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Cartas de Santa Catalina p859 STomas Leer PDF
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di Caterina da Siena
Libro primo
I A Monna Lapa, sua Madre 1
II A Prete Andrea de’ Vitroni 2
III Al Preposto di Casole, e a Giacomo
di Manzi 7
IV Ad un Monaco della Certosa essendo in
carcere 12
V A Misser Francesco di Montalcino 14
VI A Monna Lapa, sua madre 18
VII Al Cardinal Pietro d’Ostia 19
VIII A Frate Giusto, Priore in Montoliveto 22
IX A una donna che non si nomina 25
X A Benincasa di Iacomo fratello suo carnale 27
XI A Pietro Cardinal d’Ostia 28
XII All’Abbate di Sant’Antimo 32
XIII A Marco Bindi, mercatante 34
XIV A tre suoi fratelli in Firenze 39
XV A Consiglio Giudeo 41
XVI Ad un gran Prelato 42
XVII Al venerabile religioso Frate Antonio
da Nizza 47
XVIII A Benincasa suo fratello 50
XIX A Niccolaccio di Caterino Petroni da Siena 52
XX A Benincasa suo fratello in Firenze 53
XXI Ad uno il cui nome si tace 54
XXII All’abate Martino di Passignano 59
XXIII A Nanna Figliuola di Benincasa 61
XXIV A Biringhieri degli Arzocchi 64
XXV A Frate Tomaso della Fonte 67
XXVI A suora Eugenia sua nipote 69
Libro secondo
LXXII A Romano Linaiuolo alla Compagnia
del Bigallo 223
LXXIII A Suora Costanza Monaca del
Monasterio di San Abundio 225
LXXIV A Frate Niccolò da Monte Alcino 228
LXXV Al Monasterio di San Gaggio 230
LXXVI A Frate Giovanni di Bindo di Doccio 235
LXXVII Al venerabile Religioso Frate
Guglielino d’Inghilterra 239
LXXVIII A Niccolò Povero, di Romagna 242
LXXIX All’Abadessa e Monache di San Pietro 244
LXXX A Maestro Giovanni 249
LXXXI A Francesca di Francesco di Tolomei 253
LXXXII A tre Donne di Firenze 255
LXXXIII A Conte di Conte da Firenze 258
LXXXIV A Frate Filippo di Vannuccio, e a
Frate Niccolò di Pietro di Firenze 262
LXXXV A Pietro di Tommaso de’ Bardi di
Firenze 269
LXXXVI All’Abadessa del Monastero di Santa
Maria delli Scalzi 273
LXXXVII A Monna Giovanna Pazza 277
LXXXVIII Ad Angelo da Ricasoli Vescovo di
Fiorenza 281
Libro terzo
CLIII A Monna Caterina, a Monna Orsola,
e altre donne in Pisa 471
CLIV A Frate Francesco Tebaldi di Fiorenza 473
CLV A Madonna Niera di Gherardo
Gambacorti 480
CLVI A Giovanni Perotti Cuoiaio 482
CLVII A’ Vanni ed a Francesco, figliuoli di
Niccolò de’ Buonconti da Pisa 484
CLVIII A Prete Nino da Pisa 485
CLIX A Frate Ranieri 486
CLX A Giovanni Perotti cuoiaio da Lucca,
e a Monna Lippa 490
CLXI A Monna Nella, Donna che fu di Niccolò
de’ Buonconti da Pisa; e a Monna
Catarina, Donna di Gherardo di Niccolò 491
CLXII A Monna Franceschina, e a Monna
Caterina, e a due altre Compagne
spirituali 494
CLXIII A Monna Franceschina 496
CLXIV A Monna Mellina, Donna di
Bartolomeo Balbani 498
CLXV A Monna Bartolomea, Donna di
Salvatico da Lucca 502
CLXVI A Monna Colomba 507
CLXVII A Monna Nella, donna che fu di Niccolò
Buonconti da Pisa 511
Libro quarto
CCXXXII A Sano di Maco 729
CCXXXIII A Gregorio XI 730
Libro quinto
CCCXI A’ Signori Difensori del Popolo e
Comune di Siena 988
CCCXII Alla Reina di Napoli 992
CCCXIII Al Conte di Fondi 999
CCCXIV A Monna Costanza, donna che fu
di Niccolò Soderini 1006
CCCXV A Don Petro da Milano 1010
CCCXVI A suor Daniella da Orvieto 1018
CCCXVII Alla Reina di Napoli 1022
CCCXVIII A Sano di Maco, e a tutti gli altri
suoi in Cristo figliuoli 1029
CCCXIX A Stefano di Corrado Maconi 1037
Libro sesto
I A don Giovanni monaco nelle celle
di Valle Umbrosa 1244
II A tre donne vedove spirituali di
Napoli 1247
III A frate Antonio da Nizza 1250
IV Alla priora et monache del
monasterio di sancta Agnese 1252
V Alla Compagnia della disciplina
della vergine Maria 1255
I
A MONNA LAPA, SUA MADRE
II
A PRETE ANDREA DE’ VITRONI
III
AL PREPOSTO DI CASOLE, E A GIACOMO DI
MANZI, DI DETTO LUOGO
IV
AD UN MONACO DELLA CERTOSA ESSENDO
IN CARCERE
V
A MISSER FRANCESCO DI MONTALCINO
DOTTORE IN LEGGE CIVILE
VI
A MONNA LAPA, SUA MADRE
VII
AL CARDINAL PIETRO D’OSTIA
VIII
A FRATE GIUSTO, PRIORE IN MONTOLIVETO
IX
A UNA DONNA CHE NON SI NOMINA
X
A BENINCASA DI IACOMO FRATELLO SUO
CARNALE
XI
A PIETRO CARDINAL D’OSTIA
XII
ALL’ABBATE DI SANT’ANTIMO
XIII
A MARCO BINDI, MERCATANTE
XIV
A TRE SUOI FRATELLI IN FIRENZE
XV
A CONSIGLIO GIUDEO
XVI
AD UN GRAN PRELATO
XVII
AL VENERABILE RELIGIOSO FRATE ANTONIO
DA NIZZA, DELL’ORDINE DE’FRATI
EREMITANI DI SANTO AGOSTINO, A SELVA DI
LAGO
XVIII
A BENINCASA SUO FRATELLO, ESSENDO ESSO
IN FIRENZE
che pensiate la brevità del tempo vostro; che non sete si-
curo del dì di domane. Bene possiamo dire che non ab-
biamo la fadiga passata, nè quella ch’è a venire, ma solo
il punto del tempo, che noi abbiamo. Adunque bene do-
viamo portare pazientemente, poichè ’l tempo è cotanto
breve. La seconda si è, che voi consideriate il fatto che
segue dalle fadighe. Che dice Santo Paolo, che non è
comparazione delle fadighe a rispetto del frutto e ri mu-
nerazione della superna gloria. La terza si è che voi con:
sideriate il danno che sèguita a coloro, che portano con
ira e con impazienzia: che sèguita questo danno qui, e la
pena eternale dell’anima.
E però vi prego, carissimo fratello, che voi portiate
con ogni pazienzia. E non vorrei che vi uscisse di mente
il correggervi della vostra ingratitudine, ed ignoranzia,
cioè del debito che avete con la madre vostra, alla quale
voi sete tenuto per comandamento di Dio. E io ho vedu-
to moltiplicare tanto la vostra ingratitudine, che non
tanto che voi gli abbiate renduto il debito d’aiutarla; po-
niamochè di questo io v’ho per iscusato, perocchè non
avete potuto; e se avesti potuto, non so che voi avreste
fatto, perocchè solo delle parole le avete fatto caro. Oh
ingratitudine! Non avete considerato la fadiga del parto
nè il latte che ella trasse del petto suo, nè le molte fadi-
ghe che ella ha avuto di voi, e di tutti gli altri. E se mi di-
cesti che ella non ha avuto pietà di noi; dico che non è
vero: perocchè ella n’ha avuto tanta di voi, e dell’altro,
che caro gli costa. Ma poniamo caso, che fusse vero; voi
sete obbligati a lei, e non ella a voi. Ella non trasse la
carne di voi, ma ella diè la sua carne a voi. Pregovi che vi
correggiate di questo difetto, e degli altri; e che perdo-
niate alla mia ignoranzia. Chè se io non amassi l’anima
vostra, non vi direi quello che io vi dico. Rammentovi la
vostra confessione, a voi, e alla vostra famiglia. Altro
non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di
Dio. Gesù dolce, Gesù amore.
XIX
A NICCOLACCIO DI CATERINO PETRONI DA
SIENA
XX
A BENINCASA SUO FRATELLO IN FIRENZE
XXI
AD UNO IL CUI NOME SI TACE
XXII
ALL’ABATE MARTINO DI PASSIGNANO
DELL’ORDINE DI VALLE OMBROSA
XXIII
A NANNA FIGLIUOLA DI BENINCASA,
VERGINELLA SUA NIPOTE, IN FIRENZE
XXIV
A BIRINGHIERI DEGLI ARZOCCHI PIEVANO
D’ASCIANO
te, siate quel fior odorifero che dovete essere, e che git-
tate odore nel cospetto dolce di Dio. Sapete bene, che il
fiore quando è stato molto nell’acqua, non gitta odore,
ma puzza. Così pare a me veramente, padre, che voi e gli
altri ministri dobbiate essere. Ma questo fiore quando è
messo nell’acque delle iniquitadi e immondizie de’ pec-
cati e miserie del mondo, non rende odore, ma puzza.
Oh quanto è misero e miserabile colui che è posto come
fiore nella Chiesa Santa, a rendere ragione de’ sudditi
suoi! chè sapete, che Dio richiede nettezza e purità in
loro. Oimè oimè, venerabile padre, egli si trova tutto il
contrario; si e per siffatto modo che non tanto che siano
eglino i puzzolenti, ma ancora sono guastatori di tutti
coloro che s’accostano a loro. Levatevi dunque su, e non
più dormite. Assai tempo abbiamo dormito, e morti sta-
ti allo stato della Grazia. Non ci è più tempo, perocchè
egli è sonato a codennagione; e siamo condannati alla
morte. O dolcissimo padre, ragguardate un poco il peri-
coloso stato nostro, in quanto pericolo è annegato in
questo mare amaro de’ peccati mortali. Or non credia-
mo avere noi a giungere a questo punto della morte?
Non dubitiamo; chè non è creatura che per ricchezza nè
per gentilezza la possa schivare. Oh quanto sarà misera e
miserabile allora quell’anima, la quale si è posto per
specchio le dilezioni carnali, nelle quali si è involta, co-
me porco nel loto. Onde di creatura razionale diventa
animale bruto; involto ancora in quella putrida avarizia
sua; tanto che spesse volte per avarizia e cupidità vende
le grazie spirituali e doni. Enfiati per superbia; e tutta la
vita loro si spende in onori e in conviti, e in molti servi-
tori, e in cavalli grossi, quello che si dee ministrare a’ po-
veri. Queste sono quelle operazioni le quali al punto
della morte si presentano per giudizio, e per giustizia di-
nanzi all’anima tapinella. Credeva l’anima misera avere
fatto contro Dio, ed ella ha fatto contro a sè medesima; e
è stata giudice, che ha condannato sè medesima, e èssi
XXV
A FRATE TOMASO DELLA FONTE, DE’ FRATI
PREDICATORI, IN SAN QUIRICO
XXVI
A SUORA EUGENIA SUA NIPOTE NEL
MONASTERO DI SANTA AGNESA DI
MONTEPULCIANO
XXVII
A D. MARTINO ABBATE DI PASSIGNANO
DELL’ORDINE DI VALL’OMBROSA
XXVIII
A MESSER BERNABO VISCONTI, SIGNORE DI
MILANO. PER CERTI AMBASCIATORI DA ESSO
SIGNORE MANDATI A LEI
XXIX
A MADAMA MOGLIE DI BERNABO VISCONTI
te, si che perdiate voi medesima. Non amate voi per voi,
ma voi per Dio; nè la creatura per la creatura, ma solo a
loda e gloria del nome di Dio; nè amate Dio per voi, per
vostra utilità, ma amate Dio per Dio, in quanto è somma
Bontà, degno d’essere amato. Allora l’amore sarà perfet-
to e non mercenaio. Non potrete pensare altro che di
Cristo crocifisso, del vino che avete bevuto cioè della
perfetta carità, la quale vedete che Dio v’ha data e mo-
strata innanzi la creazione del mondo innamorandosi di
voi prima che voi fussi. Che se non si fusse innamorato,
mai non v’averebbe creata. Ma per l’amore ch’egli v’eb-
be vedendovi in sè, egli si mosse a darvi l’essere. Or qui
si desteranno i pensieri vostri in questa carità. Ben dico
che penserete in quello che è a bere, cioè aspettando e
desiderando d’avere e gustare la somma eterna bellezza
di Dio. Ora abbiamo trovato il luogo dove si riposa
l’amore e dove l’anima l’acquista; e trovato in che modo
cel conviene pigliare.
