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La Redazione de La Nuova Alabarda presenta il dossier n.

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PARTIGIANI DI GUARDIELLA
Nuova versione aggiornata e corretta

a cura di Claudia CERNIGOI

2013 1

Oh ragazza dalle guance di pesca oh ragazza dalle guance di aurora io spero che a narrarti riesca la mia vita allet che tu hai ora Italo Calvino PREMESSA della curatrice. Se ci guardiamo intorno oggi, a settantanni dalla deposizione di Mussolini (25/7/43) e dallinizio ufficiale della Resistenza in Italia (8/9/43, anche se va ricordato che gli antifascisti avevano iniziato ben da prima la loro Resistenza) vediamo una preoccupante indifferenza per i valori dellantifascismo ed unancora pi preoccupante ritorno di simpatia per il fascismo, la sua politica ed i suoi esponenti. Il leader del terzo partito del Paese ha serenamente asserito, senza che questo suscitasse eccessivo scalpore, che lantifascismo non lo riguarda, e nel frattempo si moltiplicano le iniziative di celebrazione (di apologia, sarebbe da dire) del fascismo e dei fascisti (si pensi soltanto allagghiacciante mausoleo per il criminale di guerra Rodolfo Graziani ad Affile, finanziato dalla Regione Lazio nella precedente gestione Polverini). Noi invece vogliamo ricordare i compagni che lottarono per la libert e per una societ giusta, e che non esitarono a mettere in gioco la propria vita per questi ideali. Nel rione triestino di Guardiella-San Giovanni si trovano diverse lapidi in ricordo dei caduti della Resistenza, ed davvero impressionante vedere quanti nomi sono incisi sulle varie targhe. Alcuni anni or sono avevamo gi cercato di ricostruire, per quanto possibile, la biografia e gli eventi che li videro protagonisti, basandoci innanzitutto sul libro curato dallIstituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della regione Friuli-Venezia Giulia nella seconda guerra mondiale (Udine 1991), e poi su documenti conservati presso la Sezione storica della Biblioteca di studi slovena (Odsek za zgodovino), rintracciati per noi da Dragica Ule Maver, che ringraziamo nuovamente in questa sede (e non possiamo fare a meno di rilevare che al momento in cui andiamo in stampa il Consiglio di amministrazione della Biblioteca ha decretato la chiusura, per mancanza di fondi, di questa sezione storica e di conseguenza linagibilit di un archivio cos prezioso per la storia delle nostre terre). In seguito abbiamo analizzato i documenti conservati presso lArchivio di Stato di Trieste e lIstituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione (IRSMLT), per ricostruire le operazioni repressive condotte dallIspettorato Speciale di PS nel nostro rione; inoltre Neva Kranjec ci ha messo gentilmente a disposizione le interviste che suo padre Andrej Kranjec, militante della resistenza di Sottolongera, ha fatto a suoi compagni e compagne di lotta. 2

grazie a questo materiale, alla consulenza del professor Samo Pahor ed ai testimoni che hanno ricordato per noi le proprie esperienze di lotta (soprattutto Nerino Gobbo Gino, Milka Kjuder 1, Fulvio Lazzari, Meri Merlach, Silvio Pierazzi-Pirjevec, ma anche tutti coloro che citiamo di volta in volta nel testo, e che ringraziamo) che abbiamo scritto queste pagine, allo scopo di far conoscere almeno una parte di questa storia finora misconosciuta. In fondo a questo studio lelenco dei nomi dei caduti che si trovano sulle lapidi di Strada di Guardiella e di via Masaccio 24 (Casa del Popolo di Sottolongera). Infine unavvertenza: a volte i racconti dei diversi testimoni sono contraddittori, ma abbiamo scelto di lasciarli cos, visto che non siamo in grado di definire quale sia la versione corretta, considerando che su eventi di tale entit e spesso dolorosi, le memorie possono anche essere confuse. E ci scusiamo anticipatamente per eventuali errori od omissioni, invitando chi fosse in grado di integrare o correggere quanto scritto in questo testo a mettersi in contatto con noi per dare vita ad una nuova pubblicazione, pi ampia ed esaustiva.

La Senatrice Lidia Menapace a Sottolongera, 25/4/08


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Il racconto di Milka Kjuder stato raccolto dalla figlia Katja Kjuder e pubblicato in lingua slovena sul Primorski Dnevnik del 13/3/05.

INTRODUZIONE: la parola ad Andrej Kranjec. A quei giovani che ancora oggi danno inconsciamente il loro voto ai fascisti vorrei far conoscere quella che fu la nostra vita nel terribile periodo dalla prima guerra mondiale ad oggi. Sono nato nel 1915, quando la prima guerra mondiale infuriava su tutti i fronti e qui si era in prima linea. Fin da bambino ho conosciuto fame e miseria. Con la fine della guerra si cominci a sperare in una vita migliore, ma purtroppo lombra minacciosa del fascismo cominci a incombere su tutto il Paese ed esplose in tutta la sua violenza specialmente in queste terre. I primi a subire le conseguenze della brutalit fascista siamo stati noi sloveni, che il fascismo considerava una razza da estirpare. Qui da noi per primo venne incendiato il Narodni Dom (13 luglio 1920, n.d.a.) dove cera pure lasilo infantile dove andava una mia sorella di tre anni. A quel tempo io frequentavo la prima classe della scuola slovena di S. Giovanni. Mi rimasto particolarmente impresso un giorno quando in classe, che era al pianterreno, entrarono 4 o 5 fascisti armati di bastoni, con fiaschi di olio di ricino e con libri propagandistici sotto il braccio ed obbligarono il maestro a comperarli. Io e un mio compagno, terrorizzati, fuggimmo da una finestra. Poco lontano dalla scuola ci fermammo a guardare una colonna di fumo che si levava dallasilo chera nella Casa di Cultura Narodni Dom, fuori dallasilo una confusione generale. Bambini che piangevano e madri che cercavano affannosamente i propri figli. Scorsi mia madre che disperata cercava mia sorella; la trovammo finalmente vicino al giardino pubblico. Il Narodni Dom venne distrutto dallincendio e cominci per noi lera del terrore e delle angherie fasciste. Le scuole slovene vennero soppresse e per frequentare la 5 classe fummo costretti ad iscriverci in quella italiana, la Attilio Grego dove insegnanti fascisti ci disprezzavano e ci chiamavano ciucoslavi per le difficolt che avevamo nello studio essendo passati improvvisamente da una lingua allaltra. Infine ci costrinsero ad iscriverci nella famosa organizzazione dei Balilla. Allet di 15 anni (nel 1930-1931) ho cominciato a lavorare al cantiere S. Marco dove la situazione era ancora peggiore. Eravamo trattati non da operai ma da galeotti. Per noi sloveni esprimerci nella propria lingua era proibito. Una volta che ci hanno sentito parlare in sloveno, un mio compagno ed io fummo schiaffeggiati ed oltraggiati con la tipica frase qui non si parla sloveno. Nellanno 1932 il cantiere venne chiuso e rimasi disoccupato. Vennero anni di miseria e sofferenze perch il pane era solo per coloro che avevano la tessera del fascio e protettori fascisti. Dopo un anno di disoccupazione trovai lavoro nelledilizia. Gi dallinizio della guerra mi sono interessato allo sviluppo delle formazioni hitleriane. Pi volte i compagni di Monfalcone ci portavano i manifesti del Delo, che ho distribuiti io stesso tra i compagni. Quella volta ancora non ci rendevamo conto cosa fossero i partigiani e perch combattevano. La caduta del fascismo non 4

ha poi significato la fine della guerra ma linizio della lotta in unaltra forma, e fino dall8 settembre abbiamo iniziato a fare delle riunioni con un compagno che la sapeva pi lunga di noi sulla questione partigiana. Conobbi attivisti della Guerra di Liberazione ed internati politici. Da loro apprendemmo cose, che noi cresciuti sotto il terrore fascista non conoscevamo. Ci spiegarono lo scopo della lotta partigiana e antifascista e ci prepararono alla lotta per la libert. Nelle ore libere ci insegnavano che cosa la lotta dei partigiani e il suo scopo. Cos dopo l8 settembre cominciammo a batterci contro il nazifascismo, abbiamo disarmato la Guardia civica 2 e portato le munizioni ai nostri combattenti. Assieme ai compagni Stanko Skodler e Ferdinando Dujc (poi caduto con i partigiani), abbiamo avuto delle riunioni sul Monte Spaccato. L venuto anche un compagno dal centro ed ha chiarito come fosse necessario lavorare nella clandestinit. Nellottobre 1943 abbiamo organizzato i primi tereni (cellule territoriali, n.d.a.). Il contributo che nel nostro settore abbiamo dato non indifferente. Dapprima abbiamo aiutato i militari sbandati a raggiungere le loro case o le formazioni partigiane, abbiamo raccolto viveri ed armi per i partigiani, poi incominciai assieme ai compagni di Sottolongera a organizzare le cellule territorali I e II che davano il loro contributo in varie forme alle formazioni partigiane che nei boschi si battevano contro i tedeschi. Io ero segretario del I terreno; le riunioni le tenevamo sul Monte Spaccato e poi in qualche cantina; il mio referente era Agit Prop (la sezione Agitazione e Propaganda, n.d.a.), in seguito divenni membro del direttivo del II settore con il compito di diffondere la stampa partigiana nelle case dei compagni; la stampa la portavano le donne che andavano a prendere il pane a S. Giovanni. Quando lArmata Rossa ha liberato Belgrado abbiamo inneggiato con scritte sui muri delle case, i nostri dirigenti del centro sono stati Proek Davorin e Zdrava. La popolazione voleva loro tanto bene. Il nostro compito di lavoro era uguale a quello che aveva la cellula territoriale della compagna Pertot Cristina. Il nostro settore, nella lotta clandestina e nella guerra partigiana ha avuto parecchi caduti. Quando la liberazione era alle porte il 27 aprile ci fu lultima riunione nella cantina di Stanislav Ferluga in Cologna. Presenti erano Lipovec (Tine), Davorin, Zdrava e Gomba Francesco e altri che non conoscevo. In questa riunione si gettarono le basi per preparare, per il nostro settore, linsurrezione contro loccupatore poich lesercito di liberazione si avvicinava alla citt e ci hanno dato le ultime direttive per la liberazione di Trieste. Nel pomeriggio del 29 aprile si tenne una riunione di tutti gli attivisti a Sottolongera, dove ognuno ha
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Allepoca non era stato ancora costituito il Corp o della Guardia civica, probabilmente Kranjec si confuso con un altro dei corpi armati che esisteva allora.

avuto il suo incarico. Dario ok e Gomba Antonio comandanti, Karlo ok (Lukec) e Kranjec Andrej commissario e vicecommissario. Il 30 aprile una colonna dei tedeschi giunta fino alla cava Faccanoni e l si ferm, lasciando carri e cavalli e sono scappati, noi avevamo ordine di fermarla, ma non ci fu bisogno, i tedeschi venivano da soli a chiedere rifugio, perch avevano paura dei partigiani. Quella sera a Longera e Sottolongera era come linferno, a Cattinara hanno dato fuoco alla polveriera, sopra Longera scoppiata una potente mina che ha fatto dei morti e distrutto una parte del villaggio. Gli abitanti di Sottolongera alla ritirata dei tedeschi si erano rifugiati, la maggior parte, nella galleria ferroviaria Fuori si sentivano crepiti delle mitraglie sul Monte Spaccato, tuoni di cannoni, bombardamenti aerei. Questo inferno durato fino a notte inoltrata, poi allalba del I maggio nella penombra si vide una pattuglia di militari che marciava verso la galleria. Alcuni che erano di guardia, pensarono fossero i tedeschi, quando si resero conto che erano partigiani tutti uscirono festanti, facendo a gara per aiutare i primi partigiani tanto attesi. Era tutto un grido di gioia, abbiamo dato loro del latte e da mangiare. Dopo essere stati rifocillati ci chiesero di accompagnarli in citt. Alle sei del mattino quattro di noi li accompagnarono in via Carducci prima, poi in via Capitolina, dove perse la vita il comandante, mentre da tutte le parti affluiva lesercito di liberazione che entrava in citt combattendo contro i residui gruppi di tedeschi che opponevano resistenza. In seguito andammo alla stazione marittima per liberare il porto. Dopo 3 giorni di combattimenti, in citt incominci la lotta politica con migliaia di riunioni, manifestazioni. Le forze reazionarie tentavano di strapparci la libert a cos caro prezzo conquistata. Io ero incaricato sin dal 1944 alla diffusione della stampa e lo sono tuttora. Molti anni sono passati da allora, anni carichi di lotte e sacrifici. Nonostante il nazifascismo sia stato sconfitto militarmente ha tentato e tenta di risorgere con tutta la sua violenza. Per a tutti coloro che desiderano che ci avvenga diciamo il nostro deciso NO! Non lo permetteremo perch siamo ancora validi e decisi alla lotta e con noi abbiamo le nuove generazioni che non permetteranno il ritorno del triste passato. Andrej KRANJEC SOTTO IL FASCISMO. Nel periodo delle elezioni del 1922 andavo a S. Giovanni per la strada e incontrai il maresciallo Schiaffino che era assieme a due guardie; erano diretti proprio a casa mia a cercare mio fratello. Da me vollero sapere dove era mio fratello e siccome non lo dicevo mi schiaffeggiarono e mi portarono in caserma; vi sono rimasto un paio di giorni. Poi hanno trovato mio fratello e lo portarono anche lui in galera. Un giorno mi fecero andare in una stanza, aprirono una tenda e vidi mio fratello inginocchiato 6

sul sale; era nudo, aveva le mani e i piedi legati ed era insanguinato: si vedevano i segni che era stato torturato selvaggiamente. Gli agenti volevano sapere dove si trovavano le armi che i compagni dovevano adoperare contro i fascisti che assalivano le nostre istituzioni. Dopo 20 giorni egli stato rilasciato, ma dopo non mai stato bene ed in breve morto. Giuseppe HROVATIN LORGANIZZAZIONE DELLA RESISTENZA. Nerino Gobbo Gino, nato a Rovereto nel 1920 ma triestino dadozione e cresciuto nel rione di San Giovanni, nella cosiddetta Corte Fedrigovez presso la Rotonda del Boschetto, fu il comandante del II Settore di Trieste. Questo il suo racconto 3. Io ritornai a Trieste con altri compagni nel 1944 in un momento molto critico. Cerano stati da poco le fucilazioni di Opicina, le impiccagioni di via Ghega, molti attivisti politici dellOF e dellUO 4 erano stati arrestati o uccisi 5. Per questo il nostro arrivo fu accolto molto bene. Io trovai subito il collegamento col movimento di liberazione attraverso compagni che conoscevo da sempre: nella fabbrica dove avevo lavorato prima di andare militare esisteva gi una cellula comunista, anche se io non ne avevo fatto parte. Nel rione di San Giovanni i miei compagni dinfanzia e di giovinezza erano tutti attivi chi nellOF chi nellUO. Ad esempio Maria Birsa era attivista dellOF all'ospedale maggiore dove lavorava come infermiera; Giuseppe Birsa, due volte naufrago della Marina da guerra, demobilitato per ragioni di salute, era attivo nellOF sul territorio e nellUO alla Fabbrica Macchine, Marcello Grill lavorava in un magazzino alimentare che riforniva lesercito tedesco ed aveva la possibilit di sottrarre viveri che venivano mandati ai compagni. Il periodo era dei pi pericolosi. Prima del mio arrivo erano caduti nelle mani di Collotti 6 parecchi attivisti importanti. Valutato il mio lavoro venni incluso relativamente presto nel comitato Circondariale dellUO. Tirava gi aria di insurrezione per cui dalle azioni di raccolta viveri e vestiario per le formazioni partigiane, dalla propaganda per
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Testimonianza di Nerino Gobbo, luglio 2009. Osvobodilna Fronta (Fronte di Liberazione) e Unit Operaia (Delavska Enotnost). 5 Ad Opicina furono fucilati per rappresaglia 41 ostaggi il 3 aprile, in via Ghega furono impiccati, sempre per rappresaglia, 51 ostaggi il 23 aprile. 6 Il commissario Gaetano Collotti era a capo della squadra volante dellIspettorato Speciale di PS, corpo di repressione istituito nel 1942 e diretto dallIspettore generale Giuseppe Gueli, che continu ad operare anche sotto il Reich. Si veda C. Cernigoi, La Banda Collotti, KappaVu Udine 2013.

lafflusso nelle file dei combattenti, dalle azioni di volantinaggio che imbestialivano tedeschi e fascisti, inizi anche lazione per la raccolta delle armi. Gli avvenimenti scorrevano veloci. Ad un certo punto il compagno Tofful mi mand a dire che mi avrebbero incontrato due compagni per parlarmi. Erano i compagni Franovic e Dolesi del comitato circondariale dellUO-DE, che vollero sapere tutto di me e mi fecero un interrogatorio a tiro incrociato di terzo grado. Ma ho avuto limpressione che sapessero gi tutto di me. Io spiegai loro che volevo andare in montagna, ma loro mi dissero che per il momento dovevo rimanere in citt e lavorare per lUnit Operaia, parlarono di perdite di quadri e necessit di sostituirli. I miei contatti mi procurarono dei documenti della Todt 7 e fui in grado di muovermi liberamente in citt. A casa mia vennero un paio di volte i carabinieri a domandare di me, ma i miei dissero che mi avevano dato per disperso dall8 settembre. Fui cos inserito nella Unit operaia del secondo rione (la citt era stata divisa in otto zone dintervento, dette rioni); poi quando venne a Trieste la commissione militare a preparare la formazione del Comando citt del IX Corpus, la citt venne suddivisa in quattro settori territoriali e vennero formati i Comandi di Settore del Comando Citt. Del Comando del II settore era stato nominato comandante Martin Praek, vecchio attivista dellOF. Ho partecipato a questo processo fin dallinizio: fui prima nominato commissario politico del II settore, poi allinizio del 45 ne divenni il comandante. Come tale ho partecipato allinsurrezione armata ed i risultati non sono mancati, come pure i riconoscimenti. Verso la fine del 1944 i nazifascisti avevano riempito la citt di manifesti di propaganda antipartigiana, soprattutto anticomunista, manifesti che rappresentavano i comunisti come mostri sanguinari. A quel punto decidemmo una, chiamiamola cos, controffensiva di affissioni. Ci riunimmo nel Boschetto di Trieste una sera, approfittando di un preallarme come facevamo spesso, perch in quei momenti tanta gente andava a cercare rifugio dai bombardamenti e non si dava nellocchio se ci si trovava assieme. Eravamo una trentina di persone, quasi tutti molto giovani. Dopo alcune discussioni sullagire o non agire, decidemmo di fare unaffissione a tappeto di manifestini con leffigie di Tito. Fu in quelloccasione che notai per la prima volta Carla, una bella ragazza scura di occhi e di capelli: era una kurirka, una staffetta di San Giovanni: prese la parola, non ricordo se parl in italiano o in sloveno, ma con tanta enfasi che convinse anche i pi dubbiosi ad intervenire con questa azione.
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Il servizio del lavoro germanico.

