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Éditions de la Sorbonne
Riflessioni conclusive
Cesare Alzati
DOI: 10.4000/books.psorbonne.29418
Editore: Éditions de la Sorbonne, École française de Rome
Luogo di pubblicazione: Éditions de la Sorbonne, École française de Rome
Anno di pubblicazione: 2015
Data di messa in linea: 29 luglio 2019
Collana: Histoire ancienne et médiévale
ISBN digitale: 9791035101473
http://books.openedition.org
Cesare Alzati
1. Mi è gradito cogliere l’occasione per rinnovare la mia riconoscenza verso le strutture accade-
miche che hanno fattivamente accolto l’invito alla collaborazione loro rivolto: primo fra tutti il
Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea diretto da Robertino Ghiringhelli, ma altresì
l’Istituto di Archeologia presieduto dalla compianta Maria Pia Rossignani, il Dipartimento
di Studi Medioevali, Umanistici e Rinascimentali guidato allora da Giancarlo Andenna, e
il Dipartimento di Storia dell’Economia, della Società e delle Scienze del Territorio «Mario
Romani» diretto da Maria Bocci.
La mémoire d’Ambroise de Milan. Usages politiques d’une autorité patristique en Italie (ve-xviiie siècle),
sous la direction de Patrick Boucheron et Stéphane Gioanni,
Paris/Rome, Publications de la Sorbonne/École française de Rome, 2015
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complesso (ossia per struttura e per interazione tra le sue diverse parti), di alto
significato metodologico.
nel 1961 (ma non immediatamente analizzato) in uno dei sette pozzi presenti
nell’area dell’edificio e chiusi dalla sua pavimentazione. Si tratta in partico-
lare di nove monete, il cui conio si colloca negli anni 330-336, 383-392, 383-
402. È evidente come tale dato possa essere percepito in termini di obiezione
radicale all’identificazione della basilica nova quale edificio pre-ambrosiano, e
con ciò venga a scompaginare un’opinione, che pareva ormai pacificamente
recepita. Al riguardo, peraltro, non posso non pensare al fatto che il com-
plesso dell’Anastasis gerosolimitana venne solennemente dedicato nel 335,
ma che il cantiere continuò ad essere aperto e pienamente attivo nei decenni
successivi4; e che proprio nell’area qui considerata il più tardo Duomo ebbe il
proprio altare solennemente consacrato da papa Martino V il 16 ottobre 1418,
ma nel contesto di un edificio ancora in costruzione e che sarebbe stato dedi-
cato da san Carlo soltanto il 20 Ottobre 1577. Ritengo che già questi semplici
assaggi possano segnalare la qualità del contributo e la sua importanza nel
quadro di una ricerca relativa alla mémoire d’Ambroise.
4. Cf. R. Salvarani, Il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Riti, testi e racconti tra Costantino e l’età delle cro-
ciate, Città del Vaticano, 2012 (Monumenta, Studia, Instrumenta Liturgica).
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6. C. Alzati: Residenza imperiale e preminenza ecclesiastica in Occidente. La prassi tardo antica e i suoi echi
alto medioevali, in Diritto e religione. Da Roma a Costantinopoli a Mosca. Rendiconti dell’XI Seminario
«Da Roma alla Terza Roma». Campidoglio, 21 Aprile 1991, a cura di M. P. Baccari, Roma, 1994 (Da
Roma alla Terza Roma. Rendiconti), p. 95-106; L’attività conciliare in ambito ecclesiastico milanese nel
contesto dell’Italia Annonaria tra tarda antichità e alto medioevo, in Albenga città episcopale. Tempi e dina-
miche della cristianizzazione tra Liguria di Ponente e Provenza. Convegno internazionale. Albenga, Palazzo
Vescovile, Sala degli Stemmi e Sala degli Arazzi, 21-23 settembre 2006, a cura di M. Mercenaro, Genova/
Albenga, 2007 (Istituto Internazionale di Studi Liguri. Atti dei Convegni, XIII), p. 231-266.
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vitae ed acta, e senza trascurare il Liber Pontificalis della Chiesa romana e quello
della Chiesa ravennate, giunge infine alla Passio Arialdi di Andrea di Strumi, in
cui Ambrogio viene immesso nei contrasti e nelle lotte suscitate dalla Pataria.
Dopo aver spaziato per varie aree d’Italia sulla scia di testi agiografici a esse
legati, l’itinerario delineato dal Tomea riapproda nuovamente a Milano e a
Sant’Ambrogio, con i due ultimi scritti censiti, la Vita di Satiro (s. VIIIex-IXin) e il
Panegirico di Marcellina (s. IXex-Xin): testi nei quali le vite dei personaggi presen-
tati si saldano inscindibilmente a quella di Ambrogio, tanto che la stessa san-
tità dei primi sembra configurarsi quale riflesso della santità del congiunto ;
per usare le gentili parole del Tomea: «un estremo dono fatto da Ambrogio ai
suoi fratelli».
