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A. A. 2019-2020 - Corso di Storia dell’Arte moderna - Prof. Valter Rosa


L’OPERA D’ARTE E LA SUA CORNICE
SECONDA LEZIONE: 1453 / Venerdì 13 marzo 2020 / Aula 10, ore 14
1453
In copertina, qui di fianco e sotto:
Andrea Mantegna, Polittico di San Luca, 1453-1455, tem-
pera su tavole di pioppo, cm 177x230.
Milano, Pinacoteca di Brera (dal 1811).
Particolari con San Luca allo scrittoio.

Luca è seduto di fronte a noi, ancora un po’ le- pietre di cui Mantegna ha una speciale passione,
gnosetto, come direbbe il Vasari, ma già profon- e dell’arte che pretende, imitandoli con suprema
damente umano, assiso sopra un trono marmoreo maestria, di fare durare ogni cosa. Forse si parla
che affonda sicuro, col preciso volume del suo qui anche della fine dei tempi, se quel libro ri-
corpo, nello spazio infinitesimale e metafisico posto, che mostra tanto visibilmente sette nastri
del fondo oro. Di questa luce vive e di un’altra rossi, l’avesse scritto il suo amico Giovanni...
più intima e familiare che è la nostra, condivi- Restiamo nel dubbio.
dendo con noi non la storia che sta scrivendo, ma
il rovescio di uno scrittoio di legno, un semplice
piano inclinato con le assi fresche di taglio che
mostrano ancora le barbelle. E sotto questo pia-
no, a bella vista, un paio di libri, il fondo di due
vasetti d’inchiostro rosso e nero e un po’ di mac-
chie intorno. Per quelli che hanno la mia età è
come tornare con la memoria sui banchi di scuo-
la, scrivere col pennino e l’inchiostro, asciugar-
si le mani macchiate sotto il banco dove stanno
riposti libri e quaderni.
Una verità elementare: in un mobile povero,
che senso avrebbe levigare e lustrare una parte Cerco di rispecchiarmi in questa immagine men-
destinata a restare nascosta? Avete mai guarda- tre vi scrivo. Lo schermo su cui lavoro è il mio
to come sono fatti dietro certi armadi dei nostri libro-leggio e sotto lo schermo un’infinità di cose
nonni? Siete mai stati sotto a un vecchio tavolo che non vedrete quando riceverete il pdf, ma che
di legno massello? Ci sono parti grezze, non le- sono servite per poterlo fare: alcuni libri, molti
vigate, che sa solo il falegname e che nessuno fogli e foglietti di appunti sparsi ovunque, matite,
vede, non finite come la parte posteriore di certe biro, delle chiavette USB, una lente d’ingrandi-
sculture incastonate in nicchie. Sarà elementare, mento, un calendarietto, un telefono che è ormai
ma è un’idea geniale: invece di mostrare il ras- convertito in macchina fotografica.
sicurante dorso delle cose, Mantegna ci mostra C’è qualcosa di più sostanziale che però fa la dif-
qui il loro lato nascosto, quel lato che ci parla ferenza – a parte la santità di Luca e la genialità
della loro provenienza e insieme del loro destino. di Andrea, s’intende! – ovvero il fatto che né io
Già esperto di prospettiva, il pittore mette lette- né voi vediamo il rovescio dello schermo, né sap-
ralmente in opera l’intersegazione. Così il taglio piamo com’è fatto al suo interno, come funzioni
del legno, mostrandoci lo spazio, ha rivelato il veramente. Stando così le cose, è molto difficile
Tempo. Quello storico e personale di Mante- poter dire da dove provenga e dove stia andan-
gna, la sua provenienza dalla bottega paterna di do. Chi? Che cosa? Il computer? No, soprattutto
un falegname e il suo destino di pittore, ormai quello che vi sto scrivendo. Io stesso. Posso pen-
emancipato dalla bottega dello Squarcione, ov- sare di poter scrivere impunemente la storia, una
vero quello di scrivere l’historia, non composta storia qualsiasi se non conosco il fondo, il lato
di parole come fa Luca sul dorso del leggio, ma nascosto delle cose? Che peso avrà in tutto que-
quella costruita con segni, macchie calcolate di sto lo svanire della mia/vostra presenza concreta
inchiostro e di pittura e di tutte le materie di cui dietro l’immagine digitale? Da qualche parte nel
sono fatte le immagini. E qui si tratta di un altro mondo, nei musei chiusi e anche fuori, ci sono
tempo, duro a morire, quello dei marmi variegati delle opere, abbiatene certezza fino a prova con-
della colonna (firmata!) su cui poggia il leggio, traria.
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2020
Prendiamo il 2020: difficilmente potremo scor-
darci di questo disgraziatissimo anno e sono cer-
to che ne parlerete ancora, fra dieci-venti-trenta
anni ai vostri figli e nipoti. Possiamo pure scom-
mettere che entrerà nei libri di storia, che insom-
2020 – 1492 (?) ma si tratti di un anno epocale per le conseguenze
che avrà ben oltre l’aspetto sanitario, per i van-
Gli storici del secolo scorso ci hanno insegnato taggi che, malgrado tutto ne trarranno la politica
che fra i diversi modi di scrivere la storia ve ne e l’alta finanza approfittando di uno stato peren-
sono due fondamentali: quello che considera ed ne di emergenza per portare a compimento l’affa-
orienta i fatti e i mutamenti attorno a degli eventi rismo sfrenato, la privatizzazione forsennata dei
particolari e quello che invece prende in consi- beni pubblici, lo sfacelo dei servizi a beneficio
derazione le trasformazioni profonde misurabili della collettività, l’azzeramento di ogni forma di
solo sulla lunga durata. Non vi è dubbio che al- partecipazione e di dissenso, l’isolamento, ovve-
cuni eventi traumatici, come ad esempio la Rivo- ro l’annientamento dell’individuo. Di certo però
luzione Francese, abbiano determinato dei cam- è quasi impossibile per noi poter stabilire che il
biamenti immediati e duraturi, ma al contempo è 2020 segnerà l’inizio di una nuova era, ci manca
vero che altre trasformazioni, come il passaggio la distanza storica per poter interpretare, ovve-
da un’economia feudale a un’altra di tipo capita- ro comprendere quanto sta accadendo. Possiamo
listico, abbiano richiesto un arco temporale più mettere in fila un certo numero di fatti, ricchi
ampio. talvolta di coincidenze sconcertanti (affacciate-
Quale dei due metodi è più congeniale alla sto- vi alla cronaca di queste settimane e ne troverete
ria artistica? Limitiamo il campo al Quattrocento tanti), ma siamo troppo minuscoli e invischiati
e all’invenzione della prospettiva: da una parte per poterli esaminare dal di fuori e coglierne i
possiamo circoscrivere un’avanguardia fiorenti- nessi.
na ed individuare in maniera puntuale la sua in- Quale poteva essere la percezione di uno studen-
cidenza, dall’altra leggere la storia della prospet- te e di un professore del 1482, anche dopo aver
tiva in un arco temporale più ampio e coglierne appreso del successo dell’impresa di Colombo?
le premesse trecentesche e la lenta penetrazione Poteva essere consapevole che sarebbe iniziata
anche ai piani bassi dell’arte e della cultura anco- una “novella storia”?
ra in pieno Cinquecento.
I grandi eventi sono sempre stati dei punti cardi-
nali della periodizzazione storica, ma è pur vero
che questi termini non devono essere mai intesi
come delle barriere invalicabili. Dipende molto
anche dal punto di vista che si assume e dall’og-
getto della nostra indagine. C’è un medioevo che
si prolunga nell’età moderna e che scompare solo
alla fine del XVIII secolo. Quanto all’età moder-
na quando è possibile farla iniziare? Convenzio-
nalmente si assume il 1492, l’anno della scoper-
ta dell’America, come l’inizio di un’età nuova,
anche se gli effetti di quella scoperta possono es-
sere misurati solo nei decenni successivi. Quanto
all’arte, possiamo affermare che quella scoper-
ta abbia prodotto dei cambiamenti che già non
fossero ampiamente avviati? Senza ciò che ne è
seguito, in termini di conquista e colonizzazione
del Nuovo Mondo da parte degli europei, sarebbe Andrea Mantegna, Storie di San Cristoforo. Il martirio di San Cristoforo e il trasporto del corpo, affresco staccato,
difficile poter attribuire al 1492 una portata stori- particolare con la freccia che colpisce l’occhio del tiranno alla finestra.
ca concreta invece che un significato simbolico. Paova, Chiesa degli Eremitani, Cappella Ovetari.

