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György Ligeti: Sechs Bagatellen per quintetto di fiati Pagina 1 di 8

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György Ligeti: Sechs Bagatellen per quintetto di fiati


di Fabio De Sanctis De Benedictis

La forma della Bagatella, classicamente caratterizzata da brevità, leggerezza espressiva e semplice


struttura, è stata coltivata in passato da musicisti quali Beethoven e Bartók. Con Webern questa forma acquistò
una maggiore penetrazione espressiva, non esente da sottilissimi richiami strutturali. Anche in Ligeti, sotto
un’apparenza di semplicità e spontaneità, si celano rapporti formali e collegamenti ben precisi. Del resto, come
lo stesso compositore afferma, il suo modo di scrivere e concepire la musica riconosce un’influenza particolare
al «tipo di pensiero che si forma intorno al computer: un pensiero strutturato a differenti livelli di astrazione, un
[1]
pensiero che si manifesta in segnali».
Le Sechs Bagatellen per quintetto di fiati nascono dalla trascrizione di alcuni momenti di Musica
[2]
Ricercata dello stesso autore, composti negli anni ’51-’53. Secondo quanto ci dice Ligeti , vivendo in
completo isolamento dal resto dell’Europa e con un’importante presenza musicale alle spalle quale quella di
Bartók, le vie aperte ad un nuovo modo di comporre erano assai ardue. Proprio nell’opera per pianoforte egli,
ponendo cartesianamente ogni cosa in dubbio, si era chiesto che cosa poteva fare usando una sola nota, poi due,
tre, quattro, sino al totale cromatico del movimento finale di Musica Ricercata. Ovviamente, tracce di un simile
procedimento rimangono anche nelle Bagatelle, che riprendono appunto i movimenti 2, 3, 5, 7, 8, 9 e 10.
In sostanza, si ha quanto segue:

1. Nella prima Bagatella sono usate solo quattro note: Do, Re diesis, Mi, Sol. Si può osservare, tra
l’altro, che armonicamente queste note formano un accordo caratteristico della produzione di
Bartók.
2. Nella seconda Bagatella abbiamo sei note: Do diesis, Re, Fa, Sol, Sol diesis, Si.
3. Nella Bagatella successiva troviamo otto note: Do, Re, Re diesis, Fa, Sol, Sol diesis, La, La
diesis.
4. Nella quarta contiamo complessivamente nove note: Do, Do diesis, Re, Mi, Fa diesis, Sol, Sol
diesis, La, Si.
5. Nella quinta abbiamo dieci note, praticamente tutte, escluse il Mi e il Sol.
6. Nell’ultima si sfiora il totale cromatico, mancando solo il Do.

[3]
Per quanto riguarda invece le durate dichiarate alla fine di ogni pezzo, esse sono nell’ordine:

1’ 15”/2’ 40”/2’ 30”/1’/2’ 40”/1’ 15”

Secondo questo schema sarebbero visibili delle connessioni tra le Bagatelle 1 e 6 e tra le Bagatelle 2 e
5, mentre le Bagatelle 3 e 4 verrebbero a costituire un blocco centrale, secondo una simmetria cara anche al
Bartók degli ultimi quartetti. Spetterà comunque all’analisi verificare se queste connessioni siano riscontrabili
anche ad altri livelli parametrici.
Possiamo adesso addentrarci in un’analisi più particolare di ogni brano.

BAGATELLA n. 1: la forma è riconducibile al modello seguente:

A: mis. 1-15° (totale 15.5 mis.) “Allegro con spirito”


B: mis. 15b-33 (17.5 mis.)
A’ : mis. 34-38 (4 mis.)
Coda : mis. 38-47 (10 mis.)

