Sei sulla pagina 1di 8

PRESOFISTI O PRESOCRATICI:

Prima della riflessione filosofica sull’uomo, eseguita dai sofisti e dal filosofo Socrate, si sono susseguiti
diversi filosofi, detti presocratici e presofisti, che si concentrarono sulla scoperta del principio unitario del
mondo, in modo più specifico sul problema della natura, da qui naturalisti, e della realtà esistente e
furono:

 Fisici (in greco physis, fisici) ionici di Mileto, quali Talete, Anassimandro ed Anassimene;
 Eraclitei, con Eraclito e seguaci;
 Pitagorici, con Pitagora e seguaci;
 Eleati, con Parmenide e seguaci;
 Fisici posteriori e pluralisti, quali Empedocle, Anassagora e Democrito.
SCUOLA IONICA DI MILETO:
Nel 6 secolo a.C. si sviluppò una fiorente civiltà, che ebbe i suoi centri più importanti nelle colonie greche
della Ionia, quali Mileto, Efeso, Colofone, Clazomene, Samo e Chio, dove abitarono molti mercanti che,
avendo una flotta mercantile, ebbero la possibilità di avere diversi confronti culturali. Alcuni pensatori
iniziarono ad avere così diverse riflessioni filosofiche focalizzandosi sulla realtà che li circondava.
Secondo alcuni pensatori, Talete, Anassimandro ed Anassimene, esiste un’unica realtà eterna che perdura
oltre le cose che esistono, denominata “Arché”, che significa principio, e consente di spiegare l’origine e le
manifestazioni di tutta la natura e della realtà esistente, indica l’elemento da cui tutto ha preso origine,
l’elemento in virtù dal quale tutto si mantiene in vita, la forza che genera e anima le cose e la legge che
spiega sia la nascita che la morte delle cose.
Da ciò il monismo, l’ilozoismo e il panteismo che caratterizza questi filosofi:

 Ilozoismo (dal greco hyle, materia, e zoon, vivente), indica che la materia è animata perché
caratterizzata da una forza intrinseca che le consente di muoversi;
 Panteismo (dal greco pan, tutto, e theos, Dio), indica che il principio eterno del mondo è
identificato con la divinità;
 Monismo (dal greco monos, unico), indica che il principio che spiega la nascita e la morte delle cose
è unico.

FISICI IONICI DELLA SCUOLA DI MILETO:


TALETE:
Talete di Mileto, vissuto tra il 7 e il 6 secolo a.C., è considerato il fondatore della scuola ionica di Mileto.
Talete fu un:

 Politico;
 Matematico, infatti scoprì diversi teoremi di geometria;
 Fisico, infatti scoprì le proprietà del magnete;
 Astronomo, infatti ipotizzò il terrapiattismo della Terra, la quale si troverebbe sopra l’acqua, e
predisse l’eclissi solare del 585 a.C.
La sua dottrina ci è giunta grazie ad Aristotele, in quanto non ci sono pervenuti nessuna sua opera o
frammento. Secondo Talete, il principio della realtà è l’acqua, intesa come sostanza che sta sotto la Terra,
sostenendola, e basandosi sul fatto che dove ci fosse vita, ci fosse acqua, ipotizzando inoltre che, dato che
le cose per vivere necessitano di acqua, tutte le cose fossero fatte di acqua. Ebbe così una visione
panteistica e ilozoistica delle cose.
ANASSIMANDRO:
Anassimandro, discepolo di Talete, visse tra il 7 e il 6 secolo a.C. Anassimandro fu un:

