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Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA

-INFERNO
CANTO XXI – ANALISI, COMMENTO E PARAFRASI
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA
-INFERNO

Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017


CANTO XXI – ANALISI, COMMENTO E PARAFRASI

Canto XXI
Posizione VIII cerchio - Malebolge - (fraudolenti); 5ª bolgia
Peccatori Barattieri
Pena Sono tuffati nella pece bollente; vengono uncinati e
straziati dai diavoli se cercano di riemergere
Contrappasso Come in vita si invischiarono in affari oscuri
e truffaldini, così ora sono tuffati nella pece, e tormentati da
diavoli menzogneri come loro
Dante incontra I diavoli Malebranche; un anziano di Santa
Zita.

■ Sequenze narrative
► vv 1-21 QUINTA BOLGIA:  I BARATTIERI
Dal ponte sovrastante, Dante e Virgilio osservano la quinta bolgia, che appare
straordinariamente buia per la pece che vi ribolle, nella quale sono immersi i
barattieri, uomini che hanno disonestamente condotto pubblici uffici.
► vv 22-57 ARRIVO DI UN PECCATORE
Virgilio fa notare a Dante un diavolo nero che sta salendo di corsa sul ponte,
portando sulle spalle un peccatore. Giunto alla sommità della rupe, il diavolo
getta il dannato di sotto nella pece e raccomanda agli altri diavoli, i
Malebranche, di tenerlo a bada, mentre egli ritornerà a Lucca a prendere altri
barattieri. Riemerso, il peccatore viene immediatamente straziato dai diavoli coi
loro uncini.

► vv 58-87 VIRGILIO DISCUTE COI DIAVOLI


Virgilio consiglia a Dante di nascondersi dietro una roccia, mentre egli si
recherà a parlamentare coi diavoli. Questi gli si avventano contro, ma Virgilio li
ferma dicendo di voler parlare con uno di loro. Si fa avanti con arroganza
Malacoda ma, appena udite da Virgilio le ragioni della sua presenza, ordina agli
altri di rinunciare a ogni ostilità.

1
► vv 88-105 PAURA DI DANTE
Invitato da Virgilio a uscire dal proprio nascondiglio, Dante si avvicina, ma
viene subito minacciato dai diavoli, bloccati solo dall’autorità di Malacoda.
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► vv 106-126 MENZOGNE DI MALACODA


Questi avverte che, essendo crollato il ponte sulla sesta bolgia dopo la morte di
Cristo, sarà necessario camminare lungo l’argine per raggiungere quello
successivo, rimasto intatto; questa è però una menzogna, come i due poeti
scopriranno in seguito. Malacoda offre loro, una scorta di dieci diavoli, guidati
da Barbariccia.

► vv 127-139 PARTENZA SOTTO LA SCORTA DEI DIAVOLI


Dante, sospettoso, vorrebbe rinunciare all’offerta, ma Virgilio lo rassicura.
Barbariccia dà un osceno segnale di partenza (ed elli avea del cul fatto
trombetta) e la compagnia si incammina.

■ Temi e motivi
La «commedia» dei diavoli
Il canto XXI è strettamente saldato al successivo, con cui costituisce una
compatta unità narrativa, sia per l’ambiente, dominato dalla pece bollente e dai
diavoli, sia per continuità d’azione e per il linguaggio, decisamente abbassato al
registro «comico». Non a caso, il canto si apre con la parola comedìa (v. 2),
indicante il titolo del poema (in opposizione alla tragedìa di Virgilio, richiamata
pochi versi prima, in Inf. XX, 113), ma anche il particolare tono farsesco che
caratterizza l’episodio, e si chiude sul gesto scurrile di Barbariccia (v.139). Nella
pece sono puniti i barattieri (lasciati nell’anonimato in questo canto, mentre
verranno individualizzati in quello successivo), ossia di coloro che si resero
colpevoli di qualsiasi forma di corruzione in ambito pubblico. La città presa da
Dante come simbolo della baratteria è in questo canto Lucca, baluardo dei Neri
di Toscana, ma la condanna si estenderà nel canto successivo ad altre zone.
Forte rilievo – qui e ancor più nel canto successivo – viene dato ai diavoli. A
differenza di quelli incontrati in precedenza (Inf. VIII e XVIII), anonimi e
osservati in una dinamica corale, questi hanno invece una precisa
caratterizzazione individuale. Dante fissa infatti l’attenzione su un gruppo
ristretto, di cui descrive i gesti e indica i nomi, che risultano particolarmente
espressivi. Il loro aspetto feroce e la loro crudeltà, che pure terrorizzano
Dante, non sono tuttavia tali da conferire al canto un’atmosfera drammatica.
L’azione concitata di carnefici e vittime (che nel canto seguente finiranno tutti
invischiati nella pece), i rimproveri che si scambiano i diavoli, i loro gesti

2
grotteschi e i loro stessi nomi, il linguaggio colorito (ricco di paragoni
animaleschi e di espressioni gergali), le rime aspre, connotano piuttosto in senso
«comico» l’episodio; per questo alcuni considerano i canti XXI- XXII come una
sorta di intermezzo, una pausa di riposo collocata al centro di Malebolge,

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giustificata dalla natura meschina del peccato di baratteria.

