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GRAMMATICA SANSCRITA

1
ABBREVIAZIONI
A., Acc.: Accusativo.
a.: aggettivo.
Ab., Abl.: Ablativo.
ÅTM., Å.: Åtmanepada.
avv.: avverbio.
Caus.: Causativo.
comp.: comparativo.
cong.: congiunzione.
D., Dat.: Dativo.
d., dua.: duale.
Den.: Denominativo.
f.: femminile.
f.d.: forma debole.
f.f.: forma forte.
G., Gen.: Genitivo.
H.: Hitopadeça (ed. Peterson, Bombay, 1887).
i.f.c.: in fine di composto.
i.p.c.: in principio di composto.
impf.: imperfetto.
ind., indecl.: indeclinabile.
indef.: indefinito.
inter.: interiezione.
interr.: interrogativo.
K.S.S.: Kathåsaritsågara (ed. Durgaprasad-Parab, Bombay, 1903).
Kåd.: Kådambarî (ed. P. V. Kane, Bombay, 1921).
L., Loc.: locativo.
m.: maschile.
Mbh.: Mahåbhårata (ed. critica).
N., Nom.: Nominativo.
n.: neutro.
N.P.: nome proprio.
P.: Pañcatantra (ed. Kielhorn-Bühler, Bombay, 1891-96).
p.f.p.: participio futuro passivo.
p.p.a.: participio passato attivo.
PAR.: Parasmaipada.
pass.: passivo.
pl.: plurale.
prep.: preposizione.
prs.: persona.
S., Str.: Strumentale.
s.: singolare.
scr.: sanscrito.
sup.: superlativo.
T.: Tantråkhyåyikå (ed. Hertel, Berlino, 1910).
V., Voc.: Vocativo.

2
      PARTE PRIMA

FONETICA
I. Alfabeto, pronuncia, accentazione.

1. CLASSIFICAZIONE DEI FONEMI.

SORDE SONORE

occlusive occlusive vocali dittonghi

semivocali
semplici

semplici
sibilanti

aspirate

aspirate

lunghe

v®ddhi
nasali

brevi

gu±a
Gutturali
Gutturali k kh g gh  º a å

Palatali
Palatali ç c ch j jh ñ i î e ai y

Cerebrali
Cerebrali ß  ¥ ¥h ∂     ∂h  ± ® ° ar   år   r
Dentali
Dentali s t  th d dh  n ¬  — al ål  l
Labiali
Labiali p ph b bh m u û o au v
Varie
Varie ¿ h    µ

Nota Bene. Le sorde occlusive sono anche dette tenui; le sonore occlusive sono anche
dette medie. Ordine alfabetico: a, å, i, î, u, û, ®, °, ¬, e, ai, o, au, k, kh, g, gh, º, c, ch,
j, jh, ñ, ¥, ¥h, ∂, ∂h, ±, t, th, d, dh, n, p, ph, b, bh, m, y, r, l, v, ç, ß, s, h.
÷ (anusvåra), il più raro anunåsika (¯) e ¿ (visarga) non sono mai iniziali di parola.

2. PRONUNCIA E ACCENTAZIONE.

Vocali, dittonghi, consonanti vengono in generale pronunciati come in italiano, con


particolare cura alla quantità delle vocali. Si ricordi:
— le cerebrali (o cacuminali o linguali o retroflesse) si pronunciano toccando la
sommità del palato con la punta della lingua;
— c, ch sono sempre palatali (catur si pronuncia «ciatur»);
— j, jh sono simili all’inglese j (cfr. John);
— ç è come sc in italiano «scena»;
— g è sempre gutturale (gîtå si pronuncia «ghita»);
— y è sempre vocalico (italiano «ieri»);
— ¿ (visarga) indica una leggera aspirazione sorda;

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CARLO DELLA CASA

— h indica forte aspirazione;


— µ (anusvåra) indica spesso la nasalizzazione della vocale precedente;
— le nasali hanno diverso valore a seconda del suono che precedono o seguono (cfr.
ital. «dente» e «pancia»);
— ® si pronuncia appoggiandola a una i breve.
L’accentazione del sanscrito è simile a quella del latino: se la penultima è lunga
per natura o per posizione la parola è piana, altrimenti l’accento si ritira sulla
terzultima o anche sulla quartultima, se questa è sillaba radicale. Esempi: bhárati,
bharfiåmas, bharánti, dúhitaram.

II. Alternanza vocalica.

3. Le vocali, soprattutto delle sillabe radicali, nel corso della flessione e nella
formazione dei derivati possono presentarsi in grado diverso: esistono cioè dei fenomeni
d’apofonia collegati con l’accentazione, analogamente a quanto succede in altre lingue
indoeuropee (cfr. germ. werfen, warf, geworfen, Wurf; greco peivqw, e[piqon, pevpoiqa). I
grammatici indiani partono dal grado debole o ridotto o zero, che è caratterizzato dalla
mancanza di a; facendo precedere a alla vocale della sillaba (con gli esiti usuali
nell’incontro delle vocali, cfr. 14-16) s’ottiene il grado normale o pieno o gu±a;
facendo precedere al gu±a un’altra a s’ottiene il grado allungato o v®ddhi, «incremento».
Si ha quindi il seguente schema:

grado zero – (a, å)1 i, î u, û ®, ° ¬

gu±a a (a, å) e o ar al

v®ddhi å ai au år ål

1
In realtà, mentre per alcune radici a vocalismo a il grado zero si distingue dal grado pieno per
l’assenza di a (es.: pt- : pat-; s- : as-), molto più frequentemente grado zero e grado pieno coincidono
(es.: bhaj-, car-, ås-). I grammatici indiani esprimono ciò dicendo che a è il gu±a di a. Le radici a
vocalismo a, comprese quelle che hanno il saµprasåra±a (v. qui sotto), vengono sempre citate al
grado pieno (pat-, nam-, as-, ås-, bhå-, vac-, svap-); le altre vengono citate al grado zero (bhû-, k®-, ji-,
nî-).

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CORSO DI SANSCRITO

Esempi: pa-pt-ur vid-mas çru-ta-1 bh®t-a- k¬p-ta-


«volarono» «sappiamo» «udito» «portato» «apprestato»

a-pat-at ved-mi çro-tum bhar-åmi kalp-ate


«volò» «so» «udire» «io porto» «è apprestato»

påt-a- vaid-ya- a-çrau-ßît bhår-a- ==


«il volo» «sapiente» «udì» «il carico»

La linguistica comparata parte invece dal grado pieno. Ciò permette di spiegare meglio
alcuni casi. Ad es.: da yaj-, «sacrificare», togliendo a si ha ij- (< *yj-), da cui si forma
ij-yate, «è sacrificato»; partendo dal grado zero e facendo il gu±a s’avrebbe non yaj-
ma un non attestato *ej. 2

4. Esistono ancora altre alternanze vocaliche. Notiamo alcuni fatti significativi.

a) La nasale sonante indoeuropea (mfl o nfl ) diventa a nel grado zero davanti a
consonante, diventa m, n davanti a vocale. Si ha quindi:

grado zero: *mfl , *nfl (> a, m, n)


gu±a: am, an
v®ddhi: åm, ån

Es.: gam-, «andare»: ga-ta-, ja-gm-ur, «andato, sono andati» : a-gam-at, «andò» :
ja-gåm-a, «è andato». Han-, «uccidere»: ha-ta-, (g)hn-anti, «ucciso, uccidono» : han-ti,
«uccide» : hån-tra-, «morte, strumento di morte».

b) Si osservino le forme: ta-sth-ur, sthi-ta- : sthå-tum, rispettivamente perfetto,


p.p.p. e infinito di sthå-, «stare». In esse l’alternanza Ø, i : å è l’esito indiano della
serie ™ : a™, dove ™ (¢va) è un suono dal timbro indistinto che produce effetti

1
La lineetta giustapposta indica che si tratta d’una forma in «stato tematico», ossia non declinata o
coniugata, o d’una radice verbale.

2
Esiste un certo numero di radici e di temi nominali che hanno nel grado pieno gli elementi va, ya,
ra, mentre compaiono u/û, i/î, ®/° nel grado zero, che ha nome saµprasåra±a (termine che indica sia
la «vocalizzazione» delle semivocali v, y, r quando siano private di a, sia le vocali u/û, i/î, ®/° che
«emergono» da questa riduzione). Così il saµprasåra±a di vac-, «dire», svåp-, «dormire», vap-,
«spargere», vas-, «abitare», vah-, «portare», yaj-, «sacrificare», grah-, «afferrare», çvan-, «cane»,
ana∂vah-, «toro», saranno rispettivamente uc-, sup-, up-, uß- (41 c), uh-, ij-, g®h-, çun-, ana∂uh-.
All’inverso può dirsi che queste radici e questi temi passano dal grado zero al grado pieno
«rovesciando» il gu±a, ossia posponendo a alla vocale radicale, che pertanto si semivocalizza (17).
Es.: uc- : *uac- > vac-.

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CARLO DELLA CASA

particolari (scompare davanti a vocale, è rappresentato da i, allunga la vocale precedente).


Analoga è l’alternanza Ø, î : å.
Es.: hî-na- : hå-tum, p.p.p. e infinito di hå-, «abbandonare»; krî-±-anti, krî-±î-te :
krî-±å-ti, da krî-, «comprare».

c) Si osservino le forme della rad. jan-, «nascere»: ja-ta- : jani-tum, jan-man-,


jñå-ti- : ja-jån-a, rispettivamente «nato, nascere, nascita, congiunto, nacque», dove
l’alternanza è å (grado zero) : ani, an, nå (gu±a) : ån (v®ddhi). La forma «pesante»
della nasale sonante indoeuropea nΩ, ossia quella in cui compare lo ¢va, ha dato i
soliti esiti particolari (*nΩ ™ > å; *an™ > ani [an davanti a vocale e semivocale]
oppure *na™ > nå con gu±a «rovesciato», etc.). I grammatici indiani parlano di radici
se¥, «con i», dato che lo ¢va è spesso rappresentato in sanscrito da i, e di radici ani¥,
«senza i».

d) S’osservi infine la serie seguente dalla rad. çram-, «stancarsi».


Çrån-ta- (< *çråm-ta-, 40 c) : çrami-tum, sråm-a- : ça-çråm-a, «stanco, stancarsi,
stanchezza, si stancò», dove la serie «pesante» della mfl sonante indoeuropea ha dato
gli esiti åm (< *m™) : ami (am davanti a vocale) : åm.

III. Consonanti in pausa.

5. Subiscono il trattamento qui descritto (detto anche di finale assoluta) le consonanti


in fine di frase e di parola, le finali dei temi in consonante davanti alle desinenze
inizianti per consonante (-bhyåm, -bhis, -bhyas, -su, dette desinenze pada), le
consonanti finali delle radici verbali davanti ai suffissi inizianti per consonante (cfr.
però §§ 38, 39, 40), le finali dei temi in consonante usati come primi membri nei
composti. Riassuntivamente, in pausa si trovano, oltre le vocali e i dittonghi, soltanto
k, ¥, t, p, º, ±, n, m, ¿. Gli esiti sono poi soggetti alle regole del sandhi. Si ricordi che
gli esempi addotti si riferiscono, salvo indicazione diversa, al Nom. sing., che ha per
desinenza -s.

6. I gruppi consonantici sono ridotti alla prima consonante. Fanno eccezione -rk, -r¥,
-rt, -rp, quando sono radicali o sostituti di radicali.
Es.: bhavan < *bhavants, «esistente»; abibha¿ < *abibhart (12), «portò» (-t è
desinenza); ma avart < *avarts ovv. < *avartt, 2ª e 3ª s. aor. ved. di v®t-, «trovarsi»;
urk < *urjs, «forza» (8).

7. Le occlusive (escluse le palatali) si riducono alla sorda non aspirata della propria
serie: kh, g, gh > k ; ¥h, ∂, ∂h > ¥  ; th, d, dh > t  ; ph, b, bh > p.
Es.: samit < *samidhs, «combustibile»; suh®t < *suh®ds, «amico»; stup < *stubhs,
«grido di gioia»; ma samidham, suh®dam, stubham, Acc. sing.

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CORSO DI SANSCRITO

8. Occlusiva palatale e sibilante palatale diventano k (però ch sempre, j, ç talvolta,


diventano ¥); nasale palatale diventa º.
Es.: våk < *våcs, «vox, parola»; bhißak < *bhißajs, «medico»; dik < *diçs, «contrada
celeste»; pratyaº < *pratyañcs, «rivolto a occidente»; ma devaya¥ < *devayajs, «che
sacrifica agli dei»; vi¥ < *viçs, «contrada»; aprå¥ < *apråcht, aor. ved. di prach-,
«chiedere». (Il Nom. pl. sarà vacas, diças, devayajas, etc.).

9. M rimane immutata quando è di desinenza (es.: adåm, aor. rad. di då-, «dare»;
açvam, Acc. s. di açva-, «cavallo»); diventa n quando è finale radicale o tematica1 (es.:
agan < *agaµs o *agaµt, 2ª e 3ª s. aor. ved. di gam-, «andasti, andò»; praçån <
*praçåµs, «calmo»; garîyån < *garîyåµs, comp. di guru-, «gravis».

10. Í, h diventano ¥ (più raramente k).


Es.: dvi¥ < *dvißs, «nemico»; madhuli¥; < *madhulihs, «ape» ; kåmadhuk < *kåmaduhs (11),
«vacca dei desideri», e dvi¥su, madhuli¥su, kåmadhukßu (41 c), Loc. pl., ma dvißåm,
madhulihåm, kåmaduhåm, Gen. pl.

11. Sillabe radicali inizianti per g, d, b e finienti in sonora aspirata (gh, dh, bh, h)
ripristinano sulla sonora iniziale l’aspirazione (perduta per la legge di Grassmann),
quando essa vien meno nella finale.
Es.: -dhuk < *duhs (< *dhughs), «mungitore»; bodh-ate (38), «si sveglia», ma
bhot-syate (7 e 39), «si sveglierà», fut. di budh- (< *bhudh-). Cfr. greco qricov$ ma
qrivx. 2

12. R, s diventano ¿.
Es.: puna¿ < *punar, «di nuovo»; açva¿ < *açvas, «il cavallo».

IV. Sandhi esterno.

13. Il sandhi (< saµdhi, cfr. 40   c, nota), «congiunzione, composizione», è fenomeno
tipico del sanscrito, nel quale vocali e consonanti incontrandosi subiscono, per ricerca
d’eufonia, modificazioni soggette a regole rigorose, molto più di quanto non accada in
altre lingue indoeuropee. Il sandhi esterno riguarda le modificazioni che subiscono i
fonemi iniziali e finali sia di parole grammaticalmente distinte che vengono in

1
Si tratta probabilmente dei resti d’un processo d’assimilazione con la dentale o la sibilante dentale,
poi cadute. Es.: *agamt > *agant > agan.

2
Il fenomeno non si verifica davanti a -dhi, desinenza imperat. 2 a sing. Es.: dug-dhi, «mungi», da
duh- ; ma dhug-dhve < *duh-dhve, «voi mungete» (7 e 22).

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CARLO DELLA CASA

contatto, sia di temi nominali che vengono accostati nei composti: evidentemente gli
esiti sono diversi a seconda della posizione occupata dalle singole parole nell’insieme
della frase o nell’interno dei composti. Il sandhi interno riguarda il comportamento dei
fonemi all’interno delle singole parole (ad es. nella declinazione e nella coniugazione).
In generale le regole sono comuni per i due tipi di sandhi.

A. Sandhi delle vocali e dei dittonghi.

14. Vocali simili si fondono nella lunga corrispondente:


å⁄ + å⁄ = å î   ⁄ + î  ⁄ = î û⁄ + û⁄ = û.
Es.: ihåsti < *iha asti, «qui è»; nåstîha < *na asti iha, «non è qui»; sûktam < *su
uktam, «ben detto, detto sentenzioso».

15. å⁄ + î   ⁄ = e; å⁄ + û⁄ = o; å⁄ + ° ⁄  = ar.


Es.: tavecchå < *tava icchå, «il desiderio di te»; sovåca < *så uvåca, «essa disse»; kva
rßi¿ < *kva ®ßis, «dove [è] l’asceta?»; yatha rßi¿ < *yathå ®ßis, «come l’asceta».

16. å⁄ + e, ai = ai; å⁄ + o, au = au.


Es.: kvaiti < *kva eti, «dove va?»; saußadhi¿ < *så oßadhi¿, «quest’erba medicinale»;
tasyaußadham < *tasya außadham, «la medicina di lui».1

17. î   ⁄, û⁄, °  ⁄ davanti a vocale dissimile diventano y, v, r (semivocalizzazione delle
vocali).
Es.: trî±y etåni < *trî±i etåni, «queste tre cose»; svakßa- < *su-akßa-, «dai begli
occhi»; kartrî- < *kart®- î-, «fattrice».

18. e, o + å, î   ⁄, û⁄, °  ⁄, e, o diventano a + å, î   ⁄, û⁄, °  ⁄, e, o (con iato).
Es.: prabha ehi < *prabho ehi, «o signore, vieni!»; vana ®ßi¿ < *vane ®ßis, «nella
foresta [c’è] l’asceta».
Osservazioni. Si trova anche, seppure raramente, la soluzione ay, av, che è comune nel
sandhi interno (cfr. 35).
Es.: prabhav ehi; gajay åste, ovv. gaja åste < *gaje åste, «è seduto sull’elefante».

19. e, o + aŸ diventano e, o + ’ (avagraha).

1
Talvolta può essere utile, per evitare ambiguità (peraltro volute nella grafia originale), segnare con
un accento circonflesso la vocale o il dittongo esito di sandhi.
Es.: nåbhijåta- < *nåbhi-jåta-, «nato dall’ombelico [di Viß±u], epiteto di Brahmå», ma nå   { bhijåta- <
*na abhijåta-, «non nato [di buona famiglia], ignobile»; modakam, «confetto», ma môdakam < *må
udakam, «non l’acqua, basta con l’acqua»; saikata¿, «sabbioso», ma saîkata¿ < *så ekata¿ «da un
lato essa».

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CORSO DI SANSCRITO

Es.: vane ’vasat < *vane avasat, «nella foresta abitava»; gaje ’sti < *gaje asti, «è
sull’elefante»; purußo ’sti < *purußo asti (30   a), «c’è un uomo».

20. ai davanti a vocale diventa å; au davanti a vocale o dittongo diventa åv.


Es.: tasmå adåt < *tasmai adåt, «a lui diede»; tåv ubhau < *tau ubhau, «questi due».

21. -î, -û, -e, -o non soggiacciono alle regole anzidette se sono desinenze di duale o
finali d’interiezioni.
Es.: kanye åsåte atra, «le due fanciulle siedono qui»; açve iva, «come due giumente»,
Nom. dua. f. (açva iva < *açve iva, «come sul cavallo», ovv. < *açva¿ iva [30   b],
«come il cavallo»); aho Indra, «oh, Indra!».

B. Sandhi delle consonanti.1

22. Occlusiva sorda:


a) davanti a sonora diventa sonora;
b) davanti a nasale diventa nasale della sua propria serie.
Es.: nagaråd ågacchan n®pa¿ < *nagaråt ågacchat n®pas, «dalla città venne il re»;
våg-devatå < *våk-devatå < *våc-devatå, «la divinità della parola»; våº nåsti < *våk
na asti, «non c’è parola»; am-maya- < *ap-maya-, «costituito d’acqua».

23. T finale davanti a palatale, cerebrale, l s’assimila alla seguente; inoltre t + ç = c ch.
Es.: tac ca < *tat ca, «e questo»; taj jalam < *tat jalam, «quest’acqua»; tal labhate <
*tat labhate, «ottiene ciò»; tac chåstram < *tat çåstram, «questo trattato».

24. Tenue + h diventa media + media aspirata: t + h > d dh; k + h > g gh etc.
Es.: tad   dhi < *tat   hi, «ciò infatti»; våg   ghi < *våk   hi, «la parola infatti».

25. Ch iniziale diventa cch dopo vocale breve, å, må; inoltre si comporta similmente
all’interno di parola.
Es.: na cchindanti < *na chindanti, «non tagliano»; må cchaitsît, «non tagli!», aor. di
chid-; ciccheda, «egli tagliò», perf. di chid-.

26. a) Nasale finale (esclusa m) appoggiata a vocale breve si raddoppia


davanti a vocale;
b) m finale si mantiene davanti a vocale, diventa µ davanti a consonante.2

1
Si ricordi che le consonanti finali di cui qui si tratta sono gli esiti determinati dalle norme
descritte nei §§ 5-12.

2
Davanti alle occlusive, m finale può anche mutarsi nella nasale omogenea dell’occlusiva (cfr.
40   c). Es.: kiµ karoßi ovv. kiº karoßi, «che fai?»; kiµnara- ovv. kinnara-, kiµpurußa- ovv. kimpurußa-,
«esseri favolosi».

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CARLO DELLA CASA

Es.: sann atra < *san atra < *sants atra, «che è qui»; pratyaºº åsîna¿ < *pratyañcs
åsînas (8), «seduto verso occidente»; ahaµ tam açvaµ paçyåmi, «io vedo quel cavallo».

27. N finale davanti a occlusiva sonora palatale, cerebrale, ç, si muta nella nasale della
stessa serie della seguente (ç può diventare ch [23]); n + l > ¯l + l.
Es.: tåñ janån < *tån janån, «queste persone»; tåñ çaçån (ovv. tåñ chaçån) < *tån
çaçån, «queste lepri»; tå¯l lokån < *tån lokån, «questi mondi».

28. N finale davanti a occlusiva sorda palatale, cerebrale, dentale diventa µ e inserisce
davanti alla sorda una sibilante corrispondente alla stessa. Così: -n + c- > -µç + c-; -n
+ ¥- > -µß + ¥-; -n + t- > -µs + t-.
Es.: v®kåµç ca paçyati, «e vede i lupi» (< *v®kån ca); tåµs tån < *tån tån, «questi e
quelli»; pataµs taru¿ < *patan tarus, «l’albero cadente».
Osservazioni. In realtà si tratta, per la sibilante, non d’un’inserzione, bensì della
conservazione, nel sandhi, di forme antiche (ad es. l’Acc. m. pl. era in -ns: *vrkåns,
cfr. got. wulfans, ant. pruss. deiwans). La regola fu poi estesa a tutti quei casi in cui
compariva una nasale, anche se non derivante dal gruppo ns.
Es.: abharaµs tatra < *abharan tatra, «portarono là». Vedi, per la conservazione nel
sandhi di forme altrimenti perdute, franc. a-t-il?, dal lat. habet ille.

C. Visarga finale.
29. Il visarga finale:
a) rimane davanti a sorda gutturale, labiale, sibilante e in fine di verso;
b) davanti a sorda palatale, cerebrale, dentale si muta nella sibilante
corrispondente alla sorda.
Es.: açvå¿ khådanti gardabha¿ pibati, «i cavalli mangiano, l’asino beve»; pûjita¿ Çiva¿,
«fu onorato Çiva»; bhråtaras trayaç ca, «e i tre fratelli»; ku¥haraiß ¥aºkaiç ca, «con le
asce e con le vanghe».

Davanti a sonora il visarga finale si comporta diversamente a seconda dell’origine e


della vocale cui è appoggiato. Infatti:

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CORSO DI SANSCRITO

30. A¿ se risale ad as (12):


a) davanti a consonante sonora e a Ÿ si chiude in o e quindi davanti ad a Ÿ si
verifica il caso illustrato in 19 (o + ’);
b) davanti a vocale diversa da a Ÿ il visarga cade e rimane lo iato.
Es.: bålo roditi < *båla¿ roditi, «il fanciullo piange»; devo ’pi < *deva¿ api, «anche il
dio»; sûrya iva < *sûrya¿ iva, «come il sole».
Osservazioni. Sa¿, eßa¿, pronomi dimostrativi, perdono sempre il visarga davanti a
consonante.
Es.: sa m®ta¿, «egli è morto»; eßo ’bhavat < *eßa¿ abhavat, «egli era».
31. å¿ (da ås) diventa å davanti a qualsiasi sonora; l’eventuale iato permane.
Es.: n®på jayanti < *n®på¿ jayanti, «i re vincono»; devå ûcu¿ < *devå¿ ûcur, «gli dei
dissero».

32. A¿, å¿, se risalgono ad ar, år (12), davanti a tutte le sonore riprendono l’antica
forma.
Es.: puna¿ puna¿, «sempre di nuovo»; punar ågacchati < *puna¿ ågacchati, «di
nuovo torna»; dvår eßå < *dvå¿ eßå «questa porta».

33. ¡   ⁄¿, û⁄¿, °¿, e¿, ai¿, o¿, au¿ davanti a tutte le sonore diventano î   ⁄r , û⁄r, °r, er,
air, or, aur.
Es.: ravir udeti < *ravi¿ udeti, «il sole sorge»; pitur g®he < *pitu¿ g®he, «nella casa del
padre»; svas°r   ajanayat < *svas°¿   ajanayat, «generò delle sorelle».

34. R finale, originario ovvero secondario per 33, cade davanti a r allungando la
vocale precedente.
Es.: nîråga- < *nir-råga- < *ni¿-råga-, «spassionato»; çiçû roditi < *çiçur roditi, «un
fanciullo piange»; punå ramate < *punar ramate, «di nuovo gode»; bhråtå rakßa <
*bhråtar rakßa, «o fratello, proteggi».

V. Sandhi interno.

Le regole del sandhi esterno valgono in generale anche per il sandhi interno. Esiste
tuttavia qualche fatto particolare.

35. E,   o,   ai,   au davanti a vocale e dittongo diventano ay,   av,   åy,   åv.
Es.: naya- < *nea-, tema del pres. di nî, «condurre»; bhava- < *bhoa-, tema del pres.
di bhû-, «essere»; nåvå < *nauå, Str. s. di nau-, «con la nave».1

1
Davanti a y, o diventa sempre av, e diventa talvolta ay. Es.: bhav-ya- < *bho-ya-, «futuro»;
gav-ya- < *go-ya-, «bovino»; çay-yå < *çe-yå, «divano»; ma je-ya-, ne-ya-, Kaunte-ya-.

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CARLO DELLA CASA

36. ¡    ⁄, û⁄ molto spesso si sdoppiano in iy, uv davanti a desinenze vocaliche (sempre


quando sono finali di temi monosillabici nominali e quando sono dopo gruppi
consonantici).
Es.: dhiy-å, bhuv-å, Str. s. di dhî-, «pensiero», e bhû-, «terra», ma devy-å e vadhv-å,
Str. s. di devî-, «dea», e vadhû-, «donna»; tuߥuv-ur, perf. di stu-, «lodare», yuyuv-ur,
perf. di yu-, «unire», åpnuv-anti, «ottengono» (tema pres. åpnu-), cikriy-ur, perf. di
krî-, «comprare», ma niny-ur, perf. di nî-, e sunv-anti, «premono, pigiano» (tema pres.
sunu-).

37. Davanti a vocale, ° diventa ir, davanti a consonante diventa îr (ûr dopo labiale);
  davanti a desinenza iniziante con y diventa ri dopo consonante semplice, ar dopo
® Ÿ
due consonanti.
Es.: kir-ati < *k°-ati, «versa»; kîr-±a- < *k°-na-, «versato»; pûr-ta- < *p°-ta- e pûr-±a-
< *p°-±a- «riempito, pieno»; mri-yate < *m®-yate, «si muore», ma smar-yate < *sm®-yate,
«è ricordato».

38. Davanti a desinenza o suffisso iniziante con vocale, semivocale, nasale (escluso il
suffisso -na- del p.p.p.), le consonanti finali di radice e di tema rimangono immutate.1
Es.: samidh-am, ma samid-bhis (< *samit-bhis < *samidh-bhis, 7 e 22   a); dviß-mas,
«odiamo», ma dvi∂-∂hve, «voi odiate» (< *dvi¥-dhve < *dviß-dhve, 10 e 41   a); vac-mi,
«io dico», ma vak-ti, 8; çak-noti, «può», ma çag-dhi, imperat. ved. di çak-; cit-ra-,
«variegato», da cit-; bhid-yate, «è rotto», ma bhin-na- (< *bhit-na- < *bhid-na-, 7 e 22 b),
«rotto»; yat-na-, «sforzo», da yat-, ma san-na-, «seduto», da sad-.

39. Davanti a desinenze o suffisso inizianti con consonante (esclusa nasale a meno che
non si tratti del suffisso -na- del p.p.p.) le consonanti finali di radici e di temi sono
soggette al trattamento di finale assoluta e alle regole del sandhi esterno (con le
eccezioni di 40).
Oltre agli esempi di 38 si veda: lap-syati, fut. di labh-, «ottenere», 7; bhot-syati, fut.
di budh-, «svegliarsi», 7 e 11; chin-na- < *chit-na- < *chid-na-, «tagliato», 7 e 22   b;2

1
Il trattamento della consonante finale davanti a desinenza o suffisso iniziante con m, y, v non è
sempre univoco. Vedi per es.: çak-man- «potenza», e çag-ma-, «poderoso», da çak-; manas-vin-,
«riflessivo», e våg-vin-, «eloquente» (da våc-); tapas-vin-, tapas-vat-, tapo-vat-, «dedito all’ascesi»;
garut-mat-, «alato», e kßun-mat-, «affamato» (da kßudh-mat-, 7, 22   b); sek-ya- e sic-ya-, p.f.p. di sic-,
«irrigare»; a-gan-ma, ja-gan-vas-, aor. e p.p.a. di gam-. Cfr. anche 41   b, c.

2
Alcune radici in -j- (bhañj-, «rompere», bhuj-, «piegare», majj-, «sprofondare», ruj-, «spezzare»,
vij-, «tremare») davanti al suff. -na- mantengono la gutturale occlusiva, contro 22   b: bhag-na-,
bhug-na-, mag-na-, rug-±a- (41 b), vig-na-. Vedi anche lag-na-, da lag-, «aderire», åk-na-, da åc-
(a-ac-), «piegare», e v®k-±a-, da vraçc-, «tagliare a pezzi», con saµprasåra±a.

12
CORSO DI SANSCRITO

å-dhve < *ås-dhve, «voi sedete», 31; rund-dhve < *runt-dhve < *rundh-dhve, «voi
ostacolate», 7 e 22   a; yuºk-tha < *yuñj-tha,1 «voi congiungete», 8; jagan-tha <
*jagam-tha, «sei andato», 9.

1
Si noti che per le radici inserenti una nasale (cl. VII, § 91) non si ha riduzione del gruppo
consonantico alla prima consonante. S’incontrano tuttavia yuº-tha, yuº-te (ipersanscritismo?).

13
CARLO DELLA CASA

40. Esiti particolari del sandhi interno (eccezioni a 39).


a) Legge di Bartholomae o «regola del Buddha».
Media aspirata + tenue dentale > media + media aspirata:
gh + t, th > gdh; dh + t, th > ddh; bh + t, th > bdh;
h + t, th > gdh (quando h risale a gh), altrimenti:
h + t, th, dh > ∂h con allungamento della vocale precedente, esclusa ®.
Es.: buddha- < *budh-ta-, «svegliato»; runddha < *rundh-tha, «voi impedite», ovv.
< *rundh-ta, «impedite voi»; dug-dhe < *duh-te < *dhugh-te, «egli munge»; ma
lî∂he < *lih-te, «egli lecca», lî∂hve < *lih-dhve, «voi leccate»; û∂ha- < *uh-ta-,
û∂hve < *ûh-dhve, p.p.p. e 2ª pl. perf. Å TM . di vah-, «portare», con saµprasåra±a. 1

b) R finale di radice e di tema si mantiene nella declinazione e nella coniugazione


(es. vårßu, Loc. pl. di vår-, «acqua», bibharßi, «tu porti», 41   c); inoltre la i o la u che
precedono la r (e anche la v radicale) s’allungano davanti a desinenza o suffisso non
iniziante per vocale.
Es.: pû¿ (< *purs), pûrßu, gî¿, gîrßu, Nom. s. e Loc. pl. di pur-, «città» e gir-,
«voce»; dîvyati, da div-, «giocare»; ma puram, giram, Acc. s.

c) La nasale diventa µ davanti a sibilante; diventa omogenea dell’occlusiva


seguente e dell’occlusiva palatale precedente.
Es.: haµsi < *hansi, «tu uccidi»; yuñjate, yuºkte, «uniscono, unisce», da yuj- ; gantum
< *gamtum, «andare»;2 yajña-, «sacrificio», yacñå-, «richiesta» (ma praçna-, «domanda»,
perché ç non è occlusiva; vedi pure v®k±a-, agni-).

1
La diversità degli esiti possibili di h dipende dalla diversità dell’origine. H può risalire alla velare
ie. gh, oppure alla palatale ie. ˚gh, la quale ultima è passata (in fase preistorica) a sibilante media
aspirata *˚zh, che ha sonorizzato e aspirato la tenue che veniva dopo, cerebralizzandosi (41   c) e
cerebralizzandola (41   a), cadendo poi (come spesso le sibilanti in antico indiano, 40   e) e allungando
per compenso la vocale precedente, esclusa ®. Si ha quindi: *li˚gh-te > *li˚zh-te > *li˚z-dhe > *liz˘ -dhe
> *liz≥ -∂he > *lî∂he; però d®∂ha-, «fissato», da d®h-. Si noti l’esito eguale di due processi diversi in
lî∂he < *lihte e in lî∂hve < *lihdhve (*li˚gh-dhve > *li˚zh-dhve > *li˚z-dhve [7] > *liz≥-dhve >
*liz≥-∂hve > lî∂hve). Si noti ancora che l’allungamento di compenso è o in vo∂hum, da vah-, e in
so∂hum, da sah-, «superare» (< *vaz≥∂hum, *saz≥∂hum e cfr. 30   a).

2
Si noti che la finale di sam-, «con», è trattata per lo più secondo 26   b: saµpatti-, «fortuna»,
saµgama-, «incontro», sameta-, «dotato». Fa eccezione samråj-, «sovrano», e i suoi derivati, mentre
il termine sandhi (< saµdhi) deve essere considerato una semplificazione d’origine recente.

14
CORSO DI SANSCRITO

d) Ç + t, th > ߥ, ߥh; ß + t, th > ߥ, ߥh;


j + t, th talvolta > ߥ, ߥh, talvolta > kt, kth.1
Es.: d®ß¥a- < *d®ç-ta-, «veduto»; dviߥa- < *dviß-ta-, «odiato»; m®ß¥a- < *m®j-ta-,
«deterso»; ma yukta-, p.p.p. di yuj-.

e) S, ß cadono senza lasciare tracce quando sono tra occlusive.