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1453
1459 - LA CAVALCATA DEI MAGI

Negli studi degli ultimi 15 anni si è però fatta


strada l’idea che un altro evento, ben più scon-
volgente per la cristianità (ovvero l’Europa), ab-
bia determinato una cesura storica fondamentale,
di portata e incisività immediata tali per cui, per
limitarci solo alla sfera artistica, nulla poi è sta-
to più come prima. Il 29 maggio 1453 il sulta-
no turco Maometto II (Dossier 5) conquistando
Costantinopoli determina la caduta dell’Impero
romano d’Oriente.
Le ragioni storiche di questo collasso, come ben
si sa, non sono tutte da attribuire all’aggressività
e alla forza dei turchi, poiché vi hanno concor-
so ampiamente tanto ragioni interne all’impero
bizantino, quanto interessi europei. E non è che
non siano mancate precise avvisaglie negli anni-
decenni precedenti. Alcune delle opere d’arte ca-
pitali del Quattrocento italiano riflettono questo
clima e gli eventi connessi, fra il concilio di Fer-
rara-Firenze del 1438-39 in cui si volle tentare Benozzo Gozzoli, La cavalcata dei Magi, 1459-1462.
Firenze, Palazzo Medici Riccardi, Cappella. assieme e
l’unificazione delle due chiese cristiane, quella
particolari
d’Occidente e quella d’Oriente, e, dopo la cadu-
ta di Bisanzio, il concilio di Mantova del 1459,
voluto da Pio II per indire una crociata contro i
turchi e riprendersi Bisanzio, obiettivo fallito per
divergenza di interessi degli stati europei con-
vocati. Vi ricorda qualcosa questa storia? Ogni
riferimento alla disunità dell’Europa attuale è pu-
ramente casuale.
Spostiamoci dunque a Firenze, in Palazzo Medi-
ci Riccardi, per ammirare la Cavalcata dei Magi
(1459-1462) di Benozzo Gozzoli. Sono tali la
varietà dei colori e la preziosità della pittura che
è come entrare fisicamente in uno scrigno e in
una miniatura, una vera festa per gli occhi e lo
spirito. Il tema, la leggenda dei re magi, è per-
fettamente congeniale a mettere in scena la re-
lazione fra Oriente ed Occidente e l’ambizioso
progetto politico sotteso. Assecondando i piani
dei suoi committenti, i Medici qui riconoscibi-
li nei tratti dei cavalieri, almeno quanto nelle
teste di Balsassarre si può riconoscere la figura
di Giovanni VIII Paleologo imperatore bizanti-
no e in Melchiorre quella di Giuseppe patriarca