Già questa specie di iter Italicum agiografico aveva raggiunto nella sua
estrema estensione cronologica il secolo XI, ossia gli anni della riforma eccle-
siastica romana. Questa diviene assolutamente centrale nel contesto della
memoria «testuale» legata alla elaborazione canonistica. Esemplarmente
accurato al riguardo il contributo di Roberto Bellini, reso particolarmente
accattivante dall’atteggiamento, che lo anima, di affettuoso omaggio reso al
maestro, Giorgio Picasso, nella cui scia si pone. Lo studio ha inteso ripren-
dere e approfondire le indagini sulla presenza dei testi ambrosiani nelle col-
lezioni canoniche. Otto preziose tabelle in appendice offrono un censimento
completo, globale e collezione per collezione, di tali presenze. Pensando al
riferimento ad Ambrogio formulato da Gregorio nelle sue relazioni con la
Chiesa milanese, Claire Sotinel ha ritenuto plausibile evocare il concetto di
«paradosso». Ritengo «paradosso» ben più evidente e macroscopico questa
diffusione della presenza di Ambrogio nelle collezioni canoniche d’orienta-
mento riformato a cominciare dalla Collectio Canonum di Anselmo di Lucca.
In tal modo, infatti, si trasformava in voce del disciplinamento accentratore
romano del secolo XI un autore che nel IV secolo, in quanto vescovo della
sedes Imperii, aveva intensamente vissuto quella breve stagione (già precedente-
mente segnalata), in cui la comunione ecclesiastica in Occidente, in forza dei
canoni Serdicensi, aveva operato in una condizione di concreta diarchia, tanto
che Paolino poté dire di Ambrogio: «erat in illo sollicitudo omnium ecclesiarum».
Il carattere paradossale di tale reclutamento del Padre milanese ad opera dei
riformatori «romani» risulta talvolta ulteriormente accentuato dalle modalità
con cui i testi furono abitualmente reperiti: non desumendoli dagli scritti cui
originariamente appartenevano, ma traendoli da florilegia o da altre colle-
zioni, nelle quali essi già erano stati sottoposti a un processo di estrapolazione
e collocati sotto rubriche che ne orientavano l’interpretazione. Gli esiti furono
di non poco conto. Roberto Bellini, segnalando l’utilizzazione dell’Expositio
euangelii secundum Lucam — «dunque di un trattato di genere esegetico» — in
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riferimento al tema del primato, osserva come sia stata «proprio l’età della
riforma a segnare il passaggio, in materia di primato romano, dalla imposta-
zione prioritariamente pratico-giuridica delle Decretali Pseudo-isidoriane a
quella teologica delle collezioni riformatrici». Si trattò, comunque, di un’ope-
razione compiuta con una disinvoltura nei confronti delle fonti non dissimile
da quella delle citate Decretali: Fabrice Delivré lo ha chiaramente evidenziato
in rapporto alla fortunata massima «Hereticum esse constat, qui a Romana ecclesia
discordat», inserita sotto il nome di Ambrogio nel Liber canonum di Bernoardo
di Hildesheim, ma con la quale in realtà si intendeva fare eco all’enunciato del
Dictatus papae «Quod catholicus non habeatur, qui non concordat Romanae ecclesiae»,
riletto nella linea di Pier Damiani e Deusdedit, che venivano configurando il
contrasto con Roma nei termini di eresia. Del resto l’intero quadro problema-
tico che ispirava le collezioni nate nel clima della riforma rifletteva una realtà
antropologica, ancor prima che ecclesiale, inconfrontabile con quella del
IV secolo, da cui provenivano i frammenti di Ambrogio, messi ampiamente
a frutto.
Va osservato come siffatto processo di reinterpretazione della memoria e
del lascito ecclesiale di Ambrogio col XII secolo abbia investito anche quello
che nel secolo precedente veniva chiamato l’Ambrosianum mysterium, ossia la
tradizione rituale della Chiesa milanese. Soltanto per limitati elementi tale
tradizione portava l’impronta diretta di Ambrogio, ma di fatto costituiva un
aspetto di vita ecclesiale comunemente avvertito come sua creazione ed ere-
dità. Dopo che (a partire dal 1088 circa) venne inserendosi nell’alveo della
riforma romana anche la Chiesa milanese, quella ch’era stata la sua comples-
siva e articolata tradizione ambrosiana (una compiuta tradizione ecclesiale
fatta di diritto, prassi istituzionale, dottrine, norme disciplinari, spiritua-
lità) dovette essere riformulata e fu ridotta — ecclesiologicamente depoten-
ziata — a mera tradizione rituale. Il che, peraltro, ulteriormente accentuò il
significato di un complesso di testi e di forme cultuali, le cui radici affonda-
vano nella tarda antichità cristiana e la cui continuità si è mantenuta — sep-
pure con consapevolezza ecclesiologica sempre più estenuata — fino ai nostri
giorni.