Cos preparammo i manifesti: erano in formato A3 ed A4; li port a San Giovanni, in una javka 8 presso un carbonaio di via San Cilino di nome Poropat (che teneva presso di s anche armi per il movimento di liberazione), don Giulio, un prete che collaborava con noi. Con lui non parlavamo pi che tanto di politica o di religione, stava con noi e questo bastava: anche con laltro sacerdote che faceva parte del movimento, don Canciani 9, eravamo rimasti daccordo di non entrare in polemiche o discussioni, noi non intendevamo proibire la religione o impedire la libert di culto, ci bastava che fossero riconosciuti come valori fondamentali lantifascismo e la democrazia socialista. E questi preti erano daccordo con noi. Non so il cognome di don Giulio, so che abitava nella zona di via Piccardi; qualcuno and a cercarlo poco prima dellinsurrezione ma sent da dietro la porta di casa sua che stava litigando con qualcuno e se ne and senza farsi sentire. A proposito di preti, voglio dire che uno dei posti dove dormivamo durante la clandestinit era proprio un alloggio di preti presso la parrocchia di San Giovanni, anchio ho passato diverse notti l. Finch un giorno il vescovo Santin non diede ordine a don Canciani di sbatterci fuori, allora ce ne andammo perch il posto non era pi sicuro. Ma parlavamo dei manifesti di Tito. I compagni si organizzarono in coppiette, che facendo finta di fermarsi a pomiciare 10per le strade, attaccarono i manifesti in tutta via Giulia e via Carducci, anche piuttosto vicino alle sedi dei nazisti (in piazza Oberdan cera il comando della SS). Per i volantini avevamo diversi sistemi di diffusione: uno era quello della bora nelle giornate di vento si posava una pila di volantini in punti strategici (uno dei migliori era sotto i portici di Chiozza), e quando arrivava una raffica i volantini volavano davvero, dappertutto. Un altro sistema laveva pensato Giulio, uno dei nostri compagni pi in gamba: figuratevi che una volta ha disarmato, da solo, un tedesco nella zona del cimitero. Gli era andato alle spalle, gli aveva ficcato un dito nella schiena ed intimato di consegnarli larma. Il nazista si spavent e gli diede la pistola, senza rendersi conto del bluff. Bene, questo Giulio aveva un sistema di diffondere i volantini ed anche i nostri giornali, nelle case: andava fino allultimo piano, e da l, scendendo infilava i fogli nelle cassette delle lettere o sotto le porte. Cos prima che uno si accorgesse di cosa accadeva il militante era gi fuori dallo stabile.

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Punto di contatto o ritrovo. Don Canciani sarebbe poi diventato membro del CEAIS (Comitato Esecutivo Antifascista Italo-Sloveno), cio lorgano amministrativo della citt di Trieste nel periodo di amministrazione jugoslava. 10 Pu sembrare strano, ma questo proprio il termine usato da Gino ne llintervista.

Questo metodo piacque ai compagni e fu adottato per la diffusione della stampa. A causa delle spietate repressioni operate dallispettorato speciale di PS, nella primavera del 45 si era pensato di organizzare un attentato contro la loro sede di via Cologna: lidea era di passare attraverso le condotte fognarie partendo dalla zona della Rotonda del Boschetto, a due chilometri circa da via Cologna, e di piazzare dellesplosivo sotto la sede dellIspettorato. Ma poi questa idea fu accantonata, sia perch le piogge primaverili avevano ingrossato i torrenti e di conseguenza reso impraticabili le condotte, ma soprattutto perch avevamo valutato che erano troppi i compagni imprigionati nella caserma e lesplosione avrebbe ucciso anche loro. LA RESISTENZA DEI CIVILI. Cominciai a lavorare a 15 anni per il Fronte di Liberazione. Sono stata attivista corriera (staffetta) ero dotata di grande coraggio. Mi ricordo quando i tedeschi hanno fatto rastrellare San Giacomo, avevo dei manifestini che ho nascosto sotto le pietre delle case diroccate, e tenevo la posta cucita nei vestiti; la polizia mi disse che dovevo andare in chiesa perch l mi avrebbero perquisita, invece io ho sorriso ai poliziotti che mi hanno lasciata andare, avevo dei documenti importanti da portare nel comando a Bisterza, e con qualche compagno ci siamo incamminati, con grande difficolt a causa della stanchezza, la fame e la sete, eravamo in pieno agosto e dovevamo camminare notte e giorno. Dopo avere fatto il nostro dovere, siamo tornati a Trieste. Appena arrivata dovetti subito partire perch la polizia era stata avvertita, aveva scoperto la nostra organizzazione, e noi labbiamo saputo tramite un nostro confidente. Sono andata al IX Korpus, mi hanno accompagnato fino a Trebiciano e dopo sono andata da sola fino a S. Giacomo in Colle, dove ho preso il primo contatto con le formazioni partigiane. In quel tempo cera una grande offensiva dei tedeschi, domobranci e altri in tutta la valle del Vipacco, con mille difficolt sono giunta ad Aidussina e mi hanno assegnato il posto al comando, facevo la corriera, e quando avevo tempo cucinavo, o lavavo, se cera un po di sapone, in questo poco di tempo nel comando ho saputo tante cose tristi di massacri nei paesi bruciati, i tedeschi volevano prendere Aidussina a tutti i costi. Noi abbiamo camminato verso Razdrto, dove siamo stati affrontati dai Belogardisti, mi hanno ferito e sono stata sola per tre giorni, senza cibo. Piano piano sono andata in un paese, ho chiesto del pane ho mangiato pure rape, ho passato il fiume Vipacco e l ci siamo ritrovati tutti quelli che sono rimasti vivi in questa battaglia. Interi paesi bruciavano e cerano mucchi di cadaveri nelle strade. Era la fine dellanno, i Belogardisti hanno circondato il paese e fatto prigionieri. Io sono stata condotta ad Aidussina e mi hanno condannata a morte, era il 6 gennaio. Ci portarono vicino alla sorgente di Vipacco, la ci hanno messo tutti i partigiani che siamo stati diversi davanti al 10

plotone desecuzione. Fui salvata da un Belogardista che disse qualcosa allorecchio del comandante, mi port via dai compagni che aspettavano la morte e mi disse sei fortunata, perch non hai ancora 17 anni. Ma mi catturarono di nuovo e mi portarono a Gorizia in galera, dove fui di nuovo torturata, anche con la corrente elettrica, dopo 19 giorni mi hanno mandato in Germania eravamo in 120 nei vagoni bestiame. Maria ZULIAN Assieme a mio marito Giuseppe abbiamo molto contribuito a Sottolongera per il Fronte di Liberazione. Nel 1944 nella nostra cantina davamo rifugio ai gappisti, anche per sei mesi di fila, avevano diverse qualit di armamenti, molte volte ho dato loro da mangiare, ho cucito e lavato per loro. Ogni tanto arrivava qualche ferito, io dovevo medicarlo, nonostante fossi una contadina che non aveva mai avuto a che fare con le bende. Poi dovevo fasciare pure i sani che andavano con la mano ferita per finta dai dottori che erano gi daccordo e davano loro un pacco contenente medicinali da portare ai partigiani. Gli spaventi che ho preso hanno influito assai sulla mia salute. Mi domando come sono ancora viva con tante che abbiamo passato. Maria FRANZA (strada per Longera 222). La mia famiglia una delle tante famiglie che si sono sacrificate per la lotta di liberazione e sono stati fedeli ad essa, hanno contribuito pure finanziariamente per sostenere la lotta. Mio marito Vittorio cercava di tranquillizzarmi dicendomi che sarebbe arrivato il giorno pi bello, quello in cui saremmo stati liberi, perch se il nemico avesse saputo tutto del nostro lavoro illegale per la lotta di liberazione non so come ce la saremmo passata noi due. In mezzo alla campagna avevamo una stalla nel quale si rifugiavano e dormivano partigiani con tutte le loro armi. La formazione era il gruppo VDV. Mio marito un giorno and a vedere nella stalla, ha visto pieno di armi e allora ha pregato i partigiani di portarle via perch lui sentiva che cera qualcosa in aria, e lo hanno ascoltato. Infatti qualche giorno dopo vennero tedeschi e Domobranci proprio diretti per la strada verso la stalla, mi chiesero se per questa strada camminavano i partigiani, hanno tutto messo sottosopra ma non hanno trovato armi. Un giorno venne a casa nostra un giovane e ci chiese di nasconderlo cos abbiamo fatto finta che era figlio dellelettricista della stazione di Guardiella. Si chiamava Toselli di Bologna. Sono giunti agenti della SS nel suo ufficio per condurlo in piazza Oberdan; quando le guardie si sono un po allontanate lui se la diede a gambe su per il bosco diretto a casa nostra. Dormiva in soffitta e di giorno non si faceva vedere fuori. Aveva degli apparecchi radio e altro materiale elettrico. Mio marito ha dato 60.000 lire per il prestito ai partigiani, ancora oggi saranno nascoste le ricevute in qualche angolo. Ogni partigiano che veniva da noi trovava qualche piatto da mangiare, e finita la guerra 11

finita la paura e pure mio figlio Francesco che era coi partigiani tornato sano e salvo e siamo stati fieri di avere dato il nostro contributo per la lotta di liberazione. Giustina GEC (strada per Longera) Dalla capitolazione italiana dellanno 1943 sono stato attivista dellOF. La mia casa era isolata ed avevo da me 15 e pi partigiani che mangiavano e dormivano da noi. Tre erano stabili, nascondevamo pure munizioni. Si doveva essere assai prudenti per la presenza dei fascisti e belogardisti di San Giovanni, vestiti in borghese. Nella caserma sono stati rubati 10 cavalli ed hanno sospettato di me che lavorassi coi partigiani, ancora oggi mi domando come sono passati tutti gli anni della lotta senza essere scoperto. Anton OK (strada per Longera 276), contadino Dal 1943 dalle capitolazione italiana 8 settembre incominciai a lavorare per lorganizzazione partigiana OF, Fronte di Liberazione, le riunioni si tenevano in casa nostra, la nostra cellula illegale si chiamava Teren, eravamo in 5 compagni. Ognuno aveva il suo compito. Ogni tanto veniva un compagno dal centro per darci informazioni ed incarichi di lavoro. Si raccoglieva denaro, viveri e vestiario, per portarli nelle formazioni partigiane. Tutto questo ho portato in una casa di attivisti OF. Si trattava di Paolo e Maria Lazar, in strada Basovizza 16, poi venuto il lattaio con il carro che portava latte a Trieste, caricava la roba e la portava al centro raccolta di Gropada. Si sapeva che esistevano altre cellule territoriali, ma non si sapeva dove. Vicino casa nostra cera un bunker che era diretto da Riccardo Gropaiz, con nessuno non ho parlato dellativita dei gappisti, uno dei migliori attivisti era il compagno Skodler Slavko, che era segretario della cellula territoriale, nei mesi prima della liberazione assieme alle nostre donne abbiamo fatto berretti partigiani (titovke) dalle uniformi dei militari italiani che avevamo travestiti per scappare pi sicuri a casa. Abbiamo colorato le lenzuola per fare delle bandiere, rosse e nazionali slovena e italiana con la stella rossa. Al 1 maggio 1945 tutti gli uomini avevano il proprio berretto, nelle 3 cellule territoriali sono stati fatti circa 200 e ancora ne mancavano. Il 3 maggio al pomeriggio quando ancora tuonava il cannone a Opicina, abbiamo fatto una dimostrazione in piazza grande (Unit). Era una selva di bandiere. Ci si domandava da dove erano venute fuori tante e pi, il rione di Sottolongera era tutto imbandierato a festa. Cristina PERTOT (via del Timo 36) Sotto un ciliegio nelle vicinanze della mia casa (in Strada per Basovizza n. 46) i partigiani hanno costruito un bunker. Il solaio era di travi e tavole coperte con terra per mimetizzarlo, sopra hanno seminato erba per far credere che fosse 12

campagna; lentrata era sotto un fico. I gappisti si servivano del bunker quasi sempre di notte per fare delle azioni e anche per pernottare; nel bunker si nascondevano munizioni, macchine da scrivere e altro materiale da spedire alle brigate partigiane perch si trovava a qualche decina di metri dalla strada per Basovizza. Un giorno i gappisti si sono messi daccordo con un belogardista 11 che era alla custodia del magazzino della caserma di San Giovanni 12, questo ha lasciato aperte le porte del magazzino ed hanno asportato materiale bellico, scarpe, vestiti ed altro. Dato che pensavano fosse pericoloso portare il materiale nel bunker hanno preferito portarlo sul Monte Spaccato e nasconderlo tra i cespugli. Lindomani hanno fatto un rastrellamento in tutta la zona e hanno trovato questo materiale nascosto. Hanno arrestato il magazziniere e dovevamo lui e io per primi aprire il bunker che era stato segnalato da qualche spione. Io mi vedevo gi morta ma il finto belogardista ha detto che io non centro con tutti questi fatti e mi hanno lasciata invece lui aveva le mani e il viso tutto gonfio con ferite sanguinanti; non so che fine ha fatto questo partigiano. Mio fratello Pino Bitti era partigiano a Fiume. Hanno fatto un rastrellamento, hanno preso lui e altri compagni, li hanno caricati sui camion e trasportati a Trieste per interi giorni a S. Sabba; prima di giungere a destinazione, ci fu un allarme aereo, i tedeschi sono fuggiti nel rifugio e lui riuscito ad arrivare a casa; allarrivo dei partigiani al pomeriggio del 30 aprile i tedeschi da S. Luigi spararono verso il Monte Spaccato e lui che si trovava nelle vicinanze della cava Faccanoni stato colpito a morte. Il mio cognato Pepi, che aveva nome di battaglia Bosco, fu a capo di una compagnia di gappisti che hanno fatto molte azioni contro i fascisti. Maria UTERSI peovka LATTIVIT DELLA BANDA BOSCO. Questultima testimonianza ci introduce alla vicenda della Banda Bosco di Giuseppe uteri (Pepi Bosco). In un rapporto dellIspettorato Speciale di PS, datato 15/1/45, leggiamo di unattivit repressiva nei confronti della cosiddetta banda Bosco, cos chiamata

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Membro della Belagarda (guardia bianca), corpo collaborazionista sloveno. Nella caserma di PS di San Giovanni, negli ultimi anni sede della Scuola di Polizia, erano insediati, sotto loccupazione germanica, anche i domobranci, altro corp o collaborazionista sloveno.

