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Lettera di Pietro Ferreira (Pedro) Di anni 23.

Nato il 3 agosto
1921 a Genova. Studente all’Istituto Galileo Galilei di Genova, allo scoppio della guerra si arruola
volontario ed è inviato a Moncalieri, per frequentare la Scuola ufficiali. Nell’ottobre del 1941 si
trasferisce a Modena, all’Accademia militare. Ottenuto il grado di sottotenente in servizio
permanente effettivo, all’inizio del 1943 è assegnato al 25º Reggimento fanteria della Divisione
Bergamo, impegnata nelle operazioni militari in Dalmazia. Il giorno in cui è annunciato l’armistizio
si trova a Spalato, da dove rimpatria in seguito allo sbandamento dell’esercito e per evitare di essere
catturato dai tedeschi. Unitosi in un primo momento alle bande partigiane del Friuli orientale, il 4
dicembre ritorna a Genova, ma vi si ferma solo per un breve periodo. Ripartito alla volta del
Cuneese, si aggrega alla formazione GL "Italia Libera", comandata da Duccio Galimberti. Il suo
gruppo è dapprima dislocato in Valle di Lanzo (TO); poi, ai primi di maggio, viene spostato in
Valle d’Aosta per esigenze strategiche. Qui Ferreira promuove ed organizza le Brigate Mazzini, che
nell’estate successiva si uniscono per formare la VII Divisione alpina GL, di cui egli diventa subito
il Comandante. L’8 agosto 1944 è arrestato da alcuni elementi dell’Ufficio politico investigativo
(U.P.I.) mentre si trova a Torino, ma viene rilasciato grazie ad uno scambio di prigionieri. Tornato
in libertà, nei mesi seguenti allaccia rapporti sempre più stretti con il comando generale del C.V.L.
(Corpo volontari della libertà), ed in particolar modo con il generale Raffaele Cadorna, che ne è a
capo. Il 31 dicembre 1944 si reca a Milano, meta ormai frequente dei suoi viaggi, per incontrare un
presunto sostenitore della lotta partigiana, che ha promesso di consegnargli una grossa somma di
denaro per finanziare la sua formazione. In realtà però si tratta di un tranello: Ferreira viene
arrestato dai fascisti e consegnato all’Ufficio politico della Federazione dei Fasci repubblicani di
Torino. Rinchiuso in carcere, il 22 gennaio è processato dal Tribunale di Co.Gu. (contro guerriglia)
e condannato a morte. Il giorno successivo (23 gennaio 1945) è prelevato dalla sua cella e condotto
al poligono di tiro del Martinetto assieme a Orazio Barbero, Bruno Cibrario, Dino Del Col,
Amerigo Duò, Enrico Martino, Ulisse Mesi, Luigi Migliavacca, Giovanni Moncalero, Luigi
Savergnini e Giovanni Battista Zumaglino. Qui gli 11 detenuti vengono fucilati da un plotone
composto da militi della GNR. Il 4 novembre 1946 l’Università di Genova gli ha conferito la laurea
ad honorem in scienze commerciali. Dopo la liberazione gli è stata assegnata anche la medaglia
d’oro al valor militare alla memoria, con la seguente motivazione: "Fiera figura di partigiano, dopo
avere combattuto in guerra accorreva sul patrio suolo per continuare la lotta di liberazione. Le valli
di Lanzo, di Chialamberto e di Aosta conobbero la sua insonne attività che le trasformò in potenti
baluardo contro l’avanzata nemica. Champercher, Bardonetto, Gressoney videro brillare il suo
valore in audaci azioni che costituiscono luminose pagine della storia partigiana. Catturato una
prima volta e liberato in seguito a scambio di prigionieri riprendeva il suo posto di combattimento
finché, caduto per la seconda volta nelle mani dell’avversario, veniva condannato a morte.
Nell’attesa della esecuzione scriveva il suo testamento spirituale dedicato ai compagni di lotta, e, al
canto degli inni della Patria, con sul petto il distintivo di partigiano, affrontava il plotone di
esecuzione e cadeva dopo avere comandato, eretto nella persona, il fuoco, gridando «Viva l’Italia».
Torino, 23 gennaio 1945."