L’aspetto autobiografico dell’episodio


Occorre d’altra parte considerare anche il rilievo autobiografico dell’episodio,
dato che proprio per baratteria era stato condannato Dante. Fondata o meno che
fosse, si trattava in ogni caso di un’accusa comunemente rivolta a qualsiasi
avversario politico e Dante infatti non la prende sul serio e ora intende appunto
metterla in ridicolo, rimarcando così, come già aveva fatto Brunetto Latini,
l’ingratitudine dei suoi concittadini, che ripagarono il suo giusto operato con
l’esilio. Dante-autore inscena così se stesso non solo come spettatore, ma anche
come attore, dipingendosi impaurito di fronte ai nemici (vv. 94-96) e ponendo-
si come vero antagonista dei diavoli, che, proprio come gli avversari terreni di
Dante, vorrebbero farne preda; il loro malvagio desiderio viene però frustrato
dallo stesso Malacoda, il cui orgoglio cade davanti al discorso di Virgilio. Resta
tuttavia il fatto che il maestro crederà ingenuamente alla menzogna di Malacoda
circa la via da seguire per raggiungere il ponte sulla sesta bolgia, l’unico che il
diavolo dice essere rimasto intatto. Dell’inganno il poeta latino si renderà conto
solo successivamente, quando apprenderà che in realtà tutti i ponti sulla bolgia
degli ipocriti sono crollati per il terremoto seguito alla morte di Cristo
(Inf. XXIII, 127 ss.): ulteriore segnale dei limiti della ragione rappresentata da
Virgilio.

► vv 1-21 I BARATTIERI

Così di ponte in ponte, altro parlando Così, parlando di cose diverse, che il mio
che la mia comedìa cantar non cura, poema non si preoccupa di registrare
venimmo; e tenavamo ’l colmo, quando 3 (cantar), passammo da un ponte a quello
successivo; ed eravamo sulla sua sommità,
quando
restammo per veder l’altra fessura
di Malebolge e li altri pianti vani; ci arrestammo (restammo) per guardare
l’altra bolgia di Malebolge e gli altri pianti
e vidila mirabilmente oscura. 6
inutili; e la vidi straordinariamente buia.
Quale ne l’arzanà de’ Viniziani Come, nell’arsenale dei Veneziani, in
bolle l’inverno la tenace pece inverno bolle la pece appiccicosa e
a rimpalmare i legni lor non sani, 9 consistente per poter nuovamente spalmare
le loro navi avariate,

ché navicar non ponno - in quella vece poiché , non possono navigare (essendo
chi fa suo legno novo e chi ristoppa inverno) – e invece (di navigare) c’è chi ripara

3
le coste a quel che più vïaggi fece; 12 la propria nave e chi con la stoppa tura le falle
nelle fiancate delle Imbarcazioni più usurate
chi ribatte da proda e chi da poppa; chi fissa le tavole a prua e chi a poppa;
alcuni fanno remi e altri riavvolgono i
altri fa remi e altri volge sarte;
cordami ; chi rappezza la vela minore
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chi terzeruolo e artimon rintoppa -: 15 (terzeruolo) e quella principale –:

così , non a causa del fuoco ma per artificio


tal, non per foco ma per divin’arte, divino, laggiù bolliva una pece densa, che
bollia là giuso una pegola spessa, rendeva appiccicose entrambe le pareti
che ’nviscava la ripa d’ogne parte. 18 della bolgia.

Io vedevo la pece, ma non distinguevo al


I’ vedea lei, ma non vedëa in essa suo interno null’altro che le bolle che il
mai che le bolle che ’l bollor levava, bollore faceva risalire,e (la vedeva)
e gonfiar tutta, e riseder compressa. 21 gonfiarsi tutta e riabbassarsi dopo lo
scoppio delle bolle.

Così di ponte in ponte. altro parlando / che la mia comedìa cantar non cura, /
venimmo..., attacca dunque il Poeta: e. anche se ci nasconde l’argomento della
conversazione, tiene a farci sapere che lui e il suo Virgilio discorrevano così
fitto, che arrivarono fino a metà del quinto ponte di Malebolge senza prestare
attenzione al cambiamento di scena. Poi, lissù, si fermarono per dare un’occhiata
alla fenditura della nuova bolgia e ai tormenti senza compenso di nuovi dannati.
La straordinaria nerezza del fossato impressiona il pellegrino. Il poeta
esemplifica con dovizia di dettagli analogici.
Come, d’inverno, nell’arsenale dei veneziani bolle la tenace pece che serve a
rispalmare le imbarcazioni avariate, dato che. d’inverno, non potendo prendere il
mare, tanto vale: uno rimette a nuovo la barca, un altro tura con la stoppa le
sconnessure aperte nel fasciarne dal gran viaggiare, e questo riinchioda la prua,
quello la poppa. e c’è chi fa remi e chi attorciglia la canapa per le sartie, chi
rattoppa il terzarolo, chi la vela di gabbia (e intanto la pece bolle e bolle)... così
bolliva a fondo bolgia — per divino artificio, senza fuoco — una pegola
spessa. che impiastrava completamente le pareti (dei due costoni della bolgia).
Quella superficie nera e lucida, che ora si gonfia ora si siede nel cavo delle
bolle, senza mostrare traccia d’altro che della propria ebollizione, invade il
campo percettivo del nostro pellegrino.

