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A. A. 2019-2020 - Corso di Storia dell’Arte moderna - Prof. Valter Rosa


L’OPERA D’ARTE E LA SUA CORNICE
SETTIMA LEZIONE: Le cupole del Correggio / nercoledì 1 aprile 2020
1796-2020
CORREGGIO COME BOTTINO DI GUERRA

Ritorniamo oggi a Parma per riprendere il filo dei


ragionamenti sulle opere del Correggio. Ricordo
qui, in apertura, che questo artista, incompreso
nel proprio tempo soprattutto per le novità delle
sue cupole, divenne in seguito una vera e propria
stella nel firmamento della pittura, studiato e as-
sai ricercato in particolare nel Settecento, fino a
che le sue opere furono considerate un bottino
ghiottissimo nelle confische d’età napoleonica,
come si può vedere in questo disegno che raf-
figura l’arrivo a Parigi delle casse contenenti i
dipinti del Correggio prelevati dai francesi nel
1796 a Parma, fra cui il capolavoro assoluto co-
stituito dalla Madonna di San Gerolamo. La pala
è meglio conosciuta come Il Giorno, quale ideale
pendant di un altro famosissimo quadro del Cor-
reggio, l’Adorazione dei pastori, ovvero La Not-
te, a sua volta celebrato da una stampa allegorica
quando giunse a Dresda, nella Galleria del prin-
cipe elettore di Sassonia al seguito della famosa
vendita, nel 1746, della collezione del Duca di
Modena (in origine si trovava nella chiesa di San
Prospero a Reggio Emilia). Si tratta degli esiti
più alti della sua pittura, tra il 1527 e il 1530,
ovvero in concomitanza con la decorazione della
cupola del Duomo. Ad eccezione delle cupole,
Parma che da pochi anni si era “riappropriata”
della Camera di San Paolo, si trovava dunque nel
1796 privata di tutte le opere del Correggio – una ni affreschi della Cappella Ovetari. che, dietro le pressioni dell’economia e dell’al- Charles Meynier, Prelevamento dei quadri di Parma da
parte delle truppe francesi, 1796. Penna, inchiostro nero
privazione durata 20 anni – nel momento in cui Purtroppo tanto i conquistatori, quanto i libera- ta finanza (quella che poi riesce sempre a trarre
e lavis grigio. Parigi, Musée du Louvre, département des
avrebbero potuto costituire dei formidabili mo- tori di ogni tempo hanno sempre presentato un vantaggio anche dalle calamità), si fosse voluto Arts, graphiques.
delli per la locale Accademia di Belle Arti. conto molto salato agli italiani, ragione per cui preparare il terreno. Anche la trasformazione dei
Ma questo preziosissimo patrimonio ha rischiato dobbiamo già chiederci in questo momento, qua- musei in fondazioni, fatta magari con le migliori in copertina:
nuovamente di essere perduto, questa volta per le sarà il conto che dovremo pagare, dopo la cala- intenzioni, potrebbe rivelarsi un passo in quella Antonio Allegri detto il Correggio, Assunzione della Ver-
gine, part., affresco. Parma, Duomo, cupola.
sempre, nel corso della Seconda Guerra mondia- mità che ci coinvolge tutti ed aumenterà in modo direzione. Ma i cambiamenti in atto non sono
le, allorché Parma subì bombardamenti e, in par- esponenziale il nostro debito: quando avremo ineluttabili. Non viviamo nel migliore dei mondi
ticolare, la Pilotta, ovvero l’edificio che ospita la ceduto e svenduto tutto, quale altro bene ci ver- possibili. Si può (e si deve) fare molto non solo
Galleria nazionale, venne pesantemente colpita rà chiesto di alienare ai nostri presunti salvatori per migliorarlo, ma anche perché non peggiori alle pagine 4 e 5:
risultandone, tra l’altro, sventrato il Teatro Far- se non il più prezioso che possediamo, ovvero il ulteriormente. Correggio, Adorazione dei pastori (La Notte), olio su
tavola, cm 256,5x188. Dresda, Gemäldegalerie.
nese. E se i dipinti conservati non fossero stati patrimonio artistico? La sua inalienabilità, peral- C’è qualcosa che si può imparare dalla storia e
ricoverati per tempo nel Castello di Torrechia- tro, mi pare sia già stata messa in discussione, in che possa aiutarci a non ricadere negli errori del Correggio, Madonna con il Bambino e i Santi Gerolamo
ra, oggi saremmo qui a studiarli solo su vecchie questi ultimi tempi (se ne è parlato, per esempio, passato? Quante volte è stata posta questa do- e Maddalena (Il Giorno), olio su tavola, cm 205x141.
sbiadite fotografie, come abbiamo fatto con alcu- nel corso di incontri e convegni di ICOM), quasi manda! Eppure negli errori ci si ricade sempre, Parma, Galleria Nazionale.