Non ci sono cambi di tempo e possiamo dire di essere di fronte ad una forma ternaria. Il motivo iniziale
(Es. 1) si presenta in ottava con oboe e flauto, con dinamica prevalentemente f . Gli altri strumenti punteggiano
con accordi accentati il tempo forte delle prime quattro misure. L’arpeggio di misura 5 di oboe e flauto porta ad
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un nuovo episodio costruito sempre su elementi del motivo iniziale, ma con dinamica contrastante p /
pp : il clarinetto ripete il tema iniziale, mentre il fagotto si produce in un leggero arpeggio staccato di Do
maggiore; poiché ciò si ripete ogni dieci note, si ha un interessante sfasamento tra la linea dell’arpeggio e la
simmetria del motivo del clarinetto, sfasamento che può essere evidenziato, in fase di esecuzione, con una
accurata distribuzione del fraseggio.
Gli interventi in f con accordi accentati tornano sul terzo movimento delle mis. 9 e 10, provocando,
unitamente all’arpeggio ascendente del clarinetto, il passaggio ad un nuovo episodio. Questo si presenta in
forma imitativo-canonica e con dinamica f . Il crescendo del clarinetto a mis. 10 (terzo e quarto movimento)
diviene quindi molto importante per la preparazione della nuova dinamica. L’imitazione dell’episodio così
introdotto si svolge su una ritmica globale sempre più stretta, mentre la dinamica giunge ad un più f a mis. 14,
sino al battere della misura successiva, in cui ancora il clarinetto chiude l’episodio con un arpeggio contrario al
precedente per dinamica e direzione. Questi arpeggi assumono perciò un ruolo di guida molto importante. Si
noterà poi che a mis. 15 le due semicrome caratteristiche del tema iniziale compaiono per la prima volta in
battere (analogamente succede a mis. 37). Queste due semicrome così spostate si strutturano come un segnale,
che manifesta l’inizio della nuova sezione formale, cioè della parte ‘B’. Questa, dal punto di vista ritmico,
appare caratterizzata da un movimento incessante di crome, scosso da accenti sia in battere che in levare, che si
esaurisce nel rallentando delle misure 32 e 33, notato anche in valori reali. Il motivo principale di questa nuova
sezione (es. 2) è in sequenza arpeggiata all’ottavino. La dinamica tende complessivamente al p . Come base
troviamo un tappeto di crome ribattute di corno e fagotto, da eseguirsi leggermente e in modo uniforme, da mis.
16 a mis. 20. Qui lo strumento acuto genera una cellula minima tematica (Mi bemolle – Mi – Sol) che, ripresa
dal clarinetto e di nuovo dall’ottavino, porta ad un episodio di transizione in f – f f f alle mis. 21-22. Notevole e
direi profetico il gioco timbrico di oboe e clarinetto che, scambiandosi continuamente le note, danno come
risultante una quinta ribattuta Do – Sol. L’intervento del fagotto porta alla ripetizione letterale delle misura 16-
20, con aggiunta di oboe e clarinetto in funzione di sostegno degli sf dell’ottavino. La dinamica torna sul p .
Da battuta 27 la ripetizione della cellula tematica minima porta, dopo un ultimo sussulto in f f , al
rallentando affidato al fagotto, proprio sul citato inciso tematico minimo, che prepara la ripresa a mis. 34.
Questa misura ripropone, in forma amplificata come strumentazione, le precedenti misure 11b-15a. Le
due semicrome in battere di mis. 37 segnalano l’inizio della coda; in essa confluiscono tutti gli elementi formali
della parte ‘A’: il moto arpeggiato del fagotto, gli accordi e le note singole accentate, il gioco imitativo. A mis.
42 il f f improvviso inaugura un defluire di registro e dinamica, prima nel corso di sei movimenti (mis. 42b-43)
e poi di quattro (mis. 44). Con la mis. 45 il rallentando porta all’arresto finale del ritmo. Chiude un Do grave
del fagotto. In sintesi, abbiamo visto come in un brano costruito solo su quattro note la dinamica e il ritmo
giochino un ruolo importante, che necessiterà della massima accuratezza nel rispetto delle indicazioni della
partitura.

BAGATELLA n. 2: la forma può essere ricondotta al seguente modello:


A: mis. 1-11 (11 mis.) “Rubato. Lamentoso”
B : mis. 12-20 (9 mis.) “Più mosso. Non rubato”
A’: mis. 21-45 (25 mis.) “Tempo I”, “Moderato”