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dal nome del capo Giuseppe Sustersich detto Pepi Bosco definita la pi temibile sia per numero di componenti che per efferatezza di delitti 13. Giuseppe uteri (il cognato di Maria uteri) era nato a Trieste il 19/12/08; partigiano combattente dal 1942, fu arrestato e torturato dalla banda di Collotti nel 43; successivamente fu partigiano della brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Dopo la fine della guerra si arruol nel corpo della neocostituita Polizia civile, ma mor il 30/12/45 per le conseguenze delle ferite riportate durante la guerra. uteri prese parte il 31/5/44 ad un attentato (fallito) contro il prefetto Bruno Coceani, di nomina nazista 14. In proposito leggiamo quanto lo stesso Coceani ha scritto nel suo libro di memorie, riportando quanto ne scrisse Il Lavoratore. Un partigiano comunista () racconta di aver avuto dal suo comandante Giacca 15 lordine di portarsi assieme a due altri compagni nella zona di Villa Giulia (dove abitava il prefetto, n.d.a.) per fare un sopralluogo. Da qui prosegue la citazione dal giornale. Io e i miei compagni ci siamo pi volte recati sul posto e abbiamo constatato la favorevole configurazione della strada in questione () il giorno stabilito fummo informati trattarsi del prefetto: ci furono dati i suoi connotati con lindicazione che insieme a lui, quasi sempre, viaggiava il suo segretario. Ci appostammo nel luogo stabilito e precisamente a una curva, aspettando il segnale del comandante in osservazione a un centinaio di metri pi avanti, segnale fatto con un fischietto per avvertirci che lautomobile era proprio quella che si attendeva. () Ma per un malaugurato equivoco allultimo istante lazione non si pot compiere per quel giorno. Nei giorni che seguirono dolorosi avvenimenti colpirono i componenti il Gruppo dAzione Patriottica e il loro comandante Giacca dovette allontanarsi dalla citt rifugiarsi, tallonato da Collotti e dai suoi gregari. Io fui chiamato a sostituirlo e il mio primo pensiero fu di completare il compito del mio predecessore, e a questo scopo riconfermai lincarico ai miei tre compagni, Bruno, Rino e Carlo 16 dei quali, in seguito, i primi due sacrificarono in
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Loriginale conservato presso il Vojno Istoriki Institut di Belgrado, n. 913 -4/2 (19); noi abbiamo preso visione della copia conservata in archivio IRSMLT, n. 918. 14 A leggere quanto scrive lo stesso Coceani nel suo libro di memorie, egli si sarebbe presentato alle autorit germaniche che avevano occupato Trieste per proporre una sua collaborazione e dopo una serie di colloqui con il dottor Wolsegger, sostituto del Gauleiter Rainer, alla fine accett la nomina di Prefetto (Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali dItalia, Istituto di Storia e Documentazione 2002, pagg. 49 -54. 15 Giacca era Mario Toffanin, poi partigiano nella Garibaldi Natisone, fu processato e condannato per leccidio di Porzus del 7/2/45. 16 Da quanto leggeremo pi avanti si possono identificare in Bruno Kavi, Rino Ricci e Carlo Sturman.

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unaltra azione la loro vita per la causa. Armati di pistola essi bloccarono la macchina alla gi famosa curva sparando contro gli sportelli chiusi. Il traditore Coceani si rannicchi sul sedile riparandosi il viso con le mani e gridando vigliacchi. Chi pi vigliacco di lui che si macchi dellinfame delitto di servire e collaborare con i tedeschi per ambizione personale, contribuendo cos a portare tutta una serie di lutti nella nostra regione, e facendo piangere delle pi amare lagrime centinaia di madri, spose e bambini. Ma il tempo stringeva. La pattuglia di metropolitani (che controllava la strada, n.d.a.) stava accorrendo sul posto sparando essa pure. Bisognava affrettarsi. Un ultimo colpo venne sparato da Bruno sul retro della macchina di Coceani e un altro compagno lanci la molotov che doveva incendiare la vettura. Per disdetta la bomba non esplose. Gli agenti sorpresi e intimoriti dalla fulminea e ardita azione dei compagni rimasero coraggiosamente a prudente distanza pur sparando e gridando per far accorrere altri rinforzi. Malgrado ci i nostri tre coraggiosi compagni riescono a fuggire. Riprendiamo in mano il rapporto dellIspettorato del 15/1/45. contro tale banda che questo Ispettorato ha condotto e continua a condurre lazione pi energica che, si assicura non sar smessa se non dopo lannientamento o cattura degli ultimi elementi che demoralizzati per le sconfitte ripetutamente subite, hanno ormai abbandonato il campo, riparando presso il comando della XVIII Brigata slovena. A detta banda, stato finora accertato, risalgono i seguenti delitti: 1) disarmo ed uccisione del mag. dellER Errera Guido 17; 2) aggressione e disarmo del milite confinario Pesseralti Nello; 3) aggressione e disarmo del capitano dellER Lunardi Italo 18. Su questultimo fatto leggiamo un altro rapporto, datato 20/1/45. Il Capitano di complemento Leonardi Italo, mentre transitava per la Piazza Perugino, era stato aggredito da quattro individui armati che lo disarmavano obbligandolo a consegnare loro anche la giubba contenente il portafoglio con denaro e documenti vari. Dalle indagini esperite da questo Ispettorato si poteva stabilire che anche tale reato fosse da inquadrare nellattivit criminosa di quella banda di fuori legge, che agiva alle dipendenze del Comando VDV 19 () Il 31 dicembre u.s. in un conflitto avuto con detta banda, gli Agenti di questo Ufficio

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Guido Errera, Seniore volontario RSI, fu ucciso dai partigiani il 19/8/44 in via Ginnastica. ER la sigla dellEsercito Repubblicano. 18 Recte Leonardi Italo, capitano di complemento dellER. 19 Vojka Dravna Varnosti (Esercito per la difesa dello stato); fu inglobata nellOZNA (Oddelek za zaito naroda, organizzazione per la difesa popolare) nel dicembre 44.

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sono riusciti a catturare il bandito comunista Caucci Bruno 20 () Questi alla contestazione se il delitto in danno del Capitano Leonardi fosse da attribuirsi allattivit della banda Bosco, cui egli stesso apparteneva ha confessato che la rapina fu effettuata dal Sustersich Giuseppe () e da Sturman Carlo () Ricci Rino Cosimo () e Trobez Agostino (). Il Capitano Leonardi () ha fornito i connotati dei suoi aggressori corrispondenti a quelli delle soprascritte persone che ha, poi, riconosciuto nelle fotografie mostrategli. Il Ricci Rino () stato ucciso in conflitto dagli Agenti di questo Ispettorato il 27 dicembre u.s. in localit Strada per Longera (). Il Trobez Agostino stato ucciso in conflitto il 28 ottobre u.s. nella abitazione di Sustersich Giuseppe () ove era stato fermato dagli agenti Mignacca Alessio, Polidoro Edmondo e Romano Gaetano () il giovane, che era stato trovato armato di pistola Beretta cal. 9, nonch di una bomba a mano Breda e di due timbri di gomma, luno con lemblema della falce e martello, si scagli con una scure su i tre agenti ferendoli tutti e tre alla testa e veniva quindi ucciso dallAgente Romano. Il Sustersich e lo Sturman sono tuttora latitanti () 21. Delluccisione di Trobez parla anche Maria uteri. Nellabitazione di uteri in via Damiano Chiesa cera un ritrovo di gappisti. Bosco aveva portato con s dal Vipacco il sedicenne nipote Gutin (cio Agostino Trobez, recte Trobec), dopo averlo convinto che sarebbe stato pi utile come gappista a Trieste che come partigiano nella sua zona. Quindi, nonostante la contrariet di sua madre, Gutin divenne corriere per i gappisti di Bosco. La squadra di Collotti, venuta a conoscenza di queste riunioni in via Damiano Chiesa, si appost nellappartamento per arrestare uteri, ma il primo ad arrivare fu invece il giovane Gutin, che fu subito arrestato. Quattro agenti rimasero in strada e due agenti nellappartamento; uno di questi avrebbe dovuto fare la guardia a Gutin in una stanza, ma si addorment. Il ragazzo afferr la rivoltella che era rimasta sul tavolo e spar al poliziotto, ferendolo non gravemente, ma a quel punto intervenne il secondo agente che spar a Gutin, uccidendolo. Il poliziotto fu portato via subito con lambulanza, mentre il corpo di Gutin fu lasciato nella casa per due giorni. Maria uteri aggiunge che il cognato si rec da lei due giorni dopo, pieno di rimorsi per avere portato a Trieste il nipote e causando in questo modo la sua uccisione.

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Cio Bruno Kavi. Rapporto firmato da Gueli, 20/1/45, in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura.

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Proseguiamo con il rapporto dellIspettorato che elenca le varie azioni operate dalla banda Bosco. 4) aggressione e disarmo del milite della MDT Dordalio Adalgerio; 5) aggressione e disarmo del sergente di marina Tamburini Guido; 6) aggressione e disarmo del sergente della X Mas Castigliego Matteo; 7) aggressione e disarmo di una guardia civica; 8) aggressione e rapina in danno di vigili del fuoco; 9) rapina di un ingente quantitativo di generi alimentari in danno di Tagliaferro Mario. Questultimo fatto viene descritto in un rapporto del 20/12/44: il 15/12/44 alcuni partigiani si presentarono al magazzino di Tagliaferro, sito in via Machiavelli 3, e prelevarono 85 forme di formaggio parmigiano, una cassetta da 20 kg. di formaggio Roma ed un sacco da 50 kg. di pasta, rilasciando alla signora Tagliaferro una ricevuta, comera in uso in queste occasioni. Sin dal primo momento si ritenne che il delitto fosse opera della nota banda Bosco esecutrice del VDV in questa citt e, difatti, conseguita il 31 dicembre u.s. la cattura del bandito comunista Caucci Bruno () questi ha confessato () che la rapina fu effettuata dalla banda Bosco e ha precisato che vi presero parte: egli, il noto Sustersich Giuseppe () latitante; Sturman Carlo () latitante; Ricci Rino Cosimo () ucciso in conflitto il 27/12 u.s. e certo Aldo non ancora identificato latitante 22. () Il Caucci, essendo responsabile di una vasta attivit criminosa politica trattenuto a disposizione del Comando Superiore della SS e della Polizia di Sicurezza () 23 Sia questo verbale, sia quello del 15 gennaio, riportano come data di arresto di Caucci (Kavi) il 31 dicembre, infatti leggiamo che azione veniva proseguita allalba del 31 dicembre nella via Vigneti di questa citt e nel corso di essa veniva catturato il bandito comunista Caucci Bruno Gino, avente grado di Vicecomandante della banda Bosco, mentre in conflitto veniva quasi sicuramente ferito lo stesso Sustersich che tuttavia riusciva ancora a sottrarsi alla cattura. Secondo le note del Pubblico accusatore di Ajdovina, allarresto di Bruno Kavi, avvenuto a Trieste il 31/12/44, avrebbero partecipato gli agenti della polizia politica di Collotti Cerlenco, Luciani, Nussak e Soranzio. Kavi fu portato in via Cologna, interrogato e torturato fino al 15 aprile, quando fu ristretto al Coroneo e passato alle SS, ed alla fine fucilato ad Opicina il 28/4/45. Gli stessi agenti arrestarono il padre Giuseppe Kavi (partigiano IV Battaglione GAP, che
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Secondo Fulvio Lazzari, poteva trattarsi di Aldo Babich (testimonianza allautrice, novembre 2003). 23 Rapporto firmato da Gueli, d.d. 20/1/45, in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura.

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fu inviato a Dachau il 24 febbraio e vi trov la morte il 18 aprile) ed il giorno dopo la madre, Antonia Sergo Kavi, in casa della sorella dove si era rifugiata dopo larresto del marito. Anche Antonia Sergo fu deportata in Germania, ma riusc a rientrare a Trieste. 24 Continuiamo la lettura delle azioni imputate alla banda Bosco nel rapporto di Gueli del 15/1/45: 10) tentata rapina dello squadrista Moro proprietario dei Magazzini S. Giusto di questa citt; 11) aggressione e rapina in danno di Gambroz Pietro; 12) disarmo ed uccisione dellagente di PS Pastorin Bruno 25; 13) probabile cattura dellagente ausiliario di PS Blascovi Marcello; 14) cattura di otto autisti dipendenti dal Deutsche Berater 26 rapinati per un importo complessivo di oltre un milione di lire e di tre automobili in danno del detto ufficio; 15) rapina in danno del fotografo Chersi Giusto; 16) delitto della trattoria alla Pace dove sono stati proditoriamente assassinati due Legionari della Brigata Nera Tullio Cividino, un milite portuario e gravemente ferito un sottufficiale della X Mas. Il fatto avvenne il 18/12/44: i morti furono i brigatisti neri Guerrino Antimi (n. Savignano 19/5/16) e Urbano Bordin (n. TS 19/12/12), ed il milite dellMDT Nereo Covacich (n. TS 29/8/24). Racconta Fulvio Lazzari di essersi recato assieme ai compagni Italo Sanzin (Sunze) e Tullio Pastore nella trattoria Alla Pace, sita in piazza Sansovino. Ad un certo punto entrarono nel locale alcuni brigatisti neri, che dichiararono di essere sulle tracce di alcuni partigiani e chiesero i documenti ai tre. In seguito a ci inizi la sparatoria nella quale fu

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In Archivio di Stato di Lubiana, SI AS 1827 fascicolo 34. Bruno Pastorin, agente di PS, ucciso da partigiani il 9/12/44 (Caduti, dispersi e vittime civili, op. cit.). I suoi documenti furono rinvenuti, secondo un rapporto dellIspettorato del 20/1/45, nel bunker di Bort-S. Antonio in Bosco. 26 In merito al Deutsche Berater leggiamo cosa scrive lo storico Enzo Collotti (nessuna parentela col vicecommissario!): I prefetti nominati dai tedeschi non avevano alcun rapporto di dipendenza gerarchica dal ministero degli interni della Repubblica sociale ma dipendevano direttamente dai consulenti tedeschi, i cosiddetti Deutsche Berater, che erano stati insediati a fianco di ciascun vertice dellamministrazione e che erano strumenti diretti del Supremo commissario (in Il Litorale Adriatico nel Nuovo Ordine Europeo, Vangelista 1974, p. 33).

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coinvolto anche un ufficiale della Decima che si trovava gi nel locale al momento dellingresso di Lazzari e dei suoi compagni 27. 17) lazione dimostrativa cui si pi sopra accennato, contro il palazzo della Questura. Questi i fatti: un gruppo di giovani italiani e sloveni sequestr unautomobile e poi, percorrendo a pazza velocit le vie centrali di Trieste e passando davanti al Comando delle SS, alla stazione, alla Questura (dove fu sparato con la mitragliatrice contro la guardia fascista), ed in Piazza Goldoni, sparpagli circa 500.000 manifestini () anche i Tedeschi spararono contro lautomobile, ma inutilmente 28. Di unaltra azione attribuita alla Banda Bosco leggiamo in un verbale dellIspettorato: Il 27/12, ore 14 mentre tre auto () appartenenti al Deutsche Berater sostavano sulla strada di Basovizza dinanzi allosteria Dodich ed una parte degli autisti si trovava nel detto esercizio, alcuni individui armati di pistole e mitra irruppero nel locale e circondati gli autisti ingiunsero loro di alzare le mani. Dopo averli perquisiti, con le loro stesse auto li condussero in localit Mocc alla sede di un comando partigiano. (Seguono i nomi degli autisti, n.d.a.) () i predetti autisti, che, durante la successiva traduzione nella zona del Nevoso, sono riusciti a fuggire ad eccezione del Rinaldo Raul che si teme sia stato soppresso 29 () ed in questo ufficio hanno dichiarato di essere stati catturati () sulla scorta di alcune fotografie in possesso di questo ufficio, hanno riconosciuto come loro aggressori i noti banditi della VDV Sustersich Giuseppe (); Giovanni Hrovatin (); Fulvio Lazzari (); Sturmann Carlo (); Sanzini Italo (), Pastore Tullio (), tutti latitanti, nonch nelle fotografie dei banditi comunisti Miran Vipavc e Zitomir, uccisi nel conflitto del 10 corrente a Mocc (). Da quanto stato riferito dai suddetti autisti, i banditi avrebbero catturato le automobili per servirsene quella sera stessa per un audace colpo in questa citt e cio prelevare alcuni loro compagni che trovavansi feriti nellOspedale di questa citt, catturando altres gli agenti di Polizia incaricati del piantonamento 30. Del conflitto del 10 corrente a Mocc leggiamo in un altro rapporto dellIspettorato, datato 12/1/45, con oggetto rastrellamento in S. Antonio in
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Testimonianza allautrice, novembre 2003; il racconto stato pubblicato sulla rivista Panorama di Fiume col titolo Una vita spesa 28 Trieste nella lotta per la democrazia, Trieste 1945, p. 73. Il testo stato ripubblicato nel 2006 a cura della Redazione de La Nuova Alabarda, Trieste. 29 Nel pi volte citato Caduti, dispersi e vittime civili , op. cit., non c questo nominativo. 30 Rapporto del 20/1/45, in Archivio di Stato di Trieste, fondo Prefettura. Non sappiamo se lazione progettata dai partigiani abbia poi avuto luogo.

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Bosco, Mocc, Bagnoli, S. Dorlingo (sic) della Valle per la cattura del noto bandito comunista Giuseppe Sustersich, detto Pepi Bosco. Dopo che uteri nonostante la vivace reazione di fuoco da parte degli agenti di questo Ispettorato era sfuggito alla cattura, da fonte attendibilissima si apprendeva che () si era fatto trasportare nella localit di Mocc (Trieste). In seguito a diligentissime indagini veniva identificato lindividuo che trasport su un carro il pericoloso bandito ferito, per certo Cok Carlo, conduttore del dopolavoro di Longera, che conferm di averlo accompagnato nella localit di Mocc senza poter, per, dare altre indicazioni circa la eventuale ulteriore destinazione del Sustersich. In seguito a tali indagini, tra l8 ed il 10 gennaio successivi lIspettorato Speciale oper un rastrellamento nella zona di Mocc e SantAntonio in Bosco (Zabrezec-Bort); il primo giorno furono arrestate 19 persone; nel corso del secondo furono uccisi tre partigiani (Duan Munih, 21 anni, Ivan Grzeti, 23 anni e Stanko Gruden, 19 anni) e furono arrestati altre 9 persone, tra cui il partigiano Danilo Petaros (ventunenne) che fu successivamente ucciso nella Risiera di San Sabba. Pertanto lispettore generale Gueli trasse queste conclusioni: La vastit dellazione partigiana imponeva unadeguata azione da parte della Polizia; segue la descrizione dellazione compiuta la sera del 28 dicembre 1944, in Strada per Longera. A seguito intelligenti indagini svolte con spirito di assoluta abnegazione ed intima comprensione del dovere dal Vicecommissario Gaetano Collotti e la valida collaborazione vicebrigadiere Antonio Cerlenco, riusciva ad accertare luogo convegno banda Bosco capeggiata da noto pregiudicato Giuseppe Susterisch detto Bosco forte di una quindicina di elementi e dotata moderno e perfetto armamento. Ieri sera 17 agenti questo Ispettorato agli ordini preciso funzionario, militari X mas, predisponevasi vasta azione rastrellamento in zona strada di Longera. Verso ore 19 riuscivasi ingaggiare combattimento con elementi Bosco che riuscirono a sganciarsi. Venivano rastrellati 15 individui. Nel conflitto restavano uccisi certo Persico Ugo (Guido, n.d.a.) di Andrea n. a Trieste 1906 da parte nostra agente ausiliario Carmelo Russo appartenente allIspettorato speciale. Azione proseguita e rintracciato un gruppo banditi a bordo auto Lancia Ardea appartenente a Supremo Commissariato germanico () si davano alla fuga. Nel conflitto certo Ricci Rino Cosimo veniva ucciso. 2 feriti.