 Politico;
 Astronomo, infatti ipotizzò la forma cilindrica della Terra, la quale fluttuerebbe nel mezzo del
mondo senza sostegno.
L’unica sua opera che ci è giunta è “Intorno alla natura”. Inoltre fu il primo ad usare il termine “Archè” ed il
primo cartografo della storia.
Secondo Anassimandro, il principio della realtà è l’Apeiron, che indica la materia primordiale caotica,
indefinita, infinita e indeterminata, dal quale tutte le cose, attraverso un processo di separazione dei
contrari, si sarebbero generate. Per mezzo di questa separazione, secondo lui, esistono infiniti mondi che
si succedono secondo un ciclo eterno. La nascita di ogni cosa avviene attraverso un processo di separazione
dalla sostanza infinita, detto processo di ingiustizia, in quanto, secondo Anassimandro, ogni nascita
equivale a una colpevole separazione dal tutto primigenio.
Anassimandro inoltre pensò che gli uomini non sono creature originarie della natura, ma sarebbero state
originate dai pesci, in quanto non erano in grado di sopravvivere da soli, e poi si sarebbero separati dai
pesci trasformandosi in uomini quando acquisirono la capacità di sopravvivere da soli.
ANASSIMENE:
Anassimene, probabilmente discepolo di Anassimandro, visse tra il 6 e il 5 secolo a.C. Secondo
Anassimene, il principio della realtà è l’aria (pneuma), intesa come forza infinita, in continuo movimento e
che anima il mondo. Infatti il suo frammento 2 recita: “Come l’anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il
soffio e l’aria circondano il mondo intero ”. L’aria determinerebbe la formazione di tutte le cose attraverso il
processo di rarefazione, attraverso il quale l’aria si trasforma in fuoco, e condensazione, attraverso il quale
l’aria si trasforma in vento, nuvola, acqua, terra e pietra.

PITAGORICI:
Pitagora, definito miticamente come un profeta-mago, nacque a Samo e visse tra il 6 e il 5 secolo a.C. Nel
532 a.C. si trasferì in Italia, dove fondò la sua scuola a Crotone, Taranto e Metaponto, che era anche
un’associazione politica e religiosa, una specie di setta, dove, oltre a praticare la scienza, si seguivano
alcune regole ascetiche, tra cui (Ipse Dixit, cioè “lo hai detto lui”) il divieto di modifica della dottrina di
Pitagora, in quanto egli era definito come il detentore di una sapienza divina, e la condivisione dei propri
beni. La scuola pitagorica, operando anche a livello politico, rappresentava una casta aristocratica di
grande potere, che, in seguito all’instaurazione della democrazia nelle città della Magna Grecia, finì per
dissolversi e le sedi delle scuole vennero incendiate.
Pitagora probabilmente non scrisse nulla, tranne la sua dottrina filosofica della metempsicosi, secondo cui
le anime degli uomini dopo la morte trasmigrano in corpi di altri uomini o di animali, ricollegandosi
all’orfismo, che considerava il corpo come la prigione dell’anima, la quale si poteva liberare, secondo
Pitagora, grazie alla filosofia, che esigeva la sapienza e la pratica di riti purificatori.
I pitagorici, furono i primi a trattare la matematica, che prende il suo nome proprio da loro, come una
disciplina scientifica, definendone gli elementi fondamentali, quali punto, quantità, linea, superficie, e i
suoi ambiti di applicazione ed eseguendo diverse intuizioni matematiche, tra cui il teorema che consente di
trovare l’ipotenusa di un triangolo rettangolo dai suoi cateti.
Secondo Pitagora, il principio della realtà è il numero, perché riconosce nel numero il principio di cui tutte
le cose sono costituite, come noi riconosciamo la costituzione di tutte le cose negli atomi. Il numero è
considerato dai pitagorici come un insieme di unità, ciascuna delle quali è identica al punto geometrico.
Per esempio, il numero 10, considerato il numero perfetto, era rappresentato come un triangolo equilatero
avente 4 punti per lato, costituendo la sacra figura della tetraktys.
Questo perché, per i pitagorici, aritmetica e geometria erano considerati come un’unica disciplina,
l’aritmo-geometria, in quanto ogni numero è una figura geometrica e viceversa, tuttavia successivamente
divisero le 2 discipline, in seguito alla scoperta dei numeri irrazionali, dette grandezze incommensurabili.
Tutto, secondo i pitagorici, è misurabile grazie ai numeri, il cosmo rivela un ordinamento esprimibile e
misurabile in numeri, nel quale sono riconoscibili il carattere che fa della natura qualcosa di oggettivo e
reale e la sua armonia.
Importante deduzione al numero come principio di tutto fu la musica. Pitagora comprese il nesso tra
musica, matematica e geometria con l’armonia musicale, ovvero la contemporanea esecuzione di suoni
diversi in un ordine determinato, che può essere tradotto per i pitagorici in forma di rapporti matematici,
(e che scoprì in seguito alla visione del lavoro di un fabbro che picchiava il martello sull’incudine), presente
anche, secondo i pitagorici, nel movimento degli astri (armonia delle sfere), i quali produrrebbero una
melodia, che ci accorgeremmo esistente, solo nel momento in cui si fermerebbe.
L’armonia (dal greco harmonìa, accordo, giusta mescolanza), per i pitagorici, era la giusta proporzione fra
gli opposti, configurandosi come la loro superiore conciliazione. Per il pitagorico Filolao, l’armonia era la
cosa più bella, definendola come “La concordanza delle discordanze”. Secondo i pitagorici, l’universo è
armonico in quanto costituito da tante parti numericamente ordinate, poste quindi nel giusto rapporto le
une con le altre, ed è teatro di una lotta tra gli opposti, in modo più specifico tra ordine e caos, che
produce armonia.
 (Numero-cose reali-realtà numericamente ordinata-armonia-lotta tra opposti)
Le opposizioni tra le cose sfociano in opposizioni tra numeri, ovvero tra:

