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MECCANICA E DINAMICA
DELLE MACCHINE LM
– Parte II –
http://www.unibo.it/docenti/alessandro.rivola
http://diem1.ing.unibo.it/mechmach/rivola
https://campus.unibo.it
Indice
1
2 INDICE
8 Sistemi continui 82
8.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82
8.2 Vibrazioni trasversali nelle funi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
8.2.1 Equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83
8.2.2 Pulsazioni e modi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
8.2.3 Moto libero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
8.2.4 Condizioni iniziali: esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
8.3 Vibrazioni longitudinali nelle travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
8.3.1 Equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
8.3.2 Trave a mensola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
8.3.3 Altre condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
8.3.4 Ortogonalità delle forme modali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
8.4 Vibrazioni torsionali nelle travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
8.4.1 Equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
8.5 Vibrazioni flessionali nelle travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
8.5.1 Equazione del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92
8.5.2 Trave a mensola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
8.5.3 Trave appoggiata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
8.5.4 Altre condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
8.5.5 Ortogonalità, masse e rigidezze modali . . . . . . . . . . . . . . . . 96
8.6 Riepilogo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
4 INDICE
10 Modellazione 126
10.1 Esempi di modelli a PC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
10.1.1 Asta soggetta a vibrazioni assiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 126
10.1.2 Vibrazioni flessionali di una trave appoggiata . . . . . . . . . . . . 130
10.1.3 Modello di un aereo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132
10.1.4 Modello di un autoveicolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
10.1.5 Modello di una pressa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 136
10.1.6 Modello di un meccanismo con gioco . . . . . . . . . . . . . . . . . 138
10.1.7 Modello di un azionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 140
10.2 Modellazione di meccanismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
10.2.1 Perchè studiare il comportamento dinamico di un meccanismo? . . 145
10.2.2 Modellare i meccanismi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
10.2.3 Il modello a Parametri Concentrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
10.2.4 Integrazione delle equazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
INDICE 5
M Simulink 210
M.1 Introduzione a Simulink . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
M.2 Istruzioni di base di Simulink . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210
M.2.1 Libreria SOURCES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211
M.2.2 Libreria SINKS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212
M.2.3 Libreria CONTINUOUS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213
M.2.4 Libreria DISCONTINUITIES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
M.2.5 Libreria MATH OPERATIONS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215
M.2.6 Libreria LOOKUP TABLES . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217
M.2.7 Libreria SIGNAL ROUTING . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 218
M.3 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 220
7
8 CAPITOLO 4. DINAMICA E MDV: INTRODUZIONE E RICHIAMI
4.3 La Modellazione
Vedere un sistema come un insieme di elementi interconnessi tra loro, ci porta a dover
stabilire come il comportamento dei singoli elementi e quello delle connessioni tra essi
influenza il comportamento dell’intero sistema. Dal punto di vista metodologico l’elemento
caratterizzante è la modellazione dei sistemi meccanici, che fornisce il mezzo fondamentale
per affrontare in modo corretto ed efficiente l’ampia gamma dei problemi di dinamica delle
macchine.
Figura 4.3: Sistema di controllo computerizzato per impianto con turbina a vapore per
generazione di energia elettrica ([Pal99])
stesso tempo troppo complesso. Il modello fisico può essere lineare o non lineare, in
funzione del comportamento dei componenti del sistema. Modelli lineari permettono una
soluzione rapida e sono semplici da trattare. Modelli non lineari a volte rivelano certe
caratteristiche del sistema che non possono essere correttamente predette impiegando
modelli lineari.
A volte il modello viene gradualmente migliorato in modo da ottenere risultati più
accurati. Le Figg. 4.1 e 4.2 mostrano alcuni esempi. Inizialmente viene usato un modello
elementare per investigare rapidamente il comportamento globale del sistema. Successi-
vamente il modello viene raffinato includendo altri componenti ed effetti in modo che il
comportamento del sistema possa essere osservato più nel dettaglio.
Spesso un sistema che opera sotto azioni esterne e in condizioni mutevoli nel tempo,
richiede un sistema di controllo, in modo da produrre i risultati desiderati. Il ruolo del
sistema di controllo è duplice: deve portare le condizioni operative del sistema ai valori
desiderati e deve mantenerle anche in presenza di disturbi e/o variazioni delle condizioni
esterne (vedi ad esempio il sistema di Fig. 4.3).
Il progetto di un sistema dinamico spesso implica anche lo studio del sistema di control-
lo più appropriato. D’altra parte i progettisti del sistema di controllo richiedono modelli
che descrivano le proprietà dinamiche dominanti del sistema da controllare. Pertanto,
modellazione e controllo dei sistemi dinamici costituiscono una unica area di studio.
4.3. LA MODELLAZIONE 11
Figura 4.5: Esempio di validazione - forma modale: blu) reticolo FEM; rosso) reticolo
sperimentale
Un gran numero di sistemi meccanici può essere descritto impiegando un numero finito
di gdl; ciò accade quando sono presenti elementi dotati di elevata elasticità e scarsa massa
e, al contempo, elementi di notevole massa ed elevata rigidezza, come nel caso dei sistemi
di Fig. 4.1b, Fig. 4.2b e Fig. 4.3b. Quando, al contrario, il sistema ha un numero infinito
di “punti di massa” e/o non presenta “concentrazioni” di zone o membri deformabili, è
necessario un numero infinito di coordinate per specificare la sua configurazione deformata.
Modelli aventi un numero di gdl finito sono detti discreti o a parametri concentrati,
mentre quelli con un numero infinito di gradi di libertà sono detti continui. Ai primi viene
dato particolare risalto in §10, mentre i secondi sono trattati in §8.
Spesso, i sistemi continui sono approssimati tramite modelli discreti; in tal modo è più
semplice ottenere la soluzione del problema dinamico. Sebbene trattare un sistema come
continuo dia risultati esatti, i metodi di analisi che impiegano modelli continui sono limitati
ad una tipologia di sistemi molto ridotta, come ad esempio travi a sezione uniforme,
piastre sottili, membrane, etc. Di conseguenza, la maggior parte dei sistemi viene studiata
impiegando modelli discreti. In generale, risultati più accurati sono ottenibili aumentando
il numero di gdl.
14 CAPITOLO 4. DINAMICA E MDV: INTRODUZIONE E RICHIAMI
Figura 4.10: Esempio di modellazione mediante il metodo degli elementi finiti (FEM)
Sistema da modellare
Parametri Parametri
concentrati distribuiti
Discretizzazione FEM
Diversi sono i modelli impiegati per i membri dotati di elevata elasticità rispetto agli
altri elementi del sistema meccanico. Tali membri non si considerano dissipare energia e
solitamente sono considerati privi di massa.
Molle lineari Se la molla funziona nel campo elastico entro il limite di proporzionalità,
la forza che si sviluppa quando la molla si deforma è proporzionale alla deformazione
stessa. La costante di proporzionalità è detta rigidezza ed il suo inverso è chiamato
cedevolezza.
La forza F che deforma una molla di rigidezza k è proporzionale allo spostamento
relativo x = x1 − x2 degli estremi, e il lavoro compiuto viene immagazzinato come energia
potenziale V :
1
V = kx2 (4.1)
2
Anche altri elementi elastici, quali ad esempio travi, si comportano come molle. Per
esempio si consideri la trave incastrata di figura, avente all’estremo libero una massa
concentrata m e si assuma per semplicità che la massa della trave sia trascurabile nei
16 CAPITOLO 4. DINAMICA E MDV: INTRODUZIONE E RICHIAMI
W l3
δst = (4.2)
3EI
dove W = mg è il peso della massa m, E è il modulo di Young del materiale, I è il
momento di inerzia di sezione e l è la lunghezza della trave. Di conseguenza la costante
elastica (la rigidezza) della trave vale:
W 3EI
k= = 3 (4.3)
δst l
Molle non lineari Gli elementi elastici seguono un comportamento lineare solo entro
certi limiti della deformazione. Oltre certi valori di deformazione, la tensione eccede il
limite di proporzionalità del materiale e la relazione tra fora e deformazione diviene non
lineare.
In molte applicazioni pratiche si assume che le deformazioni siano piccole e pertanto si
considerano le molle come aventi comportamento lineare. In altri casi, anche se la molla
è non lineare, si approssima ad una molla lineare mediante un processo di linearizzazione:
Sia F un carico statico agente su una molla non lineare causandone una deformazione
x∗ . Se la forza F viene incrementata di una quantità ∆F , la molla si deforma ulteriormente
4.5. FONDAMENTI DI MECCANICA DELLE VIBRAZIONI 17
di una quantità ∆x. La nuova forza F + ∆F può essere espressa in serie di Taylor (vedi
Appendice B) attorno alla posizione di equilibrio statico:
∗ ∗ dF 1 2
2d F 1 n
nd F
F + ∆F = F (x + ∆x) = F (x ) + ∆x + ∆x + . . . + ∆x (4.4)
dx x∗ 2! dx2 x∗ n! dxn x∗
Per piccoli valori di ∆x, i termini contenenti derivate di ordine elevato possono essere
trascurati ottenendo:
∗ ∗ dF
F + ∆F = F (x + ∆x) = F (x ) + ∆x (4.5)
dx x∗
1 1 1 1
= + + ... + (4.7)
keq k1 k2 kn
keq = k1 + k2 + . . . + kn (4.8)
18 CAPITOLO 4. DINAMICA E MDV: INTRODUZIONE E RICHIAMI
• Smorzamento viscoso
• Attrito Coulombiano
• Smorzamento isteretico ( o strutturale)
Smorzamento Viscoso È quello usato più frequentemente nello studio delle vibrazioni.
4.5. FONDAMENTI DI MECCANICA DELLE VIBRAZIONI 19
Si può ricorrere anche alla rappresentazione mediante numeri complessi. Infatti, ogni
vettore X nel piano xy può essere rappresentato con il numero complesso: X = a + ib,
dove a e b sono rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria.
Se si indica (vedi Fig. 4.21) con A l’ampiezza del vettore X e con θ il suo argomento
(l’angolo compreso tra il vettore e l’asse x), X può essere espresso come:
con: ( )
√ −1 b
A = a2 + b 2 ; θ = tan (4.14)
a
22 CAPITOLO 4. DINAMICA E MDV: INTRODUZIONE E RICHIAMI
Usando la rappresentazione con numeri complessi, il vettore rotante di Fig. 4.21 può
essere scritto come:
X = Aeiωt (4.16)
dove ω è anche detta frequenza circolare di rotazione ed è espressa in rad/s. Derivando
rispetto al tempo si ha:
dX d ( iωt )
= Ae = iωAeiωt = iωX (4.17)
dt dt
dX2 d2 ( iωt ) d ( )
2
= 2
Ae = iωAeiωt = −ω 2 Aeiωt = −ω 2 X (4.18)
dt dt dt
da cui si vede che l’operazione di derivazione si traduce nel moltiplicare il vettore per iω,
od anche nel moltiplicare l’ampiezza del vettore per ω e ruotarlo in avanti di 90 gradi
(vedi Fig. 4.22).
Un importante concetto in molte applicazioni è quello del lavoro compiuto da una forza,
che varia armonicamente con una certa pulsazione, per uno moto armonico avente la
4.5. FONDAMENTI DI MECCANICA DELLE VIBRAZIONI 23
stessa pulsazione. Sia data la forza P = P0 sin(ωt + ϕ) agente su un corpo dotato di legge
di moto x = x0 sin ωt. Il lavoro compiuto dalla forza in un periodo 2π/ω vale:
∫ 2π/ω ∫ 2π/ω ∫ 2π
dx 1 dx
W = P dx = P dt = P d(ωt) =
0 0 dt ω 0 dt
∫ 2π
P0 x 0 sin(ωt + ϕ) cos(ωt)d(ωt) =
0
∫ 2π
(4.19)
P 0 x0 cos ωt[sin(ωt) cos ϕ) + cos(ωt) sin ϕ)]d(ωt) =
0
∫ 2π ∫ 2π
P0 x0 cos ϕ [sin(ωt) cos(ωt)]d(ωt) + P0 x0 sin ϕ cos2 (ωt)d(ωt).
0 0
Il primo integrale nell’ultima delle (4.19) è nullo mentre il secondo vale π per cui in
definitiva si ha:
W = πP0 x0 sin ϕ (4.20)
4.5.4 Ottava
Quando il massimo valore di una banda di frequenza è il doppio del minimo, tale banda è
detta banda d’ottava. Ad esempio, ciascuna banda 75–150 Hz, 150–300 Hz, e 300–600 Hz,
è una banda d’ottava. In ciascun caso, il massimo ed il minimo valore della frequenza,
che hanno un rapporto pari a 2:1, si dice che differiscono di un’ottava.
4.5.5 Decibel
Le varie quantità che si incontrano nel campo delle vibrazioni e del rumore, come ad esem-
pio, spostamento, velocità, accelerazione, pressione, potenza, sono spesso rappresentate
usando la notazione dB (decibel). In origine il decibel è stato definito con riferimento a
potenze elettriche come: dB = 10 log(P/P0 ), dove P0 è un valore di riferimento.
Poiché la potenza elettrica è proporzionale al quadrato della tensione (X), il decibel
può anche essere espresso come:
( )2 ( )
X X
dB = 10 log = 20 log (4.21)
X0 X0
Riferimenti Bibliografici
[Fab91] M. Fabrizio. La meccanica razionale e i suoi metodi matematici, volume 1 of
Collana di matematica. Testi e manuali. Zanichelli, Bologna, 1991.
[Pal99] William J. Palm. Modeling, Analysis, and Control of Dynamic Systems. John
Wiley & Sons Inc, Toronto, 2nd edition edition, 1999.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
Capitolo 5
cẋ + kx = 0 (5.1)
cz + k = 0 (5.2)
con radice reale negativa: z1 = −k/c. La soluzione dell’equazione del moto è pertanto:
k
x(t) = A1 e− c t (5.3)
k
x(t) = x0 e− c t (5.4)
0.5
0
0 0.05 0.1
Figura 5.1: Esempio di risposta del sistema Molla-Smorzatore
25
26 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
x(t) 1.5
x0>0 v0>0
1
m x0>0 v0<0
c 0.5
0
0 0.2 0.4 0.6
Figura 5.2: Sistema Massa–Smorzatore: schema e risposta libera
mz + c = 0 (5.7)
mẍ + kx = 0 (5.12)
x(t) 1
k 0.5
0
m
−0.5
−1
0 0.5 1
Figura 5.3: Sistema Massa–Molla: schema e risposta libera
da cui:
x(t) = D cos ωn t + E sin ωn t. (5.17)
Imponendo le condizioni iniziali x(0) = x0 e ẋ(0) = v0 si ottiene:
v0
x(t) = x0 cos ωn t + sin ωn t. (5.18)
ωn
Si noti che, posto: D = G sin ψ e E = G cos ψ, si ha:
ẋ(t)
x(t) = A cos (ωn t − φ) ; − = A sin (ωn t − φ) . (5.21)
ωn
28 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
Figura 5.4: Vibrazioni libere del sistema Massa–Molla nel piano delle fasi
x(t)
k
m
c
Si definisce smorzamento critico ccr il valore della costante di smorzamento per il quale si
ha: ( c )2 k
− = 0;
2m m
risulta quindi: √
k √
ccr = 2m = 2 km = 2mωn . (5.27)
m
Per un sistema smorzato si definisce fattore di smorzamento ζ il rapporto tra la costante
di smorzamento c e lo smorzamento critico ccr , cioè:
c c
ζ= = . (5.28)
ccr 2mωn
Il radicando che compare nella (5.29), (ζ 2 − 1), è negativo e le due radici (5.29) risultano
pertanto complesse e coniugate e si possono esprimere come:
( √ )
z1,2 = ωn −ζ ± i 1 − ζ 2 . (5.30)
(√ )
Introducendo la cosiddetta pulsazione naturale del sistema smorzato ωs = ωn 1−ζ ,
2
−1
0 0.5 1
Figura 5.6: Risposta libera di un sistema “sotto–smorzato”
30 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
Le due radici dell’equazione caratteristica sono reali, coincidenti, negative e pari a −ωn .
Il moto che ne risulta è aperiodico smorzato, ma il caso non ha alcun interesse pratico in
quanto, data l’estrema particolarità, non si verifica mai.
0.15
0.1
0.05
0
0 0.2 0.4
Figura 5.7: Risposta libera di un sistema “sovra–smorzato”
5.1.5 Osservazioni
La Fig. 5.8 confronta il moto del sistema massa–molla–smorzatore nei tre differenti casi
appena esaminati (sistema “sotto–smorzato”; sistema con smorzamento critico; sistema
“sovra–smorzato”).
Figura 5.10: Risposta libera del sistema a un grado di libertà nel piano delle fasi
immaginarie z1,2 = ±iωn ; per 0 < ζ < 1, le radici sono complesse e coniugate e collocate
simmetricamente rispetto all’asse reale; quando ζ = 1, le due radici sono coincidenti e
pari a ωn ; infine, per ζ > 1, entrambe giacciono sull’asse reale (per ζ che tende a ∞, una
tende a 0 mentre l’altra tende a −∞).
La risposta libera del sistema massa–molla–smorzatore può essere rappresentata nel
piano delle fasi, come indicato in Fig. 5.10.
x1 e−ζωn t1
= −ζωn (t1 +T ) = eζωn T (5.40)
x2 e
Per valori del fattore di smorzamento sufficientemente piccoli (ζ < 0.4), si può porre con
buona approssimazione: δ =≃ 2πζ.
5.1. VIBRAZIONI LIBERE 33
del verso della velocità della massa m e dunque si può scrivere nella forma:
L’equazione del moto è pertanto una equazione differenziale non lineare e, in quanto
tale, non può essere risolta con i metodi tradizionali. Si può procedere suddividendo il
dominio dei tempi in intervalli corrispondenti ai cambiamenti di verso della velocità (vedi
Appendice E). In alternativa, si può procedere con metodi numerici di integrazione.
Un sistema con attrito coulombiano (vedi Fig. 5.12) presenta le seguenti caratteristiche:
• Il sistema conserva la frequenza naturale del sistema non smorzato (la frequenza
naturale del sistema con smorzamento viscoso è inferiore a quella del sistema non
smorzato).
• Il moto è periodico (in un sistema con smorzamento viscoso può essere aperiodico).
• Il sistema giunge all’arresto in maniera lineare (se lo smorzamento è viscoso il sistema
si avvicina asintoticamente alla quiete, senza raggiungerla mai).
Figura 5.12: Risposta libera del sistema massa–molla con attrito coulombiano
tra le Figg. 5.13b) e 5.14a) può essere impiegata per definire una costante di smorzamento
strutturale equivalente dal punto di vista energetico alla costante di smorzamento viscoso.
Infatti, sperimentalmente, si trova che l’energia perduta per ciclo a causa dello smorza-
mento strutturale è indipendente dalla frequenza del carico, ma approssimativamente
proporzionale al quadrato della sua ampiezza. Pertanto si può porre:
a h
∆W = aX 2 = πωceq X 2 ; ceq = = . (5.48)
ωπ ω
x(t) = Xeiωt ,
dove ek è nota come rigidezza complessa del sistema e η è una costante adimensionale detta
fattore di smorzamento strutturale.
TM AX = VM AX (5.51)
y
l k, M
dy
x(t)
Figura 5.15: Sistema massa–molla con molla dotata di massa
Si consideri il sistema massa-molla di Fig. 5.15 in cui la molla ha massa non trascurabile.
L’origine delle oscillazioni x(t) della massa concentrata m sia la posizione di equilibrio
statico e si indichi con l la lunghezza della molla in tale posizione. Se la massa M della
molla è distribuita uniformemente, la massa dm di un tratto infinitesimo dy di molla vale
dm = (M/l)dy.
Volendo stimare la prima pulsazione naturale del sistema occorre, secondo il metodo
di Rayleigh, formulare una ragionevole ipotesi sulla forma del primo modo di vibrare.
A tal scopo, si può ragionevolmente ipotizzare che, nel primo modo di vibrare, le varie
sezioni della molla si distribuiscano linearmente lungo di essa: in altre parole si assume
la deformata statica come approssimazione della prima forma modale.
Per piccole oscillazioni, l’ipotesi formulata implica che lo spostamento della sezione di
molla alla generica distanza y dall’estremo fisso è pari a g(t, y) = (x/l)y, ossia è esprimibile
come prodotto di due funzioni: z(y) = y/l funzione lineare della sola variabile y, e x(t)
funzione solo del tempo t: g(t, y) = z(y) x(t).
