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Space Division DELTA II 2 stage tank
1.0 INTRODUZIONE 3
4.0 STRUMENTAZIONE 12
5.0 SALDATURA 16
6.1 ATTREZZATURA 32
1.0 INTRODUZIONE
Il presente corso è indirizzato al personale che eseguirà l’esame visivo su saldature applicando le specifiche di
programma attualmente applicabili.
Tale corso e strutturato in due parti principali: la prima parte descrive il metodo di ispezione visivo dando delle
nozioni teoriche sul metodo stesso sulla strumentazione e informazioni generali sulle specifiche internazionali
dedicate a questo metodo di controllo non distruttivo.
La seconda parte, più ampia, descrive in modo generale i metodi di saldatura e le difettologie tipiche
soffermandosi in particolar modo sulle difetti individuabili con l’esame visivo.
Essendo il coso principalmente indirizzato agli operatori di collaudo che seguiranno il programma Delta II, gli
esempi saranno per quanto possibile riferiti a materiali, configurazioni o difettologie osservate in questo
programma.
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Al fine di poter eseguire un ‘ esame visivo con successo è necessaria la conoscenza di nozioni basilari della
fisiologia dell’ occhio e sul funzionamento degli strumenti di controllo.
In figura 1 è riportato uno spaccato dell’occhio umano. Il funzionamento dell’occhio umano puo’ essere descritto,
in modo estremamente semplificato come segue:
Fig. 1
N. Descrizione
1 CORNEA:
E' la parte anteriore dell'occhio trasparente ed incolore. La sua funzione è di rifrangere la luce.
2 PUPILLA:
Foro nero al centro dell'iride attraverso il quale passa la luce. La sua funzione è di regolare la quantità di
luce che entra nell'occhio. Con il sole tende a restringersi e con il buio si dilata.
3 IRIDE:
Parte colorata dell'occhio posta dietro la cornea. I muscoli dell'iride controllano la dilatazione della
pupilla.
4 CRISTALLINO:
E' la lente che filtra e convoglia la luce che entra nell'occhio. Con l'età perde la capacità di mettere a fuoco
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5 RETINA:
Membrana che riveste internamente la parte posteriore dell'occhio. E' costituita da milioni di elementi
sensibili alla luce (FOTORECETTORI) che trasformano gli stimoli luminosi in impulsi elettrici.
6 CORPO VITREO:
E' una sostanza gelatinosa trasparente che riempie la parte posteriore dell'occhio fra il cristallino e la
retina.
7 SCLERA:
Tessuto bianco che fa da struttura e da protezione all'occhio.
8 NERVO OTTICO:
Originato dal prolungamento delle cellule della retina, trasmette gli impulsi nervosi dall'occhio al
cervello.
9 CORPO CILIARE:
Porzione dell'uvea in prossimità dell'iride. Comprende il muscolo ciliare, la cui contrazione consente al
cristallino di "accomodare" (mettere a fuoco).
10 COROIDE:
E, nella parte posteriore dell'occhio, la membrana intermedia tra sclera e retina. Riccamente
vascolarizzata, si continua, nella porzione anteriore, con il corpo ciliare.
11 BULBO OCULARE:
occhio.
12 PAPILLA del NERVO OTTICO:
testa del nervo ottico.
13 MUSCOLI OCULOMOTORI:
Sono i muscoli che permettono il movimento del globo oculare nelle diverse direzioni.
la luce riflessa dagli oggetti osservati entra nell’occhio attraverso la cornea, attraversa quindi l’iride che è una
membrana che si apre o chiude come il diaframma di una macchina fotografica a seconda della quantità di luce.
La luce raggiunge quindi il cristallino che ha lo scopo di mettere a fuoco l’immagine sulla retina. La retina, posta
nella parte posteriore del bulbo oculare è ricoperta di particolari cellule sensibili alla luce le quali non fanno altro
che trasformare l’immagine in impulsi nervosi che verranno poi interpretati dal cervello.
Nella ricostruzione dell’immagine finale hanno grande importanza i segnali provenienti dalla parte centrale della
retina detta fovea, dove vi è la più alta densità di cellule fotosensibili. I segnali provenienti dalla fovea sono quelli
che andranno a definire i dettagli dell’ immagine finale mentre i segnali provenienti dalle zone più periferiche
danno riferimenti per l’orientamento dell’immagine e per il movimento ma non aggiungono dettagli nuovi
all’immagine.
E’ quindi necessario, conducendo l’esame di un oggetto, procedere all’osservazione di piccole aree in modo da
coprire l’oggetto con scansioni successive, infatti nonostante il campo visivo sia in grado di coprire interamente
l’oggetto osservato, soltanto una porzione ridotta è in grado di ricevere informazioni dettagliate.
Bisogna inoltre ricordare che l’ immagine finale si forma all’interno del cervello dopo la decodifica dei segnali
provenienti dalla retina, è indispensabile quindi che l’ispettore visivo si approcci al controllo senza idee
preconcette sul particolare che sta per osservare, un atteggiamento mentale non corretto può infatti portare a non
distinguere dei particolari o a un interpretazione non corretta dell’immagine.
Non verranno qui considerate le diverse teorie sulla luce, ma verranno date solo alcune nozioni rispetto alla luce e
alla sua misura.
Si intende per luce visibile o luce bianca l’insieme delle radiazioni elettromagnetiche aventi lunghezza d’onda
compresa tra 380 e 770 nanometri. Un fascio di luce bianca che attraversi un prisma viene scomposto nelle diverse
frequenze che compongono il suo spettro corrispondenti ai colori visibili. L’occhio umano ha massima sensibilità
a radiazioni luminose di lunghezza d’onda di circa 550 nanometri.
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La luce viene misurata per mezzo di strumenti chiamati fotometri. L’intensità luminosa o illuminamento viene
espressa in lumen o in lux , l’ illuminamento (E) varia con l’inverso del quadrato della distanza dalla sorgente
luminosa, pertanto raddoppiando la distanza l’illuminamento si ridurrà a un quarto, triplicando la distanza
diventerà un nono e così via. Ciò e’ valido nel caso in cui il fascio luminoso sia perpendicolare alla superficie
illuminata, in caso contrario si dovrà moltiplicare l’illuminamento per il coseno dell’angolo (legge di Lambert).
