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Indro Montanelli

Indro Montanelli (1909 – 2001), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Indro Montanelli

 Agnelli ha detto che non siamo nella repubblica delle banane, però qualche banana in Italia c'è, perché avvengono cose
veramente singolari. (5 maggio 2001; citato in Marco Travaglio, Bananas, Garzanti)
 [Sul funerale di Leo Longanesi] Al cimitero ci si ritrovò in una decina di persone, non di più. Non ci furono cerimonie né discorsi.
Solo la piccola Virginia, che avrà avuto quattordici anni, mentre la bara di suo padre calava nella tomba, mormorò: «E dire che gli
orfani mi sono sempre stati così antipatici...» Una frase che sarebbe piaciuta moltissimo a Leo. (dalla presentazione a Leo
Longanesi, In piedi e seduti, Longanesi & C., Milano 1968)
 Berlusconi ha straordinarie qualità di imprenditore – coraggio, fantasia, forza di lavoro – che gli hanno valso il successo in tutti
i campi in cui si è cimentato. Una sola cosa non gli riesce di fare, il presidente di una società di calcio. (citato in Ora Montanelli
critica Berlusconi, la Repubblica, 20 gennaio 1987)
 Carnevale ha dichiarato in un'intervista che la notte non ha bisogno di sonniferi per dormire perché, nei confronti della Legge,
la sua coscienza è apposto. Ci crediamo senz'altro. Ma se si ponesse la stessa domanda nei confronti della Giustizia, mi domando se
i suoi sogni sarebbero altrettanto tranquilli. E ci rendiamo tuttavia conto che questa domanda non se la porrà mai, e anzi gli
sembrerà del tutto stravagante. Perché, per un magistrato italiano, la Legge con la Giustizia non ha nulla a che fare. (da Il testimone,
p. 386)
 Certo, per un direttore di giornale, avere sottomano un Travaglio, che su qualsiasi protagonista, comprimario e figurante della
vita politica italiana è pronto a fornirti su due piedi una istruttoria rifinita nel minimo dettaglio è un bel conforto. Ma anche una bella
inquietudine. Il giorno in cui gli chiesi se in quel suo archivio, in cui non consente a nessuno di ficcare il naso, ci fosse anche un
fascicolo intitolato al mio nome, Marco cambiò discorso. (dalla prefazione a Marco Travaglio, Il pollaio delle libertà, Vallecchi,
1995)
 Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore. (dalla lezione di giornalismo all'Università
di Torino, 12 maggio 1997; citato in La Stampa, 14 aprile 2009)
 Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante. Senza, per carità,
allusione a Scalfari. Solo come promemoria. (citato in beppegrillo.it, 7 maggio 2008)
 Dicono che De Mita sia un'intellettuale della Magna Grecia. Io però non capisco cosa c'entri la Grecia... (citato in Liberazione,
22 febbraio 2008)
 Gli uomini non sanno apprezzare e misurare che la fortuna degli altri. La propria, mai. (da Storia dei Greci, Rizzoli 1959)
 Ho amato molto le sue [di Lucio Battisti] canzoni e il suo desiderio di vivere appartato. (citato in Leo Turrini, Lucio Battisti: la
vita, le canzoni, il mistero, retrocopertina)
 I cinici sono tutti moralisti, e spietati per giunta. (da L'Italia giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano 1972, p. 144)
 I mariti italiani, per comprar la pelliccia alle mogli, spendono più di tutti i loro colleghi europei. Poveri, ma pelli.
(da Controcorrente, 1974-1986)
 I nostri uomini politici non fanno che chiederci, a ogni scadenza di legislatura, «un atto di fiducia». Ma qui la fiducia non basta;
ci vuole l'atto di fede. (da Controcorrente, 1974-1986)
 I partiti avevano finalmente messo l'uomo sbagliato al posto sbagliato. De Mita non è senza qualità. Ma gli facevano
interamente difetto le doti di un governo. Lo si era visto quand'era ministro, e concludeva poco: e quel poco, di solito, sarebbe stato
meglio non fosse stato concluso. (da L'Italia del Novecento, p. 536)
 Il bello dei politologi è che, quando rispondono, uno non capisce più cosa gli aveva domandato. (da Contocorrente, 1974 –
1986)
 Il fascismo privilegiava i somari in divisa. La democrazia privilegia quelli in tuta. In Italia, i regimi politici passano. I somari
restano. Trionfanti. (da Contocorrente, 1974 – 1986)
 Io non mi sono mai sognato di contestare alla Chiesa il suo diritto a restare fedele a se stessa, cioè ai comandamenti che le
vengono dalla Dottrina... ma che essa pretenda d'imporre questi comandamenti anche a me che non ho la fortuna di essere un
credente, cercando di travasarli nella legge civile in modo che diventi obbligatorio anche per noi non credenti, è giusto? A me
sembra di no. (citato in Umberto Veronesi, Non vince la scienza, la Repubblica, 14 novembre 2008)
 Io non voglio soffrire, io non ho della sofferenza un'idea cristiana. Ci dicono che la sofferenza eleva lo spirito; no la sofferenza
è una cosa che fa male e basta, non eleva niente. E quindi io ho paura della sofferenza. Perché nei confronti della morte, io, che in
tutto il resto credo di essere un moderato, sono assolutamente radicale. Se noi abbiamo un diritto alla vita, abbiamo anche un diritto
alla morte. Sta a noi, deve essere riconosciuto a noi il diritto di scegliere il quando e il come della nostra morte. (citato in La
Repubblica, 25 aprile 2002)