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perché si vive fondamentalmente alla giornata.
Senza previsioni o prospettive (per farli non ba-
sta il buon senso, occorre conoscere la storia), si
giunge impreparati a ciò che ci riserva il futuro.

IL GIORNO (E LA NOTTE)

Realizzata probabilmente a partire dal 1526 per


la famiglia Bergonzi e sistemata nel 1528 nella
relativa cappella nella chiesa di Sant’Antonio a
Parma, il dipinto incontra l’apprezzamento del
Vasari che, nella prima edizione delle Vite (1550),
ne elogia soprattutto la “maniera sì maravigliosa
e stupenda” del colorito, tale per cui è ammirata
da tutti i pittori e si ritiene «che non si possa qua-
si dipignere meglio».
Ma al di là delle meraviglie del colore e della pro-
spettiva aerea del paesaggio sullo sfondo, l’opera
rivoluziona il modello della pala d’altare e insie-
me il tema della sacra conversazione, con una
Madonna finalmente priva di piedestallo e di tro-
no, calata all’altezza delle relazioni umane. Alle
calcolate relazioni geometriche e spaziali che in
genere regolavano la distribuzione delle figure, nel 1530 nella cappella di famiglia nella chiesa
Correggio oppone qui una strettissima vicinanza di San Prospero di Reggio Emilia che fu subi-
e concatenazione di corpi e di sguardi, non priva to meta di pellegrinaggio di artisti ed estimatori.
di spunti leonardeschi, che tende a chiudere con Nel 1640 il duca di Modena Francesco I la sot-
maggiore naturalezza il cerchio attorno al Bam- trasse alla chiesa dove, nella medesima cornice,
bino, aprendolo tuttavia, con accorta coreogra- venne sostituita da una copia di Jean Boulanger.
fia, allo spettatore che risulta tanto visivamente, Il destino successivo dell’opera, dalle collezioni
quanto emotivamente coinvolto. Si noti sulla si- ducali alla Galleria di Dresda è quello che ormai
nistra la figura di profilo del San Girolamo a mo’ conosciamo ed è all’origine di un mito che ver-
di quinta aperta e sull’altro lato il singolare ro- rà solo in parte offuscato dal successivo acquisto
vesciamento all’indietro della Maddalena volto a della Madonna Sistina di Raffaello.
sottolineare il suo gesto di umana tenerezza. Né Nella Notte del Correggio lo spazio non è più un
è da trascurare la tenda cremisi, che tanto colpì dato aprioristico, ma un campo che si presta ad
la sensibilità di illustri scrittori, che non funge da essere esplorato, che attende una sua rivelazione.
convenzionale sipario, ma si protende diagonal- L’avvento di «Gesù luce del mondo», secondo il
mente in avanti, quasi a spingersi fuori dal qua- dettato del Vangelo giovanneo (ma il pittore ten-
dro. Si capisce qui quanto l’astratta intersegazio- ne conto qui anche della fonte dei vangeli apocri-
ne della piramide visiva, che ancora regolava le fi), si traduce in una fonte luminosa interna, una
pale d’altare del primo Cinquecento, abbia ormai luce fisica e spirituale che sorprende e rivela a
lasciato il campo a una più sensibile esplorazione noi, in un clima di grande intimità, la figura amo-
visiva dello spazio. revole della Vergine, poi la presenza degli astan-
Questa linea di ricerca, nei suoi sviluppi futuri, ti e pian piano, seppur per frammenti fra ampie
non potrà che assegnare il primato alla luce, così zone d’ombra, i caratteri del luogo. Una magia
come avviene precocemente ne La Notte,ovvero che è all’origine di tanta pittura a lume di notte, il
l’Adorazione dei pastori, dipinto-talismano per nuovo paradigma di una conoscenza che muove
molta pittura a venire. L’opera, commissionata dal buio alla scoperta delle cose illuminate, la-
nel 1522 da Alberto Pratoneri, venne collocata sciando il resto all’immaginazione.