L’energia cinetica e potenziale del sistema si esprimono rispettivamente come:
∫ ( )2 ∫ ( )
1 2 1 ∂g 1 2 M 2 l ( y )2 1 M
T = mẋ + dm = mẋ + ẋ dy = m+ ẋ2
2 2 ∂t 2 2l 0 l 2 3 (5.53)
1 2 1 2
V = k [g(t, y)y=l ] = kx
2 2
38 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
Se si assume il moto armonico della massa m nella forma x(t) = A cos ωn t, si ha:
( )
1 2 2 M 1
TM AX = A ωn m + = VM AX = A2 k (5.54)
2 3 2
In conclusione l’effetto della massa della molla può essere messo in conto aggiungendo un
terzo della sua massa M alla massa concentrata m.
5.1.9.2 Manometro
I sistemi fluidi, come quelli solidi, sono soggetti a moti vibratori. Con riferimento al
manometro a tubo illustrato in Fig. 5.16, impiegando il metodo energetico, si può calcolare
la frequenza naturale di oscillazione del fluido nel tubo. Detta S la sezione del tubo, ρ
la densità del fluido e g l’accelerazione di gravità, se x è lo spostamento del liquido dalla
posizione di equilibrio, l’energia cinetica e potenziale del fluido sono date da:
1 x x
T = ρSlẋ2 ; V = ρgSx + ρgSx = ρgSx2 . (5.56)
2 2 2
x
x
l
Figura 5.16: Manometro a tubo
Assunto un moto armonico del liquido nella forma x(t) = A cos ωn t, si ha:
1
TM AX = ρSlA2 ωn2 = VM AX = ρgSA2 (5.57)
2
da cui si ricava la pulsazione naturale del fluido:
√
2g
ωn = . (5.58)
l
Si osserva che la pulsazione naturale è indipendente dalla natura del fluido, ma dipende
solo dalla lunghezza del tubo. Ad esempio per un tubo avente lunghezza pari a l = 0.5
m, la pulsazione naturale è circa uguale a 1 Hz.
5.1. VIBRAZIONI LIBERE 39
x y(x)
l
Figura 5.17: Trave appoggiata con massa concentrata in mezzeria
Si consideri la trave appoggiata di Fig. 5.17, avente massa m, con una massa concentrata
M in mezzeria. Volendo stimare la prima pulsazione naturale del sistema, si tratta di
assumere una ragionevole deformata per la trave vibrante. A questo scopo si può con-
siderare la deformata statica corrispondente ad un carico in mezzeria (vedi Appendice
F): [
3x ( x )3 ] l
y(x) = −4 ymax ; 0≤x≤ (5.59)
l l 2
Quando la trave vibra nel primo modo, il moto di una sua generica sezione a distanza
x dall’appoggio di sinistra si può allora esprimere come [v(x, t) = y(x)γ(t)], essendo
γ(t) = cos ωn t un moto armonico alla pulsazione del primo modo.
L’energia cinetica si può scrivere come:
[( ) ]2 ∫ ( )2
1 ∂v 1 ∂v
T = M + dm =
2 ∂t x=l/2 2 ∂t
∫ l/2 ( ) (5.60)
1 [ ]
˙ ymax + 1 m γ(t) 1 17
2
M γ(t) ˙ 22 y(x)2 dx = γ̇ 2 ymax
2
M+ m
2 2 l 0 2 35
In assenza della massa concentrata M , tale risultato può essere confrontato con l’espressione
esatta della prima pulsazione di una trave appoggiata (si veda § 8.5.3), mostrando una
differenza inferiore all’1%. Da ciò emerge la grande potenza del metodo energetico di
Rayleigh.
40 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
m, J G
k
θ
F(t)
G
R
c
Assunta ora, come variabile indipendente per descrivere il moto del sistema vibrante, la
traslazione x del baricentro, si procede alla scrittura dell’equazione del moto impiegando
diversi metodi.
Per un sistema ad un gdl l’equazione di Lagrange può essere scritta come segue (vedi
Appendice A.8): ( )
d ∂T ∂T ∂V
− + = Q, (5.69)
dt ∂ q̇ ∂q ∂q
in cui q è la generica coordinata indipendente scelta per descrivere il moto del sistema.
Risulta conveniente scrivere le varie forme di energia esprimendole dapprima in funzione di
coordinate fisiche: tali coordinate possono essere per esempio spostamenti dei baricentri (o
rotazioni) dei diversi corpi che compongono il sistema, allungamenti relativi delle estremità
di elementi elastici, spostamenti dei punti di applicazione delle forze, ecc …. In seguito si
introducano i legami tra le variabili fisiche e la coordinata generalizzata prescelta.
Se si considera, come unica variabile indipendente, lo spostamento x del baricentro del
disco: q = x, e come variabili fisiche la rotazione θ e l’allungamento ∆l della molla, le
espressioni dell’energia cinetica e dell’energia potenziale risultano:
1 1 1
T = mẋ2 + JG θ̇2 ; V = k∆l2 . (5.70)
2 2 2
Il lavoro virtuale compiuto dalla forza dissipativa viscosa è: δWd = −c∆lδx
˙
e quello compiuto dalla forza esterna è: δWe = f (t)δx.
42 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
F(t)
m
x(t)
c k
Figura 5.20: Rappresentazione dell’equazione del moto (5.72) nel piano complesso
4 ψ
3
2.5
3
2
X0 / (F0/k)
2 1.5
1
1
0.5
0 0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(ω / ω )2 (ω / ωn)2
n (a) (b)
Figura 5.21: Ampiezza (a) e fase (b) della risposta forzata a regime, in funzione del rapporto
(ω/ωn )2 .
parla, invece, di risonanza di fase quando (ω/ωn )2 = 1, ovvero quando la fase ψ è pari a
π/2. In tali condizioni il valore dell’ampiezza a regime vale rispettivamente:
F /k F0 /k
XRA = √0 ; XRF = . (5.76)
2ζ 1 − ζ 2 2ζ
In Fig. 5.22 è riportato l’andamento del rapporto XRF /XRA in funzione del fattore di
smorzamento ζ. Si nota come le due risonanze tendono a coincidere al diminuire di ζ.
0.8
XRF / XRA
0.6
0.4
0.2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2
ζ
Si ottiene l’equazione:
(1 − r2 )2 + (2ζr)2 = 8ζ 2 , cioè: r4 + 2(2ζ 2 − 1)r2 + 1 − 8ζ 2 = 0,
46 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
Per valori piccoli dello smorzamento si ha ζ 2 << 1 per cui si può approssimare:
r1,2 ≃ 1 ± 2ζ, da cui si ricava il valore del fattore di smorzamento:
r22 − r12
ζ= . (5.82)
4
In particolare, se si approssima ωn ≃ (ω2 + ω1 )/2, si ha:
ω22 − ω12 (ω2 − ω1 )(ω2 + ω1 ) ω2 − ω1
ζ= 2
≃ 2
≃ . (5.83)
4ωn (ω2 + ω1 ) 2ωn
L’intervallo di pulsazioni comprese tra ω1 e ω2 viene chiamato banda di mezza potenza.
Tale denominazione deriva dal fatto che la potenza media dissipata ad ogni ciclo per
effetto dell’attrito viscoso, in corrispondenza di ω1 e ω2 , è approssimativamente la metà
di quella dissipata in condizioni di risonanza di fase. Infatti, in generale, l’espressione
della potenza media dissipata in un ciclo dallo smorzatore viscoso per un moto armonico
x(t) = X cos(ωt − ψ) è:
∫
1 T 2 1
Pm = cẋ dt = cX 2 ω 2 .
T 0 2
Si ha quindi:
Pm1,2 2
cX1,2 2
ω1,2 2
r1,2 1 ± 2ζ 1
= 2
= ≃ ≃ (5.84)
PmRF cXRF ωn2 2 2 2
Quanto detto fornisce la base per un metodo di rilevazione sperimentale dello smor-
zamento. Infatti, trovato sperimentalmente l’andamento dell’ampiezza della risposta a
regime in funzione del rapporto r, si possono determinare ω1 , ω2 e ωn , e quindi si può
calcolare ζ.
5.2. VIBRAZIONI FORZATE 47
Figura 5.24: Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica in risonanza
mẍ + kx = F0 cos ωn t.
1
x(t)
0.5
−0.5
−1
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
Time
F0 /k
xp (t) = X0 cos ωt con: X0 = .
|1 − ω 2 /ωn2 |
5.2. VIBRAZIONI FORZATE 49
Figura 5.26: Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica (ω < ωn )
Figura 5.27: Risposta del sistema non smorzato all’eccitazione armonica (ω > ωn )
Il moto risulta la sovrapposizione di due moti: uno ha pulsazione pari a quella della
forzante, l’altro ha pulsazione pari a quella naturale del sistema. La Fig. 5.26 rappresenta
il caso in cui la pulsazione della forzante è inferiore a ωn (ω < ωn ), mentre la situazione
opposta è rappresentata in Fig. 5.27 (ω > ωn ).
Ora, se la pulsazione ω della forzante è molto vicina alla pulsazione naturale del sistema,
pur mantenendosi distinta da quest’ultima, nasce un fenomeno noto come battimento. In
questo tipo di vibrazione l’ampiezza aumenta e diminuisce con andamento regolare. Il
fenomeno può essere spiegato considerando il caso in cui entrambe le condizioni iniziali
siano nulle; allora si ha:
F0 /m
x(t) = X0 (cos ωt − cos ωn t) = cos(ωt − cos ωn t), (5.89)
|ωn2 − ω 2 |
che si può scrivere anche come:
( )
F0 /m ωn + ω ωn − ω
x(t) = 2 2 sin t sin t ., (5.90)
|ωn − ω 2 | 2 2
Ipotizzando che ω sia poco più piccola di ωn e ponendo: ωn − ω = 2ϵ, dove ϵ è una
piccola quantità positiva, risulta ωn ≃ ω e ωn + ω ≃ 2ω. Pertanto: ωn2 − ω 2 = 4ϵ. In
conclusione la legge di moto assume la forma:
( )
F0 /m
x(t) = sin ϵt sin ωt. (5.91)
2ϵω
50 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
Il moto può essere inteso come un moto avente pulsazione ω la cui ampiezza varia len-
tamente (ϵ è piccolo) con periodo 2π/ϵ (vedi Fig. 5.28). La frequenza di battimento ωb è
definita come ωb = 2ϵ = ωn − ω.
4
X0 / (A/m)
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(ω / ω )2
n
Figura 5.29: Ampiezza del rapporto X0 m/A in funzione del rapporto (ω/ωn )2 nel caso di
oscillazioni forzate con eccitazione sinusoidale di ampiezza proporzionale a ω
(A/m)(ω/ωn )2 2ζω/ωn
X0 = √ . tan ψ = . (5.92)
1 − ω 2 /ωn2
(1 − ω 2 /ωn2 )2 + (2ζω/ωn )2
5.2. VIBRAZIONI FORZATE 51
4 ψ
3
2.5
3
2
X0 / (F0/k)
2 1.5
1
1
0.5
0 0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
(ω / ω )2 (ω / ωn)2
n (a) (b)
Figura 5.30: Smorzamento strutturale: ampiezza (a) e fase (b) della risposta forzata a regime,
in funzione del rapporto (ω/ωn )2
Si può notare che, nel caso di smorzamento strutturale, la risposta x(t) raggiunge il
suo valore massimo, F0 /(kη), in corrispondenza della risonanza ω = ωn , al contrario di
quanto avviene nel caso di smorzamento viscoso in cui il massimo è raggiunto per ω < ωn .
Inoltre, per valori non nulli di η, l’angolo ψ non si annulla mai (nemmeno per η = 0). Nel
caso di smorzamento struturale l’eccitazione e la risposta non sono pertanto mai in fase.
52 CAPITOLO 5. SISTEMI A UN GRADO DI LIBERTÀ
si dice impulso della forza F . Si faccia ora tendere a zero l’intervallo ∆t, imponendo che
sia: ∫ +∞
lim = F (t)dt = I.
∆t→0 −∞
La forza F (t) che soddisfa questa condizione si dice impulsiva.
Ricordando che l’impulso di una forza è uguale alla variazione della quantità di moto, se
una forza trasmette un impulso I ad un corpo di massa m inizialmente in quiete, il corpo
stesso acquista una quantità di moto Q = I, e quindi una velocità data da v0 = I/m.
Ne segue che la risposta forzata ad un’eccitazione impulsiva di impulso I di un corpo di
massa m, inizialmente fermo, coincide con il moto libero relativo alle condizioni iniziali:
x(0) = 0 e ẋ(0) = I/m. Infatti, a causa della durata molto breve (teoricamente nulla)
della forza impulsiva, durante la sua applicazione il corpo rimane nella posizione iniziale.
Pertanto si avrà per il sistema non smorzato e per il sistema smorzato (con ζ < 1),
rispettivamente:
I I −ζωn t
x(t) = sin ωn t x(t) = e sin ωs t (5.96)
mωn mωs
Ovvero: x(t) = Ih(t), avendo indicato con h(t) la risposta del sistema ad un impulso
unitario.
F( )
x F( ) d
d =t t- =t
Figura 5.31: Forza eccitatrice di forma arbitraria e risposta del sistema all’impulso F (τ )dτ
La risposta del sistema, all’istante t, per effetto dell’impulso elementare F (τ )dτ agente
al tempo τ , sarà:
F (τ )dτ −ζωn (t−τ )
dx(t) = e sin ωs (t − τ ) = F (τ ) h(t − τ ) dτ, (5.97)
mωs
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 53
L’integrale a secondo membro della (5.98) viene detto integrale di convoluzione o integrale
di Duhamel.
Riferimenti Bibliografici
[FMM05] E. Funaioli, A. Maggiore, and U. Meneghetti. Lezioni di Meccanica applicata
alle macchine - Prima parte - Fondamenti di meccanica delle macchine. Pàtron
editore S.r.l., Bologna, 2005.
[Pal99] William J. Palm. Modeling, Analysis, and Control of Dynamic Systems. John
Wiley & Sons Inc, Toronto, 2nd edition edition, 1999.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
Capitolo 6
x1(t) x2(t)
c1 F1(t) F2(t) c
c2 3
k1 m1 k2 m2 k3
Figura 6.1: Sistema vibrante a due gradi di libertà: schema e diagrammi di corpo libero
Si consideri il sistema a due gdl rappresentato in Fig. 6.1, costituito da masse molle e
smorzatori viscosi. Il moto del sistema è completamente descritto dalle coordinate x1 (t) e
x2 (t), che definiscono la posizione delle masse m1 e m2 a partire dalle rispettive posizioni
di equilibrio statico.
L’applicazione del principio di d’Alémbert fornisce le equazioni del moto:
dove:
[ ] [ ] [ ]
m1 0 k1 + k2 −k2 c1 + c2 −c2
[M ] = , [K] = , [C] =
0 m2 −k2 k2 + k3 −c2 c2 + c3
54
6.1. EQUAZIONI DEL MOTO 55
x1(t) x2(t)
k1 k2 k3
m1 m2
m1 x¨1 + (k1 + k2 ) x1 − k2 x2 = 0
(6.6)
m2 x¨2 − k2 x1 + (k2 + k3 ) x2 = 0
Assumendo che sia possibile avere un moto armonico delle masse m1 e m2 alla medesima
pulsazione ω, con la stessa fase ϕ, ma con ampiezze differenti, si considerino le soluzioni
delle Eqq. (6.6) nella forma:
x1 (t) = X1 cos(ωt + ϕ)
(6.7)
x2 (t) = X2 cos(ωt + ϕ)
dove le costanti X1 e X2 sono le ampiezze delle oscillazioni di x1 (t) e x2 (t), e ϕ è la fase.
Sostituendo le (6.7) nelle equazioni del moto (6.6), si ottiene:
([ ] )
−m1 ω 2 + (k1 + k2 ) X1 − k2 X2 cos(ωt + ϕ) = 0
( [ ] ) (6.8)
−k2 X1 + −m2 ω 2 + (k2 + k3 ) X2 cos(ωt + ϕ) = 0
Poiché le Eqq. (6.8) devono essere soddisfatte per tutti i valori di t, i termini tra parentesi
devono annullarsi, il che conduce a:
[ ]
−m1 ω 2 + (k1 + k2 ) X1 − k2 X2 = 0
[ ] (6.9)
−k2 X1 + −m2 ω 2 + (k2 + k3 ) X2 = 0
Questo mostra che per il sistema è possibile avere una vibrazione libera nella forma (6.7)
quando ω è uguale a ω1 e ω2 date dalla (6.11). Le ω1 e ω2 sono dette pulsazioni naturali
del sistema.
Restano da determinare i valori delle ampiezze X1 e X2 , che dipendono dalle pulsazioni
naturali ω1 e ω2 . Denominati i valori di X1 e X2 corrispondenti a ω1 come X11 e X21 e
6.2. VIBRAZIONI LIBERE 57
I vettori seguenti, corrispondenti alle pulsazioni ω1 e ω2 , sono i modi di vibrare del sistema
e possono essere espressi come:
{ } { }
X11 X11
{X1 } = =
X21 r1 X11
{ } { } (6.13)
X12 X12
{X2 } = =
X22 r2 X12
i modi possono essere denominati come modi normali (normal modes) della vibrazione o
vettori modali (modal vectors) del sistema.
La vibrazione libera del sistema puó essere espressa come:
x1 (t) = X11 cos(ω1 t + ϕ1 ) + X12 cos(ω2 t + ϕ2 )
x2 (t) = X21 cos(ω1 t + ϕ1 ) + X22 cos(ω2 t + ϕ2 ) = (6.14)
= r1 X11 cos(ω1 t + ϕ1 ) + r2 X12 cos(ω2 t + ϕ2 )
dove le costanti X11 , X12 , ϕ1 e ϕ2 sono determinate dalle condizioni iniziali.
x1(t) x2(t)
k
m1 m2
Si consideri il sistema a due 2 gdl rappresentato in Fig. 6.3 (ad esempio, potrebbe
essere il modello di due vagoni ferroviari). Le equazioni del moto libero sono le seguenti:
[ ]{ } [ ]{ } { }
m1 0 ẍ1 k −k x1 0
+ =
0 m2 ẍ2 −k k x2 0
yj (t) = Yj eiωt j = 1, 2
Se si definisce la quantità:
dove:
[ ] { } { }
Z11 (iω) Z12 (iω) Y1 F10
[Z( iω)] = ; {Y } = ; {F0 } = .
Z21 (iω) Z22 (iω) Y2 F20
La matrice [Z(iω)] è detta matrice impedenza. La soluzione della Eq. (6.21) è data dalla:
Le Eqq. (6.24) sostituite nelle yj (t) (j=1, 2) forniscono le soluzioni delle Eqq. (6.19). Le
risposte reali xj (t) sono la parte reale delle risposte complesse yj (t).
60 CAPITOLO 6. SISTEMI A DUE GRADI DI LIBERTÀ
x1(t) x2(t)
Fcos ωt c
m m k
k k
Figura 6.4: Esempio di sistema vibrante a due gradi di libertà forzato
6.4.1 Esempio
Si debba trovare la risposta a regime del sistema di Fig. 6.4 quando la massa associata al
grado di libertà x1 è eccitata dalla forzante armonica F1 (t) = F cos ωt. Le equazioni del
moto sono:
[ ]{ } [ ]{ } [ ]{ } { }
m 0 ẍ1 0 0 ẋ1 2k −k x1 F cos ωt
+ + =
0 m ẍ2 0 c ẋ2 −k 2k x2 0
Se si considera la forzante nella forma complessa F (t) = F eiωt , si possono assumere come
soluzioni le: yj (t) = Yj eiωt (j = 1, 2), con xj (t) = ℜ[yj (t)] = ℜ[Yj eiωt ].
Se, in prima istanza, non si considera la presenza dello smorzatore (c = 0), il sistema
risulta quello di Fig. 6.2 nel caso in cui m1 = m2 = m e k1 = k2 = k3 = k, per il quale le
pulsazioni naturali al quadrato erano fornite dalle (vedi §6.1.1):
k 3k
ω12 = , ω22 = .
m m
In tale caso, le funzioni Zrs (iω) valgono:
Z11 (ω) = Z22 (ω) = −mω 2 + 2k; Z12 (ω) = Z21 (ω) = −k.
e, di conseguenza, le ampiezze Yj (j = 1, 2), in generale complesse, risultano ora reali ed
espresse dalle:
(−mω 2 + 2k)F (−mω 2 + 2k)F
Y1 (ω) = =
(−mω 2 + 2k)2 − k 2 (−mω 2 + 3k)(−mω 2 + k)
kF kF
Y2 (ω) = =
(−mω + 2k) − k
2 2 2 (−mω + 3k)(−mω 2 + k)
2
Come ovvio, da tali espressioni, risulta che le pulsazioni naturali sono quelle particolari
pulsazioni che, annullando le quantità a denominatore, portano le ampiezza all’infinito.
k
Ponendo: ω02 = e sostituendo nelle relazioni che forniscono Y1 e Y2 , si ha:
m
( ) ( )
ω2 F ω2 F
2− 2 2− 2
ω0 k ω k
Y1 (ω) = ( )
2 2
=( 2
) (0 )
ω ω ω2
2− 2 −1 3− 2 1− 2
ω0 ω0 ω0
F F
Y2 (ω) = ( k =( )k( )
)
2 2 2
ω ω ω2
2− 2 −1 3− 2 1− 2
ω0 ω0 ω0
6.4. VIBRAZIONI FORZATE 61
che possono essere analizzate in funzione, ad esempio, del rapporto adimensionale ω/ω0
(vedi Fig. 6.5).