I
E= ----
d2
Fig. 2
Due importanti fenomeni riguardanti un raggio luminoso che colpisce una superficie sono la riflessione e la
rifrazione.
Immaginiamo di far colpire una lastra di vetro da un raggio di luce sottile, vedremo che parte della luce verrà
riflessa con un angolo uguale a quello con cui il raggio iniziale ha colpito la lastra, e parte della luce si propagherà
attraverso la lastra con un angolo diverso da quello iniziale detto angolo di rifrazione.
Aria
Vetro
Fig. 3
Il fenomeno della rifrazione si manifesta in tutti i casi in cui il materiale colpito dal raggio luminoso è trasparente
alla luce (ad esempio il vetro delle lenti di occhiali e microscopi) altrimenti abbiamo riflessione completa (un
qualsiasi metallo).
L’ angolo di rifrazione dipende dalla natura del materiale attraversato dal raggio luminoso secondo la legge di
Snell:
n1 : sin = n2 : sin
dove n1 e n2 sono delle costanti che dipendono dal mezzo attraversato chiamate indici di rifrazione. Per l’aria
tale indice può essere approssimato a 1.
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Un’ adeguata illuminazione delle superfici da esaminare è essenziale per una corretta identificazione delle
indicazioni. Spesso l’illuminazione ambiente dell’area di lavoro, è sufficiente per l’esame visivo, si dovrebbe
comunque verificare il valore minimo di illuminamento richiesto dalle specifiche applicabili. Valori di norma
accettabili varano da 160 a 540 lux.
Quando il livello di illuminamento non è adeguato devono essere adottati tutti gi accorgimenti per garantire l’
illuminazione necessaria. A tal fine possono essere impiegate diverse sorgenti luminose: torce, lampade portatili
da officina, fari ad alta intensità oppure se le condizioni lo permettono si può spostare l’oggetto da ispezionare in
aree maggiormente illuminate.
E’ inoltre importante il colore della luce impiegata in quanto determina il contrasto sulla superficie da controllare.
Ad esempio, il controllo di cromature su nichel, può essere migliorato utilizzando lampade fluorescenti che danno
luce di colore bluastro.
E’ evidente quindi che l’aspetto ed il risalto delle indicazioni su una superficie possano variare fortemente a causa
delle caratteristiche della sorgente luminosa . Tali caratteristiche dovrebbero essere le stesse utilizzate per
l’esame degli standard di riferimento con difetti campione (qualora esistano).
Qualunque sia la sorgente scelta, dovrà essere presa in considerazione anche la sua posizione rispetto al pezzo da
controllare . La distanza della sorgente e la sua inclinazione rispetto alla superficie determinano l’intensità della
luce disponibile e la quantità o presenza di riflessioni o bagliori. A tal proposito si dovrà tenere conto della legge
di riflessione per il posizionamento di sorgenti luminose e operatore o strumento di osservazione (telecamera,
microscopio etc..) come rappresentato negli esempi che seguono per creare contrasti in campo chiaro o scuro a
seconda delle indicazioni da individuare.
camera camera
camera
Campo chiaro
La camera è posizionata in modo da raccogliere la luce riflessa, le discontinuità della superficie appariranno come
linee scure su sfondo chiaro.
Al fine di illuminare le aree da esaminare vengono utilizzate sorgenti luminose di tipo elettrico. Si possono
individuare tre tipi di luce artificiale:
In alcuni casi può rivelarsi utile utilizzare uno stroboscopio, un dispositivo che utilizza impulsi luminosi ad alta
intensità sincronizzati in modo da permettere l’osservazione di oggetti che si muovono in maniera rapida e
periodica. L’effetto stroboscopio richiede un accurato controllo dell’intermittenza della sorgente luminosa o
dell’interruzione periodica della visione. L’illuminazione stroboscopia viene anche detta illuminazione a lampo. Il
circuito elettronico per una lampada stroboscopia è composto da un generatore di tensione ad alto voltaggio, un
condensatore in parallelo,una valvola in linea, un interruttore ed una tubo a scarica.Quando il circuito è pilotato da
una videocamera un lampo di luce illumina la scena in sincronia con la frequenza dei fotogrammi.
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Tra i diversi fattori che possono influenzare l’ esame visivo vi sono le caratteristiche del materiale da controllare
le condizioni ambientali dell’ ispezione e i fattori fisiologici dell’ispettore.
La dimensione fisica e la condizione superficiale dell’oggetto da ispezionare giocano un ruolo importante sul
risultato dell’esame. La conoscenza di come ognuna di queste variabili influenza l’ esame aiuterà l’ispettore a
migliorare la rilevazione delle possibili indicazioni.
a) PULIZIA: La presenza di sporcizia, olio, grasso ecc. può mascherare le discontinuità presenti sulla
superficie o creare delle false indicazioni. Una superficie da controllare pulita permette una più facile
e rapida rilevazione delle indicazioni ed aiuta a prevenire la possibilità che delle indicazioni
importanti vadano perse. La procedura di pulizia dovrà tenere conto di quali siano le lavorazioni che
hanno preceduto e che seguiranno l’ispezione visiva, del materiale, della geometria della parte e del
tipo di discontinuità che si sta cercando.
b) COLORE: Il colore della luce incidente in relazione al colore dell’ oggetto da ispezionare può
giocare un ruolo importante nel rilievo delle discontinuità. Il colore della luce può essere usato per
migliorare il contrasto tra oggetto ed eventuali indicazioni. Per intensificare un colore, la sorgente
luminosa dovrebbe essere forte di quel colore. Contrariamente per sbiadire un colore, la sorgente
luminosa dovrebbe avere una bassa intensità di quel colore.
c) STRUTTURA – COMPOSIZIONE: Le caratteristiche della superficie di un materiale sono
importanti in relazione ala quantità ed alla qualità della luce che si riflette dalla stessa verso l’occhio
dell’ esaminatore. Una superficie riflettente può produrre un bagliore inaccettabile che può
interferire con l’esame della superficie da controllare e creare zone non ispezionabili. In questo caso
deve essere considerata attentamente la luce impiegata durante l’esame. Il bagliore può essere
diminuito aumentando l’angolo tra la sorgente luminosa e la linea di visuale o diminuendo l’intensità
della sorgente luminosa. Quando si esaminano superfici molto rugose è utile diminuire l’angolo tra
sorgente luminosa e linea di visuale, in questo modo si riescono a ridurre le ombre dovute alle
irregolarità superficiali.