Es.: atutta < *atut-s-ta, aruddha < *arudh-s-ta, 3ª s. aor. sigm. Å TM. di tud-, «battere»,
e rudh-, «impedire»; utthå- < *ud-sthå-, «sollevarsi».2 Inoltre cadono sempre davanti a
dentale sonora, che viene cerebralizzata dopo vocale diversa da å.
Es.: atrådhvam < *atrå-s-dhvam, ak®∂hvam < *ak®-ß-dhvam, ane∂hvam < *ane-ß-dhvam,3
2ª pl. aor. sigm. ÅTM . risp. di trå-, «proteggere», k®-, «fare», nî-, «condurre».

f) Davanti a suffisso o desinenza verbali inizianti con s, la finale s talvolta diventa


t  ; le finali ç, ß, gh, j, h diventano sempre k. Quindi:
s + s > ts; ç, ß, gh, j, h + s > kß (41   c).
Es. vatsyåmi < *vas-syåmi, «abiterò»; vekßyåmi < *veç-syåmi, «entrerò»; dvekßi <
*dveß-si, «tu odii»; yakßyati < *yaj-syati, «sacrificherà»; likße < *lih-se, «tu lecchi»;
ma çrava¿-su, -vi¥-su, dvi¥-su, -ya¥-su, madhuli¥-su, Loc. pl. di çravas-, «gloria», -viç,
«che entra», dviß-, «nemico», -yaj, «che sacrifica», madhulih-, «ape», cfr. 29   a, 8, 10.

g) Osservazioni.
l. Non sempre viene osservata la distinzione d’origine per quanto riguarda il
trattamento di h finale di radice.
Es.: da druh-, «essere ostile», si hanno sia drogdha- sia dro∂ha-; da snih-, «aderire»,
si hanno snigdha- e snî∂ha-; da muh-, «essere sconvolto», si hanno mugdha- e mû∂ha-.
2. Nah-, «legare», al p.p.p. fa naddha-.
3. Ch, kß si comportano per lo più come ç e ß.

1
Anche in questo caso la diversità dell’esito è provocata dalla diversità dell’origine. Scr. j risale
alla velare ie. g ovvero alla palatale ie. ˚ g, la quale, in determinate condizioni, diventa sibilante nelle
lingue satem.
Es.: scr. yuj-, gr. zugovn, lat. iug-um, lituano iúng-us; scr. m®j- gr. ajmevlgw, lat. mulgere, lituano
mils-ti.

2
Secondo i grammatici indiani s davanti a t, th cade nell’aor. in -s- dopo vocale breve.
Es.: ak®-ta < *ak®-ß-ta, adi-ta < *adi-ß-ta, 3 a s. aor. ÅTM. di k®- e då-; ma akår-ß-¥a, anaµ-s-ta,
acai-ß-¥a, 2 a pl. aor. PAR. di k®-, «fare», nam-, «piegarsi» e ci-, «raccogliere». Le prime forme sono
però probabilmente aoristi medi radicali (cfr. del resto forme come abodhiߥam, aor. in -iß-, senza
caduta di s).

3
In realtà i passaggi sono stati: *ane-s-dhvam > *aneßdhvam (41   c) > *anez≥dhvam (22   a) >
*anez≥∂hvam (41   a) > ane∂hvam.

15
CARLO DELLA CASA

Es.: prach-, «chiedere»: p®ß¥a- (< *p®chta-), prakßyåmi; cakß-, «raccontare»: cakße (<
*caß-se < *cakß-se), caߥe (< *cakß-te), ca∂∂hve (*cakß-dhve > *caß-dhve > *ca¥-dhve >
*ca∂-dhve > ca∂∂hve 41   a), etc. Invece in jakß-, «mangiare», la finale si comporta
come gh: jagdhum (< *jagh-tum), vedi anche l’imperativo jagdhi (< *jagh-dhi, 7 e
22   a).
4. Ben illustrativo del vario comportarsi di ç in sandhi è la coniugazione della
radice vaç-, «volere». Pres. ind.: vaçmi (38), vakßi (40   f), vaߥi (40   d), uçva¿ (38) etc.;
impf.: avaçam, ava¥, ava¥ (6, 8); imperat.: vaçåni, u∂∂hi (*uç-dhi >*u¥-dhi > u∂∂hi, 8,
22   a, 41   a).

41. Cerebralizzazione delle dentali t, th, d, dh, n, s.


a) Occlusiva e nasale dentali diventano cerebrali quando sono precedute da
cerebrale.
Es.: i¥¥e < *i¥-te < *i∂-te, «egli loda», 7; dvi∂∂hi < *dvi∂-dhi < *dvi¥-dhi < *dviß-dhi,
«odia tu», 10, 22   a; ßa±±åm < *ßa±nåm < *ßa¥nåm < *ßaßnåm, Gen. pl. di ßaß- «6»,
10, 22b.
b) N > ± se è seguita da vocale, n, m, y, v e se è preceduta da ®, °, r, ß, purché
non siano interposte palatali, cerebrali, dentali (esclusa y).
Es.: akß±å, Str. s., «con l’occhio»; brahma±å, Str. s., «con la formula sacrificale»;
bharamå±a-, p. pr. Å TM. di bh®-, «portare»; ma Brahman, Voc. s. m., Arjuna-, nome
proprio, rathena, Str. s. di ratha-, «carro»,  grasana-, «l’inghiottire», perché
rispettivamente n non è seguito da vocale e tra r e n è inserita una palatale ovvero
una dentale.
c) S > ß dopo k, r, l, dittonghi e vocale diversa da å   ⁄, anche se sono interposti
anusvara e visarga, purché non sia finale o seguita da ®, °, r.
Es.: bhißakßu, pit®ßu, deveßu, cakßu¿ßu, Loc. pl. di bhißaj-, «medico», pit®-, «padre»,
deva-, «dio», cakßus-, «occhio»; havîµßi, Nom. pl. n. di havis-, «offerta sacrificale»,
dhanuß- mat-, «armato di arco»; ma dhanus, «arco», kanyåsu, havis-, tis®ßu, tisra¿, le
ultime due forme Loc. pl. e Nom. pl. f. di tri-, «tre».1
d) Osservazioni. La cerebralizzazione di n e di s può aver luogo non soltanto
all’interno di parola ma in composizione.
Es.: Råmåya±a; pari-ßad- (< *pari-sad-), «seder vicino», pari-±î- (< *pari-nî-), «condurre
in moglie», vi-ßa±±a- (< *vi-sanna-), «depresso», anu-ߥhita- (< *anu-sthita-), «accaduto».
Però prati-sad-, «disperarsi», nau-stha-, «che sta sulla nave», su-sthita-, «che è a
proprio agio».

1
S rimane dentale nella declinazione di puµs-, «uomo», e nella coniugazione e nei derivati di
hiµs-, «uccidere».
Es.: puµså, Str. s.; ahiµså-, «non violenza».

16
CORSO DI SANSCRITO

PARTE SECONDA

LA DECLINAZIONE
I. Generalità.

42. Esistono in sanscrito otto casi1 (Nominativo, Vocativo, Accusativo, Strumentale,


Dativo, Ablativo, Genitivo, Locativo), tre numeri (singolare, duale, plurale), tre generi
(maschile, femminile, neutro). Nom., Voc., Acc., Dat., Gen. esprimono rapporti analoghi
a quelli espressi dagli stessi casi nelle lingue classiche. Si noti il Nom. con iti
posposto, per introdurre determinazioni nominali. Es.: bhûmipo bålo ’pi nåvamantavyo
manußya iti, «un re, anche fanciullo, non deve essere disprezzato, pensando che sia un
essere mortale (lett.: [pensando] così: è un essere mortale)». L’Acc. può esprimere
anche moto a luogo e tempo continuato. Es.: gacchanti nagaram, «vanno in città»;
pratîkßasva kaµcit kålam, «aspetta per qualche tempo». Talvolta il Gen. corrisponde al
Dat. latino. Es.: hitaµ tasya, «buono per lui». Lo Strumentale indica i complementi di
mezzo, di compagnia, di causa, d’agente e di causa efficiente. Es.: kßudhå kliçyante,
«soffrono per la fame»; rajakena vyåghracarma pråptam, «dal tintore fu trovata una
pelle di tigre»; mahatå sukhena, «con grande piacere». L’Abl. indica l’origine. Es.:
lobhåt krodha¿ prabhavati, «dall’avidità procede l’ira». Il Loc. esprime lo stato in
luogo e il tempo determinato. Il Loc. assoluto ha costruzione simile all’Abl. assoluto
latino. Es.: mûle hate hataµ sarvam, «quando è recisa la radice, è reciso tutto».
Nomi e aggettivi, che si flettono allo stesso modo, sono ordinati in declinazioni a
seconda dell’uscita dei temi. La situazione originaria si mantiene più chiaramente nella
flessione dei temi in consonante; nei temi in vocale — ai quali appartiene la parte
maggiore dei nomi sanscriti — le desinenze talvolta sono mutuate dalla declinazione
pronominale, che ha caratteristiche proprie, talvolta si fondono con la vocale del tema,
sì da essere difficilmente distinguibili.

1
Il termine scr. per «caso» è kåraka, che indica la relazione d’un nome rispetto al verbo (lett. «ciò
che rende realizzata [l’azione del verbo]»). Vocativo e Genitivo non sono considerati kåraka: il primo
è avulso dalla frase, il secondo indica una relazione tra due nomi.

17
CARLO DELLA CASA

II. Il nome e l’aggettivo.

A) Temi in vocale.

43. Temi in -a Ÿ-, m. e   n. Deva-, m., «dio»; yuga-, n., «giogo»
singolare duale plurale

N. deva¿1 yugam devau yuge devå¿ yugåni


V. deva yugam devau yuge devå¿ yugåni
A. devam yugam devau yuge devån yugåni
S. devena yugena devåbhyåm yugåbhyåm devai¿ yugai¿
D. devåya yugåya devåbhyåm yugåbhyåm devebhya¿ yugebhya¿
Ab. devåt yugåt devåbhyåm yugåbhyåm devebhya¿ yugebhya¿
G. devasya yugasya devayo¿ yugayo¿ devånåm yugånåm
L. deve yuge devayo¿ yugayo¿ deveßu2 yugeßu

Il neutro si declina dunque come il maschile, esclusi i casi diretti.

44. Temi in -å-,   femm. Senå-, f., «esercito»


singolare duale plurale

N. senå sene senå¿


V. sene sene senå¿
A. senåm sene senå¿
S. senayå senåbhyåm senåbhi¿
D. senåyai senåbhyåm senåbhya¿
Ab. senåyå¿ senåbhyåm senåbhya¿
G. senåyå¿ senayo¿ senånåm
L. senåyåm senayo¿ senåsu

Osservazioni. Ambå-, «madre», al V. s. ha amba.

45. Molti aggettivi a tre terminazioni seguono per il m. e il n. il § 43, per il f. il § 44.
Es.: påpa¿, påpå, påpam, «malus, mala, malum». Molti aggettivi formano il femm.
con il suff. -î-, sostituito alla finale -aŸ- (cfr. 51). Es.: sundara¿, sundarî, sundaram,
«bello». L’Acc. n. s. d’un aggettivo serve come avverbio. Es.: çîghra-, «rapido»,
çîghram, «rapidamente».

1
Nei paradigmi si danno le forme in pausa; ¿ finale risale a s, salvo esplicito richiamo.
2
Per deveßu, agnißu etc. cfr. 41   c.

18
CORSO DI SANSCRITO

46. Temi in -ı  Ÿ-, -uŸ-, maschili. Agni-, m., «fuoco»; våyu-, m., «vento».

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. agni¿ agnî agnaya¿ våyu¿ våyû våyava¿


V. agne agnî agnaya¿ våyo våyû våyava¿
A. agnim agnî agnîn våyum våyû våyûn
S. agninå agnibhyåm agnibhi¿ våyunå våyubhyåm våyubhi¿
D. agnaye agnibhyåm agnibhya¿ våyave våyubhyåm våyubhya¿
Ab. agne¿ agnibhyåm agnibhya¿ våyo¿ våyubhyåm våyubhya¿
G. agne¿ agnyo¿ agnînåm våyo¿ våyvo¿ våyûnåm
L. agnau agnyo¿ agnißu våyau våyvo¿ våyußu

Osservazioni. I temi in -ı  Ÿ-, -uŸ- si declinano in maniera analoga: con l’eccezione del
Loc. s., si passa dall’una all’altra declinazione sostituendo la vocale caratteristica nei
vari gradi (rispettivamente î, y, e, ay da un lato e û, v, o, av dall’altro).

47. Particolarità. Pati-, «signore, marito», se isolato, ha le seguenti forme. S. D. Ab.


G. L. singolare: patyå, patye, patyu¿, patyu¿, patyau; in composizione (es. g®hapati-,
«padrone di casa») si declina come agni-. Sakhi-, «amico», si declina come segue:
sing.: sakhå, sakhe, sakhåyam, sakhyå, sakhye, sakhyu¿, sakhyu¿, sakhyau; N. V. A.
dua.: sakhåyau; N. V. pl.: sakhåya¿. Per il resto come agni-.

48. Temi in -ı  Ÿ-, -uŸ-, femm. Mati-, f., «pensiero»; dhenu-, f., «vacca».

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. mati¿ matî mataya¿ dhenu¿ dhenû dhenava¿


V. mate matî mataya¿ dheno dhenû dhenava¿
A. matim matî matî¿ dhenum dhenû dhenû¿
S. matyå matibhyåm matibhi¿ dhenvå dhenubhyåm dhenubhi¿
D. matyai matibhyåm matibhya¿ dhenvai dhenubhyåm dhenubhya¿
(mataye) (dhenave)
Ab. matyå¿ matibhyåm matibhya¿ dhenvå¿ dhenubhyåm dhenubhya¿
(mate¿) (dheno¿)
G. matyå¿ matyo¿ matînåm dhenvå¿ dhenvo¿ dhenûnåm
(mate¿) (dheno¿)
L. matyåm matyo¿ matißu dhenvåm dhenvo¿ dhenußu
(matau) (dhenau)

Osservazioni. La declinazione dei femminili in -ı  Ÿ-, -uŸ- è influenzata, rispetto a


quella dei maschili, dalla declinazione dei temi in -î-, -û- (51).

19
CARLO DELLA CASA

49. Temi in -ı  Ÿ-, -uŸ-, neutri. Våri-, «acqua»; madhu-, «miele».

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. våri våri±î vårî±i madhu madhunî madhûni


V. våri våri±î vårî±i madhu madhunî madhûni
A. våri våri±î vårî±i madhu madhunî madhûni
S. våri±å våribhyåm våribhi¿ madhunå madhubhyåm madhubhi¿
D. våri±e våribhyåm våribhya¿ madhune madhubhyåm madhubhya¿
Ab. våri±a¿ våribhyåm våribhya¿ madhuna¿ madhubhyåm madhubhya¿
G. våri±a¿ våri±o¿ vårî±åm madhuna¿ madhuno¿ madhûnåm
L. våri±i våri±o¿ vårißu madhuni madhuno¿ madhußu

Osservazioni. La flessione dei temi neutri in -ı   Ÿ-, -uŸ- è molto influenzata dalla
flessione dei temi in -n- (come se il tema fosse vårin- e madhun-). Per forme come
våri±å cfr. 41   b.

50. Gli aggettivi in -ı  Ÿ-, -uŸ- seguono i §§ 46, 48, 49.


Es.: çuci¿, çuci¿, çuci, «purus, pura, purum»; mumûrßu¿, mumûrßu¿, mumûrßu,
«moribondo». Il femm. degli agg. in -uŸ- può anche formarsi aggiungendo -î-.
Es.: guru-, «gravis»: guru¿, gurvî (< *guru-î, 51), guru.

51. Temi in -î-, -û-, f., polisillabici. Devî-, «dea»; vadhû-, «donna».

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. devî devyau devya¿ vadhû¿ vadhvau vadhva¿


V. devi devyau devya¿ vadhu vadhvau vadhva¿
A. devîm devyau devî¿ vadhûm vadhvau vadhû¿
S. devyå devîbhyåm devîbhi¿ vadhvå vadhûbhyåm vadhûbhi¿
D. devyai devîbhyåm devîbhya¿ vadhvai vadhûbhyåm vadhûbhya¿
Ab. devyå¿ devîbhyåm devîbhya¿ vadhvå¿ vadhûbhyåm vadhûbhya¿
G. devyå¿ devyo¿ devînåm vadhvå¿ vadhvo¿ vadhûnåm
L. devyåm devyo¿ devîßu vadhvåm vadhvo¿ vadhûßu

Osservazioni. I temi in -î-, -û- sono tutti femminili. Si noti la differente desinenza per
il N. s. tra i temi in -î- e quelli in -û-.
Lakßmî-, «fortuna, dea della fortuna», al N. s. fa Lakßmî¿.

20
CORSO DI SANSCRITO

52. Temi in -î-, -û-, f., monosillabici. Dhî-, «pensiero»; bhû-, «terra».

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. dhî¿ dhiyau dhiya¿ bhû¿ bhuvau bhuva¿


V. dhî¿ dhiyau dhiya¿ bhû¿ bhuvau bhuva¿
A. dhiyam dhiyau dhiya¿ bhuvam bhuvau bhuva¿
S. dhiyå dhîbhyåm dhîbhi¿ bhuvå bhûbhyåm bhûbhi¿
D. dhiye  dhîbhyåm dhîbhya¿ bhuve bhûbhyåm bhûbhya¿
(dhiyai) (bhuvai)
Ab. dhiya¿ dhîbhyåm dhîbhya¿ bhuva¿ bhûbhyåm bhûbhya¿
(dhiyå¿) (bhuvå¿)
G. dhiya¿ dhiyo¿ dhiyåm bhuva¿ bhuvo¿ bhuvåm
(dhiyå¿) (dhînåm) (bhuvå¿) (bhûnåm)
L. dhiyi dhiyo¿ dhîßu bhuvi bhuvo¿ bhûßu
(dhiyåm) (bhuvåm)

Osservazioni. Cfr. § 36. Quanto alle forme doppie, quelle date per prime s’ottengono
attaccando al tema sdoppiato le desinenze tipiche dei temi in consonante (56), le altre
seguono la declinazione di devî- e vadhû-. Strî-, «donna», al sing. ha: strî, stri, striyam
o strîm, striyå, striyai, striyå¿, striyå¿, striyåm; al plur.: A. striya¿ o strî¿, G. strî±åm;
per il resto come dhî-.

53. Temi in -®-,   m. e n. Dåt®-, «datore».


sing. duale plurale

N. dåtå dåtårau dåtåra¿


V. dåta¿ (< dåtar) dåtårau dåtåra¿
A. dåtåram dåtårau dåt°n
S. dåtrå dåt®bhyåm dåt®bhi¿
D. dåtre dåt®bhyåm dåt®bhya¿
Ab. dåtu¿ (< dåtur) dåt®bhyåm dåt®bhya¿
G. dåtu¿ dåtro¿ dåt°±åm
L. dåtari dåtro¿ dåt®ßu

I neutri si declinano come i neutri in -ı   Ÿ-, -uŸ- (49):


N., V., A. dåt® dåt®±î dåt°±i
S. dåt®±å dåt®bhyåm dåt®bhi¿
D. dåt®±e dåt®bhyåm dåt®bhya¿
Ab. dåt®±a¿ dåt®bhyåm dåt®bhya¿
G. dåt®±a¿ dåt®±o¿ dåt°±åm
L. dåt®±i dåt®±o¿ dåt®ßu

21
CARLO DELLA CASA

I femm. (soltanto nomi di parentela) hanno l’Acc. pl. in -°¿.


Es.: måt°¿, svas°¿, duhit°¿, Acc. pl. di måt®-, svas®-, duhit®-, «madre, sorella, figlia».

54. I temi in -®- comprendono nomina agentis e nomi di parentela. Il femm. dei
nomina agentis s’ottiene aggiungendo il suff. -î-.
Es.: kart®-, «facitore»; femm.: kartrî-, declinato come devî- (51). I nomi di parentela
(esclusi bhart®-, «marito», propriamente «sostenitore», svas®-, «sorella» e napt®-, m.,
«nipote», che si flettono come dåt®-) hanno all’Acc. s., al N. V. A. duale e al N. V.
pl. il gu±a e non la v®ddhi della vocale tematica. Quindi: pitaram, pitarau, pitara¿, da
pit®-, «padre»; måtaram, måtarau, måtara¿, da måt®-, «madre», ma bhartåram, bhartårau,
bhartåra¿, svasåram, svasårau, svasåra¿, naptåram, etc. N®-, «uomo», è usato
praticamente soltanto al Nom. s.: nå. I temi in -®- (assai simili nella flessione ai temi
in -an-, 63) costituiscono una sorta di ponte fra i temi in vocale (di cui ripetono molte
desinenze, per es. quelle dell’Acc. e del Gen. plur.) e i temi in consonante (dai quali
ripetono la distinzione fra casi forti e casi deboli, vedi 56).

55. Temi in dittongo. Go-, m. f., «vitello»; nau-, f., «nave».

sing. duale plurale

N., V. gau¿ nau¿ gåvau nåvau gåva¿ nåva¿


A. gåm nåvam gåvau nåvau gå¿ nåva¿
S. gavå nåvå gobhyåm naubhyåm gobhi¿ naubhi¿
D. gave nåve gobhyåm naubhyåm gobhya¿ naubhya¿
Ab. go¿ nåva¿ gobhyåm naubhyåm gobhya¿ naubhya¿
G. go¿ nåva¿ gavo¿ nåvo¿ gavåm nåvåm
L. gavi nåvi gavo¿ nåvo¿ goßu naußu

Osservazioni. Anche i temi in dittongo (soltanto i due vocaboli citati sono usati)
presentano nella flessione parecchi tratti dei temi in consonante. Per le differenze
fonetiche (ad es. tra gavåm e nåvåm) v. 35.

22
CORSO DI SANSCRITO

B) Temi in consonante.

56. Desinenze.

maschili e femminili neutri

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. -s -au -as == -î -i
V. == -au -as == -î -i
A. -am -au -as == -î -i
S. -å -bhyåm -bhis
D. -e -bhyåm -bhyas
Ab. -as -bhyåm -bhyas Per gli altri casi come al maschile
G. -as -os -åm
L. -i -os -su

Alcuni temi distinguono i casi forti (N. V. A. m. f. s.; N. V. A. m. f. dua.; N. V. m. f.


pl.; N. V. A. n. pl.) dai casi deboli (tutti gli altri). Altri temi distinguono, tra questi
ultimi, i casi deboli (S. D. Ab. m. f. n. dua.; S. D. Ab. L. m. f. n. pl.) e i debolissimi
(S. D. Ab. G. L. m. f. n. s.; G. L. m. f. n. dua.; Acc. m. f. pl. e G. m. f. n. pl.).1

2
1. T EMI MONOFORMI.

57. Temi in occlusiva e in sibilante palatale e cerebrale.


Marut-, m., «vento»; våc-, f., «parola»; ruj-, f., «malattia»; -duh-,3 m., «che munge»;
diç-, f., «contrada»; jagat-, n., «mondo».

1
Sono deboli i casi la cui desinenza comincia per consonante (desinenze pada), debolissimi quelli
la cui desinenza comincia per vocale, con la già detta esclusione dei temi forti. Si noti che l’Acc. pl.
m. e f. è sempre debole o debolissimo.

2
Per i temi monoformi non c’è distinzione fra casi forti e casi deboli. Si ricordino le regole
fonetiche che determinano l’esito delle consonanti in pausa e in composizione (es.: marut < *maruts ;
marudbhyåm < *marutbhyåm). Si ricordi ancora che i neutri inseriscono, nel N. V. A. plurale, una
nasale davanti alla consonante finale del tema.

3
Per la flessione di -duh- si cfr. il § 11 relativo al ripristino dell’aspirazione sulla sillaba iniziale.

23
CARLO DELLA CASA

singolare

N., V. marut våk ruk °dhuk dik jagat


A. marutam våcam rujam °duham diçam jagat
S. marutå våcå rujå °duhå diçå jagatå
D. marute våce ruje °duhe diçe jagate
Ab., G. maruta¿ våca¿ ruja¿ °duha¿ diça¿ jagata¿
L. maruti våci ruji °duhi diçi jagati

                             d u a l e

N., V., A. marutau våcau rujau °duhau diçau jagatî


S., D., Ab. marudbhyåm vågbhyåm rugbhyåm °dhugbhyåm digbhyåm jagadbhyåm
G., L. maruto¿ våco¿ rujo¿ °duho¿ diço¿ jagato¿

                       p l u r a l e

N., V., A. maruta¿ våca¿ ruja¿ °duha¿ diça¿ jaganti


S. marudbhi¿ vågbhi¿ rugbhi¿ °dhugbhi¿ digbhi¿ jagadbhi¿
D., Ab. marudbhya¿ vågbhya¿ rugbhya¿ °dhugbhya¿ digbhya¿ jagadbhya¿
G. marutåm våcåm rujåm °duhåm diçåm jagatåm
L. marutsu våkßu rukßu °dhukßu dikßu jagatsu

Esempi: samråj-, m., «sovrano»: samrå¥, samråjam etc., samrå∂bhi¿ etc.; °lih-, m.,
«che lecca»: °li¥, °liham etc., °li∂bhi¿ etc.; dviß-, m., «nemico»: dvi¥, dvißam etc.,
dvi∂bhi¿, etc., dvi¥su.

58. Temi in -as-, -is-, -us-, neutri.


Al N. V. A. pl., oltre all’inserzione della nasale (µ secondo 40   c), si ha l’allungamento
della vocale finale del tema. Si notino le forme manobhi¿, havirbhi¿, mana¿su, etc.
(30   a, 33, 29   a), havißå, cakßußå, etc. (41   c).

Manas-, n., «mente»; cakßus-, n., «occhio».


singolare duale plurale

N., V., A. mana¿ cakßu¿ manasî cakßußî manåµsi cakßûµßi


S. manaså cakßußå manobhyåm cakßurbhyåm manobhi¿ cakßurbhi¿
D. manase cakßuße manobhyåm cakßurbhyåm manobhya¿ cakßurbhya¿
Ab. manasa¿ cakßußa¿ manobhyåm cakßurbhyåm manobhya¿ cakßurbhya¿
G. manasa¿ cakßußa¿ manaso¿ cakßußo¿ manasåm cakßußåm
L. manasi cakßußi manaso¿ cakßußo¿ mana¿su cakßu¿ßu

24
CORSO DI SANSCRITO

Similmente havis-, «offerta sacrificale». Ad es. havißå, havirbhyåm, havîµßi, havi¿ßu.

Osservazioni. I pochi m. e f. in -as- allungano al N. s. l’ultima vocale.


Es.: sumanas-, «benevolo»: N. s. sumanå¿, N. V. A. dua. sumanasau, N. V. A. pl.
sumanasa¿. I m. e f. in - is-, -us- hanno invece al N. s. la stessa forma del neutro.
Es.: acakßus-, «cieco»: N. s. acakßu¿, N. V. A. dua. acakßußau, N. V. A. pl.
acakßußa¿.

59. Temi monosillabici in -r-.


La vocale del tema s’allunga davanti a desinenza iniziante per consonante e quindi
anche al N. s.
Es.: gir-, f., «parola»: gî¿ (< *girs), giram, girå, etc.; girau, gîrbhyåm, giro¿; gira¿,
gîrbhi¿, gîrbhya¿, giråm, gîrßu; pur-, f., «città»: pû¿, puram etc., purau, pûrbhyåm
etc. (v. 40   b).

1
2. T EMI BIFORMI

60. Temi in -at-, m. e n. (forma forte -ant-).


I temi in -at- sono per lo più participi attivi del presente e del futuro, che distinguono
forme forti e forme deboli.

Bharat-, «portante» (da bh®-).

maschile neutro
sing. duale plurale sing. duale plurale

N., V. bharan (< *bharants) bharantau bharanta¿   bharat bharatî bharanti


A. bharantam bharantau bharata¿ bharat bharatî bharanti
S. bharatå bharadbhyåm bharadbhi¿
D. bharate bharadbhyåm bharadbhya¿
Ab. bharata¿ bharadbhyåm bharadbhya¿ Per gli altri casi come al maschile
G. bharata¿ bharato¿ bharatåm
L. bharati bharato¿ bharatsu

Il femminile si forma attaccando il suff. -î- di regola alla forma forte per i verbi della
coniugazione tematica e alla forma debole per quelli della coniugazione atematica (81
sgg.).
Es.: bharantî-, da bh®-, I classe; dvißatî-, da dviß-, II classe, «odiare». I verbi della III
classe (raddoppiati) usano al part. sempre la forma debole. Quindi da dhå-, «porre», si
1
I temi biformi e triformi sono dati nella forma debole, che è pure quella che essi hanno nei
composti.

25
CARLO DELLA CASA

avrà: N. s. m. dadhat (< *dadhats), N. pl. m. dadhata¿.

Osservazioni.
a) La stessa flessione hanno gli aggettivi in -mat- e -vat- (forma forte -mant-,
-vant-), che significano «avente» la cosa indicata dal nome cui è aggiunto il suffisso:
allungano la vocale al N. m. s. e formano il femm. dalla forma debole.
Es.: balavat-, «forte»: balavån, balavan, balavantam, balavatå, etc. Femm.: balavatî-.
b) Mahat-, «grande», ha forma forte mahånt-. Sing. m.: mahån, mahan, mahåntam,
mahatå, mahate, etc. Plur. m.: mahånta¿, mahata¿, mahadbhi¿, etc. Femm.: mahatî-.
c) Bhavat-, se è part. pres. di bhû-, «essere», si flette come bharat-. Se è usato
come formula di cortesia (= «Vossignoria»), al N. s. m. ha bhavån (si tratta
d’un’abbreviazione di bhagavat-, «venerabile», e conserva pertanto la caratteristica
d’origine).
d) Jagat-, «che si muove, vivo», come n. = «mondo», è propriamente un part.
raddoppiato da gam-, «andare». Tuttavia al N. V. A. pl. n. ha soltanto jaganti.

61. Temi in -in-, m. e n. Balin-, «forte».

maschile neutro

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. balî balinau balina¿ bali balinî balîni


V. balin balinau balina¿ bali balinî balîni
A. balinam balinau balina¿ bali balinî balîni
S. balinå balibhyåm balibhi¿
D. baline balibhyåm balibhya¿
Ab. balina¿ balibhyåm balibhya¿ Per il resto come al maschile
G. balina¿ balino¿ balinåm
L. balini balino¿ balißu

I femm. si formano con il suff. -î-. Es.: balinî-.

Osservazioni. La -n- cade davanti alle desinenze inizianti per consonante e anche al
Nom. sing. m. e al N. V. A. s. n.; la vocale finale s’allunga al Nom. s. m., il tutto
probabilmente per analogia con i temi in -an- (63).

26
CORSO DI SANSCRITO

62. Comparativi in -îyas- (f. f. -îyåµs-). Garîyas-, comp. di guru-.

maschile neutro

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. garîyån (9) garîyåµsau garîyåµsa¿ garîyas garîyasî garîyåµsi


V. garîyan garîyåµsau garîyåµsa¿ garîyas garîyasî garîyåµsi
A. garîyåµsam garîyåµsau garîyasa¿ garîyas garîyasî garîyåµsi
S. garîyaså garîyobhyåm garîyobhi¿
D. garîyase garîyobhyåm garîyobhya¿
Ab. garîyasa¿ garîyobhyåm garîyobhya¿ Per il resto come al maschile
G. garîyasa¿ garîyaso¿ garîyasåm
L. garîyasi garîyaso¿ garîya¿su

Il femm. si forma aggiungendo -î- alla forma debole: garîyasî-.


Altro esempio: çreyas-, «migliore»: çreyån, çreyan, çreyåµsam, çreyaså, etc.

Osservazioni. Si noti il Voc. s. m. che abbrevia l’ultima vocale, analogamente a


quanto succede per råjan- e vidvas- (63 e 64).

3. TEMI TRIFORMI.

63. Temi in -an-, m. e n. Råjan-, m., «re»; nåman-, n., «nome».

maschili neutri
sing. duale plurale sing. duale plurale

N. råjå råjånau råjåna¿ nåma nåmnî (nåmanî) nåmåni


V. råjan råjånau råjåna¿ nåma nåmnî (nåmanî) nåmåni
A. råjånam råjånau råjña¿ nåma nåmnî (nåmanî) nåmåni
S. råjñå råjabhyåm råjabhi¿ nåmnå nåmabhyåm nåmabhi¿
D. råjñe råjabhyåm råjabhya¿ nåmne nåmabhyåm nåmabhya¿
Ab. råjña¿ råjabhyåm råjabhya¿ nåmna¿ nåmabhyåm nåmabhya¿
G. råjña¿ råjño¿ råjñåm nåmna¿ nåmno¿ nåmnåm
L. råjñi (råjani) råjño¿ råjasu nåmni (nåmani) nåmno¿ nåmasu

Osservazioni.
a) Le tre forme, forte, debole e debolissima, finiscono dunque in -ån-, -a-, -n-
(råjån-, råja-, råjñ-; nåmån-, nåma-, nåmn-). In realtà a e n sono l’esito storico d’una
stessa *nfl (nasale sonante ie.), trovandosi la prima davanti a consonante, la seconda
davanti a vocale (cfr. 4   a).
b) Si noti la caduta di n finale al N. m. s. e al N. V. A. n. s. e la forma del

27
CARLO DELLA CASA

V. m. s. (cfr. 62 e 64).
c) I temi nei quali -an- è preceduto da più d’una consonante hanno -an- nella
forma debolissima, per evitare l’accumulo di consonanti.
Es.: brahman-, n., «formula sacrificale, Brahman», åtman-, m., «anima», fanno allo
Str. s. brahma±å, åtmanå.
d) Le tre forme di çvån-, m., «cane», sono çvån-, çva-, çun- (quindi: çvå, çvan,
çvånam, çunå, etc.; çvånau, çvabhyåm, etc.; çvåna¿, çuna¿, çvabhi¿, etc.).
Le tre forme di Maghavan-, «liberale, epiteto di Indra», sono Maghavån-, Maghava-,
Maghon- (< *Maghaun-); del pari yuvan-, «giovane», ha yuvån-, yuva-, yûn- (<
*yuun-). Si noti il saµprasåra±a.
e) Il femm. si costruisce sulla forma debolissima: råjñî-, çunî-, yûnî-.

64. Temi in -vas- (-våµs-, -vat-, -uß-).1 Vidvas-, «che sa».

maschile neutro

sing. duale plurale sing. duale plurale

N. vidvån (9) vidvåµsau vidvåµsa¿ vidvat vidußî vidvåµsi


V. vidvan vidvåµsau vidvåµsa¿ vidvat vidußî vidvåµsi
A. vidvåµsam vidvåµsau vidußa¿ vidvat vidußî vidvåµsi
S. vidußå vidvadbhyåm vidvadbhi¿
D. viduße vidvadbhyåm vidvadbhya¿
Ab. vidußa¿ vidvadbhyåm vidvadbhya¿ Per il resto come al maschile
G. vidußa¿ vidußo¿ vidußåm
L. vidußi vidußo¿ vidvatsu

Il femm. si forma sulla forma debolissima: vidußî-.