 Pari, un’entità illimitata e indeterminata, che i pitagorici associavano a qualcosa di difettoso e


quindi il principio passivo delle cose;
 Dispari, un’entità limitata, che i pitagorici associavano a qualcosa di perfetto e quindi il principio
attivo e determinante delle cose.
L’illimitato e il limitato ha portato il pitagorismo ad una forma di dualismo, basata su 10 opposizioni
fondamentali, come limitato-illimitato, bene-male, maschio-femmina, dispari-pari, destra-sinistra,
quadrato-rettangolo. Nel mondo tutti gli opposti erano conciliati da un principio di armonia universale,
costituito dai perfetti rapporti matematici esistenti tra i suoni degli accordi musicali.
Ai pitagorici si devono anche intuizioni in campo astronomico, con la teoria sferica dei corpi celesti, la
presenza di 10 pianeti nel sistema solare, tra cui il Sole, la Luna e l’Anti-Terra, ipotizzata da Filolao per
arrivare al 10, e la loro rotazione intorno ad un fuoco centrale.
In ambito antropologico, con la concezione dualistica dell’uomo, diviso tra corpo e anima, quest’ultima
descritta come una risultante della composizione armonica degli elementi che formano il corpo stesso.
In ambito etico, con il collegamento del concetto di giustizia ai numeri 4 e 9, ovvero 2 numeri quadrati,
poiché questo concetto consiste nel remunerare (rendere, ricompensare) meriti uguali con uguali
compensi e colpe uguali con uguali pene.

ERACLITO:
Eraclito, vissuto tra il VI e il V secolo a.C. nella colonia ionica di Efeso, fu probabilmente un aristocratico per
la sua filosofia che manifesta toni scontrosi ed enigmatici, per questo è anche denominato “filosofo
oscuro”, presenti nella sua opera in prosa “Intorno alla natura”, che ci è giunta sotto forma di frammenti.
La sua scontrosità è forse basata sull’esilio da parte dei cittadini di Efeso del suo amico Ermodoro, un
giurista il quale voleva dare nuove norme legislative alla città di Efeso.
Alla base del pensiero eracliteo vi è la contrapposizione tra la filosofia, identificata con la conoscenza della
verità, basata sulla conoscenza del Logos, e la mentalità comune degli uomini, ritenuta fonte di errore.
Divise così gli uomini in 2 tipologie:

