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VIRGILIO

Ecloga III

(Traduzione di Fabia Zanasi)


Menalca
Dimmi Dameta, a chi appartiene il gregge? Forse a Melibeo?

Dameta
No, è di Egone; poco fa me l’ha affidato.

Menalca
Povere bestie, povero gregge! Mentre Egone vezzeggia Neera e teme
che ella mi preferisca a lui, qui un guardiano estraneo munge
le pecore due volte in un’ora e toglie sostanza all’animale
e latte agli agnelli.

Dameta
Ricordati tuttavia di avere un tono più moderato
nel biasimare le persone. Sappiamo bene, sotto gli sguardi
torvi dei caproni, e in quale sacello (ma benigne risero le ninfe) chi ti..

Menalca
Credo, certo, quando mi videro tagliare gli arbusti
di Micone e le nuove viti con la cattiva falce.

Dameta
Oppure qui, presso i vecchi faggi, quando spezzasti l’arco
E le frecce di Dafni, perché tu, malvagio Menalca,
ti dolevi vedendole donate al fanciullo e saresti morto,
se non gli avessi nociuto in qualche modo.

Menalca
Che cosa dovrebbero fare i padroni, giacché i furfanti
si spingono a tanto (a tal punto)? Forse non ti ho visto, furfante
catturare di frodo il capro di Danone?
E mentre urlavo: “del caso dove se ne fugge quello?
Titiro, conserva il gregge!, tu ti nascondevi tra le canne.

Dameta
Vinto nel canto non avrebbe dovuto darmi il caprone
che la mia zampogna aveva meritato con i carmi?
Se lo ignori, quel capro mi spettava, e lo ammetteva
lo stesso Damone ma rifiutava di potermelo rendere.

Menalca
Cantando tu l’hai vinto? Ma quando mai hai
posseduto una zampogna legata con la cera?
Non eri solito, zoticone, rovinare (aspergere), con uno zufolo
Sgraziato una povera canzone nei trivi?

Dameta
Vuoi allora che intrecciamo (?) (ingaggiamo) una gara qualsiasi a vedere quanto valga ciascuno?
Scommetto questa vitella, purché non rifiuti, che la si munge due volte e che allatta due vitellini-
Ma dimmi tu con quale pegno vuoi gareggiare con me?

Menalca
Non potrei scommettere con te nessun capo del gregge.
Infatti ho a casa il padre e una perfida matrigna:
entrambi contano due volte al giorno le pecore e l’uno e l’altra persino i capretti.
Ma (poiché ti va di far pazzie), io scommetto con te ciò che tu riconoscerai valere assai
Di più: una tazza di faggio intagliata a rilievo dall’abile scalpello del divino Alcidamante.
Una molle (lenta, flessuosa) vite adorna, corimbi pendenti dalla verde (pallente) edera;
al centro due immagini: Conone e… chi fu l’altro?. Egli descrisse
con il radio tuto l’universo alle genti, quale momento sia opportuno per il mietitore e quale convenga al
curvo aratore. Non vi ho ancora impresso le labbra, ma le conservo intatte.

Dameta
Anche per me lo stesso Alcimedonte ha eseguito due tazze
e intorno alle anse avvolse il molle acanto
e al centro effigiò Orfeo e le selve che lo accompagnano; non vi ho ancora impresso le labbra, ma le
conservo intatte. Se tuttavia consideri la vitella, non hai di che lodare le tazze.

Menalca
Oggi non scapperai affatto: verrò dovunque mi chiamerai.
Purché ci oda… oh ecco Palemone che arriva.
Farò in modo che non sfiderai mai più nessuno nel canto.

Dameta
Forza, se puoi! Non indugerò, né sfuggo alcuno:
soltanto, vicino Palemone ricevi nell’intimo i nostri
canti, non è in palio una piccola cosa.

Palemone
Cantate, mentre siamo seduti sull’erba molle:
ora germoglia ogni prato e ogni albero s’ingemma,
ora si rivestono di fronde le selve, ora la stagione è splendida.
Comincia Da meta, poi tu, Menalca, continua.
Canterete alternati, le Camene amano i canti alternati.