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Su cadavere Ricci Rino venivano rinvenute una Sipe et pistola Berretta nonch documenti sua appartenenza VDV (polizia partigiana) e cui presume sua partecipazione a gravi delitti effettuati in questa citt 31. Il verbale parla della sera del 28 dicembre, ma alcune testimonianze raccolte da Kranjec parlano anche di unazione svoltasi nel pomeriggio del 27 dicembre. Era stato segnalato alla banda Collotti che nella trattoria Bellavista di strada per Longera 32 si nascondevano dei partigiani. Cos hanno circondato il locale assieme alla X Mas; uno di loro entrato nella trattoria gridando di alzare le mani. Tra i clienti terrorizzati cera un uomo che aveva comprato un litro di vino e teneva il fiasco nascosto sotto la giacca. Per questo motivo non alz subito le mani e la polizia, sospettando che avesse un mitra nascosto gli spar addosso, uccidendolo; luomo caduto in una pozza di sangue e poi i colpi sparati dai vari agenti hanno messo in allarme i membri della banda che ancora erano fuori ed hanno finito con lo spararsi tra di loro per sbaglio. Rasta KJUDER OK (Strada per Basovizza) Uno della X Mas penetr allinterno gridando su le mani un cliente stava per uscire con un fiasco sotto il braccio, per non mollare il fiasco lo prende con una mano lagente credeva che era un mitra e scarica ilsuo mitra su di lui che cade morto e poi si spararono tra loro per sbaglio cos ebbero anche loro dei morti. (senza nome) La sera del 27 dicembre 1944 la banda Collotti ha operato un rastrellamento alla trattoria Bellavista dove era stato ucciso un uomo (un tedesco) e tutto il circondario era in allarme perch cercavano dappertutto i colpevoli. Io tornavo a casa dal lavoro e sono stato arrestato dalla X Mas e sono stato portato alla trattoria Dodi dove eravamo circa in 80, cera pure il compagno Roman di Basovizza. Un tedesco ha puntato la pistola alla testa della proprietaria dellosteria, noi abbiamo pregato che ci lasciassero liberi, e poi sono stati mandati a casa tutti tranne tre di noi che siamo stati portati in via Cologna e l ci hanno interrogati, un agente mi ha chiesto se conoscevo attivisti alla birreria o se conoscevo quel partigiano che proprio lui aveva ucciso dietro casa mia, ma io non ho fatto la spia perch anchio ero attivista dellOF. Dopo qualche giorno mi mandarono a casa. Carlo GRGI Filtro (operaio alla fabbrica di birra Dreher ed attivista dellOF)

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Copia di questo rapporto si trova nel carteggio processuale Gueli e soci, in archivio IRSMLT n. 914. 32 Oggi una pizzeria, numero civico 37 di Strada per Longera.

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A questo punto dobbiamo inserire la dichiarazione resa da un funzionario di polizia, Calogero Pisciotta, alla Procura Generale presso la Corte di Assise Straordinaria di Trieste (che era stata istituita allo scopo preciso di giudicare i reati di collaborazionismo), datata 10/12/45. Nel dicembre del 1944, credo il 26 o 27 di detto mese, verso le ore 22, mentre mi trovavo a casa, venni avvertito () che il Questore desiderava che mi recassi subito nei pressi della Cava di Faccanoni allo scopo di rendermi conto di un grave incidente, col avvenuto, nel quale avevano trovato la morte un agente di pubblica sicurezza e un ufficiale tedesco. Sapevo che in quella sera lIspettorato Speciale di Polizia della Venezia Giulia doveva eseguire degli appostamenti per catturare una banda di malviventi, autori di numerosi reati comuni e a tal uopo, su specifica richiesta da parte del dott. Collotti, erano stati comandati di servizio dalla Divisione Agenti dieci ausiliari in divisa col compito di bloccare alcune strade della zona da perlustrare. Giunsi sul posto poco dopo, a mezzo di unautovettura messa a mia disposizione. A circa un chilometro oltre la Cava (cio nei pressi dellosteria Dodich, n.d.a.) () trovai una gran confusione. In mezzo ad un assembramento di militari e borghesi trovai il dott. Collotti, il quale, tramite un interprete, parlava con degli ufficiali germanici. Appresi cos che gli agenti dellIspettorato erano stati disarmati dai tedeschi, perch poco prima era stato ucciso un loro ufficiale mentre transitava in macchina () diretto verso Basovizza. I tedeschi, a qualunque costo, volevano trovare il responsabile della morte dellufficiale (). Di l, accompagnato dal Collotti, mi recai in una trattoria in via Longera (Strada per Longera, n.d.a.) ove () dovevano trovarsi i cadaveri di un agente e di un borghese. Il Collotti () mi mise al corrente dei servizi che aveva disposto per catturare la banda di rapinatori capeggiata da certo Bosco () aveva fatto presidiare dai suoi uomini tre o quattro esercizi pubblici nel rione di Longera. In unosteria () si erano presentati due giovani, i quali, accortisi della presenza degli agenti, si erano dati alla fuga. Inseguiti, avevano fatto uso delle armi, uccidendo un agente dellIspettorato e un borghese. () Prima di allontanarmi, il Collotti mi inform di avere utilizzato le notizie che gli aveva fornito la persona che circa un mese prima avevo a lui indirizzata. A tale proposito ricordo che verso la fine di novembre 1944 si era a me presentato in ufficio uno sconosciuto il quale asserendo di essere inviato dalla Federazione Fascista, mi avvertiva che nel rione di Longera si notava la presenza di numerose persone armate che frequentavano abitualmente le osterie del luogo. Non potendo a priori far vedere che linformazione non mi interessava, invitai lo sconosciuto a seguire le mosse delle persone e di ritornare con notizie pi precise.

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Dopo alcuni giorni lo sconosciuto si fece nuovamente vedere per avvertirmi che dette persone dovevano essere sicuramente dei partigiani. Poich si trattava di informazione di carattere politico, lo indirizzai al dott. Collotti. Questi, qualche giorno dopo delloperazione compiuta () comunicava che anchio avevo partecipato alloperazione stessa con gli agenti del mio ufficio. Venuto a conoscenza di ci chiesi per telefono () spiegazioni al Collotti ed egli si giustific asserendo che aveva fatto il mio nome sperando che da parte del Ministero mi venisse concessa una ricompensa da destinare poi eventualmente allinformatore 33. Durante la guerra, al posto dellodierna Casa del Popolo di Sottolongera cera unosteria, che da quanto ci ha detto Nerino Gobbo era il punto di ritrovo di Bosco e dei suoi compagni, ma Gino ha aggiunto anche che una volta ebbe modo di richiamarli sul fatto che si riunivano in modo poco accorto e parlavano senza considerare che attorno vi potessero essere delle spie. I BUNKER DI VIA VALERIO. Secondo un rapporto dellIspettorato Speciale di PS di Trieste del 3/4/45 34, in quella data fu svolta una operazione nel rione Guardiella San Cilino Sup. ove nel fabbricato contrassegnato col n. 1801 stato scoperto un bunker costruito per ordine del noto bandito Zitomir Capo del VDV verso la fine dello scorso dicembre 35 . Nel bunker che fu costruito da Comari Giuseppe e Coretti Sergio () confessi stata rinvenuta una valvola per radio trasmittente potentissima, un cinturone con fondina in uso nella Wehrmacht, scarso materiale propagandistico e diversa corrispondenza relazioni, ecc. A seguito di ci stata operata una minuziosa perquisizione nellabitazione di Haas Ruggero () che ha portato alla scoperta di corrispondenza varia del PKS 36 , dal cui sommario esame si rileva che labitazione stessa serviva da Centro smistamento per i corrieri del PKS.

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Copia in Archivio ISRMLT n. 917. Il tono della lettera fa pensare ad una presa di distanza di Pisciotta dalle azioni dellIspettorato, per nel rapporto di Gueli sul rastrellamento operato a Bort l8/1/45 nominato nuovament e come facente parte delloperazione. 34 Rapporto datato 3/4/45, in OZZ, NOB 19. 35 itomir probabilmente era Ivan Grzeti, nato a Podgorje (Piedimonte del Taiano) nel 1922, che fu ucciso durante il rastrellamento operato dallIspettorato Speciale a Bort il 10/1/45, avvenuto in seguito alloperazione contro la Banda Bosco. 36 Correttamente KPS (Komunistina Partja Slovenje, cio Partito Comunista della Slovenia).

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In seguito a questa operazioni furono arrestati i coniugi Haas e la sorella di Ruggero, Emilia, come risulta dal rapporto. Haas Ruggero risultato appartenente al PKS egli partecip alla costruzione del bunker nella sua stessa abitazione e su di lui gravano fondati sospetti di partecipazione al noto attentato terroristico nel palazzo delluniversit nonch ad altri attentati terroristici verificatisi in questa citt. Si tratta di un attentato compiuto dalla GAP di Guardiella contro un edificio nei pressi dellUniversit dove aveva sede una compagnia della Guardia Civica (maggio 1944). Lattentato aveva praticamente distrutto la sede, ed era stato lo stesso Haas a trasportare lesplosivo 37. Bran (recte Brana, n.d.a.) Albina in Haas corriera propagandista del PKS, che, secondo una ricerca del professor Samo Pahor, la moglie di Haas, Albina Brana, era membro della VDV di Longera e nel loro bunker erano conservati dei documenti molto importanti. Emila Haas viene infine indicata come corriera del Commissario Politico del PKS per la Venezia Giulia Kiss. Diamo nuovamente la parola a Gino Gobbo. Ruggero Haas e sua moglie Albina abitavano in una casa sul monte Valerio, presso la quale avevano costruito un bunker dove conservavano il materiale per la lotta. Haas era un buon compagno, onesto e coraggioso, per purtroppo non riusciva ad entrare nello spirito della vita clandestina. Si vestiva in tuta da lavoro, cosa che non andava molto bene, allepoca era meglio indossare abiti buoni, perch un operaio che girava di giorno era sospetto. Inoltre era sempre sul chi vive e si aggirava guardingo, al punto che dava nellocchio il modo in cui si muoveva. Questo comportamento gli aveva meritato il soprannome, affettuosamente ironico, di Konspiracijo. Un altro bunker era stato sistemato in una casa vicina alla loro, dove abitava la famiglia Pierazzi. In questaltro bunker cera anche la macchina per la stampa. Quando la banda Collotti arrest i coniugi Haas e trov il bunker, anche noi ci trovammo in una brutta situazione, perch dovevamo fare in modo di portare via tutto il materiale, senza farci scoprire. Dalla casa dei Pierazzi si riusciva a vedere Collotti ed i suoi che cercavano il bunker nel terreno dei Haas. Ci organizzammo in modo da prelevare il materiale dallaltro bunker e di notte (mi ricordo che era una notte molto buia, senza luna) andammo a prendere la roba per portarla, attraverso il bosco, in un posto sicuro. Per coprire il rumore che facevamo nel nostro andirivieni, qualcuno si mise a segare della legna, cosa che alla fine avrebbe potuto essere ancora pi pericolosa per noi, perch magari i poliziotti si sarebbero insospettiti a sentire il rumore e avrebbero potuto venire a controllare come mai cera chi segava legna a notte
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Testimonianza di Silvio Pierazzi-Pirjevec, luglio 2003.

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fonda nel buio. Il compagno era talmente agitato che lo si capiva dal rumore che faceva la sua sega: man mano che gli aumentava lansia, accelerava il ritmo e faceva sempre pi rumore. In ogni caso riuscimmo a concludere loperazione, quella notte portammo via tutto il materiale dal bunker dei Pierazzi e lo consegnammo a Milan, un compagno di Longera, che lo deposit nel bunker del loro villaggio 38. Silvio Pierazzi-Pirjevec racconta che uno degli uomini di Collotti in effetti and a vedere chi lavorasse a quellora (si trattava del padre di un altro giovane partigiano, abitante in una casa vicina). Cosa vuole - spieg luomo - domani mattina devo andare a lavorare presto e cos lascio la legna pronta a mia moglie. Il collottiano gli credette e si compliment addirittura con lui 39. Bogdan Berdon, che a quattordici anni era stato arrestato durante il rastrellamento operato dalla Banda Collotti a Ricmanje 40, nel corso della sua detenzione in via Cologna, ebbe modo di incontrare Ruggero Haas. In questo edificio venuto una mattina Ruggero Haas; era praticamente irriconoscibile, non aveva unapparenza umana, sembrava quasi un mostro, una persona completamente deformata dalla violenza; ci raccontava delle torture, stato anche impiccato con le mani legate dietro la schiena, per ricordo che aveva sempre conservato una sorta di senso dellumorismo. Questo era in un certo senso positivo, riusciva a darci la forza di resistere, visto che sapevamo che quello che ci aspettava era di finire prima o poi in Risiera 41. A LONGERA. A Longera tenevamo le riunioni presso Karlo ok Rapaton e Karlo ok Lukec, al numero 364 ed Anton Pecar Vancen strada per Longera 400. Rasta KJUDER OK Era l8 marzo 1943 e avevo quattordici anni. Stava albeggiando, quando il rombo dei motori di due camion militari svegli il nostro paese. I carabinieri correvano per Longerae portavano con s i ragazzi dalle case. Tutti i paesani si raccolsero intorno ai veicolo e con le lacrime agli occhi salutavano i loro figli. Nessuno sapeva dove li avrebbero portati. Quanto alla fine partirono e attraversarono il paese, da uno dei due camion si sent il suono della fisarmonica

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Testimonianza di Nerino Gobbo, luglio 2002. Testimonianza di Silvio Pierazzi-Pirjevec, luglio 2003. 40 Il 13/3/45 a Ricmanje furono arrestate 25 persone, poi condotte in via Cologna e torturate. 41 Testimonianza di Bogdan Berdon, 2/12/10.

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di Oskar 42. Con mio fratello Lantko (Leander) corremmo dietro di loro. Corremmo fino a Lakosec sotto il Farneto, dove i camion accelerarono e scomparvero dietro langolo. Senza fiato ci fermammo sulla strada piena di polvere per il passaggio dei camion. Presto il silenzio inghiott anche le ultime note dellarmonica di Oskar. Il fascismo non ci rub soltanto i nostri ragazzi, ma, a parte tutto il male che ci provoc, ci instill anche una grande paura. Questa rimase dentro di noi anche dopo lestate del 1943, quando gioimmo della caduta di Mussolini, allorquando nellasilo italiano del nostro paese e nella sede del fascio di Cattinara caddero i ritratti del dittatore italiano. I miei due fratelli tornarono dallesercito italiano. Nandek (Ferdinand), il maggiore, prese subito contatto con il Fronte di Liberazione (Osvobodilna Fronta), che aveva i suoi attivisti nei villaggi vicini. Dalle caserme abbandonate in citt raccoglievamo armi, a casa le pulivano, ungevano ed oliavano e le nascondevano nel vicino bosco, nelle ore notturne le trasportavano a Gropada dove cera una postazione partigiana. Tramite questa, le armi giungevano fino alla Selva di Tarnova alle unit partigiane. In autunno noi giovani di Longera siamo entrati nellUnione della giovent comunista jugoslava (Savez Komunistine Omladine Jugoslavije, SKOJ). Raccoglievamo generi di prima necessit per i partigiani, soprattutto materiale sanitario, vestiti e cibo, che veniva mandato ai partigiani nelle retrovie da altri attivisti. Noi ragazze lavoaravamo a maglia per fornire delle calze di lana ai nostri combattenti nei Brkini. Nel tardo autunno del 43 alcuni longerani andarono con il treno da San Giuseppe della Chiusa (Ricmanje) fino a Kozina, da qui a piedi fino a Rodik, dove letteralmente brulicava di soldati tedeschi ed infine ai Brkini. Nel villaggio semiabbandonato di Pade, che era semivuoto a causa dei rastrellamenti fascisti, raccoglievamo le mele cadute e ci riempivamo i nostri zaini. Qui vidi il primo partigiano con il tipico copricapo a bustina (titovka) e la stella rossa. Era avvolto in un mantello militare perch in quei giorni il freddo si era fatto sentire. Sulle ali di un nuovo entusiasmo e della speranza nella bufera della guerra pass ancora un inverno. Nel marzo del 1944 i tedeschi operarono un rastrellamento a Longera e portarono via i giovani per farli lavorare in Istria. Venivano accolti in speciali squadre di lavoro, chiamate con la sigla Todt. Presero mio fratello Milan, che aveva allora ventidue anni e lo portarono con gli altri compaesani nel carcere
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Oskar Kjuder, che dallItalia meridionale dove era stato internato raggiunse la costa jugoslava dopo l8 settembre 1943, unendosi alle Prekomorske Brigade (Brigate dOltremare); rientrato a Longera spos Milka e fu il fondatore del Coro Partigiano Triestino, che diresse per moltissimi anni.