La terza sezione, in cui si articola il vasto materiale qui raccolto, pone in
contatto con le dinamiche che hanno determinato pesanti modificazioni nella
mémoire d’Ambroise, potremmo dire una sua decisiva metamorfosi. Tali tras-
formazioni non sono, peraltro, frutto di un’evoluzione interna alla memoria
stessa, sono il riflesso anche su tale memoria degli sconvolgimenti profondi,
a livello ideologico e istituzionale, determinatisi nella vicenda dell’Occi-
dente europeo in una fase, che non a caso Claudio Leonardi ebbe a evocare
con queste parole: «Quando rifletto sul secolo XI, devo confessare che lo
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7. C. Leonardi, Medioevo latino. La cultura dell’Europa cristiana, Firenze, 2004 (Millennio Medievale,
XL : Strumenti e Studi, n. s., II), p. 405.
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8. Cf. P. Carmassi, Libri liturgici e istituzioni ecclesiastiche a Milano in età medioevale. Studio sulla forma-
zione del lezionario ambrosiano, Münster, 2001 (Liturgiewissenschaftliche Quellen und Forschungen, 85 :
Corpus ambrosiano-liturgicum, IV), p. 157-160.
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che in tale sua seconda fase abbia fatto propria la sentenza in questione (V, 7)
costituisce un’ulteriore conferma del valore emblematico che tale sentenza di
fatto assunse in quel contesto. Con estrema chiarezza il Delivré ha altresì mos-
trato come lo scontro di quegli anni tra la Chiesa milanese e il papato riforma-
tore (scontro caratterizzato da due appelli ad Ambrogio ecclesiologicamente
antitetici), risolvendosi, abbia trovato espressione oltremodo eloquente del
proprio superamento per l’appunto in una memoria di Ambrogio riconciliata
e dalle due parti condivisa. Concreta dimostrazione di tale esito e i relativi
frutti si sono potuti verificare, unitamente alle inevitabili incongruenze, nel
ricordato episodio di Martino Corbo. Come si è già preannunciato, l’ultima
parte del contributo del Delivré è dedicata alla presenza a Milano di Bernardo
di Chiaravalle, e alla sua efficace opera di pacificazione nel segno della indis-
cussa fedeltà cisterciense alla Sede Apostolica. In tale circostanza l’abate fu
salutato a Milano quale «Ambrosius redivivus»: possiamo trovare anche in questo
la tangibile attestazione della nuova prospettiva ecclesiologica, che la mémoire
d’Ambroise era venuta ormai assumendo. L’esito compiuto di tale processo può
vedersi nel De magnalibus Mediolani di Bonvesin de la Riva, che nel 1288 venne
dichiarando essere sempre stata la Chiesa milanese il sicuro baluardo del
primato romano e configurò Ambrogio semplicemente quale artefice dell’of-
ficium Ambroxianum: un depotenziamento ecclesiologico dell’ambrosianità,
ridotta a fatto rituale, che già attorno al 1140 il ms. Ambr. I 152 Inf. faceva
apertamente trasparire9. Miriam Rita Tessera, al termine del suo contributo,
s’era posta il quesito di cosa il misterioso Landolfo Seniore avrebbe potuto
dire se fosse stato testimone della ricomposizione unitaria della comunità
milanese realizzata da Bernardo, che per questo dagli Ambrosiani veniva
acclamato quale «Ambrogio uscito dalla tomba». Personalmente ritengo che
non avrebbe avuto esitazioni a far proprie le parole del «primo» Arnolfo: «O
insensati Mediolanenses, quis vos fascinavit ? Heri clamastis unius selle primatum, hodie
confunditis totius ecclesiae statum, vere culices liquantes et camelum glutientes … Certe,
certe non absque re scripta sunt hec in Romanis annalibus. Dicetur enim in posterum
subiectum Romae Mediolanum».
Sistematicamente cancellata ogni implicazione ecclesiologica che potesse
conferire alla memoria di Ambrogio significati istituzionali in riferimento
alla comunione delle Chiese nella loro articolata unità e identificata nella
sottomissione all’autorità romana la caratteristica propria dell’ecclesiologia
ambrosiana, il supporto ideologico della preminente autorità dell’arcivescovo
9. Cf. C. Alzati, La scientia Ambrosiana di fronte alla Chiesa greca nella Cristianità latina del secolo XI,
in Cristianità d’Occidente e Cristianità d’Oriente (secoli VI-XI), II, Spoleto, 2004 (LI Settimana di Studio
della Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo: 24-30 aprile 2003), p. 1184 ss.
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10. Cf., oltre a quanto osservato alla nota 5, il recente volume Sant’Ambrogio e i santi Cirillo e
Metodio. Le radici greco-latine della civiltà scrittoria slava. Atti della giornata di studio (26 maggio 2009),
Milano/Roma, 2010 (Slavica Ambrosiana, I).
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