 [...] l'amore del potere esclude tutti gli altri. (da I protagonisti, Rizzoli, 1976, p. 265)
 L'unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente do – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete.
Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo
specchio. (da Soltanto un giornalista, Rizzoli, 2002)
 La democrazia è sempre, per sua natura e costituzione, il trionfo della mediocrità. (da Oggi, 11 ottobre 2000)
 La depressione è una malattia democratica: colpisce tutti. (citato nella trasmissione tv Ippocrate, Rai News, 13 giugno 2010)
 La guerra contro il brigantaggio, insorto contro lo Stato unitario, costò piú morti di tutti quelli del Risorgimento. Abbiamo
sempre vissuto dei falsi: il falso del Risorgimento che assomiglia ben poco a quello che ci fanno studiare a scuola. (citato in Stefano
Preite Il Risorgimento, ovvero, Un passato che pesa sul presente, P. Lacaita, 2009)
 La sublime pazzia della rivolta.
 [Rivolto a Berlusconi che voleva imporsi sulla linea editoriale de "Il Giornale"] Nell'arte dell'impreditoria, tu [Berlusconi] sei di certo un genio, ed
io un coglione. Ma nell'arte della polemica il genio sono io, e tu il coglione. (citato in Marco Travaglio, Montanelli e il Cavaliere:
storia di un grande e di un piccolo uomo)
 No, Travaglio non uccide nessuno. Col coltello. Usa un'arma molto più raffinata e non perseguibile penalmente: l'archivio.
(citato in Marco Travaglio, Montanelli e il Cavaliere: storia di un grande e di un piccolo uomo)
 Noi crediamo di scoprire dei modelli. In realtà non scopriamo che degli antenati. [...] Uno scrittore vero [...] non cerca in un
altro scrittore che se stesso. (da I protagonisti, Rizzoli, 1976, p. 207)
 Noi dobbiamo metterci in testa che la lotta alla corruzione la si fa in un modo solo: cambiando gli italiani, non cambiando le
classi politiche. Le classi politiche, anche quelle nuove, si corrompono, è inevitabile.
 Non è necessario essere socialisti per amare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità.
(da Storia d'Italia, volume l'Italia degli anni di fango)
 Non mi si portino i soliti argomenti astratti, tipo la sacralità della vita: nessuno contesta il diritto di ognuno a disporre della sua
vita, non vedo perché gli si debba contestare il diritto a scegliere la propria morte. (citato in Enrico Bonerandi, Montanelli: pronto a
morire, la Repubblica, 13 dicembre 2000, p. 36)
 Pertini ha interpretato al meglio il peggio degli italiani. (citato in Franco Fontanini, Piccola antologia del pensiero breve,
Liguori Editore, 2007, p. 12)
 Più approfondisco questo tema delle regioni (sono a Milano per questo), e più mi sgomenta il doverne scrivere. Ci vuol poco a
capire che questi regionalisti lombardi perseguono, consapevolmente o inconsapevolmente, un piano secessionista cisalpino. E, una
volta che ne abbiano lo strumento, riusciranno a realizzarlo. Non per nulla Bassetti parla già non più di "regione lombarda", ma di
"regione padana", di cui il resto d'Italia non sarebbe che un'appendice. Se ce la fanno (e ce la faranno), addio Risorgimento! Non era
che una finzione, d'accordo, e in pratica ha fallito. Ma con che lo sostituiremo? (da Diari 1957-78, ed. Rizzoli, 26 settembre 1972)
 Quando ebbi un processo non con un magistrato ma con un politico del rango di De Mita che avevo coinvolto nella mala
amministrazione dei fondi stanziati per l'Irpinia dopo il terremoto, non trovai, in tutta quella vasta regione, una toga che venisse a
testimoniare in mio favore. L'unico che mi difese fu colui che avrebbe dovuto accusarmi: il pubblico ministero del tribunale di
Monza, Mariconda: non sul merito delle accuse, ch'egli non aveva elementi per poter valutare, ma sul diritto che mi riconosceva di
lanciarle. Anche l'uso di 50-60 mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie. (12 gennaio 1997; da Le stanze, p.
325)
 Quando mi viene in mente un bell'aforisma, lo metto in conto a Montesquieu, od a La Rochefoucauld. Non si sono mai
lamentati.
 [Su Giulio II] Quel Papa-soldato, collerico e autoritario, usava con gli artisti gli stessi modi rudi e prepotenti con cui, sul campo di
battaglia, trattava la truppa. (da Storia d'Italia, Il meriggio del Rinascimento, conRoberto Gervaso, BUR, 1975)
 Questa non è la destra, questo è il manganello. Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello. (17 marzo
2001; citato in Marco Travaglio, Montanelli e il cavaliere, Garzanti)
 Questa non è una biografia romanzata. È una biografia e basta. Se qua e là somiglia a un romanzo, il merito è solo di Garibaldi,
non dei suoi ritrattisti. (dalla prefazione a Indro Montanelli e Marco Nozza,Garibaldi, BUR)
 Un paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani.
 Volo a Lussemburgo sul solito bireattore di Berlusconi, che ci accompagna, felice di esibirsi e di esibire il suo status in una
cerimonia internazionale. La medaglia d'oro (ma è proprio d'oro?) me la consegna Gaston Thorn, capo del governo lussemburghese.
Berlusconi riempie il suo taccuino di indirizzi: quelli di tutte le personalità che ha incontrato. È il vero climber che approfitta di tutto
e non butta via nulla. (Lussemburgo, 23 maggio, da I conti con me stesso)