Or vi prego per l’amore di Cristo crocifisso, che non
siate negligente, ma sollecita ad andare a questo luogo, a
tenere per questa via mostrata di sopra. Facendolo,
adempirete il desiderio e la volontà di Dio in voi; che
non cerca nè vuole altro che la vostra santificazione, il
desiderio di me misera miserabile piena di peccati e
d’iniquità, che ho fame e volontà della salute vostra, si
per voi, e si per lo mezzo che io voglio che siate allo spo-
so vostro, inducendolo a virtù e a seguitare la via della
verità. Invitatelo e pregatelo quanto potete, a fare che
sia vero figliuolo e servo di Cristo crocifisso, e obbe-
diente al Padre santo, la cui vece tiene, e non sia più ri-
bello. Padre e madre carissimi, siate uniti in una volontà
e in uno spirito. Non aspettate il tempo, chè il tempo
non aspetta voi. Guardate, guardate, che l’occhio di Dio
è sopra di voi: e neuno è che da quell’occhio si possa na-
scondere. Egli è il dolce Dio vostro, che non ha bisogno
di voi. Amocci prima che da noi fusse amato, donocci sè
XXX
ALL’ABADESSA DEL MONASTERIO DI SANTA
MARTA DA SIENA, E A SUORA NICCOLOSA DI
DETTO MONASTERIO
XXXI
A MONNA MITARELLA, DONNA DI VICO DA
MOGLIANO, SENATORE, CHE FU A SIENA NEL
1373
XXXII
A FRATE JACOMO DA PADUA, PRIORE DEL
MONASTERO DI MONTE OLIVETO DI
FIORENZA
XXXIII
ALL’ABATE MAGGIORE DELL’ORDINE DI
MONTE OLIVETO, NEL CONTADO DI SIENA
XXXIV
AL PRIORE DE’ FRATI DI MONT’OLIVETO
PRESSO A SIENA
XXXV
A FRATE NICCOLO DI GHIDA, E FRATE
GIOVANNI ZERRI, E A FRATE NICCOLO DI
JACOMO DI VANNUZZO, DI MONT’OLIVETO
XXXVI
A CERTI NOVIZII DELL’ORDINE DI SANTA
MARIA DI MONTE OLIVETO
XXXVII
A FRATE NICCOLO DI CHIDA DELL’ORDINE DI
MONTE OLIVETO
XXXVIII
A MONNA AGNESA, DONNA CHE FU DI
MISSERE ORSO MALAVOLTI
XXXIX
A. D. JACOMO MONACO DELLA CERTOSA NEL
MONASTERO DI PONTIGNANO, PRESSO SIENA
XL
A CERTE FIGLIUOLE DA SIENA
XLI
A FRATE TOMASO DELLA FONTE
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, QUANDO
ERA A SANTO QUIRICO NEL LORO
SPEDALETTO
XLII
A NERI DI LANDOCCIO
XLIII
A SER CRISTOFANO DI GANO GUIDINI
XLIV
A SER ANTONIO DI CIOLO
XLV
A FRANCESCO DI MESSER VANNI MALAVOLTI
DA SIENA
XLVI
A NERI DI LANDOCCIO
XLVII
A PIETRO DI GIOVANNI VENTURE DA SIENA
XLVIII
A MATTEO DI GIOVANNI COLOMBINI DA
SIENA
XLIX
A MONNA ALESSA ECC.
L
A UNA MANTELLATA DI SANTO DOMENICO
CHIAMATA CATERINA DI SCETTO
LI
A FRATE FELICE DA MASSA DELL’ORDINE DI
SANTO AUGUSTINO
LII
A FRATE JERONIMO DA SIENA DE’ FRATI
EREMITI DI SANTO AUGUSTINO
LIII
A MONNA AGNESA, DONNA CHE FU DI
MISSERE ORSO MALAVOLTI
LIV
AD UNA MONACA DEL MONASTERO DI SANTA
AGNESA IN MONTEPULCIANO
piacere allo sposo suo: così voglio che facci tu; che tu
abbi in te il vestimento della carità, senza il quale vesti-
mento non potresti andare alle nozze; ma sarebbe detta
a te quella parola che disse Cristo di quello servo che era
andato senza il vestimento nuziale, che comandò a’ servi
suoi che fusse cacciato e mandato di fuora nelle tenebre.
Non voglio che questo divenga a te, dilettissima mia fi-
gliuola; acciocchè, se tu fussi richiesta ad andare alle
nozze, non voglio che tu sia trovata senza questo dolce
vestimento. Anco, voglio e comandoti che tu me l’ador-
ni di fregiature, cioè della santa e vera obedienzia, essen-
do sempre osservatrice dell’Ordine tuo, suddita e obbe-
diente a madonna e alla più minima che v’è. Togli la
virtù dell’umiltà, la quale nutricherà in te la virtù della
santa obedienzia, ricognoscendo i doni e le grazie che tu
hai ricevuti da lui. Fa che tu sia sposa fedele: e sai quan-
do sarai fedele allo sposo tuo? quando non amerai altro
che lui. E però io non voglio che nel tuo cuore sia trova-
to altro che Dio; traendone ogni amore proprio, e sensi-
tivo de’ parenti o di qualunque cosa sia. Senza neuno ti-
more o di vita o di morte; ma col cuore libero, vestita di
questo santo vestimento, mettiti nelle mani del tuo Spo-
so eterno; e nella sua volontà ti metti, che ne faccia e di-
sfaccia quello che sia suo onore e meglio di te. Altro non
dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio.Gesù
dolce, Gesù amore.
LV
AL VENERABILE RELIGIOSO D. GUGLIELMO
PRIORE GENERALE DELL’ORDINE DELLA
CERTOSA
LVI
A FRATE SIMONE DA CORTONA,
DELL’ORDINE DE’ FRATI PREDICATORI
LVII
A MISSER METTEO, RETTORE DELLA CASA
DELLA MISERICORDIA IN SIENA
LVIII
A SUORA CRISTOFORA, PRIORA DEL
MONASTERO DI SANTA AGNESA IN
MONTEPULCIANO
LIX
A MESSER PIETRO, PRETE DA SEMIGNANO
LX
AD UN SECOLARE CHE NON SI NOMINA
LXI
A MONNA AGNESA, DONNA CHE FU DI
MISSER ORSO MALAVOLTI
LXII
A SANO DI MARCO, E AGLI ALTRI FIGLIUOLI
LXIII
A MISSER MATTEO, RETTORE DELLA CASA
DELLA MISERICORDIA IN SIENA
LXIV
A FRATE GUGLIELMO D’INGHILTERRA, DE’
FRATI EREMITI DI SANT’AGOSTINO
LXV
A DANIELLA DA ORVIETO VESTITA
DELL’ABITO DI SANTO DOMENICO
LXVI
A FRA GUGLIELMO D’INGHILTERRA,
BACCELLIERE CHE STA A LECCETO
DELL’ORDINE DI SANTO AGOSTINO
LXVII
AL CONVENTO DE’ MONACI DI PASSIGNANO
DI VALL’OMBROSA
LXVIII
A MADONNA BENEDETTA, DONNA CHE FU DI
MISSER BOCCHINO DE’ BELFORTI DA
VOLTERRA, ESSENDO ESSA IN FIRENZE
LXIX
A SANO DI MACO IN SIENA
LXX
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, QUANDO
ERA BACCELLIERE A PISA
LXXI
A MONNA BARTOLOMEA D’ANDREA MEI DA
SIENA
LIBRO SECONDO
LXXII
A ROMANO LINAIUOLO ALLA COMPAGNIA
DEL BIGALLO IN FIRENZE
LXXIII
A SUORA COSTANZA MONACA DEL
MONASTERIO DI SAN ABUNDIO APPRESSO
SIENA
LXXIV
A FRATE NICCOLO DA MONTE ALCINO
DELL’ORDINE DE’ FRATI PREDICATORI
LXXV
AL MONASTERIO DI SAN GAGGIO IN FIRENZE,
E ALLA BADESSA E MONACHE DEL
MONASTERIO, CHE E IN MONTE SANSOVINO
LXXVI
A FRATE GIOVANNI DI BINDO DI DOCCIO
DE’FRATI DI MONTE OLIVETO
LXXVII
AL VENERABILE RELIGIOSO FRATE
GUGLIELINO D’INGHILTERRA, IL QUALE ERA
BACCELLIERE DELL’ORDINE DE’ FRATI
EREMITANI DI SANTO AGOSTINO, A SELVA DI
LAGO
LXXVIII
A NICCOLO POVERO, DI ROMAGNA, ROMITO
A FIRENZE
LXXIX
ALL’ABADESSA E MONACHE DI SAN PIETRO,
IN MONTICELLI A LIGNAIA IN FIRENZE
LXXX
A MAESTRO GIOVANNI TERZO DELL’ORDINE
DE’FRATI EREMITANI DI SANTO AGOSTINO
LXXXI
A FRANCESCA DI FRANCESCO DI TOLOMEI
VESTITA DELL’ABITO DI SAN DOMENICO,
INFERMA
LXXXII
A TRE DONNE DI FIRENZE
LXXXIII
A CONTE DI CONTE DA FIRENZE, SPIRITUALE
siste col lume della santissima fede; col quale lume, nella
dottrina del Verbo, s’innamorò del sostenere pene e fa-
dighe per qualunque modo Dio gliele permettesse; non
eleggendo tempo nè luogo nè fadighe a modo suo, ma
secondo che vuole la Verità Eterna, che non cerca nè
vuole altro che la nostra santificazione.
Ma perchè ci permette queste fadighe e tante ribellio-
ni? Perchè si provi in noi la virtù: e acciò che col lume
cognosciamo la nostra imperfezione, e l’adiutorio che
l’anima riceve da Dio nella battaglia e fadighe; e acciò
che cognosciamo il fuoco della sua carità nella buona
volontà che egli ha riservata nell’anima nel tempo della
tenebra e delle molestie e delle molte fadighe.
Per questo cognoscimento che ha nel tempo delle fa-
dighe, leva da sè la imperfezione della Fede, e viene a
perfettissima Fede, per la molta esperienza che n’ha
avuta e provata, essendo ancora nel camino della imper-
fezione. Questo lume tolle via in tutto la confusione del-
la mente; non tanto che nel tempo delle battaglie, ma
eziandio se l’uomo attualmente fosse caduto in colpa del
peccato mortale, di qualunque peccato si sia, la fede il
rileva. Perchè col lume ragguarda nella clemenzia, fuoco
ed abisso della carità di Dio, distendendo le braccia del-
la speranza, e con esse riceve e stringe il frutto del san-
gue, nel quale ha trovato questo dolce e amoroso fuoco;
con una contrizione perfetta, umiliandosi a Dio, e al
prossimo per lui, e reputasi il minimo, il più vile di tutti
gli altri. E così spegne la colpa dentro nell’anima sua per
contrizione e speranza del sangue; il qual sangue fu in-
trodotto dal lume della fede. Per questo modo viene a
tanta perfezione e a tanto amore del divino e amoroso
fuoco, che egli può dire insieme col dolce Gregorio: o
felice e avventurata colpa, che meritasti avere così fatto
Redentore! Fu felice la colpa di Adam?
No, ma il frutto che per essa ricevemmo, fu felice, ve-
stendo Dio il suo Figliuolo della nostra Umanità, e po-
LXXXIV
A FRATE FILIPPO DI VANNUCCIO, E A FRATE
NICCOLO DI PIETRO DI FIRENZE,
DELL’ORDINE DI MONTE OLIVETO
ve; e una parola che gli sia detta nel tempo delle batta-
glie, gli farà parere uno coltello, dicendogli: «che fai tu
in tante pene? meglio t’è di tenere altra via». Ma questa
è una battaglia grossa a chi ha punto d’intelletto; peroc-
chè l’uomo vede bene che meglio è per l’anima sua che
sia perseverante e costante nella virtù cominciata. Ma
un’altra ne pone, colorata col colore dell’odio e del co-
gnoscimento del difetto suo, e dello schietto e puro ser-
vire che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo
nella mente sua: «O misero, tu debbi fare le tue opera-
zioni e orazioni schiette con purità di mente e semplicità
di cuore, senz’altri pensieri; e tu fai tutto il contrario:
onde, perchè tu non le fai come tu debbi, elle non sono
piacevoli a Dio. Meglio t’è dunque di lassare stare».
Questa, figliuoli carissimi, è una battaglia occulta, mo-
strandoci prima la verità di quello che è, e facendocela
cognoscere; ma poi di dietro v’attacca la bugia, la quale
germina il veleno della confusione. Onde, giunta la con-
fusione, perde l’esercizio; e perduto l’esercizio, è atto a
cadere in ogni miseria, e nell’ultimo nella disperazione.
E però si fa tanto dinanzi, e tanto da lunga con sottili ar-
ti, cioè per giungerlo qui, non perchè egli creda che di
primo colpo egli cadesse in quelle cogitazioni, cioè che
vi consentisse. Chi è colui che campa e non percuote in
questo scoglio? Solo l’obediente, perocchè egli è umile;
e l’umile passa e rompe tutti i laccioli del dimonio. Sic-
chè vedete che all’obediente non bisogna di temere di ti-
more servile per alcuna cogitazione o molestia del dimo-
nio. Tenga pur ferma la volontà, che non consenta,
annegandola nel sangue di Cristo crocifisso, e legandola,
col lume della vera obedienzia, per amore e reverenzia
del Verbo Unigenito Figliuolo di Dio.
E trovasi ancora lo scoglio della fragile e miserabile
carne che vuole impugnare contra allo Spirito; la quale è
vestita d’amore sensitivo, il quale amore sarebbe offen-
dere, perocchè la carne ha sempre in sè ribellione, e al-
LXXXV
A PIETRO DI TOMMASO DE’ BARDI DA
FIRENZE
LXXXVI
ALL’ABADESSA DEL MONASTERO DI SANTA
MARIA DELLI SCALZI IN FIRENZE
LXXXVII
A MONNA GIOVANNA PAZZA
LXXXVIII
AD ANGELO DA RICASOLI VESCOVO DI
FIORENZA
LXXXIX
A BARTOLO USIMBARDI, E FRANCESCO DI
PIPINO DA FIRENZE
XC
A MADONNA LAUDOMIA, DONNA DI CARLO
DELLI STROZZI DA FIRENZE
XCI
A MONNA AGNESA MOGLIE DI PIPINO SARTO
XCII
A UNO SPIRITUALE IN FIRENZE
XCIII
A MONNA ORSA DONNA DI BARTOLO
USIMBARDI, E A MONNA AGNESA DONNA DI
FRANCESCO DI PIPINO SARTO DI FIRENZE
XCIV
A FRATE MATTEO DI FRANCESCO TOLOMEI
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
XCV
A CERTI GIOVANI FIORENTINI, FIGLIUOLI
ADOTTIVI DI DON GIOVANNI
sè; e ciò che egli ama, ama per sè, e non per Dio: diletti,
piacimenti, stati, onori e ricchezze. E che vendetta è que-
sta? è una vendetta di tanta dolcezza che lingua non è
sufficiente a dirlo: chè dall’amor proprio che dà morte,
viene all’amore divino che gli dà vita; dalla tenebra e
odio e dispiacimento della virtù, viene alla luce e amore
delle virtù: in tanto che elegge innanzi la morte, che vole-
re lasciare la virtù. anco, si dà a tenere tutti quelli modi e
quelle vie per le quali vede che possa venire a virtù, e
conservare la virtù in sè. E perchè e’ diletti sensitivi e la
delicatezza del corpo, e la conversazione di cattivi e per-
versi secolari vede che gli sono nocivi; però li fugge con
tutto il cuore: e con tutto l’affetto, del corpo fa ’l contra-
rio, e fanne vendetta, macerando colla penitenzia, col di-
giuno, vigilie e orazioni e discipline, quando singolar-
mente vedesi d’aver bisogno; cioè quando la carne
volesse ribellare allo spirito. La volontà vendica colla
morte; però che l’uccide, sottomettendola a’ comandan-
damenti di Dio e a’ consigli che Cristo Figliuolo unigeni-
to di Dio ci lassò con essi comandamenti. E così si veste
dell’eterna volontà sua dolce; e naviga in questo mare
tempestoso, virilmente e realmente seguitando le vestigie
di Cristo crocifisso.