5 5
4 4
|Y1| / (F / k)
|Y2| / (F / k)
3 3
2 2
1 1
0 0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
ω / ω0 ω / ω0
Figura 6.5: Ampiezza delle risposte per il sistema di Fig. 6.4 nel caso in cui c = 0
Nel caso di presnza dello smorzatore viscoso tra la massa m2 ed il telaio, le funzioni
Zrs (iω) diventano:
Z11 (iω) = −mω 2 + 2k; Z22 (iω) = −mω 2 + icω + 2k; Z12 (iω) = Z21 (iω) = −k.
Di conseguenza, le ampiezze Yj (j = 1, 2) risultano ora complesse ed espresse dalle:
(−mω 2 + icω + 2k)F
Y1 (iω) =
(−mω 2 + icω + 2k)(−mω 2 + 2k) − k 2
kF
Y2 (iω) =
(−mω + icω + 2k)(−mω 2 + 2k) − k 2
2
k
Al solito, ponendo: ω02 = e introducendo il parametro adimensionale:
m
c c
a= = √
2mω0 2 km
possono essere poste nella seguente forma:
( )
ω2 ω F
− 2 + i2a + 2
ω0 ω0 k
Y1 (iω) = ( 2
)( ) ;
ω ω ω2
− 2 + i2a + 2 2− 2 −1
ω0 ω0 ω0
F
Y2 (iω) = ( k )( ) .
ω2 ω ω2
− 2 + i2a + 2 2− 2 −1
ω0 ω0 ω0
La Fig. 6.6 mostra l’andamento del modulo dell’ampiezza della risposta del primo grado
di libertà in funzione del rapporto adimensionale ω/ω0 e per diversi valori del parametro
a. Si vede che quando a ≫ 1 il sistema√ tende a comportarsi
√ come un sistema ad un gdl
con un’unica risonanza che vale ωn = 2k/m (ω/ω0 = 2). In effetti, all’aumentare
della costante di smorzamento c (e quindi del parametro a), è come se la massa m2 fosse
solidale al telaio.
62 CAPITOLO 6. SISTEMI A DUE GRADI DI LIBERTÀ
16
14 a=10
12
|Y1| / (F / k)
10
8
6 a=0.2
4
2 a=1
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3
ω / ω0
Figura 6.6: Ampiezza della risposta x1 (t) per il sistema vibrante di Fig. 6.4 all’aumentare dello
smorzamento
Fcos t
Machine (m1)
x1
k2
k1/2 m2 k1/2
x2
xj (t) = Xj cos ωt j = 1, 2
Z11 (ω) = −m1 ω 2 + (k1 + k2 ); Z22 (ω) = −m2 ω 2 + k2 ; Z12 (ω) = Z21 (ω) = −k2 .
Di conseguenza risulta:
(−m2 ω 2 + k2 )F
X1 (ω) =
(−m1 ω 2 + k1 + k2 )(−m2 ω 2 + k2 ) − k22
k2 F
X2 (ω) =
(−m1 ω 2 + k1 + k2 )(−m2 ω 2 + k2 ) − k22
Se è soddisfatta la condizione:
k1 k2
= ω2 =
m1 m2
si ha per x1 (t) una antirisonanza, ossia la massa m1 non vibra. Posto:
2 k1 2 k2
ω10 = ; ω20 =
m1 m2
le espressioni di X1 (ω) e X2 (ω) risultano:
( )
ω2 F F
1− 2
ω20 k1
X1 (ω) = ( 2
)( 2
) ; X2 (ω) = ( 2
)k1( ) ;
ω k2 ω k2 ω k2 ω2 k2
1− 2 + 1− 2 − 1− 2 + 1− 2 −
ω10 k1 ω10 k1 ω10 k1 ω10 k1
che possono essere diagrammate in funzione del rapporto adimensionale ω/ω10 (vedi
Fig. 6.8).
6 6
5 5
|X1| / (F / k1)
|X2| / (F / k1)
4 4
3 3
2 2
1 1
0 0
0 0.5 1 1.5 2 0 0.5 1 1.5 2
ω / ω10 ω / ω10
In altre parole, la massa m1 non oscilla poiché la massa m2 trasmette alla massa m1 una
forza uguale ed opposta all’eccitazione; infatti:
m2 ω2
k2 (x2 − x1 ) = −m2 ẍ2 = m2 ω 2 X2 cos ωt = − F ω 2 cos ωt = − 2 F cos ωt = −F cos ωt.
k2 ω20
1.5
ω / ω10
0.5
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
m2 / m1
Figura 6.9: Pulsazioni naturali dello smorzatore dinamico in funzione del rapporto m2 /m1
L’aggiunta di una massa introduce però nel sistema una seconda risonanza. Le due
risonanze si possono trovare ponendo a zero il denominatore di X1 (ω) (o di X2 (ω)):
( )( ) ( )
ω2 k2 ω2 k2 ω4 ω2 k2
1− 2 + 1− 2 − = 0; ossia: 4
− 2 2+ + 1 = 0.
ω10 k1 ω10 k1 ω10 ω10 k1
Riferimenti Bibliografici
[MMF11] U. Meneghetti, A. Maggiore, and E. Funaioli. Lezioni di meccanica applicata
alle macchine - Terza parte - Dinamica e vibrazioni delle macchine. Pàtron
editore S.r.l., Bologna, 2011.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
Capitolo 7
Come si può vedere dalla Eq. (7.2), gli elementi mij della matrice massa rappresen-
tano l’azione inerziale agente sulla massa i-esima in corrispondenza di una accelerazione
unitaria della coordinata in cui è concentrata la massa j-esima (essendo nulle le accelera-
zioni delle restanti n-1 coordinate). Gli elementi mij sono detti coefficienti di influenza
inerziali. Gli elementi kij della matrice rigidezza rappresentano l’azione elastica agen-
te sulla massa i-esima in corrispondenza di uno spostamento unitario della coordinata
65
66 CAPITOLO 7. SISTEMI A N GRADI DI LIBERTÀ
in cui è concentrata la massa j-esima (essendo nulli gli spostamenti delle restanti n-1
coordinate). Essi sono noti anche come coefficienti di influenza per la rigidezza.
Al fine di determinare i modi propri di vibrare del sistema si assuma una risposta nella
forma:
xj (t) = Xj eiωt j = 1, 2, . . . , n
Si ottiene:
− ω 2 [M ]{X} + [K]{X} = {0} (7.3)
dove: {X} = {X1 X2 ... Xn }T è il vettore delle ampiezze di oscillazione delle masse.
Si perviene ad un sistema di equazioni analogo a quello già visto nel caso dei sistemi a
due gradi di libertà:
[A − µI] {X} = {0} (7.4)
per il quale deve essere:
det [A − µI] = 0 (7.5)
avendo posto [A] = [M ]−1 [K] (matrice dinamica).
Le radici µi dell’equazione caratteristica (7.5) sono gli autovalori della matrice [A] e
sono pari al quadrato delle pulsazioni naturali del sistema: ωi2 = µi . Sostituendo gli
autovalori µi nella Eq. (7.4) si ottengono i corrispondenti autovettori, che forniscono i
modi di vibrare:
X11
X12
X1n
X21 X22 X2n
{X}1 = , {X}2 = , . . . {X}n = .
...
...
...
Xn1 Xn2 Xnn
Si noti che, essendo la Eq. (7.4) un sistema di n equazioni omogenee, gli autovettori
risultano definiti a meno di una costante arbitraria.
Talvolta può essere utile formulare le equazioni del moto delle masse del sistema in
modo diverso dalle (7.1). A ciò si perviene utilizzando i coefficienti di influenza per la
cedevolezza (flessibilità) δij . Essi vengono definiti come lo spostamento della coordinata
i-esima provocato da una forza unitaria applicata nella coordinata j-esima. Nel caso delle
oscillazioni libere di un sistema ad n gradi di libertà, le azioni applicate sono solo quelle
inerziali e pertanto lo spostamento della massa i-esima vale:
∑
n ∑
n
xi = − δij mij ẍj (i = 1, 2, . . . , n) (7.6)
j=1 j=1
La matrice:
δ11 δ12 ... δ1n
δ21 δ22 ... δ2n
[D] =
... ...
... ...
δn1 δn2 ... δnn
è detta matrice cedevolezza (flessibilità).
7.1. SISTEMI NON SMORZATI 67
Confrontando la Eq. (7.7) con la Eq. (7.1) scritta nel modo seguente:
si riconosce che: [D] = [K]−1 ossia la matrice flessibilità [D] è l’inversa della matrice
rigidezza [K]. Se si sostituiscono le soluzioni xj (t) nella Eq. (7.7), si ottiene:
ed anche:
0 = {X}j T [K]{X}i (7.15)
Le Eqq. (7.14) e (7.15) definiscono il carattere di ortogonalità dei modi propri di vibrare
nei confronti delle matrici massa e rigidezza. Tale proprietà è di fondamentale importanza
per procedere al disaccoppiamento delle equazioni del moto del sistema (vedi §7.1.5).
Nel caso in cui i = j, la Eq. (7.13) risulta soddisfatta per ogni valore finito del termine
{X}i T [M ]{X}i . Si definiscono massa modale e rigidezza modale rispettivamente gli scalari
forniti dai prodotti:
7.1.3 Normalizzazione
Ricordando che gli autovettori sono definiti a meno di una costante arbitraria, è possibile
operare diverse normalizzazioni degli autovettori medesimi. Ad esempio, osservando la
relazione che definisce la massa modale, si vede come sia possibile individuare per ogni
autovettore {X}i lo scalare pi tale da rendere unitaria la rispettiva massa modale Mi :
1
Mi = pi {X}i T [M ] pi {X}i = 1; pi = √ ; (i = 1, 2, . . . , n).
{X}i [M ]{X}i
T
Adottando tale normalizzazione (nota come normalizzazione rispetto alla matrice massa),
dalla (7.11) scritta per i = j, risulta che ogni rigidezza modale Ki è pari al quadrato della
relativa pulsazione naturale ωi :
Per l’ortogonalità dei modi propri, il seguente prodotto è una matrice diagonale:
M1 0 ... 0
0 M2 ... 0
[Φ]T [M ][Φ] =
... ... ... ... = [M ]P (7.18)
0 0 ... Mn
7.1. SISTEMI NON SMORZATI 69
Gli elementi della diagonale principale della (7.18) sono le masse modali; la matrice prende
il nome di matrice massa modale (principale). Analogamente si ha:
K1 0 ... 0
0 K2 ... 0
[Φ]T [K][Φ] =
... ... ... ... = [K]P (7.19)
0 0 ... Kn
In questo caso gli elementi della diagonale principale sono le rigidezze modali e la matrice
prende il nome di matrice rigidezza modale (principale).
La matrice massa principale e la matrice rigidezza principale permettono di disaccop-
piare le equazioni del moto.
Se si adotta la normalizzazione rispetto alla matrice massa, le matrici massa principale e
rigidezza principale diventano, rispettivamente:
2
1 0 ... 0 ω1 0 ... 0
0 1 ... 0 0 ω2 2 ... 0
[M ]P = = [I];
... ... ... ... [K] P =
... ... ... ...
0 0 ... 1 0 0 ... ωn 2
ossia:
[M ]P {q̈} + [K]P {q} = {0} (7.21)
avendo posto:
{q} = [Φ]−1 {x} (7.22)
Le (7.22) definiscono le coordinate modali (principali). Poiché, come visto (§7.1.4),
[M ]P e [K]P sono matrici diagonali, le equazioni del moto (7.21) risultano disaccoppiate.
Risolte le (7.21) in termini di coordinate modali, si passa da queste alle coordinate di
origine con la trasformazione:
{x} = [Φ]{q} (7.23)
[K]{X}1 = 0 [K]{X}2 = 0
[K]{X}i = ωi 2 [M ]{X}i (i = 3, 4, . . . , n)
Dalle prime due si ricava:
e risulta altresì:
{X}1 T [K]{X}2 = 0
che, assieme alla precedente, costituisce la relazione di ortogonalità nei confronti della
matrice rigidezza. Per contro, nella relazione da cui si ricava l’ortogonalità nei confronti
della matrice massa (Eq. (7.13)), per i primi due modi la differenza (µ2 − µ1 ) è nulla, ossia
in generale si ha:
{X}1 T [M ]{X}2 ̸= 0
Pertanto, la presenza di moti di corpo rigido può dare luogo alla presenza nella matrice
massa modale di termini al di fuori della diagonale.
In generale, la matrice [Φ]T [C][Φ] è simmetrica ma non diagonale, per cui le equazioni
del moto non sono più disaccoppiate. Se però per lo smorzamento si adotta l’ipotesi di
smorzamento proporzionale, cioè si esprime la matrice [C] attraverso la:
in cui la matrice [C]P è una matrice diagonale detta matrice smorzamento modale (prin-
cipale):
C1 0 ... 0
0 C2 ... 0
[C]P = ... ... ...
...
0 0 ... Cn
e Ci = {X}i T [C]{X}i sono gli smorzamenti modali. Le equazioni del moto risultano
pertanto completamente disaccoppiate.
In analogia a quanto fatto per il sistema ad un gdl, si possono definire lo smorzamento
(modale) critico e il fattore di smorzamento modale attraverso le:
Ci Ci Ci α βωi
ζi = = √ = = + (7.25)
CCRi 2 Ki Mi 2Mi ωi 2ωi 2
7.3. VIBRAZIONI FORZATE 71
Inserite nelle equazioni del moto (7.26), premoltiplicando per [Φ̄]T si ha:
Questa volta si ottiene un sistema di r equazioni accoppiate per i termini in q̇, ma inte-
grabili abbastanza facilmente perché r ≪ n. Anche in questo caso, come per il metodo
modale, la soluzione è valida solo se la massima pulsazione presente nella forzante è
sufficientemente inferiore alla pulsazione ωr del modo r-esimo.
1 1
T = − ω 2 {X}T [M ] {X} ei2ωt ; V = {X}T [M ] {X} ei2ωt
2 2
Se il sistema è conservativo vale il principio di conservazione dell’energia meccanica
(TM AX = VM AX ), per cui si ottiene:
1 1
TM AX = ω 2 {X}T [M ] {X} = VM AX = {X}T [K] {X}
2 2
da cui si può ricavare il seguente rapporto:
7.5.1 Esempio
" #
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#
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Figura 7.1: Esempio di applicazione del metodo di Rayleigh-Ritz
22.5 m p̈ + 4.5 k p = 0
cioè in definitiva:
1 1
[γ] = 2.5 2
3 −1
ovvero:
x 1 1 1 { }
p
x2 = 2.5 2 1
p2
x3 3 −1
Si ottiene allora:
[ ] m 0 0 1 1 [ ]
T 1 2.5 3 22.5 8
[γ] [M ][γ] = 0 2m 0 2.5 2 = m
1 2 −1 8 10
0 0 m 3 −1
[ ] 3k −k 0 1 1 [ ]
1 2.5 3 4.5 2
T
[γ] [K][γ] = −k 2k −k 2.5 2 = k
1 2 −1 2 12
0 −k k 3 −1
Le equazioni del moto sono pertanto:
[ ] [ ]
22.5 8 4.5 2
m {p̈} + k {p} = {0}
8 10 2 12
L’equazione caratteristica è:
161 m2 ω 4 − 283 k mω 2 + 50 k 2 = 0
da cui si ricavano:
1 1
{X̃}1 = [γ]{P }1 = 2.521 {X̃}2 = [γ]{P }2 = 1.739
3.169 −3.084
76 CAPITOLO 7. SISTEMI A N GRADI DI LIBERTÀ
si sarebbe ottenuto:
[ ] [ ]
T 22.5 14 T 4.5 3
[γ] [M ][γ] = m [γ] [K][γ] = k
14 10 3 4
da cui: √ √
k k
ω̃1 = 0.4461 ω̃2 = 1.2488
m m
con un errore sulla prima pulsazione dello 0.25% e sulla seconda dello 0.15% rispetto ai
valore esatti. I corrispondenti modi sono:
{ } { } { } { }
P1 1 P1 1
= =
P2 1 −0.1066 P2 2 −1.6242
da cui si ricavano:
1 1
{X̃}1 = [γ]{P }1 = 2.5596 {X̃}2 = [γ]{P }2 = 1.199
3.2386 −2.204
{X}j T [K]{X}j ( )
ωj 2 = = R {X}j
{X}j T [M ]{X}j
esso non è altro che il rapporto tra la rigidezza modale Kj e la massa modale Mj .
Se alcune masse e/o rigidezze del sistema subiscono una modifica, ovviamente anche le
frequenze e i modi cambiano. Se con [M + ∆M ] e [K + ∆K] si indicano rispettivamente
le nuove matrici massa e rigidezza, si avrà:
Se ora si assume che sia {X}∗j = {X}j , ossia che la forma modale conseguente alle
modifiche coincida con quella relativa al sistema senza modifiche, si può scrivere:
ovvero:
{X}j T [∆K]{X}j
1+
{X}j T [K]{X}j
ω ∗2 ∼
= ωj 2
j
{X}j T [∆M ]{X}j
1+
{X}j T [M ]{X}j
7.6.1 Esempio 1
Come esempio di applicazione del metodo si consideri il sistema a n=3 gdl rappresentato
in Fig. 7.2, le cui matrici massa e rigidezza sono:
2m 0 0 3k −2k 0
[M ] = 0 m 0 [K] = −2k 3k −k
0 0 3m 0 −k k
Si impieghi il metodo di Rayleigh per trovare il nuovo valore ω3∗ della terza pulsazio-
ne naturale se la rigidezza della seconda molla viene portata da 2k a 2.5k. L’energia
potenziale e cinetica massime del terzo modo sono rispettivamente:
1 1 1 1
V3M AX = {X}3 T [K]{X}3 = K3 ; T3M AX = ω3 2 {X}3 T [M ]{X}3 = ω3 2 M3
2 2 2 2
dove K3 e M3 sono rispettivamente la terza rigidezza modale e la terza massa modale.
A seguito della modifica di rigidezza, si ha:
1 1 1
V3∗M AX = {X}3 T [K + ∆K]{X}3 ; T3∗M AX = ω3 ∗2 {X}3 T [M ]{X}3 = ω3 ∗2 M3
2 2 2
"
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Figura 7.2: Modifiche strutturali
78 CAPITOLO 7. SISTEMI A N GRADI DI LIBERTÀ
7.6.2 Esempio 2
Si consideri ancora lo stesso sistema di Fig. 7.2 ma si calcoli la terza frequenza naturale
qualora la seconda massa passi al valore 1.3 m. Questa volta risulta:
ω3 ∗2 1 1
= =
ω3 2
{X}3 [M + ∆M ]{X}3
T
{X}3 [∆M ]{X}3
T
1+
M3 M3
0 0 0 0 0 0
[∆M ] = 0 0.3m 0 = 0 δm 0
0 0 0 0 0 0
La terza massa modale M3 è:
M3 = {X}3 T [M ]{X}3 = 8.006 m.
Inoltre è:
{X}3 T [∆M ]{X}3 = δm (X23 )2 = 0.3 m (−2.4195)2
v √ v u √
u
u 1 k u 1 k
ω3 ∗ = ω3 u = 1.9798 u = 1.793 .
t {X}3 [∆M ]{X}3
T
mt 0.3 m (−2.4195) 2
m
1+ 1+
M3 8.006 m
Il valore esatto della
√ terza pulsazione a seguito della variazione della seconda massa è:
ω3 ∗ESAT T O = 1.807 k/m ovvero si è compiuto un errore pari a 0.77%.
7.7. ESEMPIO - SISTEMA A 3 GDL 79
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Figura 7.3: Esempio di sistema a 3 gdl
80 CAPITOLO 7. SISTEMI A N GRADI DI LIBERTÀ
dove X11 , ϕ1 , X12 , ϕ2 , X13 , ϕ3 sono costanti che soddisfano le condizioni iniziali.
Per lo studio delle vibrazioni forzate, si consideri una forzante armonica applicata
alla massa centrale. Il vettore delle forzanti è dunque:
F1 0
{F (t)} = F2 sin Ωt = F2 sin Ωt
F3 0
Posto m=1, k=1, F2 =2, l’andamento delle oscillazioni delle tre masse per due valori della
pulsazione della forzante (Ω=1.1 rad/s e Ω=2.5 rad/s) è riportato in Fig. 7.4.
