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CENTRO ITALIANO DI STUDI

SUL BASSO MEDIOEVO – ACCADEMIA TUDERTINA

IL DIAVOLO
NEL MEDIOEVO

Atti del XLIX Convegno storico internazionale

Todi, 14-17 ottobre 2012

FONDAZION E
C ENTR O I TALI ANO DI S TU DI
S ULL’ALTO M EDIOE VO
SPOLE TO
2013
INDICE

Consiglio direttivo del Centro italiano di studi sul basso


medioevo - Accademia Tudertina ........................... pag. VII
Programma del XLIX Convegno storico internazionale » IX
TULLIO GREGORY, Il diavolo nell’Occidente medievale .............. » 1
ADELE MONACI CASTAGNO, Nascita e sviluppo del ‘Diavolo e
i suoi angeli’ (Mt 25,41): interpretazioni dei testi biblici
ed extrabiblici nei primi secoli del cristianesimo ............. » 29
GIUSEPPE CREMASCOLI, Corpus diaboli. Sulla demonologia di
Gregorio Magno ..................................................... » 55
PASQUALE PORRO, Il diavolo nella teologia scolastica: il caso
di Tommaso d’Aquino ............................................. » 77
AGOSTINO PARAVICINI BAGLIANI, Il papato e il demonio. Per una
rilettura di alcune lettere pontificie del Due e Trecento ........ » 101
GRAZIELLA FEDERICI VESCOVINI, Il demonio nella magia natu-
rale dei secoli XIII e XIV: due modelli esemplari, Gu-
glielmo d’Alvernia e Nicola Oresme ............................ » 117
PIERO BELLINI, Della « origine del male » nella riflessione so-
teriologica della cristianità latina tardo-antica ............. » 139
FRANCESCO SANTI, Lucifero e Dante. La poetica della morta
poesì .................................................................. » 195
PAOLO GOLINELLI, Diabolus in figura: trasformazioni demo-
niache e incontri col santo nell’agiografia medievale ........ » 217
VI INDICE

ALESSANDRA BARTOLOMEI ROMAGNOLI, Il diavolo nella lette-


ratura mistica del Duecento ...................................... pag. 265
MARTINE OSTORERO, Diable, démons et sorciers au sabbat: de
nouveaux rapports entre les mauvais esprits et les êtres
humains? ............................................................. » 307
ALVARO CACCIOTTI, La battaglia del “manigoldo di Dio”.
Tratti della tentazione diabolica in alcuni autori france-
scani, secoli XIII-XV ............................................. » 343
LORENZO PAOLINI, Il « principe di questo mondo » nella demo-
nologia catara ....................................................... » 363
GIAN LUCA POTESTÀ, Il drago, la bestia, l’Anticristo. Il con-
flitto apocalittico tra Federico II e il Papato ................. » 395
BEATRICE PASCIUTA, Il diavolo e il diritto: il Processus Sa-
tane (XIV sec.) ..................................................... » 421
RICCARDO PARMEGGIANI, Nomi e luoghi del diavolo ............ » 449
LAURA PASQUINI, Il diavolo nell’iconografia medievale ............. » 479
CLAUDIO BUCCOLINI, Il diavolo nel Malleus maleficarum ....... » 519
LUIGI CANETTI, La danza dei posseduti. Mappe concettuali e
strategie di ricerca .................................................. » 553
MARINA FALLA CASTELFRANCHI, Il diavolo a Bisanzio. Aspetti
iconografico-iconologici e liturgici ................................ » 605
RICCARDO PARMEGGIANI

Nomi e luoghi del diavolo*

Precisando in via preliminare che il tema oggetto del mio in-


tervento abbraccia due aspetti talmente densi e complessi da ren-
derne impossibile una trattazione sufficientemente esaustiva nell’ar-
co di una relazione, si cercherà in questa sede di legare i due poli
considerati mediante un approfondimento sui nomi del diavolo in
rapporto ai luoghi, nel tentativo di individuare per entrambi un co-
mune denominatore negli sviluppi che conobbe la riflessione demo-
nologica nell’età di mezzo.
Alla riconosciuta onnipresenza del demonio si associa nella cul-
tura medievale un’infinita molteplicità di identificazione onomasti-
ca, che si esprime non solo attraverso nomi propri, ma anche – e
soprattutto – mediante perifrasi. È del resto ben noto l’adagio di
san Girolamo, modellato su un verso virgiliano, per cui il diavolo –
il ‘Nemico’ per antonomasia – si definisce per corrispondenza ana-
logica come « hostis cui nomina mille, mille nocendi artes » 1.
Quanto sia ricca la gamma terminologica impiegata per indicare
l’Avversario è possibile verificarlo sulla base di alcune – invero, non
numerosissime – indagini puntuali condotte su specifiche opere o
singoli autori 2. È tuttavia mancata una prospettiva diacronica, se

* Desidero esprimere il più vivo ringraziamento ad Elisa Brilli per il suo fondamentale
apporto all’elaborazione del presente testo.
1
Cfr. J.-P. TORRELL – D. BOUTHILLIER, Pierre le Vénérable et sa vision du monde. Sa vie, son
oeuvre, l’homme et le démon, Leuven, 1986 (Spicilegium Sacrum Lovaniense. Etudes et docu-
ments, 42), p. 239.
2
Particolarmente significativa in tal senso è la produzione storiografica di Gerard J.
450 RICCARDO PARMEGGIANI

non limitatamente all’altomedioevo e in analisi comparativa rispetto


ai nomi di santi 3. Dal momento che è irrealizzabile dare compiu-
tamente conto della sterminata serie di denominazioni del diavolo,
cercheremo di cogliere le dinamiche che soggiacciono ad una simile
proliferazione, nonché i mutamenti e gli sviluppi che queste ebbero
sulla ‘lunga durata’.
Le possibilità di nominare il diavolo sono come detto assai nu-
merose. Oltre ai nomi propri 4 (ad es. Sathanas, Lucifer ecc.) si tro-

M. BARTELINK, il quale ha approfondito l’aspetto dell’onomastica diabolica presso autori e


testi sia tardoantichi, sia altomedievali: “Misókalos”, Epithète du Diable, in Vigiliae christia-
nae, 12 (1958), pp. 37-44; A propos de deux termes abstraits désignant le diable, in Vigiliae
christianae, 13 (1959), pp. 58-60; Les démons comme brigands, in Vigiliae christianae, 21
(1967), pp. 12-24; Les dénominations du diable chez Grégoire de Tours, in Revue des Etudes La-
tines, 48 (1970), pp. 411-432; Le diable et les démons dans les oeuvres de Jérôme, in Studia pa-
tristica, XVII/2, Oxford, 1982, pp. 463-471; “Baskanos” désignation de Satan et des démons
chez les auteurs chrétiens, in Orientalia christiana periodica, 49/2 (1983), pp. 390-406; “Telo-
nai” (Zöllner) als Dämonenbezeichnung, in Sacris erudiri, 27 (1984), pp. 5-18; Quelques obser-
vations sur les dénominations du diable et des démons chez Ambroise et Jérôme, in Eulogia. Mélan-
ges offerts à Antoon A.R. Bastiaensen à l’occasion de son soixante-cinquième anniversaire, Steen-
brugis, 1991, pp. 1-10; Les dénominations du diable et des dèmons chez Grégoire le Grand, in
Humanitas, 50 (1998), pp. 337-346; Denominations of the Devil and Demons in the Missale
Gothicum, in Demons and the Devil in Ancient and Medieval Christianity, N. VOS – W. OT-
TEN (edd.), Leiden, 2011, pp. 195-209. Il già citato studio di TORRELL – BOUTHILLIER sull’o-
pera di Pietro il Venerabile (nota 1) dedica un apposito paragrafo (Satan aux mille noms,
pp. 239-264) alle modalità identificative del demonio, conducendo l’approfondimento in
parallelo tanto tra il cluniacense e Gregorio Magno, quanto con significativi autori cister-
censi (Erberto di Chiaravalle, Corrado di Eberbach e Cesario di Heisterbach) in modo da
rilevarne diversità e originalità. Un analogo approccio comparativo si trova nel recente e
magistrale studio condotto da Raymund WILHELM relativamente a Bonvesin de la Riva:
Nominare il diavolo. I nomi del maligno nei poemi narrativi di Bonvesin in Bonvesin de la Riva.
Poesia, lingua e storia a Milano nel tardo Medioevo. Atti della giornata di studio (Heidelberg,
29 giugno 2006), a cura di R. WILHELM – S. DÖRR, Heidelberg, 2009, pp. 49-72.
3
M. G. ARCAMONE, Nomi medievali di santi e demoni, in Santi e demoni nell’alto medioevo
occidentale (secoli V-XI). Atti della XXXVI Settimana di studio del Centro Italiano di Stu-
di sull’Altro Medioevo (Spoleto, 7-13 aprile 1988), II, Spoleto, 1989, pp. 759-781.
4
Va notato come uno dei nomi propri più frequentemente usato per identificare il
diavolo, vale a dire Satana, nell’originale ebraico fosse sempre accompagnato dall’articolo,
in quanto indicava uno specifico ufficio di corte e non una particolare persona (Il Libro di
Giobbe, a cura di G. RAVASI, Milano, 2005, p. 58). Raymund Wilhelm ha acutamente in-
dividuato un collegamento tra la personificazione della funzione e l’adozione dell’articolo
rispetto a nomi propri, tra cui appunto Satana, che è tipica della letteratura in volgare e,
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 451
vano nomi comuni (diabolus, daemon), soprannomi tradizionali (hostis
ecc.), designazioni innovative (noctifer, lutifer, tenebrifer ecc.) 5 e me-
taforiche (belva ecc.), senza poter agevolmente tracciare tra di esse,
come riconosciuto dagli specialisti, una netta demarcazione 6, an-
che a causa di non infrequenti slittamenti semantici 7. L’uso più
frequente è tuttavia quello dei nomi ‘sintagmatici’, composti cioè
di un sostantivo cui si accompagna un aggettivo, che può essere
qualificativo e connotante nell’alveo della tradizione o nella pro-
spettiva secondo cui ogni singolo autore intende rappresentare il
diavolo 8. Una simile combinazione, riproducibile in un numero
infinito di composizioni, ha dato luogo ad un preciso esercizio stili-
stico, quello della variatio, particolarmente frequentato dagli scrit-

più nello specifico, dell’opera di Bonvesin de la Riva (Nominare il diavolo cit. [nota 2], pp.
60-62 e nota 51).
5
Ibid., pp. 52-53, dove si trova anche l’esemplificazione del termine noctifer, elaborato
da Corrado di Eberbach. La simile neoconiazione lutifer è da ricondurre ad Enrico di
Avranches (per cui cfr. F. MARZELLA, Il doctor disertus dal rex Persarum. Francesco e il sul-
tano nella Legenda sancti Francisci versificata di Enrico di Avranches, in Nuova rivista storica,
XCVI/2 (2012), p. 394; il saggio si trova ora anche in Controversie. Dispute letterarie, stori-
che, religiose dall’Antichità al Rinascimento, a cura di G. LARINI, Padova, 2013, pp. 167-193).
Per tenebrifer, come anche per umbrifer, rimandiamo qui infra, note 26-27. Ulteriori esempi
potrebbero essere assai numerosi: tra gli apax ricordiamo, con commistione di generi, l’uso
di diabolus meretrix in Gregorio di Tours (BARTELINK, Les dénominations du diable chez Grégoi-
re de Tours cit. [nota 2], pp. 417-418) e la variatio hostis cotidianus attestata nel Missale Go-
thicum (700 ca.) in luogo del topico hostis antiquus (ID., Denominations of the Devil cit. [nota
2], p. 198).
6
Cfr., ad es., ARCAMONE, Nomi medievali cit. (nota 3), p. 771; WILHELM, Nominare il
diavolo cit. (nota 2), pp. 53, 64.
7
Tale è ad es. l’uso di temptator, per cui rimandiamo a BARTELINK, Les dénominations du
diable chez Grégoire de Tours cit. (nota 2), pp. 415-416, 432.
8
Come osservato da Raymund Wilhelm, l’aggettivazione relativa agli attributi del
diavolo può essere infatti obbligatoriamente identificativa ovvero facoltativa (Nominare il
diavolo cit. [nota 2], pp. 54-55). Poste queste basi, la scelta onomastica si palesa quale ele-
mento non secondario per comprendere la specifica concezione demonologica di cui è si-
gnificativa espressione: più semplicemente, per dirla con le efficaci parole di Gerard J. M.
Bartelink, « dans la manière dont un auteur utilise la terminologie se reflète l’idée qu’il se
fait du diable » (Les dénominations du diable chez Grégoire de Tours cit. [nota 2], p. 432). Co-
me sottolinea lo stesso studioso, l’aggettivo è d’altronde il più delle volte necessario per
concorrere ad un’ulteriore significazione qualificativa della malignità, in luogo del sempli-
ce e generico termine ‘diavolo’ preso a sé stante (ibid., p. 421).
452 RICCARDO PARMEGGIANI