Or questo è quel dolce legame, il quale lega l’anima
col suo Creatore. Tu legasti Dio nell’uomo, come detto
è, e l’uomo in Dio, quando tu, Padre eterno, ci donasti il
Verbo del Figliuolo tuo, e unisti la natura divina colla
natura umana. O figliuoli carissimi, questo fu quel lega-
me che tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in cro-
ce: che se l’amore non l’avesse tenuto, non erano suffi-
cienti i chiovi nè la croce a poterlo tenere. L’amore che
Cristo ebbe all’onore del Padre e alla salute nostra, e
l’odio e dispiacimento ch’egli ebbe del peccato, e l’odio
insieme coll’amore fece vendetta delle nostre iniquità, e
punille con pene e tormenti sopra il corpo suo.
Adunque l’anima, che è legata con Cristo crocifisso, il
XCVI
A PIETRO CANIGIANI IN FIRENZE
XCVII
A MONNA PAVOLA DA SIENA, E ALLE SUE
DISCEPOLE, QUANDO STAVA A FIESOLE
XCVIII
A FRATE TOMMASO DELLA FONTE
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI IN SIENA
XCIX
A NERI DI LANDOCCIO DE’ PAGLIARESI
quello che essi veggono che Cristo elesse per sè, voglio-
no per loro: e per contrario ricevono; perocchè, eleggen-
do povertà e viltà, sono sempre onorati. Eglino hanno
pace e diletto, letizia e gaudio ed ogni consolazione, pri-
vati d’ogni tristizia. E non me ne maraviglio; però che
sono conformati e trasformati con la somma eterna Ve-
rità e Bontà di Dio, dove si contiene ogni bene, dove
s’adempiono i veri e santi desiderii.
Adunque bene è da seguitarlo, e al tutto levarsi via e
tagliarsi da questa tenebrosa vita. Il coltello dell’odio e
dispiacimento di voi, e l’amore puro di Dio ve ne ta-
glierà. Dicovi, figliuolo carissimo, che questo coltello e
dispiacimento non potreste avere senza la continua me-
moria di Dio, singolarmente dell’abbondanzia del san-
gue del Figliuolo di Dio, che ve ne ha fatto bagno, sve-
nando e aprendo sè medesimo con tanto fuoco e
ardentissimo amore in sul legno della santa Croce. Or
qui acquisterete questo coltello dell’odio; però che per
l’odio e dispiacimento del peccato è morto. L’amore il
tiene legato: perocchè, come dicono e’ Santi, nè chiovi
nè croce era sufficiente a tenerlo, se non fusse il legame
della divina Carità.
Or qui voglio che ragguardi e si riposi sempre l’oc-
chio dell’intendimento vostro. Ine troverete e innamore-
rete delle virtù vere; e troverete una perseveranzia, che
nè dimonia nè creatura vi potrà separare da esse virtù,
con volontà di soggiogarvi e sottomettervi ad ogni crea-
tura per Dio, con vera e perfetta umiltà. Verravvi in te-
dio e in abominazione il mondo, e ogni sua operazione,
nella memoria di questo sangue; e diventerete gustatore
e mangiatore dell’anime: il quale è cibo de’ servi di Dio.
E di questo vi prego e consiglio, che sempre vi dilettiate
di mangiare. E perchè vi paia d’essere difettuoso, non
lassate perciò; perocchè Dio ragguarda più alla buona
volontà, che a’ difetti nostri.
Anco vi dico, che nella carità del prossimo fatta per
C
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA DELL’ORDINE
DEI PREDICATORI
CI
A GIACOMO CARDINALE DEGLI ORSINI
CII
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA DELL’ORDINE
DE’ PREDICATORI
CIII
A BENUCCIO DI PIETRO, E BERNARDO DI
MISSER UBERTO DE’ BELFORTI DA VOLTERRA
morte della croce. Sicchè vedete che Dio col mezzo del
suo Figliuolo ha fatto pace coll’uomo; ed è sì perfetta
questa pace e sì compita, che poniamo l’uomo ricaggia
in guerra pel suo peccato e defetto, egli ha lassato il san-
gue; il qual sangue riceviamo nella santa confessione, e
ogni dì il possiamo usare, e avere tanto quanto piace a
noi. Poi, dunque, che tanto di grazia e misericordia ab-
biamo ricevuta da Dio, non voglio che siamo ingrati nè
scognoscenti; ma voglio che seguitiate le vestigie di Cri-
sto crocifisso; acciocchè voi vi possiate pacificare con lui
seguitando le sue vestigie, come detto è: perocchè altri-
menti, stareste in continua dannazioine. Io ho detto che
Dio per mezzo del Figliuolo suo, e il Figliuolo per mez-
zo del sangue, ci ha tolta la guerra e data la pace: così di-
co io a voi, cioè che col mezzo della virtù vi converrà le-
vare la guerra e fuggire l’eterna dannazione: altrimenti,
sareste confusi in questa vita e nell’altra.
Ma io voglio che voi sappiate: nè amare Dio nè virtù
si può avere nell’anima senza il mezzo del prossimo suo.
Come? Dicovelo. Io non posso, l’amore ch’io ho al mio
creatore, mostrarlo in lui, perchè a Dio non si può fare
utilità. Conviene dunque pigliare il mezzo della sua
creatura, e alla creatura sovvenire e fare quella utilità
che a Dio fare non posso. E però Cristo a san Pietro, di-
mandandolo: «Pietro, m’ami tu?» Ed egli rispondendo,
«sì»; Cristo rispose, e disse: «Pasci le pecorelle mie.
Dell’amore che tu mi porti, tu non puoi fare a me alcuno
bene: fanne dunque bene al prossimo tuo». Sicchè vede-
te, che col mezzo ci conviene pacificare della grande
guerra che abbiamo con Dio. E sopra questo mezzo, ac-
quisterete voi il mezzo della virtù. Io vi dissi che era
quello dolce e glorioso mezzo il quale tolle ogni guerra e
tenebra dell’anima. Ma tenete a mente: questa virtù s’ac-
quista e truova nell’amore del prossimo suo, amando
amici e nemici per Cristo crocifisso. E per esso spegnesi
CIV
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA DELL’ORDINE
DE’ PREDICATORI
CV
A FRATE BARTOLOMEO,
QUANDO ERA AD ASCIANO
CVI
A NERI DI LANDOCCIO
CVII
A LUISI DI MISSER LUISI GALLERANI DA SIENA
IN ASCIANO
CVIII
A MONNA GIOVANNA DI CAPO E A
FRANCESCA IN SIENA
CIX
ALL’ABATE NUNZIO APOSTOLICO
CX
A MONNA STRICCA, DONNA CHE FU DI CIONE
DI SANDRO DE’ SALIMBENI
CXI
A MONNA BIANCINA, DONNA CHE FU DI
GIOVANNI D’AGNOLINO SALIMBENI
CXII
ALLA CONTESSA BENEDETTA FIGLIUOLA DI
GIOVANNI D’AGNOLINO SALIMBENI DA
SIENA
CXIII
ALLA CONTESSA BENEDETTA FIGLIUOLA DI
GIOVANNI D’AGNOLINO SALIMBENI
CXIV
AD AGNOLINO DI GIOVANNI D’AGNOLINO
DE’ SALIMBENI DA SIENA
CXV
A MONNA ISA, FIGLIUOLA CHE FU DI
GIOVANNI D’AGNOLINO SALIMBENI
CXVI
A MONNA PANTASILEA, DONNA DI
RANUCCIO DA FARNESE
CXVII
A MONNA LAPA SUA MADRE, E A MONNA
CECCA NEL MONASTERIO DI SANTA AGNESA
DI MONTEPULCIANO, QUAND’ESSA ERA ALLA
ROCCA
CXVIII
A MONNA CATARINA DELLO SPEDALUCCIO E
A GIOVANNA DI CAPO IN SIENA
CXIX
A MONNA ALESSA VESTITA DELL’ABITO DI
SANTO DOMENICO, QUANDO ERA ALLA
ROCCA
CXX
A MONNA RABE DI FRANCESCO DE’ TOLOMEI
CXXI
A’ SIGNORI DIFENSORI, E CAPITANO DEL
POPOLO DELLA CITTÀ DI SIENA, ESSENDO
ESSA A SANT’ANTIMO
Del mio venire con la mia fameglia, anco v’è fatto ri-
chiamo e messo sospetto, secondo che m’è detto: non so
però se gli è vero. Ma se voi costate tanto a voi, quanto
voi costate a me e a loro, in voi e in tutti gli altri cittadini
non caderebbero le cogitazioni e le passioni tanto di leg-
giero; e chiuderestevi l’orecchie per non udire. Cercato
ho io e gli altri, e cerco continuamente, la salute vostra
dell’anima e del corpo; non mirando a veruna fadiga, of-
ferendo a Dio dolci e amorosi desiderii con abondanzia
di lagrime e di sospiri, per riparare che i divini giudicii
non vengano sopra di voi, i quali meritiamo per le nostre
iniquitadi. Io non sono di tanta virtù che io sappia fare
altro che imperfezione: ma gli altri che sono perfetti e
che attendono solo all’onore di Dio ed alla salute
dell’anime, sono coloro che il fanno. Ma non si lascerà
però per la ingratitudine e per le ignoranzie de’ miei cit-
tadini, che non s’adoperi infino alla morte per la salute
vostra. Impareremo da quel dolce di Paolo, che dice: «Il
mondo ci bestemmia, e noi benediciamo; egli ci perse-
guita e ci caccia, e noi pazientemente portiamo». E così
faremo noi; seguiteremo la regola sua. La verità sarà
quella cosa che ci libererà. Io v’amo più che non v’amate
voi; e amo lo stato pacifico e la conversazione vostra, co-
me voi. Sicchè non crediate che nè per me nè per veruno
degli altri della mia fameglia si faccia il contrario. Noi
siamo posti a seminare la parola di Dio e ricogliere il
frutto dell’anime. Ognuno dee esser sollecito dell’arte
sua: l’arte che Dio ci ha posta è questa; conviencela dun-
que esercitare, e non sotterrare ’l talento, perocchè sa-
remmo degni di gran reprensione; ma in ogni tempo e in
ogni luogo adoperare, e in ogni creatura. Iddio non è ac-
cettatore de’ luoghi nè delle creature, ma de’ santi e veri
desiderii. Sicchè con questo ci conviene adoperare.
Veggo che il dimonio si duole della perdita che in
questa venuta egli ha fatta e farà per la bontà di Dio. Per
altro non venni se non per mangiare e gustare anime, e
CXXII
A SALVI DI MISSER PIETRO, ORAFO IN SIENA
CXXIII
AI SIGNORI DIFENSORI DELLA CITTÀ DI
SIENA
CXXIV
A MISSER MATTEO, RETTORE DELLA CASA
DELLA MISERICORDIA DI SIENA
CXXV
A MADONNA NERA PRIORA DELLE
MANTELLATE DI SANTO DOMENICO,
QUANDO ESSA CATERINA ERA ALLA ROCCA
D’AGNOLINO
CXXVI
A MONNA ALESSIA E A MONNA CECCA
CXXVII
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI, E A FRATE
TOMASO D’ANTONIO DELL’ORDINE
DE’PREDICATORI QUANDO ERANO A PISA
CXXVIII
A GABRIELE DI DIVINO PICCOLOMINI
CXXIX
A FRATE BARTOLOMMEO DELL’ORDINE
DE’PREDICATORI, IN FIORENZA
CXXX
A IPOLITO DEGLI UBERTINI DI FIRENZE
CXXXI
A NICCOLO SODERINI IN FIRENZE
CXXXIL
A MONNA GIOVANNA E ALTRE FIGLIUOLE IN
SIENA
CXXXIII
ALLA REINA DI NAPOLI
CXXXIV
A BARTOLOMEO E JACOMO, EREMITI IN
CAMPO SANTO IN PISA
CXXXV
A MISSER PIETRO MARCHESE DEL MONTE
CXXXVI
AD ANGELO DA RICASOLI
CXXXVII
A MISSER MATTEO RETTORE DELLA CHIESA
DELLA MISERICORDIA DI SIENA, MENTRE CHE
ESSA ERA A PISA
CXXXVIII
ALLA REINA DI NAPOLI
CXXXIX
A FRATE TOMASO DELLA FONTE
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI IN SIENA
CXL
A MISSER GIOVANNI CONDOTTIERO, E CAPO
DELLA COMPAGNIA CHE VENNE NEL TEMPO
DELLA FAME
CXLI
A DON GIOVANNI DE’ SABBATINI DA
BOLOGNA MONACO DELL’ORDINE DELLA
CERTOSA NEL MONASTERIO DI
BELRIGUARDO, PRESSO A SIENA,
QUAND’ELLA ERA A PISA
CXLII
A SANO DI MACO, ESSENDO LA SANTA IN PISA
CXLIII
ALLA REINA DI NAPOLI
CXLIV
A MONNA PAVOLA A FIESOLE
CXLV
ALLA REINA D’UNGHERIA,
CIOE ALLA MADRE DEL RE
CXLVI
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI QUANDO
ERA BIBLICO DI FIORENZA
CXLVII
A SANO DI MACO, ESSENDO LA SANTA A PISA
LA PRIMA VOLTA
CXLVIII
A PIETRO MARCHESE DEL MONTI
CXLIX
A MISSER PIETRO GAMBACORTI IN PISA
CL
A FRATE FRANCESCO TEBALDI DI FIORENZA,
NELL’ISOLA DI GORGONA, MONACO
CERTOSINO
CLI
A MONNA NELLA, DONNA CHE FU DI
NICCOLO BUONCONTI DA PISA
CLII
A GIOVANNI TRENTA, E A MONNA GIOVANNA
SUA DONNA DA LUCCA
LIBRO TERZO
CLIII
A MONNA CATERINA, A MONNA ORSOLA, E
ALTRE DONNE IN PISA
CLIV
A FRATE FRANCESCO TEBALDI DI FIORENZA,
ESSENDO NELL’ISOLA DI GORGONA
CLV
A MADONNA NIERA DI GHERARDO
GAMBACORTI IN PISA
che egli vive, che non dispregi questo sangue; però che
non è sicuro quando debba morire, né quanta debba vi-
vere. Rechisi a vomitare il fracidume de’ peccati suoi per
la bocca, confessandosi bene a diligentemente; ché in al-
tro modo non potrebbe participare la divina Grazia.