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IL GESTO DELL’INCLUSIONE

Rimosse da lungo tempo dai loro altari, le tavole


del Correggio ci appaiono oggi solo nella forma
musealizzata, prive dunque delle cornici origina-
li, con l’eccezione della Madonna della scodel-
la (Riposo durante il ritorno dall’Egitto) (1530)
che si presenta ancora con la sua elegante ancona
lignea dorata, a mo’ di arco trionfale (opera del-
l’intagliatore Marcantonio Zucchi, su probabile
disegno dello stesso Correggio) grazie al fatto
che nel 1893 Corrado Ricci, allora conservatore
della Galleria, recuperò tale cornice scoprendone
l’appartenenza al quadro. L’insieme in origine si
trovava nella chiesa parmense del Santo Sepol-
cro, nella cappella di San Giuseppe, il che giusti-
fica il rilievo, abbastanza inconsueto, che il pit-
tore ha conferito a questa figura nell’ambito del
tema “riposo durante la fuga in Egitto”.
Nella sua attuale collocazione la cornice svolge
soprattutto la funzione isolante, non certo quella
transitiva. Questa semmai appartiene alla feli-
cissima invenzione iconografica del movimento
del Bambino, con la torsione della testa rivolta
allo spettatore, mentre la larga apertura delle sue
braccia lega affettuosamente Maria e Giuseppe.
Questo gesto inclusivo, un tempo svolto in modo
quasi teatrale dalla figura accessoria dell’indi-
catore, in genere posta ai margini della rappre-
sentazione, figura già raccomandata dall’Alberti
perché “dimostra” la storia allo spettatore, nel
Cinquecento invece viene affidato a una figura
che assume una sua centralità e che con quel ge-
sto intende veicolare il significato profondo della
rappresentazione allo scopo di rendere partecipe
lo spettatore e, a sua volta, testimone. Assume
in tal senso un valore paradigmatico, per questa
area medio Padana, il gesto imperioso del Cen-
turione al centro della Crocifissione dipinta nel
1521 dal Pordenone nella controfacciata della
cattedrale di Cremona. Di tale gesto sembra me-

