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Donatello, Miracolo del neonato, bronzo, cm 57x123.
del linguaggio pittorico, ma entro una relazione quelle finiture decorative di cui sappiamo era or-
Padova, Basilica di Sant’Antonio, Altare del Santo. stringente fra pittura e scultura. Tale scambio nato l’altare del Santo.
fecondo poteva ben realizzarsi a Padova, centro Questo venne sciaguratamente modificato e ri-
Donatello, Miracolo della mula, bronzo, cm 57x123. di modellatura e fusione, ovvero di pratiche del- mosso, ovvero smontato, a partire dal 1579 per
Padova, Basilica di Sant’Antonio, Altare del Santo. la scultura che, come si vede bene nel caso di essere sostituito da un nuovo altare con reim-
A destra: Donatello, Madonna con il Bambino fra i santi
Donatello, reclamavano spesso l’intervento del piego di alcune sculture di Donatello. Occorrerà
Francesco e Antonio da Padova, bronzo, h cm 159. pittore-decoratore. Nicolò Pizzolo risulta infatti attendere il 1895 perché Camillo Boito, architet-
Padova, Basilica di Sant’Antonio, Altare del Santo. tra gli assistenti di Donatello probabilmente per to, teorico e professore all’Accademia di Brera,
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impegnato nei neonati organi di tutela, si facesse contrastava con la preziosità di una croce lignea
fautore di un intervento di restauro e ripristino, dipinta di azzurro e oro da Nicolò Pizzolo. Quel-
dentro un piano di riforma di altre parti della la croce, benché non fosse fissata all’altare, oc-
chiesa, fra molte discussioni sul possibile asset- cupava, come c’informano i documenti, una po-
to originario, optando però per una soluzione di sizione centrale in chiesa, ma nel corso del tempo
compromesso diversa da quella che stava emer- subì per esigenze liturgiche vari spostamenti.
gendo da una lettura attenta delle fonti (Marcan- Per quanto riguarda l’assetto dell’altare di Dona-
tonio Michiel, intorno al 1520) e della documen- tello, pare accertato che si elevasse con un’edi-
tazione archivistica dell’Arca del Santo. cola a forma di tempio retto da colonne e sor-
Nel nuovo assetto, il Crocifisso, in origine conce- montato da timpano arcuato. Sotto l’edicola al
pito separatamente (la prima opera realizzata nel centro era la figura della Vergine contornata da che vennero pagati di più della statua della Vergi-
1444 da Donatello al momento del suo trasferi- sei statue, tre per parte: San Ludovico da Tolo- ne), gli evangelisti, una Pietà, dei putti musican-
mento a Padova) veniva congiunto all’altare e is- sa, Santa Giustina e San Francesco, a sinistra; ti, un Seppellimento di Cristo in terracotta che è
sato dietro la scultura della Vergine. Bisogna qui Sant’Antonio, San Daniele e San Prosdocimo, a l’elemento più espressionista dell’insieme. A sinistra: Camillo Boito, Ipotesi ricostruttiva dell’altare
subito notare che la croce stessa su cui è issato maggiore di Sant’Antonio di Donatello, 1895, disegno.
destra. La predella in pietra – e questo è forse un Si può dire che ogni singola formella sia stata
il corpo di Cristo aveva un aspetto diverso dalla punto di relativa concordanza con l’assetto attua- una scuola per le giovani generazioni di artisti: Sopra: Giovanni da Pisa e Nicolò Pizolo (con l’aiuto pro-
semplicità attuale, dove il poderoso e sorpren- le – era ornata coi rilievi bronzei rappresentanti si pensi alle complesse e impeccabili architetture gettuale di Donatello?), La pala Ovetari (prima del 1944).
dentemente naturalistico modellato donatelliano i miracoli di Sant’Antonio (notiamo in margine prospettiche del rilievo del Miracolo della mula Padova, chiesa degli Eremitani, cappella Ovetari
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da cui Mantegna avrà imparato molto, o all’in- frontale della Vergine evoca con la sua minac- ni, forse per suggerire la saggezza divina i cui
tensamente patetica Pietà che di certo ha ispirato ciosa ieraticità le arcaiche figure ispirate dall’arte misteri non devono mai essere rivelati ... “Lo
le variazioni belliniane sul tema. Andrà poi nota- etrusca o meglio dal tipo della Nikopoia bizanti- strano aspetto d’idolo” (Chastel) della Vergine è
to nelle figure a tuttotondo la tensione interiore na, come la Madonna di Coppo di Marcovaldo, stato rilevato da numerosi storici fino a vedervi
La cappella Ovetari come si presenta oggi. che Donatello ha saputo costruire con le sue solu- in Santa Maria Maggiore a Firenze, sicuramente “un’evocazione di un sanguinario idolo del paga-
Padova, chiesa degli Eremitani. zioni plastiche, nonché soprattutto la soprenden- conosciuta da Donatello. Lo scultore ha inserito nesimo” (Jestaz)».