La Fig. 7.5 riporta il modulo delle FRF tra un generico grado di libertà ed il grado di
libertà in cui è applicata la forzante.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 81
1 0.4
x1 x1
x2 x2
0.5 x3 0.2 x3
0 0
−0.5 −0.2
−1 −0.4
0 10 20 30 0 10 20 30
Time [s] (a) Time [s] (b)
Figura 7.4: Risposte del sistema a 3 gdl di Fig. 7.3: a) Ω=1.1 rad/s; b) Ω=2.5 rad/s
FRF − Amplitude
4 |H12|
10
|H22|
2 |H32|
10
0
10
−2
10
−4
10
0 1 2 3
[rad/s]
Figura 7.5: FRF del sistema a 3 gdl di Fig. 7.3
Riferimenti Bibliografici
[Inm13] D. J. Inman. Engineering Vibration. Prentice Hall, Boston, 4 edition edition,
2013.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
Capitolo 8
Sistemi continui
8.1 Introduzione
L’analisi di un sistema continuo (ossia a infiniti gradi di libertà) può essere vista come
estrapolazione, per n tendente a infinito, dell’analisi di sistemi discreti a n gdl: il pro-
blema è quello di realizzare analiticamente questo passo formale in quanto, nel continuo,
le equazioni saranno, a differenza del caso dei discreti, alle derivate parziali, poiché le
grandezze che definiscono il moto del sistema in questo caso dipendono sia dal tempo t,
sia dallo spazio.
Tutti i sistemi reali dovrebbero essere studiati mediante modelli continui. La soluzione
rigorosa si ha però soltanto in casi particolarmente semplici, mentre per strutture comples-
se la soluzione analitica, utilizzando le equazioni proprie del continuo, non è ottenibile. In
tali situazioni diventa perciò indispensabile ricondursi a schemi discreti, mediante oppor-
tune metodologie: a parametri concentrati o a elementi finiti. Lo studio che verrà condotto
sul continuo assume perciò un aspetto principalmente didattico, propedeutico anche al-
la descrizione dei metodi di discretizzazione; ci si limiterà inoltre a casi particolarmente
semplici, per i quali sia possibile una trattazione analitica in forma chiusa.
82
8.2. VIBRAZIONI TRASVERSALI NELLE FUNI 83
b) Il moto della fune avviene in un piano qualunque contenente l’asse della fune: a tale
scopo si deve ritenere la fune dotata di simmetria rispetto al suo asse baricentrico.
T
T y(x,t)
T T
x dx
l
Figura 8.1: Fune tesa
ed è√perciò rappresentato da due onde che si propagano in versi opposti con velocità
T
c= .
ρ
Conviene però cercare l’integrale della (8.2) nella forma:
d2 f (t) T d2 φ(x)
φ(x) = f (t) (8.5)
dt2 ρ dx2
che si può scrivere:
1 d2 f (t) T 1 d2 φ(x)
= (8.6)
f (t) dt2 ρ φ(x) dx2
84 CAPITOLO 8. SISTEMI CONTINUI
Perchè possa essere verificata la (8.6), entrambi i membri non possono che essere uguali
ad una medesima costante, che può essere indicata come −ω 2 (si dimostra infatti che tale
costante è negativa); si ottengono dunque le seguenti:
d2 f (t) d2 φ(x) ρ
+ ω 2 f (t) = 0; + ω 2 φ(x) = 0 (8.7)
dt2 dt2 T
Gli integrali delle (8.7) sono:
D = 0; C sin γ l = 0.
Non potendo essere C = 0 (essendo D nullo) deve annullarsi il seno di γ l, ossia deve
essere:
γl = iπ (i = 0, 1, 2, . . . )
Escludendo il valore i = 0 (a cui corrisponde una pulsazione nulla), le infinite pulsazioni
proprie risultano: √
iπ T
ωi = (i = 1, 2, . . . ) (8.9)
l ρ
Dalla (8.9) si vede che le infinite ωi risultano tutte multiple di una pulsazione fonda-
mentale: √
π T
ω1 =
l ρ
A ogni pulsazione propria ωi , corrisponde un modo proprio di vibrare [φ(x)]i definito dalla
deformata spaziale assunta dal sistema in corrispondenza della ωi ad esso associata:
√
ρ iπ 2π
[φ(x)]i = [φ(x)]ω=ωi = sin γi x = sin ωi x = sin x = sin x (8.10)
T l λi
∑
∞
iπx
y(x, t) = Ci sin (Ai sin ωi t + Bi cos ωi t)
i=1
l
πx ∂y(x, 0)
y(x, 0) = Y sin ; =0
l ∂t
deve essere:
∑
∞
iπx πx
y(x, 0) = Ci sin (0 + Bi ) = Y sin
i=1
l l
∂y(x, 0) ∑
∞
iπx
= Ci sin (ωi Ai − 0) = 0
∂t i=1
l
Dalla prima risulta: i = 1 e B1 C1 = BC = Y e dalla seconda: A1 = A = 0.
In altre parole, l’integrale della (8.2) è:
Casi con altre condizioni al contorno ed un altro esempio con condizioni iniziali sono
riportati in Appendice J.
8.3. VIBRAZIONI LONGITUDINALI NELLE TRAVI 87
u(x,t) u
u+ dx
x
N N+ N dx
x
dx
x
Figura 8.4: Vibrazioni longitudinali: trave a mensola
Se le condizioni al contorno sono quelle della trave a mensola (vedi Fig. 8.4), ossia
Fixed-free: per x = 0 deve aversi u = 0, mentre all’estremo libero (x = L) è N = 0. Si
ottiene: ( )
∂u
u(0, t) = φ(0) f (t) = 0 N (L, t) = ES =0
∂x L,t
ossia: ( )
dφ(x)
φ(0) = 0 e = 0.
dx x=L
e vi si introduca una volta la forma modale φi (x) e una volta la forma modale φj (x):
( ) ( )
d dφi (x) d dφj (x)
ES = −ρS ωi φi (x);
2
ES = −ρS ωj2 φj (x) (8.23)
dx dx dx dx
Si moltiplichi ora la prima delle (8.23) per φj (x) e la seconda per φi (x) e si vada ad
integrare tra 0 ed L. Si ottiene:
∫ L ( ) ∫ L
d dφi
φj ES dx = −ωi2
ρSφi φj dx
0 dx dx 0
∫ L ( ) ∫ L (8.24)
d dφj
φi ES dx = −ωj2
ρSφj φi dx
0 dx dx 0
Con riferimento al caso della trave a mensola, la soluzione dei due integrali (8.24),
integrando per parti, porta a:
∫ L ∫ L
dφi dφj 2
ES dx = ωi ρSφi φj dx
0 dx dx 0
∫ L ∫ L (8.25)
dφi dφj
ES dx = ωj2 ρSφi φj dx
0 dx dx 0
da cui, integrando per parti, per qualunque condizione al contorno (per quanto detto
sopra), risulta:
( )2
∫L dφi
0
ES dx
2 dx Ki
ωi = ∫L = (8.30)
ρS φ2i dx Mi
0
dove Ki e Mi sono rispettivamente la rigidezza e la massa modale per il sistema conside-
rato. In altre parole, si ha:
∫ L ( )2 ∫ L
dφi
Ki = ES dx Mi = ρS φ2i dx (8.31)
0 dx 0
Si noti come, in base alla (8.30), sia evidente che la costante ω 2 è positiva, ossia −ω 2
è una quantità negativa, come assunto (ma non ancora dimostrato) già a partire dalla
introduzione di tale costante nello studio delle vibrazioni della fune tesa (§8.2.1).
8.4. VIBRAZIONI TORSIONALI NELLE TRAVI 91
ϑ
ϑ+ dx
x
ϑ M
Mt Mt+ t dx
x
dx
Figura 8.5: Vibrazioni torsionali: equazione di equilibrio
M
T M+ dx
x
M
T
T+ dx
x
v(x,t) dx
Figura 8.6: Vibrazioni flessionali: equazione di equilibrio
∂M (x, t)
+ T (x, t) = 0 (8.40)
∂x
che, sostituita nella (8.36) fornisce:
[ ]
∂ 2 v(x, t) ∂2 ∂ 2 v(x, t)
ρS(x) + 2 EI(x) =0
∂t2 ∂x ∂x2
∂ 2 v(x, t) ∂ 4 v(x, t)
ρS(x) + EI =0 (8.41)
∂t2 ∂x4
EI 1 d4 φ(x) 1 d2 f (t)
− =
ρS φ(x) dx4 f (t) dt2
in cui entrambi i membri non possono che essere uguali ad una medesima costante, che
può essere indicata come −ω 2 . Si ottengono dunque le due seguenti equazioni ordinarie:
d2 f (t) d4 φ(x) ρS 2
2
+ ω 2 f (t) = 0; + ω φ(x) = 0 (8.42)
dt dt4 EI
che ammettono le soluzioni:
f (t) = A sin ωt + B cos ωt; φ(x) = C sin βx + D cos βx + E sinh βx + F cosh βx (8.43)
√
ρS 2
con: β = 4 ω . La pulsazione ω si determina una volta note le condizioni al contorno.
EI
x
Figura 8.7: Vibrazioni flessionali: trave a mensola
ossia:
cos βl · cosh βl = −1
Questa, una volta risolta, fornisce una infinità discreta di prodotti βl da cui si ricavano
le infinite pulsazioni ω.
x
l
Figura 8.8: Vibrazioni flessionali: trave appoggiata
Ricordando che il seno iperbolico si annulla solo per valori nulli del suo argomento, non
può essere sinh βl = 0 (ne risulterebbe infatti β = 0), deve quindi essere sin βl = 0, ossia
deve aversi:
βi l = iπ (i = 1, 2, . . . )
8.5. VIBRAZIONI FLESSIONALI NELLE TRAVI 95
Tabella 8.2: Vibrazioni flessionali: diverse condizioni al contorno (* Rigid Body Mode)
Ki
e risulta: ωi2 =
Mi
8.6. RIEPILOGO 97
8.6 Riepilogo
Si riepilogano in Tabella 8.3 le equazioni di equilibrio, i quadrati delle pulsazioni proprie
espresse some rapporto tra rigidezza e massa modale, le espressioni dell’energia cinetica
T e potenziale V per i sistemi continui precedentemente studiati (§8.3, §8.4, §8.5).
1
∫L ( ∂u )2 1
∫L ( ∂ϑ )2 1
∫L ( ∂v )2
T = 2 0
ρS ∂t
dx T = 2 0
Jo ∂t
dx T = 2 0
ρS ∂t
dx
∫L ( ∂u )2 ∫L ( ∂ϑ )2 ∫l ( )2
1 1 1 ∂2v
V = 2 0
ES ∂x
dx V = 2 0
GIp ∂x
dx V = 2 0
EI ∂x2
dx
b) si esprimono, sulla base di tale ipotesi, l’energia cinetica e quella potenziale (di
deformazione);
x
Figura 8.10: Metodo approssimato di Rayleigh: trave a mensola
Con riferimento alla trave a mensola di Fig. 8.10 e ricordando quanto visto al §8.5, si
assuma la seguente deformata:
[ ( ) ]
x 2 ( x )3
φ(x) = 3 −
l l
per cui risulta: [ ( ) ]
x 2 ( x )3
v(x, t) = 3 − p(t) = φ(x)p(t)
l l
Innanzitutto si noti che sono soddisfatte le condizioni geometriche al contorno:
[ ] [ ] [ ( ) ]
∂v(x, t) dφ(x) x 2 ( x )3
v(0, t) = 0; = p(t) = 3 − p(t) = 0
∂x 0 dt 0 l l 0
Essendo poi: [ ( ) ]
∂v(x, t) dp(t) x 2 ( x )3 dp(t)
= φ(x) = 3 −
∂t dt l l dt
[ ]
∂ 2 v(x, t) d2 φ(x) 6 6x
2
= 2
p(t) = 2 − 3 p(t)
∂x dx l l
risulta:
∫ l (
)2 ( )2 ∫ l ( )2
1 ∂v 1 dp(t) 2 1 dp(t) 33
T = ρS dx = ρS φ(x) dx = ρS l
2 0 ∂t 2 dt 0 2 dt 35
∫ ( 2 )2 ∫ l( 2 )2
1 l ∂ v 1 2 d φ(x) 1 12
V = EI 2
dx = EI p(t) 2
dx = EI p(t)2 3
2 0 ∂x 2 0 dx 2 l
8.7. METODI APPROSSIMATI DI RAYLEIGH E DI RAYLEIGH-RITZ 99
∫ ( )2
1 l
∂ 2v 1 EI ( 2 )
V = EI dx = 4p1 + 12p2 2 + 12p1 p2
2 0 ∂x2 2 l 3
Ricordando che i valori esatti sono (si vedano la Tabella 8.2 e la (8.43) in §8.5):
√ √
3.5160 EI 22.0345 EI
ω1 = ω2 =
l2 ρS l2 ρS
1
1
Approssimata
0.9 Approssimata
Esatta 0.8
Esatta
0.8
0.6
0.7
0.4
0.6 0.2
0.5 0
0.4 −0.2
0.3 −0.4
0.2 −0.6
0.1 −0.8
0 −1
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
x/l (a) x/l (b)
Figura 8.11: Forme modali esatte (–) e approssimate (*) per la trave a mensola: a) primo
modo; b) secondo modo
{ } {( ) ( ) } { } ( x )2 ( x )3
{ } P1 x 2 x 3 P1
ϕ1 (x) ϕ2 (x) = = (−0.8221) +
P2 2 l l P2 2 l l
In Fig. 8.11 è riportato il confronto tra le forme modali esatte e quelle approssimate
appena ottenute.
Infine, l’equazione del moto approssimato è:
∑
v(x, t) = φi (x)pi (t) = φ1 (x)p1 (t) + φ2 (x)p2 (t) = v1 (x, t) + v2 (x, t)
i=1,2
con:
v1 (x, t) = φ1 (x)P11 sin ω1 t + φ2 (x)P21 sin ω1 t
v2 (x, t) = φ1 (x)P12 sin ω2 t + φ2 (x)P22 sin ω2 t
102 CAPITOLO 8. SISTEMI CONTINUI
∂ 2 u(x, t) E ∂ 2 u(x, t)
=
∂t2 ρ ∂x2
√
ρ π
Si vede quindi che H tende ad ∞ per Ω l = (2i − 1) (i = 1, 2, . . . ), cioè quando la
E 2
pulsazione Ω della forzante coincide con una delle pulsazioni naturali del sistema (si veda
la (8.19) in §8.3.2).
L’oscillazione alla generica ascissa x vale:
( √ )
ρ
u(x, t) = φ(x)f (t) = H sin Ω x sin Ωt = U (x) sin Ωt
E
( √ )
ρ
F sin Ω x
E
con U (x) ampiezza dell’oscillazione: U (x) = √ ( √ ).
ρ ρ
ES Ω cos Ω l
E E
( π)
|U (l)| ES sin Ω∗
La Fig. 8.13 riporta l’andamento di: = π ( 2 π ) in funzione del
Fl Ω∗ cos Ω∗
2 2
rapporto adimensionale: √
∗ Ω(2i − 1) 2Ω ρ
Ω = = l
ωi π E
abs(U(l)) ES / Fl
3
2.5
1.5
0.5
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Ω*
( )2
∑ 1 ∑∫L ∂vi 1 ∑ ˙2
• Energia cinetica: T = Ti = ρS dx = ρ S l fi (t)
i 2 i 0 ∂t 4 i
( 2 )2
∑ 1 ∑∫L ∂ vi 1 i4 π 4 ∑ 2
• Energia potenziale: V = Vi = EI dx = EI fi (t)
i 2 i 0 ∂x2 4 l3 i
∫L 1
• Massa Modale i-esima: Mi = ρS φi (x)2 dx = ρSl
0
2
( 2 )2
∫L ∂ φi (x) i4 π 4 EI
• Rigidezza Modale i-esima: Ki = 0 EI dx =
∂x2 2l3
In conclusione, i modi pari non risultano eccitati (d’altra parte la forzante è in mezzeria).
Al contrario, per quelli dispari, l’integrale particolare è:
k−1
F/Kk k−1 2l3 (−1) 2
fk (t) = ( )2 (−1) 2 sin Ωt = 4 4 ( )2 F sin Ωt
π k EI
1 − ωΩk 1 − ωΩk
8.8. VIBRAZIONI FORZATE 105
In conclusione, la risposta è:
∑ ∑ ( )
kπx
v(x, t) = φk (x)fk (t) = sin fk (t) =
k=1,3,5,... k=1,3,5,...
l
∑ ( ) k−1
kπx 2l3 (−1) 2
= sin ( )2 F sin Ωt
l π 4 k 4 EI
k=1,3,5,... 1 − ωΩk
Che si può scrivere anche come: v(x, t) = V (x) sin Ωt, con:
∑ ( ) k−1
2l3 kπx 1 (−1) 2
V (x) = F 4 sin ( )2
π EI l k4
k=1,3,5,... 1 − ωΩk
V (l/2) EI
La Fig. 8.15 riporta, con scala di ascisse logaritmica, l’andamento di: in
F l3
funzione del rapporto adimensionale:
Ω Ω
Ω∗ = ωk = 1 √ EI
(kπ)2 l2 ρS
abs(V(l/2)) EI / Fl3
0
10
−2
10
−4
10
−6
10
0 1 2 3
10 10 10 10
Ω*
Riferimenti Bibliografici
[DC93] G. Diana and F. Cheli. Dinamica e vibrazioni dei sistemi meccanici. Vol. 1.,
volume 1. UTET Università, Torino, 1993.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
[TD97] William T. Thomson and Marie Dillon Dahleh. Theory of Vibration with
Applications. Prentice Hall, Upper Saddle River, N.J, 5 edition edition, 1997.
Capitolo 9
• trasduttore
• amplificatore
• indicatore
• condizionatore di segnale
• convertitore analogico - digitale
• analizzatore di segnale
• altri dispositivi (stampante, plotter, hard disk, …)
Spesso è presente anche un registratore magnetico (oggi sostituito quasi sempre dalla
memoria del calcolatore o da un hard disk esterno), che può essere situato prima o dopo
il condizionatore di segnale e, nella pratica odierna, è sempre presente un convertitore
analogico–digitale.
Il trasduttore fornisce in uscita un segnale elettrico (una tensione o una carica elet-
trica) proporzionale alla grandezza meccanica da rilevare. Spesso il trasduttore è un
accelerometro, per cui in uscita si ha una tensione (o un segnale di carica) proporzionale
all’accelerazione.
107
108 CAPITOLO 9. MISURA DI VIBRAZIONI E ANALISI MODALE
1 ( 2 % .3 .( 2 # '( " )
! "# $ % & ''( ") * + , -./.0 # '( " ) >2 % .0 # '( " )
% .4$ ) 5 2 # -)
9 -( '') "
1 ( 2 6 ) " '.'( " ) * 2 # -.3 3 # '( " )
* 78
: '# + , # 2 ')
; # " % 4% .$ <
dove:
Nella (9.1) si è riportata la formulazione più usata, cioè quella nella funzione coseno
ma, naturalmente, si può trovarla anche nel seno o in seno e coseno.
Se si ha una funzione periodica, effettuarne l’analisi di Fourier significa ricavare le
ampiezze Xn e le fasi ϕn . Si può pensare di compiere l’analisi di Fourier con un filtro
passa-banda molto stretto, ossia avente la caratteristica di lasciar passare solo le compo-
nenti comprese tra una certa frequenza f1 e la f1 più un piccolo incremento. In Fig. 9.2
è rappresentato un filtro passa-banda ideale; nella realtà è sempre presente una certa
dispersione.
) ( * * + ",+
% - . /,( 0/& 1 " # - - +
La X(f ) si rappresenta graficamente mediante gli andamenti della parte reale e di quella
immaginaria, o di ampiezza e fase in funzione della frequenza.
∫T
X(f ) = F {x(t)} = lim x(t) e−i2πf t dt
T →∞
0
∫T ∗
∗
X(f, T ) = F {x(t)} = x(t) e−i2πf t dt (9.3)
0
In questo modo la funzione che si considera non è più non periodica, ma “periodica” di
periodo T ∗ , definita da −∞ a +∞.
Se si riportano le ampiezze in funzione delle frequenze, si ottiene uno spettro discreto,
appunto per il fatto che la funzione viene trattata come periodica di periodo T*. In
altre parole, lo spettro ha una certa risoluzione (distanza tra due linee contigue) pari a:
∆f = 1/T ∗ .
È importante sottolineare che la frequenza ∆f dipende solo dal tempo di acquisi-
zione T ∗ . Non è detto pertanto che tale frequenza, o qualcuno dei suoi multipli, siano
effettivamente presenti nel segnale.
2
(a) 2 (b)
1.5
1
1.5
0.5
0
1
−0.5
−1
0.5
−1.5
−2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 2 4 6 8 10
2
2
(c) (d)
1.5
1 1.5
0.5
0 1
−0.5
−1 0.5
−1.5
−2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 2 4 6 8 10
Time [s] Frequency [Hz]
Figura 9.4: Effetto della “finestratura”: segnale (blu), finestra (verde), segnale “finestrato”
(rosso)
della finestra (linea di colore verde): nel segnale “finestrato” (linea di colore rosso) viene
eliminata la discontinuità e diminuisce conseguentemente la dispersione.