Le condizioni fisiche agenti come fattori limitanti durante l’esame visivo sono:
I fattori ambientali che possono influenzare il buon esito di un esame visivo sono:
a) COMODITA’ FISICA: Sebbene il conforto fisico sia determinato dalla tolleranza della singola
persona coinvolta, una sistemazione confortevole per l’ispettore risulterà in una maggiore attenzione
ai dettagli e minore distrazione verso disturbi causati da agenti esterni. Un esame condotto in una
posizione scomoda o nella stessa posizione per lungo tempo può influenzare in modo negativo l’
esecuzione dell’esame stesso. L’ispettore tenderà ad affrettare il controllo per tornare in una
posizione più confortevole .
b) SALUTE: Diverse condizioni fisiche possono influenzare la vista. Alcuni problemi di percezione
visiva sono di tipo ereditario mentre altri sono provocati da stati emozionali o di tipo circolatorio.
Altri possono essere il risultato di un deterioramento delle strutture oculari dovuti patologie o all’età.
c) ATTITUDINE MENTALE: L’attitudine mentale dell’ispettore può influenzare l’esame perché si
possono formare, prima di eseguire l’ispezione, delle immagini mentali preconcette. Questo tipo di
immagine virtuale può alterare la percezione e l’interpretazione dell’immagine reale che entra
nell’occhio e influenzare il risultato dell’ispezione. La visione è una sensazione selettiva che è
fortemente guidata da quello che l’osservatore vuole o si aspetta di vedere. Il fine dell’ispettore può
influenzare la percezione se lo stesso sta osservando solo per certi aspetti una particolare scena. Per
esempio una persona che si trova in una stanza affollata può riconoscere immediatamente un viso che
si aspettava di incontrare; mentre può non riconoscere affatto un viso famigliare che non si aspettava
di vedere.
d) FATICA: Il generale benessere dell’ispettore ha una notevole influenza sulla conduzione e
interpretazione dell’esame visivo. La fatica non influenza soltanto la sensazione fisica generale
dell’ispettore, ma riduce l’efficienza e l’accuratezza dell’interpretazione dei dati raccolti attraverso la
visione . l’affaticamento dei muscoli dell’occhio, causato da una scarsa illuminazione e da una
scomoda posizione del corpo, provoca tremore dell’occhio e delle palpebre e può rendere inefficace
l’esame.
e) POSIZIONE DELL’OGGETTO: La posizione dell’oggetto e la sua distanza rispetto all’ispettore
hanno un’influenza sul risultato del controllo. In generale l’occhio deve essere ad una distanza non
superiore a 610mm dalla superficie da esaminare e questa deve essere mantenuta ad un angolo non
inferiore a 30° rispetto al punto di osservazione. In figura 4 sono riportate le distanze massime e
minime raccomandate.
610 mm max
Posizione dell’occhio
305 mm min
30° 30°
Superficie da esaminare
Fig. 4
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Tale specifica si applica all’esame visivo di qualunque semilavorato e a differenza della EN970 richiede che il
costruttore rediga una procedura per l’esecuzione dell’esame dedicata, richiede una verifica dell’adeguatezza
dell’esame o dimostrando di poter individuare una linea sottile di larghezza 0.8mm o utilizzando difetti artificiali.
L’illuminamento minimo richiesto è 160lux mentre è consigliato 500lux.
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4.0 STRUMENTAZIONE
Gli strumenti che vengono utilizzati per l’esame visivo possono essere divisi in strumenti per l’esame diretto,
strumenti remoti e strumenti di misura
Nei casi in cui l’esame visivo viene eseguito senza l’ausilio di strumenti che elaborino l’immagine si dice che
l’esame è diretto. In genere gli strumenti usati per l’esame diretto sono sistemi di ingrandimento quali lenti o
microscopi.
Lenti e microscopi sono disponibili con diversi poteri di ingrandimento, che variano da 1.5x a 2000x con potere di
risoluzione che varia da 0.05 mm a 2 µm.
All’aumentare del potere di ingrandimento o di un microscopio si ha una conseguente riduzione della distanza di
lavoro e della profondità di campo, questa caratteristica deve essere tenuta in considerazione nella scelta dello
strumento o dell’ ingrandimento con il quale si intende procedere all’ispezione.
Nel caso in cui si presentino difficoltà nell’accessibilità alla parte da esaminare possono essere usati degli specchi
che possono essere dotati di snodi e di sorgente luminosa propria.
Nei casi in cui l’immagine venga elaborata dalla strumentazione si parla di esame remoto. Gli strumenti
generalmente usati per l’esame remoto sono boroscopi e fibroscopi.
- Boroscopi: Sono costituiti da un complesso di lenti inserite in un tubo rigido che permette di ispezionare
zone non accessibili, fuori della normale portata dell’ambiente di ispezione o in zone con accessi fisici limitati.
I boroscopi permettono di ingrandire l’immagine utilizzando un sistema di lenti e prismi, a seconda del tipo di
lente di estremità permettono visione la
terale , frontale o addirittura posteriore.. L’illuminazione nella zona di ispezione può essere fornita da una lampada
ad incandescenza posta all’estremità terminale dell’asta, questa soluzione era adottata nelle prime generazione di
boroscopi. La tecnologia attuale permette di avere la sorgente luminosa all’esterno e il trasporto della lue all’area
da ispezionare avviene o per mezzo di fibre ottiche o utilizzando cavi portaluce a liquido.
La regolazione dell’ingrandimento e la messa a fuoco vengono eseguiti direttamente all’oculare, l’osservazione da
parte dell’ispettore può essere eseguita all’oculare o su schermo televisivo acquisendo l’immagine all’ oculare con
una telecamera.
- Fibroscopi: I fibroscopi permettono come i boroscopi l’osservazione di aree normalmente non
accessibili ma operano su un principio differente. Mentre i boroscopi utilizzano un sistema a lenti per la
trasmissione dell’immagine i fibroscopi utilizzano un fascio di fibre ottiche in vetro di quarzo chiamato
guidaimmagini. Questa caratteristica dei fibroscopi permette il superamento di pieghe ed angoli mentre i
boroscopi possono avanzare solo su un percorso rettilineo
I fibroscopi raccolgono l’immagine attraverso un lente obiettivo e la trasmettono attraverso un fascio di fibre
estremamente sottili ( fino a 8µm di diametro), che sfruttano la completa riflessione della luce sulle loro pareti
interne. Infatti nel caso l’angolo tra il raggio luminoso e la superficie di separazione tra vetro e aria superi un certo
valore critico non si ha diffrazione del raggio luminoso ma completa riflessione ciò permette la trasmissione
dell’immagine da un’estremità all’altra della fibra ottica (fig. 5), tale fenomeno è ulteriormente esaltato ricoprendo
le fibre con un sottile strato di vetro a coefficiente di rifrazione più basso.