Anche in questo caso, dunque, una forma ternaria. Le prime quattro misure sono caratterizzate da una
melodia (es. 3) e da note tenute di accompagnamento. La melodia, spiccatamente popolare, in forma di
lamento, viene affidata all’oboe. Nell’accompagnamento notiamo un’interessante strumentazione: il flauto si
tiene su un Do diesis f p , mentre gli altri strumenti presentano un Do diesis cui si aggiunge un Re, con dinamica
f pp in diminuendo. La risultante è una dissolvenza timbrico-armonica dalla quale emerge la nota del flauto.
Tutto questo viene rafforzato dai transitori di attacco delineati nettamente nel f .
A mis. 5 la melodia passa al fagotto, mentre flauto, clarinetto e corno in f pp , quasi rintocchi di
campana, armonizzano con un accordo per quarte. Le ottave di battuta 7 preparano l’impennata sul Re acuto
della misura successiva, con relativa discesa di registro, mentre la melodia si distribuisce tra le voci. Le misure
9-11 propongono, in effetto quasi d’eco, le ultime note della melodia (Fa-Fa-Sol) insieme all’accordo per
quarte. La discesa di registro è accompagnata anche da un defluire della dinamica. La parte ‘B’ è caratterizzata
da procedimento a canone tra flauto e clarinetto. Il motivo tematico dell’imitazione deriva dalla testa del tema
iniziale, di cui riprende anche la graduale espansione di tessitura verso note nuove. L’accento del corno a mis.
16 congela l’ascesa di registro dell’imitazione, che si fissa in una sorta di breve ostinato. Nuovamente lo sf p del
corno due misure dopo inaugura un “Rallentando poco a poco” durante il quale intervengono gli strumenti
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rimanenti nel gioco imitativo, sino alla ripresa di mis. 21. Questa si svolge in f f , dinamica già preparata
dal crescendo dell’ostinato precedente e dalle mis. 18-20. Nella ripresa assistiamo ad una fusione degli
elementi precedenti: oboe e corno, a distanza di tritono, espongono le ultime tre misure della melodia iniziale;
flauto e clarinetto insistono sull’imitazione basata sull’intervallo di seconda, che già dal “Rallentando poco a
poco” aveva assunto le sembianze della testa del tema iniziale; al fagotto abbiamo dei pedali accentati sul Si
grave. Da mis. 24 scompare il tema iniziale, mentre gli accenti dei motivi in imitazione vengono sostenuti dagli
sfp di corno e fagotto: il corno sostiene il clarinetto e il fagotto il flauto. Le sfasature prodotte dagli accenti
creano interessanti effetti di contrasto con la linearità della melodia. L’entrata dell’oboe a mis. 25 lancia
l’insieme sugli accordi ribattuti in modo quasi parossistico di mis. 26, i quali a loro volta sfociano nella
seconda minore di oboe e clarinetto alla battuta successiva. Qui, l’ultimo sf f f funziona come transitorio di
attacco per l’estinzione del suono affidata al corno. A misura 29, dopo un silenzio coronato, fondamentale per
gli echi interni nella memoria dell’ascoltatore, si ripropone in pp la melodia iniziale del fagotto, ora espressa
insieme al flauto. Successivamente flauto, oboe e clarinetto intervengono in sf f pp diminuendo, con lo stesso
accordo delle misure 26 e 27. Ciò provoca un’interruzione della melodia, che ad ogni ripresa si presenta sempre
in forma più abbreviata, procedimento questo che troveremo anche in seguito, in forma più estensiva. A questa
dissoluzione della melodia corrisponde un diminuendo della dinamica degli accordi e un “poco rall.”. Sul
levare della mis. 35 si riprende il tempo e compare l’ultimo inciso della melodia (Fa-Fa-Sol) in forma dilatata,
dal quale si sviluppano ottave vuote sulla nota Sol e aumenta la valenza di vari parametri: abbiamo uno
“stringendo molto”, le ottave si espandono per tessitura, infine, la dinamica del pp giunge al f f f . Col
“Moderato” si verifica una drastica riduzione della tessitura complessiva, un vortice verso la consueta seconda
minore. Da essa, tre misure dopo, si instaura un processo di dissolvenza timbrico-armonica, giocato come in
precedenza su suoni tenuti e in diminuendo, che porta all’affiorare di una triade di Sol maggiore affidata alle
ance che termina in ppp .

BAGATELLA n. 3: questo brano è costruito in forma molto semplice: un ostinato di sette note che
accompagna sei ripetizioni di una melodia dal fresco carattere popolare. Lo schema complessivo è il seguente:

• mis. 1-5 solo ostinato (5 mis.)