2 2
(a) (b)
1.5 1.5
1 1
0.5 0.5
0 0
−0.5 −0.5
−1 −1
−1.5 −1.5
−2 −2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
2 2
(c) (d)
1.5 1.5
1 1
0.5 0.5
0 0
−0.5 −0.5
−1 −1
−1.5 −1.5
−2 −2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
Time [s] Time [s]
Figura 9.5: Fenomeno dell’aliasing: segnale analogico (blu), segnale campionato (rosso)
Dato che non si conosce a priori il contenuto in frequenza del segnale da analizzare,
affinché sia soddisfatta la condizione (9.4) occorre usare un filtro antialiasing (AA), ossia
9.2. ANALISI IN FREQUENZA 113
un filtro passa-basso che lascia passare solo le componenti con frequenza inferiore alla
frequenza massima di interesse fmax . La frequenza di campionamento dovrà essere non
inferiore a 2 fmax . Solitamente, per tenere conto delle imperfezioni del filtro, si assume
fc = 2.5fmax . Valgono le seguenti relazioni:
1 1
T ∗ = N ∆t = N = (9.5)
fc ∆f
in cui:
dove:
• frequenze proprie
• smorzamenti
• modi di vibrare
L’analisi modale viene impiegata soprattutto per validare modelli a parametri con-
centrato o ad elementi finiti o valutare l’effetto di modifiche strutturali ed è eseguita
usualmente mediante il rilievo sperimentale della Funzione Risposta in Frequenza. Le
ipotesi fondamentali alla base dell’analisi modale sono:
• sistema lineare
• sistema tempo-invariante
• sistema osservabile
Un sistema lineare a parametri costanti può anche essere caratterizzato dalla Funzione
di Trasferimento H(s), che è definita come la trasformata di Laplace della h(τ ):
∫ ∞
H(s) = h(τ )e−sτ dτ s = σ + jω (9.8)
0
Le caratteristiche dinamiche del sistema possono essere descritte anche dalla Funzione
Risposta in Frequenza (FRF) H(ω), che è definita come la trasformata di Fourier della
h(τ ): ∫ ∞
H(ω) = h(τ )e−jωτ dτ (9.9)
0
• eccitare il componente nel punto k con una forza sinusoidale di ampiezza e frequenza
nota;
• rilevare la vibrazione del componente nel punto l;
• valutare il modulo |Hlk | della FRF come rapporto tra l’ampiezza della risposta e
l’ampiezza dell’eccitazione, e la fase φlk come differenza fra la fase della risposta e
quella della forzante;
• ripetere l’operazione facendo variare il valore della frequenza della forzante.
Nella pratica, non occorre eseguire l’operazione per ogni singola frequenza. Basta
infatti eccitare nel punto k con una eccitazione che abbia adeguato contenuto in frequenza
su tutto il campo che interessa e, rilevate sperimentalmente l’eccitazione e la risposta, se
ne calcolano le trasformate di Fourier e se ne esegue il rapporto, ottenendo in tal modo
la FRF cercata.
Nel condurre i rilievi sperimentali delle FRF, per diminuire gli errori di misura si
impiegano degli stimatori della FRF, andando ad effettuare la media di più misure (vedi
Appendice L).
Un sistema con n gradi di libertà (gdl) si può pensare come costituito da n sistemi ad
un singolo gdl. Ad ogni modo corrispondono: una pulsazione propria; uno smorzamento
modale; una forma modale.
Se in un punto del sistema si applica una forzante armonica f (t) = F0 cos ωt, tutto il
sistema vibra con pulsazione ω; le ampiezze (e le fasi) delle risposte dipendono da ω e si
hanno n condizioni di risonanza. La risposta del sistema è una combinazione delle risposte
degli n sistemi ad un gdl a cui può essere ricondotto. Il sistema è caratterizzato da n × n
FRF Hlk ciascuna delle quali presenta n picchi di risonanza ed è una combinazione delle
n FRF degli n sistemi ad un gdl.
Un sistema continuo ha infiniti gradi di libertà e infiniti modi propri, cioè infinite pul-
sazioni proprie e infinite forme modali. Le pulsazioni proprie sono distinte e costituiscono
pertanto una infinità discreta. Inoltre, al di sopra di una certa frequenza, i modi di vibrare
non hanno più senso fisico e, comunque, non vengono mai eccitati.
Quando ad un sistema continuo si applica una forzante armonica, il sistema vibra con la
stessa pulsazione della forzante e tutti i punti si muovono in fase fra loro, ma con un certo
sfasamento rispetto alla forzante. Se si è interessati al comportamento del sistema fino ad
9.3. INTRODUZIONE ALL’ANALISI MODALE SPERIMENTALE 117
una certa pulsazione ω ∗ , è sufficiente tenere conto solo dei modi - siano N - con pulsazione
non superiore ad ω ∗ . La risposta del sistema ad una forzante di pulsazione inferiore ad
ω ∗ è data dalla somma delle risposte di N sistemi ad un solo gdl, corrispondenti ai primi
N modi propri.
La Fig. 9.8 riporta il modulo di una FRF rilevata sperimentalmente sun un sistema mec-
canico. L’eccitazione utilizzata era in grado di fornire energia fino alla frequenza di 5 kHz.
Si vede che in tale range il sistema presenta almeno 9 modi di vibrare (sono presenti 9
chiari picchi di risonananza nella FRF). Oltre i 5 kHz, la FRF risulta molto “sporca” in
quanto la risposta del sistema, non essendo presente eccitazione, è di fatto costituita solo
dal rumore di misura.
Il modello modale è costituito da tanti sistemi ad un solo gdl quanti sono i modi che si
vogliono mettere in conto. Il modello modale rappresenta bene il sistema per frequenze
inferiori alla massima presente nel modello, cioè a quella del modo più alto.
Per condurre una analisi modale sperimentale (al fine di ottenere un modello modale),
si sceglie sulla struttura in esame un certo numero di punti (griglia sperimentale), tali da
definire adeguatamente la geometria della struttura e le sue forme modali (vedi Fig. 9.9).
Si eccita in un punto (tipicamente mediante uno shaker elettrodinamico, Fig. 9.10a) e
si rilevano le risposte negli altri punti; oppure si rileva la risposta in un punto e si ec-
118 CAPITOLO 9. MISURA DI VIBRAZIONI E ANALISI MODALE
(a) (b)
Figura 9.10: Eccitatori per analisi modale sperimentale: a) shaker; b) martello strumentato
normalizzando gli autovettori rispetto alla matrice massa, la generica r-esima equazione
risulta:
q̈r + ωr 2 qr = Xkr Fk ejωt
in cui, sostituendo la soluzione nella forma qr = Qr ejωt , si ha:
−ω 2 Qr ejωt + ωr 2 Qr ejωt = Xkr Fk ejωt
da cui:
Xkr Fk
Qr =
ωr 2 − ω 2
ed infine:
Xkr Fk jωt
qr = e
ωr2 − ω 2
Tornando alle coordinate fisiche, la risposta nel punto l vale dunque:
∑
N ∑N
Xlr Xkr Fk jωt
xl (t) = Xlr qr = 2 − ω2
e = Xl (ω) ejωt
r=1 r=1
ω r
Per definizione di FRF (vedi Eq. (9.1)), tra il punto di risposta l e quello di eccitazione
k essa è rappresentata dal rapporto:
Xl (ω) ∑
N
Xlr Xkr
Hlk (ω) = = (9.15)
Fk r=1
(ωr − ω 2 ) + j (2ζr ωωr )
2
L’espressione (9.15) mostra chiaramente che una FRF, oltre che essere naturalmente
funzione di ω, risulta somma di termini relativi a tutti gli N modi di vibrare del sistema.
Mettendo in evidenza il contributo di un particolare modo s-esimo, l’espressione di Hlk (ω)
può essere scritta nella forma:
Xls Xks ∑
N
Xlr Xkr
Hlk (ω) = 2 + (9.16)
(ωs − ω 2 ) + j (2ζs ωωs ) (ωr2 − ω 2 ) + j (2ζr ωωr )
r=1(r̸=s)
Nell’ipotesi (non sempre accettabile) che, quando ω = ωs , i contributi degli altri modi
siano trascurabili rispetto a quelli del modo s-esimo, la (9.16) diventa:
Xls Xks
Hlk (ω) =
2jζs ωs2
√ 2ζs ωs2 |Hlk (ω)|
Ponendo k = l, si ricava: Xls = ωs 2ζs |Hll (ωs )| e, infine: Xks = cioè le
Xls
forme modali.
120 CAPITOLO 9. MISURA DI VIBRAZIONI E ANALISI MODALE
9.3.5 Esempio
La Fig. 9.11 illustra sommariamente l’attrezzatura ed il procedimento: la trave a mensola
viene eccitata nel punto 1, gli accelerometri A1 , A2 , A3 rilevano le risposte nei punti 1, 2,
3 e l’analizzatore di segnale calcola le tre FRF H11 , H21 , H31 .
I picchi delle FRF individuano le frequenze proprie. L’acutezza delle FRF in corrispon-
denza di ciascuna frequenza propria permette di valutare il corrispondente smorzamen-
to. Le ampiezze e le fasi delle tre FRF in corrispondenza di ciascuna frequenza propria
permettono di determinare la corrispondente forma modale.
9.3. INTRODUZIONE ALL’ANALISI MODALE SPERIMENTALE 121
1454 Hz
1813 Hz
4085 Hz
4630 Hz
Figura 9.12: Esempio no. 1: Analisi modale di un tubo a sezione circolare
9.5. ESEMPIO NO. 2 123
600 Hz 755 Hz
1465 Hz 2070 Hz
Figura 9.13: Esempio no. 2: Analisi modale di un componente ad “elle”
124 CAPITOLO 9. MISURA DI VIBRAZIONI E ANALISI MODALE
La Fig. 9.14 mostra le prime cinque forme modali, mentre la Tab. 9.1 riporta i risultati
in termini di pulsazioni e frequenze per i primi otto modi.
In alternativa, le frequenze e i modi si possono valutare tramite una semplice analisi agli
elementi finiti: la Fig. 9.15 mostra la II e la III forme modali così ottenute.
i βi l ωi [rad/s] fi [Hz]
1 1.875104069 85.61 13.63
2 4.694091133 536.50 85.39
3 7.854757438 1502.21 239.08
4 10.99554073 2943.74 468.51
5 14.13716839 4866.22 774.48
6 17.27875953 7269.28 1156.94
7 20.42035225 10152.97 1615.89
8 23.56194490 13517.26 2151.34
(a) (b)
Figura 9.15: Analisi FEM: II (a) e III (b) forma modale della lamina incastrata
Riferimenti Bibliografici
[Inm13] D. J. Inman. Engineering Vibration. Prentice Hall, Boston, 4 edition edition,
2013.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River, N.J,
5th edition edition, 2010.
Capitolo 10
Modellazione
1 2 3
√ √ √
1.571 E 4.712 E 7.854 E
Pulsazioni modello continuo
L ρ L ρ L ρ
126
10.1. ESEMPI DI MODELLI A PC 127
Modello no. 3
m/3 m/3 m/3
m/3 0 0 2k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [K] = −k 2k −k
0 0 m/3 0 −k k
6 −3 0
k
[A] = [M ]−1 [K] = −3 6 −3
m
0 −3 3
1 2 3
√ √ √
k k k
Pulsazioni modello PC 1.335 3.741 5.406
m m m
Errore % -15.0 -20.6 -31.2
Modello no. 2
m/3 m/3 m/3
m/3 0 0 3k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [K] = −k 2k −k
0 0 m/3 0 −k k
9 −3 0
k
[A] = [M ]−1 [K] = −3 6 −3
m
0 −3 3
1 2 3
√ √ √
k k k
Pulsazioni modello PC 1.553 4.243 5.796
m m m
Errore % -1.14 -9.97 -26.2
128 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Modello no. 1
m/3 m/3 m/6
m/3 0 0 2k −k 0
[M ] = 0 m/3 0 [K] = −k 2k −k
0 0 m/6 0 −k k
6 −3 0
k
[A] = [M ]−1 [K] = −3 6 −3
m
0 −6 6
1 2 3
√ √ √
k k k
Pulsazioni modello PC 1.553 4.243 5.796
m m m
Errore % -1.14 -9.97 -26.2
10.1. ESEMPI DI MODELLI A PC 129
N ES
dove m è la massa della trave e k = è la rigidezza assiale dell’i-esimo tratto.
L
Ricordando che le pulsazioni naturali valutate con il modello continuo erano:
√ √
(2i − 1)π E (2i − 1)π k
ωi = =
2L ρ 2 m
il confronto con quelle del modello a Parametri Concentrati nel caso in cui √ N =10 è
1 E
riportato in Tabella 10.5, dove le pulsazioni sono valutate a meno del fattore .
L ρ
(2i − 1)π
i Modello PC Errore %
2
1 1.5708 1.5692 –0.10
2 4.7124 4.6689 –0.92
3 7.8540 7.6537 –2.55
4 10.9956 10.4500 –4.96
5 14.1372 12.9890 –8.12
6 17.2788 15.2081 –11.98
7 20.4204 17.0528 –16.49
8 23.5619 18.4776 –21.58
9 26.7035 19.4474 –27.17
10 29.8451 19.9383 –33.19
130 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
y(x)
x
a=L-b b
Se alla trave è applicata una forza trasversale P , per x ≤ a l’equazione della linea
elastica è:
P bx ( 2 )
y(x) = l − b2 − x 2
6EI l
e il generico termine δij della matrice cedevolezza trasversale [D] vale:
1 bj x i ( 2 )
δij = [y(x)]P =1 = l − b2j − x2i
6EI l
Riferendosi al moto libero, i valori delle prime quattro pulsazioni naturali calcolate con
il modello continuo sono riportati nella prima riga della Tabella 10.6.
Tabella 10.6: Prime quattro pulsazioni della trave di Fig. 10.2
1 2 3 4
Pulsazioni modello continuo [rad/s] 6.136 24.543 55.221 98.172
Pulsazioni modello PC a 3 masse [rad/s] 6.134 24.365 51.732 –
Errore % –0.03 –0.73 –6.32 –
Pulsazioni modello PC a 4 masse [rad/s] 6.135 24.482 54.197 89.246
Errore % –0.01 –0.25 –1.86 –9.09
Dati:
Massa m = 4000 kg
Momento di inerzia di massa JG = 2560 kg m2
Distanza delle sospensioni dal baricentro l1 = 0.9 m l2 = 1.4 m
Costanti elastiche delle molle k1 = k2 = 20000 N/m
Costanti degli ammortizzatori c1 = c2 = 2000 Ns/m
{} { }
0 0.0048 M δ(t)
G) Forzante: ΦT · = 0
M0 δ(t) 0.0192 M0 δ(t)
{
q¨1 + 0.9214q˙1 + 9.2141 q1 = 0.0048 M0 δ(t)
H) Equazioni del moto
q¨2 + 2.2436q˙2 + 22.4265 q2 = 0.0192 M0 δ(t)
I) Integrali (vedi §5.2.10)
La figura seguente mostra la risposta delle coordinate fisiche del modello per M0 = 1.
3
0.01
2
0 1
0
−0.01
−1
−0.02 −2
0 2 4 6 8 10 0 2 4 6 8 10
Time [s] Time [s]
10.1. ESEMPI DI MODELLI A PC 135
Caso disaccoppiato
M0 /2650 −ζ2 ω2 t
x(t) = 0 θ(t) = e sin(ωs2 t)
ωs2
La figura seguente mostra la risposta delle coordinate fisiche del modello per M0 = 1.
3
0.5
2
0 1
0
−0.5
−1
−1 −2
0 2 4 6 8 10 0 2 4 6 8 10
Time [s] Time [s]
136 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Dati:
Masse m1 = 400 kg m2 = 2000 kg m3 = 8000 kg
Rigidezze k1 = 3 × 106 N/m k2 = 8 × 105 N/m k3 = 8 × 106 N/m
E) Considerando di applicare una eccitazione impulsiva F (t) = 1000 δ(t) alla coordi-
nata x1 , il vettore delle forzanti modali risulta:
1000 δ(t) −20.5805
ΦT · M−1/2 0 = −5.1026 δ(t)
0 45.2814
q¨1 + 2.161 q˙1 + 290.2 q1 = −20.5805 δ(t)
F) Equazioni del moto q¨2 + 5.559 q˙2 + 1139.7 q2 = −51026 δ(t)
q¨3 + 37.280 q˙3 + 9070.1 q3 = 45.2814 δ(t)
G) Integrali
q1 (t) = −1.2105 e−1.0804 t sin(17.00 t)
q2 (t) = −0.1517 e−2.7793 t
sin(33.64 t)
q3 (t) = +0.4848 e−18.6402 t sin(93.40 t)
x1 (t) q1 (t)
H) Coordinate fisiche: x2 (t) = M−1/2 · Φ q2 (t)
x3 (t) q3 (t)
La figura mostra l’andamento della risposta del modello (sinistra) e il moto relativo
tra le masse m1 ed m2 (destra).
30 20
x1
20
x2 10
10
x1−x2 [mm]
x3
[mm]
0 0
−10
−10
−20
−30 −20
0 1 2 3 4 5 0 1 2 3 4 5
Time [s] Time [s]
138 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
100
100
50
80
0
60
−50
40
20 −100
0 −150
0 50 100 150 200 250 300 350 0 50 100 150 200 250 300 350
Angolo [deg] Angolo [deg]
(a) (b)
Figura 10.6: Legge di moto teorica: a) spostamento; b) accelerazione
g1 g2
c1 c2
m1 m2
k1 k2
x0 x1 x2
Figura 10.7: Modello a due gradi di libertà di un meccanismo con gioco
Dati:
Masse m1 = 1.5 kg m2 = 1 kg
Rigidezze k1 = 1.5 × 10 N/m k2 = 1.8 × 106 N/m
6
Le due frequenze proprie del modello risultano pari a f1 = 114 Hz e f2 = 297 Hz.
La Fig. 10.8 mostra il risultato della simulazione per quanto riguarda l’accelerazione della
massa m2 del modello (rappresentativa del cedente del meccanismo).
La Fig. 10.9 mostra lo spettro in frequenza dell’accelerazione teorica e gli spettri
dell’accelerazione della massa m2 del modello nelle due condizioni simulate.
10.1. ESEMPI DI MODELLI A PC 139
100 100
50 50
0 0
−50 −50
−100 −100
−150 −150
0 50 100 150 200 250 300 350 0 50 100 150 200 250 300 350
Angolo [deg] Angolo [deg]
(a) (b)
Figura 10.8: Accelerazione della massa m2 : a) gioco nullo; b) con gioco
45
40
35
30
25
20
15
10
0
0 50 100 150 200 250 300 350 400
Frequenza [Hz]
(a)
Spettro accelerazione massa m Spettro accelerazione massa m
2 2
50 50
45 45
40 40
35 35
30 30
25 25
20 20
15 15
10 10
5 5
0 0
0 50 100 150 200 250 300 350 400 0 50 100 150 200 250 300 350 400
Frequenza [Hz]
(b) Frequenza [Hz]
(c)
Figura 10.9: Spettri accelerazione: a) teorica; massa m2 : b) gioco nullo; c) con gioco
0.08
0.06
0.04
0.02
−0.02
−0.04
−0.06
−0.08
−0.1
0 50 100 150 200 250 300 350
Angolo [deg]
(b)
Figura 10.10: Condizione con gioco: spostamento relativo x2 − x1
140 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
! - ! /
!
*
, # . ) ' , (
Lo schema del motore elettrico è mostrato in Fig. 10.15. L’equazione del circuito d’armatura
(iq corrente di armatura, vq forza contro-elettromotrice, eq tensione ai capi del circuito di
armatura, R resistenza di armatura, L induttanza di armatura) è la seguente:
diq (t)
R iq (t) + L + vq (t) = eq (t) R Iq (s) + L s Iq (s) + Vq (s) = Eq (s)
dt
La forza contro-elettromotrice si può esprimere in funzione della velocità del rotore (Kb
costante di forza contro-elettromotrice):
Figura 10.16: Modello del Motore Elettrico con controllo in loop di corrente
Modello Meccanico
Il modello meccanico ha tre gradi di libertà. Il suo schema è rappresentato in Fig. 10.17.