Fig.5
Dato che ogni singola fibra trasporta una porzione dell’immagine, il fascio deve essere composto in modo tale che
ogni fibra termini nella lente oculare nella stessa posizione in cui esso si origina nella lente obiettivo. Questo è
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detto allineamento coerente e permette la formazione dell’immagine di partenza nell’oculare, se le fibre avessero
disposizione casuale l’immagine risultante sarebbe irriconoscibile.
L’illuminazione è fornita da un secondo fascio di fibre ottiche che trasportano la luce di una sorgente esterna ad
alta intensità, tale fascio non necessita di avere allineamento coerente.
La parte terminale della sonda può essere angolabile nelle quattro direzioni (alto/basso – destra/sinistra) per mezzo
di comandi meccanici o pneumatici permettendo di ottenere un maggior campo visivo.
Boroscopi e fibroscopi sono generalmente collegati a telecamere che raccolgono l’immagine dalla lente oculare
per trasferirla su un monitor, sono anche disponibili videoendoscopi nei quali il sensore CCD della telecamere è
posto direttamente sulla testa dell’ endoscopio pertanto i fasci di fibre ottiche vengono utilizzati esclusivamente
per il trasporto della luce.
Calibro per saldatura ad angolo: permette di misurare in modo semplice e rapido la lunghezza del lato cordone
e determina se vi è sufficiente altezza di gola. Questo calibro è di base un comparatore in quanto per verificare la
dimensione si confronta la parte del calibro, corrispondente alla dimensione accettabile della saldatura, con quella
del cordone da controllare.
Sul calibro sono ricavati degli archi per creare spazio al cordone da controllare. La dimensione accettabile è incisa
sulla parte corrispondente del calibro. Il calibro viene posizionato perpendicolarmente contro il componente
saldato. Con questi calibri è possibile controllare il maniera precisa e rapida cordoni d’ angolo da 3 a 25mm.
Fig. 6
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Calibro per saldatura Palmgreen: con questo calibro è possibile misurare le dimensioni delle saldature ad
angolo, la reale altezza di gola dei cordoni d’angolo sia convessi che concavi, il sovrametallo delle saldature testa
a testa e le distanze tra i lembi
Fig. 7
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Calibro Cambridge: questo calibro può misurare velocemente l’angolo di preparazione dei lembi, lo
livellamento, la dimensione dei cordoni, l’eventuale incisione marginale come visibile nelle figure che seguono.
Fig. 8
Altri tipi di calibri per saldatura sono riportati nella specifica EN 970.
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5.0 SALDATURA
Al fine di individuare i difetti tipici di una saldatura è necessario conoscere quali sono i vari tipi di processi di
saldatura e le cause che portano alla formazione dei vari tipi di difetti a seconda del tipo di materiale e o processo
impiegato.
Per saldatura si intende un processo che realizza l’unione di due parti metalliche per formare un unico
complessivo avente continuità di materiale.
Possiamo distinguere diversi metodi di saldatura a seconda dell’uso di materiale di apporto o meno o del l’uso di
calore o pressione per realizzare l’unione; in generale si possono dare le seguenti definizioni:
saldatura omogenea: una saldatura è detta omogenea quando il materiale base è uguale al metallo d’apporto
saldatura eterogenea: una saldatura è detta eterogenea quando il metallo base è diverso da quello d’apporto
saldatura autogena: una saldatura è detta autogena quando il materiale base fonde e prende parte alla
composizione del giunto
saldatura eterogena: una saldatura è detta eterogena quando il materiale base non fonde e non prende parte alla
composizione del giunto che è formato dal solo materiale d’apporto.
saldatura per fusione: si ha quando il collegamento dei pezzi è ottenuto mediante fusione e susseguente
solidificazione dei lembi, con o senza interposizione di metallo d’apporto
saldatura per pressione: si ha quando il collegamento dei pezzi è ottenuto esercitando una pressione meccanica
sui pezzi da unire. L’azione della pressione deve essere combinata col calore necessario per far raggiungere i
pezzi allo stato pastoso , generalmente senza l’impiego di metallo d’ apporto.
Nella tabella che segue sono classificati alcuni dei metodi di saldatura più noti, di alcuni dei quali è data una
descrizione del principio di base di seguito, alla saldatura TIG sarà dedicato un apposito capitolo nel seguito
Saldatura ossiacetilenica
Ad elettrodi rivestiti
Automatico
Ad arco
Semiautomatico
sommerso
A doppio filo
Con elettrodo di
Tungsteno TIG
Saldatura ad arco Con filo continuo
in Argon MIG
In atmosfera
Saldature autogene per fusione gassosa
Con filo continuo
in CO2 MAG
All’ Idrogeno
atomico
Al plasma
Sotto scoria elettroconduttrice
Alluminotermia
A fascio elettronico (Electron beam)
Ad ultrasuoni
Laser
Per punti
A resistenza elettrica A rulli
Saldature autogene per pressione A scintillio
Per frizione
Saldobrasatura
Dolci
Alla fiamma
Ossigas
Saldature eterogenee Brasatura
In forno
capillare Forti
A resistenza
elettrica
Ad induzione
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Saldatura ad arco : Si tratta di una saldatura per fusione che utilizza una sorgente di calore di natura
termoelettrica. Il calore nella zona di fusione è ottenuto mediante l’arco voltaico che scocca tra i pezzi da saldare
ed il metallo d’apporto, detto elettrodo. Entrambi fanno parte di un circuito elettrico al quale l’energia è fornita da
una macchina detta saldatrice.