• mis. 6-39 melodia (4 mis.)
• mis. 40-41 solo ostinato (2 mis.)
• mis. 42-70 melodia (29 mis.)
• mis. 71 solo ostinato (1 mis.)
• mis. 72-99 melodia (28 mis.)
• mis. 100 solo ostinato (1 mis.)
• mis. 101-121 melodia (21 mis.)
• mis. 122 solo ostinato (1 mis.)
• mis. 123-134 melodia (12 mis.)
• mis. 135 solo ostinato (1 mis.)
• mis. 136-146 melodia (11 mis.)
• mis. 147-fine Coda (15 mis.)

La melodia (es. 4) dopo la prima apparizione viene accorciata sempre di più, mentre si fanno più vicine
anche le entrate di proposizioni successive. Ogni presentazione della melodia ha la propria dinamica che volge
verso un debole culmine centrale: pp , p , p (ppp al corno, dinamica relativa), mf (mp all’oboe), mf (f al fagotto),
p . L’ostinato, invece, rimane sempre sullo sfondo e varia principalmente cambiando la propria disposizione
rispetto alla tessitura. Alle mis. 101 e seguenti l’ostinato cambia anche la sua forma, con l’utilizzo
timbricamente interessante degli armonici del corno, sui quali l’autore si raccomanda di non correggere
l’intonazione. Interesse timbrico suscita anche l’uso della sordina al fagotto per tutto il corso del pezzo.
Ogni ritorno della melodia segue una forma propria:

1. la prima volta troviamo un’esposizione lineare del flauto sopra un ostinato di clarinetto e
fagotto;
2. in seguito è l’oboe a condurre il canto, accompagnato per terze dal clarinetto; l’ostinato passa al
flauto e al fagotto;
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3. la terza volta la melodia è sostenuta da flauto e oboe in ottava, cui risponde il corno in canone,
variando di continuo la distanza di entrata. L’ostinato torna a clarinetto e fagotto;
4. la quarta volta il clarinetto espone la melodia accompagnato per terze dal fagotto, mentre l’oboe
porta avanti una libera imitazione. L’ostinato passa agli altri due strumenti, con l’uso citato degli
armonici naturali del corno;
5. successivamente è il corno ad avere la melodia, accompagnato dal fagotto, mentre l’ostinato
passa a flauto e clarinetto;
6. infine, sono flauto e oboe, per terze, ad assumere la melodia, sull’ostinato di clarinetto e fagotto.

Sulla terza maggiore di fagotto e corno ci si avvia alla conclusione, dove il processo di contrazione e di
taglio, applicato all’ostinato, genera il trillo finale sul Fa del flauto, con la corrispondente triade maggiore.

BAGATELLA n. 4: questa Bagatella deriva strutturalmente diversi punti dalla precedente. Il tempo di
7/8 rimanda all’ostinato della terza. Inoltre, anche adesso abbiamo la ripetizione di una stessa melodia sulla
quale si operano processi di accorciamento. Il carattere popolare del canto è sempre presente e il tempo più
mosso suggerisce un’atmosfera di danza, appena corruscata dal “ruvido” attribuito al “Presto” iniziale.
La melodia (es. 5) è composta di due frasi ‘A’ e ‘B’ ripetute, per un totale di otto misure. Il primo inciso
‘a1’ è identico a ‘b1’ (quest’ultimo trasportato modalmente da Si a La), mentre ‘a,,’ e ‘b,,’ possono essere
ricondotti ad intervalli simili e finiscono entrambi sul Si ribattuto. Lo schema formale può essere articolato
come segue:

mis. 1 accordo iniziale (1 mis.)


mis. 2-9 melodia (8 mis.)
mis. 10-17 melodia (8mis.)
mis. 18-23 melodia (6 mis.)
mis. 24-28 melodia (5 mis.) 38 mis.
mis. 29-32 melodia (4 mis.)
mis. 33-36 melodia (3+1 mis.)
mis. 37-39 melodia (2+1 mis.)

mis. 40-47 melodia (8 mis.)


mis. 48-49 melodia (2 mis.) 12 mis.
mis. 50-51 melodia (1+1 mis.)

mis. 52-57 melodia (6 mis.)


mis. 58-61 armonia + controcanto (4 mis.) 12 mis.
mis. 62-63 melodia (2 mis.)