La prima coordinata Jm è associata all’inerzia del motore elettrico. La seconda J2 e
la terza J3 sono associate a due inerzie della trasmissione meccanica a valle del motore
elettrico. Le equazioni del moto sono le seguenti:
( )
Jm ϑ̈m = Cm + k1 (ϑ2 − ϑm ) + c1 ϑ̇2 − ϑ̇m
( ) ( )
J2 ϑ̈2 = −k1 (ϑ2 − ϑm ) − c1 ϑ̇2 − ϑ̇m + k2 (ϑ3 − ϑ2 ) + c2 ϑ̇3 − ϑ̇2
( )
J3 ϑ̈3 = −k2 (ϑ3 − ϑ2 ) − c2 ϑ̇3 − ϑ̇2
Risultati
Nella Fig. 10.19 sono mostrati gli errori meccanici. In particolare, a sinistra vi è la
differenza tra la coordinata θ2 e la posizione del motore θm , mentre a destra è mostrata
la differenza tra la coordinata θ3 e la coordinata θ2 .
Il regolatore di posizione è ad azione proporzionale. Ne consegue un moto effettivo
ritardato rispetto a quello imposto. Sarebbe improprio considerare come errore la semplice
differenza tra la coordinata θ2 e il moto imposto (vedi Fig. 10.20a). È più opportuno
considerare l’errore a meno del ritardo (vedi Fig. 10.20b).
(a) (b)
Figura 10.19: Errori meccanici: a) θ2 − θm ; b) θ3 − θ2
Perché
Perché studiare il comportamento
dinamico di un meccanismo ?
Un meccanismo, in linea teorica, deve seguire una
determinata legge di moto.
moto.
Nella realtà
realtà esiste uno scostamento tra il moto
effettivo e la legge di moto teorica del cedente.
Il meccanismo vibra con oscillazioni che si
sovrappongono al moto di corpo rigido.
Possono aversi picchi di accelerazione indesiderati ai
quali sono associate elevate forze di inerzia e
fenomeni dinamici che:
producono elevate sollecitazioni e possibili
guasti
peggiorano la qualità
qualità del prodotto
producono vibrazioni e rumore
FLYWHEEL 2 Esempio
CAM MECHANISM
CAMSHAFT
AXIS
3 Accelerazione teorica
CAM FOLLOWER
Theoretical
AXIS
1 4
5
0 0.05 0.1
ROCKER Time [s]
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
146 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
0 0.05 0.1
Experimental - 400 rpm
Time [s]
0 0.05 0.1
Time [s]
Osservazioni
I fenomeni dinamici risultano più
più intensi con l’l’aumentare della
velocità
velocità della macchina e possono risultare inaccettabili per
macchine di elevate prestazioni (velocità
(velocità, precisione).
Modellare i meccanismi
Il modello fisico per lo studio del comportamento vibratorio di un
meccanismo è necessariamente più più complesso di quello impiegato per
l'analisi
l'analisi cinematica o per l'analisi
l'analisi dinamica di corpo rigido,
rigido, nelle
quali si fanno le seguenti approssimazioni:
approssimazioni:
membri perfettamente rigidi
assenza di gioco nelle coppie cinematiche
I meccanismi sono
composti da
membri elastici
che si deformano
sotto l'azione delle
forze trasmesse e
delle forze di
inerzia.
148 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Modellare i meccanismi
Un meccanismo progettato
“cinematicamente” può non essere in
grado di svolgere correttamente la
propria funzione se fatto operare ad
alte velocità.
Modellare i meccanismi
Per macchine automatiche di elevate prestazioni,
prestazioni, l'attenzione va rivolta
all'analisi CINETO-
CINETO-ELASTO-
ELASTO-DINAMICA dei meccanismi, che permette di
simulare adeguatamente l'effettivo comportamento dinamico e
vibratorio.
vibratorio.
Giochi
Attriti
Non possono essere trascurati (determinano lo smorzamento delle
vibrazioni libere e influenzano l'ampiezza delle vibrazioni forzate).
forzate).
Le resistenze passive :
smorzamento strutturale
resistenza di fluidi
attriti nelle coppie cinematiche
....................
possono essere spesso modellate in maniera 'globale' con resistenze
viscose equivalenti.
equivalenti.
Variabilità
Variabilità dei parametri
Spesso è necessario considerare i valori numerici di alcuni parametri
del modello come variabili (non linearità
linearità).
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 151
Metodologie di modellazione
Realtà fisica
Modello a
Parametri
Concentrati
Gradi di libertà
libertà ed elementi inerziali
Di solito si considera il primo modo di
vibrare di ciascun membro, al piùpiù anche il
secondo.
Tra due masse sono
Teoricamente i risultati possono essere sempre interposti:
migliorati aggiungendo ulteriori gradi di Rigidezze
libertà
libertà.
Elementi
dissipativi
Per i campi di frequenze solitamente (smorzamenti)
considerati, si ottiene generalmente una
adeguata modellazione di un meccanismo Giochi
con l'impiego di un numero relativamente (eventualmente)
basso di g.d.l.
D 4 h MD 2
Jz = =
32 8
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 153
Rigidezze
Le rigidezze modellano la deformabilità
deformabilità elastica dei membri, che fa sì
sì
che lo spostamento relativo tra le coordinate sia diverso da quello
quello
cinematico.
Rigidezze
Forma semplice Forma complessa (FEM)
l
1 1
1 1
K
K
1 l
=
K GI p
154 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Rigidezze
Si tenga presente che:
Le rigidezze ottenute dal calcolo sono spesso superiori alle rigidezze
effettive. In letteratura si afferma che può esistere un rapporto 2-
2-4 tra
le rigidezze stimate e quello effettive.
Ciò è dovuto alla presenza di:
coppie cinematiche
cedevolezze locali (cedevolezze di contatto)
distribuzione delle tensioni in prossimità
prossimità dei carichi di cui è difficile tenere
conto con accuratezza.
Le rigidezze del sistema si possono valutare in maniera accurata solo
mediante prove sperimentali (su prototipi o meccanismi già
già esistenti).
E' necessario operare una validazione sperimentale del modello.
Smorzatore Viscoso C
La forza è proporzionale alla velocità
velocità.
FV = C( X 2 X1 ) X1 X2
Per un modello a più gradi di libertà è comune adottare l’ipotesi di
smorzamento proporzionale: si considera la costante dello
smorzamento proporzionale alla rigidezza corrispondente.
Ci Ci = q K i
Il coefficiente qi può essere
determinato mediante il confronto
con i dati sperimentali nel corso
Ki della validazione.
Attrito Coulombiano
T
V
V
-T
N
T = f N
F= sign(V ) T
Esempi:
Attrito tra slitte e guide
Attrito tra organi in moto e tenute
A volte si dispone di dati di catalogo
156 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Giochi
X0 X1
K
FEL
M
C
-g/2
g/2 X1-X0 g
FEL = K ( X1 X0 g / 2) X1 X0 > g / 2
FEL = K ( X1 X0 + g / 2 ) X1 X0 < g / 2
FEL = 0 X1 X0 g/2
Contatto Hertziano D1
Fc a
b
~ a
FE L = K ( X1 X0 g / 2) Fc D2
1 1 1
~ = +
K KH K X0 X1
K
1 b E'
KH = KH M
2 2 ln D ' C
a
g
4 Fc D 1 1 1 E
a= ; = + ; E' = 2
; ' =
b E' D D1 D2 1 1-
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 157
µ b [ D / ( 4 h )]
3/ 2 1 1 1
Csq = 12 = +
D D1 D 2
X0 X1
K
KH M µ = viscosità dinamica
del lubrificante
C h = altezza del meato
M
C
M X1 = K ( X1 X0) C ( X1 X0)
158 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
10.2.5 La validazione
MECCANISMO
La validazione
Si tratta di
RILIEVI
MODELLO
SPERIMENTALI
"aggiustare" i
valori dei
parametri del
modello in base al
CONFRONTO confronto del
risultato numerico
con il rilievo
sperimentale
AGGIORNAMENTO della legge di
DEL MODELLO moto.
modello validato
tempo [s]
PRESTAZIONI SI'
MECCANISMO OK ?
FUNZIONALI
NO
MODELLO MODIFICHE
SUL MODELLO
MODIFICHE SUL
MECCANISMO
SIMULAZIONE
PRESTAZIONI
SI' NO
OK ?
DISEGNO
MODELLO
MODIFICHE SUL
DISEGNO MODIFICHE
(EVENTUALI) SIMULAZIONE
SUL MODELLO
SI' NO
OK ?
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 161
Condizioni di prova
Con riferimento alla coppia cinematica camma-
camma-rulli, sono state
esaminate due condizioni:
Condizioni Normali
Gioco Incrementato
• è stato introdotto artificialmente un gioco quattro volte
superiore a quello in condizioni normali;
la condizione è ancora accettabile per il funzionamento in
produzione ma richiede ispezioni piùpiù frequenti;
la condizione simula il malfunzionamento dovuto a usura.
162 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Analisi Sperimentale
Legge di moto
Teorica
acc. Y3
0 20 40 60 80 100 120 0 20 40 60 80 100 120
Time [ms] Time [ms]
Teorica
100
50
Legge di moto 0
0 100 200 300 400 500
Sperimentale del cedente Frequency [Hz]
150 150
FFT acc. Y3
FFT acc. Y3
100 100
50 50
0 0
0 100 200 300 400 500 0 100 200 300 400 500
Frequency [Hz] Frequency [Hz]
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 163
X2
Z0, Z1
Y3
M3
Y2
K3
K1 M1 K2
M2
X0 X1 X2
164 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Rapporto di Riduzione
Y2
dY2 Y
i= = 2
dX 2 X 2
X2
1.1
0.9
0.8
0.7
0 100 200 300
[deg]
11
10
K3 [N/m]
5
0 100 200 300
[deg]
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 165
F T resistenza tenute
f coefficiente di attrito
N componente normale forza
di contatto perno-boccola
acc. Y3
m3 y3 = Fe3 + Fv3 + Fa 3
m3 y3 = Fa 3
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms]
acc. Y3
acc. Y3
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms]
0 20 40 60 80 100 120
acc. Y3
Time [ms]
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms]
Risultati: tempo
acc. Y3
acc. Y3
0 20 40 60 80 100 120
0 20 40 60 80 100 120
Time [ms] Time [ms]
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 167
Modello a
parametri
concentrati
Conjugate cam
1, 2
x8
Positive rocker
x7
x4 3
6
Adjuster k6 Negative rocker
Rocker spring
x5 Valve-head
accelerazione
valvola
acc [m/s^2]
Rilievo
sperimentale
0 0.005 0.01 0.015
tempo [s]
modello validato
Risultato
numerico
acc [m/s^2]
FLYWHEEL 2
CAM MECHANISM
CAMSHAFT Modellazione
AXIS
3 di un
CAM FOLLOWER meccanismo
AXIS
per moto
rotatorio
1 4 alterno
5
ROCKER
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
Modello a parametri
concentrati
FLYWHEEL 2
CAM MECHANISM
CAMSHAFT
AXIS
3
CAM FOLLOWER
AXIS
1 4
5
ROCKER
AXIS
Ra
ROCKER
tangential
MOTOR accelerometer
170 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
400 a
rpm
1 ciclo camma
moto teorica e
le risonanze
del
0 Theoretical
meccanismo
nel campo di Experimental 400 rpm
frequenze
60
100- 200 Hz
produce
40
oscillazioni
nella Theoretical
accelerazione 20
del levetto.
0 50 100 150 200
Frequency [Hz]
10.2. MODELLAZIONE DI MECCANISMI 171
Altre risonanze: 6 e 14 Hz
Le oscillazioni ad 1 2 3 4 5 6 7
alta frequenza non 20
sono esattamente
160 rpm
sovrapposte al
valore teorico. Cio è
400 rpm
20
oscillazioni sono
legate alle proprietà
dinamiche della 0
trasmissione
meccanica a monte
dell’oscillatore. 0 5 10 15 20
Frequency [Hz]
J1 = 0.12060 kg m2
J2 = 0.09220 kg m2
J3 = 0.01304 kg m2
J4 = 0.00049 kg m2 fn1 = 5.6 - 6.0 Hz
J5 = 0.00131 kg m2 fn2 = 13.8 - 14.2 Hz
k1 = 391.00 Nm/rad fn3 = 131.7 - 163.7 Hz
k2 = 319.00 Nm/rad fn4 = 367.5 - 422.5 Hz
k3 = 22346 - 51498 Nm/rad fn5 = 938.6 - 939.4 Hz
k4 = 4378.0 Nm/rad
k5 = 9745.0 Nm/rad
q = 1.2 10-4 s
172 CAPITOLO 10. MODELLAZIONE
Experimental
Risultati Theoretical
Velocità albero a
Numerical
Theoretical
Experimental
Risultati
Theoretical
Velocità albero a
Angular acceleration [rad/s2]
Numerical
Theoretical
Impiego del
modello:
inerzia del volano
Velocità albero a camme
160 rpm
180
160
140
120
Nominal speed
100
0.0 0.1 0.2 0.3
Time [s] 0.0 0.1 0.2 0.3
Time [s]
Numerical Gioco = 0 mm
Impiego del Theoretical
modello:
usura e giochi
Angular acceleration [rad/s2]
Previsione del
a
comportamento in vista
dell’usura nelle coppie
cinematiche camma-rullo Numerical Gioco = 0.1 mm
Theoretical
dell’intermittore.
Velocità albero a
camme 400 rpm
Gioco = 0.1 mm
b
Riferimenti Bibliografici
[DN93] T. L. Dresner and R. L. Norton. Modern Kinematics: Developments in the
Last Forty Years. John Wiley, New York:, 1993.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
175
Appendice A
Richiami di Dinamica
• G non dipende dalla posizione del punto assunto come origine dello spazio euclideo;
• se il corpo è omogeneo, G non dipende dalla densità;
• se le masse sono distribuite lungo una retta o su una superficie piana, G appartiene
a quella retta o a quella superficie;
• se il sistema è dotato di un piano di simmetria, G giace su di esso;
• comunque si scomponga il sistema in sottosistemi, G coincide con il baricentro dei
punti materiali che costituiscono i baricentri dei singoli sottosistemi.
176
A.2. AZIONI DI INERZIA 177
Derivando rispetto al tempo l’espressione del momento della quantità di moto si ottiene:
dKO ∑ ∑
= (Pj − O) ∧ mj Ṗj + (Pj − O) ∧ mj P̈j =
dt j j
∑ ∑ ∑ (A.8)
= mj Ṗj ∧ Ṗj − Ȯ ∧ mj Ṗj + (Pj − O) ∧ mj P̈j
j j j
Osservando che il primo addendo a secondo membro della (A.8) è nullo e tenendo presente
la definizione di baricentro e la (A.7), si ricava:
dKO
= −Ȯ ∧ mĠ − Mi,O (A.9)
dt
ossia:
dKO
Mi,O = − − vO ∧ Q (A.10)
dt
Se O è un punto fisso (Ȯ = 0) oppure la velocità di O è parallela a quella di G (ovvero
quando O coincide con G), la (A.10) diventa:
dKO
Mi,O = − (A.11)
dt
Risulta dunque sempre conveniente assumere O coincidente con un punto fisso o con il
baricentro.
Assumiamo che O coincida con un punto fisso (qualora esista) ovvero con il baricentro.
Nel primo caso si ha: Ȯ = 0; nel secondo:
∫ ∫
(P − O) dm = (P − G) dm = 0 (A.14)
m m
Comunque, il primo addendo che compare a secondo membro della (A.13) diventa nullo,
per cui risulta: ∫
KO = − (P − O) ∧ [(P − O) ∧ ω] dm (A.15)
m
è detta tensore di inerzia. Tale matrice dipende dal polo O e dall’orientamento del sistema
di riferimento assunto. I suoi elementi (momenti di inerzia di massa) sono costanti solo
se tale sistema è solidale al corpo rigido.
La (A.16) si può anche scrivere nella seguente forma:
dKO
= [JO ]ω̇ + [e
ω ][JO ]ω (A.19)
dt
dove [e
ω ] è la matrice antisimmetrica:
0 −ωz ωy
ω ] = ωz
[e 0 −ωx (A.20)
−ωy ωx 0
del riferimento solidale al corpo). Il corpo viene definito in tal caso rotore. La (A.21)
consente di scrivere:
0 0 −ω 0 0 Jxz −Jyz
Mi,O = −[JO ] 0 − ω 0 0 [JO ] 0 = Jyz ω̇ + Jxz ω 2 (A.22)
ω̇ 0 0 0 ω −Jz 0
Nelle ipotesi assunte, il secondo addendo della (A.27) è nullo, per cui:
∫
1 1
T = mȮ + ω (P − O) ∧ [ω ∧ (P − O)] dm
2
2 2
∫ m (A.28)
1 1
= mȮ2 − ω (P − O) ∧ [(P − O) ∧ ω] dm
2 2 m
ovvero:
1
T = ω T [JO ]ω (A.30)
2
se O è un punto fisso, e:
1 2 1
T = mvG + ω T [JG ]ω (A.31)
2 2
se O = G.
Se si definisce il forza di inerzia Fin il prodotto della massa per l’accelerazione del punto
cambiata di segno:
Fin = −ma (A.34)
la (A.33) può essere riscritta nella forma di una equazione di equilibrio, nella quale alle
forze agenti sul punto si aggiunge la forza di inerzia definita dalla (A.34):
∑
Fj + Fin = 0 (A.35)
j
dove nc è il numero dei corpi rigidi che costituiscono il sistema, nF e nM sono rispettiva-
mente il numero di forze e momenti agenti sul k-esimo corpo, mentre δrk,j e δθ k,l rappre-
sentano rispettivamente gli spostamenti virtuali dei punti di applicazione delle forze Fk,j
e le rotazioni virtuali dei corpi su cui sono applicati i momenti Mk,l .
virtuali e si uguaglia a zero la somma dei lavori virtuali delle forze applicate al sistema,
imponendo così che le forze stesse siano in equilibrio. Volendo calcolare il valore della rea-
zione incognita, si può sostituire il vincolo con la reazione stessa, dando al sistema sposta-
menti virtuali per i quali la razione incognita compia lavoro non nullo. Nell’applicazione
allo studio dinamico delle macchine ad un grado di libertà, si prendono comunemente
come spostamenti virtuali gli spostamenti che il sistema effettivamente subisce durante il
movimento. Allora l’equazione dei lavori virtuali si riconduce a quella dell’energia (§A.7).
dW + dLin = dV (A.38)
dove dW e dLin sono i lavori elementari compiuti rispettivamente dalle forze attive esterne
non conservative (che non ammettono potenziale) e da quelle d’inerzia, mentre dV è la
variazione d’energia potenziale del sistema. La (A.38) si può scrivere anche nella forma:
dove dLm , dLr , dLp sono i lavori elementari compiuti rispettivamente dalle forze motrici
e da quelle resistenti utili e passive. D’altro canto, il lavoro elementare compiuto dalle
forze d’inerzia è uguale all’opposto della variazione d’energia cinetica del sistema:
( )
∑ ∑ dṖj ∑ 1∑
− dLin = mj P̈j dPj = mj dPj = mj Ṗj dṖj = d mj Ṗj2 = dT
j j
dt j
2 j
(A.40)
per cui l’eq. (A.39) può essere scritta nella forma:
dove si è evidenziato il fatto che il lavoro compiuto dalle forze motrici è positivo, mentre
quello compiuto dalle forze resistenti utili e passive è negativo. Se poi si suppone che sul
sistema non agiscano forze conservative (che ammettono potenziale), la (A.41) diventa:
dove E è una costante che rappresenta l’energia totale del sistema e che possiamo calcolare
mediante le condizioni iniziali.
• lo stesso baricentro
184 APPENDICE A. RICHIAMI DI DINAMICA
Serie di Taylor
Il teorema di Taylor afferma che una funzione può essere rappresentata in prossimità di
un punto x = x0 , dall’espansione:
dF 1 2
2d f
f (x) = f (x0 ) + (x − x0 ) + (x − x0 ) + ...
dx x=x0 2! dx2 x=x0
k
(B.1)
1 kd f
· · · + (x − x0 ) + . . . + Rn
k! dxk x=x0
dove il termine Rn è dato da:
n
1 nd f
f (x) = (x − x0 ) (B.2)
n! dxn x=b
con b compreso tra x0 e x. Il risultato è valido se la funzione ammette derivate continue
fino all’ordine n. Se Rn tende a zero, l’espansione è detta serie di Taylor della funzione
f (x) attorno a x = x0 . Se x0 = 0, la serie è anche detta serie di McLaurin.
Esempio:
x3 x5 x7
sin x = x − + − + ... (B.3a)
3! 5! 7!
x2 x4 x6
cos x = 1 − + − + ... (B.3b)
2! 4! 6!
x2 x3 x4
ex = 1 + x + + + + ... (B.3c)
2! 3! 4!
dove x0 = 0. Si noti che se x è piccolo le prime due danno luogo a due approssimazioni
largamente usate delle funzioni seno e coseno: sin x ≈ x e cos x ≈ 1.