Esistono diversi metodi di saldatura che sfruttano il calore prodotto dall’arco elettrodo:
Saldatura con elettrodo rivestito: In questo caso l’elettrodo oltre a provvedere a costituire uno dei due poli tra i
quali scocca l’arco fornisce anche il materiale d’apporto per la saldatura essendo l’elettrodo stesso fusibile. Il
rivestimento dell’elettrodo in parte vaporizza fornendo l’atmosfera protettiva al bagno fuso ed in parte fonde per
poi solidificare sotto forma di scoria che ricopre il cordone proteggendolo dall’ossidazione durante il
raffreddamento.
Legenda:
A Anima
B Gocce di metallo
d’apporto
C Scoria liquida
D Bagno di fusione
E Elettrodo
F Scoria solidificata
G Deposito solidificato
L Gas protettivi
M Metallo base
N Rivestimento
Fig. 9
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Saldatura ad arco sommerso: In questo procedimento l’arco elettrico scocca tra un elettrodo fusibile A (vedi
fig. 10) ed il metallo base B mantenuto sotto protezione di un flusso granulare C. Tale flusso alimentato da una
tramoggia D, cade immediatamente davanti al punto da saldare e ricopre i lembi in modo tale che l’arco avanzando
ne risulti sempre protetto. Il materiale d’apporto è u filo nudo E che funge anche da elettrodo e viene fatto
avanzare con un dispositivo automatico F. I vantaggi di tale procedimento sono la grande penetrazione e
conseguentemente una velocità di esecuzione più elevata ed un minor numero di passate nella saldatura di forti
spessori. Un limite è dato dal fatto che possono essere eseguite solo saldature in piano.
Fig. 11
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Fig. 12
Saldatura al plasma: Se un gas neutro viene riscaldato oltre un certo limite ad esempio attraverso un arco
elettrico si ha la formazione di plasma , un particolare stato della materia caratterizzato da elevati livelli di energia
cinetica e conseguentemente termica. Il plasma si ottiene con una speciale torcia di forma cilindrica in materiale
refrattario, nell’interno della quale viene fissato un elettrodo di Tungsteno A (fig. 13) .Il gas entra dalla parte
superiore della torcia e a contatto con l’arco elettrico B si ionizza. Si ha così il raggiungimento di temperature
dell’ordine di 20000°C nella zona C. La torcia è energicamente raffreddata con una circolazione d’acqua nella sua
intercapedine. Il gas ionizzato tende a strozzarsi in corrispondenza dell’ugello della torcia, mentre il gas essendo
in temperatura tende a espandersi tutto ciò provoca un aumento della velocità di uscita del gas. Ciò impedisce
al’arco di espandersi lateralmente e lo riduce ad un dardo. Il materiale di apporto viene introdotto sotto forma di
bacchetta o di filo continuo.
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Fig. 13
Saldatura a fascio elettronico (electron beam): questo metodo utilizza come sorgente di calore un sottile e
velocissimo fascio di elettroni diretti contro i pezzi da unire. Gli elettroni emessi dal catodo vengono fortemente
accelerati da una tensione regolabile sino a 30000V e quindi attraverso un foro praticato nell’anodo continuano la
corsa verso il metallo base. All’atto dell’urto l’energia cinetica degli elettroni si trasforma in calore portando a
fusione il metallo. La saldatura si esegue in una camera in tenuta stagna e sotto vuoto non sono quindi necessari
gas protettivi. Questo metodo consente elevate penetrazioni e alte velocità di saldatura con cordoni molto stretti
(fig. 14).
Fig. 14
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Legenda:
1 Catodo
2 Griglia
3 Anodo
4 Visore ottico
5 Raccordo per il vuoto del cannone
6 Valvola di intercettazione del
cannone
7 Camera sotto vuoto
8 Dispositivo di focalizzazione
9 Raccordo di aspirazione aria
Fig. 15
Saldatura laser: Il laser è un emittente ottico che produce fasci estremamente concentrati di luce coerente . I fasci
concentrati da un sistema di lenti vengono focalizzati nella zona di saldatura,ottenendo una elevata densità di
energia che permette velocità di saldatura molto elevate fino a 10m/minuto. L’avvento di nuove sorgenti sta
rendendo possibile l’applicazione di questa tecnica anche alla saldatura di leghe di Alluminio.
Al fine di condurre una corretta valutazione di un giunto di saldatura è necessario sapere interpretare i simboli di
saldatura richiamati dai disegni. Esistono due diverse codifiche: la codifica europea (EN22553) e la codifica
americana (AWS A2.4).
Nel caso del programma Delta si farà sempre riferimento alla codifica americana secondo AWS A2.4 che prevede
Quanto illustrato nello schema che segue:
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yyyyyy
xxxxxx
Se la scritta è posta al di sotto della linea di quota (xxxxxx) del segno di saldatura il diritto del cordone
corrisponde al lato indicato dalla freccia, nel caso in cui la scritta sia posta al di sopra della linea di quota (yyyyy)
allora il lato diritto è quello opposto alla freccia .
Nel caso della normativa europea il criterio è esattamente l’opposto, lungo la linea di quota possono essere
riportate indicazioni relative al metodo di saldatura , il tipo di materiale d’apporto, la preparazione dei lembi etc.
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Al fine di poter comprendere i fenomeni che avvengono durante una saldatura e come si originano le
principali difettologie tipiche della saldatura è necessario dare qualche nozione sulla struttura della materia.
I metalli come qualsiasi sostanza sono composti da atomi che per i nostri scopi possiamo considerare come se
fossero il più piccolo costituente della materia. Se consideriamo un metallo allo stato liquido e immaginiamo di
poter osservare gli atomi che lo costituiscono , osserveremmo un insieme disordinato.
Fig. 16
Immaginiamo ora di raffreddare il nostro metallo fino a farlo solidificare completamente, se osserviamo gli atomi
vediamo che essi iniziano a raggrupparsi e a disporsi in modo ordinato in modo da formare un reticolo.
Fig. 17
Gli atomi sono quindi regolarmente allineati , disposti a distanze regolari e possiamo supporre che formino una
gabbia immaginaria che chiamiamo reticolo cristallino. Ora immaginiamo di considerare un metallo diverso da
quello di prima e ripetere l’esperimento, otterremo sempre una forma solida ma vediamo che gli atomi sono
disposti in modo diverso da prima pur avendo una disposizione ordinata. Quello che differisce tra i due reticoli è
la cella elementare che possiamo definire come la più piccola “gabbietta” di atomi che mantiene tutte le
caratteristiche di simmetria del cristallo. Se ripetessimo questo esercizio con tutte le sostanze che solidificano in
forma di cristalli otterremmo 14 diverse celle elementari possibili (vedi figura 18).