tori altomedievali, una volta consolidato e ‘canonizzato’ tanto il re-


pertorio biblico, quanto quello patristico 9. Quest’ultimo rielaborò
in maniera autonoma il primo, a tal punto che una delle definizioni
più sfruttate per il demonio, quella di hostis antiquus, già attestata
in Cipriano di Cartagine, non ha un preciso riscontro nelle Scrittu-
re, benché in essa trovi le sue radici, dato che con il termine latino
hostis viene reso il greco diàbolos, a sua volta – a partire dalla tradu-
zione dei Settanta – calco dell’ebraico ha-satan 10. Il demonio come
‘antico Nemico’, formula abbondantemente ripresa anche nella suc-
cessiva tradizione letteraria in volgare, è ad esempio un’espressione
impiegata con intensa frequenza da Gregorio Magno, tanto da supe-
rare il ricorso al termine stesso di ‘diavolo’ 11. Non è infrequente
l’uso di termini anche astratti – più relativi alla fenomenologia del
Maligno, piuttosto che al nome –, senza che ciò implichi meccani-
cisticamente una presunta inconsistenza del diavolo 12.
L’adozione di una copiosa aggettivazione tende a spiegarsi in
maniera differente a seconda del contesto storico. Se nell’altome-
dioevo predomina con tutta evidenza la ‘tabuizzazione’ del nome
del demonio, testimoniata dal frequente impiego di eufemismi 13,

9
Cfr., a titolo esemplificativo, ibid., p. 419; ID., Les dénominations du diable et des dè-
mons chez Grégoire le Grand cit. (nota 2), p. 345.
10
Teufel, in Lexicon des Mittelalters, VIII, München, 1997, col. 578; Teufel, in Lexicon
für Theologie und Kirche, IX, Freiburg – Basel – Rom – Wien, 2000, pp. 1359-1360; Teu-
fel, in Theologische Realenzyklopädie, XXXIII, Berlin – New York, 2002, pp. 113 ss. Cfr.
anche P. GARBINI, Sulla « Vita scolastica » di Bonvesin de la Riva, in Studi medievali, ser. 3a,
XXXI (1990), p. 725. Le voci enciclopediche citate (così come la voce Diavolo di Jérôme
BASCHET contenuta nel Dizionario dell’Occidente medievale, a cura di J. LE GOFF- J.-C.
SCHMITT, I, Torino, 2003 [trad. it. dell’ed. orig. Paris, 1999], pp. 283-295) sono da consi-
derare riferimenti sottintesi per gli aspetti di carattere generale del mio intervento.
11
BARTELINK, Les dénominations du diable et des dèmons chez Grégoire le Grand cit. (nota 2),
pp. 339-340, dove si precisa comunque come l’identificazione del diavolo quale inimicus
sia già neotestamentaria.
12
ID., Les dénominations du diable chez Grégoire de Tours cit. (nota 2), p. 422; ciò non to-
glie che in alcuni autori, come ad esempio in Gregorio Magno, si renda con maggiore
concretezza l’identità del demonio (ID., Les dénominations du diable et des dèmons chez Grégoire
le Grand cit. [nota 2], p. 345).
13
Cfr. ID., Les dénominations du diable chez Grégoire de Tours cit. (nota 2), pp. 430-432;
ARCAMONE, Nomi medievali cit. (nota 3), pp. 771-772.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 453
con gli sviluppi della teologia monastica, prima, e di quella scola-
stica, poi, si intese specificare il più dettagliatamente possibile ogni
sfaccettatura della multiforme malignità dell’Avversario 14. A queste
tendenze quasi opposte, centrifughe e centripete rispetto alla neces-
sità di nominare il diavolo – non sempre inquadrabili nel rigido
schema cronologico proposto 15 –, si somma un’oggettiva incapacità
di definizione univoca e adeguata 16. Fanno ovviamente eccezione
allo schema proposto alcuni ‘abusi’ bassomedievali, per cui si sfrut-
terà come pretesto la fittizia definizione del Maligno con obiettivi
volontariamente distorti: un chiaro esempio è costituito dall’indivi-
duazione del diavolo da parte di Stefano di Bourbon quale invento-
re e artefice della danza (« diabolus est choreizancium et danciarum
inventor et gubernator et procurator » 17), da cui risulta con eviden-
za come il soggetto sia in realtà impiegato in forma strumentale
per demonizzare il predicativo del soggetto, l’attività, piuttosto che
questa a connotare un tratto peculiare del personaggio cui è ricon-
dotta. Come si vedrà anche a proposito di alcuni luoghi, nello spe-
cifico nel paradigma della civitas diaboli, è assai più difficile rintrac-
ciare un simile uso nell’altomedioevo: solo una volta costruito e
consolidato in maniera sufficientemente organica, benché non uni-
voca, un concetto non altrettanto definito in partenza nei testi sa-
cri, sarà possibile declinarlo in maniera funzionale entro codici co-
munemente riconosciuti.
Poste queste premesse, tornando ora ai nomi del demonio, si fo-
calizzerà principalmente l’attenzione su quelli propri, i più pervica-
cemente sfuggiti, salvo rare eccezioni, in epoca altomedievale, men-
tre – all’estremo opposto dell’età di mezzo – vi si farà ben più am-
pio ricorso, al punto di impiegarne alcuni nel titolo di specifiche
opere, tanto di carattere politico – nel noto genere delle ‘lettere del

14
TORRELL – BOUTHILLIER, Pierre le Vénérable cit. (nota 1), pp. 239-241, 259.
15
Tendenze alla tabuizzazione del nome del diavolo permarranno anche in epoca più
tarda, come testimonia ancora una volta l’opera di Bonvesin de la Riva (WILHELM, Nomina-
re il diavolo cit. [nota 2], pp. 67-68).
16
Cfr. esemplificativamente ibid., pp. 64, 69.
17
Desumo la citazione da S. PIETRINI, La santa danza di David e il ballo peccaminoso di
Salomé. Due figure esemplari dell’immaginario biblico medievale, in Quaderni medievali, 50
(2000), p. 57 n. 33.
454 RICCARDO PARMEGGIANI

diavolo’, con attribuzione ora a Lucifero, ora a Satana, Leviatan e


Belzebù – quanto in testi di carattere più eccentrico, quale la Con-
solatio peccatorum di Giacomo Paladini da Teramo, processo all’uma-
nità altrimenti noto come Belial o Processus Luciferi contra Iesum
Christum 18.
Attribuire un nome proprio al diavolo, e – dunque – personifi-
carlo 19, è un’operazione difficile, tanto per i temuti effetti, quanto
per le problematiche legate alla poliedricità dell’essere e alle sue
mutevoli apparenze. Si è accennato alla reticenza degli autori alto-
medievali verso i nomi propri del demonio, nonostante la loro codi-
ficazione e il relativo elenco, sia pur incompleto, si trovi – lo ve-
dremo – già nelle Etymologiae di Isidoro di Siviglia. Sfruttando due
fonti più tarde, tra loro coeve, ma disomogenee per tipologia e frui-
zione, è possibile spiegare in forma esplicita, anche in maniera re-
trospettiva, il perché della tabuizzazione del nome del diavolo. Mi
riferisco a due testi di fine Duecento, uno – la Vita Scholastica di
Bonvesin de la Riva – di carattere didattico, l’altro – lo pseudoepi-
grafo Commento all’Apocalisse di Tommaso d’Aquino – di stampo
esegetico. La motivazione, pur basata su ragioni distinte, risulta
convergente: nel primo si prescrive di non pronunciare il nome del
Maligno – « non hostis falsi nomen in ore sonet » – perché se ne
teme l’effetto evocativo 20, mentre nel secondo – pur sottacendoli –
si sottolinea lo spaventevole impatto rappresentato dai nomi stessi,
di per sé sufficienti a terrorizzare l’uomo (« ipsa nomina diaboli ge-
nerant horrorem ») 21, in una assoluta coincidenza tra significante e
significato. In quest’ultimo esempio vediamo tuttavia impiegato il
plurale nomina in luogo di nomen, il che implica un necessario ap-

18
Cfr. riepilogativamente J. B. RUSSELL, Il Diavolo nel Medioevo, Roma-Bari, 1987 (trad.
it. dell’ed. orig. Ithaca – London, 1984), pp. 60-62.
19
La predilezione per i nomi propri secondo questa prospettiva, tesa ad esprimere una
maggior concretezza del demonio, emerge ad esempio con evidenza nelle opere polemiche
di Pietro il Venerabile (TORRELL – BOUTHILLIER, Pierre le Vénérable cit. [nota 1], p. 247).
20
Cfr. GARBINI, Sulla « Vita scolastica » cit. (nota 10), pp. 724-727. Il verso in questio-
ne è stato ripreso anche da WILHELM, Nominare il diavolo cit. (nota 2), p. 67.
21
Il passo citato è estratto dall’anonima Super Apocalypsim expositio (II, ‘Vox Domini’;
cap. XIII) stampata tra gli opuscula dubia di Tommaso d’Aquino in S. THOMAE AQUINATIS
Opera omnia, XXIII, Parmae, 1869 (cfr. p. 639 col. 2).
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 455
profondimento delle parallele definizioni di ‘diavolo’, quale figura
ora dotata di una specifica individualità, ora caratterizzata da una
dimensione plurale.
Il punto di partenza della nostra indagine è rappresentato dal
testo enciclopedico per antonomasia del medioevo, le Etymologiae di
Isidoro di Siviglia. Nel libro ottavo, alla voce De diis gentium, l’au-
tore definisce il diavolo quale principe dei demoni, affiancandogli
poi in serie diversi altri nomi, tutti di origine biblica, spiegati in
base al proprio significato 22: Satanas – l’Avversario –, Antichristus,
Bel, Belphegor, Belzebub, Belial, Behemoth, Leviathan. In questo elenco
manca tuttavia il nome Lucifer, spesso rimosso nell’altomedioevo o
usato con estrema cautela – come ad esempio in Gregorio Magno 23
– data la comune attribuzione del nome anche a Cristo: lo stesso
vescovo di Siviglia, rifacendosi evidentemente a Ticonio, bipartisce
in un’altra opera, il De natura rerum, il nome Lucifer con significa-
zione al contempo divina e diabolica 24. Questo nome dell’angelo
caduto, definito anche nomen terribilius tra tutti quelli ricondotti al
demonio 25, è molto spesso quasi esorcizzato. Quest’operazione av-