Corriere della sera

 Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto
"in trasferta". (7 maggio 1949)
 [A proposito di Maratea] Forse in Italia non c'è paesaggio e panorama più superbi. Immaginate decine e decine di chilometri di
scogliera frastagliata di grotte, faraglioni, strapiombi e morbide spiagge davanti al più spettacoloso dei mari, ora spalancato e aperto,
ora chiuso in rade piccole come darsene. (4 ottobre 1957)
 Tocqueville diceva che "è nel sonno della pubblica coscienza che maturano le dittature". (da La platea resta assente, 13
gennaio 1996, p. 1)
 Una delle eterne regole italiane: nel settore pubblico, tutto è difficile; la buona volontà è sgradita; la correttezza, sospetta. Per
questo, le persone capaci continueranno a tenersi a distanza di sicurezza dalla "cosa pubblica", lasciando il posto ai furbastri (magari
bravi) e alle mezze cartucce (magari oneste). Così, purtroppo, vanno le cose in questo bizzarro paese. (da Impegno politico: la
caduta delle illusioni, 26 gennaio 1996, p. 36)
 [Silvio Berlusconi] Il macigno che paralizza la politica italiana. (14 luglio 1998)
 L'Italia sarà anche, come dicono i nostri tromboni universitari, "la culla del diritto". Ma è anche il sepolcro di una giustizia che,
per decidere se un imputato è innocente o colpevole, aspetta il suo certificato di morte che la esenta dal dirlo. Il secondo problema è
il reclutamento e la selezione del personale. Come in tutte le altre pubbliche attività, anche nella giustizia c'è un dieci per cento di
autentici eroi pronti a sacrificarle carriera e vita, ma senza voce in un coro di "gaglioffi" che c'è da ringraziare Dio quando sono
mossi soltanto da smania di protagonismo. (da Il Cardinale e il Magistrato, 24 agosto 1998, p. 1)
 La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi. (da I secoli non sono una questione di
calendario, 2 gennaio 2000, p. 35)
 Li conosco e riconosco, quei regimi [di dittatura e di censura]. Ne avverto il passo anche di lontano, e convengo che in Italia il
pericolo di vederne arrivare qualcuno c'è. Ma sa quando si realizzerà? L'anno venturo, dopo la vittoria – che io do per certa – del
Polo alle Politiche. Vedrà. La prima cosa che farà Berlusconi, come la fece nel '94, sarà di spazzare via l'attuale dirigenza Rai per
omologarne le tre Reti a quelle sue. (da Rai: la cosiddetta "prassi" italiana, 26 febbraio 2000, p. 41)
 In Italia fu il potere temporale a soffocare negl'italiani la voce della coscienza e a spegnere in loro ogni senso di responsabilità.
Ma fu la Controriforma a fornire al prete le armi per accaparrarsi l'una e l'altra: il Sant'Uffizio, le scomuniche e, nei casi estremi, il
patibolo. Con questo risultato: l'aborto del «cittadino» e la trasformazione di quello che avrebbe dovuto e potuto diventare un
«popolo» in un gregge (come con inconsapevole spudoratezza i preti lo chiamano), e in un gregge di pecore indisciplinate che
credono di affermare il loro ribelle individualismo non rispettando il semaforo rosso. (da Un gregge di pecore indisciplinate, 20
novembre 2000, p. 33)
 Dobbiamo avere la modestia di riconoscere che noi, come venditori, non leghiamo nemmeno le scarpe a un piazzista che se un
giorno si mettesse a produrre vasi da notte, farebbe scappare la voglia di urinare a tutta l'Italia. (da I predicatori e le comparse, 15
febbraio 2001, p. 1)
 Al tavolo di pace di Versailles, il vecchio prostatico Clémenceau, guardando il nostro Orlando continuamente in lacrime per le
umiliazioni che, a suo dire, gli Alleati gl'infliggevano, bofonchiava: «Ah, se io potessi pisciare come lui piange!». (da Io e il
cavaliere qualche anno fa, 25 marzo 2001, p. 1)
 Un giorno fui convocato a Palazzo Venezia, era il 1932 e avevo 23 anni, perché il duce voleva vedermi. Ero emozionatissimo,
entrai e mi misi sull' attenti, e il duce che faceva finta di scrivere mi lasciò lì per un quarto d'ora e alla fine mi disse: "Ho letto il
vostro articolo sul razzismo (avevo scritto un articolo contro il razzismo). Bravo, vi elogio. Il razzismo è roba da biondi (non si era
accorto che ero biondo), continuate così. Sei anni dopo fece le leggi razziali. Perché questo era Mussolini, diceva una cosa e ne
faceva un'altra, secondo il vento del momento. Non creava il vento, vi si accodava da buon italiano. (citato in Corriere della sera,
24 gennaio 2010)