► vv 22-57 ARRIVO DI UN PECCATORE

Mentr’io là giù fisamente mirava, Mentre guardavo fissamente laggiù,


lo duca mio, dicendo "Guarda, guarda!", la mia guida, dicendo «Sta attento,sta attento!»,
mi trasse a sé del loco dov’io stava. 24 mi trasse a sé dal punto in cui io stavo.

Allora mi voltai come colui che desidera

4
Allor mi volsi come l’uom cui tarda vedere una cosa che gli conviene evitare e a cui la
di veder quel che li convien fuggire paura improvvisa toglie coraggio,
e cui paura sùbita sgagliarda, 27
che, pur cercando di vedere, non indugia ad
che, per veder, non indugia ’l partire:
e vidi dietro a noi un diavol nero allontanarsi: e dietro di noi vidi venire un diavolo

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correndo su per lo scoglio venire. 30 nero correndo su per il ponte di pietra.

Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero! Ahi come era feroce nello sguardo!
e quanto mi parea ne l’atto acerbo, e quanto mi sembrava crudele nell’atteggiamento,
con l’ali aperte e sovra i piè leggero! 33 con le ali aperte e tanto veloce

Un peccatore gravava con entrambe le anche il suo


L’omero suo, ch’era aguto e superbo, omero, che era appuntito e rilevato, e questi lo
carcava un peccator con ambo l’anche,
teneva stretto per i garretti.
e quei tenea de’ piè ghermito ’l nerbo. 36

E quando il duca suo se lo tira da un canto, dicendo “bada! bada!”, lui si gira
come chi non vede l’ora di constatare il pericolo cui deve sottrarsi, ma. sorpreso
e debilitato dalla paura, mentre mette a fuoco, scappa.
E che sarà mai’?
È un diavol nero, che rimonta di corsa il ponte. Che faccia feroce! Com’è
minaccioso quel suo correre con l’ali aperte e sovra i piè leggero! E come
volano radente gli endecasillabi! Sopra la spalla aguzza e prominente del
diavolo, un peccatore viaggia pontato sui glutei è artigliato per il tendine
d’Achille.
Fulmineo sketch da mattatoio.

Del nostro ponte disse: "O Malebranche, Dal ponte su cui noi ci trovavamo disse: «O
ecco un de li anzïan di Santa Zita! diavoli Malebranche, ecco uno degli anziani di
Mettetel sotto, ch'i' torno per anche 39 Santa Zita! Immergetelo nella pece, mentre io
ritorno per prenderne altri

a quella terra, che n’è ben fornita:


in terra di Lucca che ne è ben fornita: là
ogn’uom v’è barattier, fuor che Bonturo; ciascuno è barattiere, tranne Bonturo; per
del no, per li denar, vi si fa ita". 42 denaro ogni no là diventa sì (ita».
Lo gettò giù, e si voltò sul ponte di pietra;
Là giù ’l buttò, e per lo scoglio duro e mai un mastino sciolto
si volse; e mai non fu mastino sciolto fu più veloce ad inseguire un ladro.
con tanta fretta a seguitar lo furo. 45

Guadagnato l’apice del ponte, il diavolo si affaccia giù e urla: “Malebranche!


ecco un altro lucchese, per di più membro del Consiglio degli Anziani!
Cacciatelo sotto, ché io me ne torno subito a fare rifornimento in quella città lì,
che è una miniera. Tutti barattieri. a Lucca, tranne uno: Bonturo! No no, lui non
c’entra proprio, con questo viziaccio di cambiar le carte in tavola a scopo di
lucro...”.
Ciò detto. il diavolo scaraventa di sotto il suo barattiere quarto-di-bue, si gira, e

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via, come un mastino scatenato all’inseguimento d’un ladro, anzi peggio.
E come mai, questo diavolo-corriere ne sa tante su Lucca?

Ma. in primo luogo: chi sono questi Barattieri? che male hanno fatto?
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Il verbo barattare, con il suo sciame di baratto, baratta, baratteria,


barattiere, copre, fra Due e Trecento, un campo semantico molto ampio.
Appeso a un etimo lontano e controverso, dirama dal francese sulle lingue
romanze una ragnatela di significati che include l'agire, l'agitarsi, il
litigare, il darsi da fare, il fare affari, il negoziare, il trafficare, l'indebitarsi
ecc, ecc. Il senso di piccola permuta (quindi, di scambio sottobanco) del
nostro baratto è specializzazione assai più recente. Comunque, un che di
sordido e impresentabile contrassegna fin dal tardo Medioevo le
innumerevoli pratiche della baratteria, e accomuna in qualche modo sotto
la rubrica “barattiere” cittadini delle più disparate categorie.

