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ABBREVIAZIONI
A., Acc.: Accusativo.
a.: aggettivo.
Ab., Abl.: Ablativo.
ÅTM., Å.: Åtmanepada.
avv.: avverbio.
Caus.: Causativo.
comp.: comparativo.
cong.: congiunzione.
D., Dat.: Dativo.
d., dua.: duale.
Den.: Denominativo.
f.: femminile.
f.d.: forma debole.
f.f.: forma forte.
G., Gen.: Genitivo.
H.: Hitopadeça (ed. Peterson, Bombay, 1887).
i.f.c.: in fine di composto.
i.p.c.: in principio di composto.
impf.: imperfetto.
ind., indecl.: indeclinabile.
indef.: indefinito.
inter.: interiezione.
interr.: interrogativo.
K.S.S.: Kathåsaritsågara (ed. Durgaprasad-Parab, Bombay, 1903).
Kåd.: Kådambarî (ed. P. V. Kane, Bombay, 1921).
L., Loc.: locativo.
m.: maschile.
Mbh.: Mahåbhårata (ed. critica).
N., Nom.: Nominativo.
n.: neutro.
N.P.: nome proprio.
P.: Pañcatantra (ed. Kielhorn-Bühler, Bombay, 1891-96).
p.f.p.: participio futuro passivo.
p.p.a.: participio passato attivo.
PAR.: Parasmaipada.
pass.: passivo.
pl.: plurale.
prep.: preposizione.
prs.: persona.
S., Str.: Strumentale.
s.: singolare.
scr.: sanscrito.
sup.: superlativo.
T.: Tantråkhyåyikå (ed. Hertel, Berlino, 1910).
V., Voc.: Vocativo.
2
PARTE PRIMA
FONETICA
I. Alfabeto, pronuncia, accentazione.
SORDE SONORE
semivocali
semplici
semplici
sibilanti
aspirate
aspirate
lunghe
v®ddhi
nasali
brevi
gu±a
Gutturali
Gutturali k kh g gh º a å
Palatali
Palatali ç c ch j jh ñ i î e ai y
Cerebrali
Cerebrali ß ¥ ¥h ∂ ∂h ± ® ° ar år r
Dentali
Dentali s t th d dh n ¬ — al ål l
Labiali
Labiali p ph b bh m u û o au v
Varie
Varie ¿ h µ
Nota Bene. Le sorde occlusive sono anche dette tenui; le sonore occlusive sono anche
dette medie. Ordine alfabetico: a, å, i, î, u, û, ®, °, ¬, e, ai, o, au, k, kh, g, gh, º, c, ch,
j, jh, ñ, ¥, ¥h, ∂, ∂h, ±, t, th, d, dh, n, p, ph, b, bh, m, y, r, l, v, ç, ß, s, h.
÷ (anusvåra), il più raro anunåsika (¯) e ¿ (visarga) non sono mai iniziali di parola.
2. PRONUNCIA E ACCENTAZIONE.
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CARLO DELLA CASA
3. Le vocali, soprattutto delle sillabe radicali, nel corso della flessione e nella
formazione dei derivati possono presentarsi in grado diverso: esistono cioè dei fenomeni
d’apofonia collegati con l’accentazione, analogamente a quanto succede in altre lingue
indoeuropee (cfr. germ. werfen, warf, geworfen, Wurf; greco peivqw, e[piqon, pevpoiqa). I
grammatici indiani partono dal grado debole o ridotto o zero, che è caratterizzato dalla
mancanza di a; facendo precedere a alla vocale della sillaba (con gli esiti usuali
nell’incontro delle vocali, cfr. 14-16) s’ottiene il grado normale o pieno o gu±a;
facendo precedere al gu±a un’altra a s’ottiene il grado allungato o v®ddhi, «incremento».
Si ha quindi il seguente schema:
gu±a a (a, å) e o ar al
v®ddhi å ai au år ål
1
In realtà, mentre per alcune radici a vocalismo a il grado zero si distingue dal grado pieno per
l’assenza di a (es.: pt- : pat-; s- : as-), molto più frequentemente grado zero e grado pieno coincidono
(es.: bhaj-, car-, ås-). I grammatici indiani esprimono ciò dicendo che a è il gu±a di a. Le radici a
vocalismo a, comprese quelle che hanno il saµprasåra±a (v. qui sotto), vengono sempre citate al
grado pieno (pat-, nam-, as-, ås-, bhå-, vac-, svap-); le altre vengono citate al grado zero (bhû-, k®-, ji-,
nî-).
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CORSO DI SANSCRITO
La linguistica comparata parte invece dal grado pieno. Ciò permette di spiegare meglio
alcuni casi. Ad es.: da yaj-, «sacrificare», togliendo a si ha ij- (< *yj-), da cui si forma
ij-yate, «è sacrificato»; partendo dal grado zero e facendo il gu±a s’avrebbe non yaj-
ma un non attestato *ej. 2
a) La nasale sonante indoeuropea (mfl o nfl ) diventa a nel grado zero davanti a
consonante, diventa m, n davanti a vocale. Si ha quindi:
Es.: gam-, «andare»: ga-ta-, ja-gm-ur, «andato, sono andati» : a-gam-at, «andò» :
ja-gåm-a, «è andato». Han-, «uccidere»: ha-ta-, (g)hn-anti, «ucciso, uccidono» : han-ti,
«uccide» : hån-tra-, «morte, strumento di morte».
1
La lineetta giustapposta indica che si tratta d’una forma in «stato tematico», ossia non declinata o
coniugata, o d’una radice verbale.
2
Esiste un certo numero di radici e di temi nominali che hanno nel grado pieno gli elementi va, ya,
ra, mentre compaiono u/û, i/î, ®/° nel grado zero, che ha nome saµprasåra±a (termine che indica sia
la «vocalizzazione» delle semivocali v, y, r quando siano private di a, sia le vocali u/û, i/î, ®/° che
«emergono» da questa riduzione). Così il saµprasåra±a di vac-, «dire», svåp-, «dormire», vap-,
«spargere», vas-, «abitare», vah-, «portare», yaj-, «sacrificare», grah-, «afferrare», çvan-, «cane»,
ana∂vah-, «toro», saranno rispettivamente uc-, sup-, up-, uß- (41 c), uh-, ij-, g®h-, çun-, ana∂uh-.
All’inverso può dirsi che queste radici e questi temi passano dal grado zero al grado pieno
«rovesciando» il gu±a, ossia posponendo a alla vocale radicale, che pertanto si semivocalizza (17).
Es.: uc- : *uac- > vac-.
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CARLO DELLA CASA
6. I gruppi consonantici sono ridotti alla prima consonante. Fanno eccezione -rk, -r¥,
-rt, -rp, quando sono radicali o sostituti di radicali.
Es.: bhavan < *bhavants, «esistente»; abibha¿ < *abibhart (12), «portò» (-t è
desinenza); ma avart < *avarts ovv. < *avartt, 2ª e 3ª s. aor. ved. di v®t-, «trovarsi»;
urk < *urjs, «forza» (8).
7. Le occlusive (escluse le palatali) si riducono alla sorda non aspirata della propria
serie: kh, g, gh > k ; ¥h, ∂, ∂h > ¥ ; th, d, dh > t ; ph, b, bh > p.
Es.: samit < *samidhs, «combustibile»; suh®t < *suh®ds, «amico»; stup < *stubhs,
«grido di gioia»; ma samidham, suh®dam, stubham, Acc. sing.
6
CORSO DI SANSCRITO
9. M rimane immutata quando è di desinenza (es.: adåm, aor. rad. di då-, «dare»;
açvam, Acc. s. di açva-, «cavallo»); diventa n quando è finale radicale o tematica1 (es.:
agan < *agaµs o *agaµt, 2ª e 3ª s. aor. ved. di gam-, «andasti, andò»; praçån <
*praçåµs, «calmo»; garîyån < *garîyåµs, comp. di guru-, «gravis».
11. Sillabe radicali inizianti per g, d, b e finienti in sonora aspirata (gh, dh, bh, h)
ripristinano sulla sonora iniziale l’aspirazione (perduta per la legge di Grassmann),
quando essa vien meno nella finale.
Es.: -dhuk < *duhs (< *dhughs), «mungitore»; bodh-ate (38), «si sveglia», ma
bhot-syate (7 e 39), «si sveglierà», fut. di budh- (< *bhudh-). Cfr. greco qricov$ ma
qrivx. 2
12. R, s diventano ¿.
Es.: puna¿ < *punar, «di nuovo»; açva¿ < *açvas, «il cavallo».
13. Il sandhi (< saµdhi, cfr. 40 c, nota), «congiunzione, composizione», è fenomeno
tipico del sanscrito, nel quale vocali e consonanti incontrandosi subiscono, per ricerca
d’eufonia, modificazioni soggette a regole rigorose, molto più di quanto non accada in
altre lingue indoeuropee. Il sandhi esterno riguarda le modificazioni che subiscono i
fonemi iniziali e finali sia di parole grammaticalmente distinte che vengono in
1
Si tratta probabilmente dei resti d’un processo d’assimilazione con la dentale o la sibilante dentale,
poi cadute. Es.: *agamt > *agant > agan.
2
Il fenomeno non si verifica davanti a -dhi, desinenza imperat. 2 a sing. Es.: dug-dhi, «mungi», da
duh- ; ma dhug-dhve < *duh-dhve, «voi mungete» (7 e 22).
7
CARLO DELLA CASA
contatto, sia di temi nominali che vengono accostati nei composti: evidentemente gli
esiti sono diversi a seconda della posizione occupata dalle singole parole nell’insieme
della frase o nell’interno dei composti. Il sandhi interno riguarda il comportamento dei
fonemi all’interno delle singole parole (ad es. nella declinazione e nella coniugazione).
In generale le regole sono comuni per i due tipi di sandhi.
17. î ⁄, û⁄, ° ⁄ davanti a vocale dissimile diventano y, v, r (semivocalizzazione delle
vocali).
Es.: trî±y etåni < *trî±i etåni, «queste tre cose»; svakßa- < *su-akßa-, «dai begli
occhi»; kartrî- < *kart®- î-, «fattrice».
18. e, o + å, î ⁄, û⁄, ° ⁄, e, o diventano a + å, î ⁄, û⁄, ° ⁄, e, o (con iato).
Es.: prabha ehi < *prabho ehi, «o signore, vieni!»; vana ®ßi¿ < *vane ®ßis, «nella
foresta [c’è] l’asceta».
Osservazioni. Si trova anche, seppure raramente, la soluzione ay, av, che è comune nel
sandhi interno (cfr. 35).
Es.: prabhav ehi; gajay åste, ovv. gaja åste < *gaje åste, «è seduto sull’elefante».
1
Talvolta può essere utile, per evitare ambiguità (peraltro volute nella grafia originale), segnare con
un accento circonflesso la vocale o il dittongo esito di sandhi.
Es.: nåbhijåta- < *nåbhi-jåta-, «nato dall’ombelico [di Viß±u], epiteto di Brahmå», ma nå { bhijåta- <
*na abhijåta-, «non nato [di buona famiglia], ignobile»; modakam, «confetto», ma môdakam < *må
udakam, «non l’acqua, basta con l’acqua»; saikata¿, «sabbioso», ma saîkata¿ < *så ekata¿ «da un
lato essa».
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CORSO DI SANSCRITO
Es.: vane ’vasat < *vane avasat, «nella foresta abitava»; gaje ’sti < *gaje asti, «è
sull’elefante»; purußo ’sti < *purußo asti (30 a), «c’è un uomo».
21. -î, -û, -e, -o non soggiacciono alle regole anzidette se sono desinenze di duale o
finali d’interiezioni.
Es.: kanye åsåte atra, «le due fanciulle siedono qui»; açve iva, «come due giumente»,
Nom. dua. f. (açva iva < *açve iva, «come sul cavallo», ovv. < *açva¿ iva [30 b],
«come il cavallo»); aho Indra, «oh, Indra!».
23. T finale davanti a palatale, cerebrale, l s’assimila alla seguente; inoltre t + ç = c ch.
Es.: tac ca < *tat ca, «e questo»; taj jalam < *tat jalam, «quest’acqua»; tal labhate <
*tat labhate, «ottiene ciò»; tac chåstram < *tat çåstram, «questo trattato».
24. Tenue + h diventa media + media aspirata: t + h > d dh; k + h > g gh etc.
Es.: tad dhi < *tat hi, «ciò infatti»; våg ghi < *våk hi, «la parola infatti».
25. Ch iniziale diventa cch dopo vocale breve, å, må; inoltre si comporta similmente
all’interno di parola.
Es.: na cchindanti < *na chindanti, «non tagliano»; må cchaitsît, «non tagli!», aor. di
chid-; ciccheda, «egli tagliò», perf. di chid-.
1
Si ricordi che le consonanti finali di cui qui si tratta sono gli esiti determinati dalle norme
descritte nei §§ 5-12.
2
Davanti alle occlusive, m finale può anche mutarsi nella nasale omogenea dell’occlusiva (cfr.
40 c). Es.: kiµ karoßi ovv. kiº karoßi, «che fai?»; kiµnara- ovv. kinnara-, kiµpurußa- ovv. kimpurußa-,
«esseri favolosi».
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CARLO DELLA CASA
Es.: sann atra < *san atra < *sants atra, «che è qui»; pratyaºº åsîna¿ < *pratyañcs
åsînas (8), «seduto verso occidente»; ahaµ tam açvaµ paçyåmi, «io vedo quel cavallo».
27. N finale davanti a occlusiva sonora palatale, cerebrale, ç, si muta nella nasale della
stessa serie della seguente (ç può diventare ch [23]); n + l > ¯l + l.
Es.: tåñ janån < *tån janån, «queste persone»; tåñ çaçån (ovv. tåñ chaçån) < *tån
çaçån, «queste lepri»; tå¯l lokån < *tån lokån, «questi mondi».
28. N finale davanti a occlusiva sorda palatale, cerebrale, dentale diventa µ e inserisce
davanti alla sorda una sibilante corrispondente alla stessa. Così: -n + c- > -µç + c-; -n
+ ¥- > -µß + ¥-; -n + t- > -µs + t-.
Es.: v®kåµç ca paçyati, «e vede i lupi» (< *v®kån ca); tåµs tån < *tån tån, «questi e
quelli»; pataµs taru¿ < *patan tarus, «l’albero cadente».
Osservazioni. In realtà si tratta, per la sibilante, non d’un’inserzione, bensì della
conservazione, nel sandhi, di forme antiche (ad es. l’Acc. m. pl. era in -ns: *vrkåns,
cfr. got. wulfans, ant. pruss. deiwans). La regola fu poi estesa a tutti quei casi in cui
compariva una nasale, anche se non derivante dal gruppo ns.
Es.: abharaµs tatra < *abharan tatra, «portarono là». Vedi, per la conservazione nel
sandhi di forme altrimenti perdute, franc. a-t-il?, dal lat. habet ille.
C. Visarga finale.
29. Il visarga finale:
a) rimane davanti a sorda gutturale, labiale, sibilante e in fine di verso;
b) davanti a sorda palatale, cerebrale, dentale si muta nella sibilante
corrispondente alla sorda.
Es.: açvå¿ khådanti gardabha¿ pibati, «i cavalli mangiano, l’asino beve»; pûjita¿ Çiva¿,
«fu onorato Çiva»; bhråtaras trayaç ca, «e i tre fratelli»; ku¥haraiß ¥aºkaiç ca, «con le
asce e con le vanghe».
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CORSO DI SANSCRITO
32. A¿, å¿, se risalgono ad ar, år (12), davanti a tutte le sonore riprendono l’antica
forma.
Es.: puna¿ puna¿, «sempre di nuovo»; punar ågacchati < *puna¿ ågacchati, «di
nuovo torna»; dvår eßå < *dvå¿ eßå «questa porta».
33. ¡ ⁄¿, û⁄¿, °¿, e¿, ai¿, o¿, au¿ davanti a tutte le sonore diventano î ⁄r , û⁄r, °r, er,
air, or, aur.
Es.: ravir udeti < *ravi¿ udeti, «il sole sorge»; pitur g®he < *pitu¿ g®he, «nella casa del
padre»; svas°r ajanayat < *svas°¿ ajanayat, «generò delle sorelle».
34. R finale, originario ovvero secondario per 33, cade davanti a r allungando la
vocale precedente.
Es.: nîråga- < *nir-råga- < *ni¿-råga-, «spassionato»; çiçû roditi < *çiçur roditi, «un
fanciullo piange»; punå ramate < *punar ramate, «di nuovo gode»; bhråtå rakßa <
*bhråtar rakßa, «o fratello, proteggi».
V. Sandhi interno.
Le regole del sandhi esterno valgono in generale anche per il sandhi interno. Esiste
tuttavia qualche fatto particolare.
35. E, o, ai, au davanti a vocale e dittongo diventano ay, av, åy, åv.
Es.: naya- < *nea-, tema del pres. di nî, «condurre»; bhava- < *bhoa-, tema del pres.
di bhû-, «essere»; nåvå < *nauå, Str. s. di nau-, «con la nave».1
1
Davanti a y, o diventa sempre av, e diventa talvolta ay. Es.: bhav-ya- < *bho-ya-, «futuro»;
gav-ya- < *go-ya-, «bovino»; çay-yå < *çe-yå, «divano»; ma je-ya-, ne-ya-, Kaunte-ya-.
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CARLO DELLA CASA
37. Davanti a vocale, ° diventa ir, davanti a consonante diventa îr (ûr dopo labiale);
davanti a desinenza iniziante con y diventa ri dopo consonante semplice, ar dopo
® Ÿ
due consonanti.
Es.: kir-ati < *k°-ati, «versa»; kîr-±a- < *k°-na-, «versato»; pûr-ta- < *p°-ta- e pûr-±a-
< *p°-±a- «riempito, pieno»; mri-yate < *m®-yate, «si muore», ma smar-yate < *sm®-yate,
«è ricordato».