Dameta
Muse, si inizi da Giove; ogni cosa è ricca di Giove;
egli custodisce la terre, i miei carmi son nella sua custodia.

Menalca
E Apollo mi ama; da parte mia ci son sempre doni per Apollo, gli allori e il Giacinto soavemente rosso.

Dameta
Galatea mi colpisce con un pomo, scherzosa fanciulla
E fugge tra i salici, ma prima desidera essere vista.

Menalca
Invece a me si offre spontaneamente la mia fiamma,
Aminta, ed egli è più noto tra i cani di quanto non lo sia Diana.

Dameta
Per la mia Venere son preparati i doni, infatti io stesso ho
segnato il luogo dove le mie colombe han preparato il nido.

Menalca
Io feci ciò che potei, inviai al fanciullo dieci
pomi d’oro raccolti da un albero silvestre:
domani ne invierò altri dieci.

Dameta
Ah quante volte e di quali dolcezze mi narrò Galatea!
Recatene una parte almeno, o venti, agli occhi degli dei!

Menalca
Che giova che tu stesso nell’animo non mi disprezzi, o Aminta,
se mentre tu cacci (insegui) i cinghiali io sorveglio la rete?

Dameta
Manda Fillide da me: è il mio compleanno, Iolla:
quando sacrificherò una vitella per un buon raccolto, anche tu verrai.

Menalca
Fillide amo innanzi a tutte: infatti, poiché partivo, pianse
E di lontano “Addio, addio –disse- magnifico Iolla.

Dameta
Triste cosa il lupo presso la stalla, le piogge per le messi mature, i venti per gli alberi, le ire di Amarillide
per noi.

Menalca
Dolce l’umidità (il terreno umido) per i seminati, il corbezzolo per i capretti divezzati.,
il salice flessuoso per la gravida pecora, per me soltanto Aminta.

Dameta
Pollione, sebbene sia rustica (campagnola), ama la nostra Musa,
oh Pieridi, per il vostro lettore, pascete una vitella.

Menalca
Anche Pollione compone nuovi carmi: pascete un toro,
che già s’avventi col corno e sollevi con gli zoccoli l’arena.

Dameta
Chi ti ama, Pollione, s’elevi laddove gioisce di vedere te;
i mieli scorrano per lui e l’aspro rovo gli procuri l’amaro.
Menalca
Chi non odia Bavio, ami i tuoi carmi, o Mevio,
e aggioghi le volpi e munga i caproni.

Dameta
Voi che raccogliete fiori e fragole dalla terra nascenti,
o fanciulli, fuggite da qui: un freddo serpente si cela nell’erba.

Menalca
Attente, pecorelle, non avanzate troppo, non ci si fida
della riva, lo stesso ariete ancora asciuga il suo vello.

Dameta
Tititro, allontana dal fiume le capre che pascolano,
io stesso, quando sarà tempo, le laverò tutte nella sorgente.

Menalca
Radunate le pecore, ragazzi, se il caldo avrà rappreso il latte,
come poc’anzi, invano pigeremo con le palme le poppe.

Dameta
Ahimè, com’è magro il mio toro tra il pingue ervo!
L’amore è esiziale al pastore, ma anche alle sue pecore.

Menalca
Certamente –ma non è colpa dell’amore- (se) stanno a stento attaccate a queste ossa:
non so quale malocchio mi affascini i teneri agnelli.

Dameta
Dimmi, in quali terre –e sarai per me il grande Apollo-
Lo spazio del cielo non sia più di tre cubiti.

Menalca
Dimmi, in quali terre nascono i fiori impressi
Con i nomi di re e soltanto tu avrai Fillide.

Palemone
Non sono in grado di appianare la contesa tra voi.
E tu sei degno della vitella e anche questi, e chiunque temerà
i dolci amori oppure ne proverà le amarezze.
Ragazzi, ormai chiudete i ruscelli: i prati han bevuto abbastanza.

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