Nell'uso corrente della Toscana di Dante. barattieri erano tutti i morti di


fame disposti a cavare soldi dalle prestazioni più degradanti: gli sbirri, per
esempio. i tirapiedi del boia. gli scalcagnati che seguivano gli eserciti in
campagna per seppellire cadaveri e carogne e procurare donne alla truppa,
ma anche i giocolieri di mezza tacca, i bancarellisti, i rigattieri. i bari da
piazza. gli sturacessi municipali... Dall'inizio del Duecento, peraltro, la
figura del re dei barattieri o rex ribaldorum ha in terra di Francia e
nell'alta Toscana dignità istituzionale, prerogative, bandiera e un
apprezzabile riscontro letterario.
Nel lessico giudiziario, viceversa. “baracteria” era il termine tecnico che
indicava i reati di peculato per distrazione, concussione, interesse privato
e, più in generale, ogni forma di corruzione attiva o passiva messa in atto
nella sfera pubblica.

Non stupirà, che l’avvicendamento spesso brutale dei partiti al potere


nell'Italia degli ultimi comuni fosse, altrettanto spesso, sanzionato da una
raffica di imputazioni per baratteria a carico dei magistrati del partito
spodestato. Esempio famosissimo: quello di Dante Alighieri, condannato
come barattiere nelle due sentenze podestarili del gennaio e del marzo
1302, per aver fra l’altro (non mancano addebiti secondari) «procurato che
fossero dati e spesi denari contro il Sommo Pontefice e Messer Carlo (di
Valois) per resistenza alla sua venuta, e contro lo stato pacifico della città
di Firenze».
Positivo, che Dante, di suo, perseguisse disinteressatamente gli intenti più
lodevoli; com’è positivo che l’applicazione retroattiva del
contestabilissimo principio secondo cui lo stato pacifico della città di
Firenze non poteva essere garantito se non dalle ingerenze di Bonifacio
VIII e del suo losco paciaro, inquini la dignità giuridica della sentenza.

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Ma. a lume di buonsenso, ti sembra possibile che un militante di Parte
Bianca, il quale. bene o male, aveva percorso tutta la carriera pubblica
fino al priorato,fosse completamente all’oscuro degli innumerevoli abusi e
soprusi praticati dai suoi compagni di partito nella gestione del Comune’?

Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017


Ci metteresti la mano sul fuoco?
Lui. di sicuro, Dante, ce la mise, ma non sappiamo quanto si scottasse.
Ora, avviato in pellegrinaggio iniziatico per l’ottimo cammino che
conduce alla contemplazione dell’Essere, ripensando la propria militanza
politica nel languido barbaglio lunare della ragione (se a questo accennava
Virgilio in chiusa del canto passato), è verosimile che accusi il
contraccolpo ovattato ma non troppo delle mortificazioni, delle rabbie,
delle paure che gli è costata. Tuttavia, il poeta monologante. investito del
suo mandato di profeta del presente. sa che non ha titoli morali né
strumenti conoscitivi per assumere la cronaca nell’escatologia chi si esime
dall’annusare e riannusare i fortori della cucina politica: né, a maggior
ragione, chi ci resta impegolato, soffriggendo vecchi rancori in vecchie
lagne.

Dunque. niente fiorentinaggini, stavolta! Per mettere in scena la Baratteria


trionfante, il tetro cabaret di Malebolge trasloca in provincia: dipinta sul
fondalino, ecco Lucca la Nera. Il diavolo-corriere con crassa ironia,
assegna la città alla tutela di santa Zita, una strenua domestica della zona,
cui gli angeli pare dessero una mano in cucina, e che di recente pare fosse
stata assunta nel regno dei cieli a furor di popolo. E ci rifà, encomiando
l’irreprensibilità d’un tizio, che notoriamente è il più barattiere di tutti.
Si tratta di Bonaventura Dati, detto Bonturo, d’estrazione vinattiere, il
quale coronerà la sua carriera di maneggione di strettissima osservanza
donatesca e papalina commerciando in sete e governando per tre anni la
sua città con altri due tangheri, inflessibile nell’odio contro Arrigo VII
imperatore e contro Pisa (cui rifiuterà la restituzione delle famose castella
cedute un quarto di secolo prima dal conte Ugolino, come avremo modo di
sapere) finché nel 1313 i pisani non legneranno i lucchesi, e lui, Bonturo,
scapperà a Firenze, dove tre anni dopo la morte di Dante fa testamento, e
dunque è ancora vivo.

Quel s’attuffò, e tornò sù convolto; Il dannato sprofondò e riemerse imbrattato di


ma i demon che del ponte avean coperchio, pece; ma i demoni che si trovavano sotto il ponte,
gridar: "Qui non ha loco il Santo Volto! 48 gridarono:«Qui non è esposto il Santo Volto!

qui si nuota altrimenti che nel Serchio! qui si nuota ben diversamente che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi, Perciò, se non vuoi (provare) i nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio". 51
non emergere dalla pece ».