Osservazioni. Si noti la forma del V. m. s. (cfr. 62 e 63).

1
Per lo più sono part. perf. attivi (109). La forma in -vas-, che sola può spiegare la forma forte e la
debolissima, compare soltanto in vedico.

28
CORSO DI SANSCRITO

65. Temi in -ac- (-añc-, -ac-, -îc-). Pratyac-, «occidentale».

maschile neutro

sing. duale         plurale sing. duale plurale

N., V. pratyaº (8) pratyañcau             pratyañca¿ pratyak pratîcî pratyañci


A. pratyañcam pratyañcau             pratîca¿ pratyak pratîcî pratyañci
S. pratîcå pratyagbhyåm             pratyagbhi¿
etc. etc. etc. Per il resto come al maschile

Il femm. si costruisce sulla forma debolissima: pratîcî-. Altri esempi: udac-,


«settentrionale» (udañc-, udac-, udîc-); tiryac-, «trasversale» (tiryañc-, tiryac-, tiraçc-).
Pråc-, «orientale», e avåc-,   «meridionale», hanno soltanto due forme: pråñc-, pråc-;
avåñc-, avåc-.

C) Temi anomali.

66.
a) Ahan-, n., «giorno»: ahån-, ahas- (N. V. A. s. ahar), ahn-.
Sing.: N. V. A. ahar, S. ahnå, D. ahne, Ab. G. ahna¿, L. ahni o ahani;
du.: N. V. A. ahnî o ahanî, S. D. Ab. ahobhyåm, G. L. ahno¿;
pl.: N. V. A. ahåni, S. ahobhi¿, D. Ab.   ahobhya¿,     G. ahnåm, L. aha¿su.

b) Path-, m., «strada»: panthån- (N. V. s. panthå¿), pathi-, path-.


Sing.: N. V. panthå¿, A. panthånam, S. pathå, D. pathe, Ab. G. patha¿, L. pathi;
du.: N. V. A. panthånau, S. D. Ab. pathibhyåm, G. L. patho¿;
pl.: N. V. panthåna¿, A. patha¿, S. pathibhi¿, D.   Ab. pathibhya¿, G. pathåm,
L. pathißu.

c) Puµs-, m., «uomo»: pumåµs-, pum-, puµs-.


Sing.: N. pumån, V. puman, A. pumåµsam, S. puµså, etc.;
du.: N. V. A. pumåµsau, S. D. Ab. puµbhyåm, G. L. puµso¿;
pl.: N. V. pumåµsa¿, A. puµsa¿, S. puµbhi¿, D. Ab. puµbhya¿, G. puµsåm,
L. puµsu (anche pumbhyåm, pumbhi¿ etc., cfr § 26, n. 2 e § 41   c, n. l).

d) Ap-, f., «acqua», in sanscrito classico ha soltanto il plurale:


N. åpa¿, V. åpa¿, A. apa¿, S. adbhi¿, D. Ab. adbhya¿ (con dissimilazione),
G. apåm, L. apsu.

29
CARLO DELLA CASA

e) Dyu- o div-, f., «cielo, giorno», al N. V. s. ha dyau¿, all’Acc. s. ha divam o


dyåm; per il resto ha la forma dyu- davanti a desinenza consonantica, div- davanti a
desinenza vocalica.
Es.: plur.: N. V. A. diva¿, S. dyubhi¿, D. Ab. dyubhya¿, G. divåm, L. dyußu.

f) -han-, «uccisore», ha: -han- (ma N. m. s., N. V. A. n. pl. -hån-), -ha-, -ghn-.
m. sing. m. du. m. pl. n. sing. n. du. n. pl.
N. -hå -hanau -hana¿ -ha -ghnî -håni
V. -han -hanau -hana¿ -ha -ghnî -håni
A. -hanam -hanau -ghna¿ -ha -ghnî -håni
S. -ghnå -habhyåm -habhi¿
D. -ghne -habhyåm -habhya¿ Per il resto come al maschile
Ab. -ghna¿ -habhyåm -habhya¿
G. -ghna¿ -ghno¿ -ghnåm
L. -ghni -ghno¿ -hasu

III. Gradi di comparazione.

67. I FORMA
tema del positivo + -tara- per il comparativo.
tema del positivo + -tama- per il superlativo.

Per gli aggettivi a due forme si prende la forma debole, per quelli a tre forme la
forma media (o debole).
Es.: priya-, «caro»: priyatara- (-a¿, -å, -am), priyatama- (-a¿, -å, -am); balavat-,
«forte»: balavattara-, balavattama-; vidvas-, «che sa»: vidvattara-, vidvattama-.

68. II FORMA
comparativo: -îyas-, -îyåµs- (62) attaccati al grado per lo più
superlativo: -iߥha- (-a¿, -å, -am) } pieno della radice del positivo.

Es.: balin-, «forte»: balîyas-, baliߥha-; kßipra-, «rapido»: kßepîyas-, kßepiߥha-; yuvan-,
«giovane»: yavîyas-, yaviߥha-.
Talvolta la radice è fortemente modificata (es.: guru-, «gravis»: garîyas-, gariߥha-  ;
bhûri-, «molto»: bhûyas-, bhûyiߥha-); per alcune forme non c’è il positivo dalla stessa
radice (es.: kanîyas-, kaniߥha-, «più piccolo d’età, piccolissimo»; jyåyas-, jyeߥha-,
«maggiore d’età, il più anziano»; çreyas-, çreߥha-, «migliore, ottimo»). Il femm. del
comparativo si costruisce sulla forma debole: balîyasî-.
Osservazioni. Il secondo termine di paragone per lo più è all’Ablativo.

30
CORSO DI SANSCRITO

IV. Pronomi. 1

69. Pronomi personali.

Aham, «io»; tvam, «tu».

FORME TONICHE

singolare duale plurale

N. aham tvam åvåm yuvåm vayam yûyam


A. måm tvåm åvåm yuvåm asmån yußmån
S. mayå tvayå åvåbhyåm yuvåbhyåm asmåbhi¿ yußmåbhi¿
D. mahyam tubhyam åvåbhyåm yuvåbhyåm asmabhyam yußmabhyam
Ab. mat tvat åvåbhyåm yuvåbhyåm asmat yußmat
G. mama tava åvayo¿ yuvayo¿ asmåkam yußmåkam
L. mayi tvayi åvayo¿ yuvayo¿ asmåsu yußmåsu

FORME ATONE

singolare duale plurale

A. må två nau våm na¿ va¿


D. me te nau våm na¿ va¿
G. me te nau våm na¿ va¿

Osservazioni. In composto il tema è rispettivamente mad-, asmad-, tvad-, yußmad-.


Es.: mad-açva-, «il mio cavallo»; yußman-n®pa-, «il vostro re». Per la 3a persona si usa
il dimostrativo tad-.
Le forme atone, di uso peraltro frequente, non possono stare in principio di frase.

1
La declinazione pronominale presenta, rispetto a quella nominale, caratteristiche proprie (ad es.
diversità di temi per i diversi casi e i diversi numeri, desinenze originali, mancanza del vocativo).

31
CARLO DELLA CASA

70. Pronomi-aggettivi dimostrativi.

1. Tad-, «egli, questo».

singolare duale plurale

m. f. n. m. f. n. m. f. n.

N. sa¿ så tat tau te te te tå¿ tåni


A. tam tåm tat tau te te tån tå¿ tåni
S. tena tayå tena tåbhyåm tai¿ tåbhi¿ tai¿
D. tasmai tasyai tasmai tåbhyåm tebhya¿ tåbhya¿ tebhya¿
Ab. tasmåt tasyå¿ tasmåt tåbhyåm tebhya¿ tåbhya¿ tebhya¿
G. tasya tasyå¿ tasya tayo¿ teßåm tåsåm teßåm
L. tasmin tasyåm tasmin tayo¿ teßu tåsu teßu
Allo stesso modo si flette etad-, «questo» (eßa¿, eßå, etat).

Osservazioni.
a) In composizione si usa tad-, riferito a tutti i generi e numeri.
Es.: tad-açva-, «il cavallo di lui, di lei, di loro».
b) Sa¿ (< sas) si ha soltanto in pausa; davanti ad aŸ- si trova so   +  ’ (avagraha);
davanti a qualsiasi altro suono si trova sa.
Es.: so ’çva¿, «questo cavallo»; sa n®pa¿, «questo re».
c) Cfr. scr. så-, gr. hJ (Ûh), got. sø; scr. tam, gr. tovn, got. thana: l’alternanza fra
tema sa- e tema ta- è dunque d’origine indoeuropea.

2. Idam-, «questo».

singolare duale plurale

m. f. n. m. f. n. m. f. n.
N. ayam iyam idam imau ime ime ime imå¿ imåni
A. imam imåm idam imau ime ime imån imå¿ imåni
S. anena anayå anena åbhyåm ebhi¿ åbhi¿ ebhi¿
D. asmai asyai asmai åbhyåm ebhya¿ åbhya¿ ebhya¿
Ab. asmåt asyå¿ asmåt åbhyåm ebhya¿ åbhya¿ ebhya¿
G. asya asyå¿ asya anayo¿ eßåm åsåm eßåm
L. asmin asyåm asmin anayo¿ eßu åsu eßu

32
CORSO DI SANSCRITO

3. Adas-, «quello».
singolare duale plurale
m. f. n. m. f. n. m. f. n.
N. asau                                     asau                                  ada¿ amû amû amû amî amû¿ amûni
A. amum                           amûm                           ada¿ amû amû amû amûn amû¿ amûni
S. amunå                       amuyå                       amunå amûbhyåm amîbhi¿ amûbhi¿    amîbhi¿
D. amußmai         amußyai             amußmai amûbhyåm amîbhya¿ amûbhya¿  amîbhya¿
Ab. amußmåt          amußyå¿           amußmåt amûbhyåm amîbhya¿ amûbhya¿  amîbhya¿
G. amußya                 amußyå¿           amußya amuyo¿ amîßåm  amûßåm amîßåm
L. amußmin         amußyåm        amußmin amuyo¿ amîßu  amûßu amîßu

71. Pronome-aggettivo relativo.


Yad-, «il quale, qui, quae, quod». Si declina come tad-.
Ad es.: N. s.: ya¿, yå, yat; N. pl.: ye, yå¿, yåni; G. pl.: yeßåm, yåsåm, yeßåm.
72. Pronome-aggettivo interrogativo.
Kim-, «chi? che cosa? quale? “quis, quid?”, “qui, quae, quod? ” ». Si declina come tad-.
Ad es.: N. s.: ka¿, kå, kim; N. pl.: ke, kå¿, kåni; Str. s.: kena, kayå, kena;
Str. pl.: kai¿, kåbhi¿, kai¿.
73. Pronome-aggettivo indefinito.
S’ottiene aggiungendo i suffissi -cana, -cit, -api alle forme del pronome interrogativo.
Ad es.: N. s.: kaçcana, kåcana, kiµcana;       kaçcit, kåcit, kiµcit;       ko ’pi, kåpi, kimapi;
L. s.:   kasmiµçcit, kasyåµçcit, kasmiµçcit;   kasminnapi, kasyåmapi, kasminnapi;
L. pl. m. n.: keßucana, keßucit, keßvapi.
74. Pronomi-aggettivi correlativi.
Yåvat- ... tåvat-, «quanto, quanto grande ... tanto, tanto grande»; yåd®ç - ... tåd®ç-,
«quale ... tale»; yati... tati, «quanti ... tanti» (indecl. soltanto plur.). Per la declinazione
di yåvat-, v. 60, Osservazioni a).
75. Aggettivi con declinazione pronominale.
Seguono la declinazione di tad- alcuni pron.-agg. tra cui: anya-, «alius», itara-,
«alter», ena-, «egli, questo» (enclitico, solo Acc. s. du. pl.; Str. s.; G. L. du.), katara-,
«uter?», katama-, «qui, quae, quod?», viçva-, sarva-, «ogni, tutto», para-, «altro», sva-,
«suus», eka-, «uno».
S’avrà quindi ad es.: N. n. s.: anyat, itarat; L. m. s.: anyasmin, sarvasmin; N. m. pl.:
anye, sarve, sve, eke, «gli uni». Si noti che al N. A. n. s. si trovano soltanto le forme
sarvam, param, svam, ekam. Altri aggettivi (tra cui adhara-, «inferiore», uttara-,
«superiore», antara-, «interno», para-, «altro», pûrva-, «precedente») hanno all’Ab. L.
m. s. e al N. m. pl. le due forme. Ad es.: N. m. pl.: adharå¿ e adhare, parå¿ e pare.

33
CARLO DELLA CASA

V. I numerali.

76. Cardinali.
1 eka-, 2 dvi-, 3 tri-, 4 catur-, 5 pañca-, 6 ßaß-, 7 sapta-, 8 aߥa-, 9 nava-, 10 daça-,
11 ekådaça-, 12 dvådaça-, 13 trayodaça-, 14 caturdaça-, 15 pañcadaça-, 16 ßo∂aça-,
17 saptadaça-, 18 aߥadaça-, 19 navadaça- ovv. ekonaviµçati- (eka-ûna-viµçati-,
«venti diminuito di uno»), 20 viµçati-, 21 ekaviµçati-, 30 triµçat-, 40 catvariµçat-, 50
pañcaçat-, 60 ßaߥi-, 70 saptati-, 80 açîti-, 90 navati-, 100 çata-, 200 dve çate ovv.
dviçata-, 300 trî±i çatåni ovv. triçata-, 1.000 sahasra-, 100.000 lakßa-.
Es.: pañcaviµçati-, 25; dvåtriµçat-, 32; traya¿ßaߥi- ovv. trißaߥi-, 63; dvyaçîti-, 82;
pañcanavati- ovv. pañconaµ çatam, 95 («cento diminuito di cinque»); pañcådhikaµ
çatam, 105 («cento aumentato di cinque»); dvyaçîtis   trî±i ca çatåni, 382.

Osservazioni. I numeri da 11 a 19, da 21 a 29 etc. sono degli dvandva (131). Quanto


a ßo∂aça- (< ßaß-daça-) si noti la cerebralizzazione della dentale (41 a).

77. Declinazione dei cardinali.


Eka- si declina come tad- (però il Nom. n. s. è ekam).
Dvi- è duale: dvau (dve f. e n.), dvåbhyåm, dvayo¿. In composizione si trova ora dvå-
ora dvi-.
Tri- ha la seguente flessione:

maschile femminile neutro

N. traya¿ tisra¿ trî±i


A. trîn tisra¿ trî±i
S. tribhi¿ tis®bhi¿
D. tribhya¿ tis®bhya¿ Come al maschile
Ab. tribhya¿ tis®bhya¿
G. trayå±åm tis®±åm
L. trißu tis®ßu

Catur- si flette come segue:

maschile femminile neutro

N. catvåra¿ catasra¿ catvåri


A. catura¿ catasra¿ catvåri
S. caturbhi¿ catas®bhi¿
D. caturbhya¿ catas®bhya¿ Come al maschile
Ab. caturbhya¿ catas®bhya¿
G. catur±åm catas®±åm
L. caturßu catas®ßu

34
CORSO DI SANSCRITO

Pañca-: pañca, pañca, pañcabhi¿, pañcabhya¿, pañcånåm, pañcasu.


Íaß-: ßa¥, ßa¥, ßa∂bhi¿, ßa∂bhya¿, ßa±±åm, ßa¥su.
Sapta-, aߥa-, nava-, daça-: come pañca- (esistono però anche le forme aߥau [duale!],
aߥåbhi¿, aߥåbhya¿, aߥåsu).

I numeri delle decine da 20 a 90 sono sostantivi femm. che si declinano secondo la


finale del tema; 100, 1.000, 100.000 sono sostantivi neutri. Reggono il Gen. del
sostantivo contato, oppure concordano con esso come apposizione, oppure formano un
composto.
Es.: viµçatir açvånåm, viµçatir açvå¿, «20 cavalli»; varßaçatam, «cento anni».

78. Ordinali.
1° prathama-; 2° dvitîya-; 3° t®tîya-; 4° caturtha- ovv. turîya-; 5° pañcama-; 6°
ßaߥha-; 7° saptama-; 8° aߥama-; 9° navama-; 10° daçama-; 11° ekådaça-; 12°
dvådaça-; 13° trayodaça-; 20° viµça- ovv. viµçatitama-; 30° triµça- ovv. triµçattama-;
40° catvåriµça- ovv. catvåriµçattama-; 50° pañcåça- ovv. pañcåçattama-; 60° ßaߥitama-;
61° ekaßaߥitama- ovv. ekaßaߥa-; 70° saptatitama-; 80° açîtitama-; 90° navatitama-;
100° çatatama-; 1.000° sahasratama-.

79. Avverbi numerali.


Sak®t, «una volta sola, semel»; dvis, «due volte»; tris, «tre volte»; catur, pañcak®tvas,
ßa¥k®tvas, etc.
Ekadhå, «in un solo modo»; dvidhå, tridhå, caturdhå, etc., bahudhå, «in molti modi».
Ekaças, «singolarmente»; dviças, «a due a due»; triças, catu¿ças, etc.

35
CARLO DELLA CASA

PARTE TERZA

LA CONIUGAZIONE

I. Generalità.

80. Il sanscrito ha tre persone (prima, seconda e terza), tre generi (attivo o Parasmaipada,
«parole per un altro», medio o Åtmanepada, «parole per se stesso», e passivo) e tre
numeri (singolare, duale, plurale). Il medio, quando si distingue dall’attivo (molti verbi
hanno soltanto l’uno o l’altro genere), indica che l’azione ritorna sul soggetto o si
verifica nel suo interesse (es.: yajati, «[per gli altri il sacerdote] sacrifica»; yajate, «[il
capofamiglia] sacrifica per sé»); il passivo, che ha coniugazione propria per il sistema
del presente, è d’uso sempre più frequente, anche con verbi intransitivi (es.: n®pena
nagaraµ gamyate, «dal re si va in città»). La distinzione tra modi e tempi è diversa da
quella in uso nelle lingue classiche. Si hanno cioè i sistemi del presente, del futuro,
dell’aoristo e del perfetto, in ognuno dei quali si distinguono i vari modi. I vari
sistemi si formano, indipendentemente fra loro, dalla radice, che è il nucleo fonetico
non ulteriormente riducibile senza che ne venga modificato il significato fondamentale.
Per esempio la radice v®t- significa «volgersi, trovarsi»; riducendo ulteriormente il
nucleo fonetico a v®- si ha un’altra radice, v®- appunto, che significa «coprire,
nascondere». Di gran lunga più importante è il sistema del presente, che permette di
formare l’indicativo (presente e imperfetto), l’ottativo, l’imperativo e il participio. Nel
sistema del futuro si hanno indicativo, condizionale (morfologicamente imperfetto del
futuro) e participio. Nel sistema dell’aoristo, sempre meno usato, nel sanscrito classico
si hanno indicativo e resti del precativo, che è una sorta di ottativo. Nel sistema del
perfetto in sanscrito classico si hanno indicativo e participio.
L’infinito, il participio passato passivo, il gerundio e il gerundivo si formano a lor
volta direttamente dalla radice.
Il passivo ha per il presente coniugazione propria; per gli altri tempi usa le forme del
medio (esistono alcune forme di aoristo passivo).
Il perfetto è caratterizzato dal raddoppiamento della radice.
Imperfetto, aoristo e condizionale hanno l’aumento, costituito da a- anteposto al tema
verbale (es.: pat-: a-pata-t, «cadeva o cadde»). Se il tema comincia per vocale si ha
per aumento la v®ddhi della vocale iniziale (es.: ukß-: aukßat, «bagnava»; ad-: ådam,
«mangiavo»; i-: åyam, «andavo» [35]). Nei verbi composti l’aumento si pone tra la
preposizione e il verbo (es.: pari-±î-: pary-a-±aya-t, «condusse in moglie»; anv-iß-:
anv-aiccha-t, «ricercava»).
Le desinenze possono essere primarie (e son quelle dell’indic. pres. e del futuro) o
secondarie (quelle dell’imperfetto, dell’aoristo, del condizionale e dell’ottativo). Perfetto
e imperativo hanno desinenze proprie.
L’indicativo presente è il tempo dell’azione attuale o abituale; in unione con le
particelle sma e purå indica il presente storico; talvolta ha valore esortativo (gacchåma¿,

36
CORSO DI SANSCRITO

«vogliamo andare, andiamo!»). L’azione passata è indicata, senza apprezzabili differenze,


dall’imperfetto, dal perfetto e dall’aoristo. L’ottativo ha il valore del congiuntivo
presente latino: può quindi avere valore esortativo (ågacche¿, «vieni!»), augurale
(jîveyam, «possa io vivere»), dubitativo (kathaµ vidyåµ Nalam, «come potrei riconoscere
Nala?»), potenziale (tyajet kßudhårtå mahilåpi putram, «una donna tormentata dalla
fame potrebbe abbandonare anche un figlio [ovv. potrebbe anche abbandonare]»),
proibitivo (nån®taµ vadet «[l’uomo] non dica il falso»), e nel periodo ipotetico è usato
sia nella protasi sia nell’apodosi (yadi janmajaråmara±aµ na bhavet ... iha janmani
kasya ratir na bhavet «se non ci fossero nascita, vecchiezza, morte, ... qui nel corso
della vita di chi non ci sarebbe la gioia?»).1
Molto usata è la 3a sing. dell’imperativo passivo nel senso di benevola esortazione:
çruyatåm, «si ascolti, vogliate ascoltare».

II. Sistema del presente.

81. I grammatici indiani distinguono le radici verbali, a seconda del modo di


formazione del tema del presente, in dieci classi, raggruppate in due sezioni: prima
coniugazione principale o coniugazione tematica (nella quale il tema rimane invariato
in tutto il sistema del presente) e seconda coniugazione principale o coniugazione
atematica (nella quale si distinguono forme forti e forme deboli). Al tema del presente
s’attaccano (tenendo conto soprattutto delle Osservazioni di 82) le desinenze personali
attive e medie, per buona parte comuni alle due coniugazioni, ottenendo così presente,
imperfetto, ottativo, imperativo e participio. Nel prospetto seguente, che ha scopi
essenzialmente pratici, sono riportate le desinenze; tra parentesi son poste le desinenze
proprie della coniugazione atematica.

1
Nel periodo ipotetico si trovano anche l’indicativo (yadi santi gu±å¿ puµsåµ vikasanty eva te
svayam, «se ci sono, le virtù degli uomini rilucono proprio di per se stesse») e il condizionale
(suv®ß¥iç ced abhavißyat subhikßam abhavißyat, «se ci fosse stata una bella pioggia, ci sarebbe stato
abbondante nutrimento»: si noti il condizionale sia nella protasi sia nell’apodosi).

37
CARLO DELLA CASA

Desinenze del presente Desinenze dell’imperfetto

PARASMAIPADA ÅTMANEPADA PARASMAIPADA ÅTMANEPADA

1ª s. -mi -e -m (-am) -i
2ª s. -si -se -s -thås
3ª s. -ti -te -t -ta

1ª d. -vas -vahe -va -vahi


2ª d. -thas -ethe (-åthe) -tam -ethåm (-åthåm)
3ª d. -tas -ete (-åte) -tåm -etåm (-åtåm)

1ª pl. -mas -mahe -ma -mahi


2ª pl. -tha -dhve -ta -dhvam
3ª pl. -nti (-anti) -nte (-ate) -n (-an, -ur) -nta (-ata)

Desinenze ottativo I coniugazione Desinenze ottativo II coniugazione

P AR. Å TM. P AR. Å TM.

1ª s. -eyam -eya -yåm -îya


2ª s. -es -ethås -yås -îthås
3ª s. -et -eta -yåt -îta

1ª d. -eva -evahi -yåva -îvahi


2ª d. -etam -eyåthåm -yåtam -îyåthåm
3ª d. -etåm -eyåtåm -yåtåm -îyåtåm

1ª pl. -ema -emahi -yåma -îmahi


2ª pl. -eta -edhvam -yåta -îdhvam
3ª pl. -eyur -eran -yur -îran

38
CORSO DI SANSCRITO

Desinenze dell’imperativo

PARASMAIPADA ÅTMANEPADA

1ª s. -åni -ai
2ª s. = (-dhi, -hi) -sva
3ª s. -tu -tåm

1ª d. -åva -åvahai
2ª d. -tam -ethåm (-åthåm)
3ª d. -tåm -etåm (-åtåm)

1ª pl. -åma -åmahai


2ª pl. -ta -dhvam
3ª pl. -ntu (-antu) -ntåm (-atåm)

Part. pres. P AR.: I coniug.: -t-; II coniug.: -at- (cfr. 60).


Part. pres. Å TM.: I coniug.: -måna-; II coniug.: -åna-.
Osservazioni. Le desinenze -et(h)e, et(h)åm della 2a e 3a d. della I coniug. sono l’esito
del sandhi tra vocale finale del tema e iniziale della desinenza (-aŸ- + -¥ t(h)e,
-¥ t(h)åm, le quali ultime sono forme attenuate di -åt(h)e, -åt(h)åm, secondo l’alternanza
å : ¥ , per cui v. 4, b). La vocale caratteristica dell’ottativo è -î- (-îy- davanti a
vocale) per la I coniug., -yå-, -y- (-î-, -îy- al medio) per la II coniug.: il sandhi fra
tema del presente, vocale caratteristica e desinenze secondarie ha per esito le forme
date. Es.: I coniug.: *-a-î-t > -et; *-a-îy-åtåm > -eyåtåm; II coniug.: *-yå-åtåm >
-yåtåm. Si noti ancora che parecchie desinenze sono peculiari dell’ottativo.

A. Coniugazione tematica o I coniugazione principale.


82. Formazione del tema del presente.
La coniugazione tematica comprende le classi I, IV, VI, X dei grammatici indiani, che
hanno identica flessione e si differenziano soltanto per il modo di formazione del tema
del presente.
a) I cl. Tema del presente = radice gu±ata + -a  Ÿ-.
Es.: bh®-: bhara-, «portare»; bhû-: bhava-, «essere» (35).
La vocale interna lunga non prende il gu±a. Es.: nind-: ninda-, «rimproverare»; jîv-:
jîva-, «vivere».

39
CARLO DELLA CASA

b) IV cl. Tema del presente = radice invariata + -ya-.


Es.: kup-:  kupya-, «adirarsi». Si notino: jan-: jåya-, «nascere»; çram-: çråmya-,
«affaticarsi», per cui cfr. 4   c, 4   d; vyadh-: vidhya-, «perforare», con saµprasåra±a, e
altre poche radici che presentano fenomeni analoghi. Paçya- è il tema del pres.
correlato alla rad. d®ç-, «vedere».
c) VI cl. Tema del presente = radice invariata + -a Ÿ-.
Es.: tud-: tuda-, «battere».
Alcune radici inseriscono una nasale, omogenea con il suono che segue.
Es.: muc-: muñca-, «liberare»; sic-: siñca-, «irrigare»; lip-: limpa-, «ungere»; vid-:
vinda-, «trovare».
d) X cl. Tema del presente = radice variamente trattata + -aya-.
Es.: cur-: coraya-, «rubare»; pî∂-: pî∂aya-, «tormentare»; sp®h-: sp®haya-, «desiderare».

Osservazioni. Davanti a desinenze comincianti con -m e con -v, la vocale del tema del
presente s’allunga, salvo che alla 1a s. imperfetto e al part. pres. medio.
Es.: bharåmi, abharåva, ma abharam, bharamå±a-. Davan ti a d esinenze inizian ti con -e-
la vocale finale del tema scom p are: bhare, abharethåm. Naturalmente -a- finale di tema
si fonde con -i, dando -e: abhare.

83. Paradigma del sistema del presente della coniug. tematica:

bhû-, I cl., «essere, diventare».

Presente Imperfetto

PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.

1ª s. bhavåmi bhave abhavam abhave


2ª s. bhavasi bhavase abhava¿ abhavathå¿
3ª s. bhavati bhavate abhavat abhavata

1ª d. bhavåva¿ bhavåvahe abhavåva abhavåvahi


2ª d. bhavatha¿ bhavethe abhavatam abhavethåm
3ª d. bhavata¿ bhavete abhavatåm abhavetåm

1ª pl. bhavåma¿ bhavåmahe abhavåma abhavåmahi


2ª pl. bhavatha bhavadhve abhavata abhavadhvam
3ª pl. bhavanti bhavante abhavan abhavanta

40
CORSO DI SANSCRITO

Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.

1ª s. bhaveyam bhaveya bhavåni bhavai


2ª s. bhave¿ bhavethå¿ bhava bhavasva
3ª s. bhavet bhaveta bhavatu bhavatåm

1ª d. bhaveva bhavevahi bhavåva bhavåvahai


2ª d. bhavetam bhaveyåthåm bhavatam bhavethåm
3ª d. bhavetåm bhaveyåtåm bhavatåm bhavetåm

1ª pl. bhavema bhavemahi bhavåma bhavåmahai


2ª pl. bhaveta bhavedhvam bhavata bhavadhvam
3ª pl. bhaveyu¿ bhaveran bhavantu bhavantåm
Part. pres.: P AR.: bhavat-; Å TM.: bhavamåna-.

84. Particolarità della coniugazione tematica.


a) Alcune radici della I cl. hanno il tema in -ccha-. Gam-: gaccha-, «andare»;
yam-: yaccha-, «tenere a freno». Del pari alcune radici della VI cl.: ®-: ®ccha-,
«muoversi»; iß-: iccha-, «desiderare»; prach-: p®ccha-, «domandare», con saµprasåra±a.
b) Alcune altre radici della I cl. hanno il tema del presente raddoppiato. Sthå-:
tiߥha-, «stare»; ghrå-: jighra-, «odorare»; på-: piba-, «bere»; sad-: sîda-, «sedersi»
(contratto da *sisda- per *sisada-).1
c) Si notino ancora le seguenti radici della I cl.: kram-: kråma-, Å TM., «avanzarsi»;
guh-: gûha-, «nascondere»; daµç-: daça-, «mordere»; e bhraµç-: bhraçya-, IV cl., Å TM.,
«cadere».

B. Coniugazione atematica o II coniugazione principale.


85. Generalità.
Caratteristiche comuni di tutte le classi della II coniug. principale o atematica sono:
a) alternanza tra forme forti e forme deboli. Le prime sono: 1a , 2a , 3a s. pres. e
impf. attivo, tutte le 1e pers. imperat. attivo e medio, 3a pers. s. imperat. attivo (in
tutto 13 forme);
b) desinenza -dhi (-hi dopo vocale) della 2a s. imperat. attivo (esistono tuttavia
parecchie eccezioni);
c) ottativo con sillaba caratteristica -yå-, -y-, all’attivo, -î- (-îy- davanti a vocale)
al medio.
Appartengono alla coniugazione atematica le cl. II, III, V, VII, VIII, IX dei grammatici
indiani.

1
Cfr. § 88 nota 1 (raddoppiamento) e osserva la dissimilazione in piba-.

41
CARLO DELLA CASA

86. II classe (radicale). Forma forte = radice gu±ata.


Forma debole = radice semplice.

Dviß-, «odiare» (dviß-, dveß-).

Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. dveßmi dviße adveßam advißi
2ª s. dvekßi dvikße adve¥ adviߥhå¿
3ª s. dveߥi dviߥe adve¥ adviߥa

1ª d. dvißva¿ dvißvahe advißva advißvahi


2ª d. dviߥha¿ dvißåthe adviߥam advißåthåm
3ª d. dviߥa¿ dvißåte adviߥåm advißåtåm

1ª pl. dvißma¿ dvißmahe advißma advißmahi


2ª pl. dviߥha dvi∂∂hve adviߥa advi∂∂hvam
3ª pl. dvißanti dvißate advißan advißata

Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. dvißyåm dvißîya dveßå±i dveßai
2ª s. dvißyå¿ dvißîthå¿ dvi∂∂hi dvikßva
3ª s. dvißyåt dvißîta dveߥu dviߥåm

1ª d. dvißyåva dvißîvahi dveßåva dveßåvahai


2ª d. dvißyåtam dvißîyåthåm dviߥam dvißåthåm
3ª d. dvißyåtåm dvißîyåtåm dviߥåm dvißåtåm

1ª pl. dvißyåma dvißîmahi dveßåma dveßåmahai


2ª pl. dvißyåta dvißîdhvam dviߥa dvi∂∂hvam
3ª pl. dvißyu¿ dvißîran dvißantu dvißatåm

Part. pres.: P AR.: dvißat-; Å TM.: dvißå±a-.

Osservazioni. Per il diverso esito di -ß- sia in finale sia in sandhi cfr. 10, 22   a, 38, 39,
40   d, 40   f, 41.

42
CORSO DI SANSCRITO

87. Particolarità della II classe.

a) i-, «andare».
Pres.: s. emi, eßi, eti; d. iva¿, itha¿, ita¿; pl. ima¿, itha, yanti;
impf.: s. åyam, ai¿, ait ; d. aiva, aitam, aitåm; pl. aima, aita, åyan;
ott.: s. iyåm, etc.;
imperat.: s. ayåni, ihi, etu; d. ayåva, itam, itåm; pl. ayåma, ita, yantu;
part. pres.: yat-.

b) as-, «essere».
Pres.: s. asmi, asi, asti; d. sva¿, stha¿, sta¿; pl. sma¿, stha, santi;
impf.: s. åsam, åsî¿, åsît; d. åsva, åstam, åståm; pl. åsma, åsta, åsan;
ott.: s. syåm, etc.;
imperat.: s. asåni, edhi,1 astu; d. asåva, stam, ståm; pl. asåma, sta, santu;
part. pres.: sat-.

c) duh-, «mungere».
Pres.: s. dohmi, dhokßi (11 e 40   f), dogdhi (40   a);
d. duhva¿, dugdha¿, dugdha¿;
pl. duhma¿, dugdha, duhanti;
impf.: s. adoham, adhok, etc.;
imperat.: s. dohåni, dugdhi, dogdhu, etc.

d) brû-, «dire», inserisce -î- nelle forme forti davanti a desinenza iniziante per
consonante. Es.: bravîmi, bravîßi, bravîti; abravît, ma abravam, bravå±i, bravåma e
naturalmente brûma¿. Per bruvanti, abruvan cfr. 36.
e) an-, «respirare», rud-, «piangere», çvas-, «sospirare», svap-, «dormire»,
inseriscono -i- davanti a consonante; nell’impf. P AR. 2 a e 3a s. hanno -îs, -ît ovv. -as,
-at. Es.: roditi, svapiti, rudima¿, svapima¿ ma rudanti, svapanti; impf.: arodî¿ ovv.
aroda¿.
f)    Radici in -u- hanno la v®ddhi nelle forme forti davanti a consonante.
Es.: stu-, «lodare»: staumi, stauti, astaut, ma astavam (< *asto-am, 35).
g)     yå-, «andare», ås-, «sedersi», conservano sempre le forme forti in tutte le
persone. Es.: yånti, åsate, «vanno, si siedono». Del pari tutte le radici in -å-.
h) çî-, Å TM., «giacere», ha sempre il gu±a. Pres.: çaye, çeße, çete; çemahe, etc.;
impf.: açayi, açethå¿, etc. Da notare le 3 e pl. çerate, açerata, çeratåm.
i) sû-, «partorire», Å TM., e îç-, «dominare», ÅTM ., hanno sempre le forme deboli;
îç- talvolta inserisce -i-. Es.: sûte, îߥe, îçiße, îçidhvam.