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in alto: Correggio, Madonna col Bambino fra gli angeli
con i Santi Sebastiano, Gimignano e Rocco (Madonna
di San Sebastiano), olio su tavola, cm 265x161. Dresda,
Gemäldegalerie.
sotto: Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone,
Crocifissione, 1521, part., affresco. Cremona, Cattedrale,
controfacciata.
a destra: Correggio, Riposo durante la fuga in Egitto
(Madonna della scodella), olio su tavola, cm 218x137.
Parma, Galleria Nazionale.
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more lo stesso Correggio nella Madonna di San
Sebastiano (1524), proveniente sempre da Mo-
dena e dal 1746 a Dresda, dove è in primo piano
la figura ribassata di San Giminiano a compiere
la torsione indicando allo spettatore la Vergine
col Bambino.
Nella Madonna di San Giorgio (1531-1532) (ap-
partenente all’oratorio di San Pietro Martire in
Modena, indi ceduta – si fa per dire – nel 1649
a Francesco I d’Este e venduta nel 1746, dal suo
successore Francesco III, al principe elettore di
Sassonia per la citata Galleria di Dresda, dove
ancora si trova) quella dinamica di affetti e quel-
l’articolarsi di gesti inclusivi pare sposarsi di
nuovo con la struttura più tradizionale della pala:
qui infatti abbiamo di nuovo una Madonna in tro-
no, lo sfondo di un padiglione architettonico con
grande arco aperto sul paesaggio, sormontato da
una cornice di vimini intrecciati e una ghirlan-
da di frutti vistosamente memori delle soluzioni
mantegnesche. Un disegno preparatorio riferibi-
le al dipinto, ma non concordemente assegnato Correggio, Studio per la Madonna di San Giorgio, penna,
al Correggio, ce lo mostra incorniciato da due inchiostro bruno e biacca su carta. Dresda, Kupferstichka-
colonne architravate, indicazione probabile per binett.
una cornice. Viene proprio da chiedersi cosa pen- a destra: Correggio, Madonna di san Giorgio, olio su
serebbe oggi il Correggio in visita alla Galleria tavola, cm 285x190. Dresda, Gemäldegalerie.
Nazionale di Parma: ne sarebbe lusingato o ne
uscirebbe inorridito di fronte ad opere fuori con- – entro la quale dispone a cerchio le figure degli
testo e per di più mutile? Sicuramente le vedreb- apostoli, sedute sopra morbide nuvole intrecciate
be in una luce diversa da quella in cui le aveva ad angioletti e, del tutto invisibile ai fedeli, la fi-
concepite. gura di Giovanni ormai anziano a Patmos che as-
siste alla visione della discesa di Cristo descritta
nell’Apocalisse. Un robusto chiaroscuro che deli-
LA CUPOLA DI SAN GIOVANNI nea le masse degli apostoli a contrasto con la luce
calda in cui è immersa la figura molto scorciata
Mentre Pordenone concludeva, con la Crocifis- del Cristo. È questo il brano forse più michelan-
sione, il ciclo degli affreschi nella Cattedrale di giolesco e raffaellesco (memore della soluzione
Cremona iniziato nel 1514 da Boccaccio Boccac- della Cappella Chigi) della pittura di Correggio
cino, Correggio dava inizio, sui ponteggi della che rende indubitabile un suo passaggio a Roma,
Chiesa del convento benedettino di San Giovanni forse prima della sua esecuzione. Tuttavia il con-
in Parma, al suo secondo capolavoro parmigiano, fronto ravvicinato fra gli ignudi della Cappella
la Visione di San Giovanni Evangelista. Il pittore Sistina e i muscolosi apostoli del Correggio ri-
si mise all’opera nel 1520, verosimilmente subito vela più le differenze che le affinità: in Correg-
dopo aver completato la Camera di San Paolo, e gio le forme, molto più arrotondate e morbide,
terminò i lavori all’inizio del 1524, decorando, cioè in definitiva carnali e umane, ubbidiscono
oltre alla cupola e ai pennacchi, il catino absidale a leggi più naturali e non alle virtuosistiche tor-
(Incoronazione della Vergine) e il fregio della na- sioni e alla tensione dei corpi michelangioleschi.
vata. Per quanto riguarda la cupola, Correggio si Ma il dato più importante è che condividono il
trovò ad operare in una calotta di forma ovoidale medesimo spazio e dialogano fra di loro intrec-
poco profonda e poco illuminata – secondo al- ciando gli sguardi attraverso il vuoto, ovvero lo
cuni studiosi costruita su sue precise indicazioni spazio reale, della calotta. Queste osservazioni
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Correggio, Visione di San Giovanni a Patmos, affresco. Parma, chiesa di San Giovanni Evangelista.
A sinistra: particolare della figura di Cristo.

trovano naturalmente conferma in una visione la cupola soffriva di notevoli guasti e accumuli
ravvicinata quale è stata consentita, a chi scrive, di sporco alla cui origine vi è certamente il fatto
dall’opportunità di salire sui ponteggi a conclu- che, alla fine del Settecento, le truppe francesi la
sione del restauro del 1989-1990, esperienza che spogliarono del rivestimento di rame, fatto che
in seguito ho potuto ripetere anche con la cupola è all’origine delle infiltrazioni d’acqua che tanto
del Duomo di Parma, potendo cogliere in que- l’hanno danneggiata.
sto caso anche l’evoluzione stilistica e tecnica. Ma un guasto ben più drastico e irreversibile fu
Il suddetto restauro si rese indispensabile, dopo prodotto nel 1587 dagli stessi monaci benedettini
una successione di interventi conservativi non nel presbiterio della chiesa allorché, per nuove
sempre appropriati nel corso del ‘900, perché esigenze liturgiche, si pensò di allargare il coro
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Correggio, Incoronazione della Vergine, affresco staccato, proveniente dall’abside della chiesa di san Giovanni.
Parma, Galleria nazionale. A destra: particolare del volto di Cristo.