I processi di accorciamento della melodia sono distribuiti in tre fasi distinte. All’inizio di ogni
ripartizione troviamo il canto in forma più estesa, sul quale si esercitano gli accorciamenti previsti partendo
dalla fine verso l’inizio.
Insieme al canto possiamo trovare pedali ribattuti in omoritmia, controcanti oppure suoni tenuti dai
quali si dirama la melodia stessa o una sorta di altro controcanto. Appunto i suoni tenuti, che staccano dalla
percussività dominante, trovandosi principalmente nelle mis. 40-51, spingono ad un’interpretazione formale
ternaria della Bagatella. Ciò è suggerito anche dall’osservazione della dinamica e dalla comparsa di una
melodia in forma di controcanto a mis. 46. Questa bagatella, allora, sembra incorporare sia una struttura lineare
che una ternaria; in questo caso le comparse di frammenti nuovamente estesi della melodia manifestano l’inizio
di una nuova sezione formale. Da notare poi che, pur conservando caratteristiche della bagatella precedente,
questa se ne discosta per altri aspetti: ad esempio, mentre la terza bagatella presenta una poliritmia tra l’ostinato
e il canto, la quarta stabilisce soprattutto l’omoritmia, ribadita da accenti e sf . Sembra quasi che l’ostinato
precedente qui si elevi al livello di melodia, congelata appunto nella fissità degli accenti ritmici periodici.
Timbricamente c’è da rilevare che compaiono per la prima volta i suoni chiusi del corno, da mettere
quindi bene in evidenza. Dinamicamente si fa uso di contrasti più o meno accentuati, che danno un taglio netto
e definito al carattere del pezzo. Anche dal punto di vista della tessitura sono frequenti gli sbalzi da una zona
all’altra, spesso anche tra zone distanti tra loro. Occorre a questo punto aprire una breve parentesi.
L’ipotesi iniziale di una forma simmetrica, che prevederebbe l’unità di terza e quarta bagatella,
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sembrerebbe alimentata dai punti in comune tra questi due brani, punti che si possono riassumere come
segue:

1. l’ostinato della terza bagatella in corrispondenza del tempo della quarta;


2. l’utilizzo in entrambe, pur con le dovute riserve già esposte, di una forma lineare, praticamente
monotematica;
3. l’andamento agogico senza cambi di tempo;
4. l’uso degli accorciamenti progressivi del canto;
5. l’utilizzo episodico e formalmente non differenziante del canone, praticamente assente nella
quarta bagatella;
6. il fatto che tra le due bagatelle si dia l’indicazione “attacca subito”, unico esempio nel corso del
lavoro, a parte un “attacca” (ben diverso dal primo) tra le ultime bagatelle.

Dovremo adesso verificare se ci siano relazioni di qualsiasi tipo tra le prime due bagatelle e le ultime
due. Procediamo quindi nell’analisi.

BAGATELLA n. 5: questa bagatella porta come intestazione “Béla Bartók in memoriam”, il che la
iscrive in un’ottica espressiva ben definita. Per quanto riguarda la suddivisione formale, seguendo le variazioni
metronomiche avremo il seguente schema:

A: mis. 1 9 (9 mis.) “Adagio. Mesto”


A1: mis. 10 14 (5 mis.) “Allegro maestoso”
ponte : mis. 15 17 (3 mis.) “Più mosso, molto agitato”
A2: mis. 18 19 (2 mis.) “Adagio maestoso”
ponte : mis. 20 21 (2 mis.) “Più mosso”
A: mis. 22 32 (12 mis.) “Tempo I”

Seguendo le connessioni evidenziate dall’aggettivo “maestoso” e dai valori metronomici, consideriamo