1
Da *asdhi > *azdhi > edhi, cfr. § 107   g, n. 1. Forma comunque irregolare.

43
CARLO DELLA CASA

l) han-, «uccidere», ha come tema forte han-, come tema debole ha- (han-
davanti a m, v, y), ghn- davanti a vocale (cfr. 4   a).
Pres.: s. hanmi, haµsi, hanti;
d. hanva¿, hatha¿, hata¿;
pl. hanma¿, hatha, ghnanti;
impf.: s. ahanam, ahan, ahan, etc.; 3ª pl.: aghnan;
ott.: s. hanyåm, etc.;
imperat.: s. hanåni, jahi (con dissimilazione), hantu;
d. hanåva, hatam, hatåm;
pl. hanåma, hata, ghnantu.

88. III classe (con raddoppiamento). Forma forte = rad. radd.1 gu±ata.
Forma deb. = radice radd. semplice.

Hu-, «sacrificare» (juho-, juhu-).

Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. juhomi juhve ajuhavam ajuhvi
2ª s. juhoßi juhuße ajuho¿ ajuhuthå¿
3ª s. juhoti juhute ajuhot ajuhuta

1ª d. juhuva¿ juhuvahe ajuhuva ajuhuvahi


2ª d. juhutha¿ juhvåthe ajuhutam ajuhvåthåm
3ª d. juhuta¿ juhvåte ajuhutåm ajuhvåtåm

1ª pl. juhuma¿ juhumahe ajuhuma ajuhumahi


2ª pl. juhutha juhudhve ajuhuta ajuhudhvam
3ª pl. juhvati juhvate ajuhavu¿ ajuhvata
1
Regole del raddoppiamento. Si raddoppia la consonante iniziale seguita dalla sua vocale, con le
seguenti avvertenze:
1) consonante aspirata raddoppia con la non aspirata;
2) gutturale raddoppia con la palatale, h (< gh) con j;
3) i gruppi consonantici raddoppiano con la prima consonante;
4) nel gruppo sibilante + sorda si raddoppia con la sorda o la sua corrispondente;
5) per le radici che raddoppiano al presente, vocale lunga raddoppia con la breve corrispondente, °
raddoppia con i.
Es.: bhî-: bibhî-, «temere»; dhå-: dadhå-, «porre»; hrî-: jihrî-, «vergognarsi»; tvar-: tatvar-, «affrettarsi»;
skand-: caskand-, «inciampare» (ma snu-: sußnu-, «colare», sru-: susru-, «scorrere», perché il gruppo
è sibilante + sonora); p°-: pip°-, «riempire». Si noti che sthå-, ghrå-, på-, sad- raddoppiano con -i-
(alternanza å  ⁄ : i, 4   b), cfr. 84   b.

44
CORSO DI SANSCRITO

Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. juhuyåm juhvîya juhavåni juhavai
2ª s. juhuyå¿ juhvîthå¿ juhudhi (ecc.) juhußva
3ª s. juhuyåt juhvîta juhotu juhutåm

1ª d. juhuyåva juhvîvahi juhavåva juhavåvahai


2ª d. juhuyåtam juhvîyåthåm juhutam juhvåthåm
3ª d. juhuyåtåm juhvîyåtåm juhutåm juhvåtåm

1ª pl. juhuyåma juhvîmahi juhavåma juhavåmahai


2ª pl. juhuyåta juhvîdhvam juhuta juhudhvam
3ª pl. juhuyu¿ juhvîran juhvatu juhvatåm

Part. pres.: P AR.: juhvat- (f. forte: id. cfr. 60); Å TM.: juhvåna-.

Osservazioni.
Si notino le desinenze -ati, -ur, -atu nelle 3e pl. pres., impf., imperat. P AR.
Davanti a -ur la vocale del tema, se finale, è gu±ata.
Altri es.:
bhî-, «temere», 3e pl.: bibhyati, bibhyate, abibhayu¿, abibhyata, bibhîyu¿, bibhîran,
bibhyatu, bibhyatåm;
bh®-, «portare», 1e s.: bibharmi, bibhre, abibharam, abibhri, bibhryåm, bibhrîya,
bibharå±i, bibharai; part. pres.: bibhrat-, bibhrå±a-.

89. Particolarità della III classe.

a) Då-, «dare», e dhå-, «porre», hanno le forme deboli dad- e dadh-, quindi per
es. 3 pl.: dadati, dadate, adadu¿, adadata, dadyu¿, dadîran, dadatu, dadatåm; dadhati,
e

dadhate, adadhu¿, adadhata, dadhyu¿, dadhîran, dadhatu, dadhatåm. Si noti ancora


che le 2e s. dell’imperat. att. sono dehi e dhehi. Per la flessione di dhå-, cfr. 38 e 39 e
nota che in essa, contro 40   a, s’effettua il ripristino dell’aspirazione sull’iniziale (11).

Pres.: P AR.: s. dadhåmi, dadhåsi, dadhåti; d. dadhva¿, dhattha¿, dhatta¿; pl. dadhma¿,
dhattha, dadhati.
Pres.: Å TM.: s. dadhe, dhatse, dhatte; d. dadhvahe, dadhåthe, dadhåte; pl. dadhmahe,
dhaddhve, dadhate.

N.B.: dhatta¿ < *dhad-tas < *dadh-tas. Il contrario succede per es. in dugdha¿ <
*duh-tas, cfr. 87   c.

45
CARLO DELLA CASA

b) Hå-, «abbandonare», ha per forma forte jahå-, per forma debole jahi-, jahî-,
jah-.
Es.: jahåmi, jahima¿ (o jahîma¿), jahati (3a pl.), jahyåm, jahihi (o jahîhi).
c) Må-, «misurare», raddoppiato con -i-, soltanto medio, ha come forma debole
mimî- davanti a consonante, mim- davanti a vocale: mime, mimîße, mimîte, 3a pl.
mimate.

90. V classe (in -no-). Forma forte = radice debole + -no-.


Forma deb. = radice debole + -nu-.

Su-, «spremere» (suno-, sunu-).

Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. sunomi sunve asunavam asunvi
2ª s. sunoßi sunuße asuno¿ asunuthå¿
3ª s. sunoti sunute asunot asunuta

1ª d. sunuva¿ sunuvahe asunuva asunuvahi


2ª d. sunutha¿ sunvåthe asunutam asunvåthåm
3ª d. sunuta¿ sunvåte asunutåm asunvåtåm

1ª pl. sunuma¿ sunumahe asunuma asunumahi


2ª pl. sunutha sunudhve asunuta asunudhvam
3ª pl. sunvanti sunvate asunvan asunvata

Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. sunuyåm sunvîya sunavåni sunavai
2ª s. sunuyå¿ sunvîthå¿ sunu sunußva
3ª s. sunuyåt sunvîta sunotu sunutåm

1ª d. sunuyåva sunvîvahi sunavåva sunavåvahai


2ª d. sunuyåtam sunvîyåthåm sunutam sunvåthåm
3ª d. sunuyåtåm sunvîyåtåm sunutåm sunvåtåm

1ª pl. sunuyåma sunvîmahi sunavåma sunavåmahai


2ª pl. sunuyåta sunvîdhvam sunuta sunudhvam
3ª pl. sunuyu¿ sunvîran sunvantu sunvatåm

Part. pres.: P AR.: sunvat- (f. f. sunvant-); Å TM.: sunvåna-.

46
CORSO DI SANSCRITO

Osservazioni.
a) Le radici uscenti in vocale possono perdere -u- davanti a -m- e -v- e non
hanno desinenze alla 2a s. imperat. P AR.
Es.: sunuva¿, sunuma¿ ovvero sunva¿, sunma¿, ma sempre e soltanto åpnuva¿,
åpnuma¿, da åp-, «ottenere»; sunu ma åpnuhi.
b) Radici uscenti in consonante hanno -uv- davanti a desinenza iniziante con
vocale (cfr. 36). Es.: åp-: åpnuvanti, åpnuvan, åpnuyu¿, åpnuvantu.
c) Çru-, «udire», ha come tema forte ç®±o-, come tema debole ç®±u-. Es.: ç®±omi,
ç®±uma¿, ç®±vanti.

91. VII classe (in -na-).


Forma forte = rad. debole con -na- inserito avanti consonante finale.
Forma deb. = rad. debole con -n- inserito avanti consonante finale.

Yuj-, «congiungere» (yunaj-, yuñj-). Rudh-, «impedire» (ru±adh-, rundh-).

Presente Presente
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. yunajmi yuñje 1ª s. ru±adhmi rundhe
2ª s. yunakßi yuºkße 2ª s. ru±atsi runtse
3ª s. yunakti yuºkte 3ª s. ru±addhi runddhe

1ª pl. yuñjma¿ yuñjmahe 1ª pl. rundhma¿ rundhmahe


2ª pl. yuºktha yuºgdhve 2ª pl. runddha runddhve
3ª pl. yuñjanti yuñjate 3ª pl. rundhanti rundhate

Imperfetto Imperfetto
1ª s. ayunajam ayuñji 1ª s. aru±adham arundhi
2ª s. ayunak ayuºkthå¿ 2ª s. aru±at arunddhå¿
3ª s. ayunak ayuºkta 3ª s. aru±at arunddha
etc. etc. etc. etc.

Ottativo Ottativo
1ª s. yuñjyåm yuñjîya 1ª s. rundhyåm rundhîya
etc. etc. etc. etc.

Imperativo Imperativo
1ª s. yunajåni yunajai 1ª s. ru±adhåni ru±adhai
2ª s. yuºgdhi yuºkßva 2ª s. runddhi runtsva
3ª s. yunaktu yuºktåm 3ª s. ru±addhu runddhåm
etc. etc. etc. etc.

47
CARLO DELLA CASA

Part. pres.: P AR.: yuñjat- P AR.: rundhat-


Å TM.: yuñjåna- Å TM.: rundhåna-.

Osservazioni.
Per yuñjva¿, yuºkte, etc. cfr. soprattutto 38, 39, 40   c; per ru±atsi, aru±at, etc. cfr. 39,
6, 7; per runddha (< *rundh-tha, *rundh-ta) etc. cfr. 40  a; per runddhve (< *rundh-dhve)
etc. cfr. soprattutto 39 e 22   a.

92. VIII classe (in -o-). Forma forte = rad. debole + -o-.
Forma deb. = rad. debole + -u-.

La flessione è identica a quella delle radici della V classe, quindi anche qui -u- può
cadere davanti a -m- e -v-.
Per es., l’imperfetto di tan-, «tendere», sarà:

P AR.: s. atanavam, atano¿, atanot  ;


d. atanuva (o atanva), atanutam, atanutåm;
pl. atanuma (o atanma), atanuta, atanvan;

Å TM.:    s. atanvi, atanuthå¿, atanuta;


d. atanuvahi (o atanvahi), atanvåthåm, atanvåtåm;
pl. atanumahi (o atanmahi), atanudhvam, atanvata.

Imperat.: P AR. 2a sing.: tanu.

93. Particolarità della VIII classe.


k®-, «fare», ha come tema forte karo-, come tema debole kuru- (kur- davanti a m, v, y).
Pres.: P AR.: s. karomi, karoßi, karoti; d. kurva¿, kurutha¿, etc.; 3a pl.: kurvanti;
Å TM.: s. kurve, kuruße, kurute; d. kurvahe, etc.;
impf.: P AR.: s. akaravam, akaro¿, akarot; d. akurva, akurutam, etc.;
Å TM.: s. akurvi, etc.;
ott.: P AR.: s. kuryåm, etc.;
Å TM.: s. kurvîya, etc.;
imperat.: P AR.: s. karavå±i, kuru, karotu;
d. karavåva, kurutam, kurutåm;
pl. karavåma, kuruta, kurvantu;
Å TM.: s. karavai, kurußva, kurutåm, etc.;
part. pres.: PAR.: kurvat-;
Å TM.: kurvå±a-.

48
CORSO DI SANSCRITO

94. IX classe (in -nå-). Forma forte = rad. debole + -nå-.


Forma deb. = rad. debole + -nî- (-n- davanti a
vocale).
Krî-, «comprare» (krî±å-, krî±î-, krî±-).
Presente Imperfetto
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. krî±åmi krî±e akrî±åm akrî±i
2ª s. krî±åsi krî±îße akrî±å¿ akrî±îthå¿
3ª s. krî±åti krî±îte akrî±åt akrî±îta

Ottativo Imperativo
PARASM. ÅTMAN. PARASM. ÅTMAN.
1ª s. krî±îyåm krî±îya krî±åni krî±ai
2ª s. krî±îyå¿ krî±îthå¿ krî±îhi krî±îßva
3ª s. krî±îyåt krî±îta krî±åtu krî±îtåm

Part. pres.: PAR.: krî±at-


Å TM.: krî±åna-.
Altri es.: aç-, «mangiare»: açnå-, açnî-, açn-; grah-, «afferrare»: g®h±å-, g®h±î-, g®h±-;
jñå-, «conoscere»: jånå-, jånî-, jån-; bandh-, «legare»: badhnå-, badhnî-, badhn-. 1
Quindi per es.: 2a sing. pres.: açnåsi, açnîße; g®h±åsi, g®h±îße; jånåsi, jånîße; badhnåsi,
badhnîße.
95. Particolarità della IX classe.
a) La 2 a sing. imperat. P AR. per le radici in consonante esce in -åna. Es.: açåna,
«mangia!», g®hå±a, «afferra!», badhåna, «lega!», ma jånîhi, «conosci!».
b) Radici in -û- abbreviano la finale. Es.: pû-, «purificare»: punå-, punî-, pun-;
lû-, «tagliare»: lunå-, lunî-, lun-.

III. Tempi generali.


96. Generalità.
Futuro, aoristo, perfetto e altre forme derivate si costruiscono direttamente sulla radice.
Non vige dunque per queste forme la separazione in classi delle radici, valida soltanto,
come s’è detto, per la formazione del tema del presente. Occorre invece ricordare la
già accennata distinzione (in verità non sempre mantenuta) tra radici se¥, che hanno la
vocale congiuntiva -i- tra radice e suffisso, e radici ani¥, che attaccano il suffisso
direttamente alla radice.
1
Può dirsi che grah-, bandh-, jñå- formano il tema del presente aggiungendo -nå-, -nî-, -n- al grado
zero della radice, rispettivamente g®h- (con saµprasåra±a), badh- (< *bnΩ dh-, cfr. 4   a), jå- (< *jn™-,
cfr. 4   c).

49
CARLO DELLA CASA

1. Futuro.
97. Futuro semplice.
Tema del futuro = radice gu±ata + -sya- (-ißya- per le radici se¥).
Ottenuto il tema del futuro, s’aggiungono le desinenze del presente e del participio,
con l’osservanza delle regole del sandhi (cfr. soprattutto 35, 39, 40   f). Le forme medie
servono anche per il passivo. La flessione è identica a quella d’un verbo della I classe.
Alcune radici hanno i due suffissi.
Es.: då-, «dare»: dåsyåmi, dåsyasi, etc.; dåsye, dåsyase, etc.; dåsyat-, dåsyamåna-.
Altri es.:
k®-, «fare»: karißya-; kßam-, «perdonare»: kßamißya- ovv. kßaµsya- (40  c); gam-,
«andare»: gamißya-; dviß-, «odiare»: dvekßya-; nî-, «condurre»: neßya- ovv. nayißya-
(< *ne-ißya-); prach-, «interrogare»: prakßya-; budh-, «svegliarsi»: bhotsya- (11); bhû-,
«essere»: bhavißya-; labh-, «ottenere»: lapsya-; vas-, «abitare»: vatsya-; çru-, «udire»:
çroßya- ovv. çravißya- (< *çro-ißya-).
Si notino: d®ç-, «vedere»: drakßya-; s®j-, «creare»: srakßya-, con il gu±a ‘rovesciato’;
grah-, «afferrare»: grahîßya-.

Osservazioni.
a) I causativi (112) e i verbi della X classe mantengono -ay- e aggiungono -ißya-.
Es.: pat-, «cadere», caus. påtaya-, fut. del caus. påtayißyåmi, «farò cadere»; budh-: bo-
dhayißyåmi, «farò destare, illuminerò».
b) Esiste anche un condizionale, di scarsa frequenza, morfologicamente imperfetto
del futuro.
Es.:  då-: adåsyam, adåsya¿, adåsyat, etc., «darei, avrei dato».

98. Futuro perifrastico.


Si forma con il Nominativo irrigidito del nomen agentis del verbo + presente
indicativo di as- (alle 3 e pers. solo il nomen agentis, che vale, al maschile, per i tre
generi).
Es.: då-:
PARASM. ÅTMAN.
1ª s. dåtåsmi (< *dåtå asmi) 1ª s. dåtåhe
2ª s. dåtåsi 2ª s. dåtåse
3ª s. dåtå 3ª s. dåtå
1ª d. dåtåsva¿ 1ª d. dåtåsvahe
2ª d. dåtåstha¿ 2ª d. dåtåsåthe
3ª d. dåtårau 3ª d. dåtårau
1ª pl. dåtåsma¿ 1ª pl. dåtåsmahe
2ª pl. dåtåstha 2ª pl. dåtådhve
3ª pl. dåtåra¿ 3ª pl. dåtåra¿

50
CORSO DI SANSCRITO

2. Aoristo.

99. Raro nel sanscrito classico, ma assai frequente nel vedico, l’aoristo ha sette forme,
tre asigmatiche, prevalentemente attive, e quattro sigmatiche. Al tema aumentato (80)
s’aggiungono le desinenze dell’imperfetto (spesso però alla 3a pl. P AR. si ha la
desinenza -ur; vedi anche le desinenze della 2a e 3a sing. P AR. dell’aoristo sigmatico).
Indica azione genericamente passata.

100. Aoristo radicale (per radici in -å-, dittongo e bhû-).


Tema aor. radicale = radice aumentata (davanti a -ur, -å finale cade).
Al tema s’aggiungono le desinenze dell’imperfetto atematico.
Es.: s. adåm, adå¿, adåt  ; d. adåva, adåtam, adåtåm; pl. adåma, adåta, adu¿ (< adur).

Osservazioni.
Bhû- si sdoppia in bhûv- davanti a vocale: s. abhûvam, abhû¿, abhût; d. abhûva,
abhûtam, abhûtåm; pl. abhûma, abhûta, abhûvan.

101. Aoristo tematico (per alcune radici della I, IV, VI classe).


Tema aor. tematico = radice aumentata + a Ÿ.
La flessione è identica a quella dell’impf. tematico. Raro è l’Åtmanepada.
Es.: krudh-, «adirarsi», IV: akrudham, akruda¿, etc.; 3a pl.: akrudhan (impf. 1 a sing.
akrudhyam);
gam-, I: agamam, agama¿, etc. (impf. 1a sing. agaccham);
sic-, «irrigare», VI: P AR.: asicam, etc.; Å TM.: asice, asicathå¿, etc. (impf.: asiñcam,
asiñce).
Osservazioni. Si noti il rafforzamento della sillaba radicale in akaram, da k®-, e in
adarçam, da   d®ç-.

102. Aoristo tematico con raddoppiamento.


Tema aor. tem. radd. = radice raddoppiata e aumentata + a  Ÿ.
La vocale del raddoppiamento è quantitativamente diversa dalla sillaba radicale, è
quasi sempre lunga per natura o per posizione, e spesso è -î  ⁄- anche se la sillaba
radicale è å Ÿ, °  Ÿ. Questo aoristo ha valore causativo ed è proprio dei causativi (112),
i quali d’altra parte perdono talvolta le caratteristiche del causativo (rafforzamento
della sillaba radicale e suffisso -aya-) ma mantengono la -p- qualora l’abbiano inserita.
Esiste anche l’Å TM., coniugato come un impf. tematico.
Es.: abûbudham, «feci svegliare, illuminai», da budh-; adîd®çam, «mostrai», da d®ç-;
açuçruvam (36), «feci udire, istruii», da çru-; amûmucam, «liberai», da muc-; ajijñapam,
«feci conoscere, informai», da jñåpaya-, caus. di jñå-; adîdapam, «feci dare», da
dåpaya-, caus. di då- (si noti negli ultimi due casi la correptio della sillaba radicale
per mantenere il ritmo giambico); ajîjanam, «feci nascere, generai», da janaya-, caus.
di jan-.

51
CARLO DELLA CASA

Osservazioni. Si noti il grado debolissimo della sillaba radicale in a-pa-pt-a-m, «caddi»,


da pat-; avocam (< *a-va-uc-a-m), «dissi», da vac-; asûßupam, «feci addormentare», da
svap-.

103. Aoristi sigmatici.


a) Esistono tre aoristi rispettivamente in -s-, -iß-, -siß-. I suffissi vengono
aggiunti alla radice variamente trattata1 e sono seguiti dalle desinenze personali
dell’imperfetto atematico. La 3a pl. P AR. è però sempre in -ur; la 2a e la 3a sing. P AR.
finiscono in -îs, -ît (o per l’inserzione di -î- davanti alla terminazione o per una sorta
di allungamento di compenso [*-iß-s > -îs; *-iß-t > -ît; *-siß-s > -sîs; *-siß-t > -sît],
esteso per analogia all’aoristo in -s-).

1. Aoristo in -s-.
nî-, «condurre»:
PARASMAIPADA:
1ª s. anaißam 1ª d. anaißva 1ª pl. anaißma
2ª s. anaißî¿ 2ª d. anaiߥam 2ª pl. anaiߥa
3ª s. anaißît 3ª d. anaiߥåm 3ª pl. anaißu¿
ÅTMANEPADA:
1ª s. aneßi 1ª d. aneßvahi 1ª pl. aneßmahi
2ª s. aneߥhå¿ 2ª d. aneßåthåm 2ª pl. ane∂hvam
3ª s. aneߥa 3ª d. aneßåtåm 3ª pl. aneßata

yuj-, «aggiogare»:
P AR.: s. ayaukßam, ayaukßî¿, etc.; pl. ayaukßma, ayaukta, ayaukßu¿;
Å TM.: s. ayukßi, ayukthå¿, etc.; pl. ayukßmahi, ayugdhvam, ayukßata;

k®-, «fare»:
P AR.: s. akårßam, akårßî¿, etc.; pl. akårßma, akårߥa, akårßu¿;
Å TM.: s. ak®ßi, ak®thå¿, ak®ta, etc.; pl. ak®ßmahi, ak®∂hvam, ak®ßata. 2

1
Il trattamento delle radici sostanzialmente è il seguente:
Aoristo in -s-: PAR.: v®ddhi; ÅTM.: gu±a per le radici uscenti in -î   ⁄-, -û⁄-, grado debole per le altre;
radici uscenti in -å- si riducono a -i-.
Aoristo in -iß-: PAR.: v®ddhi per le radici in vocale, gu±a per le altre; ÅTM.: gu±a per tutte.
Aoristo in -siß-: soltanto PAR.: grado pieno.

2
Vedi, per le varie forme, soprattutto 40   d, e, f, e ricorda che ak®thå¿, ak®ta e simili (per esempio
adithå¿, adita, «desti, diede») sono considerate da molti autori forme dell’aoristo medio radicale
(aumento + radice debole + desinenze), anticamente assai frequente.

52
CORSO DI SANSCRITO

2. Aoristo in -iß-.
Lû-, «tagliare»:
P AR.: s. alåvißam, alåvî¿, alåvît; d. alåvißva, etc.;
Å TM.: s. alavißi, alaviߥhå¿, etc.; pl. alavißmahi, alavi∂hvam, alavißata;
budh- «destarsi»:
P AR.: s. abodhißam, abodhî¿, abodhît, etc.;
Å TM.: s. abodhißi, abodhiߥhå¿, etc.; pl. abodhißmahi, abodhi∂hvam, abodhißata.1
3. Aoristo in -siß-. Soltanto attivo.
Yå-, «andare»: s. ayåsißam, ayåsî¿, ayåsît; etc.;
nam-, «inchinarsi»: s. anaµsißam, anaµsî¿; etc.

b) Esiste infine un aoristo in -sa-, suffisso che viene aggiunto al grado debole
della radice aumentata. È proprio soprattutto delle radici in -ß-, -ç-, -h-, che si fondono
con -sa- a formare -kßa- (41   c). Si flette come un imperfetto tematico, però all’Å TM. la
1a sing. termina in -i, la 2a e la 3a dua. terminano in -åthåm, -åtåm.
Es.: diç-, «mostrare»:

PARASMAIPADA:
1ª s. adikßam 1ª d. adikßåva 1ª pl. adikßåma
2ª s. adikßa¿ 2ª d. adikßatam 2ª pl. adikßata
3ª s. adikßat 3ª d. adikßatåm 3ª pl. adikßan

ÅTMANEPADA:
1ª s. adikßi 1ª d. adikßåvahi 1ª pl. adikßåmahi
2ª s. adikßathå¿ 2ª d. adikßåthåm 2ª pl. adikßadhvam
3ª s. adikßata 3ª d. adikßåtåm 3ª pl. adikßanta

104. L’ingiuntivo in sanscrito classico è l’aoristo senza aumento, usato con la


particella må per esprimere l’imperativo negativo.
Es.: må bhaißî¿, «non temere!», aor. in -s- di bhî-.

105. Precativo. È una sorta di ottativo formato attaccando -yås + desinenze dell’imperfetto
atematico al grado debole delle radici, con variazioni analoghe a quelle che si
registrano per la formazione del tema del passivo (111). L’uso è assai limitato, l’Å TM.
non si trova in sanscrito classico. Es.: bhû-: bhûyåsam, «possa io diventare», bhûyå¿,
bhûyåt (< *bhûyås-t, la dentale è restituita per analogia con l’ottativo atematico), etc.;
yaj-: ijyåsam, «possa io sacrificare»; kriyåsam, «possa io fare», da k®-.
1
Secondo i grammatici indiani nell’aoristo in -iß- sono ammesse anche le forme alavidhvam,
abodhidhvam.

53
CARLO DELLA CASA

3. Perfetto.

106. Esistono un perfetto raddoppiato e un perfetto perifrastico. Il primo, di gran lunga


più importante, ha forme forti (le tre persone del singolare attivo) e forme deboli (tutte
le altre).
Per il raddoppiamento valgono in generale le norme di 88 nota. Si osservi però:
a) le vocali interne -®  Ÿ-, -°- e il dittongo finale raddoppiano con -aŸ- (bh®-:
babh®-; gai- ovv. gå-, «cantare»: jagå-);
b) il dittongo interno raddoppia con la vocale al grado zero (sev-, «servire»:
sißev-);
c) aŸ-, å- iniziali di radice nel raddoppio diventano å- (ad-, «mangiare»: åd-;
åp-: åp-);
d) radici inizianti con ®  Ÿ- e con aŸ- seguita da due consonanti raddoppiano con
ån- (®dh-, «prosperare»: ån®dh-; añj-, «ungere»: ånañj-);
e) radici inizianti con i   Ÿ-, uŸ- raddoppiano con iy-, uv-, che nelle forme deboli
si fondono con l’iniziale a formare î-, û- (iß-, «desiderare»: iyeß-, îß-; uß-, «bruciare»:
uvoß-, ûß-);
f) le radici soggette a saµprasåra±a raddoppiano con la vocale al grado zero
(svap-, «dormire»: sußvap-, sußup-; vyadh-, «perforare»: vivyadh-, vividh-; vac-: uvac-,
ûc- [< *u-uc-]; yaj-:   iyaj-, îj- [< *i-ij-]).
Al tema vengono aggiunte le desinenze personali, alle quali, quando iniziano per
consonante, viene premessa una vocale congiuntiva -i- (salvo alcune radici che tuttavia
la mantengono sempre alla 3a pl. Å TM.). La 2a sing. P AR. talvolta può rifiutare la -i-
congiuntiva e spesso è considerata forma debole.

Desinenze attive Desinenze medie


sing. duale plur. sing. duale plur.
1ª -a -va -ma 1ª -e -vahe -mahe
2ª -tha -athur -a 2ª -se -åthe -dhve
3ª -a -atur -ur 3ª -e -åte -re

54
CORSO DI SANSCRITO

107. Vari tipi di flessione.


Forma forte = radice gu±ata (o talvolta v®ddhata) con raddoppiamento.
Forma debole = radice debole con raddoppiamento.

a) tud-, «battere».
P ARASMAIPADA Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª tutoda tutudiva tutudima 1ª tutude tutudivahe tutudimahe
2ª tutoditha tutudathu¿ tutuda 2ª tutudiße tutudåthe tutudidhve
3ª tutoda tutudatu¿ tutudu¿ 3ª tutude tutudåte tutudire

b) Radici con vocale interna lunga non hanno incremento.


Es.: jîv-, «vivere»: jijîva, jijîvitha, jijîva; jijîviva, jijîvathu¿, etc.
c) Radici con -aŸ- mediana e radici in vocale (esclusa -å-) hanno sempre la
v®ddhi nella 3a sing. P AR.; nella 1a sing. hanno a piacere il gu±a o la v®ddhi.
Es.: nî-: ninaya ovv. ninåya (< *nine-a ovv. < *ninai-a), ninayitha, ninåya; han-,
«uccidere»: jaghana ovv. jaghåna, jaghanitha, jaghåna, etc., jaghnu¿.
d) Alcune radici in -an-, -am- nella forma debole perdono -a-. Es. (oltre han-):
gam-:

sing. duale plur.


1ª jagama ovv. jagåma jagmiva jagmima
2ª jagamitha (jagantha) jagmathu¿ jagma
3ª jagåma jagmatu¿ jagmu¿

In realtà si tratta dell’esito normale, davanti a vocale, del grado zero della nasale
sonante indoeuropea (v. 4   a).
e) Alcune radici rifiutano la -i- congiuntiva.
Es.:   k®-:
P ARASMAIPADA Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª cakara (cakåra) cak®va cak®ma cakre cak®vahe cak®mahe
2ª cakartha cakrathu¿ cakra cak®ße cakråthe cak®dhve
3ª cakåra cakratu¿ cakru¿ cakre cakråte cakrire

Inoltre: çru-: s. çuçrava (çuçråva), çuçrotha, çuçråva; d. çuçruva, çuçruvathu¿ (36), etc.

f) Radici in -å- e in dittongo hanno -au alla la e 3a sing.; nel tema debole
perdono -å-.

55
CARLO DELLA CASA

Es.: dhå-, «porre»:

sing. duale plur.


1ª dadhau dadhiva dadhima
2ª dadhåtha (dadhitha) dadhathu¿ dadha
3ª dadhau dadhatu¿ dadhu¿

Inoltre gai-: jagau, jagåtha (jagitha), jagau; jagiva, etc.

g) Radici con -aŸ- mediano tra consonanti semplici di cui la prima è ripetuta
nel raddoppiamento (es.: pac-: papac-, ma non gam-: jagam-) formano il tema debole
con la radice semplice, sostituendo -a- con -e-.
Es.: tap-, «riscaldare»: tatap-, tep-.1 Si noti che la 2a sing. P AR., se ha la vocale
congiuntiva -i-, assume la forma debole.

P ARASMAIPADA   Å TMANEPADA
sing. duale plur. sing. duale plurale
1ª tatapa (tatåpa) tepiva tepima tepe tepivahe tepimahe
2ª tataptha (tepitha) tepathu¿ tepa tepiße tepåthe tepidhve
3ª tatåpa tepatu¿ tepu¿ tepe tepåte tepire

Osservazioni. Si trovano tuttavia bheje da bhaj-, «partecipare, distribuire», e reju¿, da


råj-, «risplendere».

h) Si noti infine che molte radici in -®   Ÿ- preceduta da due consonanti e le radici
in -°- hanno nella forma debole sempre il grado pieno (es.: sm®-, «ricordarsi»: sasmara
ovv. sasmåra, sasmarima, sasmaru¿) e che radici in -î  Ÿ- dopo più consonanti e radici
in -û ⁄- sempre sdoppiano -î  ⁄-, -û ⁄- in -iy-, -uv- davanti a desinenza vocalica (cfr. 36).
Es.: krî-, «comprare»: cikriyu¿; çru-: çuçruvu¿; stu-, «lodare»: tuߥuvu¿; ma ci-,
«raccogliere»: cicyu¿.

108. Particolarità.
Vac-, «parlare»: uvaca (uvåca), uvacitha (uvaktha), uvåca; ûciva, ûcathu¿, ûcatu¿;
ûcima, ûca, ûcu¿; Å TM.: ûce, ûciße, etc., ûcire.
Vid-, «sapere», non ha raddoppiamento e ha valore di presente: veda, vettha, veda;
1
Per capire l’origine di questi perfetti a vocalismo -e-, si pensi ad es. alla rad. sad-, «sedersi», la
cui forma debole raddoppiata è *sasd- (con caduta della -a- interna, come pat-: papt-, gam-: jagm-),
che diventa sed- (as- davanti a sonora talvolta diventa in sandhi interno non soltanto -o- ma anche
-e-, cfr. edhi, 87   b), o alla rad. yam-, «raffrenare», la cui forma debole raddoppiata è yem- < *ya-im-
(con saµprasåra±a non attestato altrimenti per questa radice). L’alternanza sasad- / sed-, yayam- /
yem- condusse a ipotizzarne una analoga tatap- / tep- etc., ossia fu estesa a radici analoghe solo
formalmente a quelle dove il mutamento era giustificato da ragioni fonetiche.

56
CORSO DI SANSCRITO

vidva, vidathu¿, vidatu¿; vidma, vida, vidu¿.


Bhû- ha raddoppiamento particolare e non distingue tra forme forti e forme deboli:
babhûva, babhûvitha, babhûva; babhûviva, babhûvathu¿, babhûvatu¿; babhûvima,
babhûva, babhûvu¿.
Ah-, «dire», ha soltanto alcune forme: åha, åttha, åha; åhathu¿, åhatu¿; åhu¿.
Ji-, «vincere», fa jigaya (jigåya), jigayitha, etc., jigyu¿.
Jajñe può essere il perf. Åtmanepada sia di jñå-, «conoscere», sia di jan-, «nascere»
(al P AR. si avrà jajñau da jñå-, jajåna da jan-).