Pregovi per l’amore di Cristo crocifisso, figliuola e fi-
gliuolo miei, che non sia né amore di figliuoli, né amore
proprio di voi, né diletto del mondo, che vi ritragga da
questo, che per debito doverete fare. Altro non dico.
Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù
dolce, Gesù amore.
CLVI
A GIOVANNI PEROTTI CUOIAIO IN LUCCA
CLVII
A’ VANNI ED A FRANCESCO, FIGLIUOLI DI
NICCOLO DE’ BUONCONTI DA PISA
CLVIII
A PRETE NINO DA PISA
CLIX
A FRATE RANIERI, IN CRISTO, DI SANTA
CATARINA DE’ FRATI PREDICATORI IN PISA
CLX
A GIOVANNI PEROTTI CUOIAIO DA LUCCA, E
A MONNA LIPPA SUA DONNA
CLXI
A MONNA NELLA, DONNA CHE FU DI
NICCOLO DE’ BUONCONTI DA PISA; E A
MONNA CATARINA, DONNA DI GHERARDO DI
NICCOLO PREDETTO
CLXII
A MONNA FRANCESCHINA, E A MONNA
CATERINA, E A DUE ALTRE COMPAGNE
SPIRITUALI IN LUCCA
CLXIII
A MONNA FRANCESCHINA IN LUCCA
CLXIV
A MONNA MELLINA, DONNA DI
BARTOLOMEO BALBANI IN LUCCA
CLXV
A MONNA BARTOLOMEA, DONNA DI
SALVATICO DA LUCCA
CLXVI
A MONNA COLOMBA IN LUCCA
CLXVII
A MONNA NELLA, DONNA CHE FU DI
NICCOLO BUONCONTI DA PISA
CLXVIII
AGLI ANZIANI DELLA CITTÀ DI LUCCA
CLXIX
A FRATE MATTEO TOLOMEI DA SIENA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI IN ROMA, ED
A DON NICCOLO DI FRANCIA MONACO DI
CERTOSA E BELRIGUARDO
CLXX
A PIETRO MARCHESE DEL MONTE,
PODESTÀ DI SIENA
CLXXI
A NICCOLO SODERINI DI FIRENZE
CLXXII
A FRATE NICCOLO DE’ FRATI DI
MONTEOLIVETO NEL MONASTERIO DI
FIORENZA
CLXXIII
A UN FRATE CHE USCI DELL’ORDINE
CLXXIV
A MONNA AGNESA DI FRANCESCO SARTO
DA FIRENZE
CLXXV
A CERTO MONASTERIO DI DONNE
CLXXVI
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE
CLXXVII
A PIETRO CARDINALE PORTUENSE
CLXXVIII
A NERI DI LANDOCCIO
CLXXIX
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE
E A MONNA AGNESA SUA DONNA
CLXXX
A PIETRO MARCHESE DEL MONTE A S. MARIA,
QUANDO ERA SENATORE DI SIENA
CLXXXI
A NICCOLO DA OSIMO
CLXXXII
A SUOR BARTOLOMEA DELLA SETA,
MONACA DEL MONASTERIO
DI SANTO STEFANO DI PISA
CLXXXIII
ALL’ARCIVESCOVO D’OTRANTO
per la via, cioè per tutte quelle vie e modi che tenne il
dolce Gesù, e li Santi che ’l seguirono. Ponsi Gesù per
obietto suo; ed è tanto il desiderio e l’amore che ha di
tenere la via dritta per giugnere al suo obietto, fine dolce
suo, che, perché trovi spine e triboli a ladri che ’l voles-
sero robbare, non cura né teme di cavelle; né per veruna
cosa che trovi, vuole tornare indreto. Perocché l’amore
gli ha tolto il timore servile di paura; e va dietro alle pe-
date di coloro che seguitano Cristo: e vede e cognosce
che essi furono uomini nati come egli, pasciuti e nutrica-
ti come esso; e quella benignità e larghezza di Dio trova
ora, che era allora.
Or di questo vero lume o cognoscimento desidera
l’anima mia che voi, pastore e Padre mio, siate ripieno
con abbondantissimo fuoco d’amore; sicché né diletti né
piacimenti né stato né onore del mondo vi possano offu-
scare questo lume; né spine né triboli né ladro veruno vi
possa impedire il corso di queste dolcevia; ma sempre ci
specchiamo nel Verbo Incarnato, unigenito Figliuolo di
Dio, il quale fu a noi via e regola, che osservandola, sem-
pre ci dà vita. Oimé, Padre, non voglio che sia tentazio-
ne o illusione di dimonio che c’impedisca; che sono po-
sti come spine per impedire il nostro andare. Non sia il
tribolo della carne nostra che sempre impugna e ribella
allo spirito, che è suo nemico perverso, che mai non lo
lassiamo indietro; ma sempre viene con esso noi: non
sieno ladri e demonii inchinati delle creature, che spesse
volte ci vogliono tollere l’amore e la pazienzia con molte
ingiurie e persecuzioni che ci fanno. Anco, alcuna volta
pigliano l’offizio delle dimonia, volendo impedire li san-
ti e buoni proponimenti che l’uomo averà e adopererà
secondo l’onore di Dio. A costoro non basta il loro male
che fanno in loro medesimi: ché ancora vogliono fare in
altrui. Virilmente dunque perseveriamo nella via nostra,
e confortianci, perocché per Cristo crocifisso ogni cosa
potremo.
CLXXXIV
AL PRIORE A FRATELLI DELLA COMPAGNIA
DELLA VERGINE MARIA
CLXXXV
A GREGORIO XI
CLXXXVI
A NERI DI LANDOCCIO
CLXXXVII
A DON GIOVANNI SABBATINI DA BOLOGNA, E
DON TADDEO DE’ MALAVOLTI DA SIENA,
MONACI DELLA CERTOSA A BELRIGUARDO
CLXXXVIII
A SUOR BARTOLOMEA DELLA SETA, NEL
MONASTERIO DI SANTO STEFANO IN PISA
amare, non può fare che non ami. Allora s’infonde uno
lume sopranaturale nell’occhio dell’intelletto nostro, col
quale lume veniamo ad ogni perfezione: ma senza il lu-
me non vi verremo mai. E però dissi ch’io desideravo di
vedervi con vero e perfettissimo lame. Di questo voglio
che vi studiate, quantunque potete, d’averi, in voi
....Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù
dolce, Gesù Amore.
CLXXXIX
A MONACI DI CERVAIA, E A FRA GIOVANNI DI
BINDO, NICCOLO DI GHIDA, ED ALTRI SUOI
IN CRISTO FIGLIUOLI, DE’ FRATI DI MONTE
OLIVETO PRESSO SIENA
CXC
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE,
E A MONNA AGNESA SUA DONNA
CXCI
A TOMMASO D’ALVIANO
CXCII
A NERI DI LANDOCCIO
CXCIII
A MISSER LORENZO DEL PINO DA DOTTORE
IN DECRETALI
che Dio ama, e ama quello che Dio odia. Dio odia il pec-
cato e’ l disordinato diletto e piacere del mondo; e egli
l’ama, nutricandosi nella miseria del mondo; e in ogni
stato si corrompe. Onde, s’egli ha offizio per lo quale
egli abbia a ministrare alcuna cosa al prossimo suo, egli
nol serve se non in quanto se ne vede trarre utilità, e più
no; ed è fatto amatore di sé medesimo. Cristo benedetto
diè la vita per noi. ed egli non vuole dare una parola in
servizio del prossimo che non si vegga pagato e soprap-
pagato. E se egli è poverello che non possa pagare, egli il
fa stentare prima che gli dica la verità; e spesse volte non
gliela dice; ma fassi beffe di lui: e dove egli ebbe esser
pietoso e padre de’ poveri, ed egli è fatto crudele all’ani-
ma sua, perché offende li poverelli. Ma il misero uomo
non vede che il sommo Giudice non gli renderà altro
che quello che riceve da lui; perocché giustamente ogni
peccato è punito, e ogni bene è remunerato. Cristo ab-
bracciò la povertà volontaria, e fu amatore della conti-
nenzia; e il misero uomo il quale è fatto seguitatore e
amatore della bugia, fa tutto il contrario; però che non
tanto che egli stia contento a quello ch’egli ha, o ch’egli
rifiuti per amore della virtù, ma egli invola l’altrui. E
non che egli stia contento allo stato del matrimonio nel
quale, se l’osserva come diè, può stare con buona co-
scienzia; ma egli come disordinato e animale bruto s’in-
volle in ogni miseria, e come il porco si involle nel loto,
così fa egli nel loto dell’immondizia.
Ma noi potremmo dire: «Come farò io, che ho le ric-
chezze e sono nello stato del matrimonio, se queste cose
sono dannazione dell’anima mia?». O carissimo fratello,
in ogni stato che è l’uomo, può salvare l’anima sua e ri-
cevere in sé la vita della Grazia; ma non mentre che egli
sta in colpa di peccato mortale. Però che ogni stato è
piacevole a Dio; e non è accettatore degli stati, ma del
santo desiderio. Onde noi le possiamo tenere quando si
tengono con ordinata volontà; perocché ciò che Dio ha
CXCIV
A MONNA TORA, FIGLIUOLA DI MISSER
PIETRO GAMBACORTI IN PISA
CXCV
A STEFANO DI CORRADO MACONI
CXCVI
A GREGORIO XI
CXCVII
A MATTEO DI TOMUCCIO DA ORVIETO
CXCVIII
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI
DELL’ORDINE DE’ FRATI PREDICATORI IN
ASCIANO
CXCIX
A NICCOLO DA VEZZANO,
CANONICO DI BOLOGNA
CC
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI,
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, IN ASCIANO
CCI
A DON GIOVANNI MONACO DELLA CERTOSA
IN ROMA, IL QUALE ERA TENTATO, E VOLEVA
ANDARE AL PURGATORIO DI SAN PATRIZIO E
NON AVENDO LICENZIA, STAVA IN MOLTA
AFFLIZIONE DI MENTE
CCII
A MAESTRO JACOMO MEDICO IN ASCIANO
CCIII
AD ALCUNI NOVIZI, NEL CONVENTO DI
MONTE OLIVETO A PERUGIA
CCIV
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, QUANDO
PREDICAVA AD ASCIANO
CCV
A STEFANO DI CORRADO MACONI,
POVERELLO D’OGNI VIRTU
CCVI
A GREGORIO XI
CCVII
A SIGNORI DI FIRENZE
CCVIII
A FRATE BARTOLOMEO DOMINICI
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, IN ASCIANO
CCIX
A GREGORIO XI
CCX
A MISSER MATTEO RETTORE DELLA CASA
DELLA MISERICORDIA IN SIENA
CCXI
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA A VIGNONE
CCXII
A NERI DI LANDOCCIO
CCXIII
A SUORA DANIELLA DA ORVIETO, VESTITA
DELL’ABITO DI SANTO DOMENICO, LA
QUALE, NON POTENDO SEGUIRE LA SUA
GRANDE PENITENZIA, ERA VENUTA IN
GRANDE AFFLIZIONE
razione chi è Dio ché è offeso da te, e chi se’ tu che l’of-
fendi, con la memoria della morte; e con l’affetto delle
virtù ucciderai il vizio nell’anima, e trarraine le barbe.
La penitenzia taglia; ma tu ti trovi sempre la barba, la
quale è atta a fare germinare, ma questo divelle. È ben
sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a
riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne
mette: altrementi no, poiché la radice n’è divelta.
E per caso addiviene che per forza, a quello corpo
ch’infermato, gli convenga escire de’ suoi modi: egli vie-
ne subito a uno tedio e confusione di mente, privato
d’ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e
non truova la dolcezza nell’orazione, come gli pareva
avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n’è andata?
nella propria volontà, dove ella era fondata. La quale vo-
lontà non può compire; non potendola compire, n’ha
pena e tristizia. E perché se’ venuta a tanta confusione e
quasi disperazione? E dove è la speranza che tu avevi
nel regno di Dio? Èssene andata nell’affetto della peni-
tenzia, per lo cui mezzo sperava d’avere vita eterna; non
avendola più, parnegli essere privato.
Questi sono i frutti della indiscrezione. Se egli avesse
il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essere
privato delle virtù gli tolle Dio; e col mezzo della virtù,
mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci
leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l’affetto no-
stro nella vera virtù, come detto è; le quali sono di tanto
diletto e giocondità, che la lingua nol potrebbe narrare.
Neuno è che possa dare pena all’anima fondata in virtù,
né che le tolla la speranza del cielo; perché ella ha morta
in sé la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle
temporali; e perché l’affetto suo non è posto in peniten-
zia né in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel soste-
nere per Cristo crocifisso e per amore della virtù.
Ond’ella è paziente, fedele; spera in Dio, e non in sé né
in sua operazione. Ella è umile, e obediente a credere ad
CCXIV
A CATARINA DELLO SPEDALUCCIO, E A
GIOVANNA DI CAPO
CCXV
A CERTI MONASTERI DI BOLOGNA
CCXVI
A NIGI DI DOCCIO ARZOCCHI
CCXVII
ALLA PRIORA, E ALTRE SUORE DI SANTA
MARIA DELLE VERGINI, E ALLA PRIORA DI
SANTO GIORGIO, E ALL’ALTRE SUORE IN
PERUGIA
CCXVIII
A GREGORIO XI
abbiamo noi altro che uno corpo? perché non dar la vìta
mille, volte, se bisogna, in onore di Dio, e in salute delle
creature? così fece egli; e voi, vicario suo, dovete fare
l’offizio suo. Questo è usanza, che, rimanendo il vicario,
séguiti le vestigie e i modi del signore suo. Adunque ve-
nite, venite, e non tardate più, acciocché tosto poniate il
campo sopra gl’Infedeli; e che non riceviate, di questo
fare, impedimento da questi membri putridi, che sono
ribelli a voi. Pregovi e voglio che usiate uno santo ingan-
no con loro, cioè con la benignità, come detto è; peroc-
ché questo gli sarà uno fuoco d’amore, e carboni accesi
che gittarete sopra li capi loro; e per questo modo gli
averete presi, e la sustanzia temporale, e le persone. lo-
ro, dandovi aiuto in fare la guerra vera sopra gl’lnfedeli.