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Fig. 18
Grani
cristallini
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Se finora abbiamo fatto riferimento a un metallo puro , consideriamo adesso una lega di due metalli A e B in una
rapporto ben preciso tra loro ad esempio 20%A e 80% B rappresentata dalla linea blu nel grafico temperatura
concentrazione degli elementi di lega di figura 19.
Quando la nostra lega si trova allo stato liquido i due metalli si trovano nella proporzione nominale, se iniziamo a
diminuire la temperatura in modo molto lento osserveremo che quando la temperatura arriva al punto A che si
formano dei nuclei di solidificazione con una certa struttura ordinata, nel grafico la linea 1(azzurra tratteggiata)
indica la composizione di questa porzione di metallo solido che si è formata , possiamo veder che è molto vicina
alla composizione nominale della lega, mentre la linea azzurra tratteggiata 2 indica la composizione del liquido
rimanente. Come si può vedere a questo punto la composizione del liquido è molto vicina a quella nominale della
lega madre, mentre il solido è composto quasi esclusivamente dal metallo A. A mano a mano che la temperatura
scende la proporzione tra metallo A e B nel liquido e nel solido varia.
Quando il la temperatura raggiungerà la posizione B del grafico di figura avremo che il liquido sarà quasi
scomparso ed avrà la composizione indicata dalla linea tratteggiata verde 3, mentre il solido avrà la
composizione 4, per temperature inferiori a C tutto il metallo si trova allo stato solido.
Liquido
A
B
C
Liquido + solido
Solido
B%
0 100%
100% A%
4 0
1 2 3
Fig. 19
Dalla descrizione si potrebbe essere indotti a pensare che il nostro metallo abbia una composizione non costante e
che sia per così dire composto da una serie di strati con composizione diversa. Ciò non è vero, infatti,
semplificando, possiamo immaginare che mentre il raffreddamento procede gli atomi dei due singoli metalli si
spostano nel reticolo cristallino che si sta formando in modo da distribuirsi in modo omogeneo. Inoltre in molte
leghe come gli acciai durante il raffreddamento avvengono trasformazioni del reticolo cristallino ad esempio da
cubico corpo centrato a cubico a facce centrate che vengono sfruttate nel corso dei trattamenti termici degli acciai.
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Se noi raffreddiamo un acciaio lentamente da temperature superiori ai 900°C diamo modo alla struttura di
modificarsi completamente, ma se il raffreddamento avviene in modo brusco come nella tempra gli atomi di
Carbonio in eccesso non possono essere espulsi e rimangono intrappolati all’interno del reticolo che si sta
trasformando, pertanto si ha la formazione di una struttura intermedia che risulta distorta come illustrato in figura.
La struttura metallografia che ne risulta prende il nome di martensite. Un acciaio che sia stato raffreddato
velocemente e presenti questa struttura risulta essere duro ma molto fragile. Per diminuire questa fragilità al
trattamento di tempra generalmente si fa seguire un trattamento di rinvenimento che riduce le tensioni nel reticolo
della martensite dando modo ad una parte del Carbonio in eccesso di abbandonare il reticolo.
Fig. 21
La formazione della martensite non dipende solo dalla velocità di raffreddamento dell’acciaio ma anche dal tipo di
accaio che si considera esistono infatti acciai per i quali si ha la formazione di martensite anche per raffreddamenti
in aria (acciai inossidabili martensitici come l’Aisi 410modificato) e acciai per i quali è necessario un
raffreddamento molto veloce per ottenere la martensite.
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Questa rapida e semplificata descrizione di ciò che avviene durante un trattamento di tempra su acciai è necessaria
per comprendere l’origine di alcuni difetti tipici delle saldature e la metallurgia di una saldatura
Nel corso di una saldatura per fusione si ha un grande apporto di calore in una zona abbastanza limitata della parte
in produzione con conseguente fusione di una porzione di metallo. Questa grande quantità di calore provoca un ‘
alterazione del materiale che circonda la zona fusa . Pertanto in una saldatura per fusione possiamo individuare tre
zone ben distinte:
Zona fusa: è la porzione di materiale che è stato portato a fusione e quindi risolidificato.
Zona termicamente alterata: è la porzione di materiale più vicina alla zona fusa. In questa zona sono state
raggiunte temperature inferiore a quella di fusione del materiale base ma sufficienti a cambiare le caratteristiche
del materiale.
Materiale base: materiale dei due lembi da unire che non ha subito nessuna influenza dal processo di saldatura.
Materiale Base
Zona fusa
Zona
Termicamente
Alterata
Fig. 22
A seconda del materiale che stiamo saldando (acciaio, alluminio, Titanio) nella zona fusa e termicamente alterata
potremo avere caratteristiche meccaniche più alte o più basse a causa delle diverse trasformazioni che avvengono
in questi tre tipi di leghe nel corso del raffreddamento.
In particolar modo nel caso di acciai martensitici si avrà la formazione di martensite sia in zona fusa che in zona
termicamente alterata con conseguente innalzamento delle caratteristiche meccaniche del giunto saldato.
cricche: si può definire cricca una discontinuità originatasi per strappo in un materiale metallico originariamente
continuo. Sono difetti indicati come bidimensionali in quanto sono lunghi e profondi con andamento frastagliato e
bordi ravvicinati. Sono da considerarsi come il più grave difetto che si può avere in una saldatura. Le cricche
possono presentarsi sia in zona fusa che termicamente alterata:
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Fig. 23
Cricche a freddo (da idrogeno): si formano durante il raffreddamento del cordone quando la temperatura si
avvicina a quella ambiente. Generalmente si manifestano nella saldatura di acciai al Carbonio o acciai basso legati
in presenza di elevati tenori di Carbonio forti tensioni di ritiro e strutture martensitiche.
Tale fenomeno si può verificare anche dopo ore che è stata completata la saldatura a causa dell’elevato
tensionamento del reticolo cristallino che viene indotto dalla presenza dell’idrogeno, pertanto gli acciai che sono
soggetti a questo tipo di cricche subiscono preriscaldi prima della saldatura oppure trattamenti di distensione ( ad
esempio nel case dell’ AISI 410 modificato) dopo la saldatura per evitare la formazione di strutture martensitiche
o per diminuirne la durezza.