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nibile su Youtube). Se non siete freschi di studi a sinistra:
storico-artistici, imparerete un sacco di cose sul Piero della Francesca, La Flagellazione, 1453-1459 (?),
tempera su tavola, cm 59x81.
ruolo dei condottieri, su Federico di Montefeltro,
Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
sull’Italia del periodo, sulla figura emblematica
del cardinale Bessarione (arcivescovo di Nicea
e grande mediatore fra le due chiese) e natural-
mente su Piero. E a proposito di Bessarione, cui
spetta il merito di aver salvato la cultura bizan-
tina, portando la sua preziosissima biblioteca in
Italia per poi donarla alla Repubblica di Venezia
(dove costituì il nucleo iniziale della Marcia-
na), vi è ancora un’opera pittorica, all’inizio del
Cinquecento che attesta la centralità della “que-
stione bizantina”, se è possibile riconoscerne le
sembianze, come vuole la Ronchey, nella Visione
di S. Agostino (1502) di Vittore Carpaccio alla
Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia.
Le conseguenze più eclatanti sono però inscritte
nella storia architettonico-urbanistica e artistica
della città di Mantova, all’indomani del concilio
del 1459, ma questo sarà l’oggetto di un prossi-
mo intervento.
Intanto atteniamoci ai fatti del 1453, senza dimen-
ticare che l’anno seguente è quello della pace di
Lodi tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Vittore Carpaccio, Visione di Sant’Agostino, 1502, olio su
Milano che garantì quella stabilità, durata circa tela, cm 141x210.
40 anni, essenziale alla fioritura dell’arte e della Dal ciclo di San Giorgio degli Schiavoni.
di Costantinopoli, l’opera pare condensare nelle uso magistrale del dispositivo prospettico (con- cultura nella seconda metà del Quattrocento. Venezia, Scuola di San Giorgio.
finzioni della storia sacra almeno tre eventi sto- formemente albertiano) impiegato a scalare in
rici che hanno toccato la città di Firenze: il con- profondità anche la dimensione temporale. Si sa
cilio di Firenze del 1439, le feste dei Magi (sacre ben poco della storia di questo dipinto, si ignora
rappresentazioni in forma di corteo urbano pa- chi sia stato il committente e quale la destinazio-
trocinate dagli stessi signori della città), le feste ne, se (date le dimensioni) facesse parte di una
del 1459 per la visita di Galeazzo Maria Sforza, predella. Ma il quesito su cui si sono scervella-
giovane figlio del duca di Milano, e del papa Pio ti tutti gli storici concerne l’identificazione dei
II, ovvero Enea Silvio Piccolomini, allora diretto tre personaggi in primo piano nella parte destra
a Mantova per le ragioni sopra esposte. L’opera del quadro. L’ipotesi certamente più suggestiva
di Gozzoli, commissionata da Cosimo il Vecchio, e forse credibile, che ci porta ancora una volta a
celebra l’evento attraverso un irripetibile equili- focalizzare la nostra attenzione sul 1453, è quella
brio fra le novità della pittura quattrocentesca e il avanzata dalla studiosa bizantinista Silvia Ron-
naturalismo e le preziosità del gotico internazio- chey (L’enigma di Piero. L’ultimo bizantino e la
nale. Tutto è reale e al contempo sospeso come in crociata fantasma nella rivelazione di un grande
un sogno, ovvero in una festa. quadro,Milano, Rizzoli, 2006). Riassumere tut-
te le sue argomentazioni non avrebbe senso in
L’altro capolavoro che pare riflettere gli eventi questo contesto, poiché implicherebbero tante
legati alla caduta di Costantinopoli è molto più e tali premesse da richiedere un intero capitolo.
enigmatico: si tratta della Flagellazione di Piero Potete però farvene un’idea abbastanza precisa
della Francesca (conservata nel Palazzo Ducale nel bel documentario realizzato per la La7 dal
di Urbino), opera realizzata intorno alla metà del titolo “Silvia Ronchey / La7. Il dipinto enigma-
Quattrocento, approssimativamente fra il 1453 e tico “La Flagellazione” di Piero della Francesca
il 1459. Tutti voi avete a mente il dipinto col suo (pubblicato il 26 maggio 2017 e ancora dispo-