 Dormienti o i più, cioè la maggioranza degli uomini che vivevano in un sogno illusorio, incapaci di
comprendere le vere leggi del mondo che li circonda e presentando una mentalità mediocre;
 Svegli o i migliori; cioè i filosofi, che erano in grado di identificare la verità attraverso la filosofia,
che è lo strumento per arrivare alla verità.
Eraclito li distingue infatti nel frammento 29: “Rispetto a tutte le altre, una sola cosa preferiscono i migliori,
cioè la gloria immortale rispetto alle cose passeggere; i più invece pensano solo a saziarsi come bestie ”.
Alla base di questa contrapposizione, secondo alcuni studiosi, ci potrebbe essere la contrapposizione fra
popolo ed aristocratici, proponendo un’interpretazione globale di Eraclito come ideologo dell’aristocrazia e
in lotta con la democrazia.
Secondo altri, invece, è soltanto una contrapposizione fra la conoscenza dei filosofi e quella degli uomini
comuni.
Rispetto alla scuola ionica, Eraclito ebbe una concezione elitaria della filosofia e del sapere. Inoltre
secondo lui, il vero filosofo è:

 Colui che lascia il mondo delle idee comuni per riflettere sulla propria anima in un viaggio senza
fine, in quanto l’anima è infinita, alla ricerca della verità. Infatti il frammento 101 recita: “Io ho
indagato me stesso”, oppure il frammento 45 afferma: “Tu non troverai i confini dell’anima, per
quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua ragione”;
 Colui che ha una visione profonda del mondo;
 Colui che ha una visione complessiva sull’essere;
 Colui che sceglie il proprio stile di vita indipendentemente dagli altri uomini volgari.
Eraclito è conosciuto anche come il “filosofo del divenire”, con il concetto greco “Pànta Rèi” (tutto scorre),
che concepisce il mondo come un flusso perenne in cui tutto scorre, continua, in cui, come in un fiume, le
acque non sono mai le stesse, e quindi tutto è in continua trasformazione. La dottrina del “Pànta Rèi” si
basa quindi sull’incessante divenire della realtà. Per questo, secondo Eraclito, il principio della realtà è il
fuoco, un elemento che simboleggia la visione eraclitea del cosmo come energia in continua
trasformazione, con la sua fiamma, e che distrugge e crea tutto, spiegando la concezione eraclitea secondo
cui tutto proviene e ritorna al fuoco, secondo 2 processi:

 Via all’in giù, in cui la condensazione del fuoco diventa acqua e poi terra;
 Via all’in su, in cui la rarefazione della terra diventa acqua e poi fuoco.
Un’altra teoria eraclitea è la dottrina dell’unità dei contrari, secondo cui tutte le cose hanno senso di
esistere in virtù dell’esistenza dei loro opposti. Secondo Eraclito, l’universo è governato dalla legge segreta
del mondo, cioè la legge divina, eterna ed universale che regola tutto, definita con il termine Logos, cioè
ragione, (principio fisico che costituisce le cose) o fuoco (legge universale che governa le cose), che
presiede al continuo divenire dell’universo ed è basata sull’interdipendenza e sull’inscindibilità degli
opposti, che lottano tra loro ma dipendono l’uno dall’altro, regolando il ciclo della vita. Ciò venne definito
da Eraclito, in un suo frammento, come “L’uno vive la morte dell’altro, come l’altro muore la vita del
primo”. Eraclito ritenne così che l’armonia nel mondo risieda nel mantenimento del conflitto (polemos) tra
gli opposti. Nel frammento 8 egli scrive infatti: ”L’opposto concorde e dai discordi bellissima armonia.”.
La visione cosmologica di Eraclito sfociò nell’identificazione panteistica dell’universo con Dio, inteso come
unità di tutti i contrari, denominato infatti anche Dio-tutto, mutamento continuo e fuoco generatore.
Eraclito infatti scrive nel frammento 67: “La divinità è giorno-notte, inverno-estate, guerra-pace, sazietà-
fame. Ed essa muta come il fuoco”.
Inoltre, secondo Eraclito, la vita dell’universo è un eterno alternarsi tra produzione e distruzione, e il
mondo ritorna, dopo un certo periodo, al caos primitivo dal quale poi si genererà di nuovo per ricominciare
il suo corso sempre identico.
Eraclito ebbe però una visione semplificata della conoscenza, infatti credeva nell’affidabilità dell’esperienza
immediata e nella veridicità delle informazioni fornite dai sensi. Infatti egli preferisce “Le cose di cui c’è
vista, udito ed esperienza”, come scritto nel frammento 55.