Così fece il nostro dolce Salvatore, perocché, gittando
tanto fuoco e caldo d’amore sopra coloro che erano ri-
belli a lui, seguitava a mano a mano, che eglino erano
aiutatori e portatori del nome di Dio. Siccome fu quello
dolce banditore di Paolo, che, essendo lupo, diventò
agnello, e vasello dolce di elezione; che di quello fuoco
che Cristo gli aveva pieno il vasello suo, di quello porta-
va per tutto quanto il mondo; li Cristiani traendo de’ vi-
zii e piantando in loro le virtù, e gl’Infedeli traendo d’er-
rore e d’infidelità, e porgendogli il lume della santa fede.
Or così vi dice e vuole la prima e dolce Verità, che voi
facciate: e di quello che avete ricevuto, di quello date.
Pace, pace, pace, babbo mio dolce, e non più guerra!
Ma andiamo sopra li nemici nostri, o portiamo l’arme
della santissima croce, portando il coltello delle dolcee
santa parola di Dio. oimé, date mangiare agli affamati
servi suoi, e’ quali aspettano voi e questo tempo con
grandissimo e ardentissimo desiderio. Confortatevi,
confortatevi, padre, e non prendete amaritudine affliggi-
tiva; ma prendete amaritudine confortativa, avendo
amaritudine del vituperio che vediamo del nome di Dio.
CCXIX
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA,
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI, E A
MAESTRO GIOVANNI TERZO, DELL’ORDINE
DE’ FRATI EREMITI DI SANTO AUGUSTINO, E
A TUTTI GLI ALTRI LORO COMPAGNI,
QUANDO ERANO A VIGNONE
CCXX
A SUORA MADDALENA DI ALESSA NEL
MONASTERIO DI SANTA BONDA PRESSO A
SIENA
CCXXI
A SUOR BARTOLOMEA DELLA SETA, MONACA
NEL MONASTERIO DI SANTO STEFANO IN
PISA
CCXXII
A STEFANO DI CORRADO MACONI
CCXXLLL
A JACOPO CARDINALE DEGLI ORSINI.
COSTANZA C’E DATA DA AMORE; AMORE
VERO DEGLI UOMINI DAL CONOSCIMENTO
DI NOI CONSIGLIA CLEMENZA VERSO
GL’ITALIANI RIBELLI
non solo Dio. S’ell’è vita, ella viene meno. Da vita andia-
mo alla morte, da sanità ad infirmità, da onore e vitupe-
rio, da ricchezza a povertà. Ogni cosa passa e corre via.
O come è semplice colui che pone l’affetto in loro, tut-
to! Vel pone, perché egli ama sé medesimo d’amore sen-
sitivo; ama quello che si conforma con quella parte sen-
sitiva piccola: lnon s’ama sé di ragione d’amore fondato
in virtù. Che se s’amasse ragionevolmente; ché ciò che
ama, amasse con ragione e con virtù, e non per diletto
sensitivo d’amore proprio, diletto e piacimento del
mondo, piacere più a sé e alle creature, che a Dio; se ve-
nissero meno, non perderebbe nulla, né alcuna pena ne
sosterebbe, perché non vi sarebbe l’amore. Ché solo la
pena cade in coloro che amano fuori di Dio: ma chi ha
ordinato in lui, che sé e ogni cosa ama con la ragione del
cognoscimento vero fondato nel suo Creatore, non cade
pena in lui. Vede bene, che veruna cosa Dio gli dà o tol-
le spiritualmente o temporalmente, e gli vuole fare altro
che per nostra santificazione. Allora con questo lume e
cognoscimento, che egli ha acquistato di sé e della bontà
di Dio e della sua inestimabile carità, egli s’umilia, ca-
vando odio e dispiacimento di sé. Nasce in lui una pa-
zienzia nelle pene, ingiurie, scherni, villanie, che egli so-
stenesse: perocché egli è contento di sostenere pene,
considerato che egli è stato ribello al suo Creatore. Poi-
ch’egli è fatto il fondamento; ed egli diventa pietra fer-
ma e stabile, posto e confermato in sulla pietra Cristo
Gesù, seguitando le vestigie sue: e in altro non si può di-
lettare, né amare né volere, se non quello che Dio ama;
odia quello che egli odia. Allora riceve tanto diletto, for-
tezza e consolazione, che neuna cosa che sia, né dimonio
né creatura, il può indebilire, né dare amaritudine neu-
na: perché colà ove è Dio, è ogni bene. Non si tragga più
’l cuore nostro di tanta dilezione. Non più negligenzia
né ignoranzia. Seguitatemi l’Agnello svenato, aperto in
sul legno della santissima croce. Altrimenti, carissimo
CCXXIV
A MONNA NIERA DI GHERARDO
GAMBACORTI IN PISA
CCXXV
A FRATE LAZZARINO DA PISA DE’ FRATI
MINORI
CCXXVI
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA DELL’ORDINE
DE’ FRATI PREDICATORI
CCXXVII
A FRATE GUGLIELMO A LECCETO, ESSENDO
ESSA CATARINA A FIORENZA
CCXXVIII
A NERI DI LANDOCCIO
della saetta che si trae dal fuoco, ben rovente; che, git-
tandola, ella arde dovunque si gitta, perché non può fare
che ella non dia di quello che ella ha in sé. Così ti pensa,
figliuolo, che l’anima tua entrerà nella fornace del fuoco
della divina Carità; e per forza di caldo d’amore si con-
verrà che tu getti e porga quello che tu hai tratto dal
fuoco.
E che hai tu tratto dall’obietto di Dio? Odio e dispia-
cimento di te e amore della virtù, fame della salute
dell’anime e dell’onore del Padre eterno: che in questo
obietto di questo dolce Verbo non si trova altro. E così
vedi tu che per fame egli muore. Ed è sì grande la fame
che ’l fa sudare, non d’acqua, ma per forza d’amore,
gocciole di sangue. Come potrebbe essere tanto duro e
ostinato quel cuore che non si risentisse e scoppiasse per
questo caldo e calore di questo fuoco ? Ragguardando-
lo, non potrebbe essere se non come la stoppa che si
mette nel fuoco, che non può essere che non arda; pe-
rocché condizione del fuoco è d’ardere e convertire in
sé ciò che a lui s’accosta. Così l’anima che ragguarda
l’affetto del suo Creatore, subito è tratta ad amarlo, e
convertire l’affetto in lui. Ine si consuma ogni umido
d’amore proprio di sé medesimo; e piglia la similitudine
del fuoco dello Spirito santo. E questo è il segno che egli
ha ’l ricevuto: che subito diventa amatore di quello che
Dio ama, e odiatore di quello ch’egli odia. E però desi-
dera l’anima mia di vedere in te questa uinione, cioè
d’essere unito e trasformato nel fuoco della sua Carità.
Fà che giusta al tuo potere te ne ingegni, figliuolo mio
carissimo; sì che tu adempia la volontà di Dio e di me
trista miserabile madre. Permane nella santa e dolce di-
lezione di Dio.
Dì a Nanni e a Papi che gridino per siffatto modo,
che io m’avvegga delle voci loro. Dì a Gherardo figliuo-
lo, che risponda alla voce della madre che ’l chiama; e
spaccisi tosto, ch’io l’aspetto. Vanni, missere Francesco,
CCXXIX
A GREGORIO XI
CCXXX
AGLI OTTO DELLA GUERRA, ELETTI PEL
COMUNE DI FIRENZE, AD ISTANZA DE’ QUALI
ANDO LA SANTA A PAPA GREGORIO XI
CCXXXI
A GREGORIO XI
LIBRO QUARTO
CCXXXII
A SANO DI MACO IN SIENA
CCXXXIII
A GREGORIO XI
CCXXXIV
A BUONACCORSO DI LAPO IN FIRENZE,
ESSENDO LA SANTA IN AVIGNONE
CCXXXV
AL RE DI FRANCIA
CCXXXVI
A BARTOLO USIMBARDI IN FIRENZE
CCXXXVII
AL DUCA D’ANGIO
CCXXXVIII
A GREGORIO XI
CCXXXIX
A GREGORIO XV
CCXL
A MONNA LAPA SUA MADRE, PRIA ICHE
TORNASSE DA VIGNONE
CCXLI
A MONNA GIOVANNA DI CORRADO
amore è uno mezzo tra l’anima e Dio che non lassa ben
cognoscere la verità del vero e superno amore. E però
disse la prima dolce Verità: «Chi non abbandona il pa-
dre e la madre, suoro e fratelli, e sè medesimo, non è de-
gno di me». Ben se n’avvedevano e avvedono e’ veri ser-
vi di Dio; che subito spogliano il cuore e l’affetto e
l’anima loro del mondo e delle pompe e delizie sue, e
d’ogni creatura fuori di Dio: non, che egli non amino la
creatura; ma amanla solamente per Dio, in quanto sono
creature amate smisuratamente dal Creatore. Ma come
essi odiano la parte sensitiva, che ribella a Dio in loro;
cosi l’odiano nel prossimo, che veggono che offende la
somma eterna Bontà. Così voglio che facciate voi, caris-
sima madre in Cristo dolce Gesù; che voi amiate la
bontà di Dio in voi, e la sua smisurata carità, la quale
troverete nella cella del cognoscimento di voi medesima.
In questa cella troverete Dio. Chè, come Dio tiene in sè
ogni cosa che partecipa l’essere, così in voi troverete la
memoria, la quale tiene ed è atta a ritenere il tesoro de’
beneficii di Dio; troveretevi lo intendimento, il quale ci
fa participare la sapienzia del Figliuolo di Dio, inten-
dendo e cognoscendo la sua volontà, che non vuole al-
tro. che la nostra santificazione. Vedendo questo, l’ani-
ma non si può dolere nè conturbare di neuna cosa che
avvenga, cognoscendo che ogni cosa è fatta con provi-
denzia di Dio e con grandissimo amore.
Con questo cognoscimento voglio e vi prego per amo-
re dello svenato Agnello, che medichiate l’ascaro e la
malagevolezza che avete sentita per la partita di Stefano.
Godete e esultate; chè non sarà senza accrescimento di
grazia nell’anima sua e nella vostra. Per grazia di Dio, il
vederete tosto. Anco, dico che nel cognoscimento di voi
voi troverete la clemenzia dolce dello Spirito Santo; che
è quella parte che non dona, nè è altro che amore; e ciò
che egli fa e adopera adopera per amore. Questo affetto
troverete nell’anima vostra: perocchè la volontà non è
CCXLII
AD ANGELO DA RICASOLI
CCXLIII
ALL’ARCIVESCOVO DI PISA
CCXLIV
A MAESTRO FRANCESCO, DI MAESTRO
BARTOLOMEO, MEDICO DI SIENA DI GRAN
FAMA
CCXLV
A UN GENOVESE DEL TERZO ORDINE DI SAN
FRANCESCO, CHE AVEVA PRESO UNA
CONVERSAZIONE SPIRITUALE CON UNA
DONNA; PER LO CHE PATIVA MOLTE PENE
CCXLVI
AL PRIORE DI CERVAJA, PRESSO GENOVA
CCXLVII
A MONNA GIOVANNA DI CORRADO
CCXLVIII
A BARTOLO USIMBARDI, E A MONNA ORSA
SUA DONNA.E A FRANCESCO DI PIPINO
SARTO E A MONNA AGNESA SUA DONNA, DA
FIRENZE
CCXLIX
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO IN FIRENZE E
A MONNA AGNESA SUA DONNA
CCL
ALL’ABBATE DI SANT’ANTIMO
CCLI
A MONNA AGNESA, DONNA DI FRANCESCO DI
PIPINO SARTO
CCLII
A GREGORIO XI, ESSENDO A CORNELO
zia. Sapete che, come voi intraste pianta novella nel giar-
dino della santa Chiesa, voi vi doveste disponere con
virtù a resistere al dimonio, alla carne, e al mondo, che
sono tre nemici principali, li quali ci contrastano di dì e
di notte; che non dormono mai. Spero nella divina
Bontà, che a parte di questi nemici vi ha fatto resistere, e
farà in tutto; sicchè egli averà di voi quel fine, per lo
quale vi creò, cioè, perchè rendeste gloria e loda al nome
suo, e perchè godeste la bontà sua, ricevendo l’eterna
sua visione, nella quale sta la nostra beatitudine. Ora se-
te vicario di Cristo; il quale avete preso a travagliare e
combattere per l’onore di Dio, per salute dell’anime, e
riformazione della santa Chiesa: le quali cose sono a Voi
travagli e pene, in particolare a voi aggionte, oltre le bat-
taglie comuni, che date sono ad ogni anima che vuole
sersvire a Dio, come detto è. E perchè è maggiore il peso
vostro, però bisogna più ardito e viril cuore, e non timo-
roso per veruna cosa che avvenire potesse. Chè voi sape-
te bene, santissimo padre, che come voi pigliaste per
sposa la santa Chiesa, così pigliaste a travagliare per lei,
aspettando li molti venti contrari di molte pene e tribu-
lazioni, che si facevano incontra a combattere con voi
per lei. E voi, come uomo virile, fatevi rincontra a q ue-
sti venti pericolosi, con una fortezza, pazienzia e longa
perseveranzia, non volgendo mai il capo addietro per
pena nè sbigottimento nè timore; ma perseverate, ralle-
grandovi nelle tempeste e battaglie. Rallegrisi il cuore
vostro: chè nelli molti contrari che sono addivenuti e ad-
divengono, si fanno bene li fatti di Dio; e per altro modo
non si fecero mai. Così vediamo che ’l fine della perse-
cuzione della Chiesa, e d’ogni tribulazione che riceve
l’anima virtuosa, è la pace acquistata con vera pazienzia
e perseveranzia: essa n’esce coronata di corona di gloria.