Le Stanze, le risposte ai lettori del Corriere [modifica]

 Se qualcuno mi chiedesse: "Cosa vorresti che, dopo di te, di te rimanesse?", risponderei senza esitare: "Questi colloqui".

[Indro Montanelli Le Stanze, dialoghi con gli italiani, Rizzoli, 1998]

 Io sono un italiano, fra i pochi rimasti che nei confronti dell'Italia s'ispirano all'adagio inglese: «Che abbia ragione o torto, sto
col mio Paese». Anch'io sto col mio paese quando ha torto, ma senza pretendere che il suo torto sia considerato ragione. (23
settembre 1997)
 E lo specchio non vi giudica dai successi che avrete ottenuto nella corsa al denaro, al potere, agli onori; ma soltanto dalla Causa
che avrete servito. Tenendo bene a mente il motto degli hidalgos spagnoli: "La sconfitta è il blasone delle anime nobili". (31
dicembre 1997)
 Le confesso che il suo piglio perentorio e inquisitorio mi disturba alquanto, anche perché mi lascia capire che lei parte da
convinzioni così granitiche da rendere vano ogni tentativo d'insinuarvi almeno un dubbio." (23 ottobre 1997)
 Il revisionismo è la materia prima della storiografia che, senza di esso, sarebbe una disciplina morta.[5] (16 giugno 2000)
 Se sono – come sono – uno di quegli uomini di Destra che ultimamente hanno votato, sia pure controvoglia, per la Sinistra
(annacquata) dell'Ulivo, è perché da questa, che non è mai stata la mia bandiera, non mi sento tradito. Essa sta facendo ciò che
prometteva di fare, ma lo fa con molta moderazione, e con una squadra di uomini che magari non saranno (meno qualcuno, come
per esempio Ciampi) di serie A, ma da cui non temo, e credo che nessuna persona ragionevole possa temere, l'instaurazione di un
regime. (10 dicembre 1997)
 È importante tutto questo? No. Non lo è per me né per lei, che sappiamo cosa è accaduto. E non lo è per i leghisti doc, secondo
cui qualunque cosa propone il capo è Vangelo. Se Bossi decide di andare in Bicamerale, applaudono. Se decide di abbandonare la
Bicamerale, esultano. Se va con Berlusconi, assentono. Se lascia Berlusconi, approvano. E se un giorno si sveglia e cambia i confini
della Padania, accettano i nuovi confini. Tempo fa, rispondendo a un lettore, scrissi che «i leghisti sono pronti a inneggiare anche
all'annessione della Yakuzia, e non solo perché non sanno dove sta». Arrivarono molte lettere indispettite. Ma nessuna contro
l'annessione della Yakuzia. (29 ottobre 1997)
 Forse farebbe meglio ad astenersi a dare lezioni di liberalismo a me che sono stato, in tutto il giornalismo italiano, l'unico a
difenderlo negli anni Settanta e Ottanta, quando difenderlo era difficile e poteva anche costar caro. Non me ne faccio un vanto
perché, quando alla fine ha vinto, ho visto di che liberalismo si trattava, ed è per questo che ho votato Ulivo. (23 ottobre 1997)
 Il vero cacciatore ama gli animali a cui dà la caccia, forse anche perché li considera complici di questo gioco in cui ritrova la
sua origine esistenziale. Non spara, per esempio, sul bersaglio fermo: lo considera sleale. (9 luglio 1997)
 No, è stata la persecuzione che ha costretto gli ebrei, per resisterle, a tendere ed affinare tutte le loro risorse intellettuali. Ecco il
segreto dei loro primati. In tutto. E talvolta anche nella cretineria. (3 aprile 1996)