109. Participio del perfetto.


a) Part. perf. attivo = forma debole del perf. + -vas- (-ivas- se la forma debole è
monosillabica).
Es.: k®-: cak®vas-, «che ha fatto»; pac-: pecivas-, «che ha cotto»; nî-: ninîvas-, «che ha
condotto».1 Si noti vidvas-, «che sa», da vid-.
b) Part. perf. medio = forma debole del perf. + -åna-.
Es.: tud-: tutudåna-, «che ha battuto»; k®-: cakrå±a-, «che ha fatto per sé»; tap-:
tepåna-, «che ha fatto penitenza» (propr. «che s’è riscaldato»).

110. Perfetto perifrastico.


Il perfetto perifrastico, proprio soprattutto dei causativi, si forma aggiungendo -åm alla
radice o, per i verbi derivati, al tema del presente e facendo seguire il perf. attivo di
k®-, as-, bhû- e il perfetto medio di k®-.
Es.: ikß-, «vedere»: ikßåm cakara, cakre, babhûva, åsa, «io vidi»; k®- (causativo):
kårayåm åsa, åsitha, åsa; åsiva, åsathu¿ åsatu¿; åsima, åsa, åsu¿, «io feci fare, tu
facesti fare, etc».

IV. Le coniugazioni derivate.


111. Passivo
Tema del passivo = radice debole + -ya-.
Al tema del passivo vengono attaccate le desinenze dell’Åtman. tematico, così da
formare il presente, l’imperfetto, l’imperativo, l’ottativo e il participio. ı, uŸ finali
s’allungano; å, ai finali assai spesso diventano î; ® Ÿ
  finale dopo consonante semplice
diventa ri; ®  Ÿ finale dopo doppia consonante diventa ar; ° finale diventa îr, dopo
labiale diventa ûr. Si noti il saµprasåra±a nelle radici interessate.
Es.: ji-: jîyate, «è vinto»; çru-: açrûyata, «era udito»; då-: dîyate, «è dato» (ma
jñåyate, «è conosciuto», da jñå-); k®-: kriyatåm, «sia fatto»; sm®-: smaryate, «è
ricordato»; k°-: kîryate, «è sparso»; p°-: pûryate, «è riempito»; vac-: ucyatåm, «si
dica!».

1
Per la flessione cfr. 64. Es.: pecivåµs-, pecivat-, pecuß- (la vocale congiuntiva -i- cade nel tema
debolissimo). Femm.: cakrußî-, pecußî-, ninyußî-.

57
CARLO DELLA CASA

Si notino çißyate da çås-, «comandare, punire», e çayyate, «si giace», da çî-.


I verbi della X classe e i causativi perdono -aya-. Es.: cur-, «rubare»: tema pres.
coraya-, tema pass. corya-; k®-: tema caus. kåraya-, tema pass. caus. kårya- (kåryate,
«è fatto fare»).
Singolare del sistema del presente del passivo di dviß-, «odiare».

Presente Imperfetto Ottativo Imperativo


1ª dvißye advißye dvißyeya dvißyai
2ª dvißyase advißyathå¿ dvißyethå¿ dvißyasva
3ª dvißyate advißyata dvißyeta dvißyatåm

Part. pres. pass.: dvißyamå±a-.

Al futuro, all’aoristo e al perfetto l’Å TM. supplisce la forma passiva.


Es.: cakre, «fece per sé» ovv. «fu fatto».
Esistono alcune 3e sing. dell’aoristo passivo, formate aggiungendo -i- alla radice
aumentata e variamente trattata.
Es.: adarçi, «fu visto», da d®ç-; akari, «fu fatto», da k®-; adami, «fu domato», da
dam-.

112. Causativo
Il causativo indica che l’azione espressa dal verbo originario è «fatta fare».
Tema del causativo = radice gu±ata o v®ddhata + -aya-.
Le radici in vocale e talvolta le radici con -aŸ- interno seguito da una sola consonante
hanno la v®ddhi; le radici con vocale interna lunga non subiscono cambiamenti; le
radici con vocale interna breve hanno il gu±a; le radici in -å- aggiungono -paya-
anziché -aya-.
Per il sistema del presente la coniugazione, così come per i desiderativi, gli intensivi e
i denominativi, è identica a quella dei verbi della coniugazione tematica (83). Si
ricordi che il causativo al futuro mantiene -ay- (97), al passivo perde -aya- (111) e ha
il perfetto perifrastico (110). Rari gli aoristi, per lo più raddoppiati (102).
Es.: k®-: kåraya-, «far fare»; pat-: påtaya-, «far cadere»; bhû-: bhåvaya-, «far essere,
produrre»; i-: åyaya-, «far andare»; nî-: nåyaya-, «far condurre»;  jîv-: jîvaya-, «vivificare»
(anche jîvåpaya-); vid-: vedaya-, «far sapere, informare»; jñå-: jñåpaya- (anche jñapaya-),
«far conoscere». Si notino: gam-: gamaya-, «far andare»; jan-: janaya-, «far nascere»;
®-: arpaya-, «far andare»; adhi-i-: adhyåpaya-, «far studiare, insegnare»; ruh-: ropaya-,
«far crescere»; p°-: pûraya-, «riempire».

58
CORSO DI SANSCRITO

Terze pers. sing. del caus. di bhû-: bhåvaya-, «produrre»:


Sistema del presente: P AR.: bhåvayati, abhåvayat, bhåvayet, bhåvayatu; part. bhåvayat-.
Å TM.:  bhåvayate, abhåvayata, bhåvayeta, bhåvayatåm; part. bhåvayamåna-.
Futuro: bhåvayißyati, bhåvayißyate; part. bhåvayißyat-, bhåvayißyamå±a-.
Perfetto: bhåvayåµ cakåra, «creò», bhåvayåµ cakre, «fu creato».
Aoristo: abîbhavat.
Passivo: bhåvyate, abhåvyata, bhåvyeta, bhåvyatåm; part. bhåvyamåna-.

113. Desiderativo.
Tema del desiderativo = radice raddoppiata + -sa- (-ißa-).
La vocale del raddoppio è i, ovvero u se la radice contiene û⁄ originaria o secondaria;
¥ , uŸ finali s’allungano; ® diventa îr (dopo labiale diventa ûr).
Es.: på-: pipåsati, «desidera bere»; çru-: çuçrûßati, «desidera ascoltare, obbedisce»; k®-:
cikîrßamå±a-, «desideroso di fare»; m®-: mumûrßati, «desidera, sta per morire». Si
notino ditsati, dhitsati,1 lipsati, îpsati, rispettivamente da då-, dhå-, labh-, åp-, jigh®kßati,
da grah- (11).
Alcune forme di desiderativo sono diventate radici autonome. Così da muc-, «liberare»,
mokßate, «desidera d’essere liberato», con valore passivo; da bhaj-, «partecipare, aver
parte», bhikßati, «desidera d’aver parte, chiede l’elemosina»; da han-, «uccidere»,
hiµs-, «id.».

114. Intensivo
Tema dell’intensivo = raddoppio rafforzato della radice + -ya-.
Per lo più è solo Åtmanepada.
Es.: bhû-: bobhûyate, «continua a essere»; pac-: påpacyate, «cuoce ripetutamente».
Osservazioni. Esiste anche una seconda forma d’intensivo, che aggiunge le desinenze
atematiche P AR. alla radice gu±ata con raddoppio rafforzato (talvolta s’inserisce una -î-
congiuntiva). Es.: vid-: vevetti o vevedîti; lup-, «confondere»: lolopîti, «rende assai
perplesso»; bhû-: bobhoti o bobhavîti (< *bobho-î-ti), «è abitualmente».

115. Denominativo
Tema del denominativo = temi nominali + -ya-.
Il denominativo significa «essere come, fare, desiderare» la cosa indicata dal nome, la
finale del cui tema può subire alcune modificazioni.
Es.: amitrayati, «si comporta come un nemico (amitra-)»; cirayati, «indugia (ciram, “a
lungo”)»; namasyati, «rende onoranza (namas-)»; tapasyati, «pratica l’ascesi (tapas-)»;
putråyate, «si comporta come un figlio»; putrîyati, «desidera un figlio»; citråyate,
«diventa variegato (citra-)»; k®ß±åyati, «rende nero (k®ß±a-)».

1
Då-, dhå- perdono la vocale della radice: *did-sati, *didh-sati > dhitsati (11).

59
CARLO DELLA CASA

V. Le forme nominali del verbo.

116. Del participio attivo e medio del presente, del futuro e del perfetto già s’è detto
che si formano aggiungendo ai temi del presente e del futuro i suffissi -t- (-nt-),
-måna- (-at- 1 [-ant-], -åna- aggiunti al grado debole della radice per la coniugazione
atematica) e i suffissi -vas- (-ivas-), -åna- al tema debole del perfetto (cfr. 81, 97,
109). Il participio del passivo aggiunge -måna- al tema del passivo.
Es.: bh®-: bharat-, bharamå±a-; bharißyat-, bharißyamå±a-; babh®vas-, babhrå±a-;
bhriyamå±a-; caus.: bhårayat-, bhårayamå±a-; bhårayißyat-, bhårayißyamå±a-,
bhåryamå±a-.

117. Participi passati passivi.


a) 1ª FORMA . Tema del p.p.p. = radice debole + -ta- (-ita-).
I causativi perdono -aya- e aggiungono sempre la vocale congiuntiva -i-. Le radici
interessate hanno il saµprasåra±a. Si ricordino i §§. 35, 37, 39, 40   a, 40   d.
Es.:
k®-: k®ta-, caus. kårita-; k°-: caus. kårita-; d®ç-: d®ß¥a-;
pat-: patita-, caus. påtita-; prach-: p®ß¥a-; budh-: buddha-;
bhû-: bhûta-, caus. bhåvita-; yaj-: iߥa-; yuj-: yukta-;
labh-: labdha-; lih-: lî∂ha-; vac-: ukta-;
s®j-: s®ß¥a-.
Si notino:
gam-: gata-; gå- (gai-): gîta-; grah-: g®hîta-;
jan-: jåta-; då-: datta-; dhå-: hita-;
på-: pîta-; çram-: çrånta- (cfr. 4   a-d);
sthå-: sthita-.
b) 2ª FORMA . Tema del p.p.p. = radice debole + -na-.
Talvolta la vocale della radice s’allunga; sempre dn > nn, jn > gn.
Es.: lû-: lûna-; hå-: hîna-, «lasciato, privo» (hî- è allungamento di hi-, a sua volta
forma debole di hå-); bhid-: bhinna-; sad-: sanna-; bhañj-: bhagna- (< *bhajna- <
*bhnΩjna-). Si ricordino kîr±a- da k°-, e pûr±a- da p°- (37).
Il significato del p.p.p. è passivo per i verbi transitivi, attivo per i verbi intransitivi e
molto spesso sostituisce un modo esplicito. Es.: gardabho hata¿, «l’asino fu ucciso»;
Råmo nagaraµ gata¿, «Råma andò in città»; gha¥o bhagna¿, «la pentola andò in
frantumi».
118. Participio passato attivo.
Tema del p.p.a. = tema del p.p.p. + -vat- (-vant-).
Per la flessione v. 60   a. Anche questa voce può avere valore esplicito.
Es.: cintita-, «pensato»: cintitavat-, «che ha pensato, pensò».

1
I verbi della III classe hanno sempre la forma debole (cfr. 88).

60
CORSO DI SANSCRITO

119. Gerundivo o participio futuro passivo.


Tema = rad. gu±ata o v®ddhata + -ya-, -tavya- (-itavya-), -anîya-.
-Tavya- e -anîya- s’attaccano alla radice gu±ata; -ya- a radici v®ddhate, gu±ate e
deboli; alcune radici in vocale possono attaccare -tya- alla forma debole. Il significato
è simile a quello del gerundivo latino in -ndus.
Es.: k®-: kartavya-, kara±îya-, kårya-, k®tya-, «da farsi»; bhû-: bhavitavya-, «destinato
a essere»; ji-: jetavya- ovv. jeya-, «destinato a essere vinto»; çru-: çrava±îya- ovv.
çrutya-, «da ascoltarsi»; vac-: våcya-; i-: itya-, «eundum»; d®ç-: d®çya-, «da vedersi,
degno d’esser visto»; vadh-: vadhya-, «da uccidersi». Si notino: deya-, «che deve
essere dato», da då-, e dheya-, «che deve essere posto», da dhå-.

120. Infinito.
Radice gu±ata + -tum (-itum).
I causativi mantengono -ay- e hanno sempre la vocale congiuntiva -i-. Es.: k®-:
kartum; nî-: netum; bhid-: bhettum; bhû-: bhavitum; pat-: patitum; vac-: vaktum; caus.
di sthå-: sthåpayitum. Da notarsi: d®ç-: draߥum (col gu±a ‘rovesciato’); t°-: tarîtum;
grah-: grahîtum.

121. Gerundio.
a) VERBI SEMPLICI = radice debole + -två (-itvå). La forma della radice è quella
che compare al p.p.p.; i causativi hanno sempre la -i- congiuntiva.
Es.: nî-: nîtvå; pat-: patitvå; sthå-: sthitvå, caus. sthåpayitvå; vac-: uktvå; gam-: gatvå.
Si notino g®hîtvå e dattvå.
b) VERBI COMPOSTI = radice debole + -ya (-tya per i verbi in vocale breve).
Es.: pradå-: pradåya; satk®-, «essere ospitale»: satk®tya; pravac-, «informare»: procya
(< *pra-ucya). Nihan-, «uccidere», e ågam-, «venire», hanno sia nihanya e ågamya,
sia nihatya e ågatya (< *ni-hnΩ - e *å-gmΩ-). I causativi dei verbi composti perdono
la caratteristica della coniugazione, che viene mantenuta soltanto se la sillaba radicale
è breve: vibhåvya, caus. di vi-bhû-, «apparire», ma saµgamay-ya, «avendo fatto
venire», caus. di saµ-gam-.
Il gerundio, che può riferirsi sia al soggetto grammaticale sia a quello logico, indica
azione che precede quella della frase principale, ed è di uso assai frequente.
Es.: mantribhir militvå Damayantî vijñaptå: «dai ministri, dopo che si furono radunati,
Damayantî fu informata».

61
CARLO DELLA CASA

PARTE QUARTA

GLI INDECLINABILI

122. Avverbi.
Già s’è detto (45) che il neutro Acc. s. degli aggettivi serve come avverbio: ciram, «a
lungo», sådhu, «bene», bhûyas, «più». Acc., Strum., anche Abl. e Loc. (più raramente
Gen. e Dat.) di nomi e aggettivi adempiono alla stessa funzione.
Es.: tatsamayam, «contemporaneamente» (lett. «in concomitanza con ciò»); vißådena,
«disperatamente»; balåt, «forzatamente»; dûre, «lontano»; dûråt, «da lontano»; arthåya,
«allo scopo di»; cirasya, «dopo lungo tempo».
Esistono poi avverbi con forma propria (es.: punar, «di nuovo», muhur, «ripetutamente»)
e infine avverbi prodotti con suffissi, attaccati al tema di nomi, aggettivi, pronomi,
numerali. I più frequenti suffissi avverbiali sono:
-tas, che sostituisce la forma dell’Abl.,
-tra, che forma avverbi di luogo,
-thå, che forma avverbi di modo,
-då, che forma avverbi di tempo,
-vat, «come».
Es.:
sarvatas, «da ogni parte» yatas, «donde»
sarvatra, «dovunque» yatra, «dove»
sarvathå, «comunque» yathå, «come»
sarvadå, «sempre» yadå, «quando»
amaravat, «come un immortale».
Cfr. anche i §§ 79 (avverbi numerali) e 135 (composti avverbiali).

123. Preposizioni e postposizioni.


La massima parte delle preposizioni viene usata nella composizione verbale (127)
salvo å, «da», con Abl., e prati, «verso», anu, «dietro, dopo», che precedono o
seguono l’Acc. Altre locuzioni precedono o seguono il complemento che servono a
meglio specificare. Tra le più frequenti sono: agre (Gen.), «davanti»; antar (Gen.,
Loc.), «fra»; upari (Gen.), «sopra»; paçcåt (Gen.), «dietro»; prabh®ti (Abl.), «a partire
da»; bahis (Abl.), «fuori»; vinå (Acc., Abl., Strum.), «senza»; samam, sahå, sårdham
(Strum.), «insieme con».

124. Congiunzioni.
a) Le congiunzioni coordinanti uniscono tra loro complementi e frasi. Esistono
congiunzioni copulative (ca, «e», api, «pure» [entrambe posposte]; atha, «poi»; aparam,
kiµ ca, «inoltre»), distributive (vå ... vå, «oppure»), avversative (tu, param, «ma,
invece»; kiµ tu, paraµ tu, «eppure»), conclusive (hi, «infatti»; vai, «invero»; tasmåt,
«perciò»).

62
CORSO DI SANSCRITO

Assai frequente è iti, «così», già ricordata (42). È posposta alla frase e indica che la
frase stessa è un discorso diretto. Si trova con verba dicendi et sentiendi, talvolta
sottintesi.
Es.: så brûhîti pitrå saµcoditå, «essa fu spronata dal padre con le parole “parla!”»;
vane toyam iti prådhavat, «credendo che nella foresta ci fosse l’acqua (lett.: “[pensando]
‘nella foresta c’è l’acqua’ ”), corse avanti».
b) Hanno funzione di congiunzioni subordinanti e introducono le proposizioni
dipendenti molti avverbi, formati sulla base del pronome relativo (eccettuato ced < ca
id, «se»). Essi hanno spesso un correlativo, formato sulla base del pronome dimostrativo,
nella frase principale, che quasi sempre vien dietro alla proposizione subordinata.
Molto frequenti sono: yadå, «quando», yåvat, «mentre, finché», yatas, «da quando»,
yad, «poiché», anche = «quod» dichiarativo, yathå, «come, cosicché», yadi, ced, «se»,
yady api, «sebbene», yena, «affinché», che hanno come correlativi tadå, tåvat, tatas,
tad, tathå.
Es. yåvac ca saµbandhino na paråpatanti tåvad vatsayå Målatyå nagaradevatåg®ham
avighnamaºgalåya gantavyam, «e mentre i parenti non sono [ancora] arrivati, allora la
cara Målatî deve recarsi al tempio della città per [implorare] una felicità senza
ostacoli»; yathå svåmî jågarti tathå mayå kartavyam, «io devo fare cosicché il signore
si svegli».

125. Esistono infine particelle che possono riferirsi a una sola parola (aham eva,
«proprio io», cora iva, «come un ladro») o introdurre una frase (khalu, kila, nåma,
«certamente») e interiezioni (aho, «olà», hanta, «suvvia», dhik, indicante disprezzo), le
quali ultime non rispettano le regole del sandhi (cfr. 21).

63
CARLO DELLA CASA

PARTE QUINTA

FORMAZIONE DELLE PAROLE, COMPOSIZIONE NOMINALE


I. Formazione delle parole.

126. Generalità.
Secondo i grammatici indiani, teoricamente tutti i temi nominali (esclusi alcuni
risalenti a onomatopee o di origine dravidica o austroasiatica1) derivano, così come i
temi verbali e le forme nominali del verbo, da radici verbali, munite o no di prefissi.
Talvolta il tema nominale è uguale alla radice (dviß-, «nemico»; °sp®ç-, «che tocca»);
più spesso si forma attaccando alla radice, che può naturalmente essere soggetta a
fenomeni d’apofonia, i suffissi. Questi possono essere primari o secondari, a seconda
che s’attacchino direttamente alla radice, formando così derivati primari, ovvero a temi
nominali a lor volta derivati (derivati secondari). Grazie al gioco dei prefissi e dei
suffissi gran numero di temi nominali può derivare da una stessa radice. Per es. dalla
rad. vid-, «sapere», si avranno ved-a-, «scienza», vaid-ya-, «saggio», nir-ved-ana-,
«informazione», vid-yå-, «conoscenza», a-vid-yå-, «ignoranza», dur-vida-, «difficile a
sapersi», vet-t®-, «conoscitore», vettr-î-, «conoscitrice», etc., etc.

127. I prefissi modificano talvolta profondamente il significato della radice verbale e


dei temi nominali, di fronte ai quali seguono le regole del sandhi esterno (con qualche
eccezione riguardante la cerebralizzazione di s e di n2). I prefissi più comuni sono:

ati: «oltre»: ati-kram-, «oltrepassare» (kram-, «camminare»);


ati-guru-, «assai pesante»;
adhi: «sopra»: adhi-ߥhå- (!), «star sopra, predominare»;
anu: «dietro»: anv-i-, «seguire» (i-, «andare»);
antar: «dentro, fra»: antar-dhå-, «frapporre»;
apa: «ab»: apa-nî-, «portar via»;
abhi: «verso»: abhi-dru-, «correre verso»;
ava: «in basso»: ava-t°-, «discendere» (t°-, «passare»);
å: «verso»: å-gam-, «venire» (gam-, «andare»);
å-då-, «ricevere» (då-, «dare»);

1
Per es.: ulûka-, «gufo», dundubhi-, «tamburo», kåla-, «nero», nîra-, «acqua», heramba-, «bufalo»,
mataºga-, «elefante», tåmbûla-, «betel».

2
Come anche nella composizione (130), davanti a sorde gutturali e labiali -is-, -us- finali diventano
-iß-, -uß-; -as- finale rimane immutata.
Es.: niß-patati, «vola via»; dhanuß-på±i-, «che tiene in mano l’arco»; duß-kara-, «difficile a farsi»;
namas-k®-, «onorare». Cfr. anche 41   d. Si noti infine che k®- dopo prefisso sam- diventa -sk®-:
saµsk®ta-, «perfetto, compiuto».

64
CORSO DI SANSCRITO

ud: «verso l’alto»: ut-pat-, «alzarsi in volo» (pat-, «cadere, volare»);


upa: «presso, verso»: upa-sad-, «avvicinarsi con rispetto» (sad-, «sedersi»);
ni: «in basso»: ni-pat-, «cadere in basso»;
nis: «fuori»: niß-kram- (!), «uscire»;
nir-vah-, «portar fuori»;
parå: «via, sopra»: parå-ji-, «sconfiggere»;
parå-bhû-, «scomparire»;
pari: «intorno»: pari-gam-, «andar attorno, circondare»;
pari-±î- (!), «condurre attorno al fuoco, sposare»;
pra: «in avanti»: pra-bhû-, «venir fuori, sorgere, primeggiare»;
prati: «verso, di rimando»: prati-bhåß-, «rispondere» (bhåß-, «parlare»);
vi: «separatamente»: vi-yuj-, «disgiungere» (yuj-, «congiungere»);
vi-krî-, «vendere» (krî-, «comprare»);
vi-veka-, «conoscenza distintiva»;
sam: «insieme»: saµ-gam-, «convenire».

I prefissi possono essere anche più d’uno: sam-upa-viç-, «entrare insieme». Alle radici
as-, bhû-, k®- possono essere prefissi alcuni avverbi (es.: alaµ-k®-, «adornare»; åviß-k®-     (!),
«rendere visibile»; åvir-bhû-, «apparire»), e anche sostantivi e aggettivi. In tale ultimo
caso -a- finale diventa -î-, -i- ed -u- s’allungano e il significato è «diventare» ovvero
«rendere» ciò che il sostantivo o l’aggettivo indicano.
Es.: namas-k®-, «onorare»; avyayî-bhû-, «diventare indeclinabile»; çucî-k®-, «purificare»
(rispettivamente da avyaya- e çuci-). Si ricordino infine i prefissi a- (an- davanti a
vocale), indicante privazione o opposizione, ku- e dus-, indicanti difficoltà o cattiva
qualità, sa-, indicante unione, su-, indicante «buono, bene», che son posti davanti a
sostantivi e aggettivi, raramente davanti a verbi. Es.: an-anta-, «infinito»; ku-karman-,
«cattiva azione»; dur-jana-, «malvagio»; sa-kala-, «con [tutte] le parti»; su-jåta-, «ben
nato, nobile»; anche duç-carati, «si comporta male».

128. Derivati primari.


Sono derivati primari alcuni participi,1 i gerundivi, i comparativi e superlativi della II
forma, di cui già s’è parlato. Gli altri derivati primari possono dividersi in due grandi
categorie:

a) NOMI D’AGENTE
b) NOMI D’AZIONE, con qualche tendenza ad assumere significato d’agente.

a) Il principale suffisso d’agente è -t®- (-it®-), che s’attacca alla radice gu±ata e
forma sostantivi maschili. Es.: kart®-, «fattore»; yokt®-, «aggiogatore»; çrot®-,
«ascoltatore»; janit®-, «genitore».

1
Si tratta dei part. PAR. e ÅTM. del presente atematico, del part. del perfetto, del p.p.p. Gli altri
participi sono derivati dai temi verbali e non dalla radice.

65
CARLO DELLA CASA

b) I principali suffissi d’azione sono:


-a-: s’attacca alla rad. gu±ata e produce sostantivi maschili.
Es.: ved-a-, «scienza»; yog-a-, «aggiogamento»; bhav-a-, «esistenza».
-ana-,  -as-, -tra-, -man-: s’attaccano alla rad. gu±ata e producono sostantivi neutri.
Es.: vac-ana-, «discorso»; man-ana-, «il pensare»; nay-ana-, «il condurre» e poi
«conduttore» ossia «occhio»; nam-as-, «omaggio»; çrav-as-, «rinomanza»; çro-tra-,
«udizione» e poi «organo dell’udito»; vart-man-, «cammino» (da v®t-, «volgersi»
delle ruote di un carro); jan-man-, «nascita».
-ti-: s’attacca al grado zero della radice e forma sostantivi femm.
Es.: k®-ti-, «azione»; ma-ti- (< *mnfl -ti-), «opinione»; ga-ti- (< *gmfl -ti-),
«movimento, destinazione, meta».

129. Derivati secondari.


I più frequenti suffissi che permettono di formare derivati secondari, sostantivi e
aggettivi, sono: -a-, -å-, -ika-, -in-, -î-, -îya-, -ka-, -tå-, -tva-, -mat-, -ya-, -vat-, -vin-;
inoltre -tara-, -tama-, suffissi della I forma di comparativo e superlativo. Se il tema
del derivato primario finisce in vocale, questa per lo più cade davanti a suffissi
inizianti per vocale. Spesso la vocale della sillaba iniziale e la vocale finale subiscono
incremento di fronte al suffisso.
Es.: daiv-a- (< deva-), «divino»; dauhitr-a- (< duhit®-), «figlio della figlia»; kånt-å-
(< kånta-), «cara»; putr-ika- (< putra-), «figlioletto»; kar-in- (< kara-), «dotato di
mano, elefante»; dev-î- (< deva-), «dea»; pårvat-îya- (< parvata-), «montagnoso»;
anta-ka- (< anta-), «finale» ovv. «che dà la fine, Morte»; v®kßa-ka- (< v®kßa-),
«alberello»; tanu-tå- (< tanu-), «leggerezza»; am®ta-tva- (< am®ta-), «immortalità»;
dhanuß-mat- (dhanus-), «dotato di arco»; vaid-ya- (< veda-), «saggio, medico»;
bhågine-ya- (< bhaginî-), «figlio della sorella»; nabhas-vat- (< nabhas-), «nuvoloso»;
manas-vin- (< manas-), «dotato d’intelletto».
Osservazioni.
1. Ricorda che nella formazione delle parole si applicano le regole del sandhi
interno.
2. Particolarmente ricca è la produzione di sostantivi e aggettivi femminili,
ottenuti aggiungendo -å- ovv. -î-, al tema del maschile, che, quando termina in -a-,
perde la vocale finale.
Es.: bålå- < båla-, «fanciulla»; nårî- < nara-, «donna»; gurvî- < guru-, «gravis»;
kartrî- < kart®-, «fattrice»; bharantî- < bharat-, «che porta» (ma kurvatî- < kurvat-, v.
60); balinî- < balin-, «forte»; balavatî- < balavat-, «forte»; çunî- < çvan-, «cagna»;
råjñî- < råjan-, «regina»; vidußî- < vidvas-, «che sa». Si noti che nel caso di temi
biformi o triformi il suffisso del femminile s’attacca alla forma debole o debolissima.

66
CORSO DI SANSCRITO

II. Composizione nominale.

130. Generalità.
Il sanscrito ha sviluppato grandemente la possibilità di fondere in un solo composto
due o più vocaboli, esprimendo attraverso la composizione nominale relazioni in altre
lingue espresse per mezzo dei casi, delle preposizioni o addirittura delle frasi dipendenti.
Nei composti tutti i membri, eccettuato l’ultimo, appaiono nella forma del tema e
possono pertanto indicare o sostituire sia un singolare sia un plurale. I temi biformi
assumono la forma debole; quelli triformi la forma media; i pronomi personali
appaiono nelle forme indicate al § 69, Osservazioni; gli altri pronomi assumono la
forma del neutro. I composti, escluso lo dvandva, sono sempre costituiti di due
membri; ogni membro a sua volta può essere un composto (es.: [deva- råja]-[sama-dyuti]-,
«avente splendore simile a [quello del] re degli dei»). Valgono per i composti le
regole del sandhi esterno, salvo alcune eccezioni di non grande rilievo. 1 I nomi
assegnati dai grammatici indiani alle varie categorie di composti sono usati dai
glottologi per indicare fenomeni analoghi nelle altre lingue.

131. Dvandva, «coppia».


Composti copulativi, costituiti di due o più sostantivi (più raramente di due o più
aggettivi), declinati, secondo il genere dell’ultimo membro, al plurale, al duale (quando
le persone o le cose indicate sono due) o anche al neutro singolare collettivo.
Es.: putra-pautrå¿, «figli e nipoti»; manußya-deva-råkßaså¿, «uomini, dei, demoni»;
suta-bhårye, «figlio e moglie»; priya-satya-, «piacevole e veritiero»; d®ß¥a-naߥa-,
«veduto e scomparso, scomparso non appena veduto»; sukha-du¿kham, «felicità e
infelicità»; bhûta-bhavyam, «il passato e il futuro».
Osservazioni. Se il primo membro è nome di parentela in -®-, va al Nom.
Es.: måtå-pitarau, «i genitori»; pitå-putrau, «padre e figlio».

132. Tatpurußa, «servo di lui».


Composti determinativi, costituiti di due sostantivi o di un sostantivo e di un aggettivo. Il
primo membro determina il secondo, dal quale dipende: sciogliendo il composto si vedrà
che il primo membro ha il valore di uno dei casi, esclusi Nom. e Voc.; soprattutto ha il
valore di Gen. come nell’esempio che dà il nome alla classe di composti.
Es.:
Acc.: gråma-gata- (gråmaµ gata-), «giunto al villaggio»;
Str.: ahi-daߥa- (ahinå daߥa-), «morso dal serpente»,
deva-datta- (devena d.), «dato dal dio»;

1
I temi in generale rimangono immutati, cfr. però § 127, n. 2. Inoltre nel primo membro -n- finale
cade sempre, mahat- diventa mahå- e nella finale del composto tende a prevalere la flessione in -aŸ-.
Es.: råja-putra- (< råjan-), mahå-råja-, «grande re», jala-ruha- (< °ruh-), «nato nell’acqua», uro-ga-
(uras-gam-), «che va sul petto, serpente».

67
CARLO DELLA CASA

Dat.: kar±a-sukha- (kar±åya s.), «gioia per le orecchie»;


Abl.: svarga-patita- (svargåt p.), «caduto dal cielo»,
v®ka-bhaya- (v®kåt bh.), «paura proveniente dal lupo»;
Gen.: senå-pati- (senåyå¿ p.), «signore dell’esercito»,
nara-çreߥha- (narå±åµ ç.), «ottimo fra gli uomini»,
açva-kovida- (açvånåµ k.), «esperto di cavalli»;
Loc.: saµgarånta- (saµgare anta-), «morte in battaglia».

Osservazioni.
a) Poiché il primo membro è in stato tematico, può sostituire tutti i generi e
numeri. Es.: ari-darçanam, «la vista del nemico, dei nemici, dei due nemici»;
tad-artham (Acc. avv.), «a favore di lui, di lei, di loro, di ciò, di queste cose, etc».
b) Talvolta il primo membro è declinato. Es.: ariµ-damana-, «conquistatore dei
nemici»; Yudhi-ߥhira-, «saldo in battaglia», nome proprio.
c) Ogni radice può essere secondo membro di composto: se finisce in vocale
breve s’aggiunge -t-, -å- finale viene abbreviata, -n- finale si perde (si tende cioè a
privilegiare la flessione in -aŸ-).
Es.: veda-vid-, «conoscitore del Veda»; loka-k®t- (°k®-), «creatore del mondo»; satya-jit-
(°ji-), «vincitore per mezzo della verità»; sarva-jña- (°jñå-), «onnisciente»; kula-ja-
(°jan-), «nato in nobile famiglia».
d) Viçeßa-, m., «particolarità, specialità», come secondo membro di tatpurußa
significa «eccellente»; antara-, n., «differenza», significa «altro». Es.: bråhma±a-viçeßa-,
«un brahmano eccellente»; deçåntara-, n., «un altro paese».

133. Karmadhåraya, «che qualifica l’oggetto».


Composti determinativi, con valore di aggettivo o di sostantivo a seconda del membro
finale, nei quali il primo membro qualifica il secondo, facendo in genere le funzioni di
attributo o di apposizione.
Esistono vari tipi:
a) aggettivo (o avverbio) + sostantivo: mahå-råja-, «grande re», su-jana-, «uomo
buono», duß-karman-, «cattiva azione», a-dharma-, «ingiustizia»;
b) sostantivo + aggettivo (il primo membro è termine di paragone per il
secondo: megha-çyåma-, «nero come la nube», prå±a-priya-, «caro come la vita»);
c) sostantivo + sostantivo (i due membri sono paragonati fra loro: nara-vyåghra-,
«uomo simile a tigre», råja-rßi-, «asceta che è un re», megha-dûta-, «nube che è come
un messaggero»);
d) aggettivo (o avverbio) + aggettivo: nava-baddha-, «appena legato, legato da
poco», prathama-ja-, «nato per il primo», punar-ukta-, «ripetuto», a-k®ta-, «non fatto»,
parama-vigna-, «sommamente agitato».

Osservazioni.
1. Si notino pitåmaha- e måtåmaha-, «avo paterno e materno» e i composti con
pûrva-, nei quali l’aggettivo occupa, contro il solito, l’ultima posizione.

68
CORSO DI SANSCRITO

Es.: a-d®ß¥a-pûrva-, «non mai visto prima».


2. Se il primo membro è un numerale il composto prende il nome di dvigu.
Es.: triloka-, n., o trilokî-, f., «i tre mondi»; catur-yuga-, «le quattro ere cosmiche».

