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-INFERNO
CANTO XXI – ANALISI, COMMENTO E PARAFRASI
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA
-INFERNO
Canto XXI
Posizione VIII cerchio - Malebolge - (fraudolenti); 5ª bolgia
Peccatori Barattieri
Pena Sono tuffati nella pece bollente; vengono uncinati e
straziati dai diavoli se cercano di riemergere
Contrappasso Come in vita si invischiarono in affari oscuri
e truffaldini, così ora sono tuffati nella pece, e tormentati da
diavoli menzogneri come loro
Dante incontra I diavoli Malebranche; un anziano di Santa
Zita.
■ Sequenze narrative
► vv 1-21 QUINTA BOLGIA: I BARATTIERI
Dal ponte sovrastante, Dante e Virgilio osservano la quinta bolgia, che appare
straordinariamente buia per la pece che vi ribolle, nella quale sono immersi i
barattieri, uomini che hanno disonestamente condotto pubblici uffici.
► vv 22-57 ARRIVO DI UN PECCATORE
Virgilio fa notare a Dante un diavolo nero che sta salendo di corsa sul ponte,
portando sulle spalle un peccatore. Giunto alla sommità della rupe, il diavolo
getta il dannato di sotto nella pece e raccomanda agli altri diavoli, i
Malebranche, di tenerlo a bada, mentre egli ritornerà a Lucca a prendere altri
barattieri. Riemerso, il peccatore viene immediatamente straziato dai diavoli coi
loro uncini.
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► vv 88-105 PAURA DI DANTE
Invitato da Virgilio a uscire dal proprio nascondiglio, Dante si avvicina, ma
viene subito minacciato dai diavoli, bloccati solo dall’autorità di Malacoda.
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017
■ Temi e motivi
La «commedia» dei diavoli
Il canto XXI è strettamente saldato al successivo, con cui costituisce una
compatta unità narrativa, sia per l’ambiente, dominato dalla pece bollente e dai
diavoli, sia per continuità d’azione e per il linguaggio, decisamente abbassato al
registro «comico». Non a caso, il canto si apre con la parola comedìa (v. 2),
indicante il titolo del poema (in opposizione alla tragedìa di Virgilio, richiamata
pochi versi prima, in Inf. XX, 113), ma anche il particolare tono farsesco che
caratterizza l’episodio, e si chiude sul gesto scurrile di Barbariccia (v.139). Nella
pece sono puniti i barattieri (lasciati nell’anonimato in questo canto, mentre
verranno individualizzati in quello successivo), ossia di coloro che si resero
colpevoli di qualsiasi forma di corruzione in ambito pubblico. La città presa da
Dante come simbolo della baratteria è in questo canto Lucca, baluardo dei Neri
di Toscana, ma la condanna si estenderà nel canto successivo ad altre zone.
Forte rilievo – qui e ancor più nel canto successivo – viene dato ai diavoli. A
differenza di quelli incontrati in precedenza (Inf. VIII e XVIII), anonimi e
osservati in una dinamica corale, questi hanno invece una precisa
caratterizzazione individuale. Dante fissa infatti l’attenzione su un gruppo
ristretto, di cui descrive i gesti e indica i nomi, che risultano particolarmente
espressivi. Il loro aspetto feroce e la loro crudeltà, che pure terrorizzano
Dante, non sono tuttavia tali da conferire al canto un’atmosfera drammatica.
L’azione concitata di carnefici e vittime (che nel canto seguente finiranno tutti
invischiati nella pece), i rimproveri che si scambiano i diavoli, i loro gesti
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grotteschi e i loro stessi nomi, il linguaggio colorito (ricco di paragoni
animaleschi e di espressioni gergali), le rime aspre, connotano piuttosto in senso
«comico» l’episodio; per questo alcuni considerano i canti XXI- XXII come una
sorta di intermezzo, una pausa di riposo collocata al centro di Malebolge,
► vv 1-21 I BARATTIERI
Così di ponte in ponte, altro parlando Così, parlando di cose diverse, che il mio
che la mia comedìa cantar non cura, poema non si preoccupa di registrare
venimmo; e tenavamo ’l colmo, quando 3 (cantar), passammo da un ponte a quello
successivo; ed eravamo sulla sua sommità,
quando
restammo per veder l’altra fessura
di Malebolge e li altri pianti vani; ci arrestammo (restammo) per guardare
l’altra bolgia di Malebolge e gli altri pianti
e vidila mirabilmente oscura. 6
inutili; e la vidi straordinariamente buia.