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1453
solo per lui, ma per tutta la storia dell’arte ita-
liana. Giovane artista padovano – era entrato
nel 1442 circa nella fiorente e affollata bottega
di Francesco Squarcione, artista mediocre, ma
efficacissimo ed aggiornato maestro nella cui
protoaccademia i giovani apprendisti potevano
1453 - IL POLITTICO DI SAN LUCA giovarsi dello studio di modelli antichi – si era
emancipato, per vie legali dal suo maestro nel
Facciamo un salto nella Pinacoteca di Brera alla 1448, per essere ingaggiato, assieme ad altri arti-
ricerca di un dipinto riferibile, per ora solo cro- sti nell’impresa decorativa della cappella Ovetari
nologicamente, al nostro anno fatidico. Probabil- nella chiesa degli Eremitani a Padova (Dossier
mente ce ne sono diversi, ma uno fa sicuramente 4), di cui alla morte di Nicolò Pizzolo nel 1453,
al caso nostro. È un dipinto di Andrea Mantegna diventerà il protagonista assoluto. E sempre nel
(Isola di Carturo, 1431, o fine 1430 – Mantova, 1453 Andrea sposa Nicolosia Bellini, figlia di
1506), uno dei quattro esposti in Pinacoteca. Jacopo, sorella di Gentile e di Giovanni, impa-
Prima di esaminarlo, diciamo subito che il 1453 rentandosi così con la più importante e fiorente
è un anno speciale nella storia personale di Man- bottega pittorica veneziana del Quattrocento. In
tegna e ciò che gli accade avrà conseguenze non particolare contò molto per lui il legame col co-

Andrea Mantegna, Polittico di San Luca, 1453-1455, tempera su tavole di pioppo, cm 177x230.
Milano, Pinacoteca di Brera (dal 1811).
Asinistra: particolare della fira di San Daniele.

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gnato Giovanni Bellini in una feconda reciproca to in su, sensibile tanto nella resa scorciata dello Dossier 4 cuzione delle prime quattro storie di San Cristo-
influenza che cambiò l’arte di entrambi, come è scrittoio quanto nelle figure del registro superio- LA CAPPELLA OVETARI NELLA CHIESA foro concorsero inoltre i pittori Bono da Ferrara
stato ampiamente dimostrato nel confronto pro- re. Il forte vigore plastico dei panneggi, nei quali DEGLI EREMITANI A PADOVA e Ansuino da Forlì.
posto in alcune mostre recenti. è già in opera lo studio dell’antico che sostanzia Dopo l’uscita di scena degli artisti muranesi e la
E a Padova, antica città universitaria, che dopo da subito gli anni padovani e che si accentuerà Quello della Cappella Ovetari nella chiesa de- morte di Pizzolo, spettò al Mantegna il comple-
una straordinaria stagione trecentesca (Giotto, poi a Mantova, insieme col raffinatissimo gioco gli Eremitani a Padova è il primo grande ciclo tamento del ciclo di San Giacomo e il registro
Altichiero, Giusto de Menabuoi), vede ora una dei lumi, rivela le qualità di una piena maturità pittorico che vede ingaggiato un Mantegna di- inferiore di quello di San Cristoforo, i cui lavori
nuova rinascita artistica, Donatello, da un decen- artistica. ciassettenne che dà prova di grandi capacità e si protrassero almeno sino al 1457.
nio attivo sul cantiere scultoreo dell’Altare del Quanto ai santi rappresentati, oltre a San Luca, padronanza delle nuove regole prospettiche. La Com’è noto, la chiesa degli Eremitani fu bom-
Santo (da cui Mantegna ed altri hanno appreso le cui spoglie provenivano da Costantinopoli e a decorazione della cappella, dedicata a San Cri- bardata durante l’ultima guerra, nel 1944 (vedi
tutto quello che c’era da sapere sulla prospettiva Santa Giustina, la titolare della basilica raffigura- stoforo, le cui storie sono dipinte sulla parete foto sotto), e dalla distruzione di gran parte degli
e sulla nuova concezione plastico-spaziale), con- ta nel pannello a destra, tutti gli altri sono legati destra, ma comprendente sulla sinistra le storie affreschi si salvarono l’Assunta e gli Apostoli, il
clude proprio nel 1453 il monumento equestre al comunque alla storia della basilica e alle reliquie di S. Giacomo e nella parte absidale l’assunzio- Martirio di San Cristoforo e il trasporto del San-
Gattamelata. in essa conservate. ne della Vergine, fu voluta da Antonio Ovetari, to perché staccati nella seconda metà dell’800 e
Quanto detto in estrema sintesi vi serva un po’ da Ma osserviamo di nuovo il particolare del leggìo- e allogata dalla vedova Imperatrice Capodilista, trasportati altrove. Nel 1949 l’Istituto Centrale
cornice a un polittico che non ha più la sua. scrittoio che mi aveva tanto colpito e che spero con convenzione firmata il 16 maggio 1448, ai del Restauro ricompose il Martirio di San Giaco-
Questa interpretazione moderna di una cornice abbia incuriosito anche voi: i due calamai di vetro maestri muranesi Giovanni d’Alemagna e Anto- mo sulla base dei frammenti conservati. La con-
gotica andata perduta e che, stando ai documen- col minio e l’inchiostro, come è stato notato dagli nio Vivarini, ai quali si affidavano gli affreschi servazione di altre casse di frammenti più minuti
ti, doveva essere intagliata (da un certo “mai- studiosi, sono un preciso rimando all’attività dei dell’intradosso dell’arco d’ingresso, della volta e ha consentito in anni più recenti, sulla base di un
stro Guielmo”) e particolarmente preziosa, con monaci benedettini, soprattutto dopo la riforma della parete destra, e ai giovani artisti padovani, programma digitale di riconoscimento tramite le
l’apporto dello stesso Mantegna nella doratura di Ludovico Barbo, abate di Santa Giustina. Nicolò Pizzolo e Andrea Mantegna cui veniva foto storiche e di ricomposizione del puzzle, di
e nei trafori decorati d’azzurro, si può star certi C’è ancora un dettaglio nella figura di San Da- assegnata la decorazione di metà della cappella, avviare una complessa opera ricostruttiva di altre
che modifica molto la percezione dell’opera così niele (così come in quella di San Luca) che merita oltre alla pala in bassorilievo dell’altare. All’ese- parti del ciclo.
come era stata pensata dall’autore. tutta la nostra attenzione e che diventerà sempre
Ma soprattutto, come è accaduto a tanti polittici e più importante nelle opere di Mantegna, ovvero
pale d’altare, questa opera è fuori posto. Possia- l’orlo delle vesti dei santi (più avanti anche delle
mo certo apprezzarla sul piano squisitamente for- aureole), con precisi rimandi a scritture orienta-
male, possiamo accostarci per semplice adesione li, qui assunte come elementi decorativi, segno
emotiva come ho fatto io nel Prologo, ma se vo- evidente non solo di un sincretismo formale che,
gliamo capire qualcosa in più si rende necessario attraverso Venezia e Bisanzio, ruba motivi anche
un risarcimento di informazioni che possa resti- all’arte islamica, ma di una ricerca, attraverso la
tuirci non certo il contesto materiale originario, frequentazione di colti letterati, antiquari e viag-
ma almeno la sua memoria. giatori, che si sostanzierà di contenuti politici
Il Polittico di S. Luca è entrato in Pinacoteca quando Mantegna entrerà al servizio dei Gonza-
nel 1811, prelevato dalla abbazia benedettina ga.
di Santa Giustina a Padova. Fu commissionato
a Mantegna il 10 agosto 1453 dall’abate Mauro
de’ Folpetti da Pavia e terminata probabilmente
all’inizio del 1455 per l’altare della cappella di S.
Luca, l’ultima a sinistra nella basilica antica.
L’impaginazione delle 12 figure segue un’impo-
stazione comune a polittici dell’epoca, con quel-
le intere nel registro inferiore, separate al centro
dalla figura seduta e a scala maggiore di San
Luca evangelista, le altre tagliate al ginocchio
nel registro superiore, con al centro, più picco-
le, le tre figure che compongono la Pietà. Tut-
tavia Mantegna, pur nel vincolo del fondo oro,
conferisce allo spazio così frammentato una sua
unitarietà sottolineata dal basamento comune che
scorre nel registro inferiore e dalla ripresa di sot-