Inoltre, se nella terza si considera x = iθ, si ottiene:
θ2 θ3 θ4
eiθ = 1 + iθ − −i + + ...; (B.4)
2! 3! 4!
separando la parte reale da quella immaginaria:
( ) ( )
θ2 θ4 θ6 θ3 θ5 θ7
e = 1−
iθ
+ − + ... + i θ − + − + ... , (B.5)
2! 4! 6! 3! 5! 7!
si ottengono le identità di Eulero:
eiθ = cos θ + i sin θ e−iθ = cos θ − i sin θ. (B.6)
185
Appendice C
186
C.1. RIGIDEZZE EQUIVALENTI 187
Integrale particolare
L’integrale particolare xp (t) dell’equazione completa (D.1) dipende dal termine F (t).
190
Appendice E
Per studiare il moto del sistema massa-molla in presenza di attrito Coulombiano (Fig. E.1)
si considerino i due casi seguenti:
Caso 1
Quando lo spostamento x è positivo e la velocità dx/dt è positiva, o quando x è negativo
e la velocità dx/dt è positiva (ad esempio quando la massa si muove da sinistra verso
destra) l’equazione del moto vale:
mẍ + kx = −µ mg (E.1)
La (E.1) è una equazione differenziale del secondo ordine non omogenea, la cui soluzione
è nella forma:
µN
x(t) = A1 cos ωn t + A2 sin ωn t − (E.2)
k
√
dove ωn = k/m è la pulsazione della vibrazione e A1 eA2 sono costanti i cui valori
dipendono dalle condizioni iniziali.
Caso 2
Quando lo spostamento x è positivo e la velocità dx/dt è negativa, o quando x è negativo
e la velocità dx/dt è negativa (ad esempio quando la massa si muove da destra verso
191
192 APPENDICE E. SISTEMA MASSA–MOLLA CON ATTRITO COULOMBIANO
mẍ + kx = µ mg (E.3)
Figura E.2: Risposta libera del sistema massa–molla con attrito coulombiano
Esempio
Per analizzare le caratteristiche del moto, si assumano ad esempio le condizioni iniziali:
x(t = 0) = x0 ẋ(t = 0) = 0;
in altre parole il sistema parte con velocità nulla e spostamento x0 . Il moto si sviluppa
da destra verso sinistra: si ricade quindi nel “Caso 2”. Siano x0 , x1 , x2 , …le ampiezze del
moto nei successivi mezzi periodi. Sostituendo le condizioni iniziali nella Eq. (E.4) e nella
sua derivata rispetto al tempo, si ottengono le costanti A3 e A4 :
µN
A3 = x0 − , A4 = 0
k
e la (E.4) diventa: ( )
µN µN
x(t) = x0 − cos ωn t + . (E.5)
k k
193
Questa soluzione è valida solo per il primo mezzo periodo (0 ≤ t ≤ π/ωn ). Quando
t = π/ωn , la massa è nella sua estrema posizione di sinistra:
( ) ( ) ( )
π µN µN 2µN
−x1 = x t = = x0 − cos π + = − x0 − .
ωn k k k
3µN
A 1 = x0 − , A2 = 0
k
e la (E.2) diventa: ( )
3µN µN
x(t) = x0 − cos ωn t − . (E.6)
k k
Questa soluzione è valida solo per il secondo mezzo periodo (π/ωn ≤ t ≤ 2π/ωn ). Al
termine di questo semi–periodo lo spostamento della massa vale:
4µN
x2 = x 0 − .
k
mentre la velocità è nulla. Queste ultime divengono le condizioni iniziali per il terzo mezzo
ciclo e la procedura può essere continuata fino a quando il moto si arresta. In particolare,
il moto si arresta quando xn ≤ µN /k, dal momento che la forza immagazzinata nella
molla (kx) risulta inferiore alla forza di attrito µN . Quindi, il numero di semi–periodi r
che si sviluppano prima che il moto si arresti è fornito dalla:
2µN µN
x0 − r ≤
k k
vale a dire:
µN
x0 −
k .
r≥
2µN
k
Appendice F
Con riferimento alla Fig. F.1 l’equazione della linea elastica è per il tratto AC:
[ ( )2 ( ) ] ( )
P l3 l2 l2 x 2 x
y(x) = 1− − ; (F.1)
6EI l l l l
per il tratto CB:
[ ( )2 ( )2 ] ( )
P l3 l2 l2 l−x l−x
y(x) = 1− − ; (F.2)
6EI l l l l
e, infine, nel punto C:
1 P l12 l22
y(x = l1 ) = (F.3)
3 EIl
l1 l2
A P B
x y(x) C
l
Figura F.1: Trave appoggiata
194
Appendice G
195
Appendice H
Smorzamento proporzionale
ζα
ζβ
fattore di smorzamento ζ
ζ=ζα+ζβ
pulsazione ω
α + β ωi 2 = 2ζi ωi (i = . . . , N )
196
197
1
Se [ω] ha rango massimo, ossia pari a 2, la sua pseudo-inversa può essere determinata attraverso
l’espressione algebrica:
( )−1 T
[ω]+ = [ω]T [ω] [ω]
Appendice I
Eccitazione in un nodo
con:
X31 (F3 /K1 ) X33 (F3 /K3 ) X34 (F3 /K4 )
Q1 = Q2 = 0 Q3 = Q4 =
1 − (Ω2 /ω1 2 ) 1 − (Ω2 /ω3 2 ) 1 − (Ω2 /ω4 2 )
essendo ωi le pulsazioni naturali del sistema.
Tornando alle coordinate originarie:
198
199
dove:
X11 X12 X13 X14 Q1
X11 Q1 + 0 + X13 Q3 + X14 Q4
X21 X22
X23 X24 0 X Q + 0 + X Q + X Q
{X} = [Φ]{Q} =
X31 0
= 21 1 23 3 24 4
X33 X34
Q3 X31 Q1 + 0 + X33 Q3 + X34 Q4
X41 X42 X43 X44 Q4 X41 Q1 + 0 + X43 Q3 + X44 Q4
da cui si desume che nella risposta di tutti e 4 i gdl manca il contributo del secondo modo
di vibrare.
Appendice J
∂ 2 y(x, t) T ∂ 2 y(x, t)
=
∂t2 ρ ∂x2
si risolve esprimendo la variabile del moto y(x, t) come prodotto di due funzioni di una
sola variabile: y(x, t) = φ(x)f (t). Si ottiene infatti:
d2 f (t) d2 φ(x) ρ 2
2
+ ω 2 f (t) = 0; + ω φ(x) = 0
dt dx2 T
da cui:
f (t) = A sin ωt + B cos ωt; φ(x) = C sin γx + D cos γx
con:
ρ 2 ω2
γ2 = ω = 2
T c
La soluzione generale è:
∑
∞ ∑
∞
y(x, t) = φi (x)fi (t) = (Ci sin γi x + Di cos γi x) (Ai sin ωi t + Bi cos ωi t) (J.1)
i=1 i=1
Caso 1
Gli estremi sono fissi (Fig. J.1), deve quindi essere:
200
J.2. CONDIZIONI INIZIALI 201
y(x,t)
T T
x
l
Figura J.1: Fune tesa: caso 1
Caso 2
Un estremo è scorrevole e l’altro è fisso (Fig. J.2):
∂y(0, t) dφ(0)
T =0 ⇒ =0
∂x dx
y(l, t) = φ(l)f (t) = 0 ⇒ φ(l) = 0
y(x,t)
T
x
T
l
Figura J.2: Fune tesa: caso 2
Caso 3
Un estremo è fisso e l’altro è collegato ad una molla (Fig. J.3)
y(0, t) = φ(0)f (t) = 0 ⇒ φ(0) = 0
∂y(l, t) dφ(l)
T − k y(l, t) = 0 ⇒ T − k φ(l) = 0
∂x ∂x
y(x,t)
k T
x
T
l
Figura J.3: Fune tesa: caso 3
ovvero: Di = 0 e:
∑
∞
y(l, t) = (Ci sin γi l) (Ai sin ωi t + Bi cos ωi t) = 0
i=1
ovvero:
iπ iπ
γi = ωi = c (i = 1, 2, . . . )
l l
Quindi la (J.1) diventa:
∑
∞ ∑∞ ( )
iπ
y(x, t) = φi (x)fi (t) = Ci sin x (Ai sin ωi t + Bi cos ωi t)
i=1 i=1
l
ossia: ( )[ ( ) ( )]
∑
∞
iπ iπ iπ
y(x, t) = sin x Ei sin ct + Fi cos ct (J.2)
i=1
l l l
dove: Ei = Ci Ai e Fi = Ci Bi .
( ) ∑
∞ ( )
∂y(x, t) iπ iπ
= Ei c sin x (J.4)
∂t t=0 i=1
l l
Ricordando ora che una arbitraria funzione g(x) della variabile indipendente x com-
presa nell’intervallo [0, l] può essere sviluppata in serie di Fourier nel seno secondo
la:
∑∞
iπ x
g(x) = Gi sin
i=1
l
con: ∫ l
2 iπ x
Gi = g(x) sin dx
l 0 l
i coefficienti Fi e Ei che compaiono nelle (J.3) e (J.4) possono essere scritti come:
∫ l ( )
2 iπ
Fi = y(x, 0) sin x dx
l 0 l
∫ l( ) ( )
2 ∂y(x, t) iπ
Ei = sin x dx
iπ c 0 ∂t t=0 l
Se si assume che all’istante iniziale la velocità sia nulla, dalla (J.4) risulta Ei = 0 e la
(J.2) diventa:
∑∞ ( )[ ( )]
iπ iπ
y(x, t) = sin x Fi cos ct
i=1
l l
J.2. CONDIZIONI INIZIALI 203
y(x,0)
h x
l/2 l/2
l
Figura J.4: Fune tesa: esempio di condizioni iniziali
Esempio
Si supponga di afferrare la fune in mezzeria (vedi deformata di Fig. J.4) e di rilasciarla.
La deformata iniziale è esprimibile come:
2hx 0 ≤ x ≤ l/2
y(x, 0) = l
2h −
2hx
l/2 ≤ x ≤ l
l
che sostituita nell’espressione dei coefficienti Fi fornisce:
∫ ( ) ∫ ( ) ( )
2 l/2 2h iπ 2 l 2h iπ
Fi = x sin x dx + 2h − x sin x dx =
l 0 l l l l/2 l l
[
( )2 ( ) ( )]l/2
2h l iπ 2h l iπ
sin x − x cos x +
l iπ l l iπ l
2 0
= [ ( ) ( )2 ( ) ( ]
) l =
l
2hl iπ 2h l iπ 2h iπ
+ − cos x − sin x + x cos x
iπ l l iπ l iπ l
l/2
[ ( ) ( )] [ ( )]
2
2 4h l iπ 8h iπ
= sin = 2 2 sin
l l iπ 2 iπ 2
In definitiva: {
8h iπ
8h iπ sin i = dispari
Fi = 2 2 sin = 2
iπ 2 2
iπ 2 0 i = pari
Per i dispari si può scrivere anche:
8h
Fi = (−1)(i−1)/2 (i = 1, 3, 5, . . . )
i2 π 2
In conclusione, vengono eccitate solo le armoniche dispari. Per le prime armoniche (i =
1, 3, 5, . . . ) risulta:
y(x, t) =
∑∞ ( )[ ( )]
iπ iπ
sin x Fi cos ct =
l l
i=1
[ ( ) (π ) 1 ( ) ( ) ( ) ( ) ]
8h π 3π 3π 1 5π 5π
sin x cos ct − sin x cos ct + sin x cos ct − . . .
π2 l l 9 l l 25 l l
La Fig. J.5 rappresenta la deformata della fune ad un istante generico (linea grossa)
ottenuta considerando solo la prima (◦), la terza (∗) e la quinta (+) armonica.
204 APPENDICE J. FUNE TESA: CONDIZIONI AL CONTORNO ED INIZIALI
Figura J.5: Deformata per le condizioni iniziali di Fig. J.5 (prime tre armoniche)
Appendice K
fs ≥ 2.5 futile
∆f = 1/T ∗
T∗ fs
N= = T ∗ fs =
∆t ∆f
Esempio
Si vogliano rilevare le frequenze proprie di un sistema libero-libero nel range 0-3000 Hz.
Da uno studio preliminare (eseguito utilizzando, per esempio, il metodo degli elementi
finiti) tali frequenze risultano essere le seguenti (espresse in Hz):
f1 = 800; f2 = 1300; f3 = 1500; f4 = 2300; f5 = 2315; f6 = 2800.
Si fissa innanzitutto la frequenza di campionamento. Per evitare il fenomeno dell’aliasing
deve essere:
fs ≥ 2.5futile , futile = 3000 Hz ⇒ fs ≥ 2.5 · 3000 = 7500 Hz.
Per quanto riguarda la risoluzione dello spettro, dal momento che la quarta e la quinta
frequenza differiscono tra loro di 15 Hz, è necessario che essa sia piuttosto alta (∆f
sufficientemente piccolo). Se, ad esempio, si impone che sia: ∆f = 2 Hz, ne consegue
una durata dell’acquisizione pari a T ∗ = 1/∆f = 0.5 s.
205
206 APPENDICE K. SCELTA DEI PARAMETRI DI ACQUISIZIONE
A questo punto il numero di campioni che sono contenuti in 0.5 secondi vale:
N = T ∗ fs = 3750.
Affinché possa essere eseguita la FFT, il numero N di campioni deve necessariamente
essere potenza di 2. Si sceglie quindi il primo numero potenza di 2 superiore a 3750, vale
a dire N = 4096.
A questo punto abbiamo si hanno due possibilità:
1) mantenere la risoluzione pari a ∆f = 2 Hz, andando così a modificare la frequenza
di campionamento: fs = N ∆f = 8192 Hz, ed estendendo la frequenza utile: futile =
fs /2.5 = 3276.8 Hz;
2) mantenere la frequenza di campionamento pari a fs = 7500 Hz, andando a prolungare
la durata dell’acquisizione: T ∗ = N/fs = 0.546 s, e a migliorare la risoluzione dello
spettro: ∆f = fs /N = 1.831 Hz.
Appendice L
La funzione Sxx (ω) è legata alla trasformata di Fourier di x(t) dalla relazione:
dove il simbolo [∗ ] indica il complesso coniugato. La funzione Sxx (ω) è reale e contiene le
informazioni sulle frequenze presenti in x(t), ma non quelle sulle fasi.
Per diminuire gli errori di misura, l’autospettro viene stimato effettuando la media di più
misure:
1 ∑ ∗
N
Sxx (ω) = Xk (ω)Xk (ω)
N k=1
207
208 APPENDICE L. STIMA SPERIMENTALE DELLA FRF
La funzione Sxy (ω) è complessa e contiene le informazioni sulle frequenze e sulle fasi.
Inolte risulta:
Sxy (ω) = Syx ∗ (ω)
Per diminuire gli errori di misura, lo spettro incrociato viene stimato effettuando la media
di più misure:
1 ∑ ∗
N
Sxy (ω) = Xk (ω)Yk (ω)
N k=1
Per diminuire gli errori di misura, si impiegano degli stimatori della FRF effettuando
la media di più misure. Esistono diverse formulazioni degli stimatori.
Lo stimatore H1 che riduce gli effetti dei disturbi all’uscita:
F ∗ (ω)X(ω) Sf x (ω)
H(ω) = ∗
= = H1 (ω)
F (ω)F (ω) Sf f (ω)
Lo stimatore H2 che riduce gli effetti dei disturbi all’ingresso:
X ∗ (ω)X(ω) Sxx (ω)
H(ω) = ∗
= = H2 (ω)
X (ω)F (ω) Sxf (ω)
In assenza di errori di misura, risulta naturalmente: H1 (ω) = H2 (ω) = H(ω).
Per giudicare l’attendibilità della misura si può usare la funzione coerenza γ 2 che indica
quanto la risposta è coerente con l’eccitazione:
una FRF puntuale, ossia di una FRF in cui il punto di eccitazione e quello di risposta
coincidono: come noto, ogni picco di risonanza è seguito da una antirisonanza; la presenza
delle antirisonanze è inoltre denotata dalle brusche e localizzate diminuzioni della funzione
coerenza. La Fig. L.1b) mostra una FRF rilevata tra due punti distinti del medesimo
sistema: la posizione dei picchi di risonanza coincide con quella di Fig. L.1a).
(a)
(b)
Figura L.1: FRF sperimentali: a) FRF puntuale; b) FRF tra due punti distinti
Appendice M
Simulink
210
M.2. ISTRUZIONI DI BASE DI SIMULINK 211
• Chirp Signal genera un segnale sinusoidale con frequenza crescente. Si devono spe-
cificare la frequenza iniziale e dopo quanti secondi deve essere raggiunta una certa
frequenza predeterminata.
• From File legge il contenuto di una matrice specificata dal <file>.mat. La prima
riga della matrice deve contenere i valori degli istanti di campionamento e in quelle
successive sono memorizzati i corrispondenti valori delle uscite.
• From Workspace legge i valori specificati in una matrice presente nel WorkSpace di
Matlab. La matrice deve contenere nella prima colonna i valori corrispondenti agli
istanti di campionamento. Le successive colonne rappresentano i valori delle uscite.
• Random Number genera valori con distribuzione normale gaussiana, dati il valore
medio, la varianza e un valore iniziale per il seme.
• Uniform Random Number genera numeri aventi distribuzione uniforme tra due valori
prefissati. Si deve specificare anche il seme.
• Band-Limited White Noise genera rumore bianco per sistemi continui. Si specifica
la potenza del rumore, istante di campionamento e il seme.
• Display display numerico dei valori dell’ingresso. Si specifica il formato del parame-
tro da visualizzare.
• State-Space modello nello spazio degli stati. Occorre inserire le matrici del modello
(A, B, C, D) e le relative condizioni iniziali.
214 APPENDICE M. SIMULINK
• Zero-Pole funzione Guadagno, Zeri e Poli. Gli zeri vengono rappresentati da una
matrice, mentre i poli da un vettore. Il numero delle uscite coincide con il numero
delle colonne della matrice degli zeri.
• Variable Transport Delay ritarda il primo segnale di ingresso di una quantità spe-
cificata dal secondo ingresso. Il ritardo deve essere più grande del passo utilizzato
nella simulazione.
• Dead Zone l’uscita rimane a zero per valori interni alla deadzone. Si specifica l’inizio
e la fine dell’intervallo.
M.2. ISTRUZIONI DI BASE DI SIMULINK 215
• Switch l’uscita coincide con il primo ingresso quando il secondo ingresso è maggiore
od uguale ad una certa soglia, altrimenti assume i valori del terzo ingresso.
• Multiport Switch coincide con gli ingressi secondo i valori arrotondati assunti dal
primo di questi.
• Sum effettua la somma o la differenza degli ingressi. Si deve inserire la lista dei
segni con cui ogni ingresso entra nel blocco.
• Product Moltiplica o divide gli ingressi. Occorre specificare il numero degli ingressi.
• Dot Product effettua il prodotto (prodotto scalare) elemento per elemento degli
ingressi u1 e u2 secondo l’espressione y = sum(u1 · u2).
216 APPENDICE M. SIMULINK
• Combinatorial Logic ricerca gli elementi specificati nel vettore d’ingresso (trattati
come valori booleani) nella tabella della verità impostata e restituisce le righe della
tabella della verità stessa.
• Logical Operator effettua una operazione logica per un prefissato numero di ingres-
si: AND, OR, NAND, NOR, XOR, NOT. Per un singolo ingresso, l’operazione iene
effettuata tra tutti i valori dell’ingresso memorizzati in un vettore. Per ingressi mul-
tipli, l’operazione logica viene eseguita sugli elementi dei diversi vettori di ingresso
che occupano la stessa posizione.
• Relational Operator effettua confronti tra gli ingressi: ==, =, >, >=, < e <=.
• Look-Up Table (2D) effettua una interpolazione bidimensionale dei valori dell’ingresso
usando quelli nella tabella specificata. I valori esterni a quelli della tabella vengono
estrapolati.
• MATLAB function passa i valori dell’ingresso ad una funzione Matlab affinché possa
essere valutata. La funzione Matlab deve restituire un vettore la cui lunghezza deve
essere definita.
218 APPENDICE M. SIMULINK
• Goto Tag Visibility viene usato con i blocchi From e Goto e permette di specificare
la visibilità di una etichetta.
• Goto invia i segnali al blocco From avente l’etichetta specificata. Permette di definire
la visibilità dell’etichetta.
• Data Store Read legge i dati memorizzati in una certa regione definita dal blocco
Data Store Memory secondo un nome prefissato. Occorre definire il nome della zona
di memoria e il tempo di campionamento.
• Data Store Memory permette di definire nome e valore iniziale di una regione di
memoria utilizzata dai blocchi Data Store Read e Data Store Write.
• Data Store Write scrive la zona di memoria specificata dal nome. Viene definito
anche il tempo di campionamento.
• Ground viene utilizzato per mettere a zero i segnali di ingresso. Si evitano i problemi
dovuti agli ingressi non collegati. Fornisce una uscita nulla.
