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Il volgare a bboce

Dentro e fuori il bosco germanico - Diamo un'occhiata a


quest'Europa "barbarica", a questa Romania (con l'accento
su -ma-) frammentata. Non sappiamo con precisione quanti
fossero i Germani penetrati nei territori dell'Impero. In termini
assoluti, probabilmente non molti. Certo i dati importanti, in
questa cartografia antropica a macchia di leopardo,
dovevano essere il rapporto percentuale con la popolazione
indigena e con la densità. Di fatto, qua e là si crearono
comunità che parlavano lingue germaniche all'interno del
mondo latino. Là dove le nuove comunità presero il
sopravvento in forza del loro numero, la lingua germanica
soppiantò quella latina (e poi quella romanza). Reno,
Danubio, Alpi istituirono nuovi confini naturali. A est del
Tarvisio si stabilì la frontiera slavo-romanza. Dove invece la
struttura demografica indigena resse, resse anche la latinità
linguistica pre-romanza. Anche se variegato a seconda delle
aree e della specifica identità delle popolazioni germanofone
(franconi, goti, longobardi), il mondo del latino volgare subì
una non pervasiva influenza quasi esclusivamente in termini
lessicali, conservando alcuni segni giunti fino alla fase
romanza. Guardiamo i fenomeni più sistematici, di là dai
singoli prestiti lessicali, che sono discesi fino all'italiano:
suffissazione (-aldo, cfr. il toponimo, cioè il nome di luogo,
Certaldo; -ardo, cfr. testardo; -esco, cfr. romanesco; -engo,
cfr. il toponimo Bussolengo); antroponimia, cioè il complesso dei nomi di persona (Roberto ¤
Rodebert 'splendente' [bert] per 'fama'; Alberto ¤'tutto splendente'; Norberto ¤ 'Nord
splendente'); toponimia (Gualdo ¤ Wald 'bosco'; Fara [cfr. Fara S. Martino] ¤ Fȃra 'comunità
di tribù'; Sala [cfr. Sala Consilina] 'casa di campagna'). Più importante, ai fini del nostro
discorso, che punta a capire quando si realizzò il trapasso dal latino volgare al volgare
romanzo (non definibile come italiano, ma come insieme distinto dal latino e articolato in varie
realtà locali - diciamo dialettali, per capirci), è avere presente questa nuova realtà fatta di spazi
politico-amministrativi separati (i regni romano-barbarici), con nuove capitali, sedi vescovili,
mercati, potentati locali. E un ceto dirigente che non è più di origine senatoria romana, ma
composta di gruppi misti, con capi germanici che masticano poco di latino. Certo, il Latino -
quello con la L maiuscola - mantiene intatto il suo prestigio di lingua espressione di una cultura
superiore. È il latino della Chiesa (del Vangelo e della liturgia), il latino dell'amministrazione
pubblica e del diritto, il latino della scuola (anche se questa è in decadenza). Ma in questa
situazione, tra l'universalistica lingua colta e i vari usi parlati distribuiti nella Romània lo iato è
ormai una frattura. Inoltre, chi davvero conosceva bene il latino classico? Non molti, in verità.
Nell'Alto Medioevo, a un livello anche medio-alto di competenza, il latino viene innanzitutto
pronunciato in modo differente, da zona a zona, facendo affiorare dizioni di fonemi che
caratterizzeranno poi le varie lingue romanze. Per di più, in ambito religioso più che laico, si
era teorizzata la necessità di adoperare per iscritto un latino più facile per farsi comprendere
da chi (per esempio, la maggioranza dei fedeli) non lo conosceva. Insomma, un latino, come si
scrisse, circa romançum, 'vicino al romanzo', con nuove caratteristiche nelle quali, in
controluce, si potevano leggere tratti della "rustica romana lingua" che si andava parlando
nella vita di tutti i giorni. Studiosi ipotizzano una condizione di dilessia: ovvero di lettura (in
pubblico: da parte di officianti i riti religiosi davanti ai fedeli; di notai davanti ai convenuti) con
pronuncia di tipo ormai romanzo del testo scritto latino, già scritto peraltro in un latino non più
classico per andamenti e strutture sintattici, scarti morfologici, nuovo lessico.