134. Bahuvrîhi, «che possiede molto riso».


Composti possessivi, riferentisi e concordanti con un altro nome, al quale vengono
attribuite le qualità espresse dal composto (cfr. lat. magnanimus, gr. rJodo-davktuloı).
Sono formati da aggettivo + sostantivo, da sostantivo + sostantivo, da avverbio +
sostantivo. Il secondo membro perde il suo genere, abbreviando la -å- finale se si tratta
di femminile e aggiungendo talvolta -ka-. Il bahuvrîhi è quindi un aggettivo e come
tale vien declinato.
Es.: nîla-ka±¥ha-, «avente gola azzurra»; alpa-vidya-, «che ha scarsa scienza»; gatåyus-,
«che ha la vita andata via, morto»; gagana-gati-, «che ha il cammino nell’aria,
volatile»; su-manas-, «benevolo» (Nom. m. s. °ås, 58, Oss.); dur-bala-, «debole»;
a-praja-, «senza prole»; m®ta-bhart®ka-, «cui è morto il marito»; [nyak-k®ta]-[tad-vacas]-,
«che ha disprezzato le parole di lui».

Osservazioni.
a) Ådi-, «principio», usato come secondo membro di bahuvrîhi esprime il
concetto di «eccetera»; måtra-, «misura», esprime il concetto di «solamente».
Es.: Indrådaya¿ devå¿, «gli dei aventi come principio Indra, Indra e gli altri dei»;
hastyaçvådi-, «[lista] avente come inizio elefanti e cavalli, elef., cav. etc.»; jala-mûla-
måtre±a vartayati, «vive con la misura di acqua e radici, soltanto di ac. e rad.».
b) In generale tutti i composti determinativi possono diventare bahuvrîhi.
Es.: Viß±u-rûpam, «l’aspetto di Viß±u», °rûpa¿, -å, -am, «avente l’aspetto di Viß±u»;
pråpta-kåla¿, «il tempo opportuno», °kåla¿, -å, -am, «per il quale il tempo opportuno
è venuto, tempestivo»; kamala-netram, «occhio di ninfea», °netra¿, -å, -am, «avente
gli occhi di ninfea».
c) Si notino: da±∂a-på±i-, «avente la mano [munita] con lo scettro, con lo
scettro in mano»; açru-mukha-, «con il volto lacrimoso».
d) Frequenti i composti con il tema dell’infinito: tyaktu-kåma-, «avente desiderio
d’abbandonare»; vaktu-kåma-, «con il pensiero di dire».
e) Naturalmente il bahuvrîhi, come ogni aggettivo, può essere sostantivato
(ßa¥-pada-, «avente sei piedi, ape»; su-h®d-, «avente buon cuore, amico») o usato al
neutro avverbialmente (mukta-ka±¥ham, «a gola libera, a gola piena»).

135. Avyayîbhåva, «stato indeclinabile».


Composti avverbiali indeclinabili, che i grammatici indiani annoverano in una classe
speciale, aventi un indeclinabile come primo membro e foggiati all’Acc. n. s.
Es.: sa-tvaram, «frettolosamente»; å-mûlam, «dalle radici»; prati-dinam, «ogni giorno»;
yathå-kåmam, «secondo il desiderio»; yåvaj-jîvanam, «per tutta la vita».

69
CARLO DELLA CASA

ESERCIZI

LA SCRITTURA DEVANÅGAR¡

BRANI SCELTI

70
CORSO DI SANSCRITO

ESERCIZI

I
Temi in -aŸ-; 1ª coniugazione: presente.
1. sukheneha1 g®he vasåma¿. 2. yatra dhûmas tatra påvaka¿.2 3. yathå v®kßas tathå
phalam. 4. yadå varßati tadå t®±åni3 sasyåni ca rohanti. 5. phalaµ v®kßåt patati.
6. lobha¿ påpasya kåra±am.3 7. du¿khåny api4 phalam ånayanti. 8. iߥå api pa±∂itå
någacchanti. 9. apy açvån icchasi. 10. du¿khåyaiva mitrå±åm3 idånîµ Råmasya darçanam.3
11. sarvam atimåtraµ doßåya. 12. Varu±o durjanebhya¿3 kupyati. 13. k®taµ vacanair,
gato ’vasara iti 5 vißådena1 vadata¿. 14. parvateßu vartante m®gå¿.
15. udyamena hi sidhyanti kåryå±i 3 na manorathai¿
na hi suptasya siµhasya praviçanti mukhe 6 m®gå¿.

II
Temi in -å-; imperfetto.
l. Gaºgå samudraµ7 dravati. 2. vinaya¿ paraµ jåyåyå bhûßa±am. 3. yadå janå Gaºgåyåµ
jîvitaµ tyajanti tadå svargaµ7 gacchanti. 4. jarå rûpaµ harati. 5. putrasya çokåd Daçaratho
n®po jîvitaµ paryatyajat. 6. çißyau g®hasthasya bhåryåµ bhikßåm ayåcetåm. 7. bubhukßayå
pî∂ita¿ ç®gålo vanån nagaram adhåvat. 8. bålå atra kiµ8 sukhaµ paçyatheti çißyån åcåryo
vadati. 9 cittaµ duߥaµ tîrthasnåne9 na çudhyati çataço ’pi jalair dhautam.
10. vaidyaråja9 namas10 tubhyaµ11 Yamaråjasahodara12
Yamas tu harati prå±ån vaidya¿ prå±ån dhanåni ca.
11. na paçyåmo mukhe daµß¥råµ na påçaµ vå karåñcale13
uttamar±am avekßyaiva14 tathåpy udvijate mana¿.10

1
Lo Str. ha spesso valore avverbiale.
2
Il verbo «essere» (bhavati, bhavanti) è spesso sottinteso.
3
Cfr. 41   b.
4
Api posposta alla parola cui si riferisce ha valore connettivo o concessivo («anche, pure»); in
principio di frase denota invece un’interrogazione.
5
Iti segna la fine del discorso diretto e corrisponde alle nostre virgolette di chiusura o al nostro
«così [disse]».
6
Loc. di moto a luogo circoscritto.
7
Acc. di moto a luogo.
8
Pron.-agg. interrogativo n. sing.: «quid? quod?».
9
Composto tatpurußa (es. deva-putra-, «figlio di dio o degli dèi»).
10
Nom. n. sing. in -as.
11
«Tibi».
12
Tatpurußa di cui il primo membro, Yamaråja-, è un karmadhåraya.
13
Vedi alla nota 9, supra.
14
Avekßya: gerundio di ava-îkß-, «vedere».

71
CARLO DELLA CASA

III
Temi in -î  ⁄-, -ûŸ-; ottativo.
1. våyor balena tarava¿ kampante. 2. dharme±a hînå¿1 paçubhi¿ samånå¿. 3. arayo
janånåµ vasûni haranti. 4. çåntim icchanti sådhava¿. 5. ra±e n®pasya senayårayo jitå¿.
6. nadîdånîµ gabhîråsti. 7.            n årya¿ piçåcikå iva haranti h®dayåni mugdhånåm.
8. dåsyo ’nnam ånayan. 9. devîr devåµç ca pûjayanti månußå¿. 10. nagaryå g®heßu
dhenavo nåtiߥhan.
11. açraddhayå k®tå pûjå dånaµ yajñas tapo2 vratam
sarvaµ nißphalatåµ yåti pußpaµ vandhyataror 3 iva.
12. ajaråmaravat4 pråjño vidyåm arthaµ ca cintayet
g®hîta5 iva keçeßu m®tyunå dharmam åcaret.
13. rahasyabhedaµ paiçunyaµ paradoßånukîrtanam6
pårußyaµ kalahaµ caiva sådhava¿ parivarjeyu¿.
14. våsav®kße7 samågamya8 vigacchanti yathå±∂ajå¿
niyataµ viprayogåntas9 tathå bhûtasamågama¿.

IV
Temi in -î-, -û-, -®-; imperativo.
1. Lakßmî¿ çriyaµ yußmabhyaµ10 yacchatu. 2. durjaneßv api må påpå dhiyaç cintayasva
kadåcana. 3. bhûpataya¿ sarvadå prajå dharme±a rakßantu. 4. kauliko n®pasya duhitaraµ
parya±ayat. 5. m®taµ bhartåraµ sådhvî bhåryånugacchati. 6. bhartrå bhåryåtvåd bhåryå-
çabda¿.
7. anukûlå sadå tuߥå dakßå sådhvî vicakßa±å
ebhir11 eva gu±air yuktå çrîr iva strî na saµçaya¿.
8. dårå¿ putreßu ratå¿ putrå¿ pit®dhanaparigrahavyagrå¿
rodanaçara±å jananî paralokagatasya ko12 bandhu¿.

1
Hîna-, «privo di», con Str.
2
Nom. n. s.
3
Karmadhåraya.
4
Ajara-amara-: dvandva; -vat, i.f.c.: «come».
5
P.p.p. di grah-.
6
Tatpurußa, di cui il primo membro è un altro tatpurußa (= anukîrtanaµ doßå±åµ parå±åm).
7
Karmadhåraya.
8
Gerundio di sam-å-gam-.
9
Bahuvrîhi, nel quale i due membri sono paragonati fra loro: «avente come conclusione la
separazione».
10
Dat. pl.: «a voi».
11
Str. pl. di etad-, «questo».
12
Pron.-agg. interr. Nom. m. sing.: «chi? quale?».

72
CORSO DI SANSCRITO

9. kiµ dåtur akhilair doßai¿1 kiµ lubdhasyåkhilair gu±ai¿


na lobhåd adhiko doßo na dånåd adhiko gu±a¿.
10. asthiraµ jîvitaµ loke asthire dhanayauvane
asthirå¿ putradåråç ca dharma¿ kîrtir dvayaµ sthiram.
11. tyaja hiµsåµ kuru2 dayåµ bhaja dharmaµ sanåtanam
svadehenåpi sattvånåµ vidhehy3 upak®tiµ tathå.
12. ahiµsrasya tapo4 ’kßayyam ahiµsro yajate sadå
ahiµsra¿ sarvabhûtånåµ yathå måtå yathå pitå.
13. bålye pitur vaçe tiߥhet på±igråhasya yauvane
putrå±åµ bhartari prete5 na bhajet strî svatantratåm.

V
Composti e ricapitolazione.
1. aribalaµ vihatavidhvastaµ6 strîbålahåryaçastraµ 7 vartate. 2. jîvane kartåra eva8 sukham
adhigacchanti. 3. andhasya n®pate¿ k®pa±e duhitarau vyapadyetåm. 4. tîvre±a du¿khena
v®ddhåyå nåryå netråbhyåm açrû±i dravanti. 5. cåravo latå¿ surabhî±i kusumåni codyåne
rohanti.
6. na kasya9 kurvanti 10 çamopadeçaµ svapnopamåni11 priyasaµgatåni
jarånipîtåni ca yauvanåni k®tåntadaߥåni ca jîvitåni.
7. bhårye dve12 bahava¿ putrå dåridryaµ rogasaµbhava¿
jîr±au ca måtåpitaråv ekaikaµ narakådhikam.
8. yadi na syån13 narapati¿ saµyaºnetå tata¿ prajå
akar±adhårå14 jaladhau viplaveteha naur iva.

1
Kim (Nom. n. sing.) con Str.: «che cosa con?»; ossia: «che cosa importa di?».
2
2a sing. imperat. PAR. di k®-.
3 a
2 sing. imperat. PAR. di vi-dhå-.
4
Nom. n. sing.
5
Loc. assoluto.
6
Dvandva di due aggettivi.
7
      [(strî-båla)-hårya]-[çastram]: bahuvrîhi di un karmadhåraya, in cui il primo membro è un
tatpurußa, del quale il primo membro (che sostituisce uno Str.) è uno dvandva.
8
Eva ha valore enfatico: «soltanto, proprio».
9
«A chi?», Gen. con valore di Dat. latino.
10 a
3 pl. pres. indic. di k®-.
11
Bahuvrîhi.
12
«Due», Nom. f. du.
13 a
3 sing. ottativo di as-.
14
Bahuvrîhi con a- privativo.

73
CARLO DELLA CASA

VI
Temi in consonante.
1. yathå cittaµ tathå våco yathå våcas tathå kriyå¿. 2. t®±aµ brahmavida¿ svargas t®±aµ
çûrasya jîvitam. 3. außadhaµ na gatåyußåm.1 4. suh®d åpadi durlabha¿.
5. îçvaro jagato nirmåtå. 6. pakßi±åµ dhûrto2 våyaso daµß¥ri±åµ tu ç®gåla¿.
7. bråhma±o måghamåse saumyånile3 pravåti meghåcchådite gagane mandaµ mandaµ
varßati Parjanye4 paçuprårthanårthaµ gråmåntaraµ gata¿.
8. jitendriyasya n®pater nîtimårgånusåri±a¿
bhavanti jvalitå lakßmya¿ kîrtayaç ca nabha¿sp®ça¿.
9. apriyai¿ saha saµvåsa¿ priyaiç cåpi vinåbhava¿
asadbhi¿ saµprayogaç ca tad5 du¿khaµ cirajîvinåm.
10. Agnir devo dvijåtînåµ munînåµ h®di daivatam
pratimåsv alpabuddhînåµ sarvatra samadarçina¿.
11. guruµ hatvå 6 divaµ yånti t®±aµ chittvå 7 patanty adha¿
balinåµ durbalånåµ ca çrutayo ’pi dvidhå sthitå¿.
12. apakåraparå±åm apy upakurvanti sådhava¿
chindantam api v®kßa¿ svacchåyayå kiµ8 na rakßati.

VII
Temi in consonante.
1. jåtasya dhruvo m®tyur dhruvaµ janma m®tasya ca. 2. na råjånaµ vinå råjyaµ balavatsv
api mantrißu.
3. buddhimantaµ k®taprajñaµ çuçrûßum anasûyakam
dåntaµ jitendriyaµ cåpi çoko na sp®çate naram.
4. pa¥hato nåsti mûrkhatvaµ japato nåsti påtakam
maunina¿ kalaho nåsti na bhayaµ cåsti jågrata¿.
5. nirgu±eßv api sattveßu dayåµ kurvanti sådhava¿
na hi saµharate jyotsnåµ candraç ca±∂ålaveçmana¿.

1
Bahuvrîhi.
2
Positivo con valore di superlativo relativo.
3
Karmadhåraya.
4
Si notino i tre Loc. assoluti susseguentisi.
5
Nom. n. sing. di tat-, «questo».
6
Gerundio di han-.
7
Gerundio di chid-.
8
Kim, neutro avv., introduce un’interrogazione: «forse che?».

74
CORSO DI SANSCRITO

6. apak®tya1 buddhimato dûrastho ’smîti nåçvaset2


dîrghau buddhimato båhû yåbhyåµ3 hiµsati hiµsita¿.
7. na jåtu kåma¿ kåmånåm upabhogena çåmyati
havißå k®ß±avartmeva4 bhûya evåbhivardhate.
8. pûrve vayasi karmå±i k®två påpåni ye5 narå¿
paçcåd Gaºgåµ nißevante te ’pi yånty uttamåµ gatim.
9. tîvrai¿ prayatnair vividhair avåptå¿
kßa±ena ye6 nåçam iha prayånti
svapnopabhogapratimeßu teßu
kåmeßu kasyåtmavato7 rati¿ syåt.

VIII
Temi in consonante; temi anomali.
1. yathå v®kßasya saµpußpitasya dûråd gandho våti evaµ pu±yasya karma±o dûråd gandho
våti. 2. çuna¿ puccham iva vyarthaµ jîvitaµ vidyayå vinå. 3. çriyå striyo haranti
puµsåµ manåµsi ca cakßûµßi ca. 4. sûryasya tejaså saµtapta¿ pånthaç chåyåm åçrayate.
5. çunå vå jålena vå jîvadbhyo bhûtebhyo ’bhidruhya¯l lubdhako dharmaµ vyatyeti.8
6. avidvåµç caiva vidvåµç ca bråhma±o daivataµ mahat.
7. sravanti na nivartante srotåµsi saritåm iva
åyur ådåya martyånåµ råtryahåni puna¿ puna¿.
8. jaråm®tyû hi bhûtånåµ khåditårau v®kåv iva
balinåµ durbalånåµ ca hrasvånåµ mahatåm api.
9. nindantu nîtinipu±å yadi vå stuvantu9
lakßmî¿ samåviçatu gacchatu vå yatheߥam
adyaiva vå mara±am astu10 yugåntare vå
nyåyyåt patha¿ pravicalanti padaµ11 na dhîrå¿.

1
Gerundio di apa-k®-.
2
3a sing. senza soggetto; traduci «l’uomo deve» opp. «bisogna». Iti indica che quanto precede è
parola o pensiero del soggetto del verbum dicendi o sentiendi della principale.
3
Str. du. del pronome relativo, riferito a båhû.
4
K®ß±avartmå (bahuvrîhi) iva.
5
Ye narå¿ ... te: «qui homines ... isti», con prolessi della relativa e attrazione in essa del soggetto
della principale.
6
Ye ... teßu kåmeßu: «in his voluptatibus ... quae (ye)»: prolessi della relativa.
7
Kasya åtmavata¿: «per chi mai, che sia åtmavat-?».
8 a
3 sing. pres. ind. di vy-ati-i-, II classe.
9 a
3 pl. imperat. PAR. di stu-. Si noti lo sdoppiamento di -u- in -uv- (cfr. 36).
10 a
3 sing. imperat. PAR. di as-.
11
Acc. di misura: «neppure di un passo».

75
CARLO DELLA CASA

IX
Comparativi e superlativi; passivo.
1. priyå¿ suh®da¿ priyatarau pitarau priyatamaµ satyam. 2. a±o¿ paramåtmå bhavaty
a±îyån mahato ’pi mahîyån. 3. våyor naleßu vå±yå¿ svådîyasyå våcå kavi¿ kanyåyå
vadati.1 4. ådityaç candramaso na prathîyån paraµ tu çocîyobhî raçmibhir upeta¿. 5.
ahiµsåsådhuhiµseti2 çreyån3 dharmaparigraha¿.
6. hasadbhir yat4 k®taµ karma kalußaµ kalußåtmabhi¿
etat pari±ate kåle kroçadbhir anubhûyate.
7. çåntitulyaµ tapo nåsti na saµtoßåt paraµ5 sukham
na t®ß±åyå¿ paro5 vyådhir na ca dharmo dayåpara¿.
8. råjñi dharmi±i dharmiߥhå¿ påpe påpå¿ same samå¿
råjånam anuvartante yathå råjå tathå prajå¿.
9. sarpa¿ krûra¿ khala¿ krûra¿ sarpåt krûratara¿ khala¿
mantraußadhivaça¿ sarpa¿ khala¿ kena6 nivåryate. 7
10. adeçastho hi ripu±å svalpakenåpi hanyate
gråho ’lpîyån api jale gajendram api karßati.

X
Pronomi.
1. nîrasåny 8 api rocante na¿ karpåsasya phalåni. 2. bhagavån asmåkaµ pitå so ’smabhyaµ
jîvanaµ yacchati vipado ’smån rakßati suptån asmån pålayati ca.
3. te putrå ye pitur bhaktå¿ sa pitå yas tu poßaka¿
tan mitraµ yatra viçvåsa¿ så bhåryå yatra nirv®ti¿.
4. yasya bhåryå g®he nåsti sådhvî ca priyavådinî
ara±yaµ tena gantavyaµ9 yathåra±yaµ tathå g®ham.
5. varße varße ’çvamedhena yo yajeta çataµ samå¿
måµsåni ca na khåded yas tayo¿ pu±yaphalaµ samam.

1
Costr.: kavir vadati kanyåyå (Gen. con valore di Dat. latino) våcå svådîyasyå vå±yå våyor naleßu.
2
Asådhu-hiµså = asådhûnåµ (Gen. oggettivo) hiµså: «violenza contro i malvagi».
3
Comparativo assoluto.
4
Yat ... etat ...: «quod ... hoc ...».
5
«Superiore a» con Abl., come i comparativi.
6
Str. sing. m. di kim-.
7 a
3 sing. pass. del causativo di ni-v®-.
8
Cfr. § 34.
9
Costruzione: gantavyam ara±yaµ (Acc. di moto a l.) tena yasya g®he nåsti bhåryå etc.

76
CORSO DI SANSCRITO

6. viçeßyasya hi yal liºgaµ vibhaktivacane ca ye


tåni sarvå±i yojyåni viçeßa±apadeßv api.
7. yasmåd a±v api bhûtånåµ dvijån1 notpadyate bhayam
tasya dehåd vimuktasya bhayaµ nåsti kutaçcana.
8. vidvajjano vigatabhîr vividhe ’pi deçe
vidyåbalåkrama±abhîtasamastaloka¿2
svasthånavat sa khalu sarvata eva pûjyo3
vyåghrasya kiµ nijavane parakånane vå.
9. tîrthåni dîrghådhvapariçramå±i4 bahuvyayåni4 kratu∂ambarå±i
tapåµsi muktvå5 tanuçoßa±åni4 hiµsåviråme ramatåµ matir va¿.

XI
Pronomi.
1. kiµ nu khalu båle ’sminn aurasa iva putre snihyati me h®dayam.
2. sa jåto yena jåtena yåti vaµça¿ samunnatim
parivartini saµsåre m®ta¿ ko vå na jåyate.
3. chinnamûle hy adhiߥhåne sarve tajjîvino hatå¿
kathaµ nu çåkhås tiߥheraµç chinnamûle vanaspatau.
4. dadhati6 tåvad amî vißayå¿ sukham
sphurati yåvad iyaµ h®di mû∂hatå
manasi tattvavidåµ tu vivecake
kva vißayå¿ kva sukhaµ kva parigraha¿.
5. var±åçramåcåram akurvato janån anyåyaceߥån n®patis tu da±∂ayet
neme careyur hi kukarma da±∂itå dagdho bi∂ålo na mahånasaµ viçet.
6. kiµ tayå kriyate dhenvå yå na sûte na dugdhadå
ko ’rtha¿ putre±a jåtena yo na vidvån na bhaktimån.
7. dånådidharma¿ kriyate dhanena dhanena dhanyå dhanam åpnuvanti7
dhanair vinå kåmakathåpi nåsti trivargamûlaµ dhanam eva nånyat.

1
Dvijåt è attratto nella relativa e concorda pertanto con yasmåt. Senza attrazione dovrebbe
concordare con tasya. Si ricordi poi che bhî- e derivati reggono l’Abl. della persona o della cosa da
cui proviene il timore e che il Gen. bhûtånåm ha il valore, già osservato, di Dat. latino.
2
Bahuvrîhi. La delucidazione dei commentari indigeni potrebbe essere la seguente: yasya vidyåyå
balasya câkrama±ena bhîta¿ samastaloko ’sti, sa¿ (vidvajjana¿).
3
Gerundivo di pûj-.
4
Composti bahuvrîhi.
5
Gerundio di muc-.
6 a
3 plur. pres. ind. PAR. di dhå-.
7 a
3 plur. pres. ind. PAR. di åp-.

77
CARLO DELLA CASA

8. anyad uptaµ jåtam anyad ity1 etan nopapadyate


upyate yad dhi yad2 bîjaµ tat tad eva prarohati.

XII
Ricapitolazione.
1. k®pa±ena samo dåtå3 na kaçcid bhuvi vidyate
asp®çann eva vittåni ya¿ parebhya¿ prayacchati.
2. aka±¥hasya ka±¥he kathaµ pußpamålå
vinå nåsikåyå¿ kathaµ dhûpagandha¿
akar±asya kar±e kathaµ gîtan®tyam
apådasya påde kathaµ me pra±åma¿.
3. Çivåkhyayå Viß±vabhidhånato4 vå sak®t tu saµkîrtita eva deve
samastapåpåni layaµ prayånti kim asti kumbho hi d®∂ho gadåyå¿.5
4. gaccha gacchasi cet 6 kånta panthåna¿ santu te çivå¿
mamåpi janma tatraiva bhûyåd7 yatra gato bhavån.
5. nave vayasi ya¿ çånta¿ sa çånta iti me mati¿
dhåtußu kßîyamå±eßu çånti¿ kasya na jåyate.
6. rûpasya hantrî vyasanaµ balasya çokasya yonir nidhanaµ ratînåm
nåça¿ sm®tînåµ ripur indriyå±åm eßå jarå nåma yayaißa bhagna¿.
7. yåm åråddhuµ8 na ga±itam idaµ jîvitaµ vå dhanaµ vå
yasyå¿ prîtir manasi kalitå jyåyasî mokßato ’pi
saivedånîµ vayasi calite saµprahî±e ca vitte
tûlåyåpi Tripurahara måµ manyate9 naiva bhåryå.

XIII
Numerali.
1. yathå dhenusahasreßu vatso vindati måtaram
tathå pûrvak®taµ karma kartåram anugacchati.

1
Iti come al solito conclude il discorso diretto: «questa affermazione (ossia aliud satum, aliud
natum)».
2
Il pronome relativo ripetuto equivale a quisquis.
3
Trad.: «donatore (= generoso) come» con Str.
4
Si noti la variatio tra Str. e formazione con il suffisso -tas per esprimere la stessa relazione.
5
Gen. con valore di Dat. latino («relativamente a, nei confronti di»).
6
L’indicativo mostra che si tratta di decisione irrevocabile: «se vuoi andare».
7
Precativo di bhû- (cfr. § 105).
8
Infinito di å-rådh-.
9
Man- + Dat.: «considerare simile a», con intento spregiativo.

78
CORSO DI SANSCRITO

2. ekonå1 viµçatir nårya¿ krî∂åµ kartuµ vane gatå¿


viµçatir g®ham åyåtå¿ çeßo vyåghre±a bhakßita¿.
3. lålayet 2 pañca varßå±i daça varßå±i tå∂ayet
pråpte tu ßo∂açe varße putraµ mitravad åcaret.
4. ßa¥kar±o bhidyate mantraç catußkar±a¿ sthiro bhavet
dvikar±asya tu mantrasya Brahmåpy antaµ na gacchati.
5. sûkara uvåca:3
daça vyåghrå jitå¿ pûrvaµ sapta siµhås trayo gajå¿
paçyantu devatå¿ sarvå adya yuddhaµ tvayå saha.
siµha uvåca:
gaccha sûkara bhadraµ te brûhi 4 siµho mayå jita¿
pa±∂itå eva jånanti siµhasûkarayor balam.
6. m®tyor bibheßi 5 kiµ båla na sa bhîtaµ vimuñcati
adya våbdaçatånte vå m®tyur vai prå±inåµ dhruva¿.

XIV
Forme nominali del verbo.
1. yayå naiva pußpå±i bh®tåni kathaµ saußadhi¿ phalåni bh®tavatî. 2. bho råjañ chatrûñ
jitvå råkßasåµç cåpahatya svån eva rågån apahantum åtmånaµ caiva jetum arhasi. 3.
apriyå±y api kurvå±o ya¿ priya¿ priya eva sa¿. 4. duritån muñca deva namaskurvata¿. 5.
bhagavatå Buddhena paramaµ satyaµ veditam iti bauddhå vadanti; nåstikena Buddhenån®tåny
uktåni bahûnîti bråhma±å¿. 6. viçråntena bhavatå mamånyasminn anåyåse karma±i sahåyena
bhavitavyam.6
7. yuktiyuktam upådeyaµ vacanaµ bålakåd api
vidußåpi sadå gråhyaµ v®ddhåd api na durvaca¿.
8. na çakyo våyur åkåçe påçair banddhuµ manojava¿7
dîpyamånasya våpy agner grahîtuµ vimalå¿ çikhå¿.
9. atithir yasya8 bhagnåço9 g®håt pratinivartate
sa dattvå dußk®taµ tasmai pu±yam ådåya gacchati.

1
Gioco di parole: eka-ûnå o eko nå.
2
Causativo di lal-.
3 a
3 sing. perfetto PAR. di vac-.
4 a
2 sing. imperat. PAR. di brû-.
5 a
2 sing. indic. pres. PAR. di bhî-.
6
Bhavitavyaµ bhavatå: «da voi si deve essere», ossia «voi dovete essere». Il nome del predicato va
nello stesso caso del soggetto logico, ossia allo Str.
7
Bahuvrîhi.
8
Si riferisce a tasmai. Atithi¿, attratto nella relativa, è il soggetto della principale.
9
Bahuvrîhi.

79
CARLO DELLA CASA

10. tåvad bhayåt tu bhetavyaµ yåvad bhayam anågatam


ågataµ tu bhayaµ d®ß¥vå prahartavyam abhîtavat.

XV
Futuro.
1. yatra bhartå bhavißyati tatråhaµ ca gamißyåmi.
2. hato vå pråpsyasi svargaµ jitvå vå bhokßyase mahîm.
3. gantrî1 vasumatî nåçam udadhir daivatåni ca
phenaprakhya¿ kathaµ nåçaµ martyaloko na yåsyati.
4. måµ sa bhakßayitåmutra yasya måµsam ihådmy aham
etan måµsasya måµsatvaµ pravadanti manîßi±a¿.
5. kiµ karißyanti vaktåra¿ çrotå yatra na vidyate
nagnakßapa±ake deçe rajaka¿ kiµ karißyati.
6. iߥån bhogån hi vo devå dåsyante yajñabhåvitå¿2
tair dattån apradåyaibhyo yo bhuºkte3 stena eva sa¿.
7. yadi na pra±ayed råjå da±∂aµ da±∂yeßv atandrita¿
çûle matsyån ivåpakßyan durbalån balavattarå¿.
8. yena çuklîk®tå haµså¿ çukåç ca haritîk®tå¿
mayûråç citritå yena sa te v®ttiµ vidhåsyati.

XVI
Causativo e altre coniugazioni derivate.
1. da±∂ena taskarån bhåyaya. 2. råjñî putram ajanayat. 3. yo våyuµ våpayati nadîµ
våhayati tåråç cålayati v®kßån rohayati sa saµsårasya vipatsv adhvånaµ tvåµ darçayißyati.
4. yaµ devå vardhayitum icchanti taµ buddhyå yojayanti. 5. hreßamå±å açvås t®±aµ
bubhukßanti.
6. candråyate çuklarucåpi haµso haµsåyate cårugatena kåntå
kåntåyate sparçasukhena våri vårîyate svacchatayå vihåya¿.
7. na devå¿ çastram ådåya nighnanti4 ripuvat krudhå
yaµ tu hiµsitum icchanti buddhyå viçleßayanti tam.
8. alabdhaµ caiva lipseta labdhaµ rakßet prayatnata¿
rakßitaµ vardhayec caiva v®ddhaµ påtreßu nikßipet.

1
Il futuro perifrastico con il nomen agentis al femminile è molto raro.
2
P.p.p. del causativo di bhû-. Gli dei sono dunque tali per opera e volere del sacrificatore.
3
3a sing. indic. pres. ÅTM . di bhuj-.
4
3a plur. pres. indicativo PAR . di ni-han-.

80
CORSO DI SANSCRITO

9. prakåçayaty ahaµkåraµ pravartayati taskarån


protsåhayati dåyådå¯l lakßmî¿ kiµcid upasthitå.
10. adhyåpayanti çåstrå±i t®±îkurvanti pa±∂itån
vismårayanti jåtiµ svåµ varå¥å¿ pañcaßå¿ kare.
11. ak®två nijadeçasya rakßåµ yo vijigîßate
sa n®pa¿ paridhånena v®tamauli¿ pumån iva.

XVII
Forme nominali del verbo.
1. pathiko grîßmoßma±å saµtapta¿ kaµcin mårgasthaµ v®kßam åsådya tatraiva prasupta¿.
2. cakßußy andhe calati daçane çmaçru±i çvetamåne
sîdaty aºge manasi kaluße kampamåne karågre
dûtair etair dinakarabhuva¿ çaçvad udbodhyamånås
tråtuµ dehaµ tadapi bhißajåm eva såntvaµ vadåma¿.
3. svabhåvo nopadeçena çakyate kartum anyathå
sutaptam api pånîyaµ punar gacchati çîtatåm.
4. karma khalv iha kartavyaµ jåtenåmitrakarßa±a
akarmå±o hi jîvanti sthåvarå netare janå¿.
5. prårabhyate na khalu vighnabhayena nîcai¿
prårabhya vighnavihatå viramanti madhyå¿
vighnai¿ sahasragu±itair api hanyamånå¿
prårabdham uttamagu±å na parityajanti.
6. nåcchitvå paramarmå±i nåk®två karma dåru±am
nåhatvå matsyaghåtîva1 pråpnoti mahatîµ çriyam.
7. putro vå yadi vå bhråtå pitå vå yadi vå suh®t
arthasya vighnaµ kurvå±å hantavyå bhûtim icchatå.
8. çûnyaµ våsag®haµ vilokya çayanåd utthåya kiµcic chanair nidråvyåjam upågatasya
suciraµ nirvar±ya patyur mukhaµ viçrabdhaµ paricumbya jåtapulakåm ålokya ga±∂asthalîµ
lajjånamramukhî priye±a hasatå bålå ciraµ cumbitå.

XVIII
II coniugazione principale.
1. ko vetti kadå kasya m®tyukålo bhavißyati. 2. deçåntarastho dayitåviprayogaµ so∂huµ
na çaknomi. 3. yadi nityåni karmå±i kuryå na vipadyethå¿.
4. madhuparke ca yajñe ca pit®daivatakarma±i
atraiva paçavo hiµsyå nånyatrety abravîn Manu¿.

1
L’uccisore di pesci simboleggia colui che uccide chi non ha mai portato offesa.

81
CARLO DELLA CASA

5. kva yåma¿ kutra tiߥhåma¿ kiµ kurma¿ kiµ na kurmahe


råginaç cintayanty evaµ nîråga¿ sukham edhate.
6. ekaµ hanyån na vå hanyåd ißur mukto dhanußmatå
buddhir buddhimatots®ß¥å hanyåd råߥraµ saråjakam.
7. yåvata¿ kurute jantu¿ saµbandhån manasa¿ priyån
tåvanto ’sya nikhanyante h®daye çokaçaºkava¿.
8. manyate påpakaµ k®två na kaçcid vetti måm iti
vidanti cainaµ devåç ca yaç caivåntarapûrußa¿.
9. apy uß±abhåvaµ jvalana¿ prajahyåd
åpo dravatvaµ p®thivî sthiratvam
anekakalpåcitapu±yakarmå
na tv eva jahyåd vyavasåyam eßa¿. (eßa¿ = Buddha¿)
10. kåߥhaµ hi mathna¯l labhate hutåçaµ
bhûmiµ khanan vindati cåpi toyam
nirbandhina¿ kiµcana nåsty asådhyaµ
nyåyena yuktaµ ca k®taµ ca sarvam.1
11. jånåte yan na candrårkau jånate yan na yogina¿
jånîte yan na Bhargo ’pi taj jånåti kavi¿ svayam.
12. måteva rakßati piteva hite niyuºkte
kånteva cåbhiramayaty apanîya du¿kham
kîrtiµ ca dikßu vitanoti tanoti lakßmîµ
kiµ kiµ na sådhayati kalpalateva vidyå.
13. dehîti vaktukåmasya yad du¿kham upajåyate
dåtå cet tad vijånîyåd dadyåt svapiçitåny api.