Autore della presentazione: Igor Pizzirusso

DATI ANAGRAFICI

Dalle carceri di via Asti, Torino 22/1/45 ore 16,50


Caro Tenente Barbetti
condannato a morte e a poche ore dalla esecuzione mi sento libero, leggero, sfrondato di ogni umana
convenienza e di ogni particolare interesse per cui la mia parola è pura e limpida come acqua
sorgiva, e ciò che mi esce dalla penna non può esser
altro che sgorgato dal cuore.
E’ in queste condizioni di spirito che sento
il bisogno di rivolgere un saluto anche a Voi
prima di lasciare questa vita in cui ho vissuto
tanto intensamente.
Voi tenente Barbetti, colla vostra purissima fede
di fascista e nazionalista mi avete fatto ri=
credere su molti preconcetti che avevo sul
mondo fascista repubblicano. Conoscendovi ho
appreso ed ho dovuto constatare che anche tra le
vostre file vi sono degli uomini puri, onesti
e d’onore per i quali le doti morali staccan=
dosi nettamente da ogni considerazione di carat=
tere politico, brillano di luce propria e rendono
la propria personalità inattaccabile da qualsiasi
calunnia o ingiustizia anche a fine politico.
Io, che muoio per la causa della li=
bertà d’Italia voglio gridare a gran voce che
chi da radio Bari ha pronunciato le note parole
ingiuriose nei vostri confronti è un ignorante o
un blasfemo. Voi non siete un criminale di
guerra, come vi hanno definito, ma siete una
persona d’onore, un puro, che segue la voce della
coscienza e della lealtà. E ciò voglio dirlo, anzi,
gridarlo io, Pedro Ferreira, in punto di morte.
Possa questo mio grido che sale dalla fossa, giungere all’orecchio di coloro che non conoscendovi che
per l’ufficio che occupate e la carica che rivestite vi vogliono del male.
Io vi ringrazio, tenente Barbetti, di tutto quanto
avete fatto per me. Nell’ambito della giustizia avete fatto tutto quanto vi era possibile fare
per salvarmi. Al processo tutto quanto po=
tevate testimoniare a mio favore l’avete testi=
moniato, quantunque voi siate per me un ne=
mico.- Nuovamente commosso e riconoscente,
vi ringrazio tenente Barbetti e vi auguro di
ritornare felice domani in un’Italia rina=
ta a nuova vita, con la vostra signora e i vostri
bambini nella vostra natia Capua ove vi
sarei venuto a trovare un giorno se il desti=
no non mi fosse stato così nemico.
Ed ora vi saluto, tenente Barbetti, vi dico addio,
e vi chiedo di permettermi di abbracciarvi e, su=
perando tutto ciò che ci divide, considerarvi in
questo supremo momento un caro, un vero
amico

ten. Pedro Ferreira

Vi devo trasmettere i miei saluti anche al


tenente Maracci che ringrazio pure per tut=
to quanto fece e disse al processo come
teste a mia difesa. Anche egli è un caro e
bravo ragazzo i cui meriti non potranno non
essere riconosciuti. Mi permetto di abbracciare
commosso anche lui e di considerare anche lui un
amico
ten. Pedro Ferreira

Dalle carceri di via Asti, Torino 22/1/45 ore 8,30

Ai compagni e agli amici del P.d.A.


Torino

Come già avrete saputo ieri sera è terminato il


processo a mio carico del tribunale di guerra stra=
ordinario repubblicano di Torino. Le mie imputa=
zioni erano: 1º) appartenenza a bande armate; 2º) fu=
cilazione di quattro prigionieri tedeschi in località
imprecisata delle valli di Lanzo; 3º) favoreggiamento ed
aiuti dati a prigionieri inglesi. Per la prima fui
assolto, per la seconda condannato a 25 anni e per
la terza condannato a morte. Domattina all’alba
verrò fucilato. Termina così la mia breve (sono
nato il 3 agosto 1921) ma intensissima esistenza il
cui ultimo periodo, dall’8 settembre 1943 fino
all’ultimo giorno fu dedicata interamente alla
Patria. Muoio soddisfatto e contento di aver
compiuto fino al supremo sacrificio il mio dovere
verso la Patria e verso me stesso. Morte più bella
non potevo sperare dal destino troppo spesso in=
giusto e misconoscente. Il mettere il mio nome al
seguito di quelli di Paolo Braccini, Perotti, Sacchi e
Galimberti è un onore che certo non mi merito, e
il solo pensiero che questo domattina diverrà
realtà mi confonde e mi commuove. In questo po=
co tempo che ancora mi separa dalla morte mi sen=
to una calma e una lucidità di mente che mi
sorprendono. Vedo tutto il mio passato remoto e re=
cente con uno straordinario spirito analitico e

