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PETRONIO 83.1-84.

83 Arrivo in una splendida pinacoteca piena di quadri di ogni tipo. Vedo infatti opere di
Zeusi non ancora intaccate dall'usura del tempo, e non senza un brivido sfioro degli
schizzi di Protogene che quanto a realismo gareggiavano con la natura stessa. Inoltre
contemplo di Apelle uno di quelli che i Greci chiamano monocnémi. I contorni delle umane
erano tratteggiati con una naturalezza e una precisione tali che si sarebbe potuto dire ci
fossero dipinte dentro anche le anime. Da una parte un'aquila rapiva Ganimede
trascinandolo in cielo, dall'altra l'ingenuo Ila respingeva una Naiade priva di ritegno, e
Apollo imprecava contro le sue mani colpevoli, mettendo sulla allentata lira un fiore
appena sbocciato. In mezzo a tutte quelle scene con al centro l'amore, salto su a dire,
come se fossi stato da solo in pieno deserto: «Ma allora l'amore colpisce anche gli dèi!
Siccome Giove non trovava in cielo quel che gli andava a genio, se n'è sceso a peccare
sulla terra, senza però far dei torti a nessuno. La ninfa che rapì Ila avrebbe frenato la
propria febbre d'amore, se solo avesse saputo che Eracle sarebbe venuto a lamentarsi da
lei. Apollo fa rivivere in un fiore l'ombra del suo diletto. Anche tutti gli altri miti del passato
raccontano storie di amori non corrisposti. Io, invece, mi sono andato a mettere con un
socio più crudele di Licurgo».Mentre son lì che me la prendo con l'aria, entra nella
pinacoteca un vecchio coi capelli tutti bianchi, la faccia tirata, e che sembrava promettere
chissà cosa, anche se i suoi vestiti non erano proprio eleganti, che si capiva benissimo era
uno di quegli intellettuali che ai ricchi di solito non gli vanno giù. Il tipo si viene a fermare
accanto a me.*«Sono un poeta» mi dice, «e nemmeno, come mi auguro, da buttar via, per
lo meno se si deve credere ai premi letterari, che adesso c'è il vizio di darli anche a cani e
porci. "Ma allora" tu mi potresti chiedere "perché vai in giro vestito a quel modo?". Ma
proprio per questo: la passione per la cultura non ha mai reso ricco nessuno.
Chi al mare s'affida, di guadagni si riempie;chi corre dietro guerre e
battaglie, d'oro si cinge;il vile adulatore se ne sta sdraiato ubriaco
sulla porpora,e chi attenta alle spose, trae profitto peccando.I retori
solo tremano in poveri panni,e con voce debole invocano le arti
abbandonate.
84 È senz'altro così: se uno, nemico di tutti i vizi, si mette a seguire la retta via, lo
guardano subito male proprio per questa sua differenza di mentalità, perché non piace a
nessuno la gente che non pensa come lui. E poi, coloro che badano solo a fare soldi a
palate, pretendono che al mondo non ci sia niente di più prezioso di quello che
possiedono. E così perseguitano in tutti i modi possibili gli amanti delle lettere, perché
anche quelli diano l'impressione di essere inferiori al denaro.
PETRONIO 44

44 Dopo la tirata di Filerote, interviene Ganimede: «Questa è roba che non sta né in cielo
né in terra, e nel mentre nessuno ci pensa ai morsi della carestia. Oggi, maledetta miseria,
non sono riuscito a trovare un tozzo di pane. E la siccità non vuole mica finirla! E intanto è
da un anno che c'è la fame. Gli venisse un colpo agli edili, che fanno le combines coi
fornai: "Aiuta me che aiuto te" dicono, mentre la povera gente tira la cinghia e per quelle
canaglie è sempre carnevale. Ah, se ci fossero ancora quei duri che ho trovato qui la
prima volta che son venuto dall'Asia! Quello sì che era vivere. Se il grano della Sicilia non
valeva un fico secco, a 'sti pezzi di galera quelli là gliene davano un sacco e una sporta,
che sembrava venisse giù il cielo. Me ne ricordo uno, Safinio: quand'ero ancora un
ragazzino, lui stava dalle parti dell'Arco Vecchio. Era un demonio, non un uomo. Dove
passava lui, faceva terra bruciata. Ma era onesto, leale, amico con gli amici, potevi
giocarci alla morra anche al buio. E in Senato poi, come se li rigirava tutti, dal primo
all'ultimo, e come parlava chiaro, senza fare tanti giri di parole. Nel foro, poi, quando
aveva la parola lui, era come sentire una tromba. E mai una goccia di sudore o uno sputo:
aveva un non so che di asiatico. E con che gentilezza ti salutava, ricordandosi il nome di
tutti, come se fosse uno di noi! Così a quei tempi la roba costava una miseria. Comprando
un soldo di pane, non si riusciva mica a finirlo in due. Adesso ti danno dei panini che un
occhio di bue è più grosso! Poveri noi, ogni giorno che passa è sempre peggio. Questo
paese cresce in senso contrario, come la coda di un vitello. Ma come volete che vada se
abbiamo un edile che non vale un fico secco, e che darebbe la nostra vita in cambio di una
lira? A casa sua se la spassa, e guadagna più lui in un giorno che il resto della gente in
tutta la vita. Io lo so benissimo come ha fatto ad arraffare mille denari d'oro. Se solo noi
avessimo le palle, quello lì non se la spasserebbe tanto. Il fatto è che a casa siamo tutti
leoni, mentre fuori diventiamo pecore. Per quel che mi riguarda, ho già venduto gli stracci
che avevo e, se continua la carestia, finisce che mi dò via anche la baracca. Come volete
che vada a finire, se gli dèi e gli uomini continuano a fregarsene di questo paese? Mi
scommetterei i figli che tutto questo ce lo mandano gli dèi. Nessuno più crede che il cielo
sia il cielo, nessuno più rispetta il digiuno, tutti se ne infischiano del padreterno, e sanno
solo sgranare gli occhi per contare la roba che hanno. Una volta le signore bene salivano
scalze in Campidoglio, coi capelli sciolti e il cuore puro, e imploravano Giove che facesse
piovere. Subito veniva giù a catinelle. Ora o mai, e tutti ridevano, fradici come sorci. Oggi
invece gli dèi sono imbestialiti perché non c'è più religione. E intanto i campi se ne vanno
in malora...».

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