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Parete sinistra della Cappella Ovetari con le storie di San Giacomo (prima del 1944) Parete destra della Cappella Ovetari con le storie di San Cristoforo (prima del 1944)

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Parete sinistra della Cappella Ovetari con le storie di san Giacomo (come si presenta oggi) Parete destra della Cappella Ovetari con le storie di san Cristoforo (come si presenta oggi)

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Andrea Mantegna, San Giacomo Battezza Ermogene, Andrea Mantegna, San Giacomo in giudizio, affresco
affresco (prima del 1944). (prima del 1944).
Padova, Chiesa degli Eremitani, Cappella Ovetari. Padova, Chiesa degli Eremitani, Cappella Ovetari.

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Andrea Mantegna, Il martirio di San Cristoforo
e il trasporto del corpo, affresco staccato, assie-
me e particolari.
Padova, Chiesa degli Eremitani,
Cappella Ovetari.
Dossier 5
MAOMETTO II

Il 3 settembre 1479 il pittore Gentile Bellini si


reca alla corte di Maometto II, dove si tratterrà
per circa due anni, per realizzare il ritratto del
sultano e della sua famiglia. La fama di feroce
guerriero e barbaro lascia spazio all’immagine di
un signore che vuole imitare i principi occiden-
tali, che parla cinque lingue ed è protettore della
cultura e dell’arte.
Si propone qui la recensione apparsa su “En-
gramma” di una mostra dedicata a questo incon-
tro ravvicinato tra due culture.
Segue altro documento relativo all’Editto di Bla-
gaj (28 maggio 1463) che rivela Maometto II
quale sovrano tollerante.