Questo è dunque il remedio. E però dissi, santissimo
Padre, ch’io desiderava di vedervi il cuore fermo e stabi-
le, fortificato in vera e santa pazienzia. Voglio che siate
CCLIII
A MISSER TRINCIO DE’ TRINCI DA FULIGNO,
E A CORRADO SUO FRATELLO
CCLIV
A PIETRO DI MISSERE JACOMO ATTACUSI DE’
TOLOMEI, DA SIENA
CCLV
A GREGORIO XI
CCLVI
A M. NICCOLO, PRIORE DELLA PROVINCIA DI
TOSCANA
CCLVII
A CONTE DI MONNA AGNOLA, E COMPAGNI
IN FIRENZE
CCLVIII
A MISSER RISTORO DI PIETRO CANIGIANI
IN FIRENZE
CCLIX
A TOMMASO D’ALVIANO
CCLX
A’ PRIGIONI IL GIOVEDI SANTO IN SIENA
CCLXI
A M. MARIANO, PRETE DELLA MISERICORDIA,
ESSENDO A MONTICCHIELLO
CCLXII
A MONNA TORA, FIGLIUOLA DI MISSER
PIETRO GAMBACORTI DA PISA
entrerai ora (e forse che sei entrata, che dirò meglio) nel
campo delle molte battaglie del dimonio (gettandoti
molte cogitazioni e pensieri nella mente tua) e delle
creature, che non sarà meno forte battaglia, ma forse
più. So che ti poneranno innanzi, che tu sia fanciulla, e
però non stia bene in codesto stato; quasi reputandoselo
a vergogna e’ semplici ignoranti, e con poco lume, se
non ti rallogassero al mondo. Ma tu sia forte costante,
fondata in su la viva pietra; e pensa che, se Dio sarà per
te, neuno potrà contra di te. Nè credere nè a dimonio nè
a creatura quando ti consigliano delle cose che fussero
fuora di Dio e della volontà sua, o contra lo stato della
conti Confidati in Cristo crocifisso, che ’l ti farà passare
questo mare tempestoso, e giugnerai al mare pacifico,
dove è pace senza neuna guerra. Onde, a conduerti ben
sicura al porto di vita eterna, ti consiglierei per tua uti-
lità, che tu intrassi nella navicella della santa obedienzia;
però che questa è più sicura e più perfetta via, e fa navi-
gare l’anima per questo mare non colle braccia sue, ma
colle l:accia dell’Ordine.
E però ti prego, che tu à dia pensiero, acciò che tu sia
più spedita a essere serva sposa di Gesù Cristo crocifis-
so; al quale servire, è regnare, come detto è. E per veder-
ti regnare e vivere in Grazia, dissi che io desideravo di
vederti vera serva e sposa di Cristo crocifisso. Abbi buo-
na e santa paziezia in questo e ogni altra era che ti potes-
se avvenire. Altro non dico. Permani nella sana e dolce
dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.
CCLXIII
A MONNA MONTAGNA, GRAN SERVA DI DIO,
NEL CONTADO DI NARNI, IN CAPITONA
CCLXIV
A MONNA JACOMA DI MISSER TRINCI
DA FULIGNO
CCLXV
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE,
E A MONNA AGNESA SUA DONNA
CCLXVI
A MISSER RISTORO CANIGIANI
ta! E chi non vede che tu non ne sei degno? Qual tempo
aspetti d’esser degno? Non l’aspettare; chè tanto ne sa-
rai degno nell’ultimo, quanto nel principio. Chè con tut-
te le nostre giustizie, mai non ne saremo degni. Ma Dio
è colui che è degno, e della sua dignità fa degni noi. La
sua dignità non diminuisce mai. Che dobbiamo fare?
Disponerci dalla parte nostra, e osservare il dolce co-
mandamento. Che se noi non facessimo così; lassando la
Comunione, per siffatto modo, credendo fuggir la col-
pa, cadremmo nella colpa.
E però io concludo, e voglio, che così fatta stoltizia
non sia in voi; ma che vi disponiate, come fedele Cristia-
no, a ricevere questa santa Comunione per lo modo det-
to. Tanto perfettamente il farete, quanta starete nel vero
cognoscimento di voi: altrimenti no. Perocchè, standoci,
ogni cosa vedrete schiettamente. Non allentate il santo
desiderio vostro per pena nè per danno, nè per ingiuria
o ingratitudine di coloro ai quali voi avete servito; ma vi-
rilmente con vera e lunga perseveranzia persevererete
insino alla morte. E così vi prego che facciate per amor
di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella
santa e dolce dilezione di Dio, Gesù dolce, Gesù amore.
CCLXVII
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
CCLXVIII
AGLI ANZIANI E CONSOLI GONFALONIERI
DI BOLOGNA
CCLXIX
A NERI DI LANDOCCIO
CCLXX
A GREGORIO XI
lore dinanzi a voi. Non dico più. Date la vita per Cristo
crocifisso: divellete li vizi, e piantate le virtù: confortate-
vi, e non temete. Permanete nella santa e dolce dilezione
di Dio. Grande desiderio ho di ritrovarmi dinanzi alla
Santità vostra. Molte cose v’ho a ragionare. Non son ve-
nuta, per molte occupazioni buone e utili per la Chiesa,
che ci sono avute a fare. Pace, pace per l’amore di Cristo
crocifisso, e non più guerra: chè altro rimedio non ci è.
Raccomandovi Annibaldo, vostro fedele servitore.
Scritta al nostro monasterio nuovo che mi concede-
ste, intitolato Santa Maria degli Angeli. omandovi umil-
mente la vostra benedizione. E’ vostri figli negligenti,
maestro Giovanni e frate Raimondo, si raccomandano
alla Santità vostra. Gesù Cristo crocifisso sia con voi.
Gesù dolce, Gesù amore.
CCLXXI
A MONNA ALESSA
CCLXXII
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
CCLXXIII
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
CCLXXIV
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO IN FIRENZE,
E A MONNA AGNESA SUA DONNA
CCLXXV
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
CCLXXVI
A UNA MERETRICE IN PERUGIA,
A PETIZIONE D’UN SUO FRATELLO
CCLXXVII
A MONNA ALESSA, ESSENDO LA SANTA
A FIORENZA
CCLXXVIII
A MONNA BARTOLOMEA DI DOMENICO,
IN ROMA
CCLXXIX
A MISSER RISTORO CANIGIANI
per altro modo non vi si può venire, che per la via della
carità; dissi, e dico, che ho grandissimo desiderio di ve-
dervi fondato in vera e perfettissima carità; la quale ca-
rità abbraccia ogni bene, e schiva e fugge ogni male di
colpa. E poich’ell’è tanto dolce e dilettevole, non è da
perdere il tempo per negligenzia, ma è da levarsi con
gran sollecitudine, col lume della santissima fede, col
quale lume vedremo, noi essere amati; vedendolo, co-
gnosceremo la sua bontà; e cognoscendola, l’ameremo, e
con esso amore cacceremo l’amore proprio, che tolle la
vita della Grazia. Empitevi la memoria di continuo ri-
cordamento del sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi
dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
Gesù dolce, Gesù amore.
CCLXXX
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DE’ FRATI PREDICATORI
CCLXXXI
A NERI DI LANDOCCIO
CCLXXXII
A NICCOLO DA OSIMO
CCLXXXIII
A FRATE TOMMASO DELLA FONTE
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
CCLXXXIV
A PIETRO CARDINALE DI LUNA
CCLXXXV
A GREGORIO XI
CCLXXXVI
A MONNA ALESSIA E A CERTE ALTRE SUE
FIGLIUOLE DA SANA, IL DI DELLA
CONVERSIONE DI SAN PAOLO
CCLXXXVII
A FRATE NICCOLO DI NANNI DELL’ORDINE DI
MONTE OLIVETO, E A DON PIETRO DI
GIOVANNI DI VIVA MONACO DELLA
CERTOSA A MAGGIANO PRESSO A SIENA
CCLXXXVIII
A MONNA AGNESA DONNA DI FRANCESCO
DI PIPINO SARTO DA FIRENZE
CCLXXXIX
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE
CCXC
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO DA FIRENZE,
E A MONNA AGNESA SUA DONNA
CCXCI
A URBANO VI
CCXCII
A FRATE GUGLIELMO, E A MISSERE MATTEO
RETTORE DELLA MISERICORDIA, E A FRATE
SANTI, E AGLI ALTRI FIGLIUOLI
CCXCIII
A PIETRO CARDINALE DI LUNA
CCXCIV
A SANO DI MACO, E A TUTTI GLI ALTRI
FIGLIUOLI IN SIENA
CCXCV
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
alle dimonia, che non facessero tanto male che esse era-
no disposte a fare, fu adempito; ma non fu adempito il
desiderio mio di dare la vita per la verità e per la dolce
Sposa di Cristo. Ma lo Sposo eterno mi fece una grande
beffa: siccome Cristofano a bocca pienamente vi dirà.
Onde io ho da piangere, perocchè tanta è stata la molti-
tudine delle mie iniquitadi, che io non meritai che il san-
gue mio desse vita, nè alluminasse le menti accecate, nè
pacificasse il figliuolo col padre, nè murasse una pietra
col sangue mio nel corpo mistico della santa Chiesa. An-
co, parve che fussero legate le mani di colui che voleva
fare. E dicendo io: «Io son essa. Tolli me, e lassa stare
questa famiglia» erano coltella che drittamente gli passa-
vano il cuore. O babbo mio, sentite in voi ammirabile
gaudio, perocchè mai in me non provai simili misteri
con tanto gaudio. Ine era la dolcezza della verità: ine era
l’allegrezza della schietta e pura coscienzia: ine era
l’odore della dolce providenzia di Dio: ine si gustava il
tempo de’ martiri novelli, siccome voi sapete, predetti
dalla Verità eterna. La lingua non sarebbe sufficiente a
narrare quanto è il bene che l’anima mia sente. Onde
tanto mi pare essere obbligata al mio Creatore, che se io
dessi il corpo mio ad ardere, non mi pare di potere sati-
sfare a tanta grazia quanta io e i diletti miei figliuoli e fi-
gliuole abbiamo ricevuta.
Tutto questo vi dico non perchè pigliate amaritudine,
ma perchè sentiate ineffabile diletto, con suavissima al-
legrezza; e acciocchè voi e io cominciamo a dolerci della
mia imperfezione, perocchè per lo mio peccato fu impe-
dito tanto bene. Or quanto sarebbe stata beata l’anima
mia, che per la dolce sposa, e per amore del sangue e per
saluto dell’anime, avessi dato il sangue! Or godiamo e
siamo sposi fedeli.Io non voglio dire più sopra questa
materia; lasso questo e l’altre cose dire a Cristofano: solo
questo voglio dire, che voi preghiate Cristo in terra, che
per lo caso occorso non ritardi la pace, ma molto più
CCXCVI
A DON GIOVANNI DALLE CELLE
DI VALLE OMBROSA
CCXCVII
A NICCOLO SODERINI IN FIRENZE
CCXCVIII
A STEFANO DI CORRADO MACONI
POVERELLO D’OGNI VIRTU,
ESSENDO ESSA A FIRENZE
CCXCIX
A MISSER RISTORO CANIGIANI
CCC
A MONNA AGNESA DI FRANCESCO SARTO
DA FIRENZE
CCCI
A MISSER RISTORO CANIGIANI DA FIRENZE
IN PISTOIA
CCCII
A URBANO VI
CCCIII
A SANO DI MACO, E AGLI ALTRI FIGLIUOLI
IN CRISTO, ESSENDO ESSA IN FIRENZE
CCCIV
A MONNA LODOVICA DI GRANELLO
CCCV
A URBANO VI
CCCVI
A URBANO VI
CCCVII
A UNA DONNA CHE MORMORAVA
CCCVIII
A SUOR DANIELLA DA ORVIETO
CCCIX
A GIOVANNI DA PARMA IN ROMA
CCCX
A TRE CARDINALI ITALIANI
LIBRO QUINTO
CCCXI
A’ SIGNORI DIFENSORI DEL POPOLO E
COMUNE DI SIENA
CCCXII
ALLA REINA DI NAPOLI
CCCXIII
AL CONTE DI FONDI
CCCXIV
A MONNA COSTANZA, DONNA CHE FU DI
NICCOLO SODERINI IN FIRENZE
CCCXV
A DON PETRO DA MILANO
DELL’ORDINE DELLA CERTOSA
CCCXVI
A SUOR DANIELLA DA ORVIETO
CCCXVII
ALLA REINA DI NAPOLI
CCCXVIII
A SANO DI MACO, E A TUTTI GLI ALTRI SUOI
IN CRISTO FIGLIUOLI, SECOLARI IN SIENA
CCCXIX
A STEFANO DI CORRADO MACONI
CCCXX
A STEFANO DI CORRADO MACONI,
IGNORANTE E INGRATISSIMO FIGLIUOLO
CCCXXI
AL PRIORE, E FRATELLI DELLA COMPAGNIA
DELLA DISCIPLINA DELLA VERGINE MARIA
DELL’OSPIDALE DI SIENA
CCCXXII
A DON GIOVANNI MONACO DELLE CELLE
DI VALLE OMBROSA, ESSENDO RICHIESTO
DA PAPA URBANO VI
CCCXXIII
AL PRIORE DI GORGONA
DELL’ORDINE DELLA CERTOSA IN PISA
CCCXXIV
A STEFANO DI CORRADO MACONI
CCCXXV
A FRATE TOMMASO D’ANTONIO DA SIENA
DELL’ORDINE DE’ FRATI PREDICATORI
CCCXXVI
A FRATE GUGLIELMO D’INGHILTERRA E
FRATE ANTONIO DA NIZZA A LECCETO
CCCXXVII
A FRATE ANDREA DA LUCCA, A FRATE BALDO,
E A FRATE LANDO SERVI DI DIO IN SPOLETO,
ESSENDO RICHIESTI DAL SANTO PADRE
CCCXXVIII
A FRATE ANTONIO DA NIZZA DE’ FRATI
EREMITANI DI SANT’AGOSTINO AL
CONVENTO DI LICCIETO DI SIENA
CCCXXIX
A STEFANO DI CORRADO,
SUO INDIGNISSIMO ED INGRATO FIGLIUOLO,
ESSENDO ESSA IN ROMA
CCCXXX
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DI SANTO DOMENICO IN PISA
CCCXXXI
A DON PIETRO DA MILANO
DELL’ORDINE DELLA CERTOSA
non si indugi più. Io, per me, muoio, e non posso mori-
re, di vedere offendere tanto il nostro Creatore nel cor-
po mistico della santa Chiesa, e contaminare la fede no-
stra da quegli che sono posti per alluminarla. Di tutto
sono cagione i difetti miei. Nascondiamci nel costato di
Cristo crocifisso, ed ivi bussiamo alla sua misericordia.
Gesù dolce, Gesù amore.