38. Davanti a desinenza o suffisso iniziante con vocale, semivocale, nasale (escluso il
suffisso -na- del p.p.p.), le consonanti finali di radice e di tema rimangono immutate.1
Es.: samidh-am, ma samid-bhis (< *samit-bhis < *samidh-bhis, 7 e 22 a); dviß-mas,
«odiamo», ma dvi∂-∂hve, «voi odiate» (< *dvi¥-dhve < *dviß-dhve, 10 e 41 a); vac-mi,
«io dico», ma vak-ti, 8; çak-noti, «può», ma çag-dhi, imperat. ved. di çak-; cit-ra-,
«variegato», da cit-; bhid-yate, «è rotto», ma bhin-na- (< *bhit-na- < *bhid-na-, 7 e 22 b),
«rotto»; yat-na-, «sforzo», da yat-, ma san-na-, «seduto», da sad-.
39. Davanti a desinenze o suffisso inizianti con consonante (esclusa nasale a meno che
non si tratti del suffisso -na- del p.p.p.) le consonanti finali di radici e di temi sono
soggette al trattamento di finale assoluta e alle regole del sandhi esterno (con le
eccezioni di 40).
Oltre agli esempi di 38 si veda: lap-syati, fut. di labh-, «ottenere», 7; bhot-syati, fut.
di budh-, «svegliarsi», 7 e 11; chin-na- < *chit-na- < *chid-na-, «tagliato», 7 e 22 b;2
1
Il trattamento della consonante finale davanti a desinenza o suffisso iniziante con m, y, v non è
sempre univoco. Vedi per es.: çak-man- «potenza», e çag-ma-, «poderoso», da çak-; manas-vin-,
«riflessivo», e våg-vin-, «eloquente» (da våc-); tapas-vin-, tapas-vat-, tapo-vat-, «dedito all’ascesi»;
garut-mat-, «alato», e kßun-mat-, «affamato» (da kßudh-mat-, 7, 22 b); sek-ya- e sic-ya-, p.f.p. di sic-,
«irrigare»; a-gan-ma, ja-gan-vas-, aor. e p.p.a. di gam-. Cfr. anche 41 b, c.
2
Alcune radici in -j- (bhañj-, «rompere», bhuj-, «piegare», majj-, «sprofondare», ruj-, «spezzare»,
vij-, «tremare») davanti al suff. -na- mantengono la gutturale occlusiva, contro 22 b: bhag-na-,
bhug-na-, mag-na-, rug-±a- (41 b), vig-na-. Vedi anche lag-na-, da lag-, «aderire», åk-na-, da åc-
(a-ac-), «piegare», e v®k-±a-, da vraçc-, «tagliare a pezzi», con saµprasåra±a.
12
CORSO DI SANSCRITO
å-dhve < *ås-dhve, «voi sedete», 31; rund-dhve < *runt-dhve < *rundh-dhve, «voi
ostacolate», 7 e 22 a; yuºk-tha < *yuñj-tha,1 «voi congiungete», 8; jagan-tha <
*jagam-tha, «sei andato», 9.
1
Si noti che per le radici inserenti una nasale (cl. VII, § 91) non si ha riduzione del gruppo
consonantico alla prima consonante. S’incontrano tuttavia yuº-tha, yuº-te (ipersanscritismo?).
13
CARLO DELLA CASA
1
La diversità degli esiti possibili di h dipende dalla diversità dell’origine. H può risalire alla velare
ie. gh, oppure alla palatale ie. ˚gh, la quale ultima è passata (in fase preistorica) a sibilante media
aspirata *˚zh, che ha sonorizzato e aspirato la tenue che veniva dopo, cerebralizzandosi (41 c) e
cerebralizzandola (41 a), cadendo poi (come spesso le sibilanti in antico indiano, 40 e) e allungando
per compenso la vocale precedente, esclusa ®. Si ha quindi: *li˚gh-te > *li˚zh-te > *li˚z-dhe > *liz˘ -dhe
> *liz≥ -∂he > *lî∂he; però d®∂ha-, «fissato», da d®h-. Si noti l’esito eguale di due processi diversi in
lî∂he < *lihte e in lî∂hve < *lihdhve (*li˚gh-dhve > *li˚zh-dhve > *li˚z-dhve [7] > *liz≥-dhve >
*liz≥-∂hve > lî∂hve). Si noti ancora che l’allungamento di compenso è o in vo∂hum, da vah-, e in
so∂hum, da sah-, «superare» (< *vaz≥∂hum, *saz≥∂hum e cfr. 30 a).
2
Si noti che la finale di sam-, «con», è trattata per lo più secondo 26 b: saµpatti-, «fortuna»,
saµgama-, «incontro», sameta-, «dotato». Fa eccezione samråj-, «sovrano», e i suoi derivati, mentre
il termine sandhi (< saµdhi) deve essere considerato una semplificazione d’origine recente.
14
CORSO DI SANSCRITO
g) Osservazioni.
l. Non sempre viene osservata la distinzione d’origine per quanto riguarda il
trattamento di h finale di radice.
Es.: da druh-, «essere ostile», si hanno sia drogdha- sia dro∂ha-; da snih-, «aderire»,
si hanno snigdha- e snî∂ha-; da muh-, «essere sconvolto», si hanno mugdha- e mû∂ha-.
2. Nah-, «legare», al p.p.p. fa naddha-.
3. Ch, kß si comportano per lo più come ç e ß.
1
Anche in questo caso la diversità dell’esito è provocata dalla diversità dell’origine. Scr. j risale
alla velare ie. g ovvero alla palatale ie. ˚ g, la quale, in determinate condizioni, diventa sibilante nelle
lingue satem.
Es.: scr. yuj-, gr. zugovn, lat. iug-um, lituano iúng-us; scr. m®j- gr. ajmevlgw, lat. mulgere, lituano
mils-ti.
2
Secondo i grammatici indiani s davanti a t, th cade nell’aor. in -s- dopo vocale breve.
Es.: ak®-ta < *ak®-ß-ta, adi-ta < *adi-ß-ta, 3 a s. aor. ÅTM. di k®- e då-; ma akår-ß-¥a, anaµ-s-ta,
acai-ß-¥a, 2 a pl. aor. PAR. di k®-, «fare», nam-, «piegarsi» e ci-, «raccogliere». Le prime forme sono
però probabilmente aoristi medi radicali (cfr. del resto forme come abodhiߥam, aor. in -iß-, senza
caduta di s).
3
In realtà i passaggi sono stati: *ane-s-dhvam > *aneßdhvam (41 c) > *anez≥dhvam (22 a) >
*anez≥∂hvam (41 a) > ane∂hvam.
15
CARLO DELLA CASA
Es.: prach-, «chiedere»: p®ß¥a- (< *p®chta-), prakßyåmi; cakß-, «raccontare»: cakße (<
*caß-se < *cakß-se), caߥe (< *cakß-te), ca∂∂hve (*cakß-dhve > *caß-dhve > *ca¥-dhve >
*ca∂-dhve > ca∂∂hve 41 a), etc. Invece in jakß-, «mangiare», la finale si comporta
come gh: jagdhum (< *jagh-tum), vedi anche l’imperativo jagdhi (< *jagh-dhi, 7 e
22 a).
4. Ben illustrativo del vario comportarsi di ç in sandhi è la coniugazione della
radice vaç-, «volere». Pres. ind.: vaçmi (38), vakßi (40 f), vaߥi (40 d), uçva¿ (38) etc.;
impf.: avaçam, ava¥, ava¥ (6, 8); imperat.: vaçåni, u∂∂hi (*uç-dhi >*u¥-dhi > u∂∂hi, 8,
22 a, 41 a).
1
S rimane dentale nella declinazione di puµs-, «uomo», e nella coniugazione e nei derivati di
hiµs-, «uccidere».
Es.: puµså, Str. s.; ahiµså-, «non violenza».
16
CORSO DI SANSCRITO
PARTE SECONDA
LA DECLINAZIONE
I. Generalità.
1
Il termine scr. per «caso» è kåraka, che indica la relazione d’un nome rispetto al verbo (lett. «ciò
che rende realizzata [l’azione del verbo]»). Vocativo e Genitivo non sono considerati kåraka: il primo
è avulso dalla frase, il secondo indica una relazione tra due nomi.
17
CARLO DELLA CASA
A) Temi in vocale.
43. Temi in -a Ÿ-, m. e n. Deva-, m., «dio»; yuga-, n., «giogo»
singolare duale plurale
45. Molti aggettivi a tre terminazioni seguono per il m. e il n. il § 43, per il f. il § 44.
Es.: påpa¿, påpå, påpam, «malus, mala, malum». Molti aggettivi formano il femm.
con il suff. -î-, sostituito alla finale -aŸ- (cfr. 51). Es.: sundara¿, sundarî, sundaram,
«bello». L’Acc. n. s. d’un aggettivo serve come avverbio. Es.: çîghra-, «rapido»,
çîghram, «rapidamente».
1
Nei paradigmi si danno le forme in pausa; ¿ finale risale a s, salvo esplicito richiamo.
2
Per deveßu, agnißu etc. cfr. 41 c.
18
CORSO DI SANSCRITO
46. Temi in -ı Ÿ-, -uŸ-, maschili. Agni-, m., «fuoco»; våyu-, m., «vento».
Osservazioni. I temi in -ı Ÿ-, -uŸ- si declinano in maniera analoga: con l’eccezione del
Loc. s., si passa dall’una all’altra declinazione sostituendo la vocale caratteristica nei
vari gradi (rispettivamente î, y, e, ay da un lato e û, v, o, av dall’altro).
48. Temi in -ı Ÿ-, -uŸ-, femm. Mati-, f., «pensiero»; dhenu-, f., «vacca».
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CARLO DELLA CASA
Osservazioni. La flessione dei temi neutri in -ı Ÿ-, -uŸ- è molto influenzata dalla
flessione dei temi in -n- (come se il tema fosse vårin- e madhun-). Per forme come
våri±å cfr. 41 b.
51. Temi in -î-, -û-, f., polisillabici. Devî-, «dea»; vadhû-, «donna».
Osservazioni. I temi in -î-, -û- sono tutti femminili. Si noti la differente desinenza per
il N. s. tra i temi in -î- e quelli in -û-.
Lakßmî-, «fortuna, dea della fortuna», al N. s. fa Lakßmî¿.
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CORSO DI SANSCRITO
52. Temi in -î-, -û-, f., monosillabici. Dhî-, «pensiero»; bhû-, «terra».
Osservazioni. Cfr. § 36. Quanto alle forme doppie, quelle date per prime s’ottengono
attaccando al tema sdoppiato le desinenze tipiche dei temi in consonante (56), le altre
seguono la declinazione di devî- e vadhû-. Strî-, «donna», al sing. ha: strî, stri, striyam
o strîm, striyå, striyai, striyå¿, striyå¿, striyåm; al plur.: A. striya¿ o strî¿, G. strî±åm;
per il resto come dhî-.
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CARLO DELLA CASA
54. I temi in -®- comprendono nomina agentis e nomi di parentela. Il femm. dei
nomina agentis s’ottiene aggiungendo il suff. -î-.
Es.: kart®-, «facitore»; femm.: kartrî-, declinato come devî- (51). I nomi di parentela
(esclusi bhart®-, «marito», propriamente «sostenitore», svas®-, «sorella» e napt®-, m.,
«nipote», che si flettono come dåt®-) hanno all’Acc. s., al N. V. A. duale e al N. V.
pl. il gu±a e non la v®ddhi della vocale tematica. Quindi: pitaram, pitarau, pitara¿, da
pit®-, «padre»; måtaram, måtarau, måtara¿, da måt®-, «madre», ma bhartåram, bhartårau,
bhartåra¿, svasåram, svasårau, svasåra¿, naptåram, etc. N®-, «uomo», è usato
praticamente soltanto al Nom. s.: nå. I temi in -®- (assai simili nella flessione ai temi
in -an-, 63) costituiscono una sorta di ponte fra i temi in vocale (di cui ripetono molte
desinenze, per es. quelle dell’Acc. e del Gen. plur.) e i temi in consonante (dai quali
ripetono la distinzione fra casi forti e casi deboli, vedi 56).
Osservazioni. Anche i temi in dittongo (soltanto i due vocaboli citati sono usati)
presentano nella flessione parecchi tratti dei temi in consonante. Per le differenze
fonetiche (ad es. tra gavåm e nåvåm) v. 35.
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CORSO DI SANSCRITO
B) Temi in consonante.
56. Desinenze.
N. -s -au -as == -î -i
V. == -au -as == -î -i
A. -am -au -as == -î -i
S. -å -bhyåm -bhis
D. -e -bhyåm -bhyas
Ab. -as -bhyåm -bhyas Per gli altri casi come al maschile
G. -as -os -åm
L. -i -os -su
2
1. T EMI MONOFORMI.
1
Sono deboli i casi la cui desinenza comincia per consonante (desinenze pada), debolissimi quelli
la cui desinenza comincia per vocale, con la già detta esclusione dei temi forti. Si noti che l’Acc. pl.
m. e f. è sempre debole o debolissimo.
2
Per i temi monoformi non c’è distinzione fra casi forti e casi deboli. Si ricordino le regole
fonetiche che determinano l’esito delle consonanti in pausa e in composizione (es.: marut < *maruts ;
marudbhyåm < *marutbhyåm). Si ricordi ancora che i neutri inseriscono, nel N. V. A. plurale, una
nasale davanti alla consonante finale del tema.
3
Per la flessione di -duh- si cfr. il § 11 relativo al ripristino dell’aspirazione sulla sillaba iniziale.
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CARLO DELLA CASA
singolare
d u a l e
p l u r a l e
Esempi: samråj-, m., «sovrano»: samrå¥, samråjam etc., samrå∂bhi¿ etc.; °lih-, m.,
«che lecca»: °li¥, °liham etc., °li∂bhi¿ etc.; dviß-, m., «nemico»: dvi¥, dvißam etc.,
dvi∂bhi¿, etc., dvi¥su.
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CORSO DI SANSCRITO
1
2. T EMI BIFORMI
maschile neutro
sing. duale plurale sing. duale plurale
Il femminile si forma attaccando il suff. -î- di regola alla forma forte per i verbi della
coniugazione tematica e alla forma debole per quelli della coniugazione atematica (81
sgg.).
Es.: bharantî-, da bh®-, I classe; dvißatî-, da dviß-, II classe, «odiare». I verbi della III
classe (raddoppiati) usano al part. sempre la forma debole. Quindi da dhå-, «porre», si
1
I temi biformi e triformi sono dati nella forma debole, che è pure quella che essi hanno nei
composti.
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CARLO DELLA CASA
Osservazioni.
a) La stessa flessione hanno gli aggettivi in -mat- e -vat- (forma forte -mant-,
-vant-), che significano «avente» la cosa indicata dal nome cui è aggiunto il suffisso:
allungano la vocale al N. m. s. e formano il femm. dalla forma debole.
Es.: balavat-, «forte»: balavån, balavan, balavantam, balavatå, etc. Femm.: balavatî-.
b) Mahat-, «grande», ha forma forte mahånt-. Sing. m.: mahån, mahan, mahåntam,
mahatå, mahate, etc. Plur. m.: mahånta¿, mahata¿, mahadbhi¿, etc. Femm.: mahatî-.
c) Bhavat-, se è part. pres. di bhû-, «essere», si flette come bharat-. Se è usato
come formula di cortesia (= «Vossignoria»), al N. s. m. ha bhavån (si tratta
d’un’abbreviazione di bhagavat-, «venerabile», e conserva pertanto la caratteristica
d’origine).
d) Jagat-, «che si muove, vivo», come n. = «mondo», è propriamente un part.
raddoppiato da gam-, «andare». Tuttavia al N. V. A. pl. n. ha soltanto jaganti.
maschile neutro
Osservazioni. La -n- cade davanti alle desinenze inizianti per consonante e anche al
Nom. sing. m. e al N. V. A. s. n.; la vocale finale s’allunga al Nom. s. m., il tutto
probabilmente per analogia con i temi in -an- (63).
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CORSO DI SANSCRITO
maschile neutro
3. TEMI TRIFORMI.
maschili neutri
sing. duale plurale sing. duale plurale
Osservazioni.
a) Le tre forme, forte, debole e debolissima, finiscono dunque in -ån-, -a-, -n-
(råjån-, råja-, råjñ-; nåmån-, nåma-, nåmn-). In realtà a e n sono l’esito storico d’una
stessa *nfl (nasale sonante ie.), trovandosi la prima davanti a consonante, la seconda
davanti a vocale (cfr. 4 a).
b) Si noti la caduta di n finale al N. m. s. e al N. V. A. n. s. e la forma del
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CARLO DELLA CASA
V. m. s. (cfr. 62 e 64).
c) I temi nei quali -an- è preceduto da più d’una consonante hanno -an- nella
forma debolissima, per evitare l’accumulo di consonanti.
Es.: brahman-, n., «formula sacrificale, Brahman», åtman-, m., «anima», fanno allo
Str. s. brahma±å, åtmanå.
d) Le tre forme di çvån-, m., «cane», sono çvån-, çva-, çun- (quindi: çvå, çvan,
çvånam, çunå, etc.; çvånau, çvabhyåm, etc.; çvåna¿, çuna¿, çvabhi¿, etc.).
Le tre forme di Maghavan-, «liberale, epiteto di Indra», sono Maghavån-, Maghava-,
Maghon- (< *Maghaun-); del pari yuvan-, «giovane», ha yuvån-, yuva-, yûn- (<
*yuun-). Si noti il saµprasåra±a.
e) Il femm. si costruisce sulla forma debolissima: råjñî-, çunî-, yûnî-.
maschile neutro
1
Per lo più sono part. perf. attivi (109). La forma in -vas-, che sola può spiegare la forma forte e la
debolissima, compare soltanto in vedico.