un raggruppamento del tipo ‘A / A 1 + ponte; A2 + ponte / A’; si torna in questo modo ad un modello ternario.
Nella prima parte troviamo di nuovo una dissolvenza timbrica sul Do diesis, poiché, mentre il corno
tiene il suono, oboe clarinetto e fagotto sfumano in diminuendo. Questo fenomeno si presenta periodicamente
ogni tre quarti e contribuisce, quasi come rintocchi di campana, al tono funebre-elegiaco del pezzo. Dopo tre
misure entra il flauto esponendo una melodia (es. 6) caratterizzata da terze minori e dal forte inciso ritmico
semi cr oma - cr oma punt at a, che conquista gradualmente una tessitura più elevata. Le note La – Do a mis.
9, che esulano dai suoni precedenti, portano alla sezione successiva.
Si noti che il ritmo puntato rovesciato, diffuso in tutta la bagatella, forse richiama una ritmica
caratteristica della Marcia Funebre, dove tale inciso appare nella forma diretta.
La parte ‘A’, utilizza lo stesso inciso ritmico e melodico, ma in modo massivo, con accordi in f di
flauto, oboe, clarinetto e fagotto; il corno invece enuncia una melodia simile alla precedente, ma discendente di
tessitura, sino a terminare sulle stesse note iniziali del flauto, all’ottava inferiore. La dinamica generale appare
in netto contrasto con quella della prima parte, mentre lo “stringendo a poco a poco” e lo “stringendo molto”
precipitano il tutto verso la nuova sezione.
Il ponte, in pp crescendo, gioca ancora sullo stesso inciso diviso tra clarinetto e fagotto; l’aumentato
valore metronomico tende, unitamente a forti urti dissonanti e all’accelerando, a distorcere l’insieme in un
gesto quasi violento.
L’”Adagio maestoso”, preceduto da una corona sulla quale sfuma il ricordo di quanto è stato
immediatamente prima, utilizza lo stesso procedimento accordale di ‘A1 ’. Adesso però l’inciso si è trasformato
in bi scr oma - cr oma col doppi o punt o; il tempo più lento tende a smussare la differenza tra i valori
piccoli, mentre viceversa la nota puntata appare proporzionalmente più lunga. Gli strumenti coinvolti sono tutti
meno il fagotto, cui è affidata una melodia congelata in un solo intervallo di tritono Fa diesis – Do.
Il ponte seguente è caratterizzato come in precedenza, anche se il ritmo appare più stretto con l’utilizzo
del doppio punto, e la dinamica maggiore. L’aumento di questa viene corroborato dalla strumentazione, che
arriva sino all’impiego di tutti gli strumenti. Alla fine del ponte non abbiamo corona; essa appare invece
spostata sulla seconda minore di corno e fagotto a mis. 22, con la quale si apre la sezione successiva. Su queste
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note, quindi, si scarica tutta la tensione accumulata in precedenza. Nella ripresa del “Tempo I” non
troviamo il pedale con dissolvenze come all’inizio. Questo viene sostituito da procedimenti leggeri di trilli tra
flauto e clarinetto. La melodia iniziale è solo accennata a mis. 25 dall’oboe. Al progressivo rallentare del trillo
sino all’immobilità di una nota tenuta, corrispondono echi del canto iniziale, affidati a oboe e flauto, sui quali si
termina in Re bemolle maggiore.
Per quanto riguarda possibili relazioni con la seconda bagatella, diremo che non ve ne sono di
macroscopiche, né tantomeno abbiamo riprese letterali. Tuttavia sono presenti sottili richiami:

1. la seconda bagatella presentava una melodia dal carattere di lamento, adesso abbiamo un tono
funebre generale;
2. all’inizio di entrambi i brani compare un pedale di Do diesis caratterizzato da dissolvenze
timbriche;
3. l’uso dello stringendo è piuttosto diffuso in tutte e due le bagatelle;
4. il procedimento trillato tra flauto e clarinetto a distanza di tritono nella quinta bagatella richiama
la parte ‘B’ dell’altra, dove gli strumenti e la distanza intervallare sono gli stessi.

Abbiamo quindi citazioni più sfumate, forse più ermetiche, ma proprio per questo più raffinate.

BAGATELLA n. 6: non è formalmente distinta in episodi chiaramente definiti, ma appare centrata su


due elementi tematici, uno cromatico e l’altro in forma di arpeggio, che si alternano liberamente nel corso del
pezzo. Indicando con ‘A’ l’elemento cromatico e con ‘B’ l’altro, avremo lo schema seguente:

A: mis. 1-17 (17 mis.) “Molto vivace. Capriccioso”


B: mis. 18-43 (26 mis.)
transizione : mis. 44-46 (3 mis.)
A: mis. 47-59 (13 mis.)
transizione : mis. 60-64 (5 mis.)
AB : mis. 65-75 (11 mis.)
Coda I (A) : mis. 76-117 (41 mis.) “Più mosso: presto strepitoso”
Coda II (B): mis. 118-127 (9 mis.) “Meno mosso”