 L'unico incoraggiamento che posso dare ai giovani, e che regolarmente gli do, è questo: "Battetevi sempre per le cose in cui
credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Una sola potere vincerne: quella che s'ingaggia ogni mattina, quando ci si
fa la barba, davanti allo specchio. Se vi ci potete guardare senza arrossire, contentatevi". (20 febbraio 1996)
 Tutti hanno diritto di credere nel miracolo, quando non c'è altro a cui aggrapparsi. La scienza no: se lo ricordi anche il Papa. (23
febbraio 1998)
 Infine, c'è quello che io considero il vero, grande vantaggio dell'euro: una volta dentro, non potremo tornare all'allegra finanza
pubblica d'un tempo. (20 febbraio 1998)
 Che cosa io pensi dell'onorevole Previti mi pare di averlo detto in termini talmente espliciti da apparire – a più d'uno – brutali:
un personaggio che solo a guardarlo in faccia verrebbe voglia di applicargli le manette ai polsi prima ancora di sapere chi è e cosa
ha fatto. (31 gennaio 1998)
 Sono e rimango convinto che fin quando noi italiani ci affideremo soltanto alla Legge – o, come ora usa chiamarla, alle "regole"
–, rimarremo quello che siamo, coi vizi che abbiamo, fra cui quello di accatastare regole su regole al solo scopo di metterle in
contraddizione l'una con l'altra per poterle meglio evadere. (16 ottobre 1997)
 Io non mi sono mai impiccato. Ma a Norimberga assistetti a diciassette impiccagioni, compresa quella di una cadavere, il
cadavere di Göring che si era suicidato il giorno prima. Be', mi resi conto [...] che ficcare la testa nel nodo scorsoio di una corda non
è un esercizio da mezzetacche o quacquaracquà. (15 maggio 1997)
 La sola parola "ingegneria genetica" mi mette i brividi. (14 marzo 1997)
 Di commissioni d'inchiesta il nostro Parlamento ne ha partorite a dozzine. Me ne citi una sola che abbia raggiunto dei risultati,
anche semplicemente conoscitivi. Per un Parlamento come il nostro (e mi trattengo a fatica dal qualificarlo) anche la ricerca della
verità è materia di lottizzazione. (23 dicembre 1996)
 Io non ho titoli culturali che mi qualifichino a lezioni su una tematica come quella del calvinismo. Ma credo di averne afferrato
l'essenziale: la concezione della Ricchezza come segno della Grazia, di cui quindi non si è proprietari, ma amministratori per conto
del Signore col compito di moltiplicarla per il bene di tutti. (21 dicembre 1996)
 No, caro N***, non mi basta che il Pool abbia perseguito e persegua una buona Causa. Doveva farlo anche con buoni mezzi e
criteri. E il caso Di Pietro basta a dimostrare che questo non è sempre avvenuto. (24 ottobre 1996)
 A fare l'Italia alcuni pochi italiani ci sono, senza e contro i più, riusciti. A fare gl'italiani, l'Italia, in centocinquant'anni, non c'e'
riuscita; anzi non ci s'e' nemmeno provata". (19 giugno 1997).
 Perché, caro B***? Perché la vocazione a dividerci sempre e su tutto per il nostro "particulare", come lo chiamava
Guicciardini, noi italiani ce la portiamo nel sangue, e non c'è legge che possa estirparla. (18 aprile 1998)
 I conti col passato, si capisce, bisogna farli. Ma a un certo punto bisogna chiuderli. Perché nella Storia non ce n'è mai stato uno
che, protratto all'infinito, non ne abbia innescato un altro. (10 marzo 1998)
 Io non mi considero affatto ateo e non capisco come si possa esserlo. (23 maggio 1996)