CCCXXXII
A PIETRO DI GIOVANNI, E A STEFANO DI
CORRADO INSIEME, ESSENDO ELLA A ROMA
CCCXXXIII
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DI SANTO DOMENICO
CCCXXXIV
A BONAVENTURA CARDINALE DA PADOA
CCCXXXV
A DON CRISTOFANO MONACO DI CERTOSA
DEL MONASTERO DI SAN MARTINO
DI NAPOLI
CCCXXXVI
ALLA PRIORA E MONACHE DI SANTA AGNESA,
ALLATO A MONTE PULCIANO
CCCXXXVII
A’ SIGNORI PRIORI DELL’ARTI,
E GONFALONIERE DI GIUSTIZIA DEL POPOLO
E DEL COMUNE DI FIRENZE
CCCXXXVIII
A MISSERE ANDREASSO CAVALCABUOI
ALLORA SENATORE DI SIENA
CCCXXXIX
A’SIGNORI PRIORI DEL POPOLO,
E COMUNE DI PERUGIA
CCCXL
A MONNA AGNESA DA TOSCANELLA
SERVA DI DIO, DI GRANDISSIMA PENITENZIA
CCCXLI
AD ANGELO ELETTO VESCOVO CASTELLANO
CCCXLIL
A DON ROBERTO DA NAPOLI
CCCXLIII
A RAINALDO DA CAPUA, DI SOTTILE
INGEGNO, IN NAPOLI, INVESTIGATORE DE’
MISTERI DI DIO, E DELLA SANTA SCRITTURA
CCCXLIV
A FRATE RAIMONDO DA CAPUA
DE’ PREDICATORI IN GENOVA
CCCXLV
ALLA CONTESSA GIOVANNA DI MILETO
E DI TERRA NUOVA IN NAPOLI
CCCXLVI
AD URBANO VI
CCCXLVI
AL CONTE ALBERICO DA BALBIANO
CAPITANO GENERALE DELLA COMPAGNIA
DI SAN GIORGIO E ALTRI CAPORALI
CCCXLVIII
ALLA REINA GIOVANNA DI NAPOLI
CCCXLIX
A’ SIGNORI BANDERESI,
E QUATTRO BUONI UOMINI MANTENITORI
DELLA REPUBBLICA DI ROMA
CCCL
AL RE DI FRANCIA
CCCLI
AD URBANO VI
CCCLII
A MADONNA LARIELLA DONNA DI MISSER
CIECCOLO CARACCIOLO DI NAPOLI
CCCLIII
A MONNA CATELLA, E MONNA CECIA
VOCATA PLANULA, E MONNA CATARINA
DENTICE DI NAPOLI
CCCLIV
A MADONNA PENTELLA,
MARITATA IN NAPOLI, SERVA DI CRISTO
CCCLV
A MADONNA ORIETTA SCOTTA,
ALLA CROCE DI CANNETO IN GENOVA
CCCLVI
A TRE DONNE NAPOLETANE, SPIRITUALI
CCCLVII
AL RE D’UNGARIA
CCCLVIII
A MAESTRO ANDREA DI VANNI, DIPINTORE,
ESSENDO CAPITANO DEL POPOLO DI SIENA
CCCLIX
A LEONARDO FRESCOBALDI DA FIRENZE
CCCLX
A PERONELLA FIGLIUOLA DI MASELLO
PEPE DI NAPOLI
CCCLXI
A UNA DONNA NAPOLETANA GRANDE
COLLA REINA
CCCLXII
ALLA REINA CHE FU DI NAPOLI
voi, e che voi pasceste lei; voi pascere di Grazia nel san-
gue dell’Agnello, e che voi sovveniste a lei dell’aiutorio
vostro: la quale vedevate (cioè la Chiesa di Roma che è il
principato della fede nostra), essere stata tanto vedova
senza lo sposo suo, e noi senza il padre nostro. Onde,
ora che ella l’ha riavuto, mirava che voi le foste una co-
lonna mantenitrice di questo sposo, facendovi scudo per
riparare a’ colpi, e gittarne voi contra loro che gli le vo-
levano tollere. Oh ingratitudine nostra! chè non tanto
ch’egli vi sia padre per la dignità sua, ma anco v’è fi-
gliuolo: e però è grande questa crudeltà, perocchè voi
gli farete tutto il contrario. Vedesi la figliuola fare contra
’l padre; e, essendo madre, fare contra el figliuolo. Que-
sto m’è sì gran pena, che maggior croce in questa vita
non posso portare; quando io considero la lettera la
quale ricevetti da voi, nella quale confessaste che papa
Urbano era vero sommo padre e pontefice, dicendo di
volergli essere obediente, e ora trovo il contrario. Oimè!
compite, per l’amore di Dio, la vostra confessione. La
confessione vuol’essere come detto è: confessare in ve-
rità con contrizione di cuore e satisfazione. Satisfate
dunque rendendo il debito dell’obedienzia, poichè avete
confessato che egli è vicario di Cristo in terra. Siate obe-
diente, e così riceverete il frutto della Grazia, e plache-
rete l’ira di Dio verso di voi. E dove è la verità che si
suole trovare nella bocca della reina, che suole e debbe
essere un Vangelo? perocchè, cosa che ella prometta
con ragione e secondo Dio, mai non debbe stornare ad-
dietro. E io veggio e provo, che voi avete promesso e
detto di volere obbedire al sommo pontefice; e poi non
solamente in parole, ma in fatti fate il contrario. Onde
ho grande ammirazione e intollerabile dolore di vedere
tanto offuscato l’occhio dell’intelletto vostro dalla nuvila
dell’amore proprio per illusione del dimonio, e per lo
cattivo e malvagio consiglio, che voi non curate la dan-
nazione dell’anima vostra, e la ruina del popolo, cosi
CCCLXIII
A MAESTRO ANDREA DI VANNI, DIPINTORE
CCCLXIV
AD URBANO VI
CCCLXV
A STEFANO DI CORRADO MACONI
Se gli vuole dare, sì gli dia a Nanni. Altro non dico. Per-
mani nella santa e dolce dilezone di Dio. Conforta Pie-
tro, e tutti gli altri figliuoli. E al Priore, ditegli che di
monna Lapa farà quel che gli pare; e mandivi che gli pa-
re. Non scrivo a lui nè a Pietro, perchè non ho tempo,
chè sto occupata a altro scrivere.
Dice il tuo negligente fratello Barduccio, che tu sì ne
venga tosto, per alcuna cosa che egli ha a fare; che vor-
rebbe la tua compagnia. Pargli malagevolmente trovare
il modo di farla, se tu non se’ con lui: tanto che, se non
ci vieni, verrà infino a te, innanzi che la faccia. Sievi rac-
comandato nell’orazione di te e e degli altri, perchè n’ha
grande bisogno; chè ora è messo al paragone per sem-
pre. Lisa similmente ti prega che preghi Dio per lei, tu e
gli altri. Gesù dolce, Gesù amore.
Battista, ti rispondo, che sarà ben fatto che voi ’l man-
diate.... oltre a ciò, che sia buona pianta novella nel cor-
po mistico della santa Chiesa. Ma tanto ti dirò, ch’io
vorrei volentieri che fusse o con misser Tommaso, o con
misser Martino, perchè son buoni, virtuosi e sofficienti
in ogni cosa.
Mandai a chiedere alla Contessa il libro mio; e hollo
aspettato parecchi dì: e non viene. E però se tu vai là, dì
che’ l mandi subito: e tu ordina che chi vi va, il dica, e
non manchi.
CCCLXVI
A MAESTRO ANDREA DI VANNI, DIPINTORE
CCCLXVII
A’ MAGNIFICI SIGNORI DIFENSORI DEL
POPOLO, E COMUNE DI SIENA
CCCLXVIII
A STEFANO DI CORRADO MACONI
CCCLXIX
A STEFANO DI CORRADO MACONI, ESSENDO
ESSA A ROMA. E QUESTA FU L’ULTIMA A LUI
CCCLXX
AD URBANO VI
CCCLXXI
AD URBANO VI
CCCLXXII
A MESSER CARLO DELLA PACE, IL QUALE POI
FU RE DI PUGLIA OVVERO DI NAPOLI
non tardate più; chè Dio sarà per voi. Non è da aspetta-
re tempo, perocchè porta pericolo. Adunque venite, e
nascondetevi nell’arca della santa Chiesa sotto l’ale del
vostro padre, papa Urbano VI, il quale tiene le chiavi
del sangue di Cristo. Io so che sarete virile, vi studierete
di compire la volontà di Dio, non curando di voi mede-
simo; altrimenti, no. E però dissi che io desiderava di ve-
dervi cavaliero virile; e cosi vi prego per l’amore di Cri-
sto crocifisso, che siate. Chè grande vergogna è a’
signori del mondo e spiacevole a Dio, di vedere tanta
freddezza nelli cuori loro, che per ancora altro che con
parole non hanno sovvenuto a questa dolce Sposa. Male
darebbero la vita per questa verità, quando della sustan-
zia temporale e adiutorio umano le fanno caro. Credo
che grande reprensione n’averanno. Non voglio che fac-
ciate così voi; ma con grande allegrezza diamo la vita,
s’el bisogna.
Perdonatemi se troppo v’ho gravato di parole. L’ama-
ritudine delle colpe e l’amore della santa Chiesa me ne
scusi di. nanzi a Dio ed a voi. Altro non dico. Permanete
nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù
amore.
CCCLXXIII
A MAESTRO RAIMONDO DA CAPUA
DELL’ORDINE DE’ PREDICATORI
LIBRO SESTO
I
A DON GIOVANNI MONACO NELLE CELLE
DI VALLE UMBROSA
II
A TRE DONNE VEDOVE SPIRITUALI DI NAPOLI
III
A FRATE ANTONIO DA NIZZA DELL’ORDINE
DEGLI HEREMITANI AL LECCETO
IV
ALLA PRIORA ET MONACHE
DEL MONASTERIO DI SANCTA AGNESE
DA MONTE PULCIANO
V
ALLA COMPAGNIA DELLA DISCIPLINA
DELLA VERGINE MARIA IN SIENA
VI
A MESSER BUONAVENTURA DA PADOVA
CARDINALE DE’ FRATI HEREMITANI
Pregovi che costà nel luogo dove voi sete voi attendia-
te alla salute dell’anime. Dicolo perchè molti vi sono che
stanno in grandissima heresia. Per l’amore di Dio, vi
prego che abiate l’occhio sopra coteste pecorelle, sanza
timore servile, acciò che il dimonio infernale non le di-
vori. Perdonatemi la negligentia, iscongnoscentia et pre-
sumptione mia che tanto v’ò gravato di parole. Humile-
mente mi vi raccomando. Permanete nella sancta et
dolce dilectione di Dio. Jhesù dolce, Jhesù amore.
VII
A FRATE RAIMONDO DA CAPOVA
SINGULARE PADRE DELL’ANIMA SUA,
DEL ORDINE DE PREDICATORI
VIII
A NERI DI LANDOCCIO
IX
A MISSER BARTOLOMEO DELLA PACE
X
SINE TITULO
XI
SINE TITULO
XII
A’ SIGNORI PRIORI DELL’ARTI
ET IL GONFALONIERE DELLA GIUSTIZIA
DELLA CITTÀ DI FIRENZE
XIII
A FRANCESCO DI PIPINO SARTO IN FIRENZE
XIV
A BARTOLO USIMBARDI
ET FRANCESCO DI PIPINO
XV
A PIERO CANIGIANI DA FIORENZE
rebbe chi la pigliasse, però che noi vediamo che ella vie-
ne vota manifestamente, che quelli che si credono bene
stare subito vengono meno. Voglio dunque che raguar-
diate la brevità del tempo vostro, acciò che, con amore
et con Santo timore di Dio, l’affecto vostro sempre vadi
inanzi et mai non torni adietro, crescendo continuamen-
te. Troppo sarebbe peggio et maggiore ruina dell’anima
et del corpo, dopo il cognoscimento et buona voluntà
che l’uomo avesse ricevuto da Dio, il tornare adietro che
l’offese dinanzi, et di maggiore riprensione è degno nel
conspecto di Dio et degli huomini. Tucto dì vediamo
questo, che non pare che mai bene gli pigli, se non ritor-
na già nello stato virtuoso suo. Non vorrei che l’amore
proprio di voi o de’ figliuoli, colorato col colore della
giustizia con parervi fare meglio, vi facesse rattaccare a
questi affanni miseri degli stati del mondo. So che non
bisogna dire molte parole. Io voglio che attendiate alla
vostra salute in cognoscere i beni immortali et mectervi
socto i piedi i beni mortali. Lassate la conversatione de’
servi del mondo, et dilectatevi di quella de’ servi di Dio.
Guardate, guardate quanto avete cares l’anima vostra,
et anco per vostro bene secondo il mondo, che voi non
v’impacciate di queste frasche. Fatemi come il vero pe-
regrino, chè così dobiamo fare, perchè tucti siamo pere-
grini et viandanti in questa vita. Il peregrino non attende
ad altro se non di giugnere al termine suo. Pigliasi la vita
[via] sua, et più no. Et con buona providentia mira di
lassare le vie dubiose et passare per le sicure. Se egli
truova luoghi pacifichi et dilectevoli, non si rista però,
ma va pure per li facti suoi. Et se gli truova in guerra o
malagevoli, nè più nè meno; se già egli non vedesse che
sanza suo danno, o impedimento del cammino et termi-
ne suo, potesse fare alloro utilità; per altro modo, no; si
che nè pace nè guerra possono mai impedire il buono
peregrino.
Cosi voglio che facciate voi. Su dunque, peregrino,
XVI
ALLA PRIORA ET MONACHE
DI SANTA AGNESA DA MONTE PULCIANO
I
1374
FRA TOMMASO CAFFARINI A S. CATERINA
Carissima Madre,
Frate Tommaso d’Antonio da Siena de l’Ordine de’
Frati Predicatori, salute secondo el nostro santo deside-
rio nel Salvatore di tutti.
Come sapete, parlando io con voi quando fui con fra-
te Simone, infra l’altre rose mi dimandasti se quello ver-
so del salmo: Domine non est exaltatum cor meum, vuol
dire sicut adlattatus sanza el b, o sicut ablattatus col b,
ed io vi risposi che poteva essere che dicesse adlattatus
sanza il b, che tanto vuol dire quanto persona che si di-
letta a notrica di latte. E la cagione perchè dissi così si fu
per uno intendimento, il quale singularemente per allora
m’occorse nel detto verso, cioè, che chiedesse el Salmi-
sta a Dio dicendo: Signore mio, come el fanciullo gusta
la dolcezza del latte sopra del petto della madre sua, co-
sì nell’anima mia per la grazia tua si è el gustamento e la
sazietà della somma dolcezza della tua beata etterna re-
tribuzione.