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Poi l’addentar con più di cento raffi, Dopo che l’ebbero colpito con numerosi ferri
disser: "Coverto convien che qui balli, uncinati, dissero: «Qui è necessario che ti muovi
sì che, se puoi, nascosamente accaffi". 54 immerso nella pece , così che, se lo puoi, arraffi
di nascosto».
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Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli Allo stesso modo i cuochi fanno immergere ai
fanno attuffare in mezzo la caldaia loro sguatteri la carne nel pentolone con gli
la carne con li uncin, perché non galli. 57 uncini, affinché non venga a galla.

Tant’è: questa gran competenza in fatto di costumi e culti lucchesi non


sembra un’esclusiva del diavolo-corriere. Anche i demoni di servizio nella
bolgia, questi Malebranche (cioè, artigliacci”), che scopriamo appostati
sotto l’arco del ponte, conoscono bene la materia. E appena il magistrato
quarto-di-bue, colato a picco nella pece, torna a galla rivoltolandosi tutto
imbrattato, urlano: “Qui non usa l’ostensione del Santo Volto! Non si
sguazza, qui, come nel Serchio! Ragion per cui. se non gradisci le nostre
graffiate, farai bene a non sbucare più dalla pegola’.
Ciò detto, lo arpionano con più di cento uncini, sbeffeggiandolo: “Qui si
balla al coperto. Visto mai, che ti riesca di raspare ancora qualcosuccia di
nascosto?”.
E chi sembrano, questi Malebranche, nell’atto di arpionare il barattiere?
Non cuochi: il cuoco. nella divulgazione del basso Medioevo, è Satana,
Belzebù «un cogo. çoè Balçabù» (come détta Bonvesin de la Riva). Loro
sono i vassalli, gli sguatteri del cuoco, che, a comando, fanno attuffare in
mezzo alla caldaia la carne con gli uncini perché non galleggi.
Ma il fatto che siano sguatteri e comparse magari, come si è ben osservato
di recente, esemplati sui ridicoli diavolacci della tradizione giullaresca in
lingua d’oil non li rende più raccomandabili. ,

Sono proprio gentaccia. questi diavoli: sadici, sbracati, malfidati


(quanto bugiardi e scurrili e rissosi. apprezzeremo presto),
svolazzano nel fondo nero dell’ immaginazione popolare
digrignando denti e brandendo spiedi. Anche se, in fin dei conti,
esorcizzare l’orrore assoluto del buio e della morte eterna
popolandolo di spaventi senza mistero. di castighi descrivibili... Non
sono, in fin dei conti, la parodia del peccatore che ogni buon
cristiano teme di essere e spera di non essere del tutto?
Così son costretti a recitare in perpetuo, poveri diavoli, la farsa del
male trionfalmente sconfitto. Da comparse.

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► vv 58-87 VIRGILIO DISCUTE COI DIAVOLI

Lo buon maestro "Acciò che non si paia Virgilio mi disse: «Perché non si veda che
che tu ci sia", mi disse, "giù t’acquatta tu ci sei, acquattati giù dietro una
sporgenza di roccia che ti offra qualche

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dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia; 60
riparo ;

e per nulla offension che mi sia fatta, e non temere per qualsiasi offesa (che mi
non temer tu, ch’i’ ho le cose conte, venga fatta, dal momento che io so come
vanno le cose, poiché mi sono trovato
perch’altra volta fui a tal baratta". 63
anche un’altra volta in una simile contesa ».
Poscia passò di là dal co del ponte; Poi passò al di là dell’estremità del ponte;
e com’el giunse in su la ripa sesta, e appena giunse sull’argine tra la quinta e la
mestier li fu d’aver sicura fronte. 66 sesta bolgia,gli fu necessario aver l’aspetto
sicuro.

Con quel furore e con quella tempesta Con lo stesso furore e con lo stesso
ch’escono i cani a dosso al poverello frastuono con cui i cani si avventano sul
che di sùbito chiede ove s’arresta, 69 mendicante, che chiede l’elemosina nel
punto in cui si è immediatamente fermato ,

usciron quei di sotto al ponticello, uscirono i diavoli da sotto il ponticello,


e rivolsero tutti i propri uncini contro di
e volser contra lui tutt’i runcigli;
lui; ma egli gridò: «Nessuno di voi abbia
ma el gridò: "Nessun di voi sia fello! 72 cattive intenzioni !

Innanzi che l’uncin vostro mi pigli, Prima che i vostri uncini mi afferrino,
traggasi avante l’un di voi che m’oda, si faccia avanti uno di voi che mi ascolti,
e poi d’arruncigliarmi si consigli". 75 e poi si decida o meno se uncinarmi».