Il Giornale

 In una conferenza stampa a Nuova Delhi, Henry Kissinger ha dichiarato che verrà a Roma e andrà a pranzo dal presidente
Leone, ma non parlerà di politica perché quella italiana è, per lui, troppo difficile da capire. È la prima volta che Kissinger riconosce
i limiti della propria intelligenza. Ma vogliamo rassicurarlo. A non capire la politica italiana ci sono anche cinquantacinque milioni
di italiani, compresi coloro che la fanno. (31 ottobre 1974[6])
 Dario Fo, poeta di corte dell'ultrasinistra, flagella nella sua ultima fatica teatrale il senatore Amintore Fanfani, responsabile di
ogni nequizia passata, presente e futura. I sarcasmi più grevi hanno però come bersaglio il metraggio del notabile democristiano che,
come tutti sanno, non è quello di un granatiere. Toulouse-Lautrec, che per gli stessi motivi dovette per tutta la vita subire analoghe
canzonature, disse una volta, giocando sulla lunghezza del suo doppio casato: «Ho la statura del mio nome». Non sappiamo se
questo discorso si possa applicare a Fanfani. Certo, si applica a Fo. (11 giugno 1975[6])
 Churchill diceva che «i panni dei servizi segreti si possono, anzi si devono lavare più spesso degli altri; ma, a differenza degli
altri, non si possono mettere ad asciugare alla finestra». Dello stesso parere eraStalin che regolarmente, ogni tre o quattro anni, il
lavaggio lo praticava facendo accoppare al buio i capi della sua polizia, nel presupposto – probabilmente fondato – che a far quel
mestiere non potevano essere che arnesi da forca, e quindi era giusto che ci finissero. Gli americani seguono tutt'altro criterio. Essi
hanno trascinato la Cia [Central Intelligence Agency, l'ente USA deputato alle operazioni di spionaggio e controspionaggio] in televisione
denunciandone coram populo fatti e misfatti. I suoi capi ne hanno commessi, dicono, di grossi. Ma il più grosso è forse quello di
non aver capito che l'America non li paga per svolgere servizi segreti, ma per offrire agli americani il pretesto per vergognarsene. È
l'unico popolo che goda più nel pentimento che nel peccato. (28 novembre 1975[6])
 Non sempre, per redigere questa piccola rubrica, occorre forzare la fantasia. Qualche volta basta lasciare la parola alle agenzie
di stampa ufficiali. Eccone un caso. L'agenzia Adn Kronos comunica: «Due giorni di sciopero sono stati dichiarati dai sindacati
postelegrafonici milanesi per il 28 gennaio e per il 6 febbraio per protesta contro gli scioperi e i disservizi». (25 gennaio 1976[6])
 Ieri Fortebraccio, dalle colonne dell'Unità, ha invocato per noi, previa qualche iniezione, il ricovero immediato, e a titolo
definitivo, in manicomio. La cosa non ci stupisce: sappiamo benissimo che di manicomi e di iniezioni nessuno s'intende più dei
comunisti: chi c'è passato giura che ci hanno fatto una mano da maestri. Ci stupisce però che Fortebraccio lo abbia implicitamente –
e un po' anzitempo – riconosciuto. Forse gli è scappata. Alla sua età, succede. (10 dicembre 1976)
 Cadendo oggi il trigesimo della scomparsa di Pietro Valdoni, vogliamo rievocare un episodio del grande chirurgo. Come tutti
ricorderanno, fu lui ad operare, salvandogli la vita, Palmiro Togliatti, ferito alla testa dalla rivoltella di Pallante. Quando ricevette la
parcella, Togliatti la trovò salata, e accompagnò il pagamento con queste parole: «Eccole il saldo, ma è denaro rubato». Valdoni
rispose: «Grazie per l'assegno. La provenienza non mi interessa» (23 dicembre 1976)
 «Dio non è un maschio» assicura alle femministe Civiltà Cattolica, l'autorevole rivista dei gesuiti, scusandosi «delle tracce di
antifemminismo che ancora sono nella Chiesa». Brutto segno quando i teologi si mettono a discutere di sesso. Fu mentre i bizantini
si accapigliavano su quello degli angeli che arrivarono i turchi. (21 giugno 1977)
 Anche noi italiani dobbiamo qualcosa a Elvis Presley: quella di offrirci una delle rare occasioni in cui preferiamo essere italiani
piuttosto che americani. (20 agosto 1977)
 È in corso una iniziativa per l'abolizione, nelle aule scolastiche, della pedana su cui si eleva la cattedra. Il perché lo avrete già
capito: l'insegnante deve mettersi, anche materialmente, a livello degli alunni per non lederne la dignità e dimostrare con l'esempio
che siamo tutti uguali. Giusto. «La via dell'uguaglianza» dice Rivarol «si percorre solo in discesa: all'altezza dei somari è facilissimo
instaurarla». (29 ottobre 1977)
 Fra gli annunci economici di Lotta Continua, ne è comparso uno che dice: «Compero a L. 100.000 una tesi di laurea, anche già
presentata, purché tratti un argomento attinente all'Inghilterra, o alla lingua, storia, letteratura inglese. Meglio se con una
impostazione femminista». Curioso. Questi grandi rivoluzionari, che dicono di battersi per costruire una società nuova di zecca,
quando si tratta di lauree, si contentano anche di quelle usate e di seconda mano. (3 marzo 1978)
 Ecco il nostro telegramma di congratulazioni e auguri a Pertini: «Che Dio le conceda il coraggio, Presidente, di fare le cose che
si possono e che si debbono fare; l' umiltà di rinunziare a quelle che si possono ma non si debbono, e a quelle che si debbono ma
non si possono fare; e la saggezza di distinguere sempre le une dalle altre». (9 luglio 1978)