Addio latino bello


Con la riforma promossa da Carlo Magno (siamo nell'800), anticipata dai monaci britannici in
ambito religioso, del latino dei padri viene promossa la conoscenza nel ceto intellettuale,
clericale e laico. Ciò non fa che trasformare la frattura (ricordate? Da iato a frattura...) in
abisso: in questo modo, il latino classico è condannato alla massima distanza dal volgare
eloquio della popolazione. Del fatto si ha coscienza in alto loco. Nell'813 il Capitolare di Tours
prende atto che chi non studia il latino, il latino non lo capisce più, e quindi dispone l'obbligo
per i vescovi di aperte transferre (tradurre in modo chiaro) le loro omelie in rusticam romanam
linguam, cioè in volgare o in tedesco.

La domanda cruciale
Quando si realizzò dunque il trapasso dal latino volgare al volgare romanzo? Una cosa è la
coscienza che se ne ha da parte dei più colti e avvertiti, altra è la certificazione "oggettiva" in
sede di analisi storica a secoli di distanza. C'è chi dice, per quanto riguarda l'Italia: tra il VI e
l'VIII secolo. Però, se dobbiamo attenerci ai testi - rari e tutti di argomento pratico, in quanto la
letteratura è di dominio latino -, bisogna almeno arrivare al IX secolo.

Una scritta murale


Ebbene sì, la prima traccia scritta del volgare, cioè di un volgare di una zona d'Italia, è stata
vergata, anzi, graffita, su un muro, su una parete della catacomba di Commodilla, a Roma.
Sembra proprio che nella cappella sotterranea della catacomba, divenuta poi "cripta" dei santi
Felice e Adàutto, ci sia la testimonianza (quanto meno parziale) di un parlato volgare. Ecco il
testo del graffito:

NON / DICE / REIL / LESE / CRITA / ABBOCE

che si può trascrivere così:

Non dicere ille secrita abboce

La frase significa 'non dire (que)i segreti a voce alta'. I "segreti" hanno, in ambito religioso, a
quell'altezza cronologica, un senso tecnico preciso: si tratta delle "orazioni segrete" della
messa. Probabilmente chi ha scritto la frase, un religioso, magari un prete che celebrava un
rito sacro nella catacomba, ha inteso ricordare in modo incontrovertibile ai correligionari di
recitare a voce bassa il canone della messa, così come si usò fare a partire dal secolo VIII. Il
tratto linguistico più interessante, che ci porta decisamente in ambito volgare, è abboce 'a
voce (alta)'. La grafia testimonia la pronuncia con betacismo (passaggio da DV latina a bb,
attraverso d¥â; da AD VOCE(M) a abboce) e il raddoppiamento fonosintattico, fenomeno
tipico del toscano - e poi dell'italiano - e, in gran parte, delle parlate centro-meridionali, quale
era il nascente volgare di Roma, per cui nella pronuncia, dopo monosillabi e polisillabi ossitoni
(con l'accento sull'ultima sillaba) si realizza un raddoppiamento della consonante seguente (il
nome Treccani, univerbazione di tre e cani, realizza parimenti nella grafia questo fenomeno
fonetico). Notiamo che secrita è un femminile plurale che viene giù per li rami da un neutro
plurale latino (SECRETUM; pl. SECRETA), ma era letto secreta, essendo la i una semplice
resa grafica per é (e chiusa) da Ē latino, secondo una prassi scrittoria del periodo
precarolingio. Ille è il dimostrativo latino che qui ha già funzione e quindi significato di articolo.
Dicere morfologicamente «va considerato volgare a Roma, dove s'è usato in modo esclusivo
per tutto il medioevo», mentre «il proibitivo singolare espresso mediante non + infinito è
proprio, oltre che dell'italiano e di tutti i dialetti italiani, del rumeno, del retoromanzo e
dell'antico francese» (Arrigo Castellani).

Silverio Novelli
This is not an easy question to answer at all.