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CORSO DI SANSCRITO
maschile neutro
C) Temi anomali.
66.
a) Ahan-, n., «giorno»: ahån-, ahas- (N. V. A. s. ahar), ahn-.
Sing.: N. V. A. ahar, S. ahnå, D. ahne, Ab. G. ahna¿, L. ahni o ahani;
du.: N. V. A. ahnî o ahanî, S. D. Ab. ahobhyåm, G. L. ahno¿;
pl.: N. V. A. ahåni, S. ahobhi¿, D. Ab. ahobhya¿, G. ahnåm, L. aha¿su.
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CARLO DELLA CASA
f) -han-, «uccisore», ha: -han- (ma N. m. s., N. V. A. n. pl. -hån-), -ha-, -ghn-.
m. sing. m. du. m. pl. n. sing. n. du. n. pl.
N. -hå -hanau -hana¿ -ha -ghnî -håni
V. -han -hanau -hana¿ -ha -ghnî -håni
A. -hanam -hanau -ghna¿ -ha -ghnî -håni
S. -ghnå -habhyåm -habhi¿
D. -ghne -habhyåm -habhya¿ Per il resto come al maschile
Ab. -ghna¿ -habhyåm -habhya¿
G. -ghna¿ -ghno¿ -ghnåm
L. -ghni -ghno¿ -hasu
67. I FORMA
tema del positivo + -tara- per il comparativo.
tema del positivo + -tama- per il superlativo.
Per gli aggettivi a due forme si prende la forma debole, per quelli a tre forme la
forma media (o debole).
Es.: priya-, «caro»: priyatara- (-a¿, -å, -am), priyatama- (-a¿, -å, -am); balavat-,
«forte»: balavattara-, balavattama-; vidvas-, «che sa»: vidvattara-, vidvattama-.
68. II FORMA
comparativo: -îyas-, -îyåµs- (62) attaccati al grado per lo più
superlativo: -iߥha- (-a¿, -å, -am) } pieno della radice del positivo.
Es.: balin-, «forte»: balîyas-, baliߥha-; kßipra-, «rapido»: kßepîyas-, kßepiߥha-; yuvan-,
«giovane»: yavîyas-, yaviߥha-.
Talvolta la radice è fortemente modificata (es.: guru-, «gravis»: garîyas-, gariߥha- ;
bhûri-, «molto»: bhûyas-, bhûyiߥha-); per alcune forme non c’è il positivo dalla stessa
radice (es.: kanîyas-, kaniߥha-, «più piccolo d’età, piccolissimo»; jyåyas-, jyeߥha-,
«maggiore d’età, il più anziano»; çreyas-, çreߥha-, «migliore, ottimo»). Il femm. del
comparativo si costruisce sulla forma debole: balîyasî-.
Osservazioni. Il secondo termine di paragone per lo più è all’Ablativo.
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CORSO DI SANSCRITO
IV. Pronomi. 1
FORME TONICHE
FORME ATONE
1
La declinazione pronominale presenta, rispetto a quella nominale, caratteristiche proprie (ad es.
diversità di temi per i diversi casi e i diversi numeri, desinenze originali, mancanza del vocativo).
31
CARLO DELLA CASA
m. f. n. m. f. n. m. f. n.
Osservazioni.
a) In composizione si usa tad-, riferito a tutti i generi e numeri.
Es.: tad-açva-, «il cavallo di lui, di lei, di loro».
b) Sa¿ (< sas) si ha soltanto in pausa; davanti ad aŸ- si trova so + ’ (avagraha);
davanti a qualsiasi altro suono si trova sa.
Es.: so ’çva¿, «questo cavallo»; sa n®pa¿, «questo re».
c) Cfr. scr. så-, gr. hJ (Ûh), got. sø; scr. tam, gr. tovn, got. thana: l’alternanza fra
tema sa- e tema ta- è dunque d’origine indoeuropea.
2. Idam-, «questo».
m. f. n. m. f. n. m. f. n.
N. ayam iyam idam imau ime ime ime imå¿ imåni
A. imam imåm idam imau ime ime imån imå¿ imåni
S. anena anayå anena åbhyåm ebhi¿ åbhi¿ ebhi¿
D. asmai asyai asmai åbhyåm ebhya¿ åbhya¿ ebhya¿
Ab. asmåt asyå¿ asmåt åbhyåm ebhya¿ åbhya¿ ebhya¿
G. asya asyå¿ asya anayo¿ eßåm åsåm eßåm
L. asmin asyåm asmin anayo¿ eßu åsu eßu
32
CORSO DI SANSCRITO
3. Adas-, «quello».
singolare duale plurale
m. f. n. m. f. n. m. f. n.
N. asau asau ada¿ amû amû amû amî amû¿ amûni
A. amum amûm ada¿ amû amû amû amûn amû¿ amûni
S. amunå amuyå amunå amûbhyåm amîbhi¿ amûbhi¿ amîbhi¿
D. amußmai amußyai amußmai amûbhyåm amîbhya¿ amûbhya¿ amîbhya¿
Ab. amußmåt amußyå¿ amußmåt amûbhyåm amîbhya¿ amûbhya¿ amîbhya¿
G. amußya amußyå¿ amußya amuyo¿ amîßåm amûßåm amîßåm
L. amußmin amußyåm amußmin amuyo¿ amîßu amûßu amîßu
33
CARLO DELLA CASA
V. I numerali.
76. Cardinali.
1 eka-, 2 dvi-, 3 tri-, 4 catur-, 5 pañca-, 6 ßaß-, 7 sapta-, 8 aߥa-, 9 nava-, 10 daça-,
11 ekådaça-, 12 dvådaça-, 13 trayodaça-, 14 caturdaça-, 15 pañcadaça-, 16 ßo∂aça-,
17 saptadaça-, 18 aߥadaça-, 19 navadaça- ovv. ekonaviµçati- (eka-ûna-viµçati-,
«venti diminuito di uno»), 20 viµçati-, 21 ekaviµçati-, 30 triµçat-, 40 catvariµçat-, 50
pañcaçat-, 60 ßaߥi-, 70 saptati-, 80 açîti-, 90 navati-, 100 çata-, 200 dve çate ovv.
dviçata-, 300 trî±i çatåni ovv. triçata-, 1.000 sahasra-, 100.000 lakßa-.
Es.: pañcaviµçati-, 25; dvåtriµçat-, 32; traya¿ßaߥi- ovv. trißaߥi-, 63; dvyaçîti-, 82;
pañcanavati- ovv. pañconaµ çatam, 95 («cento diminuito di cinque»); pañcådhikaµ
çatam, 105 («cento aumentato di cinque»); dvyaçîtis trî±i ca çatåni, 382.
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CORSO DI SANSCRITO
78. Ordinali.
1° prathama-; 2° dvitîya-; 3° t®tîya-; 4° caturtha- ovv. turîya-; 5° pañcama-; 6°
ßaߥha-; 7° saptama-; 8° aߥama-; 9° navama-; 10° daçama-; 11° ekådaça-; 12°
dvådaça-; 13° trayodaça-; 20° viµça- ovv. viµçatitama-; 30° triµça- ovv. triµçattama-;
40° catvåriµça- ovv. catvåriµçattama-; 50° pañcåça- ovv. pañcåçattama-; 60° ßaߥitama-;
61° ekaßaߥitama- ovv. ekaßaߥa-; 70° saptatitama-; 80° açîtitama-; 90° navatitama-;
100° çatatama-; 1.000° sahasratama-.
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CARLO DELLA CASA
PARTE TERZA
LA CONIUGAZIONE
I. Generalità.
80. Il sanscrito ha tre persone (prima, seconda e terza), tre generi (attivo o Parasmaipada,
«parole per un altro», medio o Åtmanepada, «parole per se stesso», e passivo) e tre
numeri (singolare, duale, plurale). Il medio, quando si distingue dall’attivo (molti verbi
hanno soltanto l’uno o l’altro genere), indica che l’azione ritorna sul soggetto o si
verifica nel suo interesse (es.: yajati, «[per gli altri il sacerdote] sacrifica»; yajate, «[il
capofamiglia] sacrifica per sé»); il passivo, che ha coniugazione propria per il sistema
del presente, è d’uso sempre più frequente, anche con verbi intransitivi (es.: n®pena
nagaraµ gamyate, «dal re si va in città»). La distinzione tra modi e tempi è diversa da
quella in uso nelle lingue classiche. Si hanno cioè i sistemi del presente, del futuro,
dell’aoristo e del perfetto, in ognuno dei quali si distinguono i vari modi. I vari
sistemi si formano, indipendentemente fra loro, dalla radice, che è il nucleo fonetico
non ulteriormente riducibile senza che ne venga modificato il significato fondamentale.
Per esempio la radice v®t- significa «volgersi, trovarsi»; riducendo ulteriormente il
nucleo fonetico a v®- si ha un’altra radice, v®- appunto, che significa «coprire,
nascondere». Di gran lunga più importante è il sistema del presente, che permette di
formare l’indicativo (presente e imperfetto), l’ottativo, l’imperativo e il participio. Nel
sistema del futuro si hanno indicativo, condizionale (morfologicamente imperfetto del
futuro) e participio. Nel sistema dell’aoristo, sempre meno usato, nel sanscrito classico
si hanno indicativo e resti del precativo, che è una sorta di ottativo. Nel sistema del
perfetto in sanscrito classico si hanno indicativo e participio.
L’infinito, il participio passato passivo, il gerundio e il gerundivo si formano a lor
volta direttamente dalla radice.
Il passivo ha per il presente coniugazione propria; per gli altri tempi usa le forme del
medio (esistono alcune forme di aoristo passivo).
Il perfetto è caratterizzato dal raddoppiamento della radice.
Imperfetto, aoristo e condizionale hanno l’aumento, costituito da a- anteposto al tema
verbale (es.: pat-: a-pata-t, «cadeva o cadde»). Se il tema comincia per vocale si ha
per aumento la v®ddhi della vocale iniziale (es.: ukß-: aukßat, «bagnava»; ad-: ådam,
«mangiavo»; i-: åyam, «andavo» [35]). Nei verbi composti l’aumento si pone tra la
preposizione e il verbo (es.: pari-±î-: pary-a-±aya-t, «condusse in moglie»; anv-iß-:
anv-aiccha-t, «ricercava»).
Le desinenze possono essere primarie (e son quelle dell’indic. pres. e del futuro) o
secondarie (quelle dell’imperfetto, dell’aoristo, del condizionale e dell’ottativo). Perfetto
e imperativo hanno desinenze proprie.
L’indicativo presente è il tempo dell’azione attuale o abituale; in unione con le
particelle sma e purå indica il presente storico; talvolta ha valore esortativo (gacchåma¿,
36
CORSO DI SANSCRITO
1
Nel periodo ipotetico si trovano anche l’indicativo (yadi santi gu±å¿ puµsåµ vikasanty eva te
svayam, «se ci sono, le virtù degli uomini rilucono proprio di per se stesse») e il condizionale
(suv®ß¥iç ced abhavißyat subhikßam abhavißyat, «se ci fosse stata una bella pioggia, ci sarebbe stato
abbondante nutrimento»: si noti il condizionale sia nella protasi sia nell’apodosi).
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CARLO DELLA CASA
1ª s. -mi -e -m (-am) -i
2ª s. -si -se -s -thås
3ª s. -ti -te -t -ta
38
CORSO DI SANSCRITO
Desinenze dell’imperativo
PARASMAIPADA ÅTMANEPADA
1ª s. -åni -ai
2ª s. = (-dhi, -hi) -sva
3ª s. -tu -tåm
1ª d. -åva -åvahai
2ª d. -tam -ethåm (-åthåm)
3ª d. -tåm -etåm (-åtåm)
39
CARLO DELLA CASA
Osservazioni. Davanti a desinenze comincianti con -m e con -v, la vocale del tema del
presente s’allunga, salvo che alla 1a s. imperfetto e al part. pres. medio.
Es.: bharåmi, abharåva, ma abharam, bharamå±a-. Davan ti a d esinenze inizian ti con -e-
la vocale finale del tema scom p are: bhare, abharethåm. Naturalmente -a- finale di tema
si fonde con -i, dando -e: abhare.
Presente Imperfetto
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CORSO DI SANSCRITO
Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1
Cfr. § 88 nota 1 (raddoppiamento) e osserva la dissimilazione in piba-.
41
CARLO DELLA CASA
Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. dveßmi dviße adveßam advißi
2ª s. dvekßi dvikße adve¥ adviߥhå¿
3ª s. dveߥi dviߥe adve¥ adviߥa
Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. dvißyåm dvißîya dveßå±i dveßai
2ª s. dvißyå¿ dvißîthå¿ dvi∂∂hi dvikßva
3ª s. dvißyåt dvißîta dveߥu dviߥåm
Osservazioni. Per il diverso esito di -ß- sia in finale sia in sandhi cfr. 10, 22 a, 38, 39,
40 d, 40 f, 41.
42
CORSO DI SANSCRITO
a) i-, «andare».
Pres.: s. emi, eßi, eti; d. iva¿, itha¿, ita¿; pl. ima¿, itha, yanti;
impf.: s. åyam, ai¿, ait ; d. aiva, aitam, aitåm; pl. aima, aita, åyan;
ott.: s. iyåm, etc.;
imperat.: s. ayåni, ihi, etu; d. ayåva, itam, itåm; pl. ayåma, ita, yantu;
part. pres.: yat-.
b) as-, «essere».
Pres.: s. asmi, asi, asti; d. sva¿, stha¿, sta¿; pl. sma¿, stha, santi;
impf.: s. åsam, åsî¿, åsît; d. åsva, åstam, åståm; pl. åsma, åsta, åsan;
ott.: s. syåm, etc.;
imperat.: s. asåni, edhi,1 astu; d. asåva, stam, ståm; pl. asåma, sta, santu;
part. pres.: sat-.
c) duh-, «mungere».
Pres.: s. dohmi, dhokßi (11 e 40 f), dogdhi (40 a);
d. duhva¿, dugdha¿, dugdha¿;
pl. duhma¿, dugdha, duhanti;
impf.: s. adoham, adhok, etc.;
imperat.: s. dohåni, dugdhi, dogdhu, etc.
d) brû-, «dire», inserisce -î- nelle forme forti davanti a desinenza iniziante per
consonante. Es.: bravîmi, bravîßi, bravîti; abravît, ma abravam, bravå±i, bravåma e
naturalmente brûma¿. Per bruvanti, abruvan cfr. 36.
e) an-, «respirare», rud-, «piangere», çvas-, «sospirare», svap-, «dormire»,
inseriscono -i- davanti a consonante; nell’impf. P AR. 2 a e 3a s. hanno -îs, -ît ovv. -as,
-at. Es.: roditi, svapiti, rudima¿, svapima¿ ma rudanti, svapanti; impf.: arodî¿ ovv.
aroda¿.
f) Radici in -u- hanno la v®ddhi nelle forme forti davanti a consonante.
Es.: stu-, «lodare»: staumi, stauti, astaut, ma astavam (< *asto-am, 35).
g) yå-, «andare», ås-, «sedersi», conservano sempre le forme forti in tutte le
persone. Es.: yånti, åsate, «vanno, si siedono». Del pari tutte le radici in -å-.
h) çî-, Å TM., «giacere», ha sempre il gu±a. Pres.: çaye, çeße, çete; çemahe, etc.;
impf.: açayi, açethå¿, etc. Da notare le 3 e pl. çerate, açerata, çeratåm.
i) sû-, «partorire», Å TM., e îç-, «dominare», ÅTM ., hanno sempre le forme deboli;
îç- talvolta inserisce -i-. Es.: sûte, îߥe, îçiße, îçidhvam.
1
Da *asdhi > *azdhi > edhi, cfr. § 107 g, n. 1. Forma comunque irregolare.
43
CARLO DELLA CASA
l) han-, «uccidere», ha come tema forte han-, come tema debole ha- (han-
davanti a m, v, y), ghn- davanti a vocale (cfr. 4 a).
Pres.: s. hanmi, haµsi, hanti;
d. hanva¿, hatha¿, hata¿;
pl. hanma¿, hatha, ghnanti;
impf.: s. ahanam, ahan, ahan, etc.; 3ª pl.: aghnan;
ott.: s. hanyåm, etc.;
imperat.: s. hanåni, jahi (con dissimilazione), hantu;
d. hanåva, hatam, hatåm;
pl. hanåma, hata, ghnantu.
88. III classe (con raddoppiamento). Forma forte = rad. radd.1 gu±ata.
Forma deb. = radice radd. semplice.
Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. juhomi juhve ajuhavam ajuhvi
2ª s. juhoßi juhuße ajuho¿ ajuhuthå¿
3ª s. juhoti juhute ajuhot ajuhuta
44
CORSO DI SANSCRITO
Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. juhuyåm juhvîya juhavåni juhavai
2ª s. juhuyå¿ juhvîthå¿ juhudhi (ecc.) juhußva
3ª s. juhuyåt juhvîta juhotu juhutåm
Part. pres.: P AR.: juhvat- (f. forte: id. cfr. 60); Å TM.: juhvåna-.
Osservazioni.
Si notino le desinenze -ati, -ur, -atu nelle 3e pl. pres., impf., imperat. P AR.
Davanti a -ur la vocale del tema, se finale, è gu±ata.