 Dall'indagine svolta da uno dei più seri istituti di ricerche demografiche, lo svizzero Scope, risulta che la professione più
ammirata e rispettata, nel mondo, è quella dei medici. I giornalisti sono al penultimo posto. Ce ne sentiremmo profondamente
avviliti se all'ultimo non vedessimo catalogati gli editori. (29 novembre 1978)
 Prima di partire per Vienna, il presidente [degli USA] Carter ha fatto due dichiarazioni. La prima: «Ci auguriamo che il signor
Breznev [allora presidente dell'Unione Sovietica e Primo Segretario del PCUS] abbia per le nostre ragioni la stessa comprensione che noi abbiamo
per le sue». La seconda: «Se Ted Kennedy si presenta contro di me alle elezioni presidenziali, gli faccio un c..o così» Il
triviale Nixon avrebbe potuto dire le stesse cose, ma certamente ne avrebbe invertito l'ordine di priorità riservando la comprensione
a Kennedy ed il c..o a Breznev. La differenza tra i due è tutta qui. (16 giugno 1979)
 Avvicinandosi il 25 dicembre, decine di migliaia di teneri abeti vengono strappati dai boschi della Penisola per allestire il
tradizionale albero di Natale. Ogni anno lo scempio si ripete, tra la generale indifferenza. Soppresso l'Ente protezione animali,
figuriamoci se qualcuno ha voglia di proteggere gli alberi. Diciamo la verità: la sola pianta che interessi all' italiano medio è la
pianta stabile. (19 dicembre 1979)
 Riferiscono le cronache che quando è giunta in tribunale la notizia dell'assassinio di Walter Tobagi, il brigatista Corrado
Alunni l'ha accolta con una sghignazzata di tripudio. Abbiamo sempre combattuto la pena di morte sul presupposto che l'uomo non
ha il diritto di uccidere l'uomo. Il presupposto lo confermiamo. Ciò di cui cominciamo a dubitare è che gli Alunni e quelli come lui
siano uomini. Sui cadaveri sghignazzano le jene. (30 maggio 1980)
 Berlusconi non è né un politico né un gerarca civile o militare, e non svolge nessuna pubblica funzione incompatibile con
l'appartenenza alla massoneria. È un privato imprenditore e cittadino che quando fa una balordaggine (e l'iscrizione alla P2 lo è) la
fa a proprio rischio e pericolo. (31 maggio 1981)
 Gli scrittori Mario Soldati (PSI) e Gianni Brera (PSI) sono stati trombati [non sono stati eletti]. Peccato. Il Parlamento era l'unico
posto in cui, dovendo parlare per gli altri, forse avrebbero finalmente taciuto. (1 luglio 1983)
 Che Craxi sia uomo di grandi capacità e ambizioni, lo si sapeva. Che sia anche uomo di grande coraggio, lo si è visto ieri,
quando pronunciava alla Camera il suo discorso di replica. Per due volte si è interrotto alla ricerca di un bicchier d'acqua. Per due
volte Andreotti glielo ha riempito o porto. E per due volte lui lo ha bevuto. (13 agosto 1983)
 Condannato dal tribunale di Reggio Emilia per bestemmie e turpiloquio contro la Chiesa, Roberto Benigni avrebbe qualche
ragione di considerarsi vittima di un'ingiustizia. Proprio il giorno prima la Chiesa riabilitava Martin Lutero, scomunicato ai suoi
tempi pressappoco per gli stessi motivi. Come cambia, coi tempi, la sorte degli uomini! È inquietante pensare che Benigni, se fosse
vissuto cinquecent'anni fa, sarebbe forse diventato Lutero. Ma addirittura sconvolgente è che Lutero, se fosse nato cinquecent'anni
dopo, sarebbe forse diventato Benigni! (8 novembre 1983[6])
 Il più autorevole giornale americano di economia e finanza, il Wall Street Journal di martedì 10 gennaio, è incorso in un curioso
lapsus. Parlando del concordato fra lo Stato italiano e la Santa Sede, scrive che esso «venne firmato nel 1929 da Bettino Mussolini».
Chissà, se lo legge, come si arrabbia Benito Craxi. (12 gennaio 1984[6])
 [Berlusconi] In tutti questi anni che è stato con noi, si è sempre comportato nella maniera più signorile, ed anche in questa
circostanza ci ha dato le più ampie garanzie. (14 aprile 1987)
 L'agenzia Ansa riferisce che da un sondaggio operato in Francia su un pubblico internazionale, risulterebbe che il maschio
italiano detiene ancora il primato mondiale della seduzione. Speriamo che i giornali non riportino la notizia: gl'italiani sarebbero
capaci di crederci. (15 marzo 1987[6])
 Mai le nostre prese di posizione su problemi e personaggi sono state non dico condizionate, ma influenzate dalle personali
amicizie o preferenze di Berlusconi. Per la verità, l'editore chiese una volta a titolo di favore, un «occhio di riguardo» per la sua
creatura prediletta. Non la televisione, [...] ma il Milan. Sottoposi questa sommessa istanza alla redazione sportiva. La risposta fu
una lettera collettiva di dimissioni. Caso chiuso. Da allora rinuncio a leggere le cronache delle partite del Milan, per non dovermi
dispiacere del dispiacere che ne prova probabilmente Berlusconi. (17 aprile 1988)
 Un presidente [Oscar Luigi Scalfaro] per disgrazia ricevuta. [...] un democristiano talmente anomalo, che si permette persino di
credere in Dio. (26 maggio 1992)
 Per sfatare le malevole dicerie su certe bestie, il presidente degli «animalisti» italiani ha offerto un premio di 200 milioni a chi
potrà dimostrare che i corvi scrivono lettere anonime e che le talpe fanno le spie. È vero: di simili casi non ne conosciamo. Ma di
somari che fanno i presidenti, ne conosciamo parecchi. (5 luglio 1992[6])