Fig. 24
Strappi lamellari : sono tipiche dei giunto a T in particolar modo su materiali che sono ricchi di impurezze e
inclusioni . Anche in questo caso le condizioni di vincolo più rigide aumentano la possibilità che si formi il difetto.
Fig. 25
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Mancanza di penetrazione e di fusione: discontinuità tra i lembi del cianfrino provocate dalla mancata fusione di
uno o di entrambi i lembi da saldare. Esistono diversi casi possibili:
Fig. 26
Incollature: Sono simili alle mancanze di fusione, ma tra lembo e zona fusa è interposto uno strato di ossido.
Questo difetto compromette la resistenza meccanica del giunto.
Incollatura
Fig. 27
Inclusioni: Sono difetti situati in zona fusa dovuti alla presenza di sostanze diverse dal metallo costituente il
cordone inglobate nel cordone. Casi particolari sono le inclusioni di scoria e quelle di Tungsteno.
Inclusioni di scoria: Sono cavità contenenti scoria o scoria e gas ed hanno forma tondeggiante o allungata. Sono
tipiche di saldature ad elettrodo rivestito o di saldature ad arco in più passate nelle quali non si sia curata in modo
adeguato la pulizia tra passate successive.
Inclusioni di Tungsteno: Sono costituito da Tungsteno in forma di pezzetti o schegge raggruppate, sono difetti
tipici della saldatura TIG.
Inclusioni gassose o Porosità: Sono cavità provocate da gas che sono rimasti intrappolati nel bagno. Possono
essere provocate da sporcizia, grasso, umidità presenti sui lembi o da una protezione del bagno non corretta o
eccessiva.
Difetti di profilo
Eccesso di sovrametallo: è tipico dei giunti di testa comporta una diminuzione della resistenza del giunto a
causa delle irregolarità e delle maggiori concentrazioni di carico che si hanno ai bordi del sovrametallo
Fig. 28
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Incisioni marginali: si tratta di depressioni sui ianchi del cordone, sono spesso causati dall’uo di corrente troppo
elevata o da deviazioni dell’arco.
Fig. 29
Irregolarità superficiali: E’ dovuta a scarsa capacità del saldatore e conferisce un brutto aspetto al cordone le cui
maglie anziché essere disposte parallelamente una di seguito all’altra, hanno andaento irregolare,con variazioni del
profilo del cordone, avvallamenti eccetera.
Slivellamento dei lembi:E dovuto generalmente ad un montaggio imperfettoche non permete di ottenere una
saldatura regolare. Nel migliore dei casi si ha una brusca variazion del profilo, altrimenti si può arrivare alla
mancanza di fusione di uno dei lembi
Fig. 30
Spruzzi: Sono depositi più o meno grandi e dispersi , generalmente incollati alla superficie del metallo base.
Possono generare piccole cricche sulla superficie del materiale base o fare da puno di attacco per la corrosione.
Colpi d’arco:
Consistono in una fusione localizzata del materiale base avvenuta generalmente senza deposito di materiale
d’apporto.
Sono difetti tipici dei procedimenti manuali ad arco provocati da scarsa cura del saldatore che innesca l’arco sul
materiale base e non come è regola su un lembo del cianfrino. Tali fusioni localizzate sono spesso accompagnate
da cricche di cratere che possono anche essere profonde.
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Vengono riportate di seguito alcune nozioni relative alla saldature TIG così come vengono esposte nei corsi per
saldatori TIG con qualifica europea.
Nella saldatura TIG (fig. 31) viene utilizzato l’arco elettrico come sorgente di calore per la fusione dei lembi e
del materiale d’apporto. L’arco scocca tra il pezzo da saldare e un elettrodo in Tungsteno (T), materiale che fonde
a temperature superiori a 3000°C, per tale motivo l’elettrodo viene detto in fusibile.
L’elettrodo è fissato ad una torcia (P) raffreddata da una circolazione d’acqua, dalla bocca della torcia esce anche
il gas protettivo proveniente dalla bombola attraverso un tubo (G). Il metallo d’apporto viene fornito da una
bacchetta B, il morsetto di massa (M) e l’elettrodo sono collegati attraverso i cavi elettrici (F) ad un generatore di
corrente .
Fig. 31
- corrente alternata: con questo tipo di corrente alla frequenza industriale di 50 Hz, l’arco si
dovrebbe accendere e spegnere 100 volte al secondo. La tensione disponibile ai morsetti della
saldatrice non è sufficiente a permettere queste continue accensioni dell’arco in un atmosfera di
gas inerte si utilizza pertanto un dispositivo chiamato “arco pilota” o generatore di alta frequenza
, i cui impulsi, sovrapposti alla tensione normale di alimentazione permettono la riaccensione
dell’arco.
- Corrente modulata o pulsante: si utilizzano due livelli di corrente , tra i quali varia
continuamente la corrente stessa , in modo da produrre una pulsazione periodica dell’arco. Con
questa pulsazione, si ottiene un cordone di saldatura costituito praticamente da una
sovrapposizione continua di punti di saldatura, depositati quando la corrente assume il valore
massimo, che formano un cordone continuo.
6.1 ATTREZZATURA
Elettrodi di Tungsteno: gli elettrodi sono in Tungsteno e possono essere legati con Torio (elettrodi toriati) ciò
favorisce l’innesco ma riduce la temperatura di fusione dell’elettrodo. Il diametro dell’elettrodo deve essere scelto
in funzione del tipo di corrente che si impiega e della sua intensità. Anche la preparazione dell’estremità
dell’elettrodo a punta o arrotondata dipende dal tipo di corrente che si utilizza.
Torce per saldatura TIG: possono essere raffreddate ad aria (per correnti fino a 200 A) o ad acqua . Sono
provviste di una pinza porta Tungsteno e di connessioni per il collegamento elettrico e per l’alimentazione del gas
inerte. Possono montare ugelli ceramici intercambiabili.
Ugelli ceramici: sono usati per dirigere correttamente il gas inerte nella zona da saldare. Il diametro viene scelto
dal saldatore in funzione del diametro dell’elettrodo di Tungsteno impiegato e della portata del gas inerte richiesta
La funzione principale del gas di protezione è di tenere lontana l’aria dal bagno di saldatura , dall’elettrodo e
dall’estremità della bacchetta di materiale d’apporto, per evitare contaminazioni del deposito di saldatura. Inoltre
il gas non deve né ossidare il bagno né l’elettrodo in fusibile pertanto il gas deve essere inerte.