Tutti gridaron: "Vada Malacoda!"; Tutti gridarono: «Vada Malacoda!»; per cui
per ch’un si mosse - e li altri stetter fermi - uno di loro si mosse – mentre gli altri
rimasero fermi – e si recò da lui dicendo:
e venne a lui dicendo: "Che li approda?". 78
«A che cosa gli giova (parlare con me)?».
"Credi tu, Malacoda, qui vedermi «Malacoda», disse il mio maestro, «credi tu
esser venuto", disse ’l mio maestro, di vedermi essere venuto qui protetto da
"sicuro già da tutti vostri schermi, 81 tutti i vostri impedimenti,

sanza voler divino e fato destro? senza il volere divino e il favore della
Lascian’andar, ché nel cielo è voluto provvidenza ?
ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro". 84 Lasciaci andare, poiché vuole il Cielo che io
mostri a costui questo selvaggio cammino».
Allor li fu l’orgoglio sì caduto,
Allora l’orgoglio di colpo gli venne meno,
ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
che egli lasciò cadere ai piedi l’uncino, e
e disse a li altri: "Omai non sia feruto". 87 disse agli altri: «A questo punto non sia più
ferito».

Il buon maestro sussurra al discepolo: “Acquattati dietro uno scheggione di


roccia, che ti ripari un po’: così non si vede che ci sei, E qualsiasi sgarbo
mi facciano, tu non aver paura, che io son pratico di questa roba: non è la

9
prima volta che affronto risse del genere
Per inciso: che Virgilio qui alluda piuttosto alla sua precedente discesa in
fondo al pozzo, che non allo scacco patito per colpa dei diavoli sulle porte
di Dite, parrebbe ragionevole supporre. Fatto sta, che supera il capo del
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ponte e, guadagnato l’argine tra la quinta e la sesta bolgia, fa mostra di


tutta l’impassibilità richiesta dalle circostante. E quando, - con furore
dissennato con cui si avventano i cani sul poveretto che, terrorizzato, si
blocca e chiede l’elemosina lì dov’è - quei diavolacci sbucano di sotto al
ponticello, e gli puntano contro gli spiedi uncinati, Virgilio alza subito la
voce: “Non fate le carogne, voialtri! Prima che mi mettiate gli uncini
addosso, sarà bene che chi di dovere si faccia avanti e mi ascolti. Poi
deciderete se è il caso di arpionarmi, o no”.

I diavoli gridano in coro: Vada Malacoda!’, e si fermano dove sono,


mentre uno s’avanza borbottando: “E questo cosa spera di ottenere?”.
Il maestro non batte ciglio: “Pensi davvero, Malacoda, che io me ne starei
qui come mi vedi, senza preoccuparmi di tutti gli intralci che potreste
procurarmi, quanti siete. se non avessi dalla mia il voler divino e il buon
vento della provvidenza”? Dato che è nell’ intendimento dei ciel che io
mostri a costui quest’orrido percorso, lasciaci passare!”.
Qui, la iattanza del capodiavolo si affloscia di colpo, tanto che gli
casca l’uncino per terra, e dice alla truppa: “Stando così le cose,
non saltategli addosso!”.

► vv 88-105 PAURA DI DANTE

E ’l duca mio a me: "O tu che siedi E la mia guida: «Tu che stai acquattato
tra li scheggion del ponte quatto quatto, tra le rocce del ponte, puoi ormai ritornare
sicuramente omai a me ti riedi". 90 da me senza paura (sicuramente)».

Per cui io mi avviai e andai molto


Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
rapidamente da lui; e i diavoli si fecero
e i diavoli si fecer tutti avanti, tutti avanti, così che io ebbi paura che essi
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto; 93 non mantenessero il patto;

così vid’ïo già temer li fanti così io vidi già aver paura i soldati che
ch’uscivan patteggiati di Caprona, uscivano da Caprona dopo aver
veggendo sé tra nemici cotanti. 96 patteggiato la resa, vedendosi in mezzo a
tanti nemici.

I’ m’accostai con tutta la persona Mi accostai con tutto il corpo vicino alla
lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi mia guida, e non toglievo lo sguardo dal
loro atteggiamento, che era poco
da la sembianza lor ch’era non buona. 99
rassicurante.

10
Essi abbassavano gli uncini e «Vuoi che lo
Ei chinavan li raffi e "Vuo’ che ’l tocchi", colpisca sulla schiena?», si dicevano l’un
diceva l’un con l’altro, "in sul groppone?". l’altro. E rispondevano: «Sì, fa in modo di
E rispondien: "Sì, fa che gliel’accocchi". 102 assestargli un colpo».

Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017


Ma quel diavolo che trattava con la mia
Ma quel demonio che tenea sermone guida si voltò velocemente e disse:
col duca mio, si volse tutto presto «Fermo, fermo, Scarmiglione!».
e disse: "Posa, posa, Scarmiglione!".  105.