Poi pensando sopra di ciò e legiendo nel salterio tro-
vai che dice pure ablattatus cot b, che tanto vuol dire
quanto persona che s’è levato dal latte e riceve el saldo e
perfetto cibo. Ancora lessi in Agustino sopra el salterio,
a trovai che esso dice similmente, a fa sopra tutto el sal-
mo una bella esposizione, la quale volendola ad voi co-
municare, attendete, che, acciò che più chiaramente
avere possiate lo ’ntelletto di santo Agustino, a mi pare
II
1375
ELISABETTA DI BAVIERA A S. CATERINA
III
1378
IL PRIORE DELTA CERTOSA DI GORGONA
A S. CATERINA
IV
1378 (?)
L’ABBATE DI MONT’ OLIVETO A S. CATERINA
V
1376
STEFANO MACONI
A NERI DI LANDOCCIO PAGLIARESI
Carissimo fratello,.
Sappi che ’l venardì seguente noi giognemmo qui in
Siena sani a salvi, avegna che con grandi paure, però che
la via che facemmo di Pecciole è assai dubbia per li mol-
ti sbanditi, e di quelli dì v’erano state fatte certe gattive
cose; la qual cosa semi fusse stata manifesta, mai non mi
vi sarei messo, e questo dico acciò che voi veniate savia-
mente. Ma certo nel nostro venire a nel nostro giognere
e stare a me è stato manifesto che l’orazioni della nostra
dolcissima Mamma ànno molto, anco el tutto adopera-
to, d’ogni bene che è seguito et cetera.
Io ò date a Sano le lettere con tutte quelle cose con
che mi mandasti, et ò distribuite tutte le altre lettere, e
fatte le ambasciate a me imposte, a grande consolazione
ànno avuta tutti i figliuoli e figliuole della nostra Mam-
ma, e grandissima l’aspettano nella vostra tornata, et io
con loro insieme; la quale già mi pare che troppo s’indu-
gi.
Pregoti per l’amore di Cristo Crocifisso che tu non
facci come tu volevi fare a Vignone, chè non volevi fare
cavelle che allo spaccio s’apartenesse, ma che tu solliciti
VI
1376
LO STESSO AL PAGLIARESI
VII
1378
F. S. AL PAGLIARESI
Frate carissimo,
Seppi come tu stai, imperocchè venne a me Gabriello
eI quale mi confortò molto da tua parte, per la qual cosa
non ch’io avessi voluntà di scrivarte, ma per la troppa
tua importunità, che tanto mi mandi salutando, mi mos-
si a scrivarte.
Maravegliomi molto come tu ti ricordi di me misero,
avenga Idio ch’io sia tomato invaso di contumelia, non
sentendo più l’odore del quale io mi pascea; fuore son
d’ogni buona via. Ma sappi che se fosse el tempo dolce
ch’io solevo già avere, non mi poterei tene’ ch’io non ti
scrivesse più spesso. Et imperò sappi che scrivare a te, o
a nessuno servo, o amico di Dio, molto al presente me
VIII
1378
ANONIMO AL PAGLIARESI
IX
1378
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
X
1378
LANDO DI FRANCESCO AI SIGNORI
DIFENSORI DEL POPOLO A CITTÀ DI SIENA
XI
1379
CRISTOFORO GUIDINI AL PAGLIARESI
Ave Maria.
Carissimo fratello.
Ricevetti tua lettera la quale per molti rispetti viddi
molto volentieri, si principalmente per contemplazione
de la nostra venerabile Madre, la quale scrivi molto essa-
re appresso el santo Padre a merito. L’altra per la singu-
larissima grazia che m’ài fatta concedare a esso Santo
Padre; unde io posso dire col Profeta: Qui retribuam
Domino per omnibus que retribuit michi? Non ò di che
retribuirti se no’ l’amore a l’affezione che io ti porto e
molto sò’ più tenuto di portarti.
Le imbasciate che mi scrivi ò fatte ne’ modi che m’ài
scritto, sì che ora puoi sollecitare el brivilegio. Don Ge-
rolamo mi disse che io ti rispondesse non bisognava ri-
spondare. Egli ebbelo molto caro e così dice Priorino,
ma che vorrebbe che glili facesse avere a lui. Io so’ a
banco de Pupilli e di ciò mi incresce. Non vi vorrei essa-
re uscito per lo illicito guadagno, ma pure per stare a
Siena ne so’ contento. Ò voglia di venire a Roma e forse
innanzi che sia pasqua vi verrò, e così ò detto col mio
compagno, ed egli n’è contento.
Racomandami a la nostra Madre mille volte e pregala
che preghi Idio per me che n’ò bisogno. Racomandami
anco a frate Santi, a Sano, a Pietro e a tutti gli altri, e che
essi e tu preghiate Dio per me. Tutti questi frategli ti
mandano confortando e loro. Dì a la Mamma che noi
siamo molto sciolti, che ci dia qualche freno el quale per
suo rispetto noi ubidiamo e che alcuna volta per sua me-
moria ci raguni insieme, e che essa alcuna volta ci scriva
ricordandosi delle sue pecorelle ismarrite; bene che noi
siamo certi che Ella se ne ricorda co’ la continua orazio-
ne.
Del fatto del Santo Padre non credo ch’abia niuno di
Siena che non tenga e non creda che papa Urbano sia
vero pastore di Santa Chiesa e se ci verranno imbascia-
dori dell’antipapa non seranno uditi. Molto è da pregare
per la Sposa di Cristo la quale vuole essare privata del
XII
1379
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
XIII
1379
LO STESSO AL PAGLIARESI
XIV
1379
LO STESSO AL PAGLIARESI
Carissimo fratello.
Pochi dì sonno passati ch’io ti risposi a una lettera
che mi scrivesti, fatta el dì dell’Ascensione; bench’io
l’ebbi a’ dì 22 di Giugno. E perch’io ti scrissi assai diste-
samente allora, posto ch’io creda che per anco non la
debbi avere avuta, e anco perchè la brevità del tempo
non pate di scrivere troppo, chè già sono parecchie ore
di notte; però io non ti scrivo altro se non come in
quell’altra t’aveva scritto.
Noi ci maravigliamo come del fatto dell’Arciprete
non n’avete mai, poi ch’io vi mandai e’ suoi casi, quando
el maestro Francesco tornò, scritto nè mandato a dire
cavelle, ne risposto mai a neun’altra cosa che vi fusse
scritto allora; eccetto che tu mostri bene d’averne avuta
una ch’io ne scrissi a te. Pregoti che solliciti che qualche
risposta se n’abia, perche egli è quasi in sul disperarsi, e
io non posso fare tutto dì quasi altro che rispondere alla
gran sollicitudine che me ne fa fare; dimandando quan-
do io aspetto la risposta, e pregandomi ch’ io scriva alla
Mamma. Sollicita che questo peso mi si levi da dosso
per l’amore di Cristo crocifisso, e promettoti che sarà
grande carità.
XV
1379 (?)
FRA SIMONE AL PAGLIARESI
XVI
1379
FRA BARTOLOMMEO DOMINICI
AL PAGLIARESI
XVII
1380
NIGI DI DOCCIO AL PAGLIARESI
Carissimo fratello.
Credo che tu sappi come la nostra reverendissima e
carissima Mamma se n’andò in paradiso domenica, addi
29 d’aprile. Lodato ne sia el Salvatore nostro Gesù Cri-
sto crocifisso benedetto. A mene pare essare rimaso or-
fano; però che di Lei avevo ogni consolazione, e no’ mi
posso tenere di piagnare. E non piango lei, ma piango
me, che òne perduto tanto bene. Non potevo fare mag-
giore perdita, a tu el sai. Preguti che preghi Idio che mi
mandi alcuna consolazione. De la Mamma si vole fare
alegrezza e festa, quanto ch’è per lei; ma di quelli suoi a
di quelle che sono rimasi in questa misera vita, ène da
piangere a d’avere compassione grandissima. Con veru-
na persona mi so dare dolore, quanto che con teco, che
mi fusti cagione d’acquistare tanto bene. Prendo alcuno
conforto perchè nel mio cuore ène rimasa e incarnata la
Mamma nostra assai più che non era in prima; a ora me
la pare bene conosciare. Chè noi miseri ne avavamo tan-
ta copia, che no’ la conosciavamo e non savamo degni
de la sua presenzia. Anco prendo conforto perchè tu sai
ch’ed ella diceva che ci sarebbe migliore e più utile mor-
ta, che viva.
Sappi carissimo fratello, e, posso dire figliuolo, che
quando io potessi essere ne la tua presenzia, molta pena
mi scemarebbe; considerando, come dissi, che tu mi fu-
sti cagione di tanto bene. E quanta ène magiore la cola,
e buona e Santa, che l’uomo acquista, tanto ène magiore
dolore a perderla. Carissimo fratello, io so’ fatto tanto
XVIII
1381
GIONTA DI GRAZIA AL PAGLIARESI
XIX
1381
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
XX
1381
FRA BARTOLOMMEO DOMENICI
A SUOR MADDALENA
XXI
1381
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
XXII
1381 o 1382
IL PRIORE DELLA CERTOSA DELL’ISOLA
DI GORGONA AL PAGLIARESI
XXIII
1381
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
XXIV
1381
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXV
1382
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXVI
1384 (?)
IL MEDESIMO A SER JACOMO SACERDOTE
XXVII
1384 (?)
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
Carissimo fratello,.
Però che don Agustino, priore nostro, torna ora dal
Capitolo fatto in Roma, e per altre occupazioni che à
non gli è abile a potere venire costà a te, et egli dice che
per necessaria cagione vuole essere alquanto con teco;
per la qual cosa egli mi impose ch’io ti stregnesse quanto
m’è possibile per sua parte, et anco di don Jacomo e di
tutti gl’altri, che rimossa ogni cagione, tu prenda fadiga
nel venire infino qui al monasterio. E io così ti prego
quanto posso ora attualmente. Perdonami se forse quasi
come suole fare Malatasca, pare ch’io cerchi di trarti di
cella; ma l’obbedienzia me ne scusi. Non mi pare dubbi-
tare che tu non ricalcitrarai a questa obbedienzia, non
leggiermente deliberata; però che non è senza gran ca-
gione. Viene adunque, viene senza indugio. Altro non
dico.
XXVIII
1384 (?)
MATTEO RESTORE DI S. MARIA
DI MISERICORDIA AL PAGLIARESI
XXIX
1383-1393
FR. TOMMASO CAFFARINI AL PAGLIARESI
XXX
1383-1393
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXXI
1383-1393
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXXII
1389 (?)
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
Jesus.
XXXIII
1391
IL MEDESIMO A MATTEO RETTORE
DI S. MARIA DI MISERICORDIA
XXXIV
1391 (?)
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXXV
1392
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
Carissimo fratello,.
Pare per la tua lettera scritta die Purificationis, che tu
sia megliorato de l’accidente di quella alienazione ecc. et
eziandio de l’altro. Domanda il Salmista: Pone Domine
custodiam ori meo et ostium circumstantie labiis meis.
SED TU CUM INDISCRETO SILENTIO TUO, VI-
DEBARIS POSUISSE PARIETEM, SED DEO GRA-
TIAS P0STQUAM CONVALUISTI. Ebbi la lettera del
priore di Maggiano a non mi pare che sopra ’l fatto ch’io
scrissi a te e lui, egli senta come scrivi del vicario, che di-
ce che io non dicevo bene. È piaciuto a Dio di provede-
re per altro modo; ma sappi che ’l motivo non fu mio ma
di più savi e valenti uomini ecc. Doppo molto tempo mi
scrivi di più nostri carissimi passati; maravigliomi de la
tua negligenzia, e massimamente scrivendo per altro, co-
me tacevi questo? Grande compassione ò a Caterina. Io
le scrivo, ma quando ti viene fatto confortarla in Cristo
per mia parte, a di’ che la Santa Mamma ci aspetta e
chiama sì che caminiamo velocemente, lassando e’ morti
sepellire a’ morti e noi seguitiamo con virtù Jesu Cristo
crocifisso. Conforta eziandio le Murla (sic) et cui altre ti
pare, et maxime quos nominasti, come se particular-
mente di tutti scrivesse, e racomandami a l’orazioni loro.
Per la grazia di Dio credo la settimana doppo pasqua
partirmi per andare al Capitolo. Dominus dirigat iter
nostrum, e tu nel prega. Altro per grande fretta non scri-
vo per ora. Racomandami a’ padri di quelli nostri mona-
sterii, ma singularmente conforta frate Guido e frate Ba-
stiano. Avarei mandato già molto tempo a Don
XXXVI
1392
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXXVII
1391 (?)
FRA TOMMASO CAFFARINI AL PAGLIARESI
XXXVIII
1392
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XXXIX
1392
DON GIOVANNI PRIORE DELLA CERTOSA DI
LUCCA AL PAGLIARESI
Salutem et pacem.
XL
1392-1393
FR. FRANCESCO MALAVOLTI AL PAGLIARESI
XLI
1392 (?)
FR. RAIMONDO DA CAPUA AL PAGLIARESI
ED A GABRIELE PICCOLOMINI
XLII
dopo il 1396
STEFANO MACONI AL PAGLIARESI
Carissimo fratello.
A questi dì rispondendo a la tua lettera ti riscrissi as-
sai pienamente, e nella tua lettera inchiusi la lettera di-
rizzata al Priore di Pontignano, ecc. E questa lettera ti
mandai per frate Niccolò da Siena o vero dal Cotono de’
frati di santo Francesco conventuale di Siena, el quale
recto tramite venne a me, e per lui ti mandai quella scrit-
tura di santo Ieronimo; si che, se non ti fusse venuto a
visitare come mi promisse quando è tornato visita lui,
ecc. Altro per lo presente non posso scrivere per grande
brevità di tempo perchè ora el Priore di Pavia et io do-
viamo cavalcare un poco.
Prega Dio per me, e racomandami, et in Cristo
conforta tutte quelle persone delle quali singularmente
mi scrivesti Dio ci dia grazia di fare sempre la sua
volntà.
Data al nuovo Monastero di Pavia, ecc. a dì 5 di set-
tembre, per lo tuo fratello, ecc.
XLIII
1398
FRA TOMNNASO CAFFARINI AL MACONI
XLIV
1398
IL MEDESIMO AL PAGLIARESI
XLV
FRANCESCO MONTANINI A BUONACCORSO
XLVI
1406
LUCA DI BENVENUTO DA MONISTERO
A SER IACOMO
Ave Maria.