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triestino del Coroneo, dove gli portai da mangiare, poi fu tradotto in Istria con il vaporetto. A Pisino scavavano trincee e lavoravano nei magazzini tedeschi scaricando cibo e altro materiale. Se possibile, sottraevano alloccupatore cibo e coperte e li facevano arrivare ai partigiani istriani, tramite contatti esterni. In primavera Milan riusc a ritornare a casa per alcune ore, disse che voleva entrare in una formazione partigiana ma gli consigliarono di restare piuttosto nel magazzino tedesco per rifornire i nostri combattenti con il materiale del Terzo Reich. Nella primavera del 1944 mio fratello Nandek di ventiquattro anni disse alla mamma vado coi partigiani, cos non saremo pi schiavi! Qui si tratta del nostro popolo, della nostra lingua e delle nostre scuole. La sera stessa abbandon il paese con altri longerani e ragazzi di Ricmanje. Dapprima and in Istria, dove i tedeschi avevano bruciato molti villaggi e da dove si salv per miracolo e ritorn a casa per alcune ore. Le sue ultime parole mi sono rimaste scolpite nel cuore: Milka, non smettere mai di impegnarti per il raggiungimento dei nostri ideali! Credimi, verr il giorno in cui saremo liberi! Faceva buio quando lasci la nostra casa e si incammin verso i Brkini per raggiungere i partigiani. Laddio fu toccante, pieno di lacrime. Nellestate del 1944 divenni staffetta partigiana con il nome di Ljuba. Consegnavo le lettere nelle case che avevano contatti con i partigiani. Nei miei spostamenti raggiungevo spesso SantAntonio in Bosco (Bort), Ricmanje e Padriciano (Padrie). Tra laltro rientrava tra i miei incarichi accompagnare i volontari fino a Gropada per sentieri poco battuti per poi farli entrare nelle unit partigiane. Ad alcuni per mancava il coraggio e se ne tornavano a Trieste ancora prima di incontrare le staffette partigiane. Ricordo molto bene il giorno in cui ho accompagnato tre compagni italiani fino in Carso. Questi mi aspettavano sulla strada poco prima di Longera e siccome non li conoscevo, dovevano farsi riconoscere con un segnale convenuto. Portavo con me una falce e due rastrelli. Ci siamo incamminati su per il costone fino alla Strada per Basovizza dove abbiamo incontrato i tedeschi con le loro squadre di lavoro allaltezza della cava di pietre. I manovali che avevano sulle maniche della giacca il nastro con la scritta Todt scavavano delle trincee. Un marcantonio di soldato tedesco ci ferm e ci chiese in tedesco dove stessimo andando. Gli feci capire che stavo accompagnando i ragazzi alla falciatura, ma il giovane soldato non riusciva a capacitarsi che i due ragazzi non fossero soldati o facessero parte delle squadre di lavoro, e voleva vedere i loro lasciapassare. Sono contadini e devono pensare al loro podere, spiegai, in un tedesco stentato, che comunque convinse il soldato e potemmo continuare il cammino attraverso la pineta fino a Padriciano e poi, attraverso sentieri nascosti, quasi fino a Gropada, dove ci aspettava in mezzo ai cespugli un gruppetto di partigiani che presero in consegna i miei contadini e li accompagnarono fino alle nostre unit. 27

Un gruppo di attivisti dellEsercito di difesa nazionale del Carso prese contatto con i nostri compaesani nellestate del 1944 e decise di costruire un bunker a Longera, data lottima posizione tra citt ed entroterra. Nel bunker si sarebbero rifugiati i partigiani impegnati nelle azioni diversive in citt. La scelta cadde sulla nostra casa, che aveva addirittura tre uscite, una dal fienile verso il costone carsico, la seconda dalla stalla dava verso i campi e la terza portava dalla casa in paese. Vicino cera anche lex asilo, dove, dopo la caduta del fascismo, si era installato provvisoriamente il comando tedesco. Il bunker doveva stare dove loccupatore meno se lo aspettava. Mio padre e Slavko lo scavarono nella stalla, in modo che laccesso fosse coperto da tavole di legno e sopra queste furono poste delle gabbie di conigli. Nel bunker trovarono ben presto posto tre partigiani carsolini, poi rimpiazzati da altri. Nelle ore serali lasciavano il bunker e andavano a compiere azioni in citt; tornavano di notte e spesso trascorrevano il giorno dormendo. Nostra madre cucinava anche per loro. Un giorno, verso la fine dellestate del 1944, nostro padre ci chiam e corremmo tutti in cortile, da dove si vedeva la strada che sale dal torrente Klju (quello che scorre fino a San Giovanni). Sulla strada si snodava una lunga colonna di tedeschi con molti cavalli e cannoni; quando arrivarono al paese entrarono nella nostra casa prima ancora che noi potessimo rientrare, soldati amati stavano gi strepitando nelle nostre stanze, che avevano raggiunto dal ballatoio esterno. In un attimo la casa era piena di tedeschi, riempirono la stalla con quattro cavalli spingendo le nostre mucche verso il muro, e legarono al fienile altri dieci cavalli. Dovetti lasciare la mia stanza ad un giovane azero di Baku, Ramazan dal colorito olivastro ed al russo Aleksander, dal portamento statuario, nero di capelli e con una cicatrice sulla guancia. I due erano stati fatti prigionieri dai tedeschi sul fronte russo ed avevano accettato di collaborare con loro per sfuggire al campo di concentramento ed erano incaricati di attendere ai cavalli. Gli altri prigionieri, caucasici, dovevano dormire davanti lentrata del fienile. I tedeschi dissero a mio padre (che parlava il tedesco avendo servito nellesercito austriaco) che le ragazze di casa avrebbero dovuto evitarli, poich erano di natura focosa. Ogni mattina di buonora entrava in casa un giovane ed alto ufficiale che gridava Aufstehen! (alzarsi!): in un attimo i prigionieri scattavano in piedi e correvano a provvedere ai cavalli. Una notte si sent un tramestio nel fienile: io dormivo nella stanza dei miei genitori, mio padre usc subito sul ballatoio e vide che i prigionieri prendevano il nostro fieno per darlo ai cavalli. Si lament per questo con lufficiale tedesco, che lo rimand in camera spianandogli contro la pistola. Dato che il fieno stava finendo mia madre dovette andare a falciarlo sul costone. I tedeschi dormivano nel vicino ex asilo e ogni giorno venivano da noi a prendere il latte, ovviamente senza pagare e senza neanche una parola di 28

ringraziamento. Quasi ogni sera venivano nella nostra cucina e portavano con s cioccolata, zucchero, liquori. Presero una pentola nella quale la mamma stava bollendo il latte e vi aggiunsero una polverina magica che condens il latte in uno squisito budino. Non avevo mai visto niente di simile. Il vino se lo prendevano direttamente in cantina, si sedevano a tavola, dove bruciava una lampada a carburo, mangiavano e cantavano. Non pass mai loro neanche per lanticamere del cervello di offrirci qualcosa. Con i miei genitori di solito uscivamo dalla cucina ed andavamo nella camera da letto. Un giorno entr in casa un ufficiale tedesco col suo attendente, dovevano controllare i cavalli e si diressero proprio verso il bunker, dove cerano i partigiani e sopra il quale le gabbie dei conigli. Guardavano i nostri conigli Angora e non capivano come mai avessimo dei conigli cos brutti, scherzavano dicendo che erano come dei banditi. Io cercai di distrarre la loro attenzione sui conigli mostrando loro le mucche Roska e Sivka. Unaltra volta allimprovviso comparve in casa un tedesco, proprio quando in cucina cera Danilo (Pertot, n.d.a.), un partigiano del bunker. Il tedesco volle naturalmente sapere chi fosse, ed io gli spiegai, in tedesco, che era mio fratello, ma allora volle sapere come mai fosse a casa e non nellesercito. Mi aiuta nei lavori perch i miei genitori sono malati, risposi, e lui mi credette. Il giorno dopo la scena si ripet, solo che questa volta invece di Danilo cera il partigiano Pavle (Pavel Petvar, Komandir Pavle, n.d.a.), e presentai anche lui come mio fratello. Il tedesco ebbe dei dubbi e mi domand quanti fratelli avessi. Per fortuna sulla porta cera, come dobbligo al tempo, lelenco di tutti i componenti della famiglia, gli indicai i nomi dei miei tre fratelli e spiegai che il terzo fratello, Milan, era in Istria a lavorare per la Todt. Gut, gut, disse il tedesco soddisfatto e non insistette pi. Ma comprendemmo che in tali condizioni i partigiani non potevano pi stare da noi, perci si decise di costruire un altro bunker, vicino al costone dietro casa nostra, nel cortile di Slavko. Si stava avvicinando lautunno ed i tedeschi si preparavano a lasciare il paese e proseguire verso lItalia, portando con s anche i prigionieri sovietici. Eravamo tristi nel salutare Ramazan ed Alexander, che con il tempo trascorso in casa nostra erano diventati quasi di famiglia. Erano buoni, e ci dicevano quali dei soldati tedeschi evitare. Mentre ci salutavamo con le lacrime agli occhi, ci assicurarono che sarebbero tornati nel caso fossero sopravvissuti alla guerra; ma li aspettava la battaglia di Montecassino e non li vedemmo mai pi. Di loro ci rimasta solo la frase che ripetevano spesso alla mamma Mamaa varikaa, polovica vaa, polovica naa (Mamasa varikasa, met vostra, met nostra). Verso la fine del 1944 giunse unaltra squadra delle Todt, che inizi a scavare sulla Strada per Basovizza, proprio sopra Longera, un largo canale che sarebbe servito a minare la strada nel caso arrivassero i partigiani. Ogni giorno venivano da noi tedeschi a rifornirsi di latte e di cibo, spesso veniva anche un giovanotto di 29

nome Franz, che sembrava essersi innamorato di me, mi diceva che mi avrebbe portata in Austria e ci saremmo sposati. Ma a me non interessava, lo consideravo solo un nemico. Mi rincorreva spesso nel cortile, ma io lo evitavo. Un giorno per che la mamma era andata a vendere il latte in citt ed io ero sola in casa, chiuse la porta a chiave e prese ad inseguirmi. Spaventata, mi misi a chiamare aiuto ed in tal modo avvertii del pericolo i partigiani nel bunker, corsi nella stalla dove la mucca Sivka era molto aggressiva con gli estranei e sapeva usare le sue corna contro i farabutti; io saltai nella mangiatoia proprio sotto il suo muso, mentre le tavole che coprivano il bunker venivano sollevate e riabbassate. Franz voleva prendermi ma non osava avvicinarsi troppo a Sivka, cos riuscii ad avvicinarmi alla finestra e scappare nel cortile. Ero salva. Franz, scornato, mi disse oggi mi sei scappata, ma la prossima volta non ci riuscirai ed and a consolarsi in cucina mangiando e bevendo a volont, poi prese un secchio di latte e torn alla postazione tedesca nel vicino ex asilo. Io chiusi la porta ed andai dai partigiani che erano ancora nel bunker, che mi consolarono dicendo: avevamo un piano, se il tizio ti prendeva noi lo avremmo freddato in un attimo, caricato sulla carriola, coperto di letame e tu lavresti portato nel letamaio. Dinverno, in piccoli gruppi andavamo in citt a lanciare volantini con le scritte viva la settima repubblica federativa, viva Tito e viva Stalin. Mettevamo i volantini nelle cartelle e sopra i libri di scuola ed i quaderni. Al mattino, ma anche di sera, andavamo a piedi fino a Villa Revoltella dove cera la postazione tedesca. La strada era chiusa da una sbarra di ferro ed i soldati ci chiedevano dove stessimo andando. A scuola, rispondevamo, risoluti. A volte qualche soldato perquisiva distrattamente le nostre cartelle, ma non trovarono mai i volantini. Il nostro itinerario comprendeva anche Rozzol fino a via Rossetti, via dei Porta, via Conti, piazza Perugino; gettavamo i volantini nelle zone meno popolose e nei corridoi delle case. Portavamo anche colori e pennelli, coi quali scrivevamo sui muri delle case di Trieste gli slogan del Fronte di Liberazione. In questo periodo cerano anche dei partigiani feriti che venivano curati allOspedale maggiore. Noi li aiutavamo portando del latte. Nellospedale era anche attiva una rete segreta dellOF, ed alcuni infermieri ed infermiere ci rifornivano di materiale sanitario per i partigiani. Poi ricevevamo anche materiale di propaganda in sloveno e in italiano, stampato nelle tipografie clandestine dellOF in citt, lo nascondevamo in secchi e panieri e dopo averlo letto, lo facevamo girare. Sempre dinverno organizzavamo in paese anche dei corsi di sloveno, poich sentivamo il bisogno di imparare la cultura slovena e parlare uno sloveno grammaticamente corretto. Un paio di volte alla settimana presso la trattoria pri upanovih di Longera si teneva un corso di sloveno per giovani adulti: eravamo 30

in ventidue, di ambo i sessi. Avevamo difficolt con la lettera j, che confondevamo con la i, e le lettere slovene e . Mi ricordo particolarmente del giovane Edi di Sottolongera, che pi tardi cadde come partigiano, e che cantando la canzone Zorica, Zorica zlata (alba, alba doro), continuava a pronunciare orica al posto di zorica. A volte accadeva che i tedeschi entrassero in trattoria e guardassero di sfuggita anche verso la nostra classe. Allora il mio compito era di alzarmi e recitare a memoria una canzoncina tedesca. Ci rassicurava il tedesco curioso che con un gut, gut, ci salutava e se ne andava. Due volte alla settimana i partecipanti al corso provavano il dramma di Tavar Na Visokem; le ragazze dovevano recitare anche tutte le parti maschili, dato che i ragazzi erano per lo pi andati coi partigiani oppure si trovavano al lavoro coatto. Verso la met dellinverno dovemmo interrompere il corso perch la banda Collotti aveva effettuato rastrellamenti nei paesi vicini, prelevando la gente e portandola in carcere. Ci aspettavamo qualcosa di simile anche nel nostro villaggio, perci allinizio del 1945 i partigiani si trasferirono dal bunker di casa nostra a quello che era stato ricavato nel cortile di Slavko, dove lui e mio padre lo avevano ricavato dal vecchio pozzo prosciugato. Una stretta galleria collegava il bunker alla casa, che si trovava dallaltra parte della strada, dove cera anche un passaggio nascosto. Il pozzo era stato coperto di terra e laccesso al bunker era impossibile da quella parte. Spesso portavo da mangiare ai partigiani nel bunker. La paura delle rappresaglie dei servi della Gestapo non ci tolse il coraggio e continuammo a lavorare per i nostri ideali. Le novit che giungevano dal fronte erano incoraggianti, perci il peggio per il nostro paese doveva ancora venire. Milka OK KJUDER Ljuba IL RASTRELLAMENTO DI LONGERA In un rapporto di Gueli sulloperazione di Longera, inviato alle autorit il 22/3/45, avente come oggetto Repressione del movimento terroristico slavo comunista, leggiamo di una Azione contro lOF e il VDV. Riportiamo integralmente il rapporto, prima di dare la parola a chi il rastrellamento lo visse da rastrellata e non da rastrellatore. Ieri mattina allalba, continuando lazione intrapresa il 13 marzo 43 (), la squadra speciale politica di questo organismo, agli ordini del V. Commissario dott. Collotti, iniziava una operazione di rastrellamento in localit strada per Longera, segnalata quale covo di altra pericolosissima banda del VDV (polizia partigiana). Accerchiata la localit, veniva iniziato il rastrellamento, nel corso del quale veniva individuato un bunker ove si rinvenivano solamente parti di armi, effetti di vestiario, documenti di corrispondenza varia della VDV in parte bruciata.
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Riferimento allazione di Ricmanje di cui abbiamo parlato prima.