Quale ne l’arzanà de’ Viniziani Come, nell’arsenale dei Veneziani, in
bolle l’inverno la tenace pece inverno bolle la pece appiccicosa e
a rimpalmare i legni lor non sani, 9 consistente per poter nuovamente spalmare
le loro navi avariate,
ché navicar non ponno - in quella vece poiché , non possono navigare (essendo
chi fa suo legno novo e chi ristoppa inverno) – e invece (di navigare) c’è chi ripara
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le coste a quel che più vïaggi fece; 12 la propria nave e chi con la stoppa tura le falle
nelle fiancate delle Imbarcazioni più usurate
chi ribatte da proda e chi da poppa; chi fissa le tavole a prua e chi a poppa;
alcuni fanno remi e altri riavvolgono i
altri fa remi e altri volge sarte;
cordami ; chi rappezza la vela minore
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017
Così di ponte in ponte. altro parlando / che la mia comedìa cantar non cura, /
venimmo..., attacca dunque il Poeta: e. anche se ci nasconde l’argomento della
conversazione, tiene a farci sapere che lui e il suo Virgilio discorrevano così
fitto, che arrivarono fino a metà del quinto ponte di Malebolge senza prestare
attenzione al cambiamento di scena. Poi, lissù, si fermarono per dare un’occhiata
alla fenditura della nuova bolgia e ai tormenti senza compenso di nuovi dannati.
La straordinaria nerezza del fossato impressiona il pellegrino. Il poeta
esemplifica con dovizia di dettagli analogici.
Come, d’inverno, nell’arsenale dei veneziani bolle la tenace pece che serve a
rispalmare le imbarcazioni avariate, dato che. d’inverno, non potendo prendere il
mare, tanto vale: uno rimette a nuovo la barca, un altro tura con la stoppa le
sconnessure aperte nel fasciarne dal gran viaggiare, e questo riinchioda la prua,
quello la poppa. e c’è chi fa remi e chi attorciglia la canapa per le sartie, chi
rattoppa il terzarolo, chi la vela di gabbia (e intanto la pece bolle e bolle)... così
bolliva a fondo bolgia — per divino artificio, senza fuoco — una pegola
spessa. che impiastrava completamente le pareti (dei due costoni della bolgia).
Quella superficie nera e lucida, che ora si gonfia ora si siede nel cavo delle
bolle, senza mostrare traccia d’altro che della propria ebollizione, invade il
campo percettivo del nostro pellegrino.
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Allor mi volsi come l’uom cui tarda vedere una cosa che gli conviene evitare e a cui la
di veder quel che li convien fuggire paura improvvisa toglie coraggio,
e cui paura sùbita sgagliarda, 27
che, pur cercando di vedere, non indugia ad
che, per veder, non indugia ’l partire:
e vidi dietro a noi un diavol nero allontanarsi: e dietro di noi vidi venire un diavolo
Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero! Ahi come era feroce nello sguardo!
e quanto mi parea ne l’atto acerbo, e quanto mi sembrava crudele nell’atteggiamento,
con l’ali aperte e sovra i piè leggero! 33 con le ali aperte e tanto veloce
E quando il duca suo se lo tira da un canto, dicendo “bada! bada!”, lui si gira
come chi non vede l’ora di constatare il pericolo cui deve sottrarsi, ma. sorpreso
e debilitato dalla paura, mentre mette a fuoco, scappa.
E che sarà mai’?
È un diavol nero, che rimonta di corsa il ponte. Che faccia feroce! Com’è
minaccioso quel suo correre con l’ali aperte e sovra i piè leggero! E come
volano radente gli endecasillabi! Sopra la spalla aguzza e prominente del
diavolo, un peccatore viaggia pontato sui glutei è artigliato per il tendine
d’Achille.
Fulmineo sketch da mattatoio.
Del nostro ponte disse: "O Malebranche, Dal ponte su cui noi ci trovavamo disse: «O
ecco un de li anzïan di Santa Zita! diavoli Malebranche, ecco uno degli anziani di
Mettetel sotto, ch'i' torno per anche 39 Santa Zita! Immergetelo nella pece, mentre io
ritorno per prenderne altri
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via, come un mastino scatenato all’inseguimento d’un ladro, anzi peggio.