First of all we must remember that Italian didn't exist as a written


language at least until the end of the XVth century and, as a spoken one,
almost until the XXth. It is basically a form of the vernacular spoken in
Florence, with several adaptations.
On its place there existed several different vernacular languages - also
known as "dialects", because of their relative similarities

Italian vernacular dialects aren't per se nothing else than the natural
evolution of the Latin Language in a certain place of the Italian
penininsula during the High Middle Age.
Before Italian dialects were born, there was in fact what we call now
"vernacular latin", a form of the latin language anticipating several
syntactic, morphologic, and phonetic features we can now find out in
Italian. It is just a form of the "sermo vulgaris" which Latin always had
but had previously been prevented to emerge -in literary works- because of
the "collective censorship" typical of every language, in particular when
the speakers' community is cohesive and control over language is sticter.

Thus, at the beginning, those features we now study in manuals of Romance


Philology or History of the Italian Language as typical of some Italian
dialects, and can track out from many written sources, were considered
errors, corruptions of the "correct" spelling.
A commonly quoted document of this attitude is the so called "Appendix
Probi", written around 700 A.D. where a long list of errata is given, with
the correct form in a parellel column.
However, this is not Italian vernacular, yet.

From the middle of the VIII century on, we have some clues that a vernacular
language different from the above mentioned medioeval form of Latin begun to
make some strong pressure in some written documents, but we have still no
written evidence of its existence.
The wight and prestige of Latin was in fact still so strong in the Italian
peninsula, that it was unthinkable to perform an act like that we see in the
famous Oath of Strasbourg (842 A.D.), official date of birth of the French
vernacular, whereby Louis the German, ruler of the eastern Frankish kingdom
and his brother, Charles the Bald, ruler of the western Frankish kingdom,
pledged their allegiance to each other and their opposition to the Emperor,
their elder brother Lothar: Charles -who was French speaking - swore his
oath in German, Louis -who was German speaking - in French.

The first sentence written in a language which is meant by the writer as


*different* from the one he's writing in -Latin, of course- is the "Placito
Capuano" (960 A.D.). It is an official declaration whereby some people
testify that a plot of land belongs to the Abbey of Montecassino. Unlike
what was the common practice until then, the notary chose to transcript the
formula the witnesses uttered *in the same language in which it was
uttered*, and not to translate it into Latin.
This is the reason why this piece of paper is also considered as the act of
birth of the Italian language.

With Moderators' indulgence:

The sentence found in the "Placito Capuano" is the following:


"Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette
parte S(an)c(t)i Benedicti".
("I know that those lands within those borders which are hereby described
have been held for thirty years by the party [scil. in the juridical action]
of Saint Benedict" ).

As to something more relevant with the topic of our list:

There is another interesting written document of the early Italian


vernacular which has much to do with liturgy, and may also be dated before
the famous "Placito Capuano".
It is an inscription, or better a graffiti, which has been found in the
Roman Catacomb of Commodilla, in the crypt of Sts Felix and Adauctus.
The text was vigorously carved on a fresco dated from VI-VII century. It
must be written before the second half of the IX century, when the crypt was
abandoned.
The writing is a mix of roman capitals and oncial.
It reads as follows:

NON DICERE ILLA SECRITA ABBOCE

Which can be translated "Do not say the secrets aloud".


According to the unanimous scholarly interpretation, this is a liturgical
prescription.
A priest who usually celebrated the Mass in the catacomb was warning other
priests (maybe from other countries?) not to say some prayers -presumably
the Canon- aloud.

From a linguistic point of view, it is clear from the last word -"abboce"-
that the writer was trying to imitate the way he pronounced the sentence,
but was unsure how to do it. What, at a first sight, might seem a somewhat
"dirty" Latin, is likely to be one of the first documents of the Italian
vernacular language.

The real point is: when was the inscription carved? Paleography and the
history of Art can only give some very cautious clues: maybe VIII century.
Liturgist might give an important contribution to the dating, defining when
a priest could possibly need to warn his confrères no say aloud those
prayers he was already accostumed to consider "secret".

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