Per ‘AB’ si intende un motivo che presenta caratteristiche comuni ai due temi principali. La prima coda
è imperniata sul tema ‘A’, la seconda sul ‘B’.
La prima sezione si presenta in una veste semplice, basata sull’esposizione di ‘A’ da parte del fagotto,
un controtempo del corno e ottave in sf degli altri strumenti, che separano le diverse frasi di ‘A’.
Nella seconda sezione gli strumenti che intervenivano in sf adesso espongono il motivo arpeggiato in
p , aggrediti ogni tanto da fagotto e corno con brevi scale dissonanti, in f ; anche in questo caso gli interventi in
f separano i diversi frammenti del tema. Da mis. 30 abbiamo solo l’arpeggio, variamente suddiviso tra gli
strumenti, in un gioco caleidoscopico con diversi urti dissonanti. La nuova comparsa del ruvido inciso di
fagotto e corno a mis. 39 reintroduce la semplicità primitiva nella condotta arpeggiata, mentre a mis. 43 tale
inciso provoca il passaggio al successivo episodio di transizione, basato su accordi ribattuti. Questi rimangono
al corno e al fagotto nella sezione seguente, in forma di accompagnamento al tema cromatico, che viene
esposto in tripla ottava dagli altri strumenti.
L’episodio di transizione successivo è anch’esso cromatico e porta ad una sezione caratterizzata da un
motivo la cui testa richiama quella di ‘A’, mentre la parte rimanente presenta caratteri di arpeggio propri di ‘B’.
Il tema, contrappuntato da note ribattute e frammenti cromatici, passa dal clarinetto al flauto al fagotto in un
precipitare di crome, da cui nasce una breve imitazione basata sulla testa del motivo; questa termina con un
“Ritenuto” in sospensione su un silenzio coronato. Su questo si prepara l’esplosione dinamica della Coda I,
costruita su scale cromatiche per terze, appoggiate da note in sf , ascendenti e discendenti. da mis. 88 abbiamo
solo quelle ascendenti, che vanno a formare frammenti melodici inizialmente sfasati, ponendosi gradualmente
in sincronia e riducendo contemporaneamente la loro lunghezza, sino ad arrivare alla nota singola. In questo
processo il corno appoggia l’inizio di ogni scala. Da mis. 104 il fagotto contrappone agli accordi in sf degli
altri strumenti note gravi che ripropongono in pratica le stesse altezze di ‘A’. Il riavvicinamento progressivo
degli accordi porta ad una serie di ribattuti in “crescendo, estatico… string. molto” che culminano in sf f f .
Abbiamo poi una misura di Gran Pausa e un’altra analoga sulla quale il corno introduce la sordina (questo
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gesto, se effettuato immediatamente, avrebbe distratto l’ascoltatore e turbato il defluire del ricordo).
Il “Meno mosso” ripropone ‘B’ al corno, che termina con una nota tenuta, sulla quale si chiude con due
crome simultanee di clarinetto e fagotto.
Anche in questo caso abbiamo alcuni punti in comune con la prima bagatella:

1. il carattere spiccatamente ritmico;


2. l’utilizzo diffuso delle note ribattute;
3. l’uso della tecnica dell’arpeggio;
4. la quasi totale assenza di cambiamenti di tempo.

Concludendo, possiamo dire che ogni bagatella si presenta formalmente autonoma, ma all’interno di un
percorso espressivo parabolico che dall’incisività ritmica della prima e dell’ultima bagatella, passa ai toni
funebri della seconda e della quinta, per raggiungere le due bagatelle centrali.

Es. 1 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)

Es. 2 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)

Es. 3 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)

Es. 4 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)

Es. 5 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)


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Es. 6 (per tornare al punto precedente usare il pulsante “Indietro” o “Back”)

[1]
Cfr. La mia posizione di compositore oggi (1985), in AA.VV., Ligeti , Torino, EDT, 1985, p. 4
[2]
Si vedano in proposito le note illustrative del Compact Disc della BIS (CD BIS-53) interamente dedicato a composizioni
dell’autore ungherese.
[3]
Ci siamo basati sulla partitura edita dalla Schott di Mainz.

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