Altri es.:
bhî-, «temere», 3e pl.: bibhyati, bibhyate, abibhayu¿, abibhyata, bibhîyu¿, bibhîran,
bibhyatu, bibhyatåm;
bh®-, «portare», 1e s.: bibharmi, bibhre, abibharam, abibhri, bibhryåm, bibhrîya,
bibharå±i, bibharai; part. pres.: bibhrat-, bibhrå±a-.
a) Då-, «dare», e dhå-, «porre», hanno le forme deboli dad- e dadh-, quindi per
es. 3 pl.: dadati, dadate, adadu¿, adadata, dadyu¿, dadîran, dadatu, dadatåm; dadhati,
e
Pres.: P AR.: s. dadhåmi, dadhåsi, dadhåti; d. dadhva¿, dhattha¿, dhatta¿; pl. dadhma¿,
dhattha, dadhati.
Pres.: Å TM.: s. dadhe, dhatse, dhatte; d. dadhvahe, dadhåthe, dadhåte; pl. dadhmahe,
dhaddhve, dadhate.
N.B.: dhatta¿ < *dhad-tas < *dadh-tas. Il contrario succede per es. in dugdha¿ <
*duh-tas, cfr. 87 c.
45
CARLO DELLA CASA
b) Hå-, «abbandonare», ha per forma forte jahå-, per forma debole jahi-, jahî-,
jah-.
Es.: jahåmi, jahima¿ (o jahîma¿), jahati (3a pl.), jahyåm, jahihi (o jahîhi).
c) Må-, «misurare», raddoppiato con -i-, soltanto medio, ha come forma debole
mimî- davanti a consonante, mim- davanti a vocale: mime, mimîße, mimîte, 3a pl.
mimate.
Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. sunomi sunve asunavam asunvi
2ª s. sunoßi sunuße asuno¿ asunuthå¿
3ª s. sunoti sunute asunot asunuta
Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. sunuyåm sunvîya sunavåni sunavai
2ª s. sunuyå¿ sunvîthå¿ sunu sunußva
3ª s. sunuyåt sunvîta sunotu sunutåm
46
CORSO DI SANSCRITO
Osservazioni.
a) Le radici uscenti in vocale possono perdere -u- davanti a -m- e -v- e non
hanno desinenze alla 2a s. imperat. P AR.
Es.: sunuva¿, sunuma¿ ovvero sunva¿, sunma¿, ma sempre e soltanto åpnuva¿,
åpnuma¿, da åp-, «ottenere»; sunu ma åpnuhi.
b) Radici uscenti in consonante hanno -uv- davanti a desinenza iniziante con
vocale (cfr. 36). Es.: åp-: åpnuvanti, åpnuvan, åpnuyu¿, åpnuvantu.
c) Çru-, «udire», ha come tema forte ç®±o-, come tema debole ç®±u-. Es.: ç®±omi,
ç®±uma¿, ç®±vanti.
Presente Presente
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. yunajmi yuñje 1ª s. ru±adhmi rundhe
2ª s. yunakßi yuºkße 2ª s. ru±atsi runtse
3ª s. yunakti yuºkte 3ª s. ru±addhi runddhe
Imperfetto Imperfetto
1ª s. ayunajam ayuñji 1ª s. aru±adham arundhi
2ª s. ayunak ayuºkthå¿ 2ª s. aru±at arunddhå¿
3ª s. ayunak ayuºkta 3ª s. aru±at arunddha
etc. etc. etc. etc.
Ottativo Ottativo
1ª s. yuñjyåm yuñjîya 1ª s. rundhyåm rundhîya
etc. etc. etc. etc.
Imperativo Imperativo
1ª s. yunajåni yunajai 1ª s. ru±adhåni ru±adhai
2ª s. yuºgdhi yuºkßva 2ª s. runddhi runtsva
3ª s. yunaktu yuºktåm 3ª s. ru±addhu runddhåm
etc. etc. etc. etc.
47
CARLO DELLA CASA
Osservazioni.
Per yuñjva¿, yuºkte, etc. cfr. soprattutto 38, 39, 40 c; per ru±atsi, aru±at, etc. cfr. 39,
6, 7; per runddha (< *rundh-tha, *rundh-ta) etc. cfr. 40 a; per runddhve (< *rundh-dhve)
etc. cfr. soprattutto 39 e 22 a.
92. VIII classe (in -o-). Forma forte = rad. debole + -o-.
Forma deb. = rad. debole + -u-.
La flessione è identica a quella delle radici della V classe, quindi anche qui -u- può
cadere davanti a -m- e -v-.
Per es., l’imperfetto di tan-, «tendere», sarà:
48
CORSO DI SANSCRITO
Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. krî±îyåm krî±îya krî±åni krî±ai
2ª s. krî±îyå¿ krî±îthå¿ krî±îhi krî±îßva
3ª s. krî±îyåt krî±îta krî±åtu krî±îtåm
49
CARLO DELLA CASA
1. Futuro.
97. Futuro semplice.
Tema del futuro = radice gu±ata + -sya- (-ißya- per le radici se¥).
Ottenuto il tema del futuro, s’aggiungono le desinenze del presente e del participio,
con l’osservanza delle regole del sandhi (cfr. soprattutto 35, 39, 40 f). Le forme medie
servono anche per il passivo. La flessione è identica a quella d’un verbo della I classe.
Alcune radici hanno i due suffissi.
Es.: då-, «dare»: dåsyåmi, dåsyasi, etc.; dåsye, dåsyase, etc.; dåsyat-, dåsyamåna-.
Altri es.:
k®-, «fare»: karißya-; kßam-, «perdonare»: kßamißya- ovv. kßaµsya- (40 c); gam-,
«andare»: gamißya-; dviß-, «odiare»: dvekßya-; nî-, «condurre»: neßya- ovv. nayißya-
(< *ne-ißya-); prach-, «interrogare»: prakßya-; budh-, «svegliarsi»: bhotsya- (11); bhû-,
«essere»: bhavißya-; labh-, «ottenere»: lapsya-; vas-, «abitare»: vatsya-; çru-, «udire»:
çroßya- ovv. çravißya- (< *çro-ißya-).
Si notino: d®ç-, «vedere»: drakßya-; s®j-, «creare»: srakßya-, con il gu±a ‘rovesciato’;
grah-, «afferrare»: grahîßya-.
Osservazioni.
a) I causativi (112) e i verbi della X classe mantengono -ay- e aggiungono -ißya-.
Es.: pat-, «cadere», caus. påtaya-, fut. del caus. påtayißyåmi, «farò cadere»; budh-: bo-
dhayißyåmi, «farò destare, illuminerò».
b) Esiste anche un condizionale, di scarsa frequenza, morfologicamente imperfetto
del futuro.
Es.: då-: adåsyam, adåsya¿, adåsyat, etc., «darei, avrei dato».
50
CORSO DI SANSCRITO
2. Aoristo.
99. Raro nel sanscrito classico, ma assai frequente nel vedico, l’aoristo ha sette forme,
tre asigmatiche, prevalentemente attive, e quattro sigmatiche. Al tema aumentato (80)
s’aggiungono le desinenze dell’imperfetto (spesso però alla 3a pl. P AR. si ha la
desinenza -ur; vedi anche le desinenze della 2a e 3a sing. P AR. dell’aoristo sigmatico).
Indica azione genericamente passata.
Osservazioni.
Bhû- si sdoppia in bhûv- davanti a vocale: s. abhûvam, abhû¿, abhût; d. abhûva,
abhûtam, abhûtåm; pl. abhûma, abhûta, abhûvan.
51
CARLO DELLA CASA
1. Aoristo in -s-.
nî-, «condurre»:
PARASMAIPADA:
1ª s. anaißam 1ª d. anaißva 1ª pl. anaißma
2ª s. anaißî¿ 2ª d. anaiߥam 2ª pl. anaiߥa
3ª s. anaißît 3ª d. anaiߥåm 3ª pl. anaißu¿
ÅTMANEPADA:
1ª s. aneßi 1ª d. aneßvahi 1ª pl. aneßmahi
2ª s. aneߥhå¿ 2ª d. aneßåthåm 2ª pl. ane∂hvam
3ª s. aneߥa 3ª d. aneßåtåm 3ª pl. aneßata
yuj-, «aggiogare»:
P AR.: s. ayaukßam, ayaukßî¿, etc.; pl. ayaukßma, ayaukta, ayaukßu¿;
Å TM.: s. ayukßi, ayukthå¿, etc.; pl. ayukßmahi, ayugdhvam, ayukßata;
k®-, «fare»:
P AR.: s. akårßam, akårßî¿, etc.; pl. akårßma, akårߥa, akårßu¿;
Å TM.: s. ak®ßi, ak®thå¿, ak®ta, etc.; pl. ak®ßmahi, ak®∂hvam, ak®ßata. 2
1
Il trattamento delle radici sostanzialmente è il seguente:
Aoristo in -s-: PAR.: v®ddhi; ÅTM.: gu±a per le radici uscenti in -î ⁄-, -û⁄-, grado debole per le altre;
radici uscenti in -å- si riducono a -i-.
Aoristo in -iß-: PAR.: v®ddhi per le radici in vocale, gu±a per le altre; ÅTM.: gu±a per tutte.
Aoristo in -siß-: soltanto PAR.: grado pieno.
2
Vedi, per le varie forme, soprattutto 40 d, e, f, e ricorda che ak®thå¿, ak®ta e simili (per esempio
adithå¿, adita, «desti, diede») sono considerate da molti autori forme dell’aoristo medio radicale
(aumento + radice debole + desinenze), anticamente assai frequente.
52
CORSO DI SANSCRITO
2. Aoristo in -iß-.
Lû-, «tagliare»:
P AR.: s. alåvißam, alåvî¿, alåvît; d. alåvißva, etc.;
Å TM.: s. alavißi, alaviߥhå¿, etc.; pl. alavißmahi, alavi∂hvam, alavißata;
budh- «destarsi»:
P AR.: s. abodhißam, abodhî¿, abodhît, etc.;
Å TM.: s. abodhißi, abodhiߥhå¿, etc.; pl. abodhißmahi, abodhi∂hvam, abodhißata.1
3. Aoristo in -siß-. Soltanto attivo.
Yå-, «andare»: s. ayåsißam, ayåsî¿, ayåsît; etc.;
nam-, «inchinarsi»: s. anaµsißam, anaµsî¿; etc.
b) Esiste infine un aoristo in -sa-, suffisso che viene aggiunto al grado debole
della radice aumentata. È proprio soprattutto delle radici in -ß-, -ç-, -h-, che si fondono
con -sa- a formare -kßa- (41 c). Si flette come un imperfetto tematico, però all’Å TM. la
1a sing. termina in -i, la 2a e la 3a dua. terminano in -åthåm, -åtåm.
Es.: diç-, «mostrare»:
PARASMAIPADA:
1ª s. adikßam 1ª d. adikßåva 1ª pl. adikßåma
2ª s. adikßa¿ 2ª d. adikßatam 2ª pl. adikßata
3ª s. adikßat 3ª d. adikßatåm 3ª pl. adikßan
ÅTMANEPADA:
1ª s. adikßi 1ª d. adikßåvahi 1ª pl. adikßåmahi
2ª s. adikßathå¿ 2ª d. adikßåthåm 2ª pl. adikßadhvam
3ª s. adikßata 3ª d. adikßåtåm 3ª pl. adikßanta
105. Precativo. È una sorta di ottativo formato attaccando -yås + desinenze dell’imperfetto
atematico al grado debole delle radici, con variazioni analoghe a quelle che si
registrano per la formazione del tema del passivo (111). L’uso è assai limitato, l’Å TM.
non si trova in sanscrito classico. Es.: bhû-: bhûyåsam, «possa io diventare», bhûyå¿,
bhûyåt (< *bhûyås-t, la dentale è restituita per analogia con l’ottativo atematico), etc.;
yaj-: ijyåsam, «possa io sacrificare»; kriyåsam, «possa io fare», da k®-.
1
Secondo i grammatici indiani nell’aoristo in -iß- sono ammesse anche le forme alavidhvam,
abodhidhvam.
53
CARLO DELLA CASA
3. Perfetto.
54
CORSO DI SANSCRITO
a) tud-, «battere».
P ARASMAIPADA Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª tutoda tutudiva tutudima 1ª tutude tutudivahe tutudimahe
2ª tutoditha tutudathu¿ tutuda 2ª tutudiße tutudåthe tutudidhve
3ª tutoda tutudatu¿ tutudu¿ 3ª tutude tutudåte tutudire
In realtà si tratta dell’esito normale, davanti a vocale, del grado zero della nasale
sonante indoeuropea (v. 4 a).
e) Alcune radici rifiutano la -i- congiuntiva.
Es.: k®-:
P ARASMAIPADA Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª cakara (cakåra) cak®va cak®ma cakre cak®vahe cak®mahe
2ª cakartha cakrathu¿ cakra cak®ße cakråthe cak®dhve
3ª cakåra cakratu¿ cakru¿ cakre cakråte cakrire
Inoltre: çru-: s. çuçrava (çuçråva), çuçrotha, çuçråva; d. çuçruva, çuçruvathu¿ (36), etc.
f) Radici in -å- e in dittongo hanno -au alla la e 3a sing.; nel tema debole
perdono -å-.
55
CARLO DELLA CASA
g) Radici con -aŸ- mediano tra consonanti semplici di cui la prima è ripetuta
nel raddoppiamento (es.: pac-: papac-, ma non gam-: jagam-) formano il tema debole
con la radice semplice, sostituendo -a- con -e-.
Es.: tap-, «riscaldare»: tatap-, tep-.1 Si noti che la 2a sing. P AR., se ha la vocale
congiuntiva -i-, assume la forma debole.
P ARASMAIPADA Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª tatapa (tatåpa) tepiva tepima tepe tepivahe tepimahe
2ª tataptha (tepitha) tepathu¿ tepa tepiße tepåthe tepidhve
3ª tatåpa tepatu¿ tepu¿ tepe tepåte tepire
h) Si noti infine che molte radici in -® Ÿ- preceduta da due consonanti e le radici
in -°- hanno nella forma debole sempre il grado pieno (es.: sm®-, «ricordarsi»: sasmara
ovv. sasmåra, sasmarima, sasmaru¿) e che radici in -î Ÿ- dopo più consonanti e radici
in -û ⁄- sempre sdoppiano -î ⁄-, -û ⁄- in -iy-, -uv- davanti a desinenza vocalica (cfr. 36).
Es.: krî-, «comprare»: cikriyu¿; çru-: çuçruvu¿; stu-, «lodare»: tuߥuvu¿; ma ci-,
«raccogliere»: cicyu¿.
108. Particolarità.
Vac-, «parlare»: uvaca (uvåca), uvacitha (uvaktha), uvåca; ûciva, ûcathu¿, ûcatu¿;
ûcima, ûca, ûcu¿; Å TM.: ûce, ûciße, etc., ûcire.
Vid-, «sapere», non ha raddoppiamento e ha valore di presente: veda, vettha, veda;
1
Per capire l’origine di questi perfetti a vocalismo -e-, si pensi ad es. alla rad. sad-, «sedersi», la
cui forma debole raddoppiata è *sasd- (con caduta della -a- interna, come pat-: papt-, gam-: jagm-),
che diventa sed- (as- davanti a sonora talvolta diventa in sandhi interno non soltanto -o- ma anche
-e-, cfr. edhi, 87 b), o alla rad. yam-, «raffrenare», la cui forma debole raddoppiata è yem- < *ya-im-
(con saµprasåra±a non attestato altrimenti per questa radice). L’alternanza sasad- / sed-, yayam- /
yem- condusse a ipotizzarne una analoga tatap- / tep- etc., ossia fu estesa a radici analoghe solo
formalmente a quelle dove il mutamento era giustificato da ragioni fonetiche.
56
CORSO DI SANSCRITO
1
Per la flessione cfr. 64. Es.: pecivåµs-, pecivat-, pecuß- (la vocale congiuntiva -i- cade nel tema
debolissimo). Femm.: cakrußî-, pecußî-, ninyußî-.
57
CARLO DELLA CASA
112. Causativo
Il causativo indica che l’azione espressa dal verbo originario è «fatta fare».
Tema del causativo = radice gu±ata o v®ddhata + -aya-.
Le radici in vocale e talvolta le radici con -aŸ- interno seguito da una sola consonante
hanno la v®ddhi; le radici con vocale interna lunga non subiscono cambiamenti; le
radici con vocale interna breve hanno il gu±a; le radici in -å- aggiungono -paya-
anziché -aya-.
Per il sistema del presente la coniugazione, così come per i desiderativi, gli intensivi e
i denominativi, è identica a quella dei verbi della coniugazione tematica (83). Si
ricordi che il causativo al futuro mantiene -ay- (97), al passivo perde -aya- (111) e ha
il perfetto perifrastico (110). Rari gli aoristi, per lo più raddoppiati (102).
Es.: k®-: kåraya-, «far fare»; pat-: påtaya-, «far cadere»; bhû-: bhåvaya-, «far essere,
produrre»; i-: åyaya-, «far andare»; nî-: nåyaya-, «far condurre»; jîv-: jîvaya-, «vivificare»
(anche jîvåpaya-); vid-: vedaya-, «far sapere, informare»; jñå-: jñåpaya- (anche jñapaya-),
«far conoscere». Si notino: gam-: gamaya-, «far andare»; jan-: janaya-, «far nascere»;
®-: arpaya-, «far andare»; adhi-i-: adhyåpaya-, «far studiare, insegnare»; ruh-: ropaya-,
«far crescere»; p°-: pûraya-, «riempire».
58
CORSO DI SANSCRITO
113. Desiderativo.
Tema del desiderativo = radice raddoppiata + -sa- (-ißa-).
La vocale del raddoppio è i, ovvero u se la radice contiene û⁄ originaria o secondaria;
¥ , uŸ finali s’allungano; ® diventa îr (dopo labiale diventa ûr).
Es.: på-: pipåsati, «desidera bere»; çru-: çuçrûßati, «desidera ascoltare, obbedisce»; k®-:
cikîrßamå±a-, «desideroso di fare»; m®-: mumûrßati, «desidera, sta per morire». Si
notino ditsati, dhitsati,1 lipsati, îpsati, rispettivamente da då-, dhå-, labh-, åp-, jigh®kßati,
da grah- (11).