Generalmente si utilizzano Argon, Elio o loro miscele:
Argon: permette di avere un arco più stabile ma un bagno meno caldo, è indicato maggiormente nella saldatura di
spessori sottili. E’ inoltre necessaria una minore quantità di gas minore in quanto essendo l’Argon più pesante
dell’aria staziona stabilmente sul bagno fuso.
Elio: L’ arco in Elio sviluppa una quantità di calore molto superiore a quanto avviene in Argon, ciò permette
velocità di saldatura più elevate .Essendo questo gas più leggero dell’aria sono necessarie maggiori quantità di gas
per garantire la protezione. Bisogna inoltre considerare il costo quasi doppio dell’Elio rispetto all’Argon.
Miscele Elio Argon: sono usate per avere gas protettivi di caratteristiche intermedie tra quelle dei due
componenti.
La protezione al rovescio è raccomandata quando si esegue la prima passata di giunti di testa a piena penetrazione,
per i quali non è prevista la ripresa al rovescio. I gas utilizzabili sono Argon, Elio e loro miscele. Per ottenere una
protezione interna efficiente ,ad esempio nel caso di saldatura di tubi, occorre un lavaggio iniziale, da realizzare
con una quantità di gas almeno uguale a sei volte il volume da riempire. L’afflusso del gas dovrà poi essere
mantenuto come richiesto dalle procedure applicabili.
L’arco elettrico può essere deviato dall’azione magnetica della corrente che tende a deviare l’arco dalla retta
passante per l’asse dell’elettrodo di tungsteno.
Questo fenomeno può essere di notevole disturbo all’ opera del saldatore e, rendendo difficile il controllo del
bagno di fusione, può essere la causa di gravi difetti di saldatura. Per rendere minimo il disturbo provocato dal
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flusso magnetico (che non si manifesta quando si usa alimentazione con corrente alternata), è necessario
posizionare correttamente le prese di massa:
quando si comincia una saldatura la presa di massa va disposta all’estremità finale del giunto, mentre
successivamente va trasportata all’inizio dello stesso; come soluzione di compromesso si può posizionare la presa
a metà del giunto, sdoppiandola in modo da averne una su ogni lembo; ciò evita le inclinazioni trasversali
dell’arco.
Quanto detto vale per la saldatura in corrente continua ed è indipendente dalla polarità dell’alimentazione.
Le bacchette per saldatura TIG in commercio sono, nella maggior parte dei casi, classificate ed identificate
secondo i criteri delle normative americane AWS .
La simbologia della norma AWS 5.9 relativa alle bacchette per la saldatura di acciai inossidabili si basa
esclusivamente sulla composizione chimica del deposito; essa prevede le lettere iniziali ER seguite da tre cifre
che richiamano la designazione AISI del materiale.
Le bacchette devono essere marcate in modo che non sia possibile confondere bacchette di materiali diverse. Si
raccomanda di conservarla in ambiente pulito e protetto dalla formazione di ossidi o deposito di umidità, è
consigliato l’immagazzinamento i fornetti termostatati o in armadi con atmosfera protettiva di gas inerte.
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Il materiale usato per la produzione del serbatoio del secondo stadio di Delta II è un acciaio inossidabile
martensitico: AISI 410 Modificato (AMS 5505)
Questo acciaio pur essendo considerato inossidabile è suscettibile all’ossidazione ed alla corrosione, ciò a causa
del fatto che il suo contenuto in Cromo corrisponde al contenuto minimo richiesto per considerare inossidabile un
acciaio, gli altri elementi di lega presenti . La caratteristica degli acciai inossidabili martensitici è di poter essere
sottoposti a trattamenti di tempra e successivo rinvenimento ottenendo strutture martensitiche. Inoltre le velocità di
raffreddamento che sono richieste per ottenere strutture martensitiche sono tali da permettere la tempra in aria.
Ciò fa si che in un giunto saldato di tale tipo di acciai si ottengono strutture martensitiche sia in zona fusa che in
zona termicamente alterata e quindi sono necessarie operazioni di pre riscaldo e post riscaldo o trattamenti di
distensione dei giunti per evitare cricche a freddo da Idrogeno.
Nell’ambito del programma Delta le saldature vengono eseguite con tecnologia TIG sia automatico che manuale,
utilizzando come materiale d’apporto filo in AISI 410mod. per le saldature di lembi in questo materiale.
Fig.32
Di seguito vengono riportati i criteri di accettabilità da applicare all’esame visivo delle saldature così come
riportati nella specifica applicabile STP0431.
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Di seguito vengono elencate una serie di precauzioni, per gli operatori di saldatori coinvolti nel programma ed una
carrellata di difettologie osservate nel corso dello sviluppo del processo con le relative cause. Molte delle
precauzioni che seguono appaiono banali, ma la loro presenza nell’ elenco è dovuta al verificarsi difetti anche di
notevole impatto a causa di sviste o dimenticanze.
- si raccomanda di seguire sempre la check list allegata alle procedure di processo provvedendo
alla notifica delle eventuali non conformità.
- Per tutte le configurazioni di saldatura verificare che le bobine e le bacchette di filo d’apporto
siano del materiale corretto e che siano sempre correttamente identificate.
- Assicurarsi di utilizzare sempre materiali d’apporto che sia stati correttamente immagazzinati tra
una saldatura e l’altra.
- Avere cura di utilizzare i materiali ausiliari indicati dalle specifiche e procedure applicabili in
particolar modo per quanto riguarda le operazioni di pulizia pre e post saldatura.
- Avere cura di maneggiare le parti saldate o da saldare con guanti bianchi e puliti in particolare
modo evitare che le superfici che si troveranno all’interno del serbatoio a fine assemblaggio
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siano soggette a sporcarsi, verificare accuratamente la pulizia delle superfici interne prima di
qualsiasi saldatura di chiusura.
- Nel caso si verifichino dei colpi d’arco segnalarli immediatamente senza procedere a nessun tipo
di rilavorazione della zona difettata.
- Prestare particolare attenzione nella saldatura di parti aventi spessori sottili per evitare la
formazione di risucchi al rovescio.
- Non spazzolare le saldature circonferenziali dopo la prima passata per evitare l’intrappolamento
di materiali estranei nel coso della seconda passata.