Allora Virgilio si gira a Dante nascosto: “Tu, che stai rannicchiato fra
gli spuntoni della roccia quatto quatto, puoi venirtene fuori tranquillo,
stando così le cose”. Per cui il discepolo esce dal nascondiglio, e
fila dal maestro. Ma i diavoli gli si fanno tutti che lui si prende paura:
e se quelli non stessero ai patti?
E ricorda quella paura, di averla già conosciuta nei fanti che,
uscendo dalla rocca di Caprona dopo aver patteggiato la resa, si
videro sfilare fra due ali di nemici armati. Mamma mia. quanti
nemici!
Anche Dante Alighieri era nemico, in quel lontano agosto 1289,
feditore a cavallo nell’esercito della Taglia Guelfa, che in tre giorni
aveva costretto alla capitolazione i Ghibellini pisani di guarnigione
nella fortezza. Ora ci ripensa e prova lui la paura che aveva fatto
sentire, e vede sè nell’occhio minaccioso del nemico che era stato.
Così s’addossa per quanto è lungo, al maestro senza staccare gli
occhi per un attimo da quei ceffi, che non promettono nulla di
buono. Tanto più che spianano gli uncini e uno: “ Che dici? Lo
pungo sul groppone?” e gli altri: “ Dài, facci vedere come lo becchi!”
Fortuna che il capodiavolo si gira di scatto:” Metti giù, Scarmiglione,
metti giù!”

► vv 106-126 MENZOGNE DI MALACODA

Poi disse a noi: "Più oltre andar per questo Poi disse a noi: «Non si può andare oltre lungo
iscoglio non si può, però che giace questa fila di ponti, poiché il ponte sopra la
tutto spezzato al fondo l’arco sesto. 108 sesta bolgia è sul fondo crollato.

E se tuttavia desiderate proseguire,


E se l’andare avante pur vi piace,
risalitequesto argine; vicino vi è un altro ponte
andatevene su per questa grotta; che consente il passaggio (che via face).
presso è un altro scoglio che via face. 111

Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’otta, Ieri, cinque ore più tardi di questa ora, sono
mille dugento con sessanta sei passati 1266 anni da quando il ponte è crollato

11
anni compié che qui la via fu rotta. 114 (per il terremoto) .

Io mando verso là di questi miei Io mando verso il ponte intatto alcuni di questi
a riguardar s’alcun se ne sciorina; diavoli per controllare (a riguardar) se qualche
dannato (s’alcun) viene fuori dalla pece; andate
gite con lor, che non saranno rei". 117
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017

con loro, che non vi faranno alcun male ».


"Tra’ ti avante, Alichino, e Calcabrina", «Fatti avanti, Alichino, e Calcabrina», cominciò
cominciò elli a dire, "e tu, Cagnazzo; a dire, «e tu, Cagnazzo; e Barbariccia guidi il
e Barbariccia guidi la decina.  120 gruppo dei dieci.

Libicocco vegn’oltre e Draghignazzo, Vadano inoltre Libicocco e Draghignazzo,


Cirïatto sannuto e Graffiacane Ciriatto fornito di zanne e Graffiacane,
e Farfarello e Rubicante pazzo. 123 Farfarello e il rabbioso Rubicante.

Cercate ’ntorno le boglienti pane; Perlustrate la pece bollente);


costoro siano salvaguardati fino all’altro ponte
costor sian salvi infino a l’altro scheggio
che sovrasta le bolge senza interruzioni».
che tutto intero va sovra le tane". 126

Poi si rivolge ai viandanti, profondendosi in ragguagli turistici:


‘Dunque. proseguire per di qua sull'infilata di ponti di pietra non è
possibile, dato che la campata numero 6 è crollata sul fondo
dell'altra bolgia. Ma siccome ci tenete tanto a proseguire il viaggio,
non avete che da andare avanti su questo ciglione: il prossimo
cavalcavia transitabile è piuttosto vicino. Giusto ieri, cinque ore
dopo quest’ora qui, il crollo del nostro ponte ha compiuto 1266 anni.

In altri termini: sono trascorsi 1266 anni e 19 ore dal terremoto


che accompagnò la morte di Cristo, datata al 25 marzo dalla
tradizione medievale, che in quello stesso giorno celebrava la
ricorrenza della creazione di Adamo e quella
dell'Annunciazione, e festeggiava il capodanno ab
incarnatione. E l'indicazione parrebbe un indizio serio tanto per
datar e con esattezza il viaggio di Dante - problema cui
accennavamo nella selva oscura - quanto per definirne la
portata escatologica, visto che Malacoda lo data in ordine
all'archetipo, cioè né più né meno, alla “discesa agli inferi” di
Cristo. Sappiamo, d'altronde, che son quasi le 7 del mattino:
quindi è chiaro che il povero diavolo, colloca il decesso del
Signore poco prima di mezzogiorno.
 “Iostavo spedendo per l’appunto'', continua Malacoda. “una
pattuglia dei miei a controllare se qualche dannato si sciorina a fior
di pece per prendere aria: andate con loro. Garantisco che non si

12
comporteranno male.”
E attacca l'appello dei diavoli di ronda: Fatevi sotto: Alichino,
Calcabrina e tu, Cagnazzo. Barbariccia prenda il comando del
drappello. E vadano pure Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto zannuto

Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017


e Graffiacane e Farfarello e quel pazzo di Rubicante. Perlustrate
giro giro le panie bollenti. E questi due, trattatemeli bene fino al
prossimo ponte, quello - ci siamo capiti... - che scavalca tutti i fossi,
nessuno escluso”.
 