Alcune forme di desiderativo sono diventate radici autonome. Così da muc-, «liberare»,
mokßate, «desidera d’essere liberato», con valore passivo; da bhaj-, «partecipare, aver
parte», bhikßati, «desidera d’aver parte, chiede l’elemosina»; da han-, «uccidere»,
hiµs-, «id.».
114. Intensivo
Tema dell’intensivo = raddoppio rafforzato della radice + -ya-.
Per lo più è solo Åtmanepada.
Es.: bhû-: bobhûyate, «continua a essere»; pac-: påpacyate, «cuoce ripetutamente».
Osservazioni. Esiste anche una seconda forma d’intensivo, che aggiunge le desinenze
atematiche P AR. alla radice gu±ata con raddoppio rafforzato (talvolta s’inserisce una -î-
congiuntiva). Es.: vid-: vevetti o vevedîti; lup-, «confondere»: lolopîti, «rende assai
perplesso»; bhû-: bobhoti o bobhavîti (< *bobho-î-ti), «è abitualmente».
115. Denominativo
Tema del denominativo = temi nominali + -ya-.
Il denominativo significa «essere come, fare, desiderare» la cosa indicata dal nome, la
finale del cui tema può subire alcune modificazioni.
Es.: amitrayati, «si comporta come un nemico (amitra-)»; cirayati, «indugia (ciram, “a
lungo”)»; namasyati, «rende onoranza (namas-)»; tapasyati, «pratica l’ascesi (tapas-)»;
putråyate, «si comporta come un figlio»; putrîyati, «desidera un figlio»; citråyate,
«diventa variegato (citra-)»; k®ß±åyati, «rende nero (k®ß±a-)».
1
Då-, dhå- perdono la vocale della radice: *did-sati, *didh-sati > dhitsati (11).
59
CARLO DELLA CASA
116. Del participio attivo e medio del presente, del futuro e del perfetto già s’è detto
che si formano aggiungendo ai temi del presente e del futuro i suffissi -t- (-nt-),
-måna- (-at- 1 [-ant-], -åna- aggiunti al grado debole della radice per la coniugazione
atematica) e i suffissi -vas- (-ivas-), -åna- al tema debole del perfetto (cfr. 81, 97,
109). Il participio del passivo aggiunge -måna- al tema del passivo.
Es.: bh®-: bharat-, bharamå±a-; bharißyat-, bharißyamå±a-; babh®vas-, babhrå±a-;
bhriyamå±a-; caus.: bhårayat-, bhårayamå±a-; bhårayißyat-, bhårayißyamå±a-,
bhåryamå±a-.
1
I verbi della III classe hanno sempre la forma debole (cfr. 88).
60
CORSO DI SANSCRITO
120. Infinito.
Radice gu±ata + -tum (-itum).
I causativi mantengono -ay- e hanno sempre la vocale congiuntiva -i-. Es.: k®-:
kartum; nî-: netum; bhid-: bhettum; bhû-: bhavitum; pat-: patitum; vac-: vaktum; caus.
di sthå-: sthåpayitum. Da notarsi: d®ç-: draߥum (col gu±a ‘rovesciato’); t°-: tarîtum;
grah-: grahîtum.
121. Gerundio.
a) VERBI SEMPLICI = radice debole + -två (-itvå). La forma della radice è quella
che compare al p.p.p.; i causativi hanno sempre la -i- congiuntiva.
Es.: nî-: nîtvå; pat-: patitvå; sthå-: sthitvå, caus. sthåpayitvå; vac-: uktvå; gam-: gatvå.
Si notino g®hîtvå e dattvå.
b) VERBI COMPOSTI = radice debole + -ya (-tya per i verbi in vocale breve).
Es.: pradå-: pradåya; satk®-, «essere ospitale»: satk®tya; pravac-, «informare»: procya
(< *pra-ucya). Nihan-, «uccidere», e ågam-, «venire», hanno sia nihanya e ågamya,
sia nihatya e ågatya (< *ni-hnΩ - e *å-gmΩ-). I causativi dei verbi composti perdono
la caratteristica della coniugazione, che viene mantenuta soltanto se la sillaba radicale
è breve: vibhåvya, caus. di vi-bhû-, «apparire», ma saµgamay-ya, «avendo fatto
venire», caus. di saµ-gam-.
Il gerundio, che può riferirsi sia al soggetto grammaticale sia a quello logico, indica
azione che precede quella della frase principale, ed è di uso assai frequente.
Es.: mantribhir militvå Damayantî vijñaptå: «dai ministri, dopo che si furono radunati,
Damayantî fu informata».
61
CARLO DELLA CASA
PARTE QUARTA
GLI INDECLINABILI
122. Avverbi.
Già s’è detto (45) che il neutro Acc. s. degli aggettivi serve come avverbio: ciram, «a
lungo», sådhu, «bene», bhûyas, «più». Acc., Strum., anche Abl. e Loc. (più raramente
Gen. e Dat.) di nomi e aggettivi adempiono alla stessa funzione.
Es.: tatsamayam, «contemporaneamente» (lett. «in concomitanza con ciò»); vißådena,
«disperatamente»; balåt, «forzatamente»; dûre, «lontano»; dûråt, «da lontano»; arthåya,
«allo scopo di»; cirasya, «dopo lungo tempo».
Esistono poi avverbi con forma propria (es.: punar, «di nuovo», muhur, «ripetutamente»)
e infine avverbi prodotti con suffissi, attaccati al tema di nomi, aggettivi, pronomi,
numerali. I più frequenti suffissi avverbiali sono:
-tas, che sostituisce la forma dell’Abl.,
-tra, che forma avverbi di luogo,
-thå, che forma avverbi di modo,
-då, che forma avverbi di tempo,
-vat, «come».
Es.:
sarvatas, «da ogni parte» yatas, «donde»
sarvatra, «dovunque» yatra, «dove»
sarvathå, «comunque» yathå, «come»
sarvadå, «sempre» yadå, «quando»
amaravat, «come un immortale».
Cfr. anche i §§ 79 (avverbi numerali) e 135 (composti avverbiali).
124. Congiunzioni.
a) Le congiunzioni coordinanti uniscono tra loro complementi e frasi. Esistono
congiunzioni copulative (ca, «e», api, «pure» [entrambe posposte]; atha, «poi»; aparam,
kiµ ca, «inoltre»), distributive (vå ... vå, «oppure»), avversative (tu, param, «ma,
invece»; kiµ tu, paraµ tu, «eppure»), conclusive (hi, «infatti»; vai, «invero»; tasmåt,
«perciò»).
62
CORSO DI SANSCRITO
Assai frequente è iti, «così», già ricordata (42). È posposta alla frase e indica che la
frase stessa è un discorso diretto. Si trova con verba dicendi et sentiendi, talvolta
sottintesi.
Es.: så brûhîti pitrå saµcoditå, «essa fu spronata dal padre con le parole “parla!”»;
vane toyam iti prådhavat, «credendo che nella foresta ci fosse l’acqua (lett.: “[pensando]
‘nella foresta c’è l’acqua’ ”), corse avanti».
b) Hanno funzione di congiunzioni subordinanti e introducono le proposizioni
dipendenti molti avverbi, formati sulla base del pronome relativo (eccettuato ced < ca
id, «se»). Essi hanno spesso un correlativo, formato sulla base del pronome dimostrativo,
nella frase principale, che quasi sempre vien dietro alla proposizione subordinata.
Molto frequenti sono: yadå, «quando», yåvat, «mentre, finché», yatas, «da quando»,
yad, «poiché», anche = «quod» dichiarativo, yathå, «come, cosicché», yadi, ced, «se»,
yady api, «sebbene», yena, «affinché», che hanno come correlativi tadå, tåvat, tatas,
tad, tathå.
Es. yåvac ca saµbandhino na paråpatanti tåvad vatsayå Målatyå nagaradevatåg®ham
avighnamaºgalåya gantavyam, «e mentre i parenti non sono [ancora] arrivati, allora la
cara Målatî deve recarsi al tempio della città per [implorare] una felicità senza
ostacoli»; yathå svåmî jågarti tathå mayå kartavyam, «io devo fare cosicché il signore
si svegli».
125. Esistono infine particelle che possono riferirsi a una sola parola (aham eva,
«proprio io», cora iva, «come un ladro») o introdurre una frase (khalu, kila, nåma,
«certamente») e interiezioni (aho, «olà», hanta, «suvvia», dhik, indicante disprezzo), le
quali ultime non rispettano le regole del sandhi (cfr. 21).
63
CARLO DELLA CASA
PARTE QUINTA
126. Generalità.
Secondo i grammatici indiani, teoricamente tutti i temi nominali (esclusi alcuni
risalenti a onomatopee o di origine dravidica o austroasiatica1) derivano, così come i
temi verbali e le forme nominali del verbo, da radici verbali, munite o no di prefissi.
Talvolta il tema nominale è uguale alla radice (dviß-, «nemico»; °sp®ç-, «che tocca»);
più spesso si forma attaccando alla radice, che può naturalmente essere soggetta a
fenomeni d’apofonia, i suffissi. Questi possono essere primari o secondari, a seconda
che s’attacchino direttamente alla radice, formando così derivati primari, ovvero a temi
nominali a lor volta derivati (derivati secondari). Grazie al gioco dei prefissi e dei
suffissi gran numero di temi nominali può derivare da una stessa radice. Per es. dalla
rad. vid-, «sapere», si avranno ved-a-, «scienza», vaid-ya-, «saggio», nir-ved-ana-,
«informazione», vid-yå-, «conoscenza», a-vid-yå-, «ignoranza», dur-vida-, «difficile a
sapersi», vet-t®-, «conoscitore», vettr-î-, «conoscitrice», etc., etc.
1
Per es.: ulûka-, «gufo», dundubhi-, «tamburo», kåla-, «nero», nîra-, «acqua», heramba-, «bufalo»,
mataºga-, «elefante», tåmbûla-, «betel».
2
Come anche nella composizione (130), davanti a sorde gutturali e labiali -is-, -us- finali diventano
-iß-, -uß-; -as- finale rimane immutata.
Es.: niß-patati, «vola via»; dhanuß-på±i-, «che tiene in mano l’arco»; duß-kara-, «difficile a farsi»;
namas-k®-, «onorare». Cfr. anche 41 d. Si noti infine che k®- dopo prefisso sam- diventa -sk®-:
saµsk®ta-, «perfetto, compiuto».
64
CORSO DI SANSCRITO
I prefissi possono essere anche più d’uno: sam-upa-viç-, «entrare insieme». Alle radici
as-, bhû-, k®- possono essere prefissi alcuni avverbi (es.: alaµ-k®-, «adornare»; åviß-k®- (!),
«rendere visibile»; åvir-bhû-, «apparire»), e anche sostantivi e aggettivi. In tale ultimo
caso -a- finale diventa -î-, -i- ed -u- s’allungano e il significato è «diventare» ovvero
«rendere» ciò che il sostantivo o l’aggettivo indicano.
Es.: namas-k®-, «onorare»; avyayî-bhû-, «diventare indeclinabile»; çucî-k®-, «purificare»
(rispettivamente da avyaya- e çuci-). Si ricordino infine i prefissi a- (an- davanti a
vocale), indicante privazione o opposizione, ku- e dus-, indicanti difficoltà o cattiva
qualità, sa-, indicante unione, su-, indicante «buono, bene», che son posti davanti a
sostantivi e aggettivi, raramente davanti a verbi. Es.: an-anta-, «infinito»; ku-karman-,
«cattiva azione»; dur-jana-, «malvagio»; sa-kala-, «con [tutte] le parti»; su-jåta-, «ben
nato, nobile»; anche duç-carati, «si comporta male».
a) NOMI D’AGENTE
b) NOMI D’AZIONE, con qualche tendenza ad assumere significato d’agente.
a) Il principale suffisso d’agente è -t®- (-it®-), che s’attacca alla radice gu±ata e
forma sostantivi maschili. Es.: kart®-, «fattore»; yokt®-, «aggiogatore»; çrot®-,
«ascoltatore»; janit®-, «genitore».
1
Si tratta dei part. PAR. e ÅTM. del presente atematico, del part. del perfetto, del p.p.p. Gli altri
participi sono derivati dai temi verbali e non dalla radice.
65
CARLO DELLA CASA
66
CORSO DI SANSCRITO
130. Generalità.
Il sanscrito ha sviluppato grandemente la possibilità di fondere in un solo composto
due o più vocaboli, esprimendo attraverso la composizione nominale relazioni in altre
lingue espresse per mezzo dei casi, delle preposizioni o addirittura delle frasi dipendenti.
Nei composti tutti i membri, eccettuato l’ultimo, appaiono nella forma del tema e
possono pertanto indicare o sostituire sia un singolare sia un plurale. I temi biformi
assumono la forma debole; quelli triformi la forma media; i pronomi personali
appaiono nelle forme indicate al § 69, Osservazioni; gli altri pronomi assumono la
forma del neutro. I composti, escluso lo dvandva, sono sempre costituiti di due
membri; ogni membro a sua volta può essere un composto (es.: [deva- råja]-[sama-dyuti]-,
«avente splendore simile a [quello del] re degli dei»). Valgono per i composti le
regole del sandhi esterno, salvo alcune eccezioni di non grande rilievo. 1 I nomi
assegnati dai grammatici indiani alle varie categorie di composti sono usati dai
glottologi per indicare fenomeni analoghi nelle altre lingue.
1
I temi in generale rimangono immutati, cfr. però § 127, n. 2. Inoltre nel primo membro -n- finale
cade sempre, mahat- diventa mahå- e nella finale del composto tende a prevalere la flessione in -aŸ-.
Es.: råja-putra- (< råjan-), mahå-råja-, «grande re», jala-ruha- (< °ruh-), «nato nell’acqua», uro-ga-
(uras-gam-), «che va sul petto, serpente».
67
CARLO DELLA CASA
Osservazioni.
a) Poiché il primo membro è in stato tematico, può sostituire tutti i generi e
numeri. Es.: ari-darçanam, «la vista del nemico, dei nemici, dei due nemici»;
tad-artham (Acc. avv.), «a favore di lui, di lei, di loro, di ciò, di queste cose, etc».
b) Talvolta il primo membro è declinato. Es.: ariµ-damana-, «conquistatore dei
nemici»; Yudhi-ߥhira-, «saldo in battaglia», nome proprio.
c) Ogni radice può essere secondo membro di composto: se finisce in vocale
breve s’aggiunge -t-, -å- finale viene abbreviata, -n- finale si perde (si tende cioè a
privilegiare la flessione in -aŸ-).
Es.: veda-vid-, «conoscitore del Veda»; loka-k®t- (°k®-), «creatore del mondo»; satya-jit-
(°ji-), «vincitore per mezzo della verità»; sarva-jña- (°jñå-), «onnisciente»; kula-ja-
(°jan-), «nato in nobile famiglia».
d) Viçeßa-, m., «particolarità, specialità», come secondo membro di tatpurußa
significa «eccellente»; antara-, n., «differenza», significa «altro». Es.: bråhma±a-viçeßa-,
«un brahmano eccellente»; deçåntara-, n., «un altro paese».
Osservazioni.
1. Si notino pitåmaha- e måtåmaha-, «avo paterno e materno» e i composti con
pûrva-, nei quali l’aggettivo occupa, contro il solito, l’ultima posizione.
68
CORSO DI SANSCRITO
Osservazioni.
a) Ådi-, «principio», usato come secondo membro di bahuvrîhi esprime il
concetto di «eccetera»; måtra-, «misura», esprime il concetto di «solamente».
Es.: Indrådaya¿ devå¿, «gli dei aventi come principio Indra, Indra e gli altri dei»;
hastyaçvådi-, «[lista] avente come inizio elefanti e cavalli, elef., cav. etc.»; jala-mûla-
måtre±a vartayati, «vive con la misura di acqua e radici, soltanto di ac. e rad.».
b) In generale tutti i composti determinativi possono diventare bahuvrîhi.
Es.: Viß±u-rûpam, «l’aspetto di Viß±u», °rûpa¿, -å, -am, «avente l’aspetto di Viß±u»;
pråpta-kåla¿, «il tempo opportuno», °kåla¿, -å, -am, «per il quale il tempo opportuno
è venuto, tempestivo»; kamala-netram, «occhio di ninfea», °netra¿, -å, -am, «avente
gli occhi di ninfea».
c) Si notino: da±∂a-på±i-, «avente la mano [munita] con lo scettro, con lo
scettro in mano»; açru-mukha-, «con il volto lacrimoso».
d) Frequenti i composti con il tema dell’infinito: tyaktu-kåma-, «avente desiderio
d’abbandonare»; vaktu-kåma-, «con il pensiero di dire».
e) Naturalmente il bahuvrîhi, come ogni aggettivo, può essere sostantivato
(ßa¥-pada-, «avente sei piedi, ape»; su-h®d-, «avente buon cuore, amico») o usato al
neutro avverbialmente (mukta-ka±¥ham, «a gola libera, a gola piena»).
69
CARLO DELLA CASA
ESERCIZI
LA SCRITTURA DEVANÅGAR¡
BRANI SCELTI
70
CORSO DI SANSCRITO
ESERCIZI
I
Temi in -aŸ-; 1ª coniugazione: presente.
1. sukheneha1 g®he vasåma¿. 2. yatra dhûmas tatra påvaka¿.2 3. yathå v®kßas tathå
phalam. 4. yadå varßati tadå t®±åni3 sasyåni ca rohanti. 5. phalaµ v®kßåt patati.