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Poi venne individuato un secondo bunker sul cui ingresso si accendeva un violento conflitto fra gli agenti e i banditi asserragliati allinterno. Pertot Andrea (1901 di Longera) padre del bandito Danilo Pertot, che aveva guidato gli agenti alla scoperta del bunker restava ucciso sul colpo da una raffica di mitra dei banditi. Il collaboratore di questo organismo Soranzio Ferruccio, classe 1927 da Ronchi dei Legionari 44, veniva ferito da due colpi di proiettile allemitorace sinistro e lagente di polizia Sica Giuseppe dallo scoppio di bombe a mano lanciate dallinterno del bunker. I banditi cercarono col fuoco di rompere laccerchiamento degli agenti che uccidevano tre banditi mentre altri due riuscivano a sottrarsi alla cattura dandosi alla fuga. Sono ancora in corso le indagini per la completa identificazione dei tre banditi uccisi, ma si gi accertato trattarsi del noto e pericoloso bandito Paulo comandante del 1 gruppo VDV responsabile di numerosi efferati delitti tra cui luccisione dellagente di polizia Pastorin Bruno della locale Questura, lattentato terroristico della funivia Trieste - Villa Opicina, del pericoloso bandito Stojan comandante il 2 gruppo VDV e di Mikulic Dusan alias Boris, comandante del VDV della citt 45. Nel bunker stato sequestrato abbondantissimo materiale di ogni specie. Reputo, da ultimo, doveroso segnalare allEcc. Vostra il comportamento coraggioso e risoluto del V. commissario dott. Collotti e di tutti gli uomini alle sue dipendenze in particolare modo lagente Sica e del collaboratore Soranzio Ferruccio, i quali bench feriti rifiutavano ogni soccorso per non distrarre i propri camerati dalla lotta. Per ognuno di essi mi riservo di riferire con separato rapporto proponendo per una giusta ricompensa i pi meritevoli 46. Infatti, tra i documenti che furono sequestrati a Collotti a Carbonera, troviamo tre ricevute intestate ai Servizi amministrativi dellIspettorato, dove Ferruccio

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Ferruccio Soranzio detto Crock ed Umberto Florean Cicogna, (ex partigiani passati a collaborare col nemico) sarebbero stati i responsabili del rastrellamento operato a Ronchi il 24/5/44, nel corso del quale furono deportati nei campi di sterminio nazisti 64 ronchesi, 25 dei quali non fecero pi ritorno (Mario Tardivo, presidente dellANED di Ronchi nella edizione goriziana del Piccolo, 5/5/99). 45 Dato che il terzo caduto si chiamava Angel Masten prob abilmente Duan Mikuli era quanto appariva dai documenti falsi che aveva con s. 46 Nota inCarteggio processuale Gueli, Archivio IRSMLT n. 914..

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Soranzio, Nicola Alessandro e Guglielmo Cocciotti dichiarano di ricevere dalla Cassa del dott. Collotti L. 1.500 Lire ciascuno, per premio servizio 47. Diamo ora la parola alle testimoni. Andrej Pertot, padre di Danilo Pertot di Longera, stato ucciso dalla banda Collotti presso il bunker il 21/3/43. Da noi dormivano partigiani; alcune volte sono stati pure in dodici, io cucinavo loro pranzi e cene, vicino alla nostra casa cera il bunker dove hanno dormito e nascosto munizioni. Il 18 marzo 1945 i tedeschi hanno circondato la casa, quando ho visto il pericolo ho avvisato il partigiano Paolo di Lubiana, che scapp in fretta, ma purtroppo fu raggiunto dalle pallottole dei mitra degli agenti e dei tedeschi, caduto in una pozza di sangue. Hanno preso mio marito, lo hanno legato e gettato sul camion, e portato a Corgnale, chiuso in una stalla e torturato per fargli dire i nomi dei partigiani che si trovavano nella nostra casa. Lindomani sono venuti a prendere pure me, mi faceva male il cuore a lasciare le figlie in tenera et (4 e 5 anni), sapevo che non sarebbe stato facile nelle mani dei fascisti e tedeschi, mi gettarono sul camion e mi portarono a Corgnale da mio marito; lo presero come un animale e lo gettarono sul camion assieme a me e ci legarono assieme; hanno appeso un cartello con la scritta banditi da ammazzare. Quando siamo arrivati ad Orlek ci hanno fatto scendere dal camion, portati poco lontano e davanti a un plotone desecuzione; l hanno sparato, ma invece di tirare a noi hanno sparato in alto per fare credere agli abitanti che ci avevano ammazzato. Poi ci hanno messo di nuovo sul camion e portati a Sesana dove abbiamo passato unaltra odissea con torture. Di notte si sentivano aerei partigiani che mitragliavano attorno la caserma. Il giorno successivo ci hanno lasciati liberi e ci siamo incamminati verso Opicina, abbiamo pensato tutti e due meno male siamo liberi, invece non era vero. Credevano che in quel tratto di strada sarebbe arrivato qualcuno dei partigiani per portarci via, infatti gli agenti sono stati sempre nascosti dietro di noi per arrestarli. Quando mancava poco ad Opicina hanno visto che non era successo quello che pensavano loro, ci hanno messo unaltra volta sul camion e via in piazza Oberdan al comando tedesco. L abbiamo subito altre torture. Hanno tenuto mio marito Andrea tutta la notte in acqua fredda, lo hanno impiccato per le mani dietro la schiena fino a che non svenuto, poi lo hanno minacciato che se non parlava gli tagliavano la gola facendogli il segno con la baionetta. Ha perso sangue, ma anche
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Parte dei documenti che Collotti aveva portato con s nella fuga da Trieste furono sequestrati dai partigiani trevigiani che lo arrestarono, il 27/4/45, presso Carbonera. Copia in Archivio Anpi Trieste, busta 10.

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se ci ammazzavano non avremmo parlato. Al 1 maggio le truppe partigiane hanno occupato la citt e siamo stati liberati. Rasta KJUDER OK Quando la X MAS ha scoperto il bunker a Longera, il 18 marzo 1945 quando sono stati uccisi 4 partigiani mio nipote Danilo Pertot scalzo salt fuori dal bunker per un miracolo, e tutto affamato mi domand, zia cosa succede a Longera? Hanno ammazzato mio padre, disse e non so cosa sta succedendo. Gli ho consigliato di andare sul Monte Spaccato perch nelle vicinanze di casa mia erano stati visti dei tedeschi e g li dissi che lo avrei presto raggiunto. Dopo un po lo raggiunsi, gli portai scarpe e qualche cosa per rifocillarlo. Nelle vicinanze cera un altro partigiano ferito che scapp come lui dal bunker e mi pregarono di andare a Padriciano in una casa dove cerano degli attivisti, per dire che venissero a prenderli per portarli in luoghi sicuri, per medicarsi e nascondersi, tutta la zona era battuta dagli agenti. Cristina PERTOT

Commemorazione al monumento di Longera, aprile 2005.

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La seguente testimonianza un compendio tra le varie dichiarazioni rese da Milka Kjuder in circostanze diverse 48. Il primo giorno della primavera del 1945, non avevo ancora diciassette anni, fummo svegliati prima dellalba da uno scalpiccio strano. La bidella Silvana, che viveva nellasilo vicino, disse che sembrava che portassero via la gente che tagliava i pini, ma noi sentimmo che non si trattava dei pini, quanto del bunker, e che qualcuno ci aveva tradito. Mi disse poi proprio uno della banda Collotti che cera in paese uno spione che andava di notte ad origliare sotto le finestre dei compaesani. Una folla di questurini e di agenti dellIspettorato speciale di PS si rivers nel nostro paese ed oper un rastrellamento che rimase nella nostra memoria. Ci chiudemmo in casa. Salii in camera mia, presi tutte le medicine di mio padre e le sistemai sul mio comodino, poi mi misi a letto per far credere di essere gravemente malata. Pap apr la porta e un gruppo di armati in abiti civili entr in casa, sparpagliandosi dappertutto. Uno di essi teneva in mano un elenco e leggeva i nostri nomi: ok Rodolfo, ok Maria, ok Emilia. Dov ok Emilia? Sentii lo scricchiolio dei passi sulle scale e gi erano di fronte a me. Uno di loro strapp violentemente la coperta e mi ordin di alzarmi; dovetti vestirmi davanti a lui, presi la carta didentit e raggiunsi i miei genitori. Ci spinsero fuori casa e ci condussero al Dopolavoro del paese. In cortile cerano gi parecchi paesani, portati l dai fascisti proprio come noi, seppi in seguito che solo gli operai che uscivano di casa allalba ed avevano con s il proprio documento di lavoro poterono lasciare il paese. Verso le dieci e mezza gli agenti di Collotti fecero uscire dal Dopolavoro il compaesano Andrej (Pertot), legato con una pesante catena. Sapevano che suo figlio era nel bunker. Dopo un po sentimmo sparare e capii cosa stava accadendo. Milka ha ricostruito lattacco al bunker grazie alle testimonianze dei partigiani sopravvissuti, di Rinaldo (che allora aveva dodici anni ed era stato mandato dalla sorella al bunker ad avvisare i partigiani che il paese era circondato) e da quanto sent dire dai questurini che dopo lattacco tornarono al Dopolavoro dove i paesani erano stati concentrati. Saputo da Rinaldo come stavano le cose, i partigiani nel bunker decisero di non farsi catturare vivi, si armarono e aspettarono dallinterno senza sapere cosa accadeva fuori.

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Oltre allintervista curata da Katja Kjuder, anche unintervista rilasciata allAutrice nel 1995 e la ricostruzione fatta durante il sopralluogo all ex caserma di via Cologna, 2/12/10.

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Quelli della banda Collotti portarono tre compagni incatenati, tra cui anche il padre di Danilo (Pertot, n.d.a.), che aveva il figlio nel bunker. Volevano che lo aprisse, ma lui si rifiut e lo uccisero 49. Danilo mi raccont poi che loro, nel bunker, avevano deciso, se fossero stati attaccati, di attaccare a loro volta e di non lasciarsi prendere vivi dai fascisti. Durante lattacco al bunker morirono Pavel, che era il comandante, Stojan e Radivoj 50. Gli altri tre (Danilo, Ivo e Vinko) nella confusione riuscirono a scappare, i primi due corsero gi verso il torrente e verso la citt, Vinko si nascose dietro la nostra casa, dove fu trovato dalla paesana Danica ed al calar della sera riusc a raggiungere il Carso, rifugiandosi a Gropada. Inseriamo qui una breve testimonianza di Stelio ivec di San Giovanni: Danilo in fuga si rifugi presso la casa della zia di Stelio, e nei giorni dopo il rastrellamento sui pali del rione era stato attaccato un manifesto di ricerca di Pertot con la frase pericolo bandito Danilo occhio di vetro 51. Torniamo al racconto di Milka. Dalla collina di Melara, che si trova dallaltra parte della gola dove scorre il Klju, i tedeschi (cera un comando tedesco in una villa che era stata requisita ad una famiglia slovena, n.d.a. ) osservarono tutta lazione con i binocoli e circol la voce che un tedesco avrebbe detto che i partigiani messisi in salvo si sarebbero addirittura meritati un premio per essere riusciti a fuggire da una situazione talmente disperata. Al dopolavoro vidi anche i loro feriti (della PS, n.d.a.), che vennero portati via subito, poi gli agenti di Collotti portarono al dopolavoro Slavko, incatenato e col viso gonfio e sanguinante. Quando lo raggiunsi, mi disse Milka, sanno tutto!, ma proprio in quel momento chiamarono fuori la mia famiglia e ci portarono al piano di sopra del dopolavoro, dove mi domandarono se conoscessi Caterina. Non la conoscevo, ma poi mi dissero che veniva chiamata Caterina lapparecchio elettrico per la tortura. Collotti leggeva da un libro la mia attivit partigiana, disse che sapeva tutto di me, di quello che avevo fatto, del cibo che portavo nel bunker, di ci che facevo a Bort e a Gropada. ma io negai tutto, negai anche che Rodolfo ok fosse mio padre, allora Collotti volle picchiarmi, ma io mi schivai e lui fin col colpire il muro e farsi male da solo, allora uno dei suoi agenti mi fece ruzzolare gi per un piano di scale. Poi ci portarono tutti fino al bunker, doverano stati messi in fila i quattro morti, anche il pap di Danilo. Volevano che dicessi i nomi dei morti, ma mi rifiutai, allora mi fecero andare tra i corpi e mi minacciarono di uccidermi.
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Anche nel rastrellamento di Bort gli agenti di Collotti usarono questa tecnica, e fu in questo modo che fu ucciso Romano Rapotec. 50 I nomi dei caduti del bunker si trovano in Appendice. 51 Testimonianza allautrice, 21/4/13.

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Credetti davvero che sarei morta, ma spararono solo una raffica che non mi colp e svenni. Mi riportarono poi a casa e di nuovo al bunker e poi ancora di nuovo al dopolavoro. L vidi anche i loro feriti (della PS, n.d.a.), che vennero portati via subito. Alla sera ci portarono in via Cologna su due camion, eravamo in quarantadue. Mia madre non era tra gli arrestati, era riuscita a rimanere a casa, e quella sera prepar con gli altri rimasti al paese il pane da portarci in carcere. In via Cologna ci misero dapprima in una grande mensa, lasciandoci senza cibo; l passammo la notte e la mattina dopo ci portarono nelle celle di sicurezza. Ci obbligarono a tenere le teste chinate perch non dovevamo vedere i prigionieri che venivano portati. Riconobbi mio padre dai pantaloni insanguinati, era legato con le catene; lo avevano fatto uscire dalla stanza dove lo avevano torturato, e riusc a farmi un piccolo cenno con le mani legate. Non lo vidi pi in quella prigione. Ci portarono nelle celle dei sotterranei, dove venivano gettati i prigionieri dopo essere stati torturati. Le cantine allepoca erano divise in cellette di tre metri per due, erano buie ed umide, il pavimento era di legno con della paglia e ununica lampadina fioca in un angolo. Eravamo in dieci nella cella, con noi cerano anche Milka di Strada nuova e suo fratello Ruggero con la moglie Zora (gli Haas, n.d.a.). Nella cella di fronte erano rinchiusi i rastrellati di Ricmanje che erano stati catturati alcuni giorni prima. Dalla finestra della cella che era proprio sotto il livello della strada, si vedevano le gambe della gente che camminava in via Cologna.

Milka nella cantina dove fu tenuta prigioniera in via Cologna (2/12/10)

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Il mattino successivo arriv anche mia madre, che era stata portata l con il carro funebre sul quale cerano anche i corpi di alcuni abitanti di Ricmanje. Nel pomeriggio della domenica delle palme vennero a prendermi per interrogarmi e mi portarono nella stanza delle torture che era al primo piano. Cerano Collotti, un Podrecca che parlava sloveno ed un Feruglio, meridionale. Mi mostrarono le foto dei partigiani uccisi e volevano che dicessi i loro nomi, ma io tacqui. Allora mi minacciarono di farmi parlare usando Caterina, e dato che continuavo a tacere mi legarono mani e piedi alla sedia ed iniziarono a picchiarmi, strapparmi i capelli, mi bruciavano con le sigarette e con la corrente elettrica. Svenni e mi portarono un bicchiere dacqua per farmi rinvenire, e dopo un po ripresero a torturarmi legandomi con una corda appesa al soffitto e facendomi dondolare nel vuoto, continuando a picchiarmi e pungermi col cavo elettrico finch non sbattei contro il muro ed iniziai a perdere sangue. Urlavo chiamando la mamma, che era nella cella accanto e per poco non impazz dal dolore sentendomi urlare. Svenni di nuovo e quando mi risvegliai ero in una cantina in mezzo a delle bare. Un impiegato di nome Pigatti mi fece firmare un foglio relativamente al mio interrogatorio, ma non capivo cosa stesse leggendo. Poi entr un giovane questurino meridionale, si chiamava Paolino ed aveva diciottanni, mi port con s e cerc di sistemarmi un po i capelli che erano tutti arruffati. Mi port nuovamente in cantina, nella mia cella e ne vidi uscire Zora (che fu poi fucilata ad Opicina con altri ostaggi). Pi tardi misero dentro anche le mie compaesane Meri ed Angela, che erano state torturate. E cos ha narrato a sua volta Maria (Meri) Merlach. Ci hanno torturato assieme (con Milka, n.d.a.), la domenica delle Palme, ci hanno dato una palma in mano io ho detto mi prendete in giro? Mi hanno portata in una stanza con cinque bare, mi sono detta che una per me, poi mi hanno messo una sciarpa gialla insanguinata intorno al collo, dicendomi: ciama ciama Mama 52. Hanno detto di fare entrare con me solo Feruglio, poi dalla porta entrato anche un tedesco. Mi hanno domandato: conosci Caterina? Caterina? Pensavo fosse una kurirka (una staffetta, n.d.a.), invece Caterina era il nome che avevano dato allapparecchio elettrico per le torture. Mi hanno mostrato le foto dei caduti del bunker, mi hanno chiesto se li conoscevo, ma io non ho riconosciuto nessuno, hanno cominciato a picchiarmi e torturami ed un certo punto mi hanno detto Buttite buttite z, perch cera una che aveva il mio stesso nome, una Maria Merlach di Servola che si era buttata gi dalla finestra 53. Dopo le torture siamo state portate nelle cantine, dalle cui finestrelle che danno direttamente sulla strada
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Chiama, chiama la mamma in dialetto triestino. Maria Merlach, Maja, 32 anni, si era suicidata in febbraio per le torture subite.