Cesare Aretusi, Incoronazione della Vergine (copia da Correggio), affresco. Parma, chiesa di San Giovanni
Evangelista, abside.
abbattendo l’abside affrescata dal Correggio. Eb-
bero solo l’accortezza, prima della demolizione,
di far eseguire una copia al pittore Cesare Aretu-
si, poi riprodotta sulla nuova abside, con un’esito
di qualità decisamente mediocre. In quella oc-
casione fortunatamente una porzione del muro
massello originario, comprendente il brano pitto-
rico centrale con l’Incoronazione della Vergine,
venne preservato ed ancora oggi si può ammirare
nella Galleria Nazionale di Parma. Poiché non
si ripresenterà tanto facilmente l’opportunità di
tornare sui ponteggi per osservare da vicino gli
affreschi del Correggio, v’invito, anzi vi solleci-
to, non appena riapriranno i musei, a visitare la
Galleria e a soffermarvi in particolare davanti a
questa porzione di affresco perché è di una qua-
lità superlativa, tanto sorprendente se poi si tiene
conto che sembra eseguito senza alcuna traccia
di spolvero, ma solo sulla traccia libera della si-
nopia. Potete farvene un’idea dalla riproduzione
allegata. Tutte le qualità e specificità dell’arte del
Correggio vi si trovano riunite: maestria totale
del chiaroscuro, bellezza del colorito, luminosità
intensa, specie nello sfondo che è una traduzione
moderna, ovvero atmosferica, del fondo oro, e,
sul piano figurativo, nella straordinaria dolcezza
(che non è solo la grazia tanto apprezzata nel Set-
tecento) con cui Correggio rappresenta il Divino.
Mai nessun pittore ha saputo rendere così inten-
samente il carattere umano di Cristo che non sia
risolto in termini di sofferenza, ma attraverso lo
sguardo amorevole del figlio rivolto alla madre,
dello sposo alla sposa, del padre nei confronti del-
la propria creatura. Alla visione di questo fram-
mento, il 19 dicembre 1816, lo scrittore Stendhal LA CUPOLA DELL’ASSUNTA tema dell’affresco), avviene attraverso un primo a sinistra: Correggio, Visione di San Giovanni a Patmos,
si era commosso sino alle lacrime. Quanto alla livello, corrispondente al tamburo nel quale si affresco. Particolare con gli apostoli Giacomo Maggiore,
qualità della pittura degli affreschi correggeschi, aprono gli oculi che danno luce alla cupola inter- Giacomo Minore e Tommaso.
Con una commissione che risale al 1522, quan-
Parma, chiesa di San Giovanni Evangelista, cupola.
registriamo, fra le tante, un’altra preziosa testi- do ancora Correggio lavorava sopra i ponteggi vallati dalle agitatissime figure gigantesche degli
monianza. La bravissima pittrice Elisabeth Vigée della chiesa di San Giovanni Evangelista, la cu- apostoli che sembrano fisicamente appoggiate sopra: particolare della figura dell’apostolo Giacomo
Le Brun, nel corso del suo viaggio in Italia, non Minore.
pola del Duomo di Parma viene affrescata tra il sul cornicione; da qui si sviluppa una spirale di
ha mancato la tappa di Parma nel 1789 ed è sa- 1526 e il 1530. La pittura, impostata qui su un dense nuvole frammista ad angeli sgambettan- 150 anni prima e a quella della Cappella Portina-
litasul cornicione delle cupole correggesche per tamburo ottagonale, procede illusivamente ver- ti che sale verso il cielo sostenendo la Vergine, ri in Sant’Eustorgio a Milano dipinta intorno al
ammirare da presso gli affreschi: «...ciò che mi so la totale dissoluzione dei limiti architettoni- quasi irriconoscibile nell’arditissimo sotto in su, 1467 da Vincenzo Foppa. Il confronto non mira
ha maggiormente sorpreso è che le figure hanno ci trasformando una concavità semisferica in un e altre figure bibliche (Adamo ed Eva) e celesti, a mettere in luce affinità stilistiche o iconografi-
una tale finezza che guardandole da vicino sem- imbuto profondo virtualmente almeno tre volte mentre dalla sommità della volta, ma decentrato, che o rapporti di dipendenza che non sussistono,
bra di vedere un quadro da cavalletto senza che tanto e proiettato, nel suo punto focale di più in- Cristo in figura discendente (lo si deduce dal suo ma una relazione d’ordine tipologico. Il tre af-
ciò nuocia per nulla all’effetto di questa cupola tensa luminosità, idealmente all’infinito. Questo mantello svolazzante in senso contrario) le va in- freschi sviluppano un tema comune, quello del-
vista dal basso della chiesa» (Souvenirs, Paris, passaggio dal luogo fisico che è la terra, spazio contro. la rappresentazione della rosa o gloria celeste e
1835). concreto della chiesa e insieme luogo simbolico Nella prima tavola di confronto ho accostato la dell’Assunzione della Vergine, presente non pro-
della sepoltura della Vergine, al registro celeste cupola del Correggio alla cupola del Battistero priamente nella cupola del Foppa, ma nell’arco-
che è il non luogo dell’Assunzione (questo è il di Padova dipinta da Giusto de’ Menabuoi più di ne d’ingresso della cappella (lo si intravede nella
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sopra: Giusto de’ Menabuoi, Paradiso, Padova, Battistero
del Duomo, cupola.
a sinistra: Correggio, Assunzione della Vergine, affresco.
Parma, Duomo, cupola.
sotto: Vincenzo Foppa, Cappella Portinari, cupola,
affresco. Milano, Chiesa di Sant’Eustorgio.