Sui nomi di questi diavoli esiste una letteratura immane. Nel
canone consacrato dei diavoli medievali figurano solo quelli di
Farfarello (forse dall’arabo farfar, "folletto”) e di Alichino
(imparentato tanto con il francese Hellequin, sinistro
capobattuta di cacce selvagge, quanto - pare - con il nostro
povero Arlecchino). Gli altri, se così si può dire, se li è inventati
Dante. Torturare questi nomi per estrarne significati comuni
che, in definitiva, possono invocare a riscontro oggettivo solo
l’ovvietà, non serve a molto. Che pensata sarà mai, quella di
pensare che Barbariccia abbia la barba riccia?
Tuttalpiù, varrà la pena segnalare che il prefisso “mala” di
Malacoda, che abbiamo gli trovato in Malebolge e
Malebranche, ha circostanziati riscontri nella poesia didattico-
allegorica in lingua d’oc: che Libicocco forse coniuga libeccio
con scirocco, forse no:
che Cagnazzo, piuttosto che cagnaccio, significherà color-
naso-di-cane, paonazzo: e che - ipotesi recente, a ribadire le
ascendenze franco-giullaresche della presente
rappresentazione,- Scarmiglione mutui il nome da tale Jean
Charmillon, all’epoca «re dei giullari di Troyes» per regio
decreto.

► vv 127-139 PARTENZA SOTTO LA SCORTA DEI DIAVOLI

"Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?", «Oimè, maestro, che cos’è quello che vedo?»,
diss’io, "deh, sanza scorta andianci soli, dissi, «se tu ci sai andare, andiamo via di qui
se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la senza scorta; dal momento che io non ne sento il
cheggio. 129 bisogno.

Se tu sei così attento, come sei solito essere, non


Se tu se’ sì accorto come suoli, vedi che essi stanno digrignando i denti
non vedi tu ch’e’ digrignan li denti e minacciano guai con le loro occhiate?».
e con le ciglia ne minaccian duoli?". 132
Ed egli a me: «Non voglio che tu abbia timore;
Ed elli a me: "Non vo’ che tu paventi; lasciali pure digrignare a loro piacere,

13
lasciali digrignar pur a lor senno, poiché essi lo fanno per i dannati che bollono
ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti". 135 nella pece».

Per l’argine sinistro volta dienno; Svoltarono per l’argine sinistro;


Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017

ma prima ciascuno di loro aveva stretto la lingua


ma prima avea ciascun la lingua stretta
tra i denti, come segnale per il loro capo;
coi denti, verso lor duca, per cenno; 138
e questi aveva usato il culo come una trombetta.
ed elli avea del cul fatto trombetta.
Il piglio cerimonioso e servizievole di Malacoda non ha
tranquillizzato il pellegrino. Anzi.
E geme: “Ohimè, maestro mio, quello che vedo non mi convince
affatto. Perché non andiamo da soli? Visto che tu Conosci la strada,
per parte mia non sento il minimo bisogno d’una scorta. Giudizioso
come sei, non ti accorgi che questi digrignano i denti, e con quelle
occhiate minacciano guaì?’.
E il maestro, con la contegnosità della ragion naturale: “Non devi
aver paura. Lasciali digrignare quanto vogliono: ce l’hanno con quei
disgraziati a lesso nella pece, mica con noi”.
E se, per una volta, fosse più saggia la paura di Dante che la
saggezza di Virgilio? Guarda tu che facce! E senti che razza di
segnaletica!...
I diavoli di truppa fanno un suono, come a dire: “agli ordini”. Il
caporale, risponde, in certo senso, per le rime, come a dire: “fronte
sinist’, front; avanti marsc’ !“.
E la ronda si avvia sulla cresta dell’argine.
 
Il suono emesso dai diavoli stringendo la lingua tra i denti è,
diciamo. molto vernacolare, nel senso etimologico di “servile’,
“scurrile”; proprio dell’aggettivo latino vernaculus , a, um; dal
quale aggettivo derivano sia il termine semidotto ‘vernacolo”, sia,
appunto, il napoletano vernacch o pernacch
Quanto alla natura della rima per assonanza prodotta da
Barbariccia, non occorrono delucidazioni: il verso che la dichiara,
inequivocabile, è uno dei più scandalosamente chiari e famosi della
Commedia Ed elli avea del cul fatto trombetta.
Ma se vi scappa un timido sorriso, la nota a piè di pagina è lì subito
a redarguirvi, sbandierando l’arte maschia e altera dell'Alighieri, la
quale, ecco, si cimenta nel dipingere le situazioni più abiette, le
infime turpitudini dell’umano, senza falsi pudori.
D’accordo. Sennonché, un minimo di buonsenso laico insegnerebbe
che, prima di dipingerle, Dante, quelle turpitudini, se l’è inventate.
Quindi, o gli perdoniamo di considerar e altrettanto osceni un

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diavolo che fa peti e un gentiluomo che fa peculati, o rinunciamo a
capire la sua magnanima spudoratezza.

Avanti! Non cala la tela...

Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017


 

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