6. lobha¿ påpasya kåra±am.3 7. du¿khåny api4 phalam ånayanti. 8. iߥå api pa±∂itå
någacchanti. 9. apy açvån icchasi. 10. du¿khåyaiva mitrå±åm3 idånîµ Råmasya darçanam.3
11. sarvam atimåtraµ doßåya. 12. Varu±o durjanebhya¿3 kupyati. 13. k®taµ vacanair,
gato ’vasara iti 5 vißådena1 vadata¿. 14. parvateßu vartante m®gå¿.
15. udyamena hi sidhyanti kåryå±i 3 na manorathai¿
na hi suptasya siµhasya praviçanti mukhe 6 m®gå¿.
II
Temi in -å-; imperfetto.
l. Gaºgå samudraµ7 dravati. 2. vinaya¿ paraµ jåyåyå bhûßa±am. 3. yadå janå Gaºgåyåµ
jîvitaµ tyajanti tadå svargaµ7 gacchanti. 4. jarå rûpaµ harati. 5. putrasya çokåd Daçaratho
n®po jîvitaµ paryatyajat. 6. çißyau g®hasthasya bhåryåµ bhikßåm ayåcetåm. 7. bubhukßayå
pî∂ita¿ ç®gålo vanån nagaram adhåvat. 8. bålå atra kiµ8 sukhaµ paçyatheti çißyån åcåryo
vadati. 9 cittaµ duߥaµ tîrthasnåne9 na çudhyati çataço ’pi jalair dhautam.
10. vaidyaråja9 namas10 tubhyaµ11 Yamaråjasahodara12
Yamas tu harati prå±ån vaidya¿ prå±ån dhanåni ca.
11. na paçyåmo mukhe daµß¥råµ na påçaµ vå karåñcale13
uttamar±am avekßyaiva14 tathåpy udvijate mana¿.10
1
Lo Str. ha spesso valore avverbiale.
2
Il verbo «essere» (bhavati, bhavanti) è spesso sottinteso.
3
Cfr. 41 b.
4
Api posposta alla parola cui si riferisce ha valore connettivo o concessivo («anche, pure»); in
principio di frase denota invece un’interrogazione.
5
Iti segna la fine del discorso diretto e corrisponde alle nostre virgolette di chiusura o al nostro
«così [disse]».
6
Loc. di moto a luogo circoscritto.
7
Acc. di moto a luogo.
8
Pron.-agg. interrogativo n. sing.: «quid? quod?».
9
Composto tatpurußa (es. deva-putra-, «figlio di dio o degli dèi»).
10
Nom. n. sing. in -as.
11
«Tibi».
12
Tatpurußa di cui il primo membro, Yamaråja-, è un karmadhåraya.
13
Vedi alla nota 9, supra.
14
Avekßya: gerundio di ava-îkß-, «vedere».
71
CARLO DELLA CASA
III
Temi in -î ⁄-, -ûŸ-; ottativo.
1. våyor balena tarava¿ kampante. 2. dharme±a hînå¿1 paçubhi¿ samånå¿. 3. arayo
janånåµ vasûni haranti. 4. çåntim icchanti sådhava¿. 5. ra±e n®pasya senayårayo jitå¿.
6. nadîdånîµ gabhîråsti. 7. n årya¿ piçåcikå iva haranti h®dayåni mugdhånåm.
8. dåsyo ’nnam ånayan. 9. devîr devåµç ca pûjayanti månußå¿. 10. nagaryå g®heßu
dhenavo nåtiߥhan.
11. açraddhayå k®tå pûjå dånaµ yajñas tapo2 vratam
sarvaµ nißphalatåµ yåti pußpaµ vandhyataror 3 iva.
12. ajaråmaravat4 pråjño vidyåm arthaµ ca cintayet
g®hîta5 iva keçeßu m®tyunå dharmam åcaret.
13. rahasyabhedaµ paiçunyaµ paradoßånukîrtanam6
pårußyaµ kalahaµ caiva sådhava¿ parivarjeyu¿.
14. våsav®kße7 samågamya8 vigacchanti yathå±∂ajå¿
niyataµ viprayogåntas9 tathå bhûtasamågama¿.
IV
Temi in -î-, -û-, -®-; imperativo.
1. Lakßmî¿ çriyaµ yußmabhyaµ10 yacchatu. 2. durjaneßv api må påpå dhiyaç cintayasva
kadåcana. 3. bhûpataya¿ sarvadå prajå dharme±a rakßantu. 4. kauliko n®pasya duhitaraµ
parya±ayat. 5. m®taµ bhartåraµ sådhvî bhåryånugacchati. 6. bhartrå bhåryåtvåd bhåryå-
çabda¿.
7. anukûlå sadå tuߥå dakßå sådhvî vicakßa±å
ebhir11 eva gu±air yuktå çrîr iva strî na saµçaya¿.
8. dårå¿ putreßu ratå¿ putrå¿ pit®dhanaparigrahavyagrå¿
rodanaçara±å jananî paralokagatasya ko12 bandhu¿.
1
Hîna-, «privo di», con Str.
2
Nom. n. s.
3
Karmadhåraya.
4
Ajara-amara-: dvandva; -vat, i.f.c.: «come».
5
P.p.p. di grah-.
6
Tatpurußa, di cui il primo membro è un altro tatpurußa (= anukîrtanaµ doßå±åµ parå±åm).
7
Karmadhåraya.
8
Gerundio di sam-å-gam-.
9
Bahuvrîhi, nel quale i due membri sono paragonati fra loro: «avente come conclusione la
separazione».
10
Dat. pl.: «a voi».
11
Str. pl. di etad-, «questo».
12
Pron.-agg. interr. Nom. m. sing.: «chi? quale?».
72
CORSO DI SANSCRITO
V
Composti e ricapitolazione.
1. aribalaµ vihatavidhvastaµ6 strîbålahåryaçastraµ 7 vartate. 2. jîvane kartåra eva8 sukham
adhigacchanti. 3. andhasya n®pate¿ k®pa±e duhitarau vyapadyetåm. 4. tîvre±a du¿khena
v®ddhåyå nåryå netråbhyåm açrû±i dravanti. 5. cåravo latå¿ surabhî±i kusumåni codyåne
rohanti.
6. na kasya9 kurvanti 10 çamopadeçaµ svapnopamåni11 priyasaµgatåni
jarånipîtåni ca yauvanåni k®tåntadaߥåni ca jîvitåni.
7. bhårye dve12 bahava¿ putrå dåridryaµ rogasaµbhava¿
jîr±au ca måtåpitaråv ekaikaµ narakådhikam.
8. yadi na syån13 narapati¿ saµyaºnetå tata¿ prajå
akar±adhårå14 jaladhau viplaveteha naur iva.
1
Kim (Nom. n. sing.) con Str.: «che cosa con?»; ossia: «che cosa importa di?».
2
2a sing. imperat. PAR. di k®-.
3 a
2 sing. imperat. PAR. di vi-dhå-.
4
Nom. n. sing.
5
Loc. assoluto.
6
Dvandva di due aggettivi.
7
[(strî-båla)-hårya]-[çastram]: bahuvrîhi di un karmadhåraya, in cui il primo membro è un
tatpurußa, del quale il primo membro (che sostituisce uno Str.) è uno dvandva.
8
Eva ha valore enfatico: «soltanto, proprio».
9
«A chi?», Gen. con valore di Dat. latino.
10 a
3 pl. pres. indic. di k®-.
11
Bahuvrîhi.
12
«Due», Nom. f. du.
13 a
3 sing. ottativo di as-.
14
Bahuvrîhi con a- privativo.
73
CARLO DELLA CASA
VI
Temi in consonante.
1. yathå cittaµ tathå våco yathå våcas tathå kriyå¿. 2. t®±aµ brahmavida¿ svargas t®±aµ
çûrasya jîvitam. 3. außadhaµ na gatåyußåm.1 4. suh®d åpadi durlabha¿.
5. îçvaro jagato nirmåtå. 6. pakßi±åµ dhûrto2 våyaso daµß¥ri±åµ tu ç®gåla¿.
7. bråhma±o måghamåse saumyånile3 pravåti meghåcchådite gagane mandaµ mandaµ
varßati Parjanye4 paçuprårthanårthaµ gråmåntaraµ gata¿.
8. jitendriyasya n®pater nîtimårgånusåri±a¿
bhavanti jvalitå lakßmya¿ kîrtayaç ca nabha¿sp®ça¿.
9. apriyai¿ saha saµvåsa¿ priyaiç cåpi vinåbhava¿
asadbhi¿ saµprayogaç ca tad5 du¿khaµ cirajîvinåm.
10. Agnir devo dvijåtînåµ munînåµ h®di daivatam
pratimåsv alpabuddhînåµ sarvatra samadarçina¿.
11. guruµ hatvå 6 divaµ yånti t®±aµ chittvå 7 patanty adha¿
balinåµ durbalånåµ ca çrutayo ’pi dvidhå sthitå¿.
12. apakåraparå±åm apy upakurvanti sådhava¿
chindantam api v®kßa¿ svacchåyayå kiµ8 na rakßati.
VII
Temi in consonante.
1. jåtasya dhruvo m®tyur dhruvaµ janma m®tasya ca. 2. na råjånaµ vinå råjyaµ balavatsv
api mantrißu.
3. buddhimantaµ k®taprajñaµ çuçrûßum anasûyakam
dåntaµ jitendriyaµ cåpi çoko na sp®çate naram.
4. pa¥hato nåsti mûrkhatvaµ japato nåsti påtakam
maunina¿ kalaho nåsti na bhayaµ cåsti jågrata¿.
5. nirgu±eßv api sattveßu dayåµ kurvanti sådhava¿
na hi saµharate jyotsnåµ candraç ca±∂ålaveçmana¿.
1
Bahuvrîhi.
2
Positivo con valore di superlativo relativo.
3
Karmadhåraya.
4
Si notino i tre Loc. assoluti susseguentisi.
5
Nom. n. sing. di tat-, «questo».
6
Gerundio di han-.
7
Gerundio di chid-.
8
Kim, neutro avv., introduce un’interrogazione: «forse che?».
74
CORSO DI SANSCRITO
VIII
Temi in consonante; temi anomali.
1. yathå v®kßasya saµpußpitasya dûråd gandho våti evaµ pu±yasya karma±o dûråd gandho
våti. 2. çuna¿ puccham iva vyarthaµ jîvitaµ vidyayå vinå. 3. çriyå striyo haranti
puµsåµ manåµsi ca cakßûµßi ca. 4. sûryasya tejaså saµtapta¿ pånthaç chåyåm åçrayate.
5. çunå vå jålena vå jîvadbhyo bhûtebhyo ’bhidruhya¯l lubdhako dharmaµ vyatyeti.8
6. avidvåµç caiva vidvåµç ca bråhma±o daivataµ mahat.
7. sravanti na nivartante srotåµsi saritåm iva
åyur ådåya martyånåµ råtryahåni puna¿ puna¿.
8. jaråm®tyû hi bhûtånåµ khåditårau v®kåv iva
balinåµ durbalånåµ ca hrasvånåµ mahatåm api.
9. nindantu nîtinipu±å yadi vå stuvantu9
lakßmî¿ samåviçatu gacchatu vå yatheߥam
adyaiva vå mara±am astu10 yugåntare vå
nyåyyåt patha¿ pravicalanti padaµ11 na dhîrå¿.
1
Gerundio di apa-k®-.
2
3a sing. senza soggetto; traduci «l’uomo deve» opp. «bisogna». Iti indica che quanto precede è
parola o pensiero del soggetto del verbum dicendi o sentiendi della principale.
3
Str. du. del pronome relativo, riferito a båhû.
4
K®ß±avartmå (bahuvrîhi) iva.
5
Ye narå¿ ... te: «qui homines ... isti», con prolessi della relativa e attrazione in essa del soggetto
della principale.
6
Ye ... teßu kåmeßu: «in his voluptatibus ... quae (ye)»: prolessi della relativa.
7
Kasya åtmavata¿: «per chi mai, che sia åtmavat-?».
8 a
3 sing. pres. ind. di vy-ati-i-, II classe.
9 a
3 pl. imperat. PAR. di stu-. Si noti lo sdoppiamento di -u- in -uv- (cfr. 36).
10 a
3 sing. imperat. PAR. di as-.
11
Acc. di misura: «neppure di un passo».
75
CARLO DELLA CASA
IX
Comparativi e superlativi; passivo.
1. priyå¿ suh®da¿ priyatarau pitarau priyatamaµ satyam. 2. a±o¿ paramåtmå bhavaty
a±îyån mahato ’pi mahîyån. 3. våyor naleßu vå±yå¿ svådîyasyå våcå kavi¿ kanyåyå
vadati.1 4. ådityaç candramaso na prathîyån paraµ tu çocîyobhî raçmibhir upeta¿. 5.
ahiµsåsådhuhiµseti2 çreyån3 dharmaparigraha¿.
6. hasadbhir yat4 k®taµ karma kalußaµ kalußåtmabhi¿
etat pari±ate kåle kroçadbhir anubhûyate.
7. çåntitulyaµ tapo nåsti na saµtoßåt paraµ5 sukham
na t®ß±åyå¿ paro5 vyådhir na ca dharmo dayåpara¿.
8. råjñi dharmi±i dharmiߥhå¿ påpe påpå¿ same samå¿
råjånam anuvartante yathå råjå tathå prajå¿.
9. sarpa¿ krûra¿ khala¿ krûra¿ sarpåt krûratara¿ khala¿
mantraußadhivaça¿ sarpa¿ khala¿ kena6 nivåryate. 7
10. adeçastho hi ripu±å svalpakenåpi hanyate
gråho ’lpîyån api jale gajendram api karßati.
X
Pronomi.
1. nîrasåny 8 api rocante na¿ karpåsasya phalåni. 2. bhagavån asmåkaµ pitå so ’smabhyaµ
jîvanaµ yacchati vipado ’smån rakßati suptån asmån pålayati ca.
3. te putrå ye pitur bhaktå¿ sa pitå yas tu poßaka¿
tan mitraµ yatra viçvåsa¿ så bhåryå yatra nirv®ti¿.
4. yasya bhåryå g®he nåsti sådhvî ca priyavådinî
ara±yaµ tena gantavyaµ9 yathåra±yaµ tathå g®ham.
5. varße varße ’çvamedhena yo yajeta çataµ samå¿
måµsåni ca na khåded yas tayo¿ pu±yaphalaµ samam.
1
Costr.: kavir vadati kanyåyå (Gen. con valore di Dat. latino) våcå svådîyasyå vå±yå våyor naleßu.
2
Asådhu-hiµså = asådhûnåµ (Gen. oggettivo) hiµså: «violenza contro i malvagi».
3
Comparativo assoluto.
4
Yat ... etat ...: «quod ... hoc ...».
5
«Superiore a» con Abl., come i comparativi.
6
Str. sing. m. di kim-.
7 a
3 sing. pass. del causativo di ni-v®-.
8
Cfr. § 34.
9
Costruzione: gantavyam ara±yaµ (Acc. di moto a l.) tena yasya g®he nåsti bhåryå etc.
76
CORSO DI SANSCRITO
XI
Pronomi.
1. kiµ nu khalu båle ’sminn aurasa iva putre snihyati me h®dayam.
2. sa jåto yena jåtena yåti vaµça¿ samunnatim
parivartini saµsåre m®ta¿ ko vå na jåyate.
3. chinnamûle hy adhiߥhåne sarve tajjîvino hatå¿
kathaµ nu çåkhås tiߥheraµç chinnamûle vanaspatau.
4. dadhati6 tåvad amî vißayå¿ sukham
sphurati yåvad iyaµ h®di mû∂hatå
manasi tattvavidåµ tu vivecake
kva vißayå¿ kva sukhaµ kva parigraha¿.
5. var±åçramåcåram akurvato janån anyåyaceߥån n®patis tu da±∂ayet
neme careyur hi kukarma da±∂itå dagdho bi∂ålo na mahånasaµ viçet.
6. kiµ tayå kriyate dhenvå yå na sûte na dugdhadå
ko ’rtha¿ putre±a jåtena yo na vidvån na bhaktimån.
7. dånådidharma¿ kriyate dhanena dhanena dhanyå dhanam åpnuvanti7
dhanair vinå kåmakathåpi nåsti trivargamûlaµ dhanam eva nånyat.
1
Dvijåt è attratto nella relativa e concorda pertanto con yasmåt. Senza attrazione dovrebbe
concordare con tasya. Si ricordi poi che bhî- e derivati reggono l’Abl. della persona o della cosa da
cui proviene il timore e che il Gen. bhûtånåm ha il valore, già osservato, di Dat. latino.
2
Bahuvrîhi. La delucidazione dei commentari indigeni potrebbe essere la seguente: yasya vidyåyå
balasya câkrama±ena bhîta¿ samastaloko ’sti, sa¿ (vidvajjana¿).
3
Gerundivo di pûj-.
4
Composti bahuvrîhi.
5
Gerundio di muc-.
6 a
3 plur. pres. ind. PAR. di dhå-.
7 a
3 plur. pres. ind. PAR. di åp-.
77
CARLO DELLA CASA
XII
Ricapitolazione.
1. k®pa±ena samo dåtå3 na kaçcid bhuvi vidyate
asp®çann eva vittåni ya¿ parebhya¿ prayacchati.
2. aka±¥hasya ka±¥he kathaµ pußpamålå
vinå nåsikåyå¿ kathaµ dhûpagandha¿
akar±asya kar±e kathaµ gîtan®tyam
apådasya påde kathaµ me pra±åma¿.
3. Çivåkhyayå Viß±vabhidhånato4 vå sak®t tu saµkîrtita eva deve
samastapåpåni layaµ prayånti kim asti kumbho hi d®∂ho gadåyå¿.5
4. gaccha gacchasi cet 6 kånta panthåna¿ santu te çivå¿
mamåpi janma tatraiva bhûyåd7 yatra gato bhavån.