E come mai, questo diavolo-corriere ne sa tante su Lucca?
Ma. in primo luogo: chi sono questi Barattieri? che male hanno fatto?
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Ma. a lume di buonsenso, ti sembra possibile che un militante di Parte
Bianca, il quale. bene o male, aveva percorso tutta la carriera pubblica
fino al priorato,fosse completamente all’oscuro degli innumerevoli abusi e
soprusi praticati dai suoi compagni di partito nella gestione del Comune’?
qui si nuota altrimenti che nel Serchio! qui si nuota ben diversamente che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi, Perciò, se non vuoi (provare) i nostri graffi,
non far sopra la pegola soverchio". 51
non emergere dalla pece ».
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Poi l’addentar con più di cento raffi, Dopo che l’ebbero colpito con numerosi ferri
disser: "Coverto convien che qui balli, uncinati, dissero: «Qui è necessario che ti muovi
sì che, se puoi, nascosamente accaffi". 54 immerso nella pece , così che, se lo puoi, arraffi
di nascosto».
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Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli Allo stesso modo i cuochi fanno immergere ai
fanno attuffare in mezzo la caldaia loro sguatteri la carne nel pentolone con gli
la carne con li uncin, perché non galli. 57 uncini, affinché non venga a galla.
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► vv 58-87 VIRGILIO DISCUTE COI DIAVOLI
Lo buon maestro "Acciò che non si paia Virgilio mi disse: «Perché non si veda che
che tu ci sia", mi disse, "giù t’acquatta tu ci sei, acquattati giù dietro una
sporgenza di roccia che ti offra qualche
e per nulla offension che mi sia fatta, e non temere per qualsiasi offesa (che mi
non temer tu, ch’i’ ho le cose conte, venga fatta, dal momento che io so come
vanno le cose, poiché mi sono trovato
perch’altra volta fui a tal baratta". 63
anche un’altra volta in una simile contesa ».
Poscia passò di là dal co del ponte; Poi passò al di là dell’estremità del ponte;
e com’el giunse in su la ripa sesta, e appena giunse sull’argine tra la quinta e la
mestier li fu d’aver sicura fronte. 66 sesta bolgia,gli fu necessario aver l’aspetto
sicuro.
Con quel furore e con quella tempesta Con lo stesso furore e con lo stesso
ch’escono i cani a dosso al poverello frastuono con cui i cani si avventano sul
che di sùbito chiede ove s’arresta, 69 mendicante, che chiede l’elemosina nel
punto in cui si è immediatamente fermato ,
Innanzi che l’uncin vostro mi pigli, Prima che i vostri uncini mi afferrino,
traggasi avante l’un di voi che m’oda, si faccia avanti uno di voi che mi ascolti,
e poi d’arruncigliarmi si consigli". 75 e poi si decida o meno se uncinarmi».
Tutti gridaron: "Vada Malacoda!"; Tutti gridarono: «Vada Malacoda!»; per cui
per ch’un si mosse - e li altri stetter fermi - uno di loro si mosse – mentre gli altri
rimasero fermi – e si recò da lui dicendo:
e venne a lui dicendo: "Che li approda?". 78
«A che cosa gli giova (parlare con me)?».
"Credi tu, Malacoda, qui vedermi «Malacoda», disse il mio maestro, «credi tu
esser venuto", disse ’l mio maestro, di vedermi essere venuto qui protetto da
"sicuro già da tutti vostri schermi, 81 tutti i vostri impedimenti,
sanza voler divino e fato destro? senza il volere divino e il favore della
Lascian’andar, ché nel cielo è voluto provvidenza ?
ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro". 84 Lasciaci andare, poiché vuole il Cielo che io
mostri a costui questo selvaggio cammino».
Allor li fu l’orgoglio sì caduto,
Allora l’orgoglio di colpo gli venne meno,
ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
che egli lasciò cadere ai piedi l’uncino, e
e disse a li altri: "Omai non sia feruto". 87 disse agli altri: «A questo punto non sia più
ferito».