22
ISIDORI HISPALENSIS Etymologiarum sive originum libri XX, ed. W. M. LINDSAY, I, Oxo-
nii, 1911, lib. VIII.xi, 14-28.
23
Cfr. RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), p. 267 n. 13.
24
« Lucifer autem bipertitus est: sic huius pars sancta est, sicut Dominus in Apoca-
lypsin de se et ecclesia dicit: ego sum radix et genus Dauid, stella splendida et matutina;
iterum: qui uincit, dabo illi stellam matutinam. Pars autem alia Luciferi diabolus esse di-
noscitur, de quo scriptum est: quomodo cecidisti de caelo, Lucifer, qui mane oriebaris?
Qui etiam in caelo super stellas Dei dicit se sedem positurum, et cadens de caelo confrin-
gitur » (ISIDORE DE SEVILLE, Traité de la nature, ed. J. FONTAINE, Bordeaux, 1960 [Bibliothé-
que de l’Ecole des hautes études hispaniques, XXVIII], pp. 271, 273 §§ 10-11]). Risulta
evidente la derivazione del passo in questione dal Liber regularum di Ticonio: « Caelum Ec-
clesiam dicit, sicut procedente Scriptura uidebimus. De hoc caelo cadit Lucifer matutinus;
Lucifer enim bipertitum est, cuius pars sancta est, sicut Dominus dicit in Apocalypsi de
se et suo corpore: “Ego sum radix et genus Dauid et stella splendida matutina, sponsus et
sponsa”. Item illic: “Qui vincit, dabo illi stellam matutinam”, id est ut sit stella matutina
sicut Christus, quem accepimus. Pars ergo Luciferi, id est aduersum corpus quod est dia-
bolus reges et populus, cadit de caelo et confringitur in terra” (cito il testo nella recente
riproposizione di J.M. Vercruysse: cfr. TYCONIUS, Le livre des règles, cur. J.-M. VERCRUYSSE,
Paris, 2004 [Sources chrétiennes, 488], p. 328).
25
Tale definizione (« nomen terribilius omnibus aliis nominibus omnium demonum »)
si incontra in un interrogatorio inquisitoriale francese del 1328, il cui testo è riportato in
456 RICCARDO PARMEGGIANI

viene secondo modalità non univoche. Da un lato esso è reso attra-


verso creazioni originali basate su quel calco, e in sostanza parodi-
che, benché presentate come condizione disgiuntiva rispetto all’ori-
ginale status angelico: per Lucifero successivamente alla caduta viene
ad esempio coniato da Bernardo di Chiaravalle il nome tenebrifer 26,
così come i Vittorini codificano quello di umbrifer 27. La rimozione
del potenziale doppio significato di Lucifero può avvenire anche at-
traverso operazioni esegetiche che ribaltano ironicamente l’accezione
del nome originario. Ruperto di Deutz identifica il diavolo con
quel nome, Lucifer, per contrarium, in quanto in realtà ‘portatore del-
le tenebre’ (portitor tenerbrarum) 28, obliterando così, anche in questo
caso, lo status iniziale dell’angelo ribelle. Il ribaltamento in negati-
vo degli attributi divini, qui icasticamente reso con l’efficace
espressione per contrarium, è una costante identificativa del Maligno,
che, in quanto tale, caratterizza sia i nomi che i luoghi. Per Bona-
ventura, rispetto al paradisiaco magistero divino, quello diabolico si
definisce per analogia negativa, anche di luogo, attraverso una mar-
tellante ripetizione: « e contrario, diabolus docet in inferno contra-
ria et deprimit ad contraria » 29. Con la medesima riconduzione op-

C. DEL POPOLO, Lucibello e Mongibello, in Lingua nostra, LXVII/1-2 (2006), p. 56. In quel
frammento il nome demoniaco è contrapposto all’originario Lucibel (« nomen nobilius et
pulchrius nominibus angelorum aliorum »), identità onomastica perduta a seguito del pec-
cato di superbia.
26
« Dixit enim lucifer ille, iam non lucifer, sed tenebrifer et vesperus: SEDEBO IN MON-
TE TESTAMENTI ET SIMILIS ERO ALTISSIMO » (BERNARDUS CLARAVALLENSIS, Sermo in natali sancti Be-
nedicti, in Sermones, II, edd. J. LECLERCQ – H. ROCHAIS, Romae, 1968 [Sancti Bernardi opera,
V], p. 10 ll. 3-5).
27
Relativamente al quale cfr. MARZELLA, Il doctor disertus cit. (nota 5), p. 394 n. 79.
28
« Illic [in caelesti paradiso] et omnes principes caelorum fuerunt, quorum nulli pro-
prium nomen positum invenitur, nisi illi qui aeque ut Deus uoluit esse magnus et nomi-
natus. Alii namque communi nomine lux, ille autem, cum sit portitor tenebrarum, per
contrarium Lucifer est appellatus » (RUPERTI TUITIENSIS In Genesim, II, 27, in De sancta tri-
nitate et operibus eius, ed. H. HAACKE, Turnholti, 1971 (C.C.c.m., XXI), p. 217). Il passo ci-
tato è ripreso anche da RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), p. 305 n. 5.
29
Così si esprime infatti il doctor seraphicus in due circostanze nei Sermones de tempore:
« scribitur, Is. 42 in persona omnis caelestis militiae simul: Dominus Deus mane, supple:
aeternitatis beatae, aperit mihi aurem, intellectivae et affectivae, ut audiam, id est, percipiam
realiter, quasi, id est vere, magistrum docentem unumquemque ordinem angelorum et bea-
torum [...]. E contrario, diabolus docet in inferno contraria et deprimit ad contraria »
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 457
positiva è attestato etimologicamente un altro nome proprio del
diavolo, Sathael, che, utilizzato da Onorio Augustodunense nell’Elu-
cidarium – opera divulgativa strutturata in forma dialogica –, non
ha tuttavia goduto di grande seguito, anche se la diffusione fu assi-
curata in forma ampia dai successivi volgarizzamenti dell’opera 30.
Le considerazioni esposte circa la ‘pericolosa’ ambivalenza del
nome Lucifer e la possibile chiave esegetica per contrarium ci condu-
cono all’individuazione di uno snodo fondamentale dell’onomastica
diabolica, esemplatasi, pur con differenti declinazioni a seconda del-
le epoche e dei contesti, sul ribaltamento oppositivo di due piani
che tuttavia presentano un originario punto di contatto – la condi-
zione angelica prima della caduta – che funge da perno per la
proiezione capovolta in chiave oppositiva. In altre parole, i nomi e i
luoghi del demonio, punti fondamentali per l’elaborazione di una
coerente demonologia, si codificano e si plasmano con polarità in-
vertita sul modello dei corrispettivi divini, secondo un rapporto an-
tinomico che non si può tuttavia considerare un meccanicistico
ribaltamento.
Già Agostino nelle Enarrationes in Psalmos aveva avvertito come
nella Scrittura esistessero delle simbologie animali condivise tra Dio
e il demonio. Tra le varie e più ricorrenti denominazioni del Mali-
gno, quelle con metafore zoomorfe sono così abbondanti da poter
configurare un vero e proprio ‘bestiario diabolico’. Il campionario

(SAINT BONAVENTURE, Sermones de tempore. Reportations du manuscrit Milan, Ambrosienne A 11


sup., ed. J. G. BOUGEROL, Roma, 1990, p. 355 rr. 33-38); « dicitur Matth. 23: Unus et ma-
gister in caelis qui est Christus. - E contrario diabolus docet in inferno contraria et deprimit
ad contraria » (ibid., p. 371 rr. 35-36).
30
Citiamo di seguito il dialogo tra il magister e il discipulus che qui ci interessa: « D.
Habent nomina angeli? – M. Tanta scientia est in angelis, ut non indigeant nominibus.
D. Michael, Gabriel, Raphael, non sunt nomina? – M. Magis sunt agnomina, quia ab ac-
cidenti sunt eis ab hominibus imposita, cum ea non habeant in coelis propria; unde et
primus angelus ab accidenti Sathael, id est Deo contrarius, nomen accepit » (HONORII AU-
GUSTODUNENSIS Elucidarium sive dialogus de summa totius christianae theologiae, lib. I, in P.L.,
CLXXII, coll. 1113-1114). Un volgarizzamento in antico milanese del passo considerato è
riportato in WILHELM, Nominare il diavolo cit. (nota 2), pp. 58-59. Il nome Sathael, con
identica riconduzione, è attestato succesivamente, a quanto mi risulta, soltanto nella con-
cisa onomastica diabolica proposta da Alano da Lilla nelle Distinctiones dictionum theologica-
rum (per cui cfr. P.L., CCX, col. 766).
458 RICCARDO PARMEGGIANI

che si venne elaborando a partire da alcune immagini tradizionali,


già bibliche, è a tal punto nutrito, che, con felice sintesi, Tullio
Gregory ha giustamente definito il demonio un « essere veramente
panzoico, poiché tutto quanto è umano ed animale può appartener-
gli ed esprimerlo » 31: del resto proprio uno dei nomi propri del-
l’Avversario – Beemoth – significa genericamente ‘animal’, mentre
Leviathan ne è una specifica declinazione sotto la ben nota forma di
mostro marino 32. Se alcuni animali connotano inequivocabilmente
il diavolo e, per traslato, la bestialità del suo regno – come rimarca
ancora una volta Ruperto di Deutz 33 – numerosi altri possono tut-
tavia individuare contemporaneamente il Signore e il suo Nemi-
co 34: è questo ad esempio il caso del leone, la cui versatilità meta-
forica nell’indicare l’uno – per potenza e grandezza – e l’altro – per

31
T. GREGORY, Discorso di chiusura, in L’uomo di fronte al mondo animale nell’alto medioevo.
Atti della XXXI settimana di studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo
(Spoleto, 7-13 aprile 1983), II, Spoleto, 1985, p. 1478. La sintetica rassegna indicata dal
RUSSELL (ape, aquila, aspide, avvoltoio, balena, basilisco, cammello, cane, capro, cavallo,
centauro, cervo, chimera, civetta, coccodrillo, cornacchia, corvo, drago, falco, fenice, gab-
biano, gallo, gatto, grifone, iena, leone, leopardo, lepre, lucertola, lupo, maiale, mosca,
oca, orso passero, pecora, pesce, pipistrello, ragno, rondine, rospo, salamandra, scimmia,
serpente, struzzo, talpa, tartaruga, tigre, toro, verme, verro, vespa, vipera, volpe, zanzara;
cfr. Il Diavolo cit. [nota 18], p. 46 e nota 10) è, per quanto ricca, comunque incompleta.
Lo stimolo alla creatività anche su questo specifico tema fu infatti incessante: Pier Damia-
ni, ad esempio, inserisce nel bestiario diabolico alcune figure innovative, come il granchio,
l’ibis e il riccio (cfr. A. SIMONETTI, Il diavolo nelle opere di Pier Damiani, in Pier Damiani, l’e-
remita, il teologo, il riformatore (1007-2007). Atti del convegno (Faenza-Ravenna, 20-23 set-
tembre 2007), a cura di M. TAGLIAFERRI, Bologna, 2009, pp. 81-82).
32
« Behemoth ex Hebraea voce in Latina lingua animal sonat, propter quod de excel-
sis ad terrena cecidit, et pro merito suo ut animal brutum effectus sit. Ipse est et Levia-
than, id est serpens de aquis, quia in huius seculi mare volubili versatur astutia. Leviathan
autem interpretatur additamentum eorum » (ISIDORI HISPALENSIS Etymologiarum cit. (nota
22), lib. VIII.xi, 27).
33
Così si esprime il teologo benedettino nel commento ad Apoc 16,13 (« et vidi de
ore draconis et de ore bestiae et de ore pseudoprophetae spiritus tres inmundos in modum
ranarum »): « draconis nomine diabolus, bestiae vero appellatione bestiale regnum diaboli
hoc loco designari recte intelligitur » (RUPERTI TUITIENSIS In Apocalypsim, IX, 16, in P.L.,
CLXIX, col. 1124).
34
GREGORY, Discorso cit. (nota 31), pp. 1468-1471. In particolare, « nessun animale
sembra sottrarsi a questa intrinseca duplicità: neppure quelli della più consacrata tradizio-
ne cristiana » (ibid., p. 1470).
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 459
crudeltà (devorator animarum) – è più volte richiamata nell’elabora-
zione teologico-esegetica 35, da sant’Agostino, passando per Beda, fi-
no a Tommaso d’Aquino 36. Il vescovo di Ippona aveva spiegato
nell’opera citata la poliedrica natura simbolica del re degli animali
ricorrendo ad una formulazione paradossale circa i nomi stessi di
Dio e del diavolo:
Se, sentendo la prima lettera nel nome di Dio, tu pensassi che essa vi deve sem-
pre figurare, dovresti cancellarla dal nome del diavolo, perché il nome di Dio co-
mincia con la stessa lettera con la quale comincia il nome del diavolo; eppure
nulla è tanto contrapposto quanto Dio e il diavolo. Vedi dunque quanto è strana-
mente sordo nelle cose umane e divine chi, fissandosi sulla singola lettera D, di-
cesse che essa non deve figurare in capo al nome del diavolo, e richiesto del per-
ché, rispondesse: « Perché questa lettera l’ho letta nel nome di Dio » 37.