XIX
Perfetto e aoristo.
1. yadå mantrî nijaµ nåmåçråvayat tadå ça¥hastenau kampitum årebhåte. 2. sainikå bahûñ
charåµç cikßipu¿ kiµ tu jetuµ na çeku¿. 3. adhîyåneßu putreßu måtå kûpaµ gatvå jalam
åninåya.
4. dûrågatena kuçalaµ p®ß¥å 2 novåca så mayå kiµcit
paryaçru±î tu nayane tasyå¿ kathayåµ babhûvatu¿ sarvam.

1
Nota l’uso di ca ... ca, che indica connessione immediata tra le azioni descritte, ossia: «ogni cosa,
unita al giusto metodo, necessariamente si compie».
2
Prach- regge il doppio Acc.

82
CORSO DI SANSCRITO

5. anyocchiߥeßu påtreßu1 bhuktvaiteßu mahîbhuja¿


kasmån na lajjåm avahañ chauce cintåµ na vå dadhu¿.

6. La vita e la moralità recuperate.


I. traya¿ Pråjåpatyå¿ Prajåpatau pitari brahmacaryam ûßur devå manußyå asurå¿. ußitvå
brahmacaryaµ devå ûcur bravîtu no bhavån iti. tebhyo haitad akßaram uvåca deti
vyajñåsiߥeti. vyajñåsißmeti hocur dåmyateti na åttheti. om ity uvåca vyajñåsiߥeti.
II. atha hainaµ manußyå ûcur bravîtu no bhavån iti. tebhyo haitad akßaram uvåca deti
vyajñåsiߥeti. vyajñåsißmeti hocur datteti na åttheti. om ity uvåca vyajñåsiߥeti.
III. atha hainam asurå ûcur bravîtu no bhavån iti. tebhyo haitad akßaram uvåca deti
vyajñåsiߥeti. vyajñåsißmeti hocur dayadhvam iti na åttheti. om ity uvåca vyajñåsiߥeti.
tad etad evaißå daivî våg anuvadati stanayitnur da da deti dåmyata datta dayadhvam iti.
tad etat trayaµ çikßed damaµ dånaµ dayåm iti.
(B®hadåra±yaka Upanißad, 5, 2).

XX
Ricapitolazione e frasi curiose.
1. va¥av®kßo2 mahån eßa mårgam åv®tya tiߥhati
tåvat tvayå na gantavyaµ yåvan nånyatra gacchati.
2. akhileßu vihaµgeßu hanta svacchandacårißu
çuka pañjarabandhas te madhurå±åµ giråµ phalam.
3. akßamålåpav®ttijñå kuçåsanaparigrahå
bråhmîva daurjanî saµsad vandanîyå samekhalå (ovv.: same khalå)3.
4. sendraµ svargaµ saçailåµ kßmåµ sanågendraµ rasåtalam
nirdagdhuµ hi kßa±enaiva viprå¿ çaktå¿ prakopitå¿.
5. yåvat svastham idaµ dehaµ yåvan m®tyuç ca dûrata¿
tåvad åtmahitaµ kuryåt prå±ånte kiµ karißyati.
6. tyaktvåtmasukhabhogecchåµ sarvasattvasukhaißi±a¿
bhavanti paradu¿khena sådhavo nityadu¿khitå¿.
7. åyu¿praçne dîrgham åyur våcyaµ mauhûrtikair janai¿
jîvanto bahu manyante m®tå¿ prakßyanti kaµ puna¿.

1
S’allude allo sfruttamento praticato da generazioni di sovrani, che hanno mangiato «nei piatti
aventi i resti [lasciati] da altri».
2
Per la comprensione del gioco di parole si ricordi lo scambio frequente fra v e b (va¥av = ba¥av) e
l’estensione al sandhi esterno d’un esito (av + ® < o + ®) usuale nel sandhi interno. Cfr. §§ 18 e 35.
3
L’assemblea dei brahmani è [(akßa-målå)-apav®tti]-jñå, (kuça-åsana)-parigrahå, sa-mekhalå; quella
dei malvagi è [(akßama-ålåpa)-v®tti]-jñå, (ku-çåsana)-parigrahå, same khalå.

83
CARLO DELLA CASA

LA SCRITTURA DEVANÅGAR¡

La devanågarî [lipi], «[scrittura] della città celeste», comprende quarantanove segni.

Vocali iniziali

a a A å ¤ i Ù î ¨ u ù û
Å ® Ë ° l® ¬
™ e ™e ai ao o aO au
Consonanti
GUTTURALI k ka " kha g ga Ÿ gha ∑ ºa
PALATALI c ca z cha j ja Z jha © ña
CEREBRALI $ ¥a * ¥ha Ú ∂a ¢ ∂ha , ±a
DENTALI t ta q tha d da ∂ dha n na
L ABIALI p pa f pha b ba @ bha m ma
SEMIVOCALI y ya r ra l la v va
SIBILANTI ç ça ß ßa s sa
ASPIRATA h ha

Ogni consonante s’intende appoggiata ad aŸ; la consonante semplice è indicata dal


viråma ( Ö k, c« c); l’appoggio a vocali diverse da aŸ e a dittonghi è indicato da un
sistema di segni posti a sinistra o a destra, sopra o sotto le consonanti citate.
Esempio::
k; kå ik ki kI kî ø ku ¿ kû
˜ k® ƒ k° ÿ k¬
ke ke kE kai ko ko kO kau

Altri segni  µ       µ    % ¯    : ¿
Esempio: kµ kaµ k% ka¯ k: ka¿

84
CORSO DI SANSCRITO

Si notino:
ë du ï dû D d® w ru W rû
≠ ç® à hu ` hû · h®

Si noti anche la grafia di r avanti e dietro consonante: rka   k,R pra   p£.
I gruppi consonantici sono espressi con le «legature». Queste mantengono gli elementi
caratteristici delle singole consonanti, che vengono giustapposte (togliendo alla prima
la linea verticale che la chiude a destra: Ps psa, Bd bda, Vy vya, fik ßka, Sk ska,
Sq stha) o sovrapposte (e allora cade la linea orizzontale che sovrasta la seconda: –
ߥa, — ߥha,  ºga, ã kka, ¡ kva, … ¥¥a, $◊ ¥va).
Talvolta la grafia delle singole consonanti subisce mutamenti profondi.

Prospetto delle legature più frequenti.


(S’osservino kßa, jña, tta, tra, ddha, çca).

ã kka, K" kkha, †_ kta, KTy ktya, †£_ ktra, KTv ktva, Kq ktha, ^ kna, Km
kma, Ky kya, º kra, k¬ kla, ¡ kva, x kßa, Xm kßma, Xy kßya, Xv kßva, “y
khya, "£ khra, Gd gda, G∂ gdha, Gn gna, G@ gbha, Gm gma, Gy gya, g£ gra, Gè
grya, Gl gla, Gv gva, ŸÑ ghna, ‚m ghma, ‚y ghya, Ÿ£ ghra, Õ ºka, | ºkta, Ã
ºkßa, œ ºkha,  ºga, À ºgha, Œ ºma;
˘ cca, Cz ccha, C‘ cchra, Cz◊ cchva, C© cña, Cm cma, Cy cya, z‰ chya, ‘
chra, ª jja, JJv jjva, JZ jjha, ~ jña, ˙y jñya, Jm jma, Jy jya, j£ jra, Jv
jva, § ñca, ñz ñcha, Ê ñja;
$Û ¥ka, ö ¥¥ha, $‰ ¥ya, *‰ ¥hya, *¶ ¥hra, í ∂ga, ó ∂∂ha, Ú‰ ∂ya, ô ∂hma, ¢‰
∂hya, ?$ ±¥a, ?* ±¥ha, ?Ú ±∂a, ?¢ ±∂ha, ?, ±±a, ?m ±ma, ?y ±ya, ?v ±va;
Tk tka, † tta, Ïy ttya, †£ ttra, Ïv ttva, Tq ttha, TQy tthya, Tn o t∏ tna, Tp tpa,
Tm tma, TMy tmya, Ty tya, } tra, ]y o Tè trya, Tv tva, Ts tsa, Ts∏ tsna, TSy
tsya, Ts£ tsra, Qy thya, ä dga, ä‰ dgya, ä    dgra, å dda, á ddra, É ddva, é
ddha, é» ddhna, Ô ddhya, ò dna, ê dba, ê‰ dbya, ≤ dbha, ≥ dbhya, ì
dma, ¥ dya, & dra, &‰ drya, √ dva, √‰ dvya, fln o ∂Ñ dhna, flm dhma, fly
dhya, ∂£ dhra, ∂  ◊ o flv dhva, Nt nta, NTy ntya, Nt£ ntra, Nq ntha, Nd nda, Ná
nddra, Né‰ nddhya, N& ndra, N∂ ndha, N∂£ ndhra, n∏ nna, Nm nma, Ny nya,

85
CARLO DELLA CASA

n£ nra, Nv nva, Ns nsa;


Pt pta, PTy ptya, Pn pna, Pm pma, Py pya, p£ pra, pı pla, Ps psa, Fy phya,
Bj bja, Bd bda, B∂ bdha, Bn bna, Bb bba, B@ bbha, By bya, b£ bra, #y
bhya, @£ bhra, Mn mna, Mp mpa, Mb mba, M@ mbha, My mya, m£ mra, Ml mla;
Yy yya, Yv yva, kR rka, jR rja, ∂R rdha, Lk lka, Ly lya, „ lla, Lv lva, Vy
vya, v£ vra;
Çc o = çca, < çna, Çy çya, + çra, Çè çrya, > çla, Çv o ± çva, ÇVy çvya, fik
ßka, fiº ßkra, – ߥa, –‰ ߥya, –¶ ߥra, –¶‰ ߥrya, – ◊ ߥva, — ߥha, —‰ ߥhya, fi,
ß±a, fi?y ß±ya, fip ßpa, fip£ ßpra, fim ßma, fiy ßya, fiv ßva, Sk ska, S" skha,
St sta, STy stya, S} stra, STv stva, Sq stha, s∏ sna, Sp spa, Sf spha, Sm sma,
SMy smya, Sy sya, s£ sra, Sv sva;
˚ h±a, ˆ hna, ∆ hma, H hya, Ó hra, Ò hla, Ì hva.

I NUMERI

1 2 3 4 5 6 7 8 9 0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 0

1940
1940.

Esempi di scrittura.

v;sv®xe sm;gMy ivgCziNt yq;?Új;:/


inytµ ivp£yog;NtStq; @Utsm;gm:. = Es. III, 14.

adeçSqo ih irpu,; SvLpken;ip hNyte/


g£;ho 'LpIy;nip jle gjeN&mip kßRit. = Es. IX, 10.

y;m;r;éüµ n gi,timdµ jIivtµ v; ∂nµ v;


ySy;: p£IitmRnis kilt; Jy;ysI moxto 'ip/
s  Eved;nIµ vyis cilte sµp£hI,e c iv†e
tUl;y;ip i}purhr m;µ mNyte nEv @;y;R. = Es. XII, 7.

86
CORSO DI SANSCRITO

BRANI SCELTI

I. Le cornacchie e il serpente [Il leprotto astuto]. 1

kiSmµi=t« trO v;ysdµptI invst:/ tyo=;pTy;in twko$r;viSqten ˜fi,spe R,


";idt;in/ tt: punr« g@RvtI v;ysI b£ Ute/ Sv;imn«/ TyJyt;m« ayµ tw:/
a}Ev;Sm;t« ˜fi,sp;Rd« Avyo: sµtitr« n @ivfiyit / yt:/
ë–; @;y;R ç*µ im}µ @®Ty=o†rd;yk:/
sspeR c g®he v;so m®Tyur« ™v n sµçy:.
v;yso b£Ute/ ip£ye/ n @etVym«/ v;rµ v;rµ   2 myEtSy mh;pr;∂: so¢:/ v;ySy;h/
kqm« anen blvt; s;∂¯  @v;n« ivg£hItuµ smqR:/ v;yso 'b£vIt«/ alm« any;
çÕy;/ yt:/
buiér« ySy blµ tSy inbuRées« tu øto blm«/
pÇy isµho mdoNm†: ççken inp;itt:.
v;ySy;h/ kqmett«/ v;ys: kqyit/
aiSt mNdr;i@∂;ne pvRte ëd;RNto n;m isµh:/ s c svRd; pçuv∂µ ivd∂;n
™v;Ste    3/ tt: svER: pçui@r« imilTv; isµho iv~Pt:/ ikm« ¤it svRpçUCzed: iºyte/
vym« ™v @vd;h;r;q¯  p£Tyhm« ™kEkµ pçuµ ¢Oky;m:/ isµheno†_m«/ ™vm« aStu/
tt:p£@®TyekEkµ pçuµ ddt: sm;ste   3/ aq kd;icd« v®éççkSy kSyicd« v;r:
sm;gt:/ so 'icNtyt«/
};shetor« ivnIts« tu iºyte jIivt;çy;    4/
p§Tvµ ced« gimfiy;im ikµ isµh;nunyen me .
tn« mNdµ mNdm« ¨pgCz;im/ tt: isµho 'ip xu∂; pIiÚt: kop;t« tm« ¨v;c/
øts« Tvµ ivlMb;d  « 5 Agto 'is/ so 'b£vIt«/
n;yµ mm;pr;∂:/ piq isµh;Ntre, bl;d« ∂®t: sn« punr« Agmn;y çpqµ ˜Tv;

1
Per facilitare l’approccio alla devanågarî, in questo brano si è semplificata la maggior parte delle
legature.
2
Acc. di tempo continuato: «per lungo tempo».
3
Ås-, o sam-ås-, con part. pres.: «stare a, continuare a».
4
Vinîta¿ è predicativo, jîvitåçayå indica una limitazione: «uno si fa umile per paura quando ci sia
speranza di vita».
5
L’Abl. è avverbiale: «in ritardo».

87
CARLO DELLA CASA

Sv;imnµ invediytum« a};gto 'iSm/ isµh: skopm« Ah/ sTvrµ gTv; m;µ dçRy s
ëur;Tm; ¡;Ste/ tt: ççks« tµ g®hITv; gM@Ir¿pµ gt:/ a};gTy pÇytu Sv;mITyuKTv;
tiSmn« ¿pjle tSyEv p£itibMbµ diçRtv;n«/ tto 'sO ºo∂;flm;to dpR;t« tSyopy;RTm;nµ
inixPy p§Tvµ gt:/ ato 'hµ b£vIim/ buiér« ySyeTy;id  1/
v;ySy;h/ +utµ my; svRm«/ yq;ktRVyµ b£Uih/ v;yso 'vdt« / a};sn∏e sris r;~:
pu}: sttm« AgTy s∏;it/ tdÂ;d« avt;irtµ knksU}µ c§◊; ∂®Tv;nIy;iSmn« ko$re
∂irfiyis/ aq kd;ict« s∏;tuµ jlµ p£iv–e r;jpu}e v;ySy; td« anui—tm«/ aq
knksU};nusr,p£v®†E: puwßE: ko$re inWPym;,e ˜fi,spoR D–o Vy;p;idt=/ ato 'hµ
b£vIim/
¨p;yen ih yc« zKyµ n tc« zKyµ pr;ºmE:/
k;kI knksU}e, ˜fi,spRm« aŸ;tyt«    2.

II. Il ladro di cipolle.

aiSt   3 kiSmµi=n∏gre pl;?ÚucOro g®hIt:/ s c sµyMy r;jølµ nIt:/ ¨†_=


∂m;Ri∂k;rkE:/ @&/ Wpkçtµ d?Úµ p£yCz kç;p£h;rçtµ v; shSv pl;?Úuçtµ v;
@xySveit/ aNyq; n;iSt te mox ¤it/ aq mU¢mitrsO Vyij~pt«/ pl;?Úuµ
@xy;im/ ¤Tyu K Tv; y;vTsPt;–O pl;?Úu S tMbk;in @xyit t;vTk$u k Tv;t«
s£vn∏e}n;s;pu$: p£ki$tfenpUirtvdn: p£ov;c/ n;iSm @xiytuµ smqR:/ n c
Wpkçtµ d;tum«/ yt: kç;t;Únmev so¢uµ vry;im/ aq kç;p£h;r;: kiticdSm   E
y;våIyNte t;vë˘E: p£ov;c/ n;hmet;nip so¢uµ ç†_o Wpkçtµ dd;im sodym«/
tNm;µ pir};y∂   ◊imit/

1
La versione buddhistica di questa fiaba (Jåtaka, 385) esalta la bellezza e l’efficacia del sacrificio
di sé: una gazzella (che è poi il futuro Buddha) s’offre come vittima al posto d’una cerva gravida e
tocca con la sua abnegazione il cuore del re cacciatore, che rinuncia per sempre alla caccia. Nel
Pañcatantra e nei suoi derivati, tutti protesi a cercare l’utile in questo mondo, la fiaba illustra le
possibilità offerte dall’astuzia ai deboli contro i forti, prepotenti ma stupidi.
2
Il motivo del furto attribuito falsamente a un avversario per rovinarlo è noto sia alla tradizione
buddhista (Jåt. 546, v. 41) sia anche altrove (cfr. per es. Genesi, 44: Beniamino è accusato di furto
da Giuseppe che ha fatto nascondere un boccale nel suo bagaglio). Le due favolette sono riportate
nella versione del Hitopadeça (II, 7-8) e corrispondono a Pañcatantra, I, 6 e I, 8.
3
Serve a introdurre le favole: «una volta».

88
CORSO DI SANSCRITO

™vµ gto jnh;Syt;µ SvçrIrkdqRn;µ c;Ptv;n«.  1


(Tantråkhyåyikå, IV, 1)

III. L'icneumone fedele.

b@Uv devçm;R“yo b£;∆,o ngre ¡ict«/


tSy;@Uåevd†eit geihnI sDç;Nvy;. 3.
∂®tg@;R c s; tSy k;len sußuve sutm«/
dir&o 'ip s tµ mene ini∂µ lB∂imv i√j:. 4.
sUtk;Nte c s; tSy @;y;R s∏;tumg;n∏dIm«/
devçm;R s tSqO tu g®he rxNsutµ iççum«. 5.
t;vd;Ì;iyk; tSy r;j;Nt:purto {tm«/
cei$k; b£;∆,Sy;g;TSviStv;cnjIivn:. 6.
tt: s dix,;lo@;n∏ølµ rxkµ içço:/
Sq;piyTv; yyO gehe icrm;b;Lyvi∂Rtm«. 7.
tiSmNgte '};kSm;˘ iççoStSy;iNtk;gtm«/
spRm;loKy nøl: Sv;im@KTy; jŸ;n tm«. 8.
aq tµ devçm;R,m;gtµ vIXy ïrt:/
sp;Rs£is†_o nølo ·–o 'Sy inrg;Tpur:. 9.
s devçm;R t[pµ tµ DÄ  Ev;Çmn;v∂It«/
∂£uvµ s b;l: pu}o me hto 'neneit sµ@£m;t«. 10.
p£ivÇy c;NtDRÄ; tµ @ujgµ nøl;htm«/
jIvNtµ c iSqtµ b;lµ b£;∆,o 'NtrtPyt. 11.
aivc;yo Rpk;rI s nøl: ikµ htSTvy;/
¤Tyup;l@t;y;t; @;y;Rip tdveTy tm«. 12.

1
Racconto ampiamente diffuso nella letteratura universale, dalla Mechilta ebraica (II sec. d.C.) ai
predicatori medievali, ai versificatori italiani (v. ad es. Simone Prudenzani di Orvieto: «di denari et
de cipolle — fo correcto et di bastone»), alla poesia popolaresca germanica rinascimentale, a La
Fontaine. Lo stesso motivo della scelta cattiva si ravvisa nel racconto del monaco, che, costretto dal
diavolo a scegliere tra ubriacarsi, fornicare e uccidere, sceglie come più lieve il primo peccato, poi
nell’ebbrezza compie anche le altre due infrazioni.

89
CARLO DELLA CASA

tSm;n∏ buiém;Nøy;RTshs; dev ikµ cn/


shs; ce–m;no ih hNyte lokyo√Ryo:   1. 13.
(Kathåsaritsågara, 64, 3-13)

IV. I cigni e la tartaruga.

aiSt kiSmµi=Tsris kMbug£Ivo n;m kCzp: p£itvsit Sm/ tSy √O su·dO


ivk$sÕ$n;m;nO hµ s O/ aq k;livpyR y e √;dçv;ißR K yn;v® i –r;pitt;/
ttStyomRitwTpn∏;/ xI,toyimdµ sr:/ aNyµ jl;çyµ gCz;v   2 ¤it/ ikµ puni=roißtµ
ip£yim}µ kMbug£Ivm;mN}y;vhe/ tq; c;nui—te kCzpen;i@ihtO/ kSm;Nmm;mN},µ
iºyte / yid tu s∏ e h o 'iSt tto m;mPySm;Nm® T yu m u " ;†£ ; tu m hR q :/ yTk;r,µ
yu v yoSt;vd;h;rvE k Lyµ ke v lmiSmNSvLpodke sris/ mm;} tu mr,me v /
ti√icNTyt;m«/ Ah;rp£;,ivyog: ko grIy;n«/ t;#y;mi@ihtm«/ yu†_m;Tq/
™vmett«/ ikµ pun: p£;Ptk;lµ @v;Ê;n;it/ avÇyµ ny;v   2 Av;µ @vNtm«/ Tvy;
pun=;pl;n∏ ikµic√†_Vym«/ ¤m;µ tu yi–µ mflye dçnEr;pIÚy/ ™vmnyEvoéÍTy
çi–m;};i, yojn;in mhTsro @vNtµ ny;v:   2/ t} su"µ y;piyfiy;m ¤it/ ™vµ c
infipn∏e tªl;çysµin˜–ngrSyopir–;n∏Iym;nµ DÄ;/ ikimdµ çk$cºp£m;,µ    3 ivyt;   4
nIyte / ¤it jn: sklkl: sµ v ® † :/ t˘ +u T v;sn∏ i vn;ç: kCzpo yi–µ
TyKTv;i@ihtv;n« / ahµ kCzp:/ c;pl;de ß lok: p£ l pit/ ¤it
b£v
u Nvcnsmk;lmev;+y;Tpir@£–o @UmO inpitt:/ m;µs;iqRn; c loken p;tsmk;lmev
tIX,çS}  E: "?Úço iv@†_ ¤it/ ato 'hµ b£vIim/

1
Il motivo dell’animale fedele ucciso per imprevidenza (che costituisce il racconto cornice di
Pañcatantra, V) riecheggia in molte leggende europee. Una delle attestazioni più antiche si ha nella
storia del principe gallese Llewellyn e del suo cane Gelert, risalente almeno al 1205 e raccontata per
spiegare il toponimo Beddgelert, «tomba di Gelert»; ma già Pausania il Periegeta (X, 33, 9) nel II
sec. d.C. narra analoga storia d’un serpente che salva un bambino dall’attacco d’un lupo avvolgendo
con le sue spire la culla ed è ucciso insieme con il protetto dal padre che agisce senza riflettere.
2
L’indicativo esprime certezza dell’azione.
3
Bahuvrîhi: çaka¥asya cakrasya pramå±aµ yasyedam. Traduci: «Che cosa, avente la grandezza di
una ruota di carro, etc.».
4
«Attraverso l’atmosfera».

90
CORSO DI SANSCRITO

im};,;µ ihtk;m;n;µ yo v;Kyµ n;i@nNdit/


s ¿mR ¤v ëbuRié: k;—;≤   –o ivnÇyit/
(Tantråkhyåyikå, I, 11)

V. I brahmani che ridanno vita al leone.

kiSmµi=di∂—;ne cTv;ro b£;∆,pu};: prµ im}@;vmupgt; vsiNt Sm/ teß;µ }y:


ç;S}p;rµ gt;: prµ tu buiériht;:/ ™kStu buiém;Nkevlµ ç;S}pr;Œü":/ aq tE:
kd;iciNm}EmRiN}tm«/ ko gu,o iv¥;y; yen deç;Ntrµ gTv; @UptINpirtofiy;qo Rp;jRn;
n iºyte/ tt« pUvR  deçµ gCz;m:/ tq;nui—te kµicNm;g¯ gTv; teß;µ Jye—tr:  1 p£;h/
aho aSm;kmek=tuqo R mU¢: kevlµ buiém;n«/ n c r;jp£itg£ho buÔ; l#yte iv¥;µ
ivn;/ tn∏;SmE Svop;ijRt µ 2 d;Sy;im/ täCztu g®hm«/ tto i√tIyen;i@ihtm«/ @o
subuée gCz Tvµ Svg®he ytSte iv¥; n;iSt/ ttSt®tIyen;i@ihtm«/ aho n yuJyt
™vµ ktu¯ yto vyµ b;Ly;Tp£@T® yek} ºIiÚt;:/ td;gCztu mh;nu@;vo 'Smdup;ijRtiv†Sy
sµiv@;gI @ivfiytIit/ ¨†_µ c/
ikµ ty; iºyte lXMy; y; v∂Uirv kevl;/
y; n veÇyev s;m;Ny; piqkEwp@uJyte.
tq; c /
ayµ inj: pro veit g,n; lŸucets;m«/
¨d;rcirt;n;µ c vsu∂Ev ø$uMbkm«.
td;gCzTveßo 'pIit/
tq;nui—te tEm;Rg;Ri+tEr$Vy;µ m®tisµhSy;SqIin D–;in/ tt=Eken;i@ihtµ yd«    3/ aho
iv¥;p£Tyy: iºyte/ ikµictetTsÏvµ m®tµ it—it/ ti√¥;p£@;ven jIvsihtµ ømR:/
ahmiSqsµcyµ kroim/ tt=EkenOTsuKy;diSqsµcy: ˜t:/ i√tIyen cmRm;µswi∂rµ
sµyoijtm«/ t®tIyo 'ip y;vªIvµ sµc;ryit t;vTsubuién; inißé:/ @oiSt—tu
@v;n«/ ™ß isµho infip;¥te   4/ y¥enµ sjIvµ kirfiyis tt: sv;Rnip Vy;p;diyfiyit/
¤it ten;i@iht: s Ah/ i∂Œ Ü"R n;hµ iv¥;y; ivflt;µ kroim/ ttSten;i@ihtm«/

1
Si noti il comparativo d’un superlativo.
2
«Ciò che è stato procurato personalmente da me».
3
Yad introduce in questo caso il discorso diretto.
4
Siµha¿ è complemento predicativo di nißpådyate: «costui è fatto diventare leone».

91
CARLO DELLA CASA

tihR p£tIxSv x,µ y;vdhµ v®xm;roh;im/ tq;nui—te y;vTsjIv: ˜tSt;v†e }yo 'ip
isµhenoTq;y Vy;p;idt;:/ s c punv®Rx;dvtIyR g®he gt:/ ato 'hµb£vIim/
vrµ buiénR s; iv¥; iv¥;y; buiéw†m;/
buiéhIn; ivnÇyiNt yq; te isµhk;rk;:.
(Pañcatantra, V, 4)

VI. Il padre di Somaçarman.

kiSmµi=di∂—;ne ki=TSv@;v˜p,o n;m b£;∆,: p£itvsit Sm/ ten i@x;ijRt  E:


s†u_i@@uR†_ovRirtEŸR$: pirpUirt:/ tµ c Ÿ$µ n;gdNte 'vlMBy tSy;∂St;T"$  ◊;µ
in∂;y sttmekD–‰;    1 tmvlokyit/ aq kd;ic&;}O VyicNtyt«/ s†u_i@:
pirpU,oR 'yµ Ÿ$o vtRte/ yid ëi@Rxµ @ivfiyit tdnen Wpk;,;µ çtmuTpTSyte/
ttSten;j;√yµ g£hIfiye/ tt: ß?m;iskp£svvç;dj;yUqµ @ivfiyit/ tto 'j;i@:
p£@t
U ; g; g£hIfiy;im goi@mRihßImRihßIi@vRÚv;:/ vÚv;p£svt: p£@t U ; a±; @ivfiyiNt/
teß;µ ivºy;Tp£@t U µ suv,¯ @ivfiyit/ suv,en
R ctu:ç;lµ g®hµ sµpTSyte/ tt= ki=ê∞;∆,o
mm g®hm;gTy p£;Ptvr;µ   2 Wp;¢‰;µ kNy;µ d;Syit/ tTsk;ç;Tpu}o me @ivfiyit/
tSy;hµ somçmReit n;m kirfiy;im/ t†iSmñj;nuclnyoGye sµj;te 'hµ puStkµ
g®hITv;±ç;l;y;: p®—deç ¨piv–Stdv∂;riyfiy;im/ a};Ntre somçm;R m;µ DÄ;
jnNyuTsÂ;ª;nup£clnpro '±"ur;sn∏vtIR mTsmIpµ gimfiyit/ tto 'hµ b£;∆,Iµ
kop;iv–o 'i@∂;Sy;im/ g®h;, t;vê;lkm«/ s;ip g®hkmRVyg£ty; m√cnµ n
+ofiyit/ tto 'hµ smuTq;y t;µ p;dp£h;re, t;Úiyfiy;im/ ™vµ ten fly;niSqten
tq  Ev p;dp£h;ro d†o yq; s Ÿ$o @Gn:/ s†u_i@: p;?Úurt;µ gt:/ ato 'hµ
b£vIim/
an;gtvtIµ icNt;msµ@;Vy;µ    3 kroit y:/
s ™v p;?Úur: çete somçmRipt; yq;.
(Pañcatantra, V, 9)

1
Tatpurußa: «con lo sguardo [rivolto] a una sola cosa».
2
Bahuvrîhi: = pråpto varo yayå tåµ kanyåm, «fanciulla dalla quale la dote è stata ottenuta».
3
Entrambi gli aggettivi sono attributi, collegati per asindeto, di cintåm: «[colui che si preoccupa di]
cose relative al futuro, irrealizzabili».

92
CORSO DI SANSCRITO

VII. L'asino con la pelle di pantera.

aiSt kSyic&jkSy vS}nyn;it@;rpIÚy; gdR@o 'vsn∏:/ s ™vµ icNty;m;s/


k–m«/ n ço@nm;pittm«/ mm kmRVy;Ÿ;to mULyh;in=/ a∂un; kqµ kr,Iym«/
aq v;STyup;y:/ Wpk}ye, √IipcmR l#yte/ ten;vCz;¥;hmenµ r;}O hirtsSye
moxiyfiy;im/ t≤x,;dsµçymLp  rE hoi@ryµ blv;N@ivfiyit/ tq; c;nui—te @Xym;,eßu
sSyeßu k;ißRk: Svxe};i, rixtum;rB∂:/ kd;ic˘ xe}mflyen;y;t: s D–:/ √IPyyµ
n–o 'SmIit mTv;&RkMblmupir dÏvo¥t∂nufip;i,: çnE: çnErpº;imtum;rB∂:/ aq
gdR@Stµ DÄ; gdR@Iyimit infi˜–;yu:   1 prµ vegm;Sq;yopsipRtum;rB∂:/ as;vip
çIŸ£trvego ∂;vit/ gdR@=EvmicNtyt«/ kd;icidyµ √IipcmRVyviSqtçrIrµ m;µ
DÄ;Ny}  v
E ;vgCzet/
« ato 'hmSy;: Sv;µ p£˜itm;Sq;y v;içten mnoÒ;dnµ kirfiy;im/
¤it v;içtum;rB∂:/ t˘ +uTv;rixpuwß: suinpu,µ s;∂iyTv; gdR@o 'yimit p£itinv®Ty
timßu,;#yhnt«/ tTsmym«   2 ™v;sO p§Tvmgmt«/ ato 'hµ b£vIim/
suicrµ ih crin∏Tyµ g£Ifime sSymbuiém;n«/
√IipcmRp£itCzn∏o v;ã Ít;&;s@o ht:.
(Tantråkhyåyikå, III, 1)

VIII. La bilancia mangiata dai topi.

aiSt kiSmµi=di∂—;ne xI,b;N∂vo vi,Ksut:/ s deç;Ntrmqo  p R ;jRninim†µ p£iSqt:/


tSy tul; lohshs£˜t; iv¥te/ so 'NyiSmNvi,Kpu}ke t;µ inixPy dç;Ntrmqo  p R ;jRn;y
p£;y;t«/ xI,@;GyTv;˘ ten bàn;ip k;len n ikµicd;s;idtm«/ p£Ty;gt= t;µ
tul;µ tSm;Tp£;iqRtv;n«/ teno†_µ c/ s; mUßkE@Rixteit/ aq;s;vicNtyt«/
ivSmynIyme t t« / kqµ lohshs£ m yIµ tu l ;µ mU ß k; @xiyfiyNtIit/
aNtlIRnmvhSy;b£vIt«/ avÇymetdevm«/ yTk;r,µ v®fiyµ Sv;du m®ë c lohµ kqm;"vo
n @xiyfiyiNt/ ¤it p£itpn∏v;Ö    3/ aq;s;vip supir·–·dy: p;¥;idpur:sr;µ tSy

1
«La cui vita era stata tratta via, condotta al termine».
2
Acc. avverbiale: «contemporaneamente a ciò».
3
Bahuvrîhi: «avente la voce di chi ha acconsentito».