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critico. Le colpe che mi riconosco sono: trascuratezza


in cui ho lasciato la mia famiglia (trascuratezza però
non sempre volontaria) e specie recentemente, una
grande imprudenza. I meriti non li enumero
perché non è mia competenza. Per i miei orienta=
menti politici ho riconosciuto una sempre mag=
giore aderenza al pensiero di Gobetti e Rosselli ri=
elaborato nella recente enunciazione del programma
del P.d.A.. Poche ore prima di morire formulo a voi
tutti appartenenti al partito a cui io pure apparten
go i migliori auguri affinché possiate portare alla
nuova Italia di domani quella massa di energie
sane e libere, tanto necessarie per la rigenerazione
del Paese – Ma la calma e la serenità che io pro=
vo in questo tragico momento derivano anche e soprattutto
dal fatto che non sento in cuor mio nessun rancore
e non mi sento animato da nessun senso di im=
potente vendetta contro nessuno quantunque la
mia cattura, e conseguentemente la mia mor=
te siano avvenute solo ad opera di un vile agente
provocatore. Egli però sarà domani serenamente giu=
dicato dalla giustizia umana e, se non da questa,
certamente da quella divina. Dico "serenamente"
perché la nuova Italia di domani non dovrà mac=
chiarsi dei crimini di cui oggi si macchia la Repub=
blica Sociale Italiana con giudicare affrettatamente e in
massa senza tenere in alcun conto l’uomo e vedendo
soltanto il nemico da sopprimere. Anche fra le per=
sonalità e i funzionari repubblicani vi sono degli ele=
menti che, pur considerati nemici, dovranno domani
essere trattati colla massima considerazione e il mas=
simo rispetto esaminando il bene che hanno fatto
come uomini in contrapposizione al male che
gli potrete attribuire per il fatto ch’essi hanno appar=
tenuto ad associazioni od enti della repubblica sociale.

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Non ho potuto conoscere tante persone nel mondo re=


pubblicano perché la mia attività si svolse prevalentemen=
te in montagna, ma ho potuto conoscere qualcuno
qui all’ufficio politico. Per quegli ideali di
Giustizia e Libertà che stanno scritti nel piastrino tri=
colore che domani mi appunterò al petto all’atto
dell’esecuzione e che furono sempre la mia e furo=
no e saranno sempre la nostra divisa in combattimen=
to e nella vita pubblica, e per il valore che può
avere la mia testimonianza in punto di morte
ritirerete l’accusa che radio Bari ha rivolto al tenente
Barbetti di criminale di guerra. Il tenente Barbetti
è un fascista, è vero, e come tale un nostro avver=
sario, ma è un avversario leale onesto e d’onore
come pochissimi se ne trovano nel suo ambiente.
Egli ha sempre trattato col massimo rispetto, con defe=
renza e talvolta con attenzione quasi amorevole tut=
ti gli avversari leali ch’egli riconosceva come tali. In
processo l’ho chiamato a testimoniare ed egli mi
ha difeso fino al limite delle sue possibilità. Al
tenente Barbetti domani dovranno essere riconosciuti
questi meriti. Anche il tenente Marcacci da me
chiamato in tribunale a testimoniare mi ha di=
feso in maniera tale da suscitare perfino il mio stu=
pore. Tanto al tenente Barbetti come al tenente Marcacci
va comunque commossa tutta la mia riconoscenza e voi
pure dovete associarvi a questo sentimento ch’io provo in
punto di morte.-
Ed ora, compagni cari, prima di salutarvi, voglio ancora
raccomandarvi la mia famigliuola. La mia morte la=
scia in pietose condizioni materiali la mia famiglia
che da me soltanto si attendeva quel benessere a cui
ha ben diritto dopo gli inenarrabili sacrifici da essa
compiuti per la mia educazione e la mia formazione.
Mio padre ha sessantasette anni ed è ormai inabile
a qualsiasi lavoro; mia madre ne ha cinquantotto

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e mio fratello ne ha ventidue, ma per malattie con=


genite e contratte durante l’infanzia è anch’egli ina=
bile a qualsiasi lavoro e professione. La mia famiglia
è nullatenente ragion per cui è necessario ed indi=
spensabile il vostro aiuto. Sono certo che vi interesse=
rete di essa con quell’amore e con
quelle attenzioni colle quali vi siete sempre distinti
nell’assistenza alle famiglie dei vostri caduti tenendo bene
presente la grave particolarità del mio caso. -
Ed ora, amici cari, non mi rimane che salutarvi au=
gurandovi che le fortune del P.d.A., mai disgiun=
te dalle fortune dell’Italia liberata di domani, pos=
sano portare a graduale rinvigorimento della
Nazione e alla rieducazione morale del popolo
tutto senza la quale le forze demagogiche che han=
no portato l’Italia nostra all’odierna rovina ripren=
deranno il sopravvento e gli errori si ripeteranno
senza fine fino alla reale scomparsa di quella ci=
viltà di cui noi fummo i portatori.- Tra poco le
armate alleate spezzeranno l’ultimo baluardo difen=
sivo tedesco, anche l’Italia tutta verrà liberata e ter=
minerà per voi questo lungo periodo di lotta cospirato=
ria che tanto ha assottigliato le vostre file; e allora
sarà per voi la vita, l’aria, la luce, il sole, la gio=
ia di aver combattuto e di aver vinto e l’esultanza
della libertà raggiunta...... siate felici..... Addio...
un abbraccio a tutti
vostro
Pedro

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