35
Del resto, come afferma Maria Pia Ciccarese, « proprio sull’esempio biblico del leo-
ne gli esegeti cristiani fondano teoria e prassi dell’ambivalenza simbolica degli animali »
(Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano, a cura di M. P. CICCARESE, II (leone-zan-
zara), Bologna, 2007, p. 14).
36
Per quanto riguarda i primi due autori citati, cfr. BARTELINK, Denominations of the De-
vil cit. (nota 2), pp. 204-205. Tommaso d’Aquino sottolinea l’ambivalenza simbolica in
due occasioni nello Scriptum super libros Sententiarum: « in una re possunt considerari diver-
sae proprietates; et ideo non est inconveniens quod ex eadem re, secundum diversas sui
proprietates, fiat transumptio ad aliqua contraria; sicut quod Deus dicitur leo propter li-
beralitatem, vel fortitudinem, vel aliquid hujusmodi, et Diabolus dicitur leo propter cru-
delitatem » (Super Sent., lib. 1 d. 34 q. 3 a. 2 ad 4; cfr. S. THOMAE AQUINATIS Scriptum su-
per libros Sententiarum, I, cur. P. MANDONNET, Parisiis, 1929, p. 800); « quia res aliqua non
est ita uni similis quin etiam aliis possit assimilari; inde est quod ea quae metaphorice di-
cuntur, non ita conveniunt uni quin et aliis convenire possint: sicut leo metaphorice et
Deus et diabolus dicitur » (Super Sent., lib. 4 d. 17 q. 1 a. 1 ad 3; cfr. S. THOMAE AQUI-
NATIS Scriptum super libros Sententiarum, IV, cur. M. F. MOOS, Parisiis, 1947, p. 830 n. 37).
37
« Si audieris litteram primam in nomine dei, et putaveris eam semper ibi ponen-
dam, delebis eam in nomine diaboli. Ab eadem enim littera incipit nomen dei, a qua in-
cipit nomen diaboli; et nihil tam disiunctum quam deus et diabolus. Vide ergo quam ab-
surdus est a rebus et humanis et divinis qui dixerit: ‘d litteram non debet habere in capi-
te nomen diaboli’, et cum quaesieris: ‘Quare?’, respondeat: ‘Ego in nomine dei legi istam
litteram’ » (Enarrationes in Psalmos 101-150. Pars 1: Enarrationes in Psalmos 101-109, ed. F.
GORI, adiuv. C. PIERANTONI, Wien, 2011 (C.S.E.L., XCV/1), in ps. CIII,3,22, pp. 181-182
ll. 44-51). La traduzione italiana del passo in esame è desunta da SANT’AGOSTINO, Esposizio-
ni sui salmi, III, a cura di T. MARIUCCI – V. TARULLI, Roma, 1976, pp. 741, 743.
460 RICCARDO PARMEGGIANI

L’illogico punto di coincidenza – letterale o simbolico – tra il


nome stesso di Dio e quello del diavolo ne richiama numerosi altri
paralleli, tanto parzialmente mimetici nei nomi – pater veritatis /
pater mendacii (che si rifà al noto versetto Gv 8,44) 38, per non fare
che un unico esempio – quanto nei luoghi, secondo la topica con-
trapposizione tra civitas Dei e civitas diaboli, cui sono rispettivamen-
te associate le città scritturali di Gerusalemme e Babilonia. L’Altis-
simo e il Maligno condividono il titolo regale in riferimento all’una
e all’altra, ma se il primo è re dei giusti, il secondo lo è dei
superbi.
Proprio la designazione del diavolo quale rex superbiae ci intro-
duce verso un punto decisivo, vale a dire l’assimilazione dei nomi e
dei luoghi del Maligno al peccato. Questo discrimine rende applica-
bile transitivamente in chiave parodica e antitetica al demonio at-
tribuzioni divine, essendo chiaramente impedito il percorso identifi-
cativo inverso. Come riconosce Tommaso d’Aquino
Ci sono alcuni nomi delle creature che denominano non solo ciò che è creato, ma
anche il difetto della colpa annesso: come il nome di diavolo designa la natura
deformata dal peccato; e così non possiamo trasferire questi nomi alle realtà
divine 39.

38
« Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat
ab initio et in veritate non stetit, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex
propriis loquitur, quia mendax est et pater eius »; paradigmatica è in proposito la relativa
ermeneutica di Ruperto di Deutz: « Numquid quia diabolus pater dicitur mendacii, men-
dacium econuerso dicendum est filius diaboli, sicut quia altissimus dicitur et est pater ue-
ritatis, ueritas econuerso dicitur et est Filius Dei? Non; nec enim mendacium substantia
est, ideoque non aeque ut ueritati Dei, quae procul dubio substantia est, hoc nomen quod
est filius illi substantialiter aptari potest. Aliter altissimus pater ueritatis et aliter diabolus
dicitur pater mendacii, aliterque ueritas altissimo atque aliter mendacium inest diabolo.
Diciturque et est Deus pater ueritatis, ut uere genitor consubstantialis sibi Filii, per quem
omnia fecit. Dicitur uere et est diabolus pater mendacii ut accidentis auctor et inuentor
vitii, per quod nullam omnino substantiam et ne muscam quidem aut extremum uermi-
culum fecit, sed quaedam eorum, quae a Deo facta sunt, nequiter infecit » (RUPERTI TUI-
TIENSIS Commentaria in evangelium sancti Iohannis, ed. H. HAACKE, Turnholti, 1969 (C.C.c.m.,
IX), VIII, 8, 44, p. 472).
39
« Quaedam nomina creaturarum sunt quae non nominant tantum id quod creatum
est, sed etiam defectum culpae annexum; sicut nomen Diaboli nominat naturam deforma-
tam peccato: et ideo talibus nominibus non possumus transumptive uti ad significandum
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 461
Il peccato di Lucifero è innanzitutto quello di superbia, come
conferma il notissimo passo del profeta Isaia (14,13-14) 40: « Io sali-
rò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi
siederò sul monte dell’assemblea nella parte estrema del settentrio-
ne; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo ». In
relazione ai nostri temi è inoltre assai significativo il versetto se-
guente, in cui si constata come l’angelo apostata sia stato fatto
« discendere nel soggiorno dei morti, nelle profondità della fossa ».
Questa azione di scivolamento ci riporta nuovamente alle Etymolo-
giae di Isidoro di Siviglia, in cui il termine diabolus è spiegato se-
condo una doppia derivazione linguistica: se in greco significa cri-
minator, in ebraico – secondo un’interpretazione fortunatissima nel
medioevo, che tuttavia è stata successivamente riconosciuta erronea,
con origine in Eucherio e san Girolamo 41 – « dicitur ‘deorsum
fluens’, quia quietus in caeli culmine stare contempsit, sed super-
biae pondere deorsum corruens cecidit » 42. A partire da Uguccione
da Pisa a queste si affiancherà un’ulteriore derivazione – « dicitur
diabolus [composto da dia e bolus], quasi duplex morsellus; mordet
enim animam et corpus » 43 – che confermerà comunque ad unguem
l’impianto isidoriano dell’onomastica demoniaca 44, saldandosi in un
unico blocco che verrà ancora riproposto, alla fine dell’età di mezzo,
nel Malleus maleficarum 45. Un ulteriore tentativo, teso a spiegare

divina » (Super Sent., lib. 1 d. 34 q. 3 a. 2 ad 2; cfr. THOMAE AQUINATIS Scriptum super li-
bros Sententiarum, I, cit. [nota 36], p. 800); il testo citato in italiano è desunto dalla tradu-
zione di R. COGGI in TOMMASO D’AQUINO, Commento alle Sentenze, II, Bologna, 2000.
40
Cfr. C. CASAGRANDE – S. VECCHIO, I sette vizi capitali. Storia dei peccati nel Medioevo,
Torino, 2000, p. 3.
41
RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), p. 267 n. 13.
42
ISIDORI HISPALENSIS Etymologiarum, ed. cit. (nota 22), I, lib. VIII.xi, 18.
43
UGUCCIONE DA PISA, Derivationes, edizione critica princeps a cura di E. CECCHINI, II, Fi-
renze, 2004, p. 133 [21]. Il passo in questione è stato recentemente ripreso nello stimo-
lante saggio di G. TULONE, Diabolus cadens. Nella bolgia dei barattieri (Inf. XXI-XXII), in
Rivista di storia e letteratura religiosa, XLIII/1 (2007), pp. 3-30 (nello specifico, p. 19).
44
Si confrontino soprattutto le voci Belus e Beemoth (UGUCCIONE DA PISA, Derivationes,
ed. cit. [nota 43], p. 122).
45
Per la riproposizione dell’onomastica propria del diavolo nel Malleus maleficarum del
domenicano Heinrich Kramer (Institor), scritto nel 1486 con la controversa collaborazione
del confratello osservante Jacob Sprenger, cfr. Malleus maleficarum von Heinrich Institoris
462 RICCARDO PARMEGGIANI

questa volta in forma univoca e consonante il nome del diavolo, era


stato proposto sulla scorta di Apoc 9,11 nei tre nomi – ebraico,
greco e latino – dell’angelo dell’abisso, interpretato come diabolus
nel suo significato di exterminans. Il Commento al libro neotestamen-
tario di Aimone di Auxerre rileva l’analogia che esiste tra il nome
nelle stesse tre lingue poste sopra la croce di Cristo e la speculare
triplice indicazione dell’angelum abyssi/demonio, il quale è definito
‘annientatore’ in quanto etimologicamente (correggendo tuttavia,
per ottenere la consonanza di significato, l’ebraico Abaddon in Lab-
badon) « homines exterminat, id est extra patriam coelestem emit-
tit », cioè, per dirla con le più pregnanti chiose spurie duecentesche
di Ugo di Saint-Cher e Alberto Magno, « extra terminos catholicae
fidei [...], et in terram exterminii in infernum ». Così come a Cri-
sto ben si addice nomen cogregandi – fa infine notare Aimone, ancora
in forma di rovesciamento esemplato sul polo positivo – al diavolo
calza alla perfezione nomen exterminandi 46.

(alias Kramer) unter mithilfe Jakob Sprengers aufgrund der dämonologischen tradition zusammenge-
stellt, A. SCHNYDER hrsg., Göppingen, 1991 (rist. anast. dell’ed. 1487), foll. 28b-29b.
46
« Et habebant super se regem angelum abyssi. Id est diabolum, qui est princeps omnium
reproborum, ipse est rex super omnes filios superbiae, non quo ipse hominem creaverit aut
regat, sed quo super eos dominationem exerceat, quos sibi per peccatum servos addicit.
Cui nomen Hebraice labbadon, Graece autem apollyon, Latine autem habet nomen exterminans.
Quod in quibusdam codicibus invenitur scriptum abadon, ubi scilicet primum est a, sed
falso scriptum est, et vitio scriptoris factum; sed primum ibi ponendum l, et labbadon di-
cendum, sicut beatus Hieronymus dicit in Hebraicis interpretationibus. Quid sit autem
Hebraice labbadon, Graece apollyon exprimitur cum subditur, Latine habet nomen exter-
minans. In his quippe nominibus diabolus intelligitur, qui homines exterminat, id est
extra patriam coelestem emittit, qui audituri sunt: Discedite a me, maledicti, in ignem aeter-
num (Matth. XXV). Exterminabuntur enim injusti, quibus hoc dicetur, id est ejicientur ab
omni societate sanctorum. Legimus enim in Evangelio, quod super crucem Domini scrip-
tum fuerat Graece, Hebraice et Latine, quia istae tres linguae tunc vigebant: Hic est Jesus
rex Judaeorum (Matth. XXVII). Ita et hic nomen diaboli, qui novissimo tempore perditum
hominem ingredietur, quique se Christum esse mentietur, tribus linguis exprimitur. Qui
recte exterminans dicitur, quia sicut Christo congregandi, sic diabolo congruit nomen
exterminandi » (HAYMONIS HALBERSTATENSIS Expositio in Apocalypsin, II,IX, in P.L., CXVII,
coll. 1055-1056). Su questo autore si veda la recente miscellanea Études d’exégèse carolin-
gienne: autour d’Haymon d’Auxerre, ed. S. SHIMAHARA, Turnhout, 2007 (Collection Haut Mo-
yen Âge, 4), mentre sul suo Commento all’Apocalisse si veda l’ancor più recente saggio di R.
SAVIGNI, Il commentario di Aimone all’Apocalisse, in L’Apocalisse nel medioevo. Atti del Conve-
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 463
Non vi è in ogni caso dubbio che il procedimento retorico me-
dievale dell’interpretatio nominis abbia privilegiato per il termine
‘diavolo’ l’etimologia deorsum fluens, ‘colui che scivola giù’ (con in-
trinseco moto a luogo dall’alto verso il basso). Se è vero che questa
riconduzione è stata usata sia per individuare figure bibliche del
demonio (ad es. Golia 47), sia come arma polemica e di lotta politi-