93
CARLO DELLA CASA

pUj;µ ktRum;rB∂v;N@ojnµ c p£;iqRtv;n«/ tSy c n;itïre ndI/ t} s∏;n;#yu¥tSy


c tSy   1 SvIyµ pu}mekm;mlks∏;nç;i$k;smetµ p®—t: p£ie ßtv;n« / as;vip p£Ty;gCzn«
d;rkmNyiSmiNm}g®he suguPtµ ˜Tv; p£iv–:/ aq @ojnsmye s;qRv;ho d;rkmDÄ;
sm;ølmn;: çiÕt·dy= tmp®Czt«/ ¡;sO d;rkStv;nupdp£eißt:/ ¤h n p£iv–
¤it/ aq so 'b£vIt«/ Çyeenen;p·t ¤it/ tC‘üTv; prm;ivGno indRRyI@Ut= tµ b;hO
g®hITv; ∂mRSq;nµ nItv;n«/ Ah c/ pir};yflvm«/ anen me d;rk: ¡;ip goipt
¤it/ p®–=;sO p£;iÚ◊v;kE:/ ikmett«/ kQyt;imit/ s ivhSy;b£vIt«/ Çyeenen;p·t
¤it/ ttStEivRiSmtmnoi@ri@iht:/ kqµ Çyeno d;rkmphirfiytIit/ dm;Ri∂˜tEStQyµ
p®Cz‰m;no 'b£vIt«/ ikm} ic}m«/ y} tul; lohshs£Sy;Sy gehe mdIy; mUßkE@iR xt;
t} kqµ d;rk: Çyenen n;piÓyt ¤it/ t˘ +uTv; p£itp;idtvNtSte p£;iÚ◊v;k;:
prSprSy t†ul;tå;rkd;nm«    2 ¤it/
(Tantråkhyåyikå, I, 17)

IX. Il pidocchio e la cimice.

aiSt kSyic&;~: svRgu,opetmnNysDçµ çynµ/ tiSmNp£Czdp$Ekdeçe mNdivsipR,I


n;m yUk; p£itvsit Sm/ aq tiSmµi–i?$@o n;m mTø,o v;yun; p£ie rt: sµinpitt:/
s tu tCzynmitsUXmo†rCzdmu@yop∂;nµ j;ˆvIpuilnivpulµ prmm®ë suri@ c DÄ;
prµ pirtoßmupgt:/ tTSpç;R˜–mn; ¤t=et: pir@£mNkqmip ty; mNdivsipR?y;
smet:/ ty;i@iht:/ øtSTvmiSmn∏yoGy;i∂v;s Agt:/ apgMyt;mSm;idit/
mTø,:/ Aye R my; t;vidh;ne k p£ k ;r;i, m;µ s ;NySv;idt;in b£ ; ∆,-
xi}yiv$«z& U ;Nt:Sq;in wi∂r;i, c/ t;in c Wx;i, ipiCzl;Nytui–kr;?ymno~;in/
y: punrSy çynSy;i∂—;t; tSy mnormm« am®topmms®G@ivfiyit/ ajs£µ i@ßiG@:
p£ y Tn;d« aOß∂;¥u p ºm;d« v;tip†>e fi minro∂;d« an;myty;    3 is∏G∂peçl&vE:   4
s"?ÚguÚd;iÚmi}k$ukp$ui@: 5 Sqljjlj"ecrblvTp£∂;nipiçtopb®µihtEr« Ah;rEr«

1
Il Gen. è retto da p®ß¥hata¿.
2
Tatpurußa, il cui primo membro è uno dvandva costituito da due karmadhåraya («quella bilancia
e quel fanciullo»).
3
Letteralmente: «Per effetto della buona salute, [derivante] dal controllo etc...., [originato] dall’uso
di medicinali e simili da parte dei medici sempre con impegno».
4
Dvandva di tre aggettivi, concordante con il successivo åhårai¿.
5
Sakha±∂a- qualifica gu∂a-: «melassa insieme con zucchero candito».

94
CORSO DI SANSCRITO

¨pictµ wi∂rµ rs;ynimv mNye/ t˘ suri@ pui–krµ ceCz;Myhµ TvTp£s;d;d;Sv;diytuimit/


ato 'sO mNdivsipR?y;h/ asµ@;Vym« ™tÏvi√∂;n;miGnmu";n;µ dµçv®†In;m«/
apgMyt;mSm;Czyn;t«/ ato 'sO tSy;: p;dyoinRpitt:/ s; tu d;ix?y;†q;
n;meit p£itpn∏;/ ikµ tu nEv;k;le n c;itm®du@;ge Tvy;Sy p£htRVyimit/ so
'b£ v It« / ko 'Sy k;l:/ ani@~o 'hmpirictTv;t« / s; Tvkqyt« /
m∂up;n+m;gtin&Sy ritivl;sin@RrsuPtSy c çnEm®Rduty; @vt; ivc;r,Iym«/
md+min&;prItk;yo n;çu p£buflyt ¤it/ ™vmvSq;ipte p£qmp£doß ™v;k;l~en
d–: as;vip p;iqRv ¨LmukdG∂ ¤v sµlInøixp£deç:   1 ssµ@£mmuTq;y;h/ aho d–o
'iSm ken;ip/ aq mTø,=iktTv;&;jvcnµ +uTv; çyn;d« avtIyR;Nyi√vrm;i+t:/
çYy;p;lErip Sv;My;deç;Tsuinpu,miNvßi≤vRS}µ pirvtRyi≤r« aNtlIRn; mNdivsipR,I
sm;s;idt; Vy;p;idt; c/
ato 'hµ b£vIim/
m; Tviv~;tçIl;y ki=å¥;Tp£it+ym«/
i$i?$@Sy tu doße, ht; mNdivsipR,I.
(Tantråkhyåyikå, I, 7)

X. L'uomo che parlava con il re.

AsITp®QvIpitnR;m ngre dix,;pqe. 110.


t&;–¶e ko 'Py@UéÜtR: prv§njIivk:/
s cEkd; mheCzTv;dsµtu–o VyicNtyt«. 111.
∂UtRTveneDç; ikµ me yd;h;r;idm;}˜t«!/
p£;Pyte mhtI yen +ISt;D∑« n kroim ikm«!. 112.
¤Ty;loCy vi,GveßmTyud;rµ iv∂;y s:/
¨p;spRTp£tIh;rµ gTv; √;rµ mhIpte:. 113.
tNmu"en p£ivÇy;Nt: p£;@®tµ copnIy s:/
™k;Nte me 'iSt iv~iPtirit Vy~;pyn∏®pm«. 114.
r;~;ip veß@£;Nten p£;@®t;vijRten c/
tqeit rictEk;NtStmevµ s Vyij~pt«. 115.

1
«Con la regione del ventre coperta», ossia «tenendosi con le mani il ventre».

95
CARLO DELLA CASA

idne ideene my; s;km;Sq;ne svRsµin∂O/


@UTvEk;Nte kq;l;pµ x,mekµ øw p£@o. 116.
t;vt;hµ   1 p£itidnµ dIn;rçtp§km«/
dd;Myup;ynµ devSy;qRye n tu ikµcn. 117.
tC‘üTv;icNty&;j; ko doß:! ikmyµ mm/
g®hITv; y;it! dIn;r;Ndd;it p£Tyut;Nvhm«. 118.
mht; vi,j; s;∂¯ kq;l;pen k; }p;!/
¤it s p£itp¥Et&;j; tSy tq;krot«. 119.
so 'ip tSmE ddO r;~e dIn;r;µSt;Nyqoidt;n«/
lokStµ c mh;miN}pdµ p£;PtmmNyt. 120.
™kiSmµ= idne ∂UtoR muà: pÇyin∏yoign:/
s;¿tµ mu"mekSy cºe r;~; smµ kq;m«. 121.
ingRt= bihSten mu";loknk;r,m«/
™Ty;i∂k;ir,; p®–: s SvErµ tµ m®ß;vdt«. 122.
deço me lui?*to 'neneTyevµ te øipto n®p:/
my;tSte mu"µ D–µ çmiyfiy;Myhµ c tm«. 123.
¤Tyu†_Sten so 'lIkmiN},; s@yo g®hm«/
AgTy;i∂˜t: Sv,Rshs£µ tSy d†v;n«. 124.
aNye¥u= smµ r;~; kq;µ ˜Tv; tqEv s:/
ingRTy ∂UtoR 'v;dI†µ inyoignmup;gtm«. 125.
yui†_yu†E_mRy; v;KyEStv r;j; p£s;idt:/
∂Iro @v;∂un;hµ te svRiCz&eßu rxk:. 126.
¤it SvI˜Ty tµ yuKTy; ivssjR c so 'ip tm«/
ai∂k;rI sd; tEStEwpc;rEwp;crt«. 127.
™vµ ºme, sveR#yo inyoig#y: s buiém;n«/
r;j#yo r;jpu}e#y: sevke#y= yui†_i@:. 128.
bÌIi@r;dd;no 'q;RnjRy;m;s svRt:/
p§ ko$I: suv,RSy øvRn£;~; smµ kq;:. 129.
tto rhis r;j;nµ ∂UtRmN}I jg;d s:/
dev dÏv;ip inTyµ te dIn;rçtp§km«. 130.
1
Tåvatå: Str. sing. n. «per una così grande cosa, per tanto».

96
CORSO DI SANSCRITO

TvTp£s;d;Nmy; p£;Pt;: p§ k;§nko$ y:/


tTp£sId g®h;,EtTSvµ Sv,Rmhm} k:!    1. 131.
¤TyuKTv; p£k$µ r;~e knkµ tîvedyt«/
r;j;ip ˜C‘;††Sy jg£;h;∂¯ tto ∂n;t«. 132.
tu–= Sq;py;m;s mh;miN}pde s tm«/
so 'ip p£;Py i+yµ ∂UtoR d;n@ogErm;nyt«    2. 133.
(Kathåsaritsågara, 66, 110-133)

XI. Il figlio del buddhista.

tq; c tSy;µ ko 'Py;sIn∏gy;¯ sOgto vi,k«/


∂nI ivtSt;d†;“yo i@xupUjEktTpr:. 15 .
rt∏d†;i@∂;n= tSy;@U†nyo yuv;/
s c tµ iptrµ ç±Tp;p ¤Ty;juguPst. 16.
pu} inNdis kSm;Nm;imit ip}; c ten s:/
p®Cz‰m;no vi,Kpu}: s;#ysUym@;ßt. 17.
t;t Ty†_}yI∂mRSTvm∂m¯ inßevse/
yê∞;∆,;NpirTyJy +m,;ñç±dcRis. 18.
s∏;n;idyN},;hIn;: Svk;l;çnlolup;:/
ap;Stsiç";çeßkeçkOpInsuiSqt;:   3. 19.
ivh;r;Spdlo@;y sveR 'Py∂mj;ty:/
ym;+yiNt ikµ ten sOgten nyen te. 20.
tC‘üTv; s vi,Kp£;h n ∂mRSyEkWpt;/
aNyo loko†r: pu} ∂moR 'Ny: s;vRlOikk: . 21.
b£;∆?ymip tTp£;àyR&;g;idivvjRnm«/
sTyµ dy; c @Uteßu n m®ß; j;itivg£h:. 22.
1
Svam si riferisce al soggetto di g®hå±a: «prendi quest’oro, che è tuo: io che sono in rapporto a
esso?», ossia: «io che cosa ho a che farci?».
2
Nota il concetto: si onora la fortuna godendo dei suoi beni.
3
{[(apåsta-saçikha-açeßa)-(keça)]-[kaupîna]}-susthitå¿: lett. «a loro agio con tutta la capigliatura
insieme con la treccia rifiutata e con i cenci».

97
CARLO DELLA CASA

ikµ c dçRnmetÏvµ svRsÏv;@yp£dm«/


p£;y: puwßdoße, n ïßiytumhRis. 23.
¨pk;rSy ∂mRTve ivv;do n;iSt kSyict«/
@Utefiv@yd;nen n;Ny; cop˜itmRm. 24.   1
tdihµs;p£∂;ne   2 'iSmNvTs moxp£d;iyin/
dçRne 'itrit=eNme td∂moR mm;} k:. 25.
¤it tenoidt: ip}; vi,Kpu}: p£sH s:/
n tq; p£itpede tin∏inNd;#yi∂kµ pun:. 26.
tt: s tiTpt; "ed;äTv; ∂m;Rnuç;istu:/
r;~: kilÂd†Sy purt: svRmb£vIt«. 27.
so 'ip r;j; tm;Sq;ne yuKTy;n;Yy vi,Ksutm«/
m®ß;rictkop: sn∏evµ x†;rm;idçt«. 28.
+utµ my; vi,Kpu}: p;po 'ymitdufi˜tI/
inivRc;rµ tdeßo '¥ hNyt;µ deçïßk:. 29.
¤TyUicv;µStt: ip}; ˜tiv~;pn: ikl/
n®pit∂RmRcy;Rq¯ √O m;sO v∂ing£hm«. 30.
sµiv∂;yR tdNte c punr;nyn;y s:/
tSyEv tiTptuhRSte NyStv;µStµ vi,Ksutm«. 31.
so 'ip ip}; g®hµ nIto vi,Kpu}o @y;øl:/
ikµ my;p˜tµ r;~o @veidit ivicNtyn«. 32.
ak;r,µ i√m;s;Nte mr,µ @;iv @;vyn«/
ain&o 'pict;h;rk¬;NtStSqO idv;inçm«. 33/
tto m;s√ye y;te r;j;g£e ˜çp;?Úur:/
pun: Svip}; ten;sO vi,KsUnurnIyt. 34.
r;j; tµ c tq;@Utµ vIXy;pn∏m@;ßt/
ikmIDKTvµ ˜çI@Ut: ikµ wéµ te my;çnm«. 35.
tC‘üTv; s vi,Kpu}o r;j;nµ tm@;ßt/
ATm;ip ivSm®to @ITy; mm k; Tvçne kq;. 36.

1
«Nessuno disputa sul fatto che sia giusto far del bene - e il mio far del bene non è altro che dare
sicurezza alle creature» (anya- con Strum.; più frequente con l’Abl.).
2
Tad- si riferisce probabilmente a bhûta-: «non violenza contro queste, le creature».

98
CORSO DI SANSCRITO

yufimd;id–in∂n+v,;Tp£@®it p£@o/
m®Tyum;y;Ntm;y;NtmNvhµ icNty;Myhm«. 37.
¤Tyu†_vNtµ tµ r;j; s vi,Kpu}mb£vIt«/
boi∂to 'is my; vTs yuKTy; p£;,@yµ  1  Svt:. 38.
ÙDgev ih svRSy jNtom®RTyu@yµ @vet«/
t&x,opk;r;˘ ∂mR: ko '#yi∂ko vd. 39.
tdet†v ∂m;Ry mumux;yE c diçRtm«/
m®Tyu@Ito ih ytte nro mox;y buiém;n«. 40.
ato n ghR,Iyo 'ymetém;R ipt; Tvy;/
¤it r;jvc: +uTv; p£Ìo 'v;dI√i,Ksut:. 41.
∂moRpdeç;åeven ˜tI t;vdhµ ˜t:/
mox;yeCz; p£j;t; me tmPyupidç p£@o. 42.
tC‘üTv; tµ vi,Kpu}µ p£;Pte t} puroTsve/
tElpU,¯ kre p;}µ dÏv; r;j; jg;d s:. 43.
¤dµ p;}µ g®hITv; Tvmeih @£;NTv; purIimm;m«/
tElibNduinp;t= rx,IySTvy; sut. 44.
inpitfiyit y¥ekStElibNduirtStv/
s¥o inp;tiyfiyiNt Tv;mete puwß;Stt:. 45.
™vµ ikloKTv; Vys®j†µ @£m;y vi,Ksutm«/
¨T";t"í;Npuwß;NdÏv; p=;Ts @Upit:. 46.
vi,Kpu}o 'ip s @y;&xµStEllvCyuitm«/
purIµ t;mi@to @£;NTv; ˜C‘;d;g;n∏®p;iNtkm«. 47.
n®po 'Pygilt;nIttElµ DÄ; tm#y∂;t«/
ki=Tpur@£me 'Py¥ D–o '} @£mt; Tvy;. 48.
tC‘üTv; s vi,Kpu}: p£ov;c rict;Êil:/
yTsTyµ n my; dev D–µ ikµicn∏ c +utm. 49.
ahµ Hek;v∂;nen tElleçpirCyuitm«/
"íp;t@y;&xµStd;nIm@£mµ purIm«. 50.

1
«Con un’astuzia io ho fatto in modo che tu fossi informato personalmente per quanto riguarda la
paura della morte».

99
CARLO DELLA CASA

™vµ vi,Ksuteno†e_ s r;j; injg;d tm«/


DÇytElEkic†en n Tvy; ikµicdIixtm«. 51.
t†enEv;v∂;nen pr;nufly;nm;cr/
™k;g£o ih bihv®Ri†inv®†StÏvmIxte. 52.
D–tÏv= n pun: kmRj;len bflyte/
™ß moxopdeçSte sµxep;Tkiqto my;. 53.
¤TyuKTv; p£ihto r;~; pitTv; tSy p;dyo:/
˜t;q: s vi,Kpu}o ·–: ipt®g®hµ yyO. 54.
(Kathåsaritsågara, 27, 15-54)

XII. Il dialogo tra il padre e il figlio.

i√j;te: kSyicTp;qR Sv;fly;yinrtSy vE/


b@Uv pu}o me∂;vI me∂;vI n;m n;mt:. 3.
so 'b£vIiTptrµ pu}: Sv;fly;ykr,e rtm«/
mox∂m;RqRøçlo loktÏvivcx,:. 4.
∂Ir: ikµ iSv†;t øy;RTp£j;nn«
ixp£µ H;yu@R£Çyte m;nv;n;m«/
iptStd;cXv yq;qRyogµ
mm;nupUVy;R yen ∂m¯ creym«. 5.
iptov;c
ved;n∂ITy b£∆cyeR, pu}
pu};inCzeTp;vn;q¯ iptÈ,;m«/
aGnIn;∂;y ivi∂v˘e–y~o    1
vnµ p£ivÇy;q muinbRu@Ußet«. 6.
pu} ¨v;c
™vm#y;hte loke smNt;Tpirv;irte/
amoŸ;su ptNtIßu ikµ ∂Ir ¤v @;ßse. 7.

1
Ca iߥa-yajña¿: «avendo compiuto i sacrifici».

100
CORSO DI SANSCRITO

iptov;c
kqm#y;hto lok: ken v; pirv;irt:/
amoŸ;: k;: ptNtIh ikµ nu @IßysIv m;m«. 8.

pu} ¨v;c
m®Tyun;#y;hto loko jry; pirv;irt:/
ahor;};: ptNTyete nnu kSm;n∏ buflyse. 9.
yd;hmetª;n;im n m®TyuiSt—tIit h/
so 'hµ kqµ p£tIixfiye j;len;ipiht=rn«    1. 10.
r;]y;µ r;]y;µ VytIt;y;m;yurLptrµ yd;/
g;∂odke mTSy ¤v su"µ ivNdet kStd;/
tdev vNflyµ idvsimit iv¥;i√cx,:. 11.
anv;Pteßu k;meßu m®Tyur#yeit m;nvm«
çfip;,Iv ivicNvNtmNy}gtm;nsm«/
v®kIvor,m;s;¥ m®Tyur;d;y gCzit. 12.
a¥Ev øw yC‘eyo m; Tv; k;lo 'Tyg;dym«/
a˜tefivev k;yeRßu m®TyuvE R sµp£kßRit. 13.
±:k;yRm¥ øvIRt pUv;R ˚e c;pr;i˚km«/
n ih p£tIxte m®Tyu: ˜tµ v;Sy n v; ˜tm«/
ko ih j;n;it kSy;¥ m®Tyusen; inveXyte. 14.
yuvEv ∂mRçIl: Sy;dinim†µ ih jIivtm«/
˜te ∂meR @veTkIitRirh pe£Ty c vE su"m«. 15.
mohen ih sm;iv–: pu}d;r;qRmu¥t:/
˜Tv; k;yRmk;y¯ v; pui–meß;µ p£yCzit. 16.
tµ pu}pçusµm†µ Vy;s†_mnsµ nrm«/
suPtµ Vy;Ÿ£µ mhOŸo v;   2 m®Tyur;d;y gCzit. 17.
sµicNv;nkmevEkµ k;m;n;mivt®Ptkm«/
Vy;Ÿ£: pçuuimv;d;y m®Tyur;d;y gCzit. 18.
¤dµ ˜timdµ k;yRimdmNyT˜t;˜tm«/
™vmIh;su";s†_µ ˜t;Nt: øwte vçe. 19.
1
Nota la costruzione participiale di prati-îkß-: «come potrò tollerare di vivere».
2
Vå = iva.

101
CARLO DELLA CASA

˜t;n;µ flmp£;Ptµ   1 kmR,;µ flsiÂnm«/


xe};p,g®h;s†µ_ m®Tyur;d;y gCzit. 20.
m®TyujRr; c Vy;i∂= du:"µ c;nekk;r,m«/
anu߆µ_ yd; dehe ikµ SvSq ¤v it—is. 21.
j;tmev;Ntko 'Nt;y jr; c;Nveit deihnm«/
anu߆_; √yenEte @;v;: Sq;vrjÂm;:. 22.
m®Tyov;R g®hmevEt¥; g£;me vsto rit:/
dev;n;meß vE go—o   2 ydr?yimit +uit:. 23.
inbN∂nI rªureß; y; g£;me vsto rit:/
izÏvEn;µ su˜to y;iNt nEn;µ izNdiNt dufi˜t:. 24.
n ihµsyit y: p£;,;Nmnov;ã;yhetui@:/
jIivt;q;RpnynE: kmRi@nR s bflyte. 25.   3
n m®Tyusen;m;y;NtIµ j;tu ki=Tp£b;∂te   /
Åte sTymsµTy;Jyµ sTye Hm®tm;i+tm«. 26.
tSm;TsTyv£t;c;r: sTyyogpr;y,:/
sTy;r;m: smo d;Nt: sTyenEv;Ntkµ jyet«. 27.
am®tµ cEv m®Tyu= √yµ dehe p£iti—tm«/
m®Tyum;p¥te moh;TsTyen;p¥te 'm®tm«. 28.
so 'hµ Hihµs£: sTy;qIR k;mºo∂bihfi˜t:/
smë:"su": xemI m®Tyuµ h;Sy;MymTyRvt«. 29.
ç;iNty~rto d;Nto b£∆y~e iSqto muin:/
v;Œn:kmRy~=    4 @ivfiy;Myudg;yne. 30.
1
Phalam è Acc. di moto a luogo, dipendente da apråptam, «colui che non è giunto».
2
Deva è denominazione antica per i «sensi», i quali nella foresta sono meno esposti alle tentazioni.
3
L’interpretazione più probabile della strofa sembra essere la seguente: «Chi non lede la vita [di
alcuno] con azioni nate dalla mente, dalla parola, dal corpo tali da portar via vita e ricchezze, costui
si libera da ogni legame».
4
Il sacrificio del brahman è la riflessione sulle eterne verità, il sacrificio di parola, mente, azione
riguarda la recitazione di formule sacre, la contemplazione dell’Essere Supremo, le osservanze
cultuali. L’osservanza di prescrizioni tradizionali, sia pure senza alcun formalismo ed esclusivismo,
non è quindi respinta da chi aspira a una religiosità rinnovata. Nel brano riprodotto ci sono sia motivi
sottolineati nelle dottrine eterodosse del Buddhismo e del Giainismo (impendere della morte,
imprevedibile ma sicura, rifiuto dei sacrifici animali), sia motivi upanißadici (e come tali accolti
nell’ampia ortodossia brahmanica), quali l’essenzialità della «verità» (si ricordi che satya deriva da
sat, «ciò che è») e l’affermazione dell’unica realtà dell’åtman, che, nascosto nell’intimo dell’individuo,

102
CORSO DI SANSCRITO

pçuy~E: kqµ ihµs£Em;RDço y–umhRit/


aNtvi≤wt p£;~: x}y~E: ipç;cvt«. 31.
ySy v;ŒnsI Sy;t;µ sMyKp£i,ihte sd;/
tpSTy;g= yog= s vE svRmv;pÑuy;t«. 32.
n;iSt iv¥;smµ cxun;RiSt iv¥;smµ blm«/
n;iSt r;gsmµ du:"µ n;iSt Ty;gsmµ su"m«. 33.
ATmNyev;Tmn; j;t ATmin—o 'p£jo 'ip v;
ATmNyev @ivfiy;im n m;µ t;ryit p£j;. 34.

nEt;Dçµ b£;∆,Sy;iSt iv†µ


yqEkt; smt; sTyt; c/
çIle iSqitdR?Úin∂;nm;jRvµ
ttStt=oprm: iºy;#y:. 35.

ikµ te ∂nEb;RN∂vEv;Rip ikµ te


ikµ te d;rEb£R;∆, yo mirfiyis/
ATm;nmiNvCz guh;µ p£iv–µ
ipt;mhSte ¡ gt: ipt; c. 36.
(Mahåbhårata, ed. crit., XII, 169, 3-36)

XIII. Il monismo teistico e panteistico della Bhagavadgîtå.

II. açoCy;nNvçocSTvµ p£~;v;d;µ= @;ßse/


gt;sUngt;sUµ= n;nuçociNt pi?Út;:. 11.
n Tvev;hµ j;tu n;sµ n Tvµ neme jn;i∂p;:/
n cEv n @ivfiy;m: sveR vymt: prm«. 12.
deihno 'iSmNyq; dehe kOm;rµ yOvnµ jr;/
tq; deh;Ntrp£;iPt∂IRrSt} n muHit. 13.
‹ÁÁÁ›

è il nucleo irriducibile e inalterabile sotteso a ogni molteplicità che non può essere che illusoria.

103
CARLO DELLA CASA

y ™nµ    1 vei† hNt;rµ y=Enµ mNyte htm«/


¨@O tO n ivj;nIto n;yµ hiNt n hNyte. 19.
‹ÁÁÁ›
v;s;µis jI,;Rin yq; ivh;y
nv;in g®˚;it nro 'pr;i,/
tq; çrIr;i, ivh;y jI,;R-
NyNy;in sµy;it nv;in dehI. 22.

nEnµ izNdiNt çSt£;i, nEnµ dhit p;vk:/


n cEnµ k¬edyNTy;po n çoßyit m;wt:. 23.
aCze¥o 'ymd;Ho 'ymk¬e¥o 'çofiy ™v c/
inTy: svRgt: Sq;,urclo 'yµ sn;tn:. 24.
aVy†_o 'ymicNTyo 'ymivk;yoR 'ymuCyte/
tSm;devµ ividTvEnµ n;nuçoictumhRis. 25.

VI. yo m;µ pÇyit svR} sv¯ c miy pÇyit/


tSy;hµ   2 n p£,Çy;im s c me n p£,Çyit. 30.

XI. n;hµ vedEnR tps; n d;nen n ceJyy;/


çKy ™vµiv∂o &–uµ D–v;nis m;µ yq;. 53.
‹ÁÁÁ›
mTkmR˜n«    3 mTprmo   4 m≤†_: sÂvijRt:/
invE Rr: svR@Uteßu y: s m;meit p;?Úv. 55.
(Bhagavadgîtå, passim = Mbh., VI, 24; 28; 33)

XIV. Contro il suttee.

ydetdnumr,µ n;m tditinfiflm«/ aiv√ªn;cirt ™ß m;gR:⁄ mohivlistmett«⁄


a~;npéitirym«⁄ r@s;cirtimdm«⁄ xu&Di–reß;⁄ aitp£m;do 'ym«⁄ mO“yRS"iltimdµ

1
Si riferisce a dehin, che in questo brano ha il significato di «anima incorporata».
2
Tasya e il successivo me hanno il valore del Dat. latino.
3
Tatpurußa: madartham eva karmå±i karotîti matkarmak®t.
4
Bahuvrîhi: aham eva paramo nißkala¿ pråpyo yasyeti sa matparama¿.

104
CORSO DI SANSCRITO

yduprte iptir @£;tir su·id @tRir v; p£;,;: pirTyJyNte/ Svyµ cen∏ jhit n
pirTy;Jy;:/ a} ih ivc;yRm;,e Sv;qR ™v p£;,pirTy;go 'ymsHçokvedn;p£tIk;rTv;d«
ATmn:/ ¨prtSy tu n kmip gu,m;vhit/ n t;v†Sy;yµ p£TyuªIvnop;y:/ n
∂moRpcyk;r,m«/ n çu@lokop;jRnhetu:/ n inryp;tp£tIk;r:/ n dçRnop;y:/
n prSprsm;gminim†m«/ aNy;mev SvkmRflpirp;kopict;ms;v«    1 avço nIyte
@Uimm«/ as;v«    1 aPy;TmŸ;itn: kevlmens; sµyuJyte / jIvµStu jl;Êild;n;idn;
b`pkroTyuprtSy;Tmn=/ m®tStu no@ySy;ip/
(Bå±a, Kådambarî, cap. 177).

XV. L'episodio di Uçînara.

(130)
ùwµ r;~: sm;s;¥ kpot: Çyenj;≤y;t«/
çr,;qIR td; r;jin∏ilLye @ypIiÚt:. 20.
(131)
Çyen ¨v;c
∂m;RTm;nµ Tv;àrekµ sveR r;jNmhIixt:/
s vE ∂mRivwéµ Tvµ kSm;TkmR ickIßRis. 1.
ivihtµ @x,µ r;jNpIÚ‰m;nSy me xu∂;/
m; @;ÃI∂RmRlo@en ∂mRmuTs®–v;nis. 2 .
r;jov;c
sµ}StWpS};,;qIR Tv†o @Ito mh;i√j/
mTsk;çmnup£;Pt: p£;,g®flnuryµ i√j:. 3.
™vm#y;gtSyeh kpotSy;@y;iqRn:/
ap£d;ne pro '∂mR: ikµ Tvµ Çyen p£pÇyis. 4.
p£SpNdm;n: sµ@£;Nt: kpot: Çyen lXyte/
mTsk;çµ jIivt;qIR tSy Ty;go ivgihRt:. 5.

1
Asau ... asau: «l’uno ... l’altro».

105
CARLO DELLA CASA

Çyen ¨v;c
Ah;r;TsvR@Ut;in sµ@viNt mhIpte/
Ah;re, ivv∂RNte ten jIviNt jNtv:. 6.
çKyte ëSTyje 'PyqeR icrr;};y jIivtum «   1/
n tu @ojnmuTs®Jy çKyµ vtRiytuµ icrm«. 7.
@Xy;i√loiptSy;¥ mm p£;,; ivç;µ pte/
ivs®Jy k;ymefiyiNt pNq;nmpun@Rvm«   2. 8.
p£m®te miy ∂m;RTmNpu}d;rµ niçfiyit/
rxm;,: kpotµ Tvµ b`Np£;,;n∏içfiyis    3. 9.
∂m¯ yo b;∂te ∂moR n s ∂mR: ø∂mR tt«/
aivro∂I tu yo ∂mR: s ∂mR: sTyivºm. 10.
ivroi∂ßu mhIp;l ini=Ty guwl;Ÿvm«/
n b;∂; iv¥te y} tµ ∂m¯ smud;cret«. 11.
guwl;Ÿvm;~;y ∂m;R∂mRivin=ye/
yto @Uy;µs « 4 tto r;jNøw ∂mRivin=ym«. 12.
r;jov;c
bàkLy;,sµyu†_µ @;ßse ivhgo†m/
sup,R: pixr;i$ Ûµ Tvµ ∂mR~=;Sysµçym«/
tq; ih ∂mRsµyu†_µ bà ic}µ p£@;ßse. 13.
n te 'STyividtµ ikµicidit Tv; lxy;Myhm«/
çr,Eiß,: pirTy;gµ kqµ s;iflvit mNyse. 14.
Ah;r;q¯ sm;rM@Stv c;yµ ivhµgm/
çKy=;PyNyq; ktuRm;h;ro 'Pyi∂kSTvy;. 15.
gov®ßo v; vr;ho v; m®go v; mihßo 'ip v;/
TvdqRm¥ iºyt;µ y√;Nydi@k;Ãse. 16.

1
«Anche se è difficile rinunciare ai beni terreni, si può vivere per lungo tempo (senza di essi)».
2
Apunarbhavam è apposizione di panthånam: «quella regione che è la liberazione finale».
3
Nota il valore diverso, prima intransitivo poi transitivo (e causativo) del futuro di naç-.
4
«Donde maggior [giustizia deriva]».

106
CORSO DI SANSCRITO

Çyen ¨v;c
n vr;hµ n cox;,µ n m®g;iNviv∂;µStq;/
@xy;im mh;r;j ikmn∏;¥en ten me. 17.
yStu me dEvivihto @x: xi}ypuµgv/
tmuTs®j mhIp;l kpotimmmev me. 18.
Çyen;: kpot;N";diNt iSqitreß; sn;tnI/
m; r;jNm;gRm;~;y kdlISkN∂m;wh. 19.
r;jov;c
r;Jyµ içbIn;m®éµ vE ç;i∂ pixg,;icRt/
y√; k;myse ikµicCz‰en sv¯ dd;in te/
ivnemµ pix,µ Çyen çr,;iqRnm;gtm«. 20.
yenemµ vjR yeq;STvµ kmR,; pixs†m/
td;cXv kirfiy;im n ih d;Sye kpotkm«. 21.
Çyen ¨v;c
¨çInr kpote te yid Sneho nr;i∂p/
a;Tmno m;µsmuT˜Ty kpottuly; ∂®tm«    1. 22.
yd; smµ kpoten tv m;µsµ @ven∏®p/
td; p£deyµ tNmHµ s; me tui–@Rivfiyit. 23.
r;jov;c
anug£himmµ mNye Çyen yNm;i@y;cse/
tSm;†e '¥ p£d;Sy;im Svm;µsµ tuly; ∂®tm«. 24.
lomç ¨v;c
aqoT˜Ty Svm;µsµ tu r;j; prm∂mRivt«/
tuly;m;s kONtey kpoten sh;i@@o. 25.
i∂£ym;,Stu tuly; kpoto VyitirCyte/
pun=oT˜Ty m;µs;in r;j; p£;d;ëçInr:. 26.
n iv¥te yd; m;µsµ kpoten smµ ∂®tm«/
tt ¨T˜†m;µso 's;v;wroh Svyµ tul;m«. 27.

1
Lett.: «messa sulla bilancia con il colombo».

107
CARLO DELLA CASA

Çyen ¨v;c
¤N&o 'hmiSm ∂mR~ kpoto hVyv;$ym«/
ij~;sm;nO ∂meR Tv;µ y~v;$mup;gtO. 28.
y†e m;µs;in g;}e#y ¨T˜†;in ivç;µ pte/
™ß; te @;SvrI kIitRloRk;ni@@ivfiyit. 29.
y;v„oke mnufiy;STv;µ kqiyfiyiNt p;iqRv/
t;vTkIitR= lok;= Sq;SyiNt tv ç;±t;:    1. 30.
(Mahåbhårata, III, 130, 20 - 131, 30)

1
L’episodio di Uçînara (o di Çibi), che in sostanza agita il problema del possibile conflitto di diritti
contrapposti, è probabilmente d’origine buddhistica e bene s’inserisce nella serie di racconti che
illustrano i sacrifici impostisi dal futuro Buddha per beneficare o anche soltanto per compiacere
altrui. L’episodio, oltre che nella tradizione buddhistica (per es. Jåtaka, 499), si ha pure in versioni
brahmaniche (delle quali qui è riportato un esempio) e giainiche. Il fatto che il colombo sia
considerato animale malauguroso sottolinea la generosità del protagonista. Curioso e tipico dell’estenuarsi
d’un motivo antico pervenuto in un ambiente sostanzialmente diverso è il racconto di Mbh. III, 198,
dove Çibi accetta, per compiacere un brahmano, di compiere sacrifici assurdi, che culminano
nell’effettuata uccisione d’un figlio.

108
CORSO DI SANSCRITO

109
CARLO DELLA CASA

VOCABOLARIO

110

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