5. nave vayasi ya¿ çånta¿ sa çånta iti me mati¿
dhåtußu kßîyamå±eßu çånti¿ kasya na jåyate.
6. rûpasya hantrî vyasanaµ balasya çokasya yonir nidhanaµ ratînåm
nåça¿ sm®tînåµ ripur indriyå±åm eßå jarå nåma yayaißa bhagna¿.
7. yåm åråddhuµ8 na ga±itam idaµ jîvitaµ vå dhanaµ vå
yasyå¿ prîtir manasi kalitå jyåyasî mokßato ’pi
saivedånîµ vayasi calite saµprahî±e ca vitte
tûlåyåpi Tripurahara måµ manyate9 naiva bhåryå.
XIII
Numerali.
1. yathå dhenusahasreßu vatso vindati måtaram
tathå pûrvak®taµ karma kartåram anugacchati.
1
Iti come al solito conclude il discorso diretto: «questa affermazione (ossia aliud satum, aliud
natum)».
2
Il pronome relativo ripetuto equivale a quisquis.
3
Trad.: «donatore (= generoso) come» con Str.
4
Si noti la variatio tra Str. e formazione con il suffisso -tas per esprimere la stessa relazione.
5
Gen. con valore di Dat. latino («relativamente a, nei confronti di»).
6
L’indicativo mostra che si tratta di decisione irrevocabile: «se vuoi andare».
7
Precativo di bhû- (cfr. § 105).
8
Infinito di å-rådh-.
9
Man- + Dat.: «considerare simile a», con intento spregiativo.
78
CORSO DI SANSCRITO
XIV
Forme nominali del verbo.
1. yayå naiva pußpå±i bh®tåni kathaµ saußadhi¿ phalåni bh®tavatî. 2. bho råjañ chatrûñ
jitvå råkßasåµç cåpahatya svån eva rågån apahantum åtmånaµ caiva jetum arhasi. 3.
apriyå±y api kurvå±o ya¿ priya¿ priya eva sa¿. 4. duritån muñca deva namaskurvata¿. 5.
bhagavatå Buddhena paramaµ satyaµ veditam iti bauddhå vadanti; nåstikena Buddhenån®tåny
uktåni bahûnîti bråhma±å¿. 6. viçråntena bhavatå mamånyasminn anåyåse karma±i sahåyena
bhavitavyam.6
7. yuktiyuktam upådeyaµ vacanaµ bålakåd api
vidußåpi sadå gråhyaµ v®ddhåd api na durvaca¿.
8. na çakyo våyur åkåçe påçair banddhuµ manojava¿7
dîpyamånasya våpy agner grahîtuµ vimalå¿ çikhå¿.
9. atithir yasya8 bhagnåço9 g®håt pratinivartate
sa dattvå dußk®taµ tasmai pu±yam ådåya gacchati.
1
Gioco di parole: eka-ûnå o eko nå.
2
Causativo di lal-.
3 a
3 sing. perfetto PAR. di vac-.
4 a
2 sing. imperat. PAR. di brû-.
5 a
2 sing. indic. pres. PAR. di bhî-.
6
Bhavitavyaµ bhavatå: «da voi si deve essere», ossia «voi dovete essere». Il nome del predicato va
nello stesso caso del soggetto logico, ossia allo Str.
7
Bahuvrîhi.
8
Si riferisce a tasmai. Atithi¿, attratto nella relativa, è il soggetto della principale.
9
Bahuvrîhi.
79
CARLO DELLA CASA
XV
Futuro.
1. yatra bhartå bhavißyati tatråhaµ ca gamißyåmi.
2. hato vå pråpsyasi svargaµ jitvå vå bhokßyase mahîm.
3. gantrî1 vasumatî nåçam udadhir daivatåni ca
phenaprakhya¿ kathaµ nåçaµ martyaloko na yåsyati.
4. måµ sa bhakßayitåmutra yasya måµsam ihådmy aham
etan måµsasya måµsatvaµ pravadanti manîßi±a¿.
5. kiµ karißyanti vaktåra¿ çrotå yatra na vidyate
nagnakßapa±ake deçe rajaka¿ kiµ karißyati.
6. iߥån bhogån hi vo devå dåsyante yajñabhåvitå¿2
tair dattån apradåyaibhyo yo bhuºkte3 stena eva sa¿.
7. yadi na pra±ayed råjå da±∂aµ da±∂yeßv atandrita¿
çûle matsyån ivåpakßyan durbalån balavattarå¿.
8. yena çuklîk®tå haµså¿ çukåç ca haritîk®tå¿
mayûråç citritå yena sa te v®ttiµ vidhåsyati.
XVI
Causativo e altre coniugazioni derivate.
1. da±∂ena taskarån bhåyaya. 2. råjñî putram ajanayat. 3. yo våyuµ våpayati nadîµ
våhayati tåråç cålayati v®kßån rohayati sa saµsårasya vipatsv adhvånaµ tvåµ darçayißyati.
4. yaµ devå vardhayitum icchanti taµ buddhyå yojayanti. 5. hreßamå±å açvås t®±aµ
bubhukßanti.
6. candråyate çuklarucåpi haµso haµsåyate cårugatena kåntå
kåntåyate sparçasukhena våri vårîyate svacchatayå vihåya¿.
7. na devå¿ çastram ådåya nighnanti4 ripuvat krudhå
yaµ tu hiµsitum icchanti buddhyå viçleßayanti tam.
8. alabdhaµ caiva lipseta labdhaµ rakßet prayatnata¿
rakßitaµ vardhayec caiva v®ddhaµ påtreßu nikßipet.
1
Il futuro perifrastico con il nomen agentis al femminile è molto raro.
2
P.p.p. del causativo di bhû-. Gli dei sono dunque tali per opera e volere del sacrificatore.
3
3a sing. indic. pres. ÅTM . di bhuj-.
4
3a plur. pres. indicativo PAR . di ni-han-.
80
CORSO DI SANSCRITO
XVII
Forme nominali del verbo.
1. pathiko grîßmoßma±å saµtapta¿ kaµcin mårgasthaµ v®kßam åsådya tatraiva prasupta¿.
2. cakßußy andhe calati daçane çmaçru±i çvetamåne
sîdaty aºge manasi kaluße kampamåne karågre
dûtair etair dinakarabhuva¿ çaçvad udbodhyamånås
tråtuµ dehaµ tadapi bhißajåm eva såntvaµ vadåma¿.
3. svabhåvo nopadeçena çakyate kartum anyathå
sutaptam api pånîyaµ punar gacchati çîtatåm.
4. karma khalv iha kartavyaµ jåtenåmitrakarßa±a
akarmå±o hi jîvanti sthåvarå netare janå¿.
5. prårabhyate na khalu vighnabhayena nîcai¿
prårabhya vighnavihatå viramanti madhyå¿
vighnai¿ sahasragu±itair api hanyamånå¿
prårabdham uttamagu±å na parityajanti.
6. nåcchitvå paramarmå±i nåk®två karma dåru±am
nåhatvå matsyaghåtîva1 pråpnoti mahatîµ çriyam.
7. putro vå yadi vå bhråtå pitå vå yadi vå suh®t
arthasya vighnaµ kurvå±å hantavyå bhûtim icchatå.
8. çûnyaµ våsag®haµ vilokya çayanåd utthåya kiµcic chanair nidråvyåjam upågatasya
suciraµ nirvar±ya patyur mukhaµ viçrabdhaµ paricumbya jåtapulakåm ålokya ga±∂asthalîµ
lajjånamramukhî priye±a hasatå bålå ciraµ cumbitå.
XVIII
II coniugazione principale.
1. ko vetti kadå kasya m®tyukålo bhavißyati. 2. deçåntarastho dayitåviprayogaµ so∂huµ
na çaknomi. 3. yadi nityåni karmå±i kuryå na vipadyethå¿.
4. madhuparke ca yajñe ca pit®daivatakarma±i
atraiva paçavo hiµsyå nånyatrety abravîn Manu¿.
1
L’uccisore di pesci simboleggia colui che uccide chi non ha mai portato offesa.
81
CARLO DELLA CASA
XIX
Perfetto e aoristo.
1. yadå mantrî nijaµ nåmåçråvayat tadå ça¥hastenau kampitum årebhåte. 2. sainikå bahûñ
charåµç cikßipu¿ kiµ tu jetuµ na çeku¿. 3. adhîyåneßu putreßu måtå kûpaµ gatvå jalam
åninåya.
4. dûrågatena kuçalaµ p®ß¥å 2 novåca så mayå kiµcit
paryaçru±î tu nayane tasyå¿ kathayåµ babhûvatu¿ sarvam.
1
Nota l’uso di ca ... ca, che indica connessione immediata tra le azioni descritte, ossia: «ogni cosa,
unita al giusto metodo, necessariamente si compie».
2
Prach- regge il doppio Acc.
82
CORSO DI SANSCRITO
XX
Ricapitolazione e frasi curiose.
1. va¥av®kßo2 mahån eßa mårgam åv®tya tiߥhati
tåvat tvayå na gantavyaµ yåvan nånyatra gacchati.
2. akhileßu vihaµgeßu hanta svacchandacårißu
çuka pañjarabandhas te madhurå±åµ giråµ phalam.
3. akßamålåpav®ttijñå kuçåsanaparigrahå
bråhmîva daurjanî saµsad vandanîyå samekhalå (ovv.: same khalå)3.
4. sendraµ svargaµ saçailåµ kßmåµ sanågendraµ rasåtalam
nirdagdhuµ hi kßa±enaiva viprå¿ çaktå¿ prakopitå¿.
5. yåvat svastham idaµ dehaµ yåvan m®tyuç ca dûrata¿
tåvad åtmahitaµ kuryåt prå±ånte kiµ karißyati.
6. tyaktvåtmasukhabhogecchåµ sarvasattvasukhaißi±a¿
bhavanti paradu¿khena sådhavo nityadu¿khitå¿.
7. åyu¿praçne dîrgham åyur våcyaµ mauhûrtikair janai¿
jîvanto bahu manyante m®tå¿ prakßyanti kaµ puna¿.
1
S’allude allo sfruttamento praticato da generazioni di sovrani, che hanno mangiato «nei piatti
aventi i resti [lasciati] da altri».
2
Per la comprensione del gioco di parole si ricordi lo scambio frequente fra v e b (va¥av = ba¥av) e
l’estensione al sandhi esterno d’un esito (av + ® < o + ®) usuale nel sandhi interno. Cfr. §§ 18 e 35.
3
L’assemblea dei brahmani è [(akßa-målå)-apav®tti]-jñå, (kuça-åsana)-parigrahå, sa-mekhalå; quella
dei malvagi è [(akßama-ålåpa)-v®tti]-jñå, (ku-çåsana)-parigrahå, same khalå.
83
CARLO DELLA CASA
LA SCRITTURA DEVANÅGAR¡
Vocali iniziali
a a A å ¤ i Ù î ¨ u ù û
Å ® Ë ° l® ¬
™ e ™e ai ao o aO au
Consonanti
GUTTURALI k ka " kha g ga Ÿ gha ∑ ºa
PALATALI c ca z cha j ja Z jha © ña
CEREBRALI $ ¥a * ¥ha Ú ∂a ¢ ∂ha , ±a
DENTALI t ta q tha d da ∂ dha n na
L ABIALI p pa f pha b ba @ bha m ma
SEMIVOCALI y ya r ra l la v va
SIBILANTI ç ça ß ßa s sa
ASPIRATA h ha
Altri segni µ µ % ¯ : ¿
Esempio: kµ kaµ k% ka¯ k: ka¿
84
CORSO DI SANSCRITO
Si notino:
ë du ï dû D d® w ru W rû
≠ ç® à hu ` hû · h®
Si noti anche la grafia di r avanti e dietro consonante: rka k,R pra p£.
I gruppi consonantici sono espressi con le «legature». Queste mantengono gli elementi
caratteristici delle singole consonanti, che vengono giustapposte (togliendo alla prima
la linea verticale che la chiude a destra: Ps psa, Bd bda, Vy vya, fik ßka, Sk ska,
Sq stha) o sovrapposte (e allora cade la linea orizzontale che sovrasta la seconda: –
ߥa, — ߥha,  ºga, ã kka, ¡ kva, … ¥¥a, $◊ ¥va).
Talvolta la grafia delle singole consonanti subisce mutamenti profondi.
ã kka, K" kkha, †_ kta, KTy ktya, †£_ ktra, KTv ktva, Kq ktha, ^ kna, Km
kma, Ky kya, º kra, k¬ kla, ¡ kva, x kßa, Xm kßma, Xy kßya, Xv kßva, “y
khya, "£ khra, Gd gda, G∂ gdha, Gn gna, G@ gbha, Gm gma, Gy gya, g£ gra, Gè
grya, Gl gla, Gv gva, ŸÑ ghna, ‚m ghma, ‚y ghya, Ÿ£ ghra, Õ ºka, | ºkta, Ã
ºkßa, œ ºkha,  ºga, À ºgha, Œ ºma;
˘ cca, Cz ccha, C‘ cchra, Cz◊ cchva, C© cña, Cm cma, Cy cya, z‰ chya, ‘
chra, ª jja, JJv jjva, JZ jjha, ~ jña, ˙y jñya, Jm jma, Jy jya, j£ jra, Jv
jva, § ñca, ñz ñcha, Ê ñja;
$Û ¥ka, ö ¥¥ha, $‰ ¥ya, *‰ ¥hya, *¶ ¥hra, í ∂ga, ó ∂∂ha, Ú‰ ∂ya, ô ∂hma, ¢‰
∂hya, ?$ ±¥a, ?* ±¥ha, ?Ú ±∂a, ?¢ ±∂ha, ?, ±±a, ?m ±ma, ?y ±ya, ?v ±va;
Tk tka, † tta, Ïy ttya, †£ ttra, Ïv ttva, Tq ttha, TQy tthya, Tn o t∏ tna, Tp tpa,
Tm tma, TMy tmya, Ty tya, } tra, ]y o Tè trya, Tv tva, Ts tsa, Ts∏ tsna, TSy
tsya, Ts£ tsra, Qy thya, ä dga, ä‰ dgya, ä dgra, å dda, á ddra, É ddva, é
ddha, é» ddhna, Ô ddhya, ò dna, ê dba, ê‰ dbya, ≤ dbha, ≥ dbhya, ì
dma, ¥ dya, & dra, &‰ drya, √ dva, √‰ dvya, fln o ∂Ñ dhna, flm dhma, fly
dhya, ∂£ dhra, ∂ ◊ o flv dhva, Nt nta, NTy ntya, Nt£ ntra, Nq ntha, Nd nda, Ná
nddra, Né‰ nddhya, N& ndra, N∂ ndha, N∂£ ndhra, n∏ nna, Nm nma, Ny nya,
85
CARLO DELLA CASA
I NUMERI
1 2 3 4 5 6 7 8 9 0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 0
1940
1940.
Esempi di scrittura.
86
CORSO DI SANSCRITO
BRANI SCELTI
1
Per facilitare l’approccio alla devanågarî, in questo brano si è semplificata la maggior parte delle
legature.
2
Acc. di tempo continuato: «per lungo tempo».
3
Ås-, o sam-ås-, con part. pres.: «stare a, continuare a».
4
Vinîta¿ è predicativo, jîvitåçayå indica una limitazione: «uno si fa umile per paura quando ci sia
speranza di vita».
5
L’Abl. è avverbiale: «in ritardo».
87
CARLO DELLA CASA
Sv;imnµ invediytum« a};gto 'iSm/ isµh: skopm« Ah/ sTvrµ gTv; m;µ dçRy s
ëur;Tm; ¡;Ste/ tt: ççks« tµ g®hITv; gM@Ir¿pµ gt:/ a};gTy pÇytu Sv;mITyuKTv;
tiSmn« ¿pjle tSyEv p£itibMbµ diçRtv;n«/ tto 'sO ºo∂;flm;to dpR;t« tSyopy;RTm;nµ
inixPy p§Tvµ gt:/ ato 'hµ b£vIim/ buiér« ySyeTy;id 1/
v;ySy;h/ +utµ my; svRm«/ yq;ktRVyµ b£Uih/ v;yso 'vdt« / a};sn∏e sris r;~:
pu}: sttm« AgTy s∏;it/ tdÂ;d« avt;irtµ knksU}µ c§◊; ∂®Tv;nIy;iSmn« ko$re
∂irfiyis/ aq kd;ict« s∏;tuµ jlµ p£iv–e r;jpu}e v;ySy; td« anui—tm«/ aq
knksU};nusr,p£v®†E: puwßE: ko$re inWPym;,e ˜fi,spoR D–o Vy;p;idt=/ ato 'hµ
b£vIim/
¨p;yen ih yc« zKyµ n tc« zKyµ pr;ºmE:/
k;kI knksU}e, ˜fi,spRm« aŸ;tyt« 2.
1
La versione buddhistica di questa fiaba (Jåtaka, 385) esalta la bellezza e l’efficacia del sacrificio
di sé: una gazzella (che è poi il futuro Buddha) s’offre come vittima al posto d’una cerva gravida e
tocca con la sua abnegazione il cuore del re cacciatore, che rinuncia per sempre alla caccia. Nel
Pañcatantra e nei suoi derivati, tutti protesi a cercare l’utile in questo mondo, la fiaba illustra le
possibilità offerte dall’astuzia ai deboli contro i forti, prepotenti ma stupidi.
2
Il motivo del furto attribuito falsamente a un avversario per rovinarlo è noto sia alla tradizione
buddhista (Jåt. 546, v. 41) sia anche altrove (cfr. per es. Genesi, 44: Beniamino è accusato di furto
da Giuseppe che ha fatto nascondere un boccale nel suo bagaglio). Le due favolette sono riportate
nella versione del Hitopadeça (II, 7-8) e corrispondono a Pañcatantra, I, 6 e I, 8.