gno internazionale (Gargnano sul Garda, 18-20 maggio 2009), a cura di R. E. GUGLIEL-
METTI, Firenze, 2011, pp. 207-266. I due commenti falsamente attribuiti ad Ugo di Saint-
Cher e Alberto Magno, tra loro coincidenti pressoché alla lettera, riprendono sostanzial-
mente nell’interpretazione del versetto apocalittico l’esegesi di Aimone, esplicitando il
confino all’Inferno insito nel nome del diavolo ed evidenziando la finalità ‘precettistica’
che soggiace alla triplice traduzione: « Et Angelum abyssi, idest Diabolum qui est de abysso
inferni, idest sine bysso et candore omnis boni etsi aliquando se transfiguret in Angelum
lucis, 2 Corinth. 11. Diabolus autem dicitur rex super omnes filios superbiae, Cui nomen
Hebraice Laabadon. Aliqui libri habent Aabadon. Sed vera litera est Laabadon. Unde Hiero-
nymus dicit Laabadon, Hebraicum, et interpretatur exterminans; Abadon vero Graecum et
interpretatur judicans. Unde cum postea ponitur idem nomen in graeco Apolleon et in
Latino exterminans, patet quod non debet esse Abadon, sed Laabadon. Graece autem
Apollion, idest quod Laabadon, et eadem interpretatio, scilicet exterminans et Latine ha-
bens nomen exterminans, tres linguas solemnes ponit, ut in omni lingua versutia Diaboli
intellecta vitetur. Et hoc praecipue, quia in triplici lingua, evangelica doctrina scripta est.
Matthaeus enim in lingua Hebraica, Lucas et Joannes in Graeca, Marcus vero scripsit in
Latina. Unde et titulus Domini super crucem, hac triplici lingua scriptus fuit, Joan. 19.
In omni igitur lingua nomen diaboli significat exterminans. Quia de omnibus aliquos
exterminat, idest extra terminos catholicae fidei ponit, et in terram exterminii in infer-
num, quia exules a patria sua relegat. Unde Psalm. Exterminavit eam aper de sylva, idest
Antichristus, qui dicitur Aper propter ferocitatem. Sylvaticus autem seu sylvester dicitur
propter inhumanitatem. Sap. 3, Ab itinere justo abierunt in exterminium, idest in infernum,
ad quem Diabolus multos trahet. Unde Job 21, Ipse ad sepulchra ducetur et in congerie mor-
tuorum vigilabit: dulcis fuit glareis Cocyti, et post se omnem hominem trahit et ante se in-
numerabiles ». Il passo in questione è estratto dall’anonima e già citata Super Apocalypsim
expositio (I, ‘Vidit Iacob’) stampata tra gli opuscula dubia di Tommaso d’Aquino (ed. cit.
[nota 21], p. 401 col. 1); per l’analogo commento dello pseudo Alberto Magno, probabil-
mente identificabile con Pietro di Tarantasia, cfr. ALBERTI MAGNI Opera, XI, In Apocalypsim,
Lugduni, MDCLI, pp. 75[b]-76[a].
47
In realtà nell’assimilare le due figure Ruperto di Deutz insiste sul più radicale par-
ticipio cadens anziché sfruttare l’esatta, ma maggiormente sfumata, etimologia deorsum
fluens, individuando inoltre la causa della caduta nel ‘veleno’ – in luogo del meno pre-
gnante ‘peso’ (pondus) isidoriano – della superbia: « Porro Philistheus quem interfecit, con-
tra quem solum praeualuit solus Dauid, ipsum significat diabolum, quem solus uerus
Dauid Christus superare potuit, quem per crucem suam uicit et suo sanguine triumpha-
464 RICCARDO PARMEGGIANI

ca – si veda ad esempio l’uso ‘militante’ che ne fa Pier Damiani, at-


tribuendo a Cadalo, artefice del noto scisma, la medesima etimolo-
gia in forma di equivalenza 48 – quello che qui più ci interessa è
cogliere gli impieghi dei nomi propri del Maligno, compreso ‘dia-
volo’, in relazione alla natura ribelle dell’Avversario e alla sua
caduta.
Due grandi teologi francescani, Alessandro di Hales e Bonaventura
da Bagnoregio, individuarono una forma di disambiguazione onomasti-
ca tra il generico termine ‘diavolo’ ed un suo nome proprio (rispettiva-
mente Satana e Lucifero), comunque fondata sulla condivisione dell’i-
dea del peccato quale postulato ontologico del demonio. Partendo da
esso il doctor irrefragabilis propose una sostanziale compresenza dei nomi
di ‘diavolo’ e Satana, corrispettivi della duplice direzione del peccato,
contro di sé e contro il prossimo 49. Bonaventura pose invece l’accento
sulla dimensione qualitativa della colpa che fu all’origine della caduta
dell’angelo ribelle, lasciata da Alessandro di Hales sullo sfondo a pro-
posito della questione onomastica. Già a partire da Agostino al diavolo
era stato riconosciuto, oltre al peccato di superbia, quello intimamente
connesso – anzi, direttamente generato « tamquam filia pedissequa » –
dell’invidia 50, concordemente al Libro della Sapienza 2,24, per cui « la
morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo ». Bonaventura ri-

tum foras misit [...]. Ipso nomine diabolum, ut praedictum est, significat Golias Phili-
stheus. Nam Golias reuelatus, Philistheus uero potione cadens interpretatur. Reuelatus ille est
ex euangelio Dei quod princeps tenebrarum sit, qui antea mendacio protectus pro Deo co-
lebatur in templis, adorabatur in simulacris. Nihilominus potione cadens ipse est, qui su-
perbiae ueneno ebrius moto pede cecidit, expulsus est, stare non potuit » (RUPERTI TUI-
TIENSIS In Libros Regum, II, 2, in De sancta trinitate cit. [nota 28], p. 1240).
48
Cfr. SIMONETTI, Il diavolo cit. (nota 31), pp. 79-80.
49
« Diabolus est nomen eius [Satan] in quantum peccat in se, et Satan nomen eius in
quantum peccat in alio » (In II Sententiarum, dist. XXI c. 2; cfr. ALEXANDRI DE HALES Glos-
sa in quatuor libros Sententiarum, II, Ad Claras Aquas, 1952, p. 183 n. 2).
50
« Mensura humilitatis cuique ex mensura ipsius magnitudinis data est; cui est peri-
culosa superbia, quae amplius amplioribus insidiatur, hanc sequitur inuidentia, tamquam
filia pedissequa; eam quippe superbia continuo parit, nec umquam est sine tali prole at-
que comite. Quibus duobus malis, hoc est superbia et inuidentia, diabolus diabolus est »
(cito il passo dalla recente riedizione del testo del De uirginitate del C.S.E.L. [XXXXI, pp.
268-269] in AUGUSTINE, De bono coniugali. De sancta uirginitate, ed. P. G. WALSH, Oxford,
2001, p. 106).
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 465
prese l’individuazione agostiniana dei due vizî in riferimento al Mali-
gno, la cui mente secondo il doctor seraphicus era posseduta in primo
luogo proprio da superbia ed invidia, associandovi con speculare bipar-
tizione non proprio sincronica, ma in immediata scansione temporale, i
due nomi ‘quasi inseparabili’ di ‘Lucifero’ e ‘diavolo’. Il superbo aspira
infatti ad eccellere su chiunque altro, e automaticamente prova senti-
menti di invidia, non intendendo condividere il risultato da conseguire
con nessun altro 51. Essendo l’invidia figlia della superbia, concorde-
mente alla definizione dell’Ipponate, il diavolo ‘scivolò’ (deorsum fluxit)
dalla seconda alla prima, pur se non nel medesimo istante, nello stesso
tempo, « sine morae intermissione » 52.
Sfruttando l’interpretatio nominis e il mutamento di status dell’an-
gelo apostata, gli autori medievali approfondirono la riflessione sui
nomi propri e i luoghi in cui precipitò il Maligno in relazione al
peccato. Un testo di natura didattica e di origine irlandese risalente
alla metà dell’VIII sec. – Pauca problesmata de enigmatibus ex tomis ca-
nonicis conosciuto anche come Bibelwerk o Reference Bible – prenden-
do spunto dal serpente della Genesi, privilegia l’attenzione sui luo-

51
Così si esprime Bonaventura nel Commento al secondo libro delle Sentenze di Pietro
Lombardo (In II Sententiarum, dist. 21, art. 1, q. 1): « duo peccata sunt quae maxime pos-
sident mentem diaboli, superbia et invidia. Unde, sicut habitum fuit supra [dist. 5, art. 1,
q. 1] et Augustinus dicit, ex his duobus, qui prius erat Lucifer, diabolus factus est; et
sunt quasi haec duo inseparabilia, ita quod unum concomitatur ad alterum. Superbus
enim amat excellentiam, et ita nullum vult habere parem, ac per hoc statim appetit excel-
lentiam singulariter possidere; et ideo statim vel actu vel habitu invidet, cum nolit bo-
num, consimile bono quod appetit, ab alio communicari. – Mens igitur diaboli, ab his
duobus vitiis possessa, videlicet superbia et invidia – videns hominem in statu in quo po-
terat cadere sub diabolica potestate et in quo poterat ascendere ad supernam felicitatem,
ex qua ipse ceciderat – et ex superbia motus est et ex invidia ad ipsum tentandum. Ex su-
perbia namque, ut ipsum sibi subiceret; ex invidia vero, ut ipsum a superna felicitate im-
pediret. Et superbia fuit sicut movens primum, invidia vero sicut movens proximum et
immediatum » (Sancti BONAVENTURAE Opera theologica selecta. Editio minor, II, Liber II. Sen-
tentiarum, Ad Claras Aquas, MCMXXXVIII, pp. 507-508).
52
« Ad illud quod ultimo obiicitur de invidia, patet responsio per verbum Augustini,
quod non fuit primum peccatum. Nam Augustinus dicit quod est proles superbiae, in li-
bro De virginitate, et ita eam consequitur, etsi non in eodem instanti, tamen in eodem
tempore sine morae intermissione. Unde in huius prolis generatione confirmata est super-
bia et diabolus dictus est diabolus, quia deorsum fluxit et ex hoc in malitia sua firmatus
fuit ». (In II Sententiarum, dist. 5, art. 1, q. 1; ibid., p. 140 nn. 8-9).
466 RICCARDO PARMEGGIANI

ghi della caduta, disinteressandosi dei nomi del demonio, ma sfrut-


tandone la nota etimologia. Secondo l’anonimo, il diavolo, deorsum
fluens, sarebbe precipitato in tre fasi distinte: la prima dal cielo, per
superbia; la seconda dal Paradiso per l’omicidio di Adamo, in quan-
to – secondo Gv 8,44 – « homicida fuit ab initio »; la terza dalla
terra all’Inferno, per invidia 53. A parte l’insolita caratteristica della
seconda caduta, ritroviamo le due costanti della superbia e dell’invi-
dia, qui còlte tuttavia nel soggetto singolare diabolus. Si è detto di
come nell’altomedioevo predominasse un uso parsimonioso e pru-
dente dei nomi propri del diavolo. Tra il X e l’XI secolo in am-
biente monastico si assiste tuttavia ad un assai lento e graduale ri-
corso a tale impiego. Oddone di Cluny utilizza tre nomi per indica-
re altrettanti vizî in cui può cadere l’uomo: Avis, Behemot e Levia-
than, che impersonificano rispettivamente la superbia, la lussuria e
la malitia nocendi. Come notato anche da Raymund Wilhelm, il clu-
niacense fa « un uso del linguaggio in cui la netta distinzione tra
nome proprio e nome comune non esiste, perché l’essere nominato
non è dotato di un’individualità inconfondibile e definita una volta
per tutte » 54. Meno di un secolo più tardi anche il benedettino
Bruno d’Asti, vescovo di Segni, proporrà un’analoga triade con alle-
goresi quasi identica 55.
Con l’avvento degli ordini mendicanti l’uso teologico dei nomi
propri del diavolo si fa molto più frequente ed articolato. Anche Ia-
copo da Varazze ricorre ad una triade, ma in forma ben diversa ri-
spetto a quelle finora richiamate. Nell’elencare diversi nomi (Luci-
fer, Mammona, Beelfagor, Beelzebul, Mars, Bel, Asmodeus), il frate Pre-
dicatore individua tre ‘spiriti’ con peculiari attribuzioni: Lucifero
rappresenta la superbia, Mammona l’avarizia, Asmodeo la lussuria.
Se è scomparsa l’invidia, che può essere tuttavia ricompresa nell’or-
goglio smisurato, quel che più conta è che qui Iacopo da Varazze