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foto). Ma nell’affresco di Giusto le schiere ange- do con lo spazio terreno, scorrono sul tamburo battito attorno al culto mariano, proteso alla pie- Tiziano Vecellio, Assunta, 1516-1518, olio su tavola, cm
liche e dei beati sono ordinatamente distribuite in delle figurazioni plastiche in terracotta dipinta di na affermazione della tradizione cattolico-roma- 690x360. Venezia, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei
Frari.
corone circolari dai campi ben definiti e separati, angeli legati da un ordinato movimento di dan- na contro le riserve dei Riformatori.
con al centro il grande oculo da cui si affaccia il za, occupando la posizione che, nell’affresco del Ma da dove viene questa straordinaria invenzio- Correggio, Assunzione della Vergine, 1626-1630, affresco.
Pantocratore il cui sguardo rovescia la prospettiva Correggio, corrisponde a quella degli apostoli. ne? La lezione di Michelangelo, presente nella Parma, Duomo, cupola. Particolare del tamburo con le
dell’osservatore davanti a questa visione mistica. In Correggio tutto però è scompaginato e coin- cupola di San Giovanni, qui è già dimenticata. figure degli apostoli.
Nel caso di Foppa, le schiere celesti si prestano volto in un movimento libero, agitato, fortemente Sicuramente Correggio mette a frutto ciò che
Raffaello Sanzio, Trasfigurazione, 1518-1520, olio su
a una soluzione di puro decoro in funzione sim- individualizzato, benché fatalmente finalizzato. aveva appreso in gioventù da Mantegna, e più
tavola, cm 405x278. Roma, Pinacoteca Vaticana.
bolica: egli immagina infatti i sedici spicchi della Un’elaborazione come questa, al di là del genio recentemente da Raffaello e da Tiziano, benché
cupola come ali angeliche le cui piume colorate del pittore, presuppone, come è stato rilevato, un quest’ultimo nome sia sempre stato avanzato con
riproducono l’iride culminando al centro con la ambiente umanistico a Parma animato non solo mille cautele. Personalmente ritengo più perti-
luce naturale della lanterna. Qui a fare da raccor- da profonda cultura, ma anche da un acceso di- nente il confronto con l’Assunta dei Frari che