• Terminator usato per isolare un segnale di uscita e per prevenire così i problemi
provocati dalle uscite non connesse.
M.3 Esempi
Esempio 1
Implementazione dell’equazione differenziale: ẋ(t) = u(t)
Esempio 2
Implementazione dell’equazione differenziale: ẋ(t) = −2x(t) + u(t)
Esempio 3
Implementazione dell’equazione differenziale: m ẍ(t) + c ẋ(t) + k x(t) = F (t).
L’equazione si riscrive nella forma: m ẍ(t) = −c ẋ(t) − k x(t) + F (t)
Esempio 4
Sistema ad un gdl con gioco: moto imposto della base.
Se non vi fosse il gioco si tratterebbe semplicemente di implementare l’equazione diffe-
renziale:
M Ẍ1 = −K(X1 − X0 ) − C (Ẋ1 − Ẋ0 )
con i parametri M , C e K costanti.
Con la presenza del gioco, la forza elastica FEL assume un andamento lineare a tratti
espresso come segue:
Esempio 5
Impiego della Look-up Table.
L’impiego è mostrato in Fig. M.13a. Occorre definire nel workspace una matrice di due
colonne (nell’esempio si tratta della matrice A):
dt = 1/100;
time = [0:dt:1];
x = sin(2*pi*time);
A = [time; x].’;
Con un doppio click sul blocco Look-Up Table si apre la finestra di dialogo (vedi
Fig. M.13b) in cui andare ad inserire i valori di input (ascissa) e output (ordinata) della
table.
(a)
(b)
Figura M.13: Simulink: esempio 5
224 APPENDICE M. SIMULINK
Esempio 6
Sistema ad un gdl con gioco: moto della base (legge arbitraria).
Si tratta dell’esempio 4 (§M.3), ma in questo caso non si utilizza il blocco signal generator
per generare la legge di moto. Quest’ultima viene infatti caricata in workspace e poi
opportunamente interpolata (mediante la look-up table).
Esempio 7
Accorpamento di blocchi.
Se nell’esempio 6 (§M.3) i blocchi necessari per definire la legge di moto vengono accorpati
in un unico blocco denominato legge di moto, si ottiene no schema di Fig. M.15a. Il
contenuto del blocco legge di moto è mostrato in Fig. M.15b.
(a)
(b)
Figura M.15: Simulink: esempio 7
226 APPENDICE M. SIMULINK
Esempio 8
Accorpamento di blocchi.
Si tratta dell’esempio 7 (§M.3), ma in questo caso i blocchi necessari per calcolare la forza
elasto-viscosa e quelli per integrare sono accorpati in due soli blocchi: il blocco Forza
elasto-viscosa (Fig. M.16a) e il blocco integrazione (Fig. M.16b). Il risultato è mostrato
in Fig. Fig. M.16c.
(a)
(b)
(c)
Figura M.16: Simulink: esempio 8
M.3. ESEMPI 227
Esempio 9
Sistema ad due gdl con gioco: moto della base.
Esempio 10
Impiego di S-function.
È possibile inserire delle funzioni utilizzando il blocco S-function come mostrato in M.18.
aux3 = [];
elseif flag = = 3,
out(1) = u;
out(2) = gain*u;
end
• u variabile in ingresso
• f lag == 0 il terzo e quarto campo della variabile di uscita devono essere rispetti-
vamente la dimensione dell’output e dell’input. Devono inoltre essere definite come
vettore vuoto ([]) tre variabili di uscita ausiliarie (aux1, aux2, aux3).
Con un doppio click sul blocco S-function si apre la finestra di dialogo mostrata in
Fig. M.19 in cui andare ad inserire il nome della function ed, eventualmente, i parametri
aggiuntivi (gain nell’esempio).
N.1 Introduzione
Quando si devono studiare sistemi continui - come sono le strutture e gli organi delle
macchine - nella maggior parte dei casi di interesse pratico la forma geometrica e le
condizioni al contorno sono troppo complesse per poter applicare procedimenti analitici:
per analisi sia statiche sia dinamiche si deve allora fare ricorso ad altri metodi, per lo
pib̀asati sull’uso del calcolatore. Tra tali metodi, ampiamente impiegato è quello degli
elementi finiti, che considera il sistema continuo costituito da elementi “finiti”, cioè di
dimensioni finite, anziché di dimensioni infinitesime, come nel caso dei metodi analitici.
Il metodo degli elementi finiti (MEF o FEM ) è strettamente collegato con il metodo
di Rayleigh-Ritz, del quale anzi si può considerare, in senso lato, una versione “a tratti”.
Infatti, mentre nel metodo di Rayleigh-Ritz la deformata dell’intera struttura è appros-
simata mediante una somma di funzioni, il metodo degli elementi finiti impiega molte
di tali funzioni, ciascuna relativa ad una parte della struttura stessa. In altre parole il
metodo degli elementi finiti suddivide la struttura in tante parti e applica a ciascuna il
metodo di Rayleigh-Ritz.
L’idea di definire non un’unica funzione per l’intera struttura, ma una funzione per
ciascun tratto della struttura stessa, permette di applicare il metodo a strutture anche
molto complesse, adottando peraltro funzioni di forma molto semplici. Il principio è che
se le funzioni di forma assunte per i vari elementi sono scelte opportunamente, la soluzione
può convergere a quella esatta per l’intera struttura al diminuire delle dimensioni degli
elementi finiti. Durante il processo di risoluzione, vengono soddisfatti l’equilibrio e la
congruenza degli spostamenti ai nodi, così che l’intera struttura si comporta come un’unica
entità.
229
230 APPENDICE N. IL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI (FEM)
∑
N ∑
N
T = Ti U= Ui (N.1)
i=1 i=1
N.1.2 Discretizzazione
Per discretizzazione si intende la suddivisione in elementi finiti della struttura data. Per
prima cosa occorre scegliere il tipo e la distribuzione degli elementi. Queste scelte devono
tenere conto sia della geometria della struttura, sia del suo comportamento: una buona
discretizzazione richiede perciò molta attenzione ed una certa esperienza. In particolare,
occorre che la discretizzazione sia fatta tenendo conto delle discontinuità geometriche e
di quelle del materiale, delle condizioni al contorno e delle forze agenti.
Per una valutazione ragionevolmente precisa delle frequenze e dei modi propri o per la
determinazione della risposta dinamica di una struttura, la distribuzione degli elementi
finiti (reticolo o mesh) può anche essere a maglie relativamente grandi. In altri casi,
ad esempio quando il FEM viene impiegato per il calcolo delle tensioni, il reticolo deve
invece essere più fine, con un infittimento ancora maggiore nelle zone di concentrazione
delle tensioni.
In altre parole, il vettore {d} che rappresenta lo spostamento di un punto interno dell’elemento,
è esprimibile, mediante [N ], in funzione del vettore {δ} che rappresenta gli spostamenti
dei nodi. La matrice [N ] dipende dall’ipotesi che si adotta riguardo l’andamento dello
spostamento entro l’elemento e prende il nome di funzione di forma.
A chiarimento, si faccia riferimento al generico elemento triangolare di Fig. N.1b). Con
w(x, y, t) si indichi lo spostamento di un punto interno in direzione normale. I valori di
w e delle sue derivate spaziali nei nodi sono trattati come incognite e si possono indicare
come:
w(x1 , y1 , t)
δ1 (t)
∂w/∂x (x 1 , y 1 , t)
δ 2 (t)
∂w/∂y (x ,
1 1 y , t)
δ 3 (t)
w(x2 , y2 , t) ...
∂w/∂x (x2 , y2 , t) = ...
∂w/∂y (x2 , y2 , t)
...
w(x 3 , y 3 , t)
...
∂w/∂x (x , y , t)
...
3 3
∂w/∂y (x3 , y3 , t) δ9 (t)
∑
n
w(x, y, t) = Nr (x, y) δr (t) (N.3)
r=1
Per determinare il vettore {δ} degli spostamenti nodali, occorre scrivere le equazioni
del moto. L’energia cinetica Ti e l’energia di deformazione Ui dell’elemento possono essere
espresse rispettivamente come:
1 1
Ti = {δ̇}T [m]{δ̇} Ui = {δ}T [k] {δ}
2 2
232 APPENDICE N. IL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI (FEM)
dove [m] e [k] sono le matrici massa e rigidezza dell’elemento. Ora, applicando l’equazione
di Lagrange, l’equazione del moto risulta:
dove {f (t)} è il vettore delle forze nodali. A tale proposito occorre osservare che, se
sull’elemento agisce un carico distribuito f (x, y, t), questo può essere facilmente ricondotto
a forze equivalenti agenti sui nodi.
Sebbene le equazioni del moto di un singolo elemento non siano direttamente utili, le
matrici massa e rigidezza ed il vettore delle forze nodali sono necessarie per pervenire alla
soluzione dell’intera struttura.
Si noti infine che la forma dell’elemento finito ed il numero di incognite (componenti del
vettore spostamenti nodali) differisce a seconda dei casi.
Di seguito, si vanno a determinare le matrici rigidezza [k] e massa [m] del generico
elemento finito i-esimo. Per semplificare le notazioni, si ometterà il pedice i (che dovrebbe
contraddistinguere le quantità relative all’elemento i-esimo), tranne che per le energie
elastica e potenziale (Ti e Ui ).
Per un materiale elastico lineare isotropo, se non ci sono tensioni iniziali (cioè se
nell’elemento non vi sono tensioni fino a che alla struttura non vengono applicate delle
sollecitazioni), fra tensioni e deformazioni sussiste la relazione:
dove [D] è una matrice quadrata simmetrica i cui elementi dipendono dalle caratteristiche
del materiale, cioè - di solito - dal modulo di Young E e dal coefficiente di Poisson ν.
Come è noto, l’energia potenziale di deformazione elastica di un elemento si può
esprimere nella forma: ∫
1
Ui = {ε}T {σ} dV (N.6)
2
V
dove {ϵ} è il vettore delle deformazioni, {σ} è il vettore delle tensioni e V è il volume
dell’elemento. Introducendo la (N.4) e la (N.5) nella (N.6) si ottiene:
∫ ∫
1 T1
Ui = {[B]{δ}} [D] [B]{δ} dV = {δ}
T
[B]T [D] [B] dV {δ} (N.7)
2 2
V V
N.4. MATRICE MASSA 233
dove {d}˙ è la derivata rispetto al tempo del vettore spostamento {d}. Utilizzando la
(N.2), e tenendo conto che la matrice [N ] è costante, si ricava l’espressione:
˙ = [N ]{δ̇}
{d} (N.11)
Poiché vi sono due spostamenti nodali, la funzione spostamento va scelta con almeno
due costanti:
u(x) = a1 + a2 x (N.16)
Le costanti al , a2 si ottengono dai valori di u(x) in corrispondenza dei due nodi:
u(0) = u1
(N.17)
u(l) = u2
dove con l si è indicata la lunghezza dell’elemento; dalle (N.17) si ricava:
a1 = u1
(N.18)
a1 + a2 l = u2
Le (N.18) permettono di esprimere al e a2 in funzione di ul , u2 :
a1 = u 1
(N.19)
a2 = (u2 − u1 )/l
Come si vede, questa matrice è singolare, cioè il suo determinante è nullo. Ciò è
conseguenza del fatto che la funzione di forma (21) permette anche un moto (traslatorio)
di corpo rigido.
La matrice definita dalla (N.31) è una matrice massa coerente poiché è stata ottenuta
utilizzando la stessa funzione di forma impiegata per ottenere la matrice rigidezza (N.28).
La matrice massa concentrata si può ottenere concentrando la massa dell’elemento ai
nodi e scrivendo l’energia cinetica in forma matriciale:
[ ]{ }
1 ρAl 2 1 ρAl 1 0 u̇1
Ti = 2
(u̇1 + u̇2 ) = {u̇1 u̇2 } (N.32)
2 2 2 2 0 1 u̇2
L’elemento ha due nodi, l e 2, ciascuno con un solo grado di libertà, ciove la rotazione.
Il vettore spostamento (rotazione) nodale in questo caso è:
{ }
θ1 (t)
{δ} = (N.37)
θ2 (t)
La rotazione all’interno dell’elemento può essere assunta lineare in x, ovvero può essere
espressa come segue:
θ(x, t) = a(t) + b(t)x
o, in alternativa, anche come:
} {
θ1 (t)
θ(x, t) = [N1 (x) N2 (x)] (N.38)
θ2 (t)
dove N1 (x) e N2 (x) si determinano in maniera analoga a quanto fatto per le vibrazio-
ni longitudinali, ossia imponendo le condizioni al contorno (vedi Eqq. (N.16)-(N.22)).
Risulta: [ x x]
[N ] = [N1 (x) N2 (x)] = 1 − (N.39)
l l
Scriviamo ora le espressioni dell’energia cinetica, dell’energia di deformazione e del
lavoro virtuale; si ha rispettivamente:
∫l { }2
1 ∂θ(x, t) 1
T = J0 dx = {δ̇}T [m]{δ̇}
2 ∂t 2
0
∫l { }2
1 ∂θ(x, t) 1
U= GJ dx = {δ}T [k]{δ} (N.40)
2 ∂x 2
0
∫l
δW = f (x, t) δθ(x, t) = δ{δ}T {f (t)}
0
238 APPENDICE N. IL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI (FEM)
Nel caso di sezione generica, la costante di torsione J si può ricavare in base alla
espressione approssimata:
J ≈ 0.025 A4 Ip (N.45)
dove A è l’area della sezione, oppure impiegando apposite tabelle (vedi, ad esempio, la
Tabella N.1).
Tabella N.1: Valori della costante di torsione per sezioni non circolari
N.7. VIBRAZIONI FLESSIONALI 239
Si avranno pertanto due forze nodali f1 (t) e f3 (t) corrispondenti ai due spostamenti
nodali w1 (t) e w3 (t) e due momenti flettenti f2 (t) e f4 (t) corrispondenti rispettivamente
alle rotazioni nodali w2 (t) e w4 (t).
Per lo spostamento trasversale di un generico punto dell’elemento trave può essere
assunto un polinomio di terzo grado in x, come nel caso della deformata statica:
∂w
w(0, t) = w1 (t) (0, t) = w2 (t)
∂x
∂w
w(l, t) = w3 (t) (l, t) = w4 (t)
∂x
Si ha dunque:
∫l { }2
1 ∂w(x, t) 1
T = ρA dx = {δ̇}T [m]{δ̇}
2 ∂t 2
0
∫l { }2
1 ∂ 2 w(x, t) 1
U= EI dx = {δ}T [k]{δ}
2 ∂x2 2
0
∫l
δW = f (x, t) δw(x, t) = δ{δ}T {f (t)}
0
con ρ densità del materiale, E modulo di Young, I momento di inerzia della sezione
trasversale, A area della sezione trasversale della trave e dove:
δw1 (t)
f1 (t)
δw2 (t) f2 (t)
δ{δ} = {f (t)} =
δw3 (t)
f3 (t)
δw4 (t) f4 (t)
∫l
fi (t) = f (x, t)Ni (x) dx i = 1, 2, 3, 4.
0
Si osservi che la matrice rigidezza [k] è singolare e ha rango 2; ciò significa che solo due
dei vettori che compongono [k] sono linearmente indipendenti. Il motivo è che la funzione
N.8. ASSEMBLAGGIO 241
spostamento w(x, t) assunta permette due moti di corpo rigido, una traslazione ed una
rotazione.
La matrice massa concentrata si può ottenere concentrando la massa dell’elemento ai
nodi e scrivendo l’energia cinetica in forma matriciale:
1 0 0 0 ẇ1
1 ρAl 2 1 ρAl 0
0 0 0 ẇ2
T = (ẇ1 + ẇ32 ) = { ẇ1 ẇ2 ẇ3 ẇ4 }
0
2 2 2 2 0 1 0 ẇ3
0 0 0 0 ẇ4
Al contrario di quanto avviene per le vibrazioni longitudinali, nel caso della flessione
la matrice massa coerente è molto più efficace di quella concentrata poiché quest’ultima
non tiene conto dell’effetto di rotazione dell’elemento.
N.8 Assemblaggio
Per passare dai singoli elementi all’intera struttura, si scrivono le espressioni dell’energia
cinetica e dell’energia di deformazione della struttura secondo le relazioni (N.1). In altre
parole l’energia cinetica e l’energia di deformazione della struttura sono la somma rispet-
tivamente delle energie cinetiche e di quelle di deformazione di ciascun elemento. Le
equazioni di Lagrange, infine, permettono di scrivere le equazioni differenziali del moto.
N.8.1 Esempio
Per illustrare il procedimento dell’assemblaggio, consideriamo l’asta di lunghezza L rap-
presentata in Fig. N.5. L’asta ha un estremo incastrato e l’altro libero ed è soggetta ad
un moto longitudinale. L’asta viene discretizzata con tre elementi finiti del tipo trattato
in §N.5 (Fig. N.2), ciascuno di lunghezza l = L/3.
Figura N.5: Asta con un estremo fisso modellata con tre elementi uguali
La matrice di rigidezza [K] della struttura, ottenuta assemblando i tre elementi, è per-
tanto:
2 −1 0
3EA
[K] = −1 2 1
L
0 −1 1
È fondamentale osservare che la matrice della struttura si può ottenere senza scrivere
esplicitamente né l’espressione di U , né l’equazione di Lagrange, bensì sovrapponendo le
tre matrici rigidezza (N.28) dei singoli elementi ed eliminando la prima riga e la prima
colonna, cioè le righe e le colonne corrispondenti alla condizione u1 = 0:
1 −1 0 0
3EA −1 1 + 1 −1 0
[K] =
L 0 −1 1 + 1 −1
0 0 −1 1
Per quanto riguarda l’energia cinetica, impiegando le matrici massa (N.31) dei singoli
elementi, risulta:
[ ]{ } [ ]{ }
1 ρAl 2 1 0 1 ρAl 2 1 u˙2
T = {0 u˙2 } + {u˙2 u˙3 } +
2 6 1 2 u˙2 2 6 1 2 u˙3
[ ]{ }
1 ρAl 2 1 u˙3
+ {u˙3 u˙4 }
2 6 1 2 u˙4
Si vede immediatamente che anche la matrice massa della struttura si può ottenere so-
vrapponendo le matrici massa dei singoli elementi ed eliminando le righe e le colonne
corrispondenti alla condizione u1 = 0.
È opportuno rilevare che, una volta effettuato l’assemblaggio, i vari elementi finiti
risultano collegati fra loro nei nodi, nel senso che essi si trasmettono forze attraverso i
nodi e che nei nodi sono soddisfatte le condizioni di congruenza (cioè tutti gli elementi
che confluiscono in un nodo hanno ivi gli stessi spostamenti). Osserviamo anche che si
possono assemblare tra loro anche elementi diversi, o addirittura parti di sistemi modellati
con tecniche diverse, per esempio ad elementi finiti ed a parametri concentrati.
ossia il classico problema agli autovalori ed autovettori. Anche per sistemi relativamente
semplici e di piccole dimensioni, le matrici [K] e [M ] possono avere diverse centinaia di
elementi. La soluzione dell’autoproblema risulta pertanto essere non banale e richiede
opportuni algoritmi atti a minimizzare il costo computazionale e la richiesta di memoria.
La trattazione di tali problematiche esula dagli scopi della presente dispensa e per essa si
rimanda a testi specializzati.
Riferimenti Bibliografici
[Inm13] D. J. Inman. Engineering Vibration. Prentice Hall, Boston, 4 edition edition,
2013.
[Rao10] Singiresu S. Rao. Mechanical Vibrations. Prentice Hall, Upper Saddle River,
N.J, 5th edition edition, 2010.
Bibliografia
[1] S. S. Rao, Mechanical Vibrations. Upper Saddle River, N.J: Prentice Hall, 5th
edition ed., 2010.
[2] W. J. Palm, Modeling, Analysis, and Control of Dynamic Systems. Toronto: John
Wiley & Sons Inc, 2nd edition ed., 1999.
[5] R. Ghigliazza and C. U. Galletti, Meccanica applicata alle macchine. Torino: UTET,
1986.
[8] D. J. Inman, Engineering Vibration. Boston: Prentice Hall, 4 edition ed., 2013.
[9] M. Lalanne, P. Berthier, and J. Der Hagopian, Mechanical Vibrations for Engineers.
Chichester West Sussex ; New York: John Wiley & Sons Inc, 1983.
[11] G. Diana and F. Cheli, Dinamica e vibrazioni dei sistemi meccanici. Vol. 1., vol. 1.
Torino: UTET Università, 1993.
[13] S. Levy and J. P. Wilkinson, The Component Element Method in Dynamics. New
York: McGraw-Hill, 1976.
[15] T. L. Dresner and R. L. Norton, Modern Kinematics: Developments in the Last Forty
Years. New York:: John Wiley, 1993.
244
BIBLIOGRAFIA 245