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vedevamo le gambe della gente che passava; ma non potevamo chiedere aiuto, perch eravamo sempre sotto controllo, mai lasciate sole, non ci permettevano neppure di parlare tra di noi Sono poi stata trasferita al Coroneo, assieme ai coniugi Haas, circa una settimana dopo larresto 54. Meri ha ricordato tra i torturatori il triestino Arturo Pigatti, un Antenori, un Feruglio ed un Codeglia, che, visto che dopo ore di tortura la ragazza non parlava, le si rivolse con queste parole: Brutta puttana, la batti ma no la parla! 55. Si trattava proprio di Codeglia, e il suo nome era nellelenco della Questura come morto in una foiba. Invece nel 1964 ero andata al mercato del Ponterosso per ordinare i fiori per il mio matrimonio, e me lo sono trovato davanti, aveva una baracca dove vendeva portafogli. Come lho visto sono svenuta; ma lui ha continuato per anni a vendere portafogli in Ponterosso. Podrecca, che parlava molto bene lo sloveno, potrebbe essere stato il pregiudicato Carlo Podrecca, che era stato trattenuto a disposizione dellIspettorato perch necessario per altre indagini di polizia, anche politica, come leggiamo in un verbale firmato dal dirigente della Squadra giudiziaria, Mariano Perris 56, mentre Feruglio potrebbe essere stato il Renzo Feruglio che firm alcuni verbali di interrogatorio di membri del CLN arrestati: fu processato per collaborazionismo nel dopoguerra, condannato in primo grado e successivamente assolto. Giovanni Codeglia, invece, dato per ucciso dagli jugoslavi (il suo nome rimase scritto sulla lapide dei caduti di PS nellatrio della Questura di Trieste fino al 1998), nel dopoguerra fece il venditore ambulante e mor in un incidente automobilistico nei pressi di Matteria-Materada, nel 1984. Riprendiamo il racconto di Milka. Una settimana dopo ci portarono al Coroneo. Con me e la mamma cera anche Santina, la moglie di Andrej e madre di Danilo, e nella cella dove fummo rinchiuse cerano Rasta (Kjuder, n.d.a.) della Strada nuova che aveva anche un bunker in casa ed una triestina di nome Debelis della quale non ci fidavamo perch pensavamo fosse una spia. Ci propose di buttare le carte per sapere il futuro e Santina domand dei suoi, perch non sapeva che erano morti. Usc una carta con una donna vestita di nero e Santina si mise a piangere, ed io non avevo il coraggio di dirle che avevo visto suo marito morto. Poi anche mia madre domand notizie dei suoi figli Ferdinand e Leander, allora io gettai le carte sul pavimento, perch ero arrabbiata, ma la
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Testimonianza di Maria Merlach, 2/12/10. Intervista raccolta da Jagoda Kjuder sul Primorski Dnevnik del 16/ 10/10. 56 Rapporto d.d. 19/3/45 (quindi due giorni prima del rastrellamento), in Archivio di Stato di Trieste, Fondo Prefettura.

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mamma le raccolse e le fece gettare dalla Debelis, usc nuovamente la donna vestita di nero e la mamma si mise a piangere. Avevamo paura di essere bruciate in Risiera e le carcerate pi anziane pregavano San Floriano perch protegge dal fuoco. Il giorno di Pasqua le suore ci domandarono se volevamo andare a Messa ed accettammo, io ero affamata e facendo la Comunione potevo mangiare lostia. Feci la comunione due volte, ma la terza volta il prete si accorse del sotterfugio e mi guard di storto, cos mi allontanai. Le suore non ebbero mai per noi una parola gentile, anzi erano molto severe, e particolarmente cattiva era una certa Giustina: credo che fu allora che inizi il mio rifiuto per la Chiesa. Un pomeriggio ci portarono in cortile, eravamo sedici longerane, ma la mamma non cera. Eravamo convinte che ci avrebbero fucilate ed iniziammo a piangere, cos un interprete ci disse che ci avrebbero mandato a lavorare in Germania, ma noi sapevamo dei campi di concentramento e continuammo a piangere, io piangevo anche perch la mamma non era con noi. Linterprete spieg la cosa al tedesco e mandarono a prendere anche la mamma, che disse se destino che le nostre vite debbano terminare, almeno moriremo assieme. Poi ci riportarono nelle celle, avremmo dovuto partire di notte, ma suon lallarme aereo e corremmo al rifugio in cantina. La mattina dopo ci misero in colonna, senza la mamma, ci fecero camminare fino a Roiano, durante il tragitto vidi un compaesano che portava la legna in citt con un carretto e gli dissi di avvisare che ci mandavano in Germania, allora un tedesco mi colp col calcio del fucile. A Roiano gli uomini vennero caricati su un camion mentre noi aspettammo tutto il giorno che venissero altri camion per portarci via, ma non venne nessuno, perch a nord le strade erano gi bloccate. Cos ci riportarono al Coroneo. Ricordo ancora un partigiano con la bustina e la stella rossa trascinato in catene e sanguinante per il corridoio e poi rinchiuso in cella. Il 28 aprile ci rimandarono a casa, a Longera trovai la mamma nella casa saccheggiata ed il bestiame portato via; mio fratello Milan era tornato dallIstria ed il 30 aprile and con il compaesano Karleto a raccogliere quello che i tedeschi avevano abbandonato per riportarlo a casa. Arriv con due cavalli, e dopo un po vedemmo arrivare mio padre che era stato rilasciato dal carcere dei Gesuiti; ma ad un certo punto i tedeschi fecero esplodere una mina sopra Longera, piovvero schegge e pezzi di roccia sul paese, tre paesani morirono, tra cui Danica che fece scudo col suo corpo al figlioletto; alla piccola Irene fu troncata la manina. Un masso danneggi anche la nostra casa, uccidendo i cavalli che Milan aveva portato nella stalla, lui e Karleto rimasero intontiti ma illesi, ma la casa era scoperchiata, dal buco nel soffitto vedevamo il cielo.

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La sera inizi a piovere e non potevamo dormire; ci eravamo messi di guardia contro i tedeschi: ma ad un certo punto vedemmo arrivare i partigiani, da tutte le parti venivano fuori i partigiani e questa stata una gioia cos grande che non la posso descrivere. Gli altri due miei fratelli invece erano caduti combattendo, lo stesso giorno, il 27 settembre. Ferdinand a Podraga nella Valle del Vipacco nella Bazovika Brigada; Leander a Koprivnik di Koevje, partigiano del reparto della Bela Krajna Sono ritornata in via Cologna il terzo giorno dopo la liberazione per cercare qualcosa di quello che ci avevano portato via, vestiti, vino, ma non ho trovato pi niente, ci avevano portato via anche due vacche che hanno poi ammazzato nel cortile, hanno mangiato e bevuto la nostra roba. Cerano compagni del Fronte di liberazione, civili, mi hanno mostrato i fascisti che erano stati portati l e mi hanno chiesto se riconoscevo qualcuno. Io ho riconosciuto solo un poliziotto, quel bravo ragazzo che ci aveva aiutato, si chiamava Paolino, ma non ricordo il cognome, la faccia la ricordo. Poteva avere 18 o 20 anni, pochi pi di me. Lui era stato buono con noi, mi accompagnava al gabinetto, mi faceva prendere un po daria, ci aveva anche detto che ci avrebbe fatte scappare attraverso le finestrelle che davano sulla strada. Ho firmato per lui e lhanno mandato libero, ha detto il primo treno che trovo scappo ed tornato dalle sue parti gi in Italia Danilo Pertot, partigiano di Longera, fu uno dei sopravvissuti allattacco contro il bunker di Longera. Suo padre Andrej non aveva guidato gli agenti alla scoperta del bunker, come scrisse Gueli nel rapporto, ma fu usato come scudo, dopo essere stato torturato, nellattacco al bunker, per cui Pertot, che spar dallinterno del bunker nel tentativo di difendersi dallassalto della banda, non seppe mai se suo padre fosse stato ucciso dagli agenti o addirittura da lui stesso. Ed aggiungiamo che La Voce libera, descrivendo il rastrellamento di Longera nella cronaca del processo Gueli, scrive che trov la morte il confidente di Collotti Andrea Pertot, padre dellodierno bandito Danilo Pertot 57. Perch dare spazio a questo tipo di calunnie? A Longera si disse che a a fare la spiata fosse stata invece la cugina di Pertot, che era impiegata presso una ditta che riforniva di frutta e verdura la Marina militare tedesca, la cui famiglia sembra essere stata lunica a non venire rastrellata nelloperazione del 21 marzo ed era anche fidanzata con un membro dellIspettorato, Adriano Zarotti 58. I corpi di questi due furono riesumati assieme ad altri tre da una foiba nei pressi di

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La Voce Libera, 4/2/47. Il fatto che la famiglia di Dora ok fosse stata lasciata in pace (unica in tutto il villaggio) durante il rastrellamento fu sicuramente uno dei motivi di questo sospetto.

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Gropada e Pertot fu accusato di avere ucciso la cugina per abietti motivi 59, processato e condannato. Forse larticolo della Voce libera (quotidiano che esprimeva le posizioni del CLN giuliano, che aveva fatto della propaganda sulle foibe uno dei propri cavalli di battaglia nella sua politica anticomunista ed antijugoslava) era stato scritto in preparazione della campagna stampa del processo contro Pertot che si sarebbe celebrato due mesi dopo? I MARTIRI DI VIA DAZEGLIO Il 27 marzo 1945 i gappisti triestini organizzarono unazione, coordinati da Nerino Gobbo, cui ridiamo la parola. Nel garage Principe, in via DAzeglio, cerano mezzi di rifornimento per loffensiva che la X Mas stava preparando contro il IX Korpus (le forze allora erano in equilibrio perci si sarebbe trattato di una grande offensiva, e noi dovevamo fare il possibile per sabotare i nazifascisti). Allinizio avevamo pensato di asportare il carburante, ma considerate le difficolt del trasporto si decise di distruggerlo. Io ho personalmente diretto quellazione alla quale hanno partecipato altre sei persone: Silvio Pirjevec, Enzo Donini, Sergio Cebroni, Livio Stocchi, Remigio Visini ed un compagno alla sua prima esperienza di lotta, Giorgio De Rosa. Dopo avere bloccato tutte le strade attorno al garage abbiamo fermato il proprietario, che faceva anche da guardiano, labbiamo obbligato a farci entrare e poi consegnato a due compagni che avevano lordine di portarlo nella ritirata con s, di tenerlo prigioniero per motivi di sicurezza; di ucciderlo se le cose si fossero messe male. Invece al momento della fuga non se la sentirono di ucciderlo e lo lasciarono libero. Cos riusc a dare lallarme che caus la cattura dei quattro compagni e la loro impiccagione. Io e Silvio entrammo nel garage, dovevamo far saltare in aria i fusti di benzina, ne abbiamo aperto uno e quando la benzina ha iniziato a scorrere, abbiamo lanciato delle bombe e in quel momento successa una cosa che non dimenticher mai: la benzina ha cominciato a prendere fuoco in modo talmente rapido che si sentito un rumore come una sirena, un ululato che andava allinfinito. Sera anche formato un calore enorme, ed a quel punto dovevamo uscire pi in fretta possibile, ma quando abbiamo cercato di uscire dalla porticina laterale ci siamo resi conto che la pressione dellaria era tale che non solo aveva rotto i vetri delle finestre, ma addirittura premeva tanto contro la porta che questa non si poteva pi aprire dallinterno. Allora mi sono seduto a terra rivolto verso la porta, pi sopra cera il catenaccio; ho puntato le gambe sulla parte fissa della porta e ho tirato col catenaccio fintanto che non si aperta una fessura; Silvio ha inserito il mitra in
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Cos nella sentenza 31/47 RG Assise.

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questa fessura e ha fatto forza, riuscendo ad aprire di quel tanto che ci ha permesso di sgusciare fuori, appena in tempo. Intanto (saranno passati in tutto non pi di dieci secondi) i compagni che erano fuori, avendo sentito le bombe e visto le fiamme e non avendoci visti uscire, devono aver creduto che eravamo rimasti vittime dellesplosione; cos si sono ritirati disordinatamente invece di attenersi a quanto era stato previsto nel piano. Stocchi, Cebroni e Visini andarono a cercare Donini a casa, ma questa era sorvegliata perch il padre, primario dellospedale psichiatrico, era notoriamente antifascista: Donini riusc a fuggire, ma gli altri furono arrestati da una pattuglia delle SS italiane. De Rosa invece fu arrestato da una pattuglia della Guardia Civica presso la Rotonda del Boschetto. Dopo la cattura furono ferocemente torturati e la mattina dopo impiccati proprio al muro del garage: questi quattro giovani sono i martiri di via DAzeglio. Silvio ed io ci siamo salvati perch abbiamo seguito le regole stabilite: siamo usciti dal garage, ci siamo mischiati alla gente che era accorsa e abbiamo preso sottobraccio una ragazza con la quale ci siamo allontanati e che ci disse: Se fossero tutti come voi non ci sarebbero pi i tedeschi a Trieste. Poi labbiamo lasciata e siamo scesi lungo via Rossetti e poi su per via Pindemonte, dove, allaltezza della scala che porta in via Giulia, abbiamo visto un capitano della Guardia Civica seduto con la sua morosa sul muretto. Io ho detto a Silvio: Adesso ricuperiamo la pistola che ti ho fatto perdere -. Lui non voleva, ma ci siamo lo stesso avvicinati al capitano e gli abbiamo intimato di alzare le mani. Questo ci ha detto che stava dalla nostra parte, per io ho insistito ugualmente per avere la sua pistola perch a quel punto si trattava della nostra sicurezza, se gliela lasciavo avrebbe potuto spararci dietro. Alla fine ci disse che, dato che era di stanza al Comando-presidio di Monte Fiascone, se succedeva qualcosa per cui ci servivano le armi, avremmo potuto andare su e ce le avrebbero date. Infatti il 29 aprile io ho mandato a quel Comando di Guardie Civiche una pattuglia, e quel capitano ha dato loro tutti gli armamenti. Dunque gli abbiamo preso la pistola, poi abbiamo proseguito e ci siamo messi in salvo. I nostri compagni erano gi caduti nellimboscata, ma noi non lo sapevamo ancora. Quando siamo arrivati in Guardiella Scoglietto, vedemmo che la gente aveva invaso il piazzale davanti alle case operaie e guardavano il fungo rossastro che saliva verso il cielo. Per un attimo ci fermammo anche noi e per darci un contegno chiedemmo alla gente cosa fosse successo, poi proseguimmo fino alla strada che costeggia il parco del manicomio. L una figura saliva veloce e affannata: era Donini, che prendendo fiato ci raccont di come Stocchi, Cebroni e Visini fosssero caduti nell'imboscata delle SS che si erano recate a casa sua. A quel punto convenimmo di raggiungere ognuno il proprio rifugio e rimanervi finch la situazione non si fosse calmata.

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Il Lavoratore del 21/8/45 scrisse che De Rosa fu fermato da una pattuglia della Guardia Civica al comando del tenente Altieri (tuttora in circolazione), con la quale cera anche il guardiano del garage; e che invece una pattuglia delle SS italiane al comando del noto Boldrin (anche questo in circolazione), faceva irruzione nella casa del comp. D. (cio Donini), piantonavano la casa ed arrestavano, la mattina seguente, Stocchi, Cebroni e Visini che, avendo perduto il collegamento con gli altri, erano andati da Donini a cercare notizie. La sorella di Visini ha raccontato che la Decima Mas veniva spesso a casa loro a cercare Remigio, latitante, e non trovandolo arrestava la madre che veniva trattenuta alcuni giorni al Coroneo 60 LINSURREZIONE E LA LIBERAZIONE. Nel nostro rione si svolse anche la riunione nota come convegno di Guardiella, nel corso della quale si incontrarono ufficialmente, per lultima volta prima dellinsurrezione, rappresentanti del CLN giuliano e dellOF. ancora Gino a raccontarci come si svolse la riunione. A fine marzo eravamo consapevoli che il momento insurrezionale si stava avvicinando ed i rappresentanti dellOF e dellUO e del Comando citt di Trieste del IX Corpus, gi presente in citt, convocarono una riunione con i delegati del CLN italiano. Questa riunione, divenuta famosa come convegno di Guardiella, si svolse la sera dell11 aprile, in una villa di San Giovanni, la villa dei Tofful tra via dei Pagliericci e via Brandesia, dietro il campo sportivo. Lo scopo era di accordarsi con il CLN triestino per riunire le forze insurrezionali dei due schieramenti, ognuno comandato dai propri ufficiali ma sotto un comando unico, ad evitare scontri tra i due schieramenti, per la cacciata ed il disarmo delle forze tedesche e neofasciste che avessero fatto resistenza in citt. Io ero stato incaricato della sicurezza della riunione e dellincolumit dei partecipanti, con una squadra mista di combattenti di Guardiella Brandesia e di Guardiella Scoglietto. La villa era un posto adatto perch aveva molte vie di fuga (dietro di essa si arrivava direttamente nel bosco sulla collina di Guardiella, la zona chiamata Patacin, quella che si trova sotto le arcate della ferrovia). Tutto attorno erano sistemati nostri uomini che dovevano proteggere sia i nostri delegati sia quelli del CLN. Com noto, nel corso della riunione noi proponemmo al CLN di unificare tutte le forze che avrebbero preso parte allinsurrezione (prevista tra il 30 aprile ed il 1 maggio) sotto il Komando Mesta del IX Korpus: sia i nostri membri di Unit
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Testimonianza allautrice, 21/4/13.