3
Serve a introdurre le favole: «una volta».
88
CORSO DI SANSCRITO
1
Racconto ampiamente diffuso nella letteratura universale, dalla Mechilta ebraica (II sec. d.C.) ai
predicatori medievali, ai versificatori italiani (v. ad es. Simone Prudenzani di Orvieto: «di denari et
de cipolle — fo correcto et di bastone»), alla poesia popolaresca germanica rinascimentale, a La
Fontaine. Lo stesso motivo della scelta cattiva si ravvisa nel racconto del monaco, che, costretto dal
diavolo a scegliere tra ubriacarsi, fornicare e uccidere, sceglie come più lieve il primo peccato, poi
nell’ebbrezza compie anche le altre due infrazioni.
89
CARLO DELLA CASA
1
Il motivo dell’animale fedele ucciso per imprevidenza (che costituisce il racconto cornice di
Pañcatantra, V) riecheggia in molte leggende europee. Una delle attestazioni più antiche si ha nella
storia del principe gallese Llewellyn e del suo cane Gelert, risalente almeno al 1205 e raccontata per
spiegare il toponimo Beddgelert, «tomba di Gelert»; ma già Pausania il Periegeta (X, 33, 9) nel II
sec. d.C. narra analoga storia d’un serpente che salva un bambino dall’attacco d’un lupo avvolgendo
con le sue spire la culla ed è ucciso insieme con il protetto dal padre che agisce senza riflettere.
2
L’indicativo esprime certezza dell’azione.
3
Bahuvrîhi: çaka¥asya cakrasya pramå±aµ yasyedam. Traduci: «Che cosa, avente la grandezza di
una ruota di carro, etc.».
4
«Attraverso l’atmosfera».
90
CORSO DI SANSCRITO
1
Si noti il comparativo d’un superlativo.
2
«Ciò che è stato procurato personalmente da me».
3
Yad introduce in questo caso il discorso diretto.
4
Siµha¿ è complemento predicativo di nißpådyate: «costui è fatto diventare leone».
91
CARLO DELLA CASA
tihR p£tIxSv x,µ y;vdhµ v®xm;roh;im/ tq;nui—te y;vTsjIv: ˜tSt;v†e }yo 'ip
isµhenoTq;y Vy;p;idt;:/ s c punv®Rx;dvtIyR g®he gt:/ ato 'hµb£vIim/
vrµ buiénR s; iv¥; iv¥;y; buiéw†m;/
buiéhIn; ivnÇyiNt yq; te isµhk;rk;:.
(Pañcatantra, V, 4)
1
Tatpurußa: «con lo sguardo [rivolto] a una sola cosa».
2
Bahuvrîhi: = pråpto varo yayå tåµ kanyåm, «fanciulla dalla quale la dote è stata ottenuta».
3
Entrambi gli aggettivi sono attributi, collegati per asindeto, di cintåm: «[colui che si preoccupa di]
cose relative al futuro, irrealizzabili».
92
CORSO DI SANSCRITO
1
«La cui vita era stata tratta via, condotta al termine».
2
Acc. avverbiale: «contemporaneamente a ciò».
3
Bahuvrîhi: «avente la voce di chi ha acconsentito».
93
CARLO DELLA CASA
1
Il Gen. è retto da p®ß¥hata¿.
2
Tatpurußa, il cui primo membro è uno dvandva costituito da due karmadhåraya («quella bilancia
e quel fanciullo»).
3
Letteralmente: «Per effetto della buona salute, [derivante] dal controllo etc...., [originato] dall’uso
di medicinali e simili da parte dei medici sempre con impegno».
4
Dvandva di tre aggettivi, concordante con il successivo åhårai¿.
5
Sakha±∂a- qualifica gu∂a-: «melassa insieme con zucchero candito».
94
CORSO DI SANSCRITO
1
«Con la regione del ventre coperta», ossia «tenendosi con le mani il ventre».
95
CARLO DELLA CASA
96
CORSO DI SANSCRITO
97
CARLO DELLA CASA
1
«Nessuno disputa sul fatto che sia giusto far del bene - e il mio far del bene non è altro che dare
sicurezza alle creature» (anya- con Strum.; più frequente con l’Abl.).
2
Tad- si riferisce probabilmente a bhûta-: «non violenza contro queste, le creature».
98
CORSO DI SANSCRITO
yufimd;id–in∂n+v,;Tp£@®it p£@o/
m®Tyum;y;Ntm;y;NtmNvhµ icNty;Myhm«. 37.
¤Tyu†_vNtµ tµ r;j; s vi,Kpu}mb£vIt«/
boi∂to 'is my; vTs yuKTy; p£;,@yµ 1 Svt:. 38.
ÙDgev ih svRSy jNtom®RTyu@yµ @vet«/
t&x,opk;r;˘ ∂mR: ko '#yi∂ko vd. 39.
tdet†v ∂m;Ry mumux;yE c diçRtm«/
m®Tyu@Ito ih ytte nro mox;y buiém;n«. 40.
ato n ghR,Iyo 'ymetém;R ipt; Tvy;/
¤it r;jvc: +uTv; p£Ìo 'v;dI√i,Ksut:. 41.
∂moRpdeç;åeven ˜tI t;vdhµ ˜t:/
mox;yeCz; p£j;t; me tmPyupidç p£@o. 42.
tC‘üTv; tµ vi,Kpu}µ p£;Pte t} puroTsve/
tElpU,¯ kre p;}µ dÏv; r;j; jg;d s:. 43.
¤dµ p;}µ g®hITv; Tvmeih @£;NTv; purIimm;m«/
tElibNduinp;t= rx,IySTvy; sut. 44.
inpitfiyit y¥ekStElibNduirtStv/
s¥o inp;tiyfiyiNt Tv;mete puwß;Stt:. 45.
™vµ ikloKTv; Vys®j†µ @£m;y vi,Ksutm«/
¨T";t"í;Npuwß;NdÏv; p=;Ts @Upit:. 46.
vi,Kpu}o 'ip s @y;&xµStEllvCyuitm«/
purIµ t;mi@to @£;NTv; ˜C‘;d;g;n∏®p;iNtkm«. 47.
n®po 'Pygilt;nIttElµ DÄ; tm#y∂;t«/
ki=Tpur@£me 'Py¥ D–o '} @£mt; Tvy;. 48.
tC‘üTv; s vi,Kpu}: p£ov;c rict;Êil:/
yTsTyµ n my; dev D–µ ikµicn∏ c +utm. 49.
ahµ Hek;v∂;nen tElleçpirCyuitm«/
"íp;t@y;&xµStd;nIm@£mµ purIm«. 50.
1
«Con un’astuzia io ho fatto in modo che tu fossi informato personalmente per quanto riguarda la
paura della morte».
99
CARLO DELLA CASA
1
Ca iߥa-yajña¿: «avendo compiuto i sacrifici».
100
CORSO DI SANSCRITO
iptov;c
kqm#y;hto lok: ken v; pirv;irt:/
amoŸ;: k;: ptNtIh ikµ nu @IßysIv m;m«. 8.
pu} ¨v;c
m®Tyun;#y;hto loko jry; pirv;irt:/
ahor;};: ptNTyete nnu kSm;n∏ buflyse. 9.
yd;hmetª;n;im n m®TyuiSt—tIit h/
so 'hµ kqµ p£tIixfiye j;len;ipiht=rn« 1. 10.
r;]y;µ r;]y;µ VytIt;y;m;yurLptrµ yd;/
g;∂odke mTSy ¤v su"µ ivNdet kStd;/
tdev vNflyµ idvsimit iv¥;i√cx,:. 11.
anv;Pteßu k;meßu m®Tyur#yeit m;nvm«
çfip;,Iv ivicNvNtmNy}gtm;nsm«/
v®kIvor,m;s;¥ m®Tyur;d;y gCzit. 12.
a¥Ev øw yC‘eyo m; Tv; k;lo 'Tyg;dym«/
a˜tefivev k;yeRßu m®TyuvE R sµp£kßRit. 13.
±:k;yRm¥ øvIRt pUv;R ˚e c;pr;i˚km«/
n ih p£tIxte m®Tyu: ˜tµ v;Sy n v; ˜tm«/
ko ih j;n;it kSy;¥ m®Tyusen; inveXyte. 14.
yuvEv ∂mRçIl: Sy;dinim†µ ih jIivtm«/
˜te ∂meR @veTkIitRirh pe£Ty c vE su"m«. 15.
mohen ih sm;iv–: pu}d;r;qRmu¥t:/
˜Tv; k;yRmk;y¯ v; pui–meß;µ p£yCzit. 16.
tµ pu}pçusµm†µ Vy;s†_mnsµ nrm«/
suPtµ Vy;Ÿ£µ mhOŸo v; 2 m®Tyur;d;y gCzit. 17.
sµicNv;nkmevEkµ k;m;n;mivt®Ptkm«/
Vy;Ÿ£: pçuuimv;d;y m®Tyur;d;y gCzit. 18.
¤dµ ˜timdµ k;yRimdmNyT˜t;˜tm«/
™vmIh;su";s†_µ ˜t;Nt: øwte vçe. 19.
1
Nota la costruzione participiale di prati-îkß-: «come potrò tollerare di vivere».
2
Vå = iva.
101
CARLO DELLA CASA
102
CORSO DI SANSCRITO
è il nucleo irriducibile e inalterabile sotteso a ogni molteplicità che non può essere che illusoria.
103
CARLO DELLA CASA
1
Si riferisce a dehin, che in questo brano ha il significato di «anima incorporata».
2
Tasya e il successivo me hanno il valore del Dat. latino.
3
Tatpurußa: madartham eva karmå±i karotîti matkarmak®t.
4
Bahuvrîhi: aham eva paramo nißkala¿ pråpyo yasyeti sa matparama¿.
104
CORSO DI SANSCRITO
yduprte iptir @£;tir su·id @tRir v; p£;,;: pirTyJyNte/ Svyµ cen∏ jhit n
pirTy;Jy;:/ a} ih ivc;yRm;,e Sv;qR ™v p£;,pirTy;go 'ymsHçokvedn;p£tIk;rTv;d«
ATmn:/ ¨prtSy tu n kmip gu,m;vhit/ n t;v†Sy;yµ p£TyuªIvnop;y:/ n
∂moRpcyk;r,m«/ n çu@lokop;jRnhetu:/ n inryp;tp£tIk;r:/ n dçRnop;y:/
n prSprsm;gminim†m«/ aNy;mev SvkmRflpirp;kopict;ms;v« 1 avço nIyte
@Uimm«/ as;v« 1 aPy;TmŸ;itn: kevlmens; sµyuJyte / jIvµStu jl;Êild;n;idn;
b`pkroTyuprtSy;Tmn=/ m®tStu no@ySy;ip/
(Bå±a, Kådambarî, cap. 177).
(130)
ùwµ r;~: sm;s;¥ kpot: Çyenj;≤y;t«/
çr,;qIR td; r;jin∏ilLye @ypIiÚt:. 20.
(131)
Çyen ¨v;c
∂m;RTm;nµ Tv;àrekµ sveR r;jNmhIixt:/
s vE ∂mRivwéµ Tvµ kSm;TkmR ickIßRis. 1.
ivihtµ @x,µ r;jNpIÚ‰m;nSy me xu∂;/
m; @;ÃI∂RmRlo@en ∂mRmuTs®–v;nis. 2 .
r;jov;c
sµ}StWpS};,;qIR Tv†o @Ito mh;i√j/
mTsk;çmnup£;Pt: p£;,g®flnuryµ i√j:. 3.
™vm#y;gtSyeh kpotSy;@y;iqRn:/
ap£d;ne pro '∂mR: ikµ Tvµ Çyen p£pÇyis. 4.
p£SpNdm;n: sµ@£;Nt: kpot: Çyen lXyte/
mTsk;çµ jIivt;qIR tSy Ty;go ivgihRt:. 5.
1
Asau ... asau: «l’uno ... l’altro».
105
CARLO DELLA CASA
Çyen ¨v;c
Ah;r;TsvR@Ut;in sµ@viNt mhIpte/
Ah;re, ivv∂RNte ten jIviNt jNtv:. 6.
çKyte ëSTyje 'PyqeR icrr;};y jIivtum « 1/
n tu @ojnmuTs®Jy çKyµ vtRiytuµ icrm«. 7.
@Xy;i√loiptSy;¥ mm p£;,; ivç;µ pte/
ivs®Jy k;ymefiyiNt pNq;nmpun@Rvm« 2. 8.
p£m®te miy ∂m;RTmNpu}d;rµ niçfiyit/
rxm;,: kpotµ Tvµ b`Np£;,;n∏içfiyis 3. 9.
∂m¯ yo b;∂te ∂moR n s ∂mR: ø∂mR tt«/
aivro∂I tu yo ∂mR: s ∂mR: sTyivºm. 10.
ivroi∂ßu mhIp;l ini=Ty guwl;Ÿvm«/
n b;∂; iv¥te y} tµ ∂m¯ smud;cret«. 11.
guwl;Ÿvm;~;y ∂m;R∂mRivin=ye/
yto @Uy;µs « 4 tto r;jNøw ∂mRivin=ym«. 12.
r;jov;c
bàkLy;,sµyu†_µ @;ßse ivhgo†m/
sup,R: pixr;i$ Ûµ Tvµ ∂mR~=;Sysµçym«/
tq; ih ∂mRsµyu†_µ bà ic}µ p£@;ßse. 13.
n te 'STyividtµ ikµicidit Tv; lxy;Myhm«/
çr,Eiß,: pirTy;gµ kqµ s;iflvit mNyse. 14.
Ah;r;q¯ sm;rM@Stv c;yµ ivhµgm/
çKy=;PyNyq; ktuRm;h;ro 'Pyi∂kSTvy;. 15.
gov®ßo v; vr;ho v; m®go v; mihßo 'ip v;/
TvdqRm¥ iºyt;µ y√;Nydi@k;Ãse. 16.
1
«Anche se è difficile rinunciare ai beni terreni, si può vivere per lungo tempo (senza di essi)».
2
Apunarbhavam è apposizione di panthånam: «quella regione che è la liberazione finale».
3
Nota il valore diverso, prima intransitivo poi transitivo (e causativo) del futuro di naç-.
4
«Donde maggior [giustizia deriva]».
106
CORSO DI SANSCRITO
Çyen ¨v;c
n vr;hµ n cox;,µ n m®g;iNviv∂;µStq;/
@xy;im mh;r;j ikmn∏;¥en ten me. 17.
yStu me dEvivihto @x: xi}ypuµgv/
tmuTs®j mhIp;l kpotimmmev me. 18.
Çyen;: kpot;N";diNt iSqitreß; sn;tnI/
m; r;jNm;gRm;~;y kdlISkN∂m;wh. 19.
r;jov;c
r;Jyµ içbIn;m®éµ vE ç;i∂ pixg,;icRt/
y√; k;myse ikµicCz‰en sv¯ dd;in te/
ivnemµ pix,µ Çyen çr,;iqRnm;gtm«. 20.
yenemµ vjR yeq;STvµ kmR,; pixs†m/
td;cXv kirfiy;im n ih d;Sye kpotkm«. 21.
Çyen ¨v;c
¨çInr kpote te yid Sneho nr;i∂p/
a;Tmno m;µsmuT˜Ty kpottuly; ∂®tm« 1. 22.
yd; smµ kpoten tv m;µsµ @ven∏®p/
td; p£deyµ tNmHµ s; me tui–@Rivfiyit. 23.
r;jov;c
anug£himmµ mNye Çyen yNm;i@y;cse/
tSm;†e '¥ p£d;Sy;im Svm;µsµ tuly; ∂®tm«. 24.
lomç ¨v;c
aqoT˜Ty Svm;µsµ tu r;j; prm∂mRivt«/
tuly;m;s kONtey kpoten sh;i@@o. 25.
i∂£ym;,Stu tuly; kpoto VyitirCyte/
pun=oT˜Ty m;µs;in r;j; p£;d;ëçInr:. 26.
n iv¥te yd; m;µsµ kpoten smµ ∂®tm«/
tt ¨T˜†m;µso 's;v;wroh Svyµ tul;m«. 27.
1
Lett.: «messa sulla bilancia con il colombo».
107
CARLO DELLA CASA
Çyen ¨v;c
¤N&o 'hmiSm ∂mR~ kpoto hVyv;$ym«/
ij~;sm;nO ∂meR Tv;µ y~v;$mup;gtO. 28.
y†e m;µs;in g;}e#y ¨T˜†;in ivç;µ pte/
™ß; te @;SvrI kIitRloRk;ni@@ivfiyit. 29.
y;v„oke mnufiy;STv;µ kqiyfiyiNt p;iqRv/
t;vTkIitR= lok;= Sq;SyiNt tv ç;±t;: 1. 30.
(Mahåbhårata, III, 130, 20 - 131, 30)
1
L’episodio di Uçînara (o di Çibi), che in sostanza agita il problema del possibile conflitto di diritti
contrapposti, è probabilmente d’origine buddhistica e bene s’inserisce nella serie di racconti che
illustrano i sacrifici impostisi dal futuro Buddha per beneficare o anche soltanto per compiacere
altrui. L’episodio, oltre che nella tradizione buddhistica (per es. Jåtaka, 499), si ha pure in versioni
brahmaniche (delle quali qui è riportato un esempio) e giainiche. Il fatto che il colombo sia
considerato animale malauguroso sottolinea la generosità del protagonista. Curioso e tipico dell’estenuarsi
d’un motivo antico pervenuto in un ambiente sostanzialmente diverso è il racconto di Mbh. III, 198,
dove Çibi accetta, per compiacere un brahmano, di compiere sacrifici assurdi, che culminano
nell’effettuata uccisione d’un figlio.
108
CORSO DI SANSCRITO
109
CARLO DELLA CASA
VOCABOLARIO
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