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prima volta che affronto risse del genere
Per inciso: che Virgilio qui alluda piuttosto alla sua precedente discesa in
fondo al pozzo, che non allo scacco patito per colpa dei diavoli sulle porte
di Dite, parrebbe ragionevole supporre. Fatto sta, che supera il capo del
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E ’l duca mio a me: "O tu che siedi E la mia guida: «Tu che stai acquattato
tra li scheggion del ponte quatto quatto, tra le rocce del ponte, puoi ormai ritornare
sicuramente omai a me ti riedi". 90 da me senza paura (sicuramente)».
così vid’ïo già temer li fanti così io vidi già aver paura i soldati che
ch’uscivan patteggiati di Caprona, uscivano da Caprona dopo aver
veggendo sé tra nemici cotanti. 96 patteggiato la resa, vedendosi in mezzo a
tanti nemici.
I’ m’accostai con tutta la persona Mi accostai con tutto il corpo vicino alla
lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi mia guida, e non toglievo lo sguardo dal
loro atteggiamento, che era poco
da la sembianza lor ch’era non buona. 99
rassicurante.
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Essi abbassavano gli uncini e «Vuoi che lo
Ei chinavan li raffi e "Vuo’ che ’l tocchi", colpisca sulla schiena?», si dicevano l’un
diceva l’un con l’altro, "in sul groppone?". l’altro. E rispondevano: «Sì, fa in modo di
E rispondien: "Sì, fa che gliel’accocchi". 102 assestargli un colpo».
Allora Virgilio si gira a Dante nascosto: “Tu, che stai rannicchiato fra
gli spuntoni della roccia quatto quatto, puoi venirtene fuori tranquillo,
stando così le cose”. Per cui il discepolo esce dal nascondiglio, e
fila dal maestro. Ma i diavoli gli si fanno tutti che lui si prende paura:
e se quelli non stessero ai patti?
E ricorda quella paura, di averla già conosciuta nei fanti che,
uscendo dalla rocca di Caprona dopo aver patteggiato la resa, si
videro sfilare fra due ali di nemici armati. Mamma mia. quanti
nemici!
Anche Dante Alighieri era nemico, in quel lontano agosto 1289,
feditore a cavallo nell’esercito della Taglia Guelfa, che in tre giorni
aveva costretto alla capitolazione i Ghibellini pisani di guarnigione
nella fortezza. Ora ci ripensa e prova lui la paura che aveva fatto
sentire, e vede sè nell’occhio minaccioso del nemico che era stato.
Così s’addossa per quanto è lungo, al maestro senza staccare gli
occhi per un attimo da quei ceffi, che non promettono nulla di
buono. Tanto più che spianano gli uncini e uno: “ Che dici? Lo
pungo sul groppone?” e gli altri: “ Dài, facci vedere come lo becchi!”
Fortuna che il capodiavolo si gira di scatto:” Metti giù, Scarmiglione,
metti giù!”
Poi disse a noi: "Più oltre andar per questo Poi disse a noi: «Non si può andare oltre lungo
iscoglio non si può, però che giace questa fila di ponti, poiché il ponte sopra la
tutto spezzato al fondo l’arco sesto. 108 sesta bolgia è sul fondo crollato.
Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’otta, Ieri, cinque ore più tardi di questa ora, sono
mille dugento con sessanta sei passati 1266 anni da quando il ponte è crollato
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anni compié che qui la via fu rotta. 114 (per il terremoto) .
Io mando verso là di questi miei Io mando verso il ponte intatto alcuni di questi
a riguardar s’alcun se ne sciorina; diavoli per controllare (a riguardar) se qualche
dannato (s’alcun) viene fuori dalla pece; andate
gite con lor, che non saranno rei". 117
Dante Alighieri – DIVINA COMMEDIA -INFERNO | 08/11/2017
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comporteranno male.”
E attacca l'appello dei diavoli di ronda: Fatevi sotto: Alichino,
Calcabrina e tu, Cagnazzo. Barbariccia prenda il comando del
drappello. E vadano pure Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto zannuto
"Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?", «Oimè, maestro, che cos’è quello che vedo?»,
diss’io, "deh, sanza scorta andianci soli, dissi, «se tu ci sai andare, andiamo via di qui
se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la senza scorta; dal momento che io non ne sento il
cheggio. 129 bisogno.
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lasciali digrignar pur a lor senno, poiché essi lo fanno per i dannati che bollono
ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti". 135 nella pece».
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diavolo che fa peti e un gentiluomo che fa peculati, o rinunciamo a
capire la sua magnanima spudoratezza.
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