ELEATI:
Gli Eleati, il cui nome deriva dalla colonia greca di Elea in Campania, oggi Velia, dove venne fondata la
scuola eleatica, indagarono sull’essere vero, unico, eterno e immutabile che si cela dietro la realtà che
appare ai nostri sensi. Le cose quindi, secondo gli eleati, sono così come la ragione le pensa secondo una
logica rigorosa.
SENOFANE:
Senofane di Colofone, vissuto tra il VI e il V secolo a.C., fu l’iniziatore dell’eleatismo. Scrisse diverse opere
in versi, nelle quali sono presenti riflessioni filosofiche e teologiche.
Senofane è conosciuto per la sua critica risoluta contro l’antropomorfismo religioso, affermando
l’esistenza di una sola divinità non somigliante agli esseri umani né per aspetto né per intelligenza,
identificandosi piuttosto con l’universo, essendo un Dio-tutto increato ed eterno, che quindi non muore e
non nasce, infatti se nascesse significherebbe che prima non era, ma ciò che non è non può nascere, né
può far nascere nulla. Egli scrive infatti nel frammento 14: “I mortali credono che gli dei siano nati e che
abbiano abito, linguaggio e aspetto come il loro”.
Secondo Senofane, la credenza umana delle divinità è stata incoraggiata da Omero ed Esiodo nelle loro
opere.
PARMENIDE:
Parmenide, vissuto tra il VI e il V secolo a.C., nacque ad Elea ed è il fondatore della scuola eleatica.
Probabilmente frequentò ambienti di tipo aristocratici, in quanto la sua filosofia è legata alla poesia e
manifesta toni ispirati oracolari, presenti nella sua opera in versi intitolata “Sulla natura” della quale ci
restano 154 versi.
Secondo Parmenide, l’uomo si trova davanti a 2 sentieri:

 Sentiero della verità (alétheia), basato sulla ragione, che porta a conoscere l’essere vero ed è il
sentiero imboccato dai filosofi;
 Sentiero dell’opinione (dòxa), basato sui sensi, che porta a conoscere l’essere apparente;
La ragione, secondo Parmenide, ci consente di capire una cosa:

 L’essere è e non può essere;


 Il non essere non è e non può essere;
(Quindi se una cosa è, non può non essere e se una cosa non è, non può essere.)
Parmenide intende affermare così che:

 L’essere può essere pensato ed espresso verbalmente perché esiste, quindi risulta esistente,
pensabile ed esprimibile;
 Il non essere non può essere pensato ed espresso verbalmente perché non esiste, quindi risulta
inesistente, impensabile ed inesprimibile.
Secondo lui quindi essere, pensiero e linguaggio sono strettamente connessi, infatti nel frammento 3
scrive: “È la stessa cosa pensare ed essere .”, o nel frammento 6 afferma: “È necessario il dire e il pensare
che l’essere sia: infatti l’essere è; il nulla non è.”.
L’essere e il non essere presuppone la validità di 2 principi:

 Principio d’identità, secondo il quale ogni cosa è se stessa;


 Principio di non-contraddizione, secondo il quale è impossibile che una stessa cosa sia e nello
stesso tempo non sia ciò che è;
Il termine essere, utilizzato da Parmenide, si trasforma da una voce verbale ad un sostantivo neutro che
allude ad un concetto astratto. Con Parmenide nacque così una branca della filosofia, l’ontologia, basata
sullo studio dell’essere nelle sue caratteristiche universali.

 Parmenide opposto eraclito, filosofo dell’essere (ontologia, onto essere) (metafisica) opera
filosofica versi, cioè poema “sulla natura”, di cui poco ci è rimasto, nel quale descrive che lui
imbocca 2 strade, una sul’essere, nel quale l’essere è, il non essere non è, una cosa è se possiamo
pensarlo (ragione) e possiamo parlarne.

Potrebbero piacerti anche