A destra: Giovanni da Pisa e Nicolò Pizolo (con l’aiuto te iconografia della Vergine col Bambino, così dei motivi sorprendenti che turbano l’iconogra- Ma, a prescindere dalle più suggestive e a volte
progettuale di Donatello?), La pala Ovetari (dopo il bom- commentata da Bernard Ceysson e Geneviève fia tradizionale: la corona merlata di cherubini, forzate interpretazioni, l’aspetto veramente inno-
bardamento). Padova, chiesa degli Eremitani, cappella Bresc-Bautier (1993): «La figura brutalmente le sfingi del trono al posto dei tradizionali leo- vativo dell’Altare del Santo consiste nell’essere
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concepito come una scena plastica unitaria dove bronzo pare frutto di una rilettura tarda, mentre
le figure sono disposte come in una sacra con- forse in origine era caratterizzata da una vivace
versazione, quindi la natura spaziale, architetto- e preziosa policromia. L’aspetto però che più in-
nico-prospettica, in cui sono scalate le singole teressa è la sua struttura unitaria, la disposizione
statue. Prima ancora che nei celebri compianti in delle figure che, se non compongono una vera e
terracotta della seconda metà del Quattrocento, è propria sacra conversazione, vivono nell’altori-
qui che si realizza modernamente quella relazio- lievo di una relazione spaziale molto precisa en-
ne fra opera e spettatore costruita su un sistema tro un’edicola che probabilmente non era mol-
ottico-percettivo e una griglia spaziale. to diversa dalla forma di quella dell’Altare del
Questa novità è simultaneamente, ma parzialmen- Santo. Sorprendente è la quasi simultaneità del-
te, recepita nella pala plastica (in terracotta) della l’esecuzione: il modello ligneo di Donatello vie-
Cappella Ovetari, per la quale non è stato anco- ne presentato il 13 giugno 1448, un mese dopo
ra ben definito il ruolo giocato rispettivamente quello di Pizzolo, mentre l’esecuzione definitiva
dagli artefici coinvolti nel contratto, inizialmente di quest’ultimo precederà la consacrazione del-
Mantegna e Pizzolo, poi, dopo la rottura fra i due, l’Altare del Santo, avvenuta il 13 giugno 1450,
il Pizzolo assieme a Giovanni da Pisa, allievo di festa di Sant’Antonio. A sinistra: Andrea Calore, Ipotesi ricostruttiva dell’Altare
Donatello, cui più credibilmente spettano le parti Quanto a Mantegna che al cantiere donatellia- del Santo di Donatello, disegno.
scultoree, limitandosi probabilmente al primo la mo aveva certamente potuto accedere, sia ini-
parte decorativa. Le posizioni degli studiosi non zialmente tramite il Pizzolo, sia perché ingag- Giovanni da Pisa e Nicolò Pizolo (con l’aiuto progettuale
di Donatello?), La pala Ovetari (prima del 1944). Padova,
sono concordi. Il giudizio è inoltre inficiato dal giato a sua volta dal santuario per l’esecuzione chiesa degli Eremitani, cappella Ovetari.
fatto che l’opera è stata notevolmente danneggia- dell’affresco della lunetta coi Santi Antonio da
ta dai citati bombardamenti del 1944. Va notato Padova e Bernardino da Siena (oggi al Museo Sopra: Andrea Mantegna, Pala di San Zeno (dopo il re-
inoltre che la sua colorazione ad imitazione del Antoniano), mentre stava terminando nel 1456 stauro del 2006). Verona, Basilica di San Zeno Maggiore.
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le storie di San Cristoforo agli Ovetari, veniva
contattato da Gregorio Correr per la realizzazio-
ne della Pala dell’altare maggiore della chiesa di Andrea Mantegna, Pala di San Zeno, 1456-1459.
San Zeno a Verona. È qui che Mantegna mette Verona, Basilica di San Zeno Maggiore.
a frutto, reinterpretandole in una chiave nuova,
A detra: interno della Basilica di San Zeno Maggiore a
le soluzioni più innovative delle opere padovane Verona.
di Donatello, assieme all’altissima competenza
antiquaria che spazia dalle antichità veronesi a Nelle pagine seguenti, da sinistra a destra:
quelle della Dalmazia, alla conoscenza delle mo- Andrea Mantegna, Pala di San Zeno, 1456-1459, part.
nete antiche, attuando un singolare sincretismo Verona, Basilica di San Zeno Maggiore.