«ENGRAMMA», 49 | giugno 2006


Costantinopoli registra certo, nel corso del tem-
Andirivieni sul limes tra Oriente e Oc- po, battute d’arresto, come pure momenti di forte
cidente: il viaggio di Gentile Bellini da crisi e di aperta ostilità, sostanzialmente esso non
Venezia a Istanbul conosce interruzione duratura; neppure all’in-
Recensione a: “Bellini and the East”, London, domani del 29 maggio 1453, quando Costanti-
National Gallery 12 aprile-25 giugno 2006 (Bo- nopoli, greca e cristiana, cade in mano turca e,
ston, Isabella Stewart Gardner Museum 14 di- divenuta Istanbul, passa ad essere la capitale di
cembre 2005-26 marzo 2006); catalogo a cura di un nuovo impero, quello ottomano. Dopo lo sgo-
Caroline Campbell e Alan Chong, National Gal- mento e l’orrore, diffusisi ovunque all’arrivo del-
lery Company Limited, London 2005 la “pessima nuova a tutta la cristianità” (Marin
Claudia Daniotti Sanudo), e insieme alla guerra continua tra i po-
tentati cristiani e l’impero musulmano, alla salita
Per più di mille anni Venezia è stata “come un di Maometto II sul trono dell’ultimo Paleologo,
girasole, con le radici saldamente piantate nel- la sempre accorta e laboriosamente pragmatica
l’Occidente latino, ma costantemente protesa a Venezia prende a ritessere pazientemente una
cogliere i raggi provenienti dall’Oriente greco” nuova trama di relazioni diplomatiche, capaci di
(Donald M. Nicol). Finestra sul Levante, inter- ricostruire un legame, prima di tutto commercia-
locutore privilegiato – e in un certo tempo esclu- le, con il nuovo impero. La firma di un trattato
sivo – di Costantinopoli e dell’Oriente bizan- di pace, nel gennaio 1479, apre un nuovo tempo
tino, chiave e leva, snodo e crocevia, punto di pacifico e fruttuoso nei rapporti tra le due città,
partenza, di smistamento e d’approdo di tutto ciò tanto che nell’agosto dello stesso anno, Maomet-
che tra Est e Ovest si incrocia sulle rotte del Me- to II – gran terrore della cristianità e, insieme,
diterraneo, Venezia è stata il ponte, il canale di uomo colto sommamente interessato all’arte e
ricezione, il filtro di selezione e il tramite di dif- alla cultura europea – chiede al Senato della Re-
fusione di tutto ciò che per secoli viaggia e passa pubblica che un pittore, “un bon pytor”, secondo
tra Oriente e Occidente, sub specie commerciale, il resoconto che dell’episodio dà Marin Sanudo,
politica, culturale. venga inviato al più presto alla sua corte. Venezia
Se il rapporto stretto e consolidato tra Venezia e risponde tempestivamente scegliendo per que- Gentile Bellini, Ritratto di Mohamed II, 25 novembre 1480. Olio su tela, cm 65x48. Londra, National Gallery.