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operaia e dellOF, sia le forze armate del CVL, che dopo scoprimmo che contavano anche la Guardia di finanza e parte della polizia. Il CLN rispose che non potevano dare subito una risposta, lavrebbero data in seguito perch dovevano prima consultare il loro comando. Per questo motivo rimanemmo daccordo che emissari delle due formazioni si sarebbero nuovamente incontrati, in tempo e luogo da stabilirsi. toka 61 decise che sarei stato io ad andare allincontro con il CLN, che avvenne un paio di giorni dopo. Lincontro era stato fissato in un bar di fronte al Politeama Rossetti, per le 8.30. La sera prima di andare a questo incontro fui accompagnato in una toka, cio una base dove ci si trovava per le riunioni e anche dove si ospitavano i compagni. Questa toka si trovava in via Damiano Chiesa, era la casa di Carla, la compagna che aveva dato una mano per organizzare i volantinaggi con leffige di Tito. Lei era sposata con il compagno Dalla Negra, uno dei comandanti del Battaglione Zol, anche se poi quando lui rientr dopo la fine della guerra non tornarono a vivere assieme. In casa cera anche unaltra persona, io lo conoscevo come Aldo ma non so quale fosse il suo vero nome. Non era della zona nostra, per aveva partecipato allazione di via DAzeglio 62, aveva fatto parte del gruppo che doveva controllare lesterno ed era tra coloro che erano riusciti a cavarsela. Alla fine dellazione gli avevamo dato un mitra polacco che avevamo trovato nel garage: me lo ricordo perch era lunico mitra a carica orizzontale, e lui dopo quellazione spar, senza restituire il mitra. Ero perci stupito di trovarlo in casa di Carla, che avrebbe dovuto essere un posto sicuro solo per militanti fidati. Si offr di dare unocchiata alla mia rivoltella, cos gliela diedi e lui la smont e poi la rimont. Passai la notte nella toka e la mattina dopo andai allappuntamento con gli emissari del CLN: ero vestito come un questurino, con un vestito nuovo che mi aveva cucito mio padre, un cappello grigio e una borsa che conteneva dei libri di teologia che mi aveva dato don Giulio. Nel bar trovai i due emissari: erano in divisa da guardie civiche e se non mi sbaglio uno aveva i gradi da capitano e laltro da tenente. Ci salutammo militarmente e lincontro dur pochissimo: mi dissero che avevano deciso di insorgere per conto proprio, cos io me ne andai dopo avere loro detto che dovevano aspettare per uscire almeno 15 minuti dopo che me nero andato. Feci un giro a zig zag per tornare a San Giovanni e quando rientrai in casa di Carla Aldo mi domand se mi era servita la pistola: gli dissi di no e lui allora mi disse meno male, perch ti mancava questo e tir fuori di tasca il percussore che aveva tolto dalla mia pistola la sera prima.
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Franc toka dirigente dellOF, comandante politico delle forze insurrezionali. Dellazione di via DAzeglio parleremo pi avanti.

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Non so perch labbia fatto, se era un provocatore o semplicemente un cretino, poi non seppi pi nulla di lui. Rimasi ancora quella notte a casa di Carla e me ne andai la mattina dopo, non ricordo se in villa Tofful o in casa Birsa, dovevo tornare in un posto sicuro e poi dovevamo preparare linsurrezione. Il 26 aprile Martin Greif (il futuro comandante del Comando Citt), io ed un altro compagno stavamo tornando dalla riunione dello Stato maggiore che si era tenuta a Bagnoli; siamo scesi dal tram in piazza Sansovino per prendere quello della linea 2 che portava a San Giovanni. Da questaltro tram che era arrivato in quellistante scese il nostro informatore allinterno della banda Collotti, uno del quale purtroppo ricordo solo il nome di battesimo, Cosimo. Gino, disse, la squadra volante fuggita con Collotti, sono partiti. stato allora che abbiamo capito che eravamo arrivati al punto finale.

Nel rione di Scoglietto c una targa sul muro del vecchio circolo Pisoni, ora ridotto in rovina, e unaltra al circolo Pecar, che nonostante gli svariati attentati di cui stato oggetto ancora un centro di aggregazione per la gente del circondario. Dal circolo Pecar si prosegue lungo la via Fleming, poi si entra nel bosco a sinistra e dopo ancora un breve percorso si trova una pietra, ormai scolorita, che ricorda Francesco Azzaro (che risulta anche come Arzarro), nato a Giarratana (RG), il 24/1/20. Azzaro faceva parte del II battaglione del Comando Citt Trieste, e nel giorno dellinsurrezione fu colpito dallartiglieria germanica che si trovava sulla collina di fronte, presso il campo sportivo di Cologna, mentre andava con

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altri compagni a prendere le armi presso la stazione della Guardia civica di Monte Fiascone, quella il cui comandante si era accordato con Gino Gobbo. APPENDICE. PARTIGIANI DI GUARDIELLA. Se non altrimenti indicato, i dati sono tratti dal citato Caduti, dispersi e vittime civili. SONO CADUTI PRIMA DELL8 SETTEMBRE 1943. Slavko (Luigi Andrea) KAMPERLE, nato a Trieste, 18/6/10. Organizzatore del movimento antifascista. Deceduto al carcere del Coroneo il 13/8/40 nel corso dellistruttoria del processo Tomai. Durante listruttoria molti detenuti vennero seviziati: mor sotto le torture loperaio Luigi Skamperle. Altri decedettero in seguito o contrassero infermit inguaribili 63. Josip (Giuseppe) UDOVI, nato a Trieste nel rione di San Giovanni, 18/3/10. Partigiano EPLJ, Segretario cittadino Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di Trieste. Caduto a Trieste nel corso di uno scontro a fuoco con i carabinieri il 14/1/43. SONO CADUTI IN COMBATTIMENTO DOPO L8 SETTEMBRE 1943. Bruno BIZJAK, Rino, nato a Santa Croce-Kri, 18/01/23. Partigiano EPLJ III Brigata doltremare. Caduto in combattimento nei pressi del Monte Nevoso il 3/5/45. Vittorio CANCIANI (KOCJANI), nato a Trieste, 26/3/24. Partigiano della Brigata Triestina dellIstria. Fucilato da forze nazifasciste presso Mune Piccolo (Fiume) il 5/10/44. Ivan DOUGAN, nato a Trieste, 13/1/26. Partigiano EPLJ Distaccamento Istriano Caduto in combattimento a Palje (S. Pietro del Carso) l8/10/44. Ferdinand DUJC, nato a Muggia, 29/10/19. Partigiano EPLJ VII Korpus, IV Brigata M. Gubec, III Battaglione. Fucilato da forze nazifasciste presso ate il 21/08/44. Marij FERFOLJA, nato a Trieste, 11/4/24. Partigiano EPLJ VII Corpus, XIV Brigata, II Battaglione. Caduto presso Novo Mesto il 21/01/45. Guerrino FINOTTO, nato a Trieste nel rione di San Giovanni, 22/11/17. Partigiano Brigata Garibaldi.
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Aula IV. Tutti i processi del tribunale speciale fascista, di A.Dal Pont, A. Leonetti, F.Maiello, L. Zocchi, La Pietra 1976

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Caduto presso Skrbina il 27/03/45. Giovanni (Nino) GROPAIC (GROPPAZZI), nato a Trieste, 3/3/20. Partigiano Brigata Garibaldi F.lli Fontanot. Caduto presso Novo Mesto il 21/03/45. Josip (Giuseppe) KASTELI (CASTELLI), nato a Longera, 7/11/13. Partigiano EPLJ VII Korpus. Caduto presso Krie nella Dolenska il 23/04/44. Romeo KANTE (CANTE), nato a Trieste, 12/5/03. Partigiano Brigata Garibaldi. Caduto presso Lokavice (Selva di Tarnova) il 5/11/44. Marijan (Mario) KAVI (CAUCCI), nato a Trieste, 11/10/25. Partigiano EPLJ XIX Brigata Sreko Kosovel. Caduto presso Tarnova il 12/6/44. Marja KEREVAN, nata a Gabrje, 28/11/04. Partigiana XIX Brigata Kosovel. Caduta in combattimento a Stjak il 25/4/44. Romano KLUN (COLONI), nato a Trieste, 31/12/14. Partigiano EPLJ VIII Brigata Konar, gi soldato fanteria Battaglione Speciale Lavoratori. Caduto presso Drvar, Bosnia, il 23/5/44. Herman (Ermanno) MAKOVEC, nato a Komen-Comeno, 8/4/24. Partigiano Brigata Triestina dellIstria. Caduto presso Gradena dIstria il 3/10/43. Cirillo Carlo MARTELANC (MARTELLANI), nato a Barcola 1/5/13. Partigiano EPLJ I Brigata Proletaria. Caduto presso Pozega (Slavonia) il 16/4/45. Ivan (Giovanni) MEZGEZ, nato a Trieste, 22/8/23. Partigiano EPLJ II Korpus, Distaccamento Marina. Caduto presso Predmeja l8/2/45. Licerio MILLOCH, nato a Izola-Isola dIstria, 12/2/23. Partigiano dal 1944 nella Brigata F.lli Rosselli. Caduto presso Como il 31/12/44. Edvard (Edoardo) SUDI (SUDICH), nato a Trieste, 1/3/26. Partigiano EPLJ VII Korpus, XII Brigata. Caduto presso Veliki erovec, Gorjanci, Slovenia il 11/9/44. TINTA Tullio, nato a Trieste, 23/8/26. Partigiano EPLJ XVIII Brigata Basovizza. Caduto presso San Giacomo in Colle (ex provincia di Gorizia) il 3/11/44. Jane VOUK, nato a Trieste il 31/5/21. Partigiano dal 16/2/45 nel I Battaglione, V Brigata del IX Korpus. Deceduto in Slovenia il 6/7/45 per postumi di ferite riportate in combattimento. 48

Natale IMOND, nato a Trieste 17/12/25. Partigiano Brigata Garibaldi, Battaglione Alma Vivoda. Caduto in localit ignota dellIstria, novembre 1944. SONO MORTI PRIGIONIERI IN LAGER NAZISTI. Miro (Vladimiro) FARASIN (FAZARINC), nato a Trieste, 18/6/12. Partigiano Brigata Garibaldi, IV Battaglione GAP. Deceduto nel campo di sterminio di Buchenwald il 29/12/44. Slavko (Vladislao) FEKONJA, nato a Trieste, 7/11/13. Partigiano Brigata Garibaldi, IV Battaglione GAP. Deceduto nel campo di sterminio di Mauthausen il 18/04/45. Giovanni GANDUSIO Virgilio, nato a Koper-Capodistria, 29/10/04 Partigiano Brigata Garibaldi, IV Battaglione GAP. Deceduto nel campo di sterminio di Flossemburg il 10/11/44. Vladimiro MARTELANC (MARTELLANI), nato a Barcola, 8/5/05. Deceduto nel campo di sterminio di Dachau 11/4/44. Milena PERSI, coniugata UDOVICH, nata a Trieste, 24/3/01. Attivista dal 1941, partigiana EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni. Deceduta nel campo di sterminio di Auschwitz il 21/1/45. Natale (Boidar Diodato) SKABAR, nato a Longera, 10/12/12. Partigiano EPLJ Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni, Unit Operaia. Deceduto nel campo di sterminio di Dachau il 5/1/45. Mario SKERLAVAJ, nato a Trieste, 13/8/25. Partigiano Brigata Garibaldi. Deceduto nel campo di sterminio di Mautahusen il 25/1/45. Carlo SUDICH nato a Trieste, 5/7/02. Partigiano EPLJ Osvobodilna Fronta - Fronte di Liberazione di San Giovanni. Deceduto nel campo di sterminio di Flossemburg Leitmeritz il 5/2/45. Luciano VESNAVER, nato a Trieste, 19/1/29. Partigiano Brigata Garibaldi, Battaglione Alma Vivoda. Disperso dopo la liberazione dal campo di Buchenwald nellaprile 1945. Stanislav ZORMAN Trieste, 4/3/20. Partigiano Brigata Garibaldi, gi soldato del Genio. Deceduto nel campo di sterminio di Buchenwald il 5/1/45. ARRESTATI DALLISPETTORATO SPECIALE DI PS TRA AGOSTO/SETTEMBRE 1944. Tra agosto e settembre 1944 lIspettorato Speciale di PS oper una vasta azione repressiva che port allarresto di 75 partigiani, tra i quali il dirigente 49

comunista Luigi Frausin. Tra i nominativi indicati nel rapporto inviato in data 27/9/44 dallIspettorato al Capo della Polizia, sede di Campagna, avente Oggetto: Azione contro la Federazione del Partito Comunista di Trieste e lOrganizzazione informativa di Polizia del Fronte Liberatore Sloveno, detto VOS e VDV 64 come consegnati alla Polizia Germanica per i provvedimenti da adottare 65, ci sono anche i seguenti, che facevano riferimento al rione di San Giovanni. Giuseppe BARTOLI, Corvo o Iurel, nato a Montona, 8/4/05. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste. Deceduto a Dachau il 26/09/44. Ernesto NERI (ERNIGOJ), nato a Trieste, 30/10/04. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944. Carlo GABRIELLI, Peter, o Rino, nato a Trieste, 7/10/17. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Ucciso nella Risiera di San Sabba il 24/9/44. Bruno GHERLANI (GERLANC), nato a Trieste, 26/6/12. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944. Giuseppe (Pino) GIOVANNINI, Severino, nato a Trieste, 29/12/11. Partigiano Brigata Garibaldi, intendente Battaglione Alma Vivoda; nel rapporto dellIspettorato Speciale di PS risulta membro del Partito ed addetto al trasporto del materiale occorrente con un camioncino che stato sequestrato. Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944. Stanislavo GOICA (GOJCA), nato a Trieste, 24/6/04. Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta-Fronte Liberazione di Trieste - San Giovanni. Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944. Ernesto METLIKA, nato a Trieste, 14/10/08. Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta - Fronte Liberazione di Trieste. Deceduto nel campo di sterminio nazista di Bergen Belsen, novembre 1944. Josip (Giuseppe Antonio) MIOT (MIJOT), Marco, nato a Trieste, 3/3/04. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Ucciso nella Risiera di San Sabba il 26/9/44. Silvestro ROSANI (ROANC), nato a Trieste, 30/12/26.
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Rispettivamente sigle della Vojka Dravna Varnosti - Esercito per la difesa dello stato e della Varnostno Obvasovalna Sluba - Servizio informazioni della difesa. 65 Copia di questo rapporto si trova nellarchivio dellOdsek za Zgodovino (OZZ), NOB 24.

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Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP. Ucciso nella Risiera di San Sabba il 26/9/44. Giuseppe STERLE (TERL), nato a Trieste, 18/1/06. Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta-Fronte Liberazione di Trieste, S. Giovanni; membro del Partito ed arruolatore secondo il rapporto dellIspettorato Speciale di PS. Ucciso nella Risiera di San Sabba, settembre 1944. AZIONE DELLISPETTORATO SPECIALE DI PS CONTRO LA BANDA BOSCO. Guido PERSICO (PERSICH), nato a Trieste, 25/2/06. Partigiano EPLJ, Osvobodilna Fronta-Fronte Liberazione di Trieste, San Giovanni. Ucciso da forze nazifasciste a Longera il 27/12/44. Rino Cosimo RICCI, nato a Trieste, 9/1/26. Partigiano Brigata Garibaldi, IV Battaglione GAP. Ucciso in fatto di guerra il 29/12/44 (la data esatta della morte 27/12/44, come risulta dal rapporto dellIspettorato Speciale di PS). Agostino TROBEC, nato a Vallegrande di Comeno 16/3/27. Partigiano Brg. Garibaldi Trieste, Btg. GAP, caduto il 28/10/44 nel corso di un conflitto a fuoco con la forza pubblica a Trieste in via Damiano Chiesa. I CADUTI DI VIA VALERIO. Bruno CAUCCI (KAVCIC) nato a Trieste 9/7/27. Partigiano Brigata Garibaldi Trieste, GAP. Zora BRANA HAAS, nata a Trieste, 1/3/13. Partigiana EPLJ I Battaglione . Ruggero HAAS, nato ad Opicina (TS), 26/11/11. Partigiano Brigata Garibaldi, IV Battaglione GAP. Fucilati ad Opicina il 28/04/45 assieme ad altri 13 prigionieri, tra i quali il corriere del Partito dAzione Mario Maovaz. I CADUTI DEL BUNKER DI LONGERA 21/3/45. Andrej PERTOT Hans, Longera (TS) 14/1/01 Partigiano Brg. Garibaldi Trieste, IV Btg. GAP. Pavel PETVAR Komandir Pavle, Dutovlje Comeno 23/4/23. Partigiano Brg. Garibaldi Trieste, IV Btg. GAP Angel MASTEN Radivoj, 21 anni, di Vojica. Evald ANTONI (ANTONINI) Stojan, Kri-S. Croce 31/10/24. Partigiano EPLJ, IX Korpus, II Brg. VDV

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I MARTIRI DI VIA DAZEGLIO 28/03/45. Giorgio DE ROSA, Felice, nato a Trieste, 29/12/24; Sergij CEBRON, Santo, nato a Trieste, 8/5/28; Livio STOK (STOCCHI), Cedro, nato a Santa Croce, 9/2/25; Remigio VISINI, Ettore, nato a Trieste, 26/8/25: Partigiani della Brigata Garibaldi Trieste, IV Battaglione GAP, impiccati per rappresaglia dai nazifascisti dopo lattentato al garage Principe in via DAzeglio, medaglie dargento al V. M. alla memoria. SONO CADUTI DURANTE O DOPO LINSURREZIONE DI TRIESTE. Francesco AZZARO (ARZARRO), nato a Giarratana (RG), 24/1/20. Partigiano Comando Citt Trieste, II Battaglione. Caduto il 30/4/45. Felice COSTANTE, nato a San Severo (FG), 19/11/24. Partigiano EPLJ. Caduto il 1/05/45 Giovanni ZANETTI, nato a Trieste, 12/11/21 Partigiano Comando Citt Trieste. Caduto il 2/5/45. Oreste FRANCIA, nato a Trieste, 26/9/25. Partigiano Comando Citt Trieste, I Battaglione. Deceduto il 24/5/45 in seguite a ferite riportate durante la lotta.

Targa a Sottolongera

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Supplemento al n. 307 23/8/13 de La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo Reg. Trib. di Trieste n. 798 d.d. 16/10/1990 Direttore Responsabile Claudia Cernigoi Sip. C.P. 57 34100 Trieste.

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