scale
subordinate alla principale.
Dopo queste 4 battute l'atmosfera cambia radicalmente con l'introduzione di un
pedale nel registro basso. Invece di usare il sol per confermare la tonalità di sol
minore, Liszt preferisce usare il sib, creando un senso di ambiguità e insicurezza
tonale.
Andando avanti troviamo un accordo di mib minore, la cui scrittura potrebbe
destare perplessità, in quanto Liszt scrive fa# invece di solb, ma ad una analisi
più attenta si comprende che il fa# deriva dalla scala ungherese, che non ha solb.
La mano sinistra continua il tremolo nel registro basso oscillando tra sib e la.
I prossimi 5 accordi sono triadi aumentate che discendono cromaticamente
sopra l'ostinato del basso (con la quinta aumentata nell'ultimo accordo), questa
sezione annulla completamente ogni riferimento tonale a una qualche tonica.
Proseguendo incontriamo una semplice melodia raddoppiata ad ottava.
Come nell'ostinato iniziale Liszt pone l'enfasi sul quarto grado, ovviamente
anche questa frase è basata sulla scala ungherese.
Nella sezione successiva l'ostinato iniziale è usato come accompagnamento al
basso, sopra al quale compare una melodia costruita su una variazione della
scala ungherese, in cui talvolta viene usato il mi naturale e talvolta il mib).
Arrivato a questo punto Liszt combina 3 elementi già comparsi in precedenza:
1. l'alternanza tra sib e la presente nei tremoli della mano sinistra
2. la progressione armonica incontrata in precedenza (la triade di mib
minore e le triadi amuentate discendenti
3. la natura cromatica dell'intero brano, esasperata dalla mano destra che
sale cromaticamente, partendo dal fa#
Il brano termina in un modo molto ambiguo, con la mano destra che ferma la
sua ascesa cromatica sul fa#, quindi a distanza di un semitono dalla tonica, sol.
Molto interessanti i 2 accordi finali: nel primo il fa# rimane ma poi risolve, il
sopra una misteriosa armonia cui pare impossibile (oltre che forzato) trovare
una spiegazione secondo i dettami dell'armonia classica.
L'armonia finale è infatti più spiegabile come l'ennesima variazione alla scala
ungherese, piuttosto che cercare di trovare una tonica e un tipo di accordo per
qualificarlo, tutta via, anche in questo modo, la classificazione rimane piuttosto
ambigua e misteriosa.