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sto compito, artistico e diplomatico insieme, un del Mediterraneo. lizzata alla maniera occidentale, è anche la prima giunge alla corte Safavide di Persia, dove viene
“optimo pytor”, mandando a Istanbul uno dei più L’intreccio e l’interferenza tra due mondi e due immagine veritiera del volto di Maometto II a riunito insieme ad altri a comporre un album per
apprezzati e valenti artisti veneziani di allora, che tradizioni artistiche diverse si esplicitano qui in giungere in Occidente – ed è anche l’opera alla il sovrano. È particolarmente significativo notare
aveva già e ripetutamente dato prova di interesse episodi particolarmente eloquenti: icone orientali quale è affidata in vita e post mortem la fama del – soprattutto ora che il nome di Gentile, celeber-
e conoscenza del mondo artistico e culturale bi- accostate a dipinti veneziani di fine Quattrocento, pittore. Gentile, infatti, è il primo artista italia- rimo in vita, è stato, e da tempo, messo in ombra
zantino: il prescelto è Gentile Bellini. un confronto capace di testimoniare quale ruolo no a ritrarre Maometto II dal vivo e, pertanto, da quello del fratello Giovanni – che, all’interno
Il viaggio di Gentile a Istanbul, che ha inizio nel primario, non solo nello stretto senso stilistico e il primo a poter rendere noti i tratti del suo vol- di quell’album cortese, Gentile assurga al ruolo
settembre 1479 e si conclude con tutta probabi- compositivo, abbiano svolto le prime nei confron- to. Prima di allora, le immagini che, su suppor- di rappresentante dell’arte europea e, soprattutto,
lità nel mese di gennaio del 1481 – pochi mesi ti dei secondi (in particolare, si veda il caso del- ti diversi, vogliono raffigurare “El Gran Turco” a metro di paragone esemplare dell’Occidente; è
prima della morte del Sultano – è il cuore intorno le icone della Madonna con Bambino, nel typus lo fanno dandone un’immagine assolutamente così che lo Scriba viene preso a modello e co-
a cui si costruisce la mostra Bellini and the East specifico della Madonna della Consolazione e fantasiosa, i cui tratti, come pure l’impostazione piato dagli artisti persiani, riattivando di nuovo,
alla National Gallery di Londra, mostra che è non solo, che costituiscono un modello decisivo iconografica generale, sono calcati su quelli del- questa volta in direzione ovest-est, un processo
però ben più della ricostruzione di quel soggior- per l’elaborazione e la codificazione dell’icono- l’imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo, di feconda circolazione di forme e modelli.
no. Questo ‘frammento di microstoria’, limitato grafia quattro-cinquecentesca della Madonna con così come erano stati fissati da Pisanello in una Allo stesso modo in cui la mostra è ben più che
nella sua durata cronologica e nelle notizie che ne Bambino che tanto deve alla mano del fratello di delle prime medaglie rinascimentali (sull’effigie la ricostruzione del viaggio di Gentile, il catalo-
abbiamo oggi, diventa anche uno specchio, uno Gentile, Giovanni Bellini); oggetti di lusso come di Maometto II in rapporto a quella di Giovanni, go, curato in stretta collaborazione tra Londra
strumento e un punto di osservazione dal quale vassoi, scatole e argenterie con decorazioni pret- si veda la Galleria già pubblicata in “Engramma” e Boston da Caroline Campbell e Alan Chong,
guardare all’intera storia intrecciata di Venezia e tamente islamiche declinate però secondo il gusto a cura di Alessandra Pedersoli). Accanto al ritrat- è ben più dell’illustrazione della mostra: è uno
Costantinopoli-Istanbul. e la moda veneziana del tempo; ancora Madonne, to più celebre, Bellini and the East presenta an- strumento di studio, di approfondimento, di ri-
Partendo, non senza trepidazione, alla volta di stavolta vestite di manti damascati e colte a cal- che altre effigi del Sultano, riportate appunto su capitolazione e anche di illustrazione che, nella
Istanbul dalla città che più di tutte in Europa pestare un tappeto di manifattura anatolica; e poi delle medaglie: quella realizzata da Gentile stes- struttura e nell’articolazione generale, incrocia,
poteva vantare un secolare legame d’amicizia l’episodio principe e maggiormente suggestivo so, insieme ad altre, più o meno fedeli al reale, senza peraltro confonderli, i due binari del saggio
con il Levante, Gentile porta con sé questa ricca di questo limes continuamente oltrepassato tra contemporanee. scientifico, con proprio corredo iconografico di
tradizione, ulteriormente rinvigorita nei decenni Est e Ovest, quello legato al nome del cardinale La curiosità attenta di Gentile travalica i limiti supporto, e le schede delle opere esposte. Il tutto
precedenti da eventi epocali – come quello del Giovanni Bessarione. dorati della corte del Sultano – al quale sembra con l’esaustività, la precisione, l’accuratezza e,
Concilio di Ferrara-Firenze del 1438-1439 per Come noto, è Bessarione il miglior esempio del peraltro fosse legato da rapporti personali mol- insieme, la limatissima e calibratissima conci-
la riunificazione delle Chiese d’Oriente e d’Oc- riconoscimento del ruolo di Venezia come appro- to stretti, se non di vera e propria amicizia – per sione che da tempo costituiscono una cifra così
cidente – e contribuisce, in primis proprio con do ideale e luogo di salvezza per la cultura greca rivolgersi al mondo vivacissimo, estremamente peculiare e apprezzata delle esposizioni, e delle
questo viaggio, a ridarle nuova linfa e nuovi oriz- esule dalla caduta di Costantinopoli: nel donare variegato dal punto di vista etnico, culturale e re- relative pubblicazioni, d’oltremanica.
zonti. la sua biblioteca alla Repubblica di Venezia nel ligioso, della Istanbul di fine Quattrocento. I di-
Le quattro sezioni in cui il percorso all’interno 1468 il Cardinale motiva la sua scelta con la segni accuratissimi realizzati da Gentile colgono
della Sunley Room si articola (The Fall of Co- celeberrima espressione e qualificazione di una dal vivo dignitari mammelucchi e donne con cu-
stantinople, Trade and travel with the East, Veni- Venezia “quasi alterum Byzantium”. Il ruolo cru- riosi copricapi, giannizzeri e mercanti, tutti fissa-
ce and Byzantium, Gentile Bellini and Mehmed ciale giocato da Bessarione in questi anni è qui ti sulla carta con l’attenzione al dettaglio minuto
II) qualificano, appunto, il viaggio di Gentile rappresentato attraverso la personale donazione propria, forse, di chi osserva e registra con oc-
come l’ultima tappa, il punto di culmine e di nuo- alla Scuola Grande di Santa Maria della Carità chio di straniero. Questi disegni, poi, dichiarano
vo inizio, della tradizione di scambi, commercia- di un prezioso reliquiario (assolutamente bizanti- subito, almeno in parte, la loro natura ‘strumen-
li e culturali, tra Venezia e l’Oriente bizantino, e, no nelle forme, ma comprendente, tra gli episodi tale’: non solo perché ripresi in dipinti succes-
insieme, come evento di importanza cruciale per della Passione di Cristo, anche la Flagellazione, sivi dallo stesso Gentile, ma anche perché essi
il riavvicinamento tra Oriente e Occidente dopo che pertiene alla sola tradizione del cristianesimo portano in qualche caso scritti a mano, in dialetto
l’inevitabile frattura segnata dalla conquista del occidentale) cui fa da sovracoperta un dipinto su veneziano, i colori delle stoffe, dei dettagli, degli
1453. Questo retroterra ampio e complesso ri- tavola, commissionato proprio a Gentile Bellini, accessori così pazientemente riprodotti.
fluisce nell’esposizione di Londra per frammenti che ritrae Bessarione in preghiera davanti allo Delizioso esempio di forme, composizioni e for-
ed episodi esemplari – significativamente centra- stesso reliquiario (le cui rigide forme alla greca tune giocate sul limes tra Oriente e Occidente è il
ti sui fratelli Bellini, Gentile e Giovanni, e sulla sono riprodotte con una fedeltà che risente però piccolo disegno in penna e inchiostro, poi colo-
loro cerchia più prossima – capaci di mettere in degli stilemi occidentali). rato e dorato, scelto a rappresentare la mostra: lo
luce i fili connettivi e gli elementi di continuità Scriba seduto dell’Isabella Stewart Gardner Mu-
tra Oriente e Occidente, attraverso il ponte getta- Tra gli esiti del viaggio di Gentile alla corte di seum. Realizzato a Istanbul da Gentile in forme
to e costituito da Venezia, dando conto della loro Maometto II c’è anche un famosissimo ritratto chiaramente e fortemente influenzate dalle tecni-
direzione non univoca, di un dialogo che ben può del Sultano (oggi conservato alla National Gal- che artistiche islamiche, questo foglio, dopo es-
definirsi come un andirivieni tra le due sponde lery) che, oltre ad essere un’opera ufficiale rea- sere passato per Tabriz, alla metà del XVI secolo
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L’EDITTO DI BLAGAJ, ���������������������
UN’ANTICA DICHIARAZIONE DEL PRINCIPIO DI LIBERTÀ RELIGIOSA ���������������
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A partire dal XIII secolo gli Ottomani avevano conquistato gran parte dell’attuale Turchia e da qui �����������������
erano dilagati nella penisola balcanica. Nel 1453 il sultano Maometto II (Mehmet II) espugnava ����������������������
Costantinopoli, mettendo fine al millenario Impero romano d’Oriente. Come segno di vittoria entrò
nella Basilica di Santa Sofia, che poi venne trasformata in moschea, per il culto di Allah; Costanti-
nopoli cambiava nome diventando Istanbul, capitale dell’Impero ottomano, destinato a durare fino
al 1923.

