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PLAUTO

Aulularia, Prologo

L’intreccio

L’antefatto della vicenda è narrato dal Lare familiare;


Euclione, l’avaro in questione, ha rinvenuto nella sua proprietà una
pentola d'oro, sotterrata dal nonno. Il rinvenimento è stato reso
possibile per volontà dello stesso Lare, desideroso di favorire il
matrimonio di Fedria, figlia di Euclione e unica esponente della
famiglia a rendere onore e devozione al dio. Durante le feste
notturne La ragazza è stata violentata da Licoride, nipote di
Megadoro. Per volontà del Lare lo zio del seduttore è indotto a
chiedere in sposa la ragazza. Megadoro è disposto ad assumersi tutte
le spese per la celebrazione del matrimonio inviando i cuochi a casa
di Euclione. Sospettoso per la presenza di estranei e temendo il
trafugamento della pentola, l'avaro decide di trasferire il suo
prezioso bene nel tempio della Fede. Un servo di Licoride, di
nascosto, sorprende Euclione proprio nel momento della sua
invocazione alla dea, affinché il tesoro sia preservato. Trafugato il
tesoro, il servo sarà costretto da Licoride a restituirlo al legittimo
proprietario.

La vicenda doveva avere un positivo scioglimento, con il


matrimonio tra i due giovani e la generosa elargizione del tesoro
recuperato ai novelli sposi, benché la conclusione del V atto, non
pervenuta nell’originale plautino, sia stata integrata da Antonio
Urceo Codro (1446-1500).
PLAUTO

Ne quis miretur qui sim, paucis eloquar.


ego Lar sum familiaris ex hac familia
unde exeuntem me aspexistis. hanc domum
iam multos annos est cum possideo et colo
patri avoque iam huius qui nunc hic habet. 5
Sed mi avos huius obsecrans concredidit
thensaurum auri clam omnis: in medio foco
defodit, venerans me ut id servarem sibi.
is quoniam moritur -- ita avido ingenio fuit--
numquam indicare id filio voluit suo, 10
inopemque optavit potius eum relinquere,
quam eum thensaurum commonstraret filio;
agri reliquit ei non magnum modum,
quo cum labore magno et misere viveret.
Ubi is obiit mortem qui mihi id aurum credidit, 15
coepi observare, ecqui maiorem filius
mihi honorem haberet quam eius habuisset pater.
Atque ille vero minus minusque impendio
curare minusque me impertire honoribus.
item a me contra factum est, nam item obiit diem. 20
is ex se hunc reliquit qui hic nunc habitat filium
pariter moratum ut pater avosque huius fuit.
Huic filia una est. ea mihi cottidie
aut ture aut vino aut aliqui semper supplicat,
dat mihi coronas. eius honoris gratia 25
feci, thensaurum ut hic reperiret Euclio,
quo illam facilius nuptum, si vellet, daret.
Nam eam compressit de summo adulescens loco.
is scit adulescens quae sit quam compresserit,
illa illum nescit, neque compressam autem pater. 30
Eam ego hodie faciam ut hic senex de proxumo
sibi uxorem poscat. id ea faciam gratia,
quo ille eam facilius ducat qui compresserat.
et hic qui poscet eam sibi uxorem senex,
is adulescentis illius est avonculus, 35
Aulularia, Prologo

Perché nessun si meravigli, in due parole vi dirò chi sono.


Io sono il Lare familiare della casa da cui m’ avete visto uscire.
Perché nessun si meravigli, in due parole vi dirò chi sono.
Io sono il Lare familiare della casa da cui m’ avete visto uscire.
Già son tant’anni che posseggo questa casa e la proteggo per il
padre e prima per il nonno dell’attuale proprietario.
E proprio il nonno di costui mi affidò supplicando, e in gran
segreto, un tesoro di monete d’oro: lo sotterrò in mezzo al
focolare, pregando che glielo custodissi.
Quando venne a morte non volle mai dire a suo figlio (tanto era
d’indole avaro) dove si trovava e preferì lasciarlo senza mezzi
piuttosto che mostrargli quel tesoro.
Difatti gli lasciò solo un pezzetto di terra, che gli consentisse di
vivere appena e con gran fatica.
Quando colui che mi aveva affidato l’oro morì, presi ad
osservare se il figlio mi considerasse più del padre.
Ma questi, a dire il vero, non spendeva nemmeno un quattrino
in sacrifici e men che mai mi rendeva onore.
Perciò come si comportò lui verso di me, mi comportai io verso
di lui; e anch’egli è morto povero com’era vissuto.
Lasciò erede il figlio, che adesso abita la casa, ed è fatto della
stessa pasta del padre e di suo nonno.
Ha però una figlia, che mi offre corone di fiori e mi onora tutti i
giorni con incenso o con vino o qualcos’altro.
Grazie alla devozione di lei ho fatto in modo che Euclione
ritrovasse il tesoro, così che, volendo, possa dare sua figlia in
sposa con maggior successo.
Un giovane di nobile famiglia fu infatti colui che la sedusse.
Lui conosce la ragazza che ha sedotto, ma lei invece non sa
nulla di lui, come del resto il padre.
Oggi farò in modo che questo vecchio, che abita nei pressi, la
chieda in moglie.
E il vecchio che chiederà in sposa la ragazza è lo zio del
giovanotto che abusò nottetempo di lei, durante le feste di
Cerere. Ma ecco che il nostro vecchio avaro grida dentro casa,
PLAUTO

qui illam stupravit noctu, Cereris vigiliis.


Sed hic senex iam clamat intus ut solet.
anum foras extrudit, ne sit conscia.
credo aurum inspicere volt, ne subreptum siet.
Aulularia, Prologo

com’è suo costume, ha cacciato fuori di casa la vecchia serva,


perché non venga a sapere qualche cosa.
Credo, infatti, che voglia dare un’occhiata al suo tesoro, che
non gli sia stato rubato.

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