Pannello sinistro coi santi Pietro, Paolo, Giovanni Evan-
che gli consente di accogliere elementi bizantini gelista e Zeno; Madonna col Bambino in trono, part.; i
accanto a motivi ornamentali dell’arte islamica santi Lorenzo e Gregorio, part. del pannello destro.
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Sopra, da sinistra a destra: (dal tappeto alle aureole-vassoi). elementi apparentemente divisori della corni-
Andrea Mantegna, Pala di San Zeno, 1456-1459, part. L’opera, consegnata nel 1459, poco prima del ce fortemente plastica. Anche qui la struttura a
Verona, Basilica di San Zeno Maggiore.
trasferimento di Mantegna a Mantova, ha subito tempietto della cornice, sicuramente progettata
Pannello sinistro coi santi Pietro, Paolo, Giovanni Evan-
gelista e Zeno; Madonna col Bambino in trono, part.; i le ingiurie del tempo e della storia non meno di da Mantegna ed esemplata certo sul modello do-
santi Lorenzo e Gregorio, part. del pannello destro. quelle sopra ricordate: nel 1797 è diventata parte natelliano, è basata su quattro eleganti colonne
del bottino napoleonico portato a Parigi. Qui, nel scanalate che trovano una continuità nella pro-
Musée Napoléon, è stata smontata e le tre tavole spettiva illusiva di un recinto sacro retto da pi-
che compongono la predella, mai più restituite lastri, nel quale sono scalati due gruppi di santi.
dopo il 1814, sono rimaste al Louvre e al Museo La cornice dunque diventa un reale elemento di
di Tours, così che la pala, ritornata nel frattempo connessione fra spazio reale dello spettatore e
mutila a Verona, ha dovuto essere integrata con spazio pittorico, profilandosi qui la matrice della
le copie realizzate da Paolino Caliari che alme- complessa soluzione ribaltata della Camera picta
no hanno consentito – scontata qualche perdita mantovana. La bellezza smagliante della pittura,
subita dalla cornice – di ricomporre l’aspetto ori- nella quale la definizione lenticolare non è di-
ginario. spersiva, ma retta da una salda costruzione com-
Di fianco: L’opera ha un’importanza capitale nell’evolu- positiva e spaziale, dove l’imitazione dei rilievi
Seggio di San Pietro, Xi-XII secolo.
Venezia, Basilica di S. Pietro in Castello.
zione della pala d’altare: costruita materialmente antichi e delle pietre dialoga con la vivificazione
Forse stele funeraria e seggio dell’apostolo ad Antiochia come un trittico, essa vede in realtà un princi- dei motivi classici (i festoni di frutta vera), non
(Siria). pio di connessione e di unitarietà proprio negli viene meno nelle originalissime scene della pre-
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della, nelle quali Mantegna ha modo di mettere a a sinistra: Andrea Mantegna, Preghiera nell’orto, tempera
punto la sua concezione della storia. Qui il tempo su tavola, cm 71x93,7. Dalla predella della Pala di San
Zeno.
degli uomini scorre parallelo al tempo geologico,
Tours, Musée des Beaux-Arts.
quale si legge nell’attenzione maniacale e mera-
vigliosa per le rocce, la loro disgregazione nella a destra: Andrea Mantegna, Crocifissione, tempera su
mulinazione del tempo. tavola, cm 76x96. Dalla predella della Pala di San Zeno.
Lo scomparto centrale, conservato al Louvre, che Parigi, Musée du Louvre.
tanto colpì Degas che lo copiò nel 1861, inscena
sotto: Andrea Mantegna, Resurrezione, tempera su tavola,
il momento più tragico della passione di Cristo cm 71x94. Dalla predella della Pala di San Zeno.
in una sorta di palcoscenico all’antica, una spe- Tours, Musée des Beaux-Arts.
cie di agorà circolare di una città che il tempo ha
cancellato, col lastricato dalla stereotomia fero-
cemente insistita, cui fa da sfondo l’arditissima
quinta di una roccia di cui un evento tellurico ha
ribaltato l’ordine sedimentario, a separare la città
degli uomini che è la città contemporanea.
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Andrea Mantegna, Resurrezione, tempera su tavola, particolare. Dalla predella della Pala di San Zeno.
Questo fascicolo è ad uso esclusivo degli studenti iscritti al corso di Storia dell’Arte moderna del prof. Valter Rosa.
Ogni altra diffusione è rigorosamente vietata.