Maometto II, grande condottiero, statista e uomo di cultura


Con Maometto II, che all’epoca aveva solo 20 anni, l’Islam era penetrato nell’Europa cristiana, cam-
biando la geografia religiosa di una vasta regione. Il solo nome di questo giovane condottiero suscitava
sgomento e terrore, tanto da essere passato alla storia solo per le sue gesta sanguinose, meritandosi
l’appellativo di El Fatih, “il Conquistatore”. Questa fama ha oscurato alcuni aspetti della sua perso-
nalità, ad esempio il fatto di essere un cultore ed un appassionato di tutte le arti figurative, delle scien-
ze e della letteratura. Un sovrano che non si
fece scrupolo di farsi ritrarre da un artista ( il
pittore veneziano Gentile Bellini), contravve-
nendo in ciò a un divieto del Corano.
Maometto II fu anche un grande statista e
legislatore. Nel suo impero, ad esempio,
le donne potevano possedere o ereditare
proprietà; non erano obbligate a sposarsi e
potevano chiedere il divorzio; era loro con-
sentito accedere a cariche politiche e ammi-
nistrative.
Al nome di questo sultano è legato uno stra-
ordinario documento che risale al 1463: l’E-
   
 


ditto di Blagaj (dal nome del villaggio vicino
a Mostar, dove venne emanato). Negli anni in �����������������������������������������������������������������������������������������������������
cui nella Spagna cristiana si diffondeva l’in- ���������������������������������������������������������������������
tolleranza religiosa verso ebrei e musulmani, �� ��������������������������������������������������������������������
con l’Editto di Blagaj un sovrano musulmano �� �������������������������������������������������
garantiva la libertà religiosa alle popola- �� ������������������������������������������������������������������
zioni da lui sottomesse. �� �����������������������������������������������������������������������������������������������������
Emesso per le terre circostanti Sarajevo �����������������������������������������������������������������������������������������������������������
e Mostar (nella regione della Bosnia da lui �������������������������������������������������������������
conquistata nel 1463), l’Editto stabiliva princì- �������������������������������������������������������������������������������������������������������
pi di tolleranza religiosa, garantendo ai fran- ���������������������������������������������������������������������������������������������������
cescani bosniaci la libertà di professare la ���������������
propria fede cristiana e la tutela dei loro �����������������������������������������������������������������������������������������������������
luoghi di culto. ������������������������������������������������������������������������������������������������������������
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Maometto II odora una rosa in un dipinto ���������������������������������������������������������������������������������������������


della fine del quindicesimo secolo. ��������������������������������������������������������������������������������������������������

1 STORIA 
 
MEDIEVALE 

Gentile e Giovanni Bellini, La predica di san Marco in Alessandria d’Egitto, particolare, olio su tela, 347x770. Milano, Pinacoteca di Brera (dal 1809)

Questo fascicolo è ad uso esclusivo degli studenti iscritti al corso di Storia dell’Arte moderna del prof. Valter Rosa.
Ogni altra diffusione è rigorosamente vietata.

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