53
« De tribus locis diabulus cecidit: prima, de caelo per superbiam; secunda, de para-
diso per homicidium Ade, ut dicitur, “homicida fuit ab initio”, reliqua; tertia, de terra
commune per inuidiam cecidit in infernum; ideo diabulus interpretatur deorsum fluens »
(The Reference Bible - Das Bibelwerk. Inter pauca problesmata de enigmatibus ex tomis canonicis.
Praefatio et libri de Pentateucho Moysi, ed. G. MACGINTY, Turnhout, 2000 (C.C.c.m., CL-
XXIII), De Genesi, 202, p. 85).
54
WILHELM, Nominare il diavolo cit. (nota 2), p. 64.
55
Ibid., p. 63.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 467
propone un modulo in forma di anti-trinitarismo, ancora una volta
esemplato per via negativa sul modello divino 56.
La pluralità di nomi propri del diavolo conobbe sempre nel
Duecento – e sempre ad opera dei Mendicanti – una messa a siste-
ma ancora più coerente in riferimento al vizio attraverso la relativa
coniugazione dei neotestamentari daemonia septem da cui Gesù aveva
liberato Maria di Magdala (Lc 8,2 e Mc 16,9). Riprendendo l’indi-
viduazione, già di tradizione patristica, del numero simbolico dei
demoni con il corrispondente – a livello quantitativo – settenario
dei vizî capitali, si giunse ad elaborare uno speculare arbor compo-
sto da altrettanti nomi dell’Avversario. Il procedimento si trova già
nel Commento al Vangelo di Luca opera della cerchia di Ugo di Saint-
Cher. Nella chiosa al versetto citato si sottolinea come i sette pecca-
ta criminalia individuati dall’esegesi tradizionale si attaglino perfet-
tamente al corrispettivo numero, qui arbitrariamente canonizzato,
dei nomi di demoni presenti nelle Scritture: Diavolo, Behemoth,
Leviathan, Asmodeo, Satana, Exterminator, Daemon, simbolo rispetti-
vamente di superbia, gola, avarizia, lussuria, invidia, ira e accidia 57.

56
G. FARRIS, L’anti-trinitarismo di Lucifero nei Sermones di Jacopo da Varazze e nel canto
XXXIV dell’Inferno, in Critica letteraria, XXV/2 (1997), pp. 211-224 (cfr. in particolare
pp. 215 ss.). Il rovesciamento della Trinità è sfruttato anche da Dante nella nota rappre-
sentazione di Lucifero con la testa a tre facce (su cui rimandiamo a A. CIOTTI, Lucifero, in
Enciclopedia Dantesca, III, Roma, 1971, p. 720).
57
« Sacri expositores volunt, ut per septem daemonia intelligantur universa peccata,
quia septenarius numerus est universitatis. Dicamus ergo [daemonia septem,] scilicet, uni-
versitatis peccatorum, seu septem criminalia, quae septem nominibus daemonum repertis
in sacra Scriptura conveniunt, quae sunt Diabolus, Behemoth, Leviatham, Asmodeus, Sata-
nas, Exterminator, Daemon. Diabolus. Apocalyp. 20 a. Et interpretatur deorsum fluens, et
significat superbiam, quae luciferum deiecit de caelo, et Adam de Paradiso. Unde, Infra
14. c. Qui se exaltat humiliabitur. Behemoth. Iob. 40 b. Et interpretatur animal, unde si-
gnificat gastrimargiam, quae facit hominem quasi bestiam effluentem super omnem escam
sine omni discretione. Unde Iob 40. b. Foenum quasi bos comedet. Ierem. 50. B. Effusi
estis quasi vitulus super herbam. Ideo dicit Psalm. 31. Nolite fieri sicut equus, et mulus
quibus non est intellectus. Leviathan. Iob 40. d. Et interpretatur additamentum eorum,
unde significat avaritiam, quae semper addit denarium denario, et prebendam prebendae,
domum domui, agrum agro. Isaia cap. 5. d. Vae qui coniungitis, et c. Habac. 2 c. Vae qui
congregat, etc. Asmodeus. Tob. 3. b. Et interpretatur factura iudicii, et significat luxuriam
propter quam Dominus mundum diluvio iudicavit. Gen. 6. b. Cum vidisset Dominus ter-
ram esse corruptam, omnis quippe caro corruperat viam suam, dixit ad Noë: Finis univer-
468 RICCARDO PARMEGGIANI

Il settenario dell’onomastica diabolica così proposto verrà ripreso


anche da Alberto Magno 58 e dal carmelitano Guido da Pisa nel suo
commento all’Inferno dantesco 59. È interessante notare come, sia
pur con riconduzioni in parte diverse, un’analoga rappresentazione
compaia anche all’inizio del XV secolo in un opuscolo inglese in
volgare di ambiente lollardo (Lantern of light) 60 destinato ad una
fruizione popolare.
Il paradigma onomastico impostato dai Mendicanti sullo schema
dei vizî aveva già avuto un precedente per quel che riguarda i luoghi
del demonio. Tra i Sermones falsamente attribuiti ad Ugo di San Vitto-
re si trova una descrizione di Babilonia che l’autore individua come fi-
gura del mondo a lui contemporaneo. La città è descritta quasi topo-
graficamente: vi sono due porte e una cinta muraria, simbolo le prime
della vita e della morte, la seconda del perimetro terrestre. All’interno
il tessuto urbano è caratterizzato da sette piazze, tutte molto ampie, al-
legoria dei sette vizî capitali. Di queste, le prime due, simboleggianti
la superbia e l’invidia, sono poste in relazione al diavolo. Citando
espressamente i già ricordati versetti di Isaia (14,13-14) l’autore spiega
come la prima pietra della metaforica piazza dell’orgoglio smisurato sia

sae carnis venit coram me. Satanas. Matth. 16 d. Et interpretatur adversarius plasmationi,
unde significat invidiam, quae semper maioribus adversatur. Iob. 5. a. Parvulum occidit
invidia. Exterminator. Apocal. 9. b. Et significat iram, quae ponit animam extra terminos
suos. Psalm. 55. In ira populos confringes. Iacob. I. c. Ira viri iustitiam Dei non operatur.
Daemon. Matth. 8. d. Et interpretatur sufficiens iniquitas, unde significat acediam, quae
sufficit ad puniendum hominem, cum nihil delectationis habeat. Ecclesiast. cap. 30. d.
Multos occidit tristitia, et non est utilitas in illa » (HUGONIS DE SANCTO CHARO Postilla su-
per Evangelium secundum Lucam, in Opera omnia in universum Vetus et Novum Testamentum, VI,
Lugduni, MDCLXIX, f. 176va).
58
Cfr. ALBERTI MAGNI Opera, X, Commentarii in Lucam, Lugduni, MDCLI, ff. 256[b]-
257[a]. L’opera esegetica di Alberto Magno risente del resto in ampia misura dell’influen-
za esercitata dai commenti biblici della scuola del confratello Ugo di Saint-Cher (cfr. L.-
J. BATAILLON, L’influence d’Hugues de Saint-Cher, in Hugues de Saint-Cher († 1263) bibliste et
théologien, edd. L.- J. BATAILLON, G. DAHAN, P.-M. GY, Turnhout, 2004, pp. 497-502).
59
GUIDO DA PISA, Expositiones et glose super Comediam Dantis, or Commentary on Dante’s In-
ferno, ed. V. CIOFFARI, Albany, New York, 1974, pp. 717-719. Sul passo in questione cfr.
anche CIOTTI, Lucifero cit. (nota 56), p. 720 e TULONE, Diabolus cadens cit. (nota 43), pp.
24-25.
60
Per cui cfr. RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), p. 188.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 469
stata posta dal diavolo – si evita il nome Lucifero –, lo stesso iniziatore
e costruttore dell’intera città di cui è re. Circa l’analogo spazio simbo-
leggiante l’invidia, in perfetto parallelo con il titolo di rex huius Ba-
bylonis, il diavolo ne è definito princeps, signoreggiando su un insieme
di cittadini dannati per quella colpa, tra cui Caino, gli Scribi, i Farisei
e i sommi sacerdoti che avevano giudicato Cristo 61. Se anche in questo
caso sono richiamate in primo piano in associazione al Maligno la su-
perbia e l’invidia, in molte altre declinazioni onomastiche binarie o
triadiche il secondo peccato ha un ruolo molto più marginale e sfuma-
to, se non proprio sostituito, nel contesto bipolare con la superbia, dal-
la lussuria. Il quadro d’insieme che emerge in relazione all’intero sette-
nario dei peccata criminalia, già proposto in nuce da san Girolamo 62,
sembra comunque connotare indubitabilmente il demonio quale Signo-
re dei vizî, benché l’etichetta di diabolus princeps vitiorum conosca, a
quanto mi risulta, una sola occorrenza, addirittura alla metà del V sec.,
nel Sermo de cataclysmo di Quodvultdeus, dove si prospetta una lotta
gladiatoria contro l’Avversario « nell’arena di questo mondo » 63.

61
Cfr. HUGONIS DE SANCTO VICTORE (PSEUDO) Sermo XXXVIII, in P.L., CLXXVII, coll.
994-999. Per un commento relativo a questo sermo e allo speculare successivo dedicato a
Gerusalemme, cfr. E. BRILLI, Una vicina città. Storia del paradigma della ciuitas diaboli nel-
l’Occidente medievale, tesi di dottorato in cotutela in Filologia, Linguistica e Letteratura, ci-
clo XX, et en Histoire et Civilisation, 2009, relatore prof. Giorgio Inglese, directeur de
thèse prof. Jean-Claude Schmitt, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” - École des
Hautes Études en Sciences Sociales de Paris, pp. 236-237, 290-291.
62
Così si esprime il redattore della Vulgata in riferimento all’« immundus spiritus » e
ai « septem alii spiritus nequiores » di Mt 12,43-45: « Et ueniens inuenit domum uacantem
scopis mundatam [Mt 12,44]. Vacabat enim templum Iudaeorum et Christum hospitem non
habebat dicentem: Surgite, abeamus hinc; et in alio loco: Dimittetur uobis domus uestra deserta.
Quia igitur et Dei et angelorum praesidia non habebant et ornati erant superfluis obserua-
tionibus legis et traditionibus Pharisaeorum reuertitur diabolus ad sedem suam pristinam
et septenario sibi numero daemonum addito habitat pristinam domum et fiunt posteriora
illius populi peiora prioribus. [...] Septenarium autem numerum adiunctum diabolo uel
propter sabbatum intellege uel propter numerum Spiritus sancti ut quo modo in Esaia su-
per uirgam de radice Iesse et florem qui de radice conscendit septem spiritus uirtutum
descendisse narrantur, ita e contrario uitiorum numerus in diabolo consecratus sit » (S.
HIERONYMI PRESBYTERI Commentariorum in Matheum libri IV, ed. D. HURST - M. ADRIAEN,
Turnholti, 1969 (C.C.s.l., LXXVII), pp. 99-100 rr. 615-633).
63
« Ad agonem produceris, contra diabolum uitiorum principem dimicabis in arena
huius mundi » (QUODVULTDEUS, De cataclysmo, II, 4, in Opera Quodvultdeo Carthaginiensi epi-
470 RICCARDO PARMEGGIANI