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con la Trasfigurazione di Raffaello, richiamata
da alcuni studiosi: basti solo a confermarlo il
confronto fra i rispettivi agitati e monumentali
apostoli.
Ma la luce e il colore di Tiziano non sono quelli
del Correggio e ciò sia detto, indipendentemente
dal medium utilizzato (i colori dell’affresco non
possono mai avere lo stesso timbro della pittura a
olio). Si è distinta giustamente la «luce narrativa»
di Tiziano dal «lume ideologico» di Correggio,
quanto al colore e alla tecnica, riporto qui quanto
ha scritto Lucia Fornari Schianchi, studiosa del
Correggio e per molti anni alla direzione della
Galleria Nazionale e della Soprintendenza di
Parma e Piacenza: «Qualche considerazione va
dedicata, anche alla materia del Correggio, mate-
ria che il restauro, soprattutto nelle parti integre,
ha rivelato nel suo impasto senza corpo: stendeva
grandi zone a buon fresco usando tinte di fondo
contrastanti, ma di perfetta intonazione, e rifiniva
a tempera ammorbidendo i contorni, sfumando i
riflessi, le luci; la sua pittura non è fatta, qui, di
contrasti decisi, se non nelle gambe e nei manti,
si sviluppa piuttosto in una morbidezza di luce
avvolgente che muta notevolmente negli stacchi
di piano, dalle figure in controluce e quelle im-
merse nelle nubi più lontane».
Ma quale fu la ricezione locale di quest’opera
rivoluzionaria? Non certo positiva, se si presta
fede alla notizia tramandata secondo cui fu una
perizia di Tiziano a salvare l’affresco dalla di-
Correggio, Assunzione della Vergine, 1626-1630, affresco. struzione.
Parma, Duomo, cupola. Particolare del tamburo con una Né, fuor di patria, accanto a tanti estimatori, fra
coppia di apostoli. letterati ed artisti viaggiatori, non sono mancati i
detrattori anche in epoche molto più recenti. Fra
Tiziano Vecellio, Assunta, 1516-1518, olio su tavola, cm
690x360. Venezia, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei questi John Ruskin che, in Modern Painters, scri-
Frari. Particolare del gruppo degli apostoli. ve: «Tutte le nuvole del Tintoretto sono sublimi:
le più brutte che io conosco nell’arte sono quelle
Correggio, Sant’Ilario, affresco. Parma, Duomo, cupola, del Correggio, specialmente nella Madonna del-
pennacchio di sud-est.
la Scodella e del Duomo di Parma». Ruskin dal
Correggio, San Bernardo, affresco. Parma, Duomo, cupo- suo punto di vista non ha torto: egli cercava nu-
la, pennacchio di nord-ovest. vole secondo natura, Correggio le dipinge come
elementi di sostegno, ovvero corpi dotati di una
relativa consistenza, morbidi e sensuali.
L’invenzione di Correggio ebbe tuttavia degli
imitatori nel corso del Cinquecento: nessuno fu
però all’altezza del prototipo, né mostrò di aver-
ne comprese le novità. Così Correggio parlò una
lingua che potè essere intesa pienamente solo
cento anni dopo, nel contesto del Barocco, di cui
anzi fornì la miccia, attraverso il pittore Giovan-
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a sinistra in alto: Correggio, Assunzione della Vergine,
1626-1630, affresco. Parma, Duomo, cupola. Particolare
con lo scorcio della figura della Vergine tra Adamo ed Eva.

sotto: particolare della cupola.

sopra: Correggio, Assunzione della Vergine, 1626-1630,


affresco. Parma, Duomo, cupola. Particolare con le figure
di Adamo e di altri beati.

di fianco: sezione trasversale del Duomo di Parma.

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ni Lanfranco, autore nel 1628 della prima cupola
barocca in Sant’Andrea della Valle a Roma, sco-
prendo, attraverso il Correggio, la strada maestra
del nuovo illusivismo e della retorica visiva che
avrebbero informato la grande decorazione per
oltre un secolo. Si confronti la sua straordinaria
soluzione con quella coeva e incredibilmente im-
pacciata, nonché ancorata a vecchi schemi, della
cupola dipinta da Pier Antonio Bernabei per la
chiesa di Santa Maria del Quartiere a Parma.
Ancora al Barocco Correggio prestava, sempre
attraverso Lanfranco, quella nuova attenzione
alla dinamica degli affetti, dei moti dell’animo e
del corpo, sondando gli incerti confini del piace-
re e del dolore, della sofferenza fisica del martire
che si traduce nella dolce attesa della salvezza,
aprendo la strada alla rappresentazione dell’esta-
si, come si può vedere dal confronto qui propo-
sto.
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a sinistra:
Correggio, Martirio dei Santi Placido, Flavia, Eutichio
e Vittorino, olio su tela, cm 160x185. Parma, Galleria
Nazionale.
Pier Antonio Bernabei, La Gloria del Paradiso, 1626-
Giovanni Lanfranco, Estasi di Santa Margherita da Cor-
1629, affresco. Parma, Santa Maria del Quartiere, cupola.
tona, 1622, olio su tela, cm 236x189. Firenze, Galleria
Palatina di Palazzo Pitti.
in alto: Giovanni Lanfranco, La Gloria del Paradiso e
Gianlorenzo Bernini, Estasi di Santa Teresa, 1646. Roma, l’Assunta, 1628, affresco. Roma, Sant’Andrea della Valle,
chiesa di Santa Maria della Vittoria, cappella Cornaro. cupola.

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Correggio, Giove e Io, olio su tela. Vienna, Kunsthistorisches Museum

Questo fascicolo è ad uso esclusivo degli studenti iscritti al corso di Storia dell’Arte moderna del prof. Valter Rosa.
Ogni altra diffusione è rigorosamente vietata.

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