L’individuazione già neotestamentaria del diavolo quale princeps di


quella ‘arena’, anche in quanto capace di coniugare nelle sue articola-
zioni nomi e luoghi – pure astratti e figurati –, meriterebbe molti ap-
profondimenti e riflessioni che non è qui possibile svolgere adeguata-
mente. È un concetto, quello della regalità antagonista – senza dimen-
ticare l’assoluta centralità che riveste nella speculazione dualistica cata-
ra 64 –, sul quale gli autori medievali insistono particolarmente. Solo
per citarne uno a titolo esemplificativo, Pietro il Venerabile fa un uso
molto frequente del termine princeps, declinando il modello giovanneo
del ‘principe di questo mondo’ (Gv 12,31; 14,30; 16,11) in diverse
formule che la riecheggiano: superbus mundi princeps, nequitiae princeps,
princeps tenebrarum, mendacii princeps, fallaciae princeps, demonum princeps 65.
Proprio quest’ultima designazione richiama da vicino un versetto del
Vangelo secondo Matteo (12,24), in cui il princeps daemoniorum ha un
nome proprio, quello di Belzĕbūb. Già nella stessa Bibbia, tuttavia, il
nome Baal-zĕbūl, ‘Signore-principe’ e idolo di Accaron, era stato accol-
to anche con il soprannome Beelzĕbhūbh, ‘signore delle mosche’ 66.
L’interpretatio nominis di Belzebù quale appunto vir muscarum, veicolata
nel medioevo latino da Isidoro, ha determinato un uso più marginale
di quel nome, non compreso nelle schematizzazioni proposte relativa-

scopo tributa, ed. R. BRAUN, Turnholti, 1976 (C.C.s.l., LX), p. 410). Se pur è da ammettere
il limitato ricorso all’icastica definizione citata, è d’altronde innegabile la riconduzione al
diavolo di ogni sorta di vizio, predicata a più riprese anche nel basso medioevo – proprio
in coincidenza con l’avvento dei Mendicanti – come attesta la nota terzina dantesca di In-
ferno XXIII, 142-144 riferita al frate gaudente Catalano de’ Malavolti: « Io udi’ già dire a
Bologna / del diavol vizi assai, tra’ quali udi’ / ch’elli è bugiardo e padre di menzogna »
(per una contestualizzazione della terzina, che riprende tra l’altro in forma volgarizzata il
già citato versetto Gv 8,44, nel più ampio spettro della demonologia dantesca, cfr. G. PA-
DOAN, Demonologia, in Enciclopedia Dantesca, I, Roma, 1970, p. 368).
64
Su cui rimandiamo alla relazione di Lorenzo Paolini contenuta negli atti di questo
convegno.
65
TORRELL – BOUTHILLIER, Pierre le Vénérable cit. (nota 1), pp. 250-251. Sulla ‘corte re-
gale’ del diavolo, « rex super omnes filios superbiae » (Gb 41,25), cfr. il breve, ma signifi-
cativo saggio – costruito principalmente su di un inedito frammento della Postilla in Iob
di Pietro di Giovanni Olivi – di A. BOUREAU, Le prince des démons, in Royautés imaginaires
(XIIe-XVIe siècles), edd. A.-H. ALLIROT - G. LECUPRE - L. SCORDIA, Turnhout, 2005, pp.
135-145.
66
V. TRUIJEN, Belzebù, in Enciclopedia Dantesca, I, Roma, 1970, p. 566.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 471
mente ai vizî, e impiegato in subordine a Lucifero – anche come nu-
mero di occorrenze – pure in contesti in cui è presente una gerarchia
di diavoli, come nell’Inferno dantesco, dove compare un’unica volta, con
funzione sinonimica rispetto al nome dell’angelo ribelle 67.
Questo discorso ci porta ad accennare, sia pur brevemente, ai de-
moni minori, relativamente ai quali, come è stato notato, vi è una so-
stanziale confusione di rapporto con il diavolo, tanto che di frequente
la distinzione non viene rispettata: soprattutto nello scorcio del me-
dioevo molti nomi propri del demonio vennero impiegati per designa-
re una sorta di ‘potenze intermediarie’ tra il diavolo in persona e la fol-
ta schiera di spiriti maligni comuni 68. L’esistenza di gruppi di demoni
distinti dall’Avversario, pur accettata già in Origene, san Girolamo e
Gregorio Magno 69, viene a volte taciuta, anche da autori per cui il
diavolo riveste un ruolo determinante. Una simile assenza si verifica ad
esempio nelle opere di Pietro il Venerabile ed è stata spiegata con l’ab-
bozzo di una forma di demonologia che non intendeva essere sistemati-
ca 70. Il cluniacense cita tuttavia la categoria paolina (Ef 6,12) degli
spiriti del male che abitano i cieli. Anche Gregorio Magno aveva fatto
ricorso ad una terminologia similare, parlando di potestates aëreae, im-
mundi spiritus caduti dall’alto del cielo e relegati in uno strato interme-
dio tra quello e la terra 71. Che fossero stati precipitati collettivamente
in questo luogo, ‘nell’aria caliginosa’, insieme al superbo angelo aposta-
ta era dato per implicito, ma verrà più tardi chiarito in un notissimo
passo da Pietro Lombardo che indicherà anche, pur se in forma generi-
ca, la loro consistente rilevanza numerica (multi) 72. La Scolastica conob-

67
Ibid.
68
BASCHET, Diavolo cit. (nota 10), p. 285.
69
BARTELINK, Les dénominations du diable et des dèmons chez Grégoire le Grand cit. (nota 2),
p. 340 n. 8.
70
TORRELL – BOUTHILLIER, Pierre le Vénérable cit. (nota 1), pp. 261-262.
71
« Et scimus quod immundi spiritus qui e caelo aethereo lapsi sunt in hoc caeli ter-
raeque medio uagantur, qui tanto magis corda hominum ascendere ad caelestia inuident,
quanto se a caelestibus per elationis suae immunditatem proiectos uident. [...] ab aereis
potestatibus contra cogitationum nostrarum munditiam flamma liuoris irruit » (S. GREGO-
RII MAGNI Moralia in Iob. Libri I-X, ed. M. ADRIAEN, Turnholti, 1979 (C.C.s.l., CXLIII), II,
XLVII, p. 103).
72
« Unde et quo deiectus fuerit merito suae superbiae. Et tantae superbiae merito, de
472 RICCARDO PARMEGGIANI

be esitazioni circa il luogo successivo alla caduta in cui avevano trovato


posto gli angeli ribelli 73: oltre a quelli vaganti per l’aër caliginosus, un
numero notevolmente inferiore di demoni, come ci ha efficacemente ri-
cordato Tullio Gregory in apertura di questo convegno, aiutava il dia-
volo nell’inflizione dei tormenti ai dannati nell’Inferno. Nella straordi-
naria rappresentazione dantesca il termine demonio è così divenuto ap-
posizione per Caronte e Cerbero, figure della mitologia pagana dal
poeta trasposte in personaggi demoniaci. Accanto a questi compare la
ben nota ‘masnada’ di diavoli, appartenenti ai Malebranche, caratteriz-
zati da nomi propri con origine di matrice giullaresca: Malacoda, loro
guida, Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libi-
cocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello, Rubicante 74.

caelo, id est de empyreo, in quo cum aliis fuerat, deiectus est in istum caliginosum aërem
cum omnibus suae pravitatis consortibus. Nam, ut Ioannes ait in Apocalypsi [12, 3-4],
draco, de caelo cadens, secum traxit tertiam partem stellarum; quia Lucifer ille, aliis, maior,
non solus cecidit, sed cum eo alii multi, qui ei in malitia consenserunt, eosque cadentes
huius caliginosi aëris habitaculum recepit » (Sent., l. II, d. VI, cap. 2,1; PETRI LOMBARDI
Sententiae in IV libris distinctae, I/II, Grottaferrata, 1971 [Spicilegium Bonaventurianum,
IV], p. 355). Nella Margarita exorcistarum (1450 ca.) del sacerdote tedesco Johannes von
Scheven verranno individuati circa 150 nomi propri di demoni (Teufel, in Lexicon des Mittelal-
ters cit. [nota 10], p. 586, con rimando a B. BISCHOFF, Anecdota novissima. Texte des Vierten
bis Sechzehnten Jahrhunderts, Stuttgart, 1984 [Quellen und Untersuchungen zur Lateini-
schen Philologie des Mittelalters, 7], pp. 96-97, dove attraverso alcuni esempi sono forni-
te casistiche di nomi di diavoli con specifiche funzioni e competenze). I numerosi tentati-
vi, dall’epoca tardo antica in poi, di addivenire ad una quantificazione numerica degli spi-
riti maligni soggetti a Lucifero e precipitati con esso hanno dato gli esiti più disparati,
basati comunque su precisi significati numerologici (si pensi alla paradigmatica cifra
6.666): cfr. esemplificativamente J. DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVIII), To-
rino, 1979 (trad. dell’ed. orig. Paris, 1978), p. 385 e RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), p.
260 n. 20 (oltre che ibid., p. 127). Sull’assimilazione dei demoni ai daimones antichi ri-
mandiamo invece all’efficace riepilogo offerto da A. BOUREAU, Satana eretico. Nascita della
demonologia nell’Occidente medievale (1280-1330), Milano, 2006 (ed. orig. Paris, 2004), pp.
127-132.
73
RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), pp. 130-131. Cfr. anche PADOAN, Demonologia cit.
(nota 63), p. 370.
74
Su questi nomi, oltre alle specifiche voci dell’Enciclopedia dantesca, rimandiamo a M.
PICONE, Baratteria e stile comico in Dante (Inferno XXI-XXII), in Studi americani su Dante, a
cura di G.C. ALESSIO – R. HOLLANDER, Milano, 1989, pp. 63-86 (nello specifico, pp. 75-
81). Più in generale sulla demonologia dantesca si veda ancora utilmente il classico studio
di A. GRAF, Demonologia di Dante, in Miti, leggende e superstizioni del medio evo, a cura di C.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 473
Analogamente all’esempio dantesco nomi simili di diavoli si troveran-
no nel Morgante del Pulci e in numero ancora maggiore, con evidenti
calchi dalla Commedia, nel Baldus di Teofilo Folengo 75. Questi tre
esempi ci proiettano verso un’altra dimensione dell’onomastica diaboli-
ca, quella propria della cultura popolare. Giovanni Tabacco pose in
evidenza come l’interazione e il reciproco condizionamento tra la tradi-
zione colta e quella folklorica fossero vivi già in epoca carolingia 76; ma
è soprattutto nei testi della nascente letteratura in volgare che, per dir-
la col Wilhelm, possiamo « reperire [...] tracce di una prassi religiosa
di carattere tradizionale che rielabora vecchie credenze magiche, molto
lontane dalle contemporanee razionalizzazioni della scolastica » 77. Per
non fare che un solo esempio, tra i diavoli della Commedia figura quel-
l’Alichino che i filologi danteschi ritengono derivare dal francese ‘Hel-
lequin’, il personaggio diabolico della divulgatissima leggenda della
caccia feroce, poi giunto fino a noi attraverso mutazioni nella figura di
Arlecchino, la cui maschera nera, i salti e i movimenti improvvisi ri-
chiamano ancora indirettamente l’origine demoniaca 78. La comicità
grottesca e la tonalità caricaturale dei demoni danteschi dimostrano co-
me fosse possibile ridere del diavolo, soprattutto trattandosi di demoni
minori. Tale possibilità è confermata dal fiorire nella cultura popolare
di nomi buffi o assurdi per designare le entità maligne quale mezzo
per esorcizzare la paura 79, rovesciando la riconosciuta astuzia del Mali-
gno nei tratti macchiettistici dei suoi coadiutori.

ALLASIA – W. MELIGA, Milano, 2002 (1a ed. definitiva Torino, 1892-1893), pp. 257-291
(in particolare p. 291 per l’origine dell’onomastica dei demoni citati).
75
G. L. BECCARIA, I nomi del mondo: santi, demoni, folletti e le parole perdute, Torino,
20002, p. 136.
76
G. TABACCO, Demonologia di età precarolingia e carolingia, in L’autunno del diavolo. « Diabo-
los, dialogos, daimon ». Atti del convegno (Torino, 17-21 ottobre 1988), I, Milano, 1990, pp.
335-348, ora anche in ID., Spiritualità e cultura nel Medioevo: dodici percorsi nei territori del potere e
della fede, Napoli, 1993, pp. 289-304. Sulla persistenza di una simile dinamica in epoca basso-
medievale cfr. sinteticamente PADOAN, Demonologia cit. (nota 63), p. 368.
77
WILHELM, Nominare il diavolo cit. (nota 2), p. 51.
78
ARCAMONE, Nomi medievali cit. (nota 3), p. 780; BECCARIA, I nomi del mondo cit. (nota
75), p. 135.
79
RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), pp. 44-45 (dove opportunamente si fa notare che
« nel folklore la distinzione teologica fra il Diavolo principe del male e i demoni suoi se-
guaci spesso non è molto chiara »); ARCAMONE, Nomi medievali cit. (nota 3), pp. 778-781.
474 RICCARDO PARMEGGIANI

Quanto le rappresentazioni diaboliche popolari potessero portare


a dissacrare il mondo antagonista lo apprendiamo indirettamente
dal De Babilonia civitate infernali del minorita Giacomino da Vero-
na, poemetto in volgare, definito anche ‘sermone in versi’, scritto
attorno agli anni Trenta del Duecento 80. Quest’opera di tono popo-
laresco, proposta in endiadi con una speculare De Ierusalem celesti, ha
un carattere etico-didattico ed è destinata ad un pubblico non ec-
cessivamente istruito. Nell’explicit del De Babilonia il francescano
ammonisce a prendere sul serio il contenuto, pur parodico, del te-
sto, che è stato esemplato previo studio dei testi sacri, e non è dun-
que da considerare alla stregua dei racconti di fantasia dei giullari
‘Mai açò ke vui n’abiai li vostri cor seguri,
ke queste non è fable né diti de buffoni,
Iacomino da Verona de l’Orden de Minori
lo compillà de testo de glose e de sermoni’ 81.

Il De Babylonia rappresenta un testo assai interessante per i temi


oggetto di questa relazione. Ne daremo qui tuttavia solo qualche rapi-
do accenno, limitato agli aspetti funzionali ai nomi propri del diavolo
in connessione ai luoghi. Giacomino definisce la città infernale contra-
ria a quella celeste: « Lo re de questa terra / si è quel angel re’ », cioè
Lucifero, individuato agli estremi opposti del verso da una rima equi-
voca, che pone parodicamente l’idea di regalità in relazione alla natura
peccaminosa. La città, abitata dal monarca e da quanti caddero dal cie-
lo insieme a lui, ha una porta presidiata da quattro guardiani, Trifone,
Maometto, Barachin e Satana, oltre che da un’ulteriore anonima senti-
nella. All’interno vi si trovano molti animali, ovviamente demoniaci, e
un gran numero di demoni ‘cento volte più neri dei carboni’. Tra i
peggiori di questi vi è Balçabù che funge da ‘cogo’, cucinando i danna-
ti e servendoli a Lucifero, che nella scena ritratta dal frate rimprovera
per la scarsa cottura il suo ‘messo’; a differenza di Dante, che impie-

80
Se ne veda il testo in Poeti del Duecento, II/1, a cura di G. CONTINI, Milano – Napoli,
1960, pp. 638-652. Su questo testo cfr. anche, con prospettiva demonologica, BRILLI, Una
vicina città cit. (nota 61), pp. 222-224; WILHELM, Nominare il diavolo cit. (nota 2), pp.
57-58.
81
Poeti del Duecento cit. (nota 80), p. 651.
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 475
gherà Belzebù come sinonimo di Lucifero, per Giacomino il secondo è
evidentemente subordinato al primo.
Fermandoci per brevità a questi rapsodici rilievi, terminerò con
alcune considerazioni riguardanti per l’appunto la civitas diaboli me-
dievale. Un discorso articolato sui luoghi, qui essenzialmente svi-
luppato – lo ripetiamo – in relazione ai nomi propri del Maligno,
richiederebbe spazio e tempo proporzionali al loro numero, poten-
zialmente infinito, proprio come i ‘mille nomi’ citati da san Girola-
mo; altrettanto innumerevoli e non di rado discordi sono inoltre i
pronunciamenti teologici sul tema. Per l’uomo medievale, coerente-
mente con il paradigmatico assunto dell’ubique daemon, avanzato già
nel V sec. da Salviano di Marsiglia 82, il diavolo è di fatto ovunque:
negli strati inferiori del cielo, sulla terra, al centro di essa, nell’In-
ferno; è tanto nei vulcani e nelle vette delle alte montagne, simbolo
della superbia, quanto negli abissi e nelle profondità per effetto del-
la caduta (un cui corrispettivo circa l’esito si trova anche nel nome
‘diavolo’ in tedesco antico, tiufal, l’odierno teufel, plasmato sulla for-
ma aggettivale tiuf, oggi tief, cioè, appunto, ‘profondo’ 83). Poten-
zialmente – e non solo metaforicamente; lo ricorda Cesario di Hei-
sterbach 84 – il diavolo si trova in ogni essere umano, come indica
l’esortazione negativa di san Paolo agli Efesini (4,27), « nolite lo-
cum dare diabolo », quel luogo che il Maligno, secondo Tommaso
d’Aquino, ottiene per peccatum vel per consensum, legando principal-
mente queste modalità di ingresso all’ira, in quanto capace di im-
pedire il giudizio della ragione 85. Bernardo di Chiaravalle aveva del

82
A. GRAF, Il diavolo, Bologna, 1974 (rist. anast. dell’ed. Milano, 1890), p. 179; sul-
l’onnipresenza del diavolo nella cultura popolare, cfr. riassuntivamente RUSSELL, Il Diavolo
cit. (nota 18), pp. 47 ss.
83
Cfr. ARCAMONE, Nomi medievali cit. (nota 3), p. 774.
84
« Cum diabolus dicitur esse in homine, non intelligendum est de anima, sed de cor-
pore, quia in concavitatibus eius et in visceribus ubi stercora continentur, et ipse esse po-
test »; cfr. CAESARIUS VON HEISTERBACH, Dialogus miraculorum, III, Turnhout, 2009 (Fontes
Christiani, 86/3), p. 1022 (dist. 5, cap. 15).
85
« Sequitur Nolite locum dare diabolo, ubi assignat rationem monitionis. Diabolus
enim habet locum in nobis per peccatum, vel per consensum. Io. XIII, 2: Cum diabolus iam
misisset in cor, ut traderet eum Iudas, etc. Et sequitur ibid., quod post buccellam introivit in eum
satanas. Nunc autem huiusmodi passiones multum inclinant ad consensum et maxime
476 RICCARDO PARMEGGIANI

resto già affermato, nella medesima direzione, che così come nella
pace è stato creato il luogo di Dio, è evidente come quello del dia-
volo sia stato preparato nella discordia 86.
La scelta di concludere con un brevissimo approfondimento del
concetto medievale di civitas diaboli è dettata dall’assenza di un tale
sintagma nelle Scritture, proprio come è accaduto – lo si è visto –
per la denominazione del diavolo quale hostis antiquus, tra le più
fortunate nel medioevo. Le poche riflessioni sulla città antagonista
prendono spunto da una più che brillante tesi di dottorato discussa
nel 2009 da Elisa Brilli, sotto la duplice guida di Giorgio Inglese e
Jean-Claude Schmitt, dedicata alla Storia del paradigma della civitas
diaboli nell’Occidente medievale 87. Nel suo lavoro, di prossima pubbli-
cazione, la studiosa romana ha efficacemente mostrato come la civi-
tas diaboli sia a tutti gli effetti un’inventio schiettamente agostinia-
na, elaborata sul modello costituito da una famiglia di città scrittu-
rali (in primis Babilonia) dominate dalla corruzione e soggette alla
punizione divina. La civitas antagonista, per cui Agostino predilige
l’aggettivazione terrena, scivolerà, secondo una prospettiva più esca-
tologica propria dell’Apocalittica, verso la vera e propria civitas dia-
boli, caratterizzata dalla sottolineatura ed esplicitazione dei tratti

quando pervertunt iudicium rationis, et hoc specialiter facit ira, quae consistit in accensio-
ne sanguinis, quae quidem ratione velocitatis sui motus praecedit iudicium rationis. Et
quia, sic nobis perturbatis, diabolus incipit locum habere in nobis, ideo dicit nolite locum
dare diabolo, quasi dicat: Non perseveretis in ira, quia per hoc datis locum Diabolo, quia
totus Diabolus iracundus est. Ps. XVII, 48: Liberator meus de inimicis meis iracundis. Intrat
autem hominem cum furore et ira. Apoc. XII, 12: Descendit diabolus ad vos, habens iram ma-
gnam. Hoc autem non potest facere saltem in anima, quamdiu homo iustus est. Haec au-
tem iustitia per iram amittitur, quia ira viri iustitiam Dei non operatur, ut dicitur Iac. I, 20.
Si ergo non vultis locum dare diabolo, saltem in anima, sol non occidat super iracundiam
vestram. Eccle. XI, 10: Aufer iram a corde tuo » (Ad Ephesios lectura, VIII, 252 in S.THOMAE
AQUINATIS Super Epistolas s. Pauli lectura, cur. R. CAI, II, Taurini – Romae, 1953, p. 61).
86
« Sicut [...] in pace factus est locus Domini, sic in discordia locum diaboli fieri ma-
nifestum est » (BERNARDUS CLARAVALLENSIS, Sermo tertius in dedicatione ecclesiae, in Sermones, II
cit. [nota 26], p. 381 ll. 2-3).
87
Cfr. supra, nota 61. In attesa della pubblicazione della tesi, alcuni significativi spun-
ti si possono trovare in una recente monografia della stessa autrice: E. BRILLI, Firenze e il
profeta. Dante fra teologia e politica, Roma, 2012 (in particolare pp. 121-270, porzione te-
stuale dedicata alla ‘declinazione fiorentina’ del paradigma della civitas diaboli).
NOMI E LUOGHI DEL DIAVOLO 477
demoniaci e da una crescente compattezza e monoliticità sconosciu-
te all’idea agostiniana. La città del diavolo, che si era modellata sul
suo contraltare, quella cioè di Dio, la Gerusalemme celeste, non
possedeva inoltre nell’opera del vescovo di Ippona quelle fattezze
urbane che le verranno attribuite nel basso medioevo in epoca co-
munale. Una simile articolazione determina una nuova struttura ed
elaborazione, la rappresentazione dell’Inferno in forma urbanizzata:
sarà proprio la più tangibile civitas infernalis a sovrapporsi – pur
senza del tutto soppiantarla – alla civitas diaboli costruita dall’esege-
si altomedievale, che verrà comunque impiegata tra XI e XIV sec.
con senso fortemente attualizzante in applicazione, in chiave pole-
mica, a concrete situazioni storiche. Per non citare che un esempio
– certamente il più inflazionato – tra i tanti possibili, l’etichetta
diabolica conoscerà « una straordinaria diffusione, e un vero e pro-
prio revival » in concomitanza con il trasferimento della Curia pon-
tificia ad Avignone nel Trecento 88.
In estrema sintesi, al termine della nostra indagine, rapida e di
carattere necessariamente rapsodico, emerge come tanto i nomi
quanto i luoghi del diavolo conoscano nel medioevo, oltre che una
notevole creatività rispetto al punto d’avvio costituito dall’eredità
patristica, uno sviluppo multiforme pari alla natura plurale del de-
monio e alla sua fenomenologia, concettualmente di non facile in-
quadramento e di sfuggente definizione. I tentativi tra loro non
coerenti di cogliere l’inafferrabilità demoniaca si sono frequente-
mente forgiati a livello identitario in forma specularmente rovescia-
ta sul modello divino, in un orizzonte culturale in cui, una volta
sgomberato il campo da ogni equivoco di matrice dualista, anche
l’entità antagonista, quella dell’alienus per antonomasia 89, giocava
un ruolo essenziale in prospettiva escatologica.

88
EAD., Una vicina città cit. (nota 61), p. 325.
89
Questa individuazione (« Quis vero alienus nisi apostata angelus vocatur? ») si deve an-
cora una volta a Gregorio Magno; cfr. RUSSELL, Il Diavolo cit. (nota 18), pp. 72, 268 n. 23.
bianca

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