La Voce [modifica]

 Per i "falchi" del Pci, ligi a Mosca, Berlinguer era ormai un personaggio scomodo e pericoloso, da quando aveva cominciato ad
allentare gli ormeggi che lo legavano alla casa-madre. Gli era perfino scappato di dire in una intervista che voleva per l'Italia un
regime comunista, ma sotto l'ombrello della Nato, che la tenesse al riparo dalle soperchierie del padrone sovietico. (Dieci anni dopo,
11 aprile 1994)
 Anche quando avremo messo a posto tutte le regole, ne mancherà sempre una: quella che dall'interno della sua coscienza fa
obbligo a ogni cittadino di regolarsi secondo le regole. (3 gennaio 1995)

la Repubblica [modifica]

 Siamo un paese cattolico, che nella provvidenza ci crede o almeno ne è affascinato. Il pericolo è questo: gli italiani sentendo
aria di provvidenza sono sempre pronti a mettersi in fila speranzosi. (citato in A. D.,Rivogliono l'uomo della provvidenza, 24
febbraio 1994)
 Sta arrivando l'uomo della provvidenza. E io, in vita mia, di questi personaggi ne ho già conosciuto uno. Mi è bastato. Per
sempre. (ibidem)
 Io voglio che vinca, faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo
signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi,
Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni. L'immunità che si
ottiene col vaccino. (dall'intervista di Laura Laurenzi, 26 marzo 2001)
 La scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie
brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime. L'Italia della marcia su Roma, becera e violenta, animata però forse anche da
belle speranze. L'Italia del 25 luglio, l'Italia dell'8 settembre, e anche l'Italia di piazzale Loreto, animata dalla voglia di vendetta.
Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il
pozzo. (ibidem)

L'Indipendente [modifica]

 Posso solo dire che l'Italia del Cattaneo è quella che conserva qualche probabilità di salvarsi da questo degrado politico,
culturale, morale, economico. E l'Italia del Cattaneo è quella Cisalpina. A nord del Po, e forse anche in Emilia, esistono tracce di
coscienza civile e anche di classi dirigenti sane. Poi c'è un'Italia centrale, quella toscana e umbra e marchigiana, che conserva le sue
peculiarità, i suoi caratteri spiccati che affondano le radici nell'Italia comunale e rinascimentale. Il resto è un disastro che non saprei
come salvare. Del resto Cattaneo ci tentò, andò a Napoli e resistette qualche giorno. Poi si arrese e se ne tornò nella sua Lugano,
nella sua Svizzera. (dall'intervista di Indro Montanelli, Il grande vecchio del giornalismo rilegge gli ultimi anni della nostra storia,
25 luglio 1995)
 In Italia non c'è una coscienza civile, non c'è un'identità nazionale che tenga insieme uno Stato federale e garantisca la civile
convivenza delle sue parti. Invece io vedo solo nell'Italia Cisalpina qualche barlume di coscienza civile e una vocazione europea.
Altrove, invece, è un disastro difficile, se non impossibile, da rimediare. spero proprio di sbagliarmi. (dall'intervista di Indro
Montanelli, Il grande vecchio del giornalismo rilegge gli ultimi anni della nostra storia, 25 luglio 1995)

Interviste [modifica]

 Tutto ciò mi evoca dei ricordi poco simpatici. Era il Fascismo che si conduceva così. Era il Fascismo che proibiva la satira, che
in un paese civile e democratico dovrebbe essere assolutamente indenne da controlli politici; perché la satira non ha niente a che
fare con la politica, anche se prende in giro la politica, ma si sa che è satira. Ed ogni regime serio e democratico accetta la satira,
come si accettano le caricature. Era Mussolini che non le sopportava. E qui pensano: "Ripuliremo la stalla", "Faremo piazza pulita".
Ma questo linguaggio, al signor Fini, chi glielo ispira? Ci ricorda delle cose che avremmo voluto dimenticare. Questa non è la
destra, questo è il manganello. Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello. [...] Alla Rai faranno piazza pulita,
lo hanno già annunziato. Ma come si fa a definire democratico un partito che annunzia: "Quando saremo al potere, noi faremo
piazza pulita"? Ma questo è un linguaggio del peggiore squadrismo, che loro non sanno cosa fu, ma io me lo ricordo. Questo è il
linguaggio con cui (i fascisti) andarono al potere. (intervista del 17 marzo 2001 http://www.youtube.com/watch?
v=Nn5xnW12CUM)

 Io voglio ringraziare Travaglio, perché ha detto l'assoluta e pura verità. Assolutamente. La versione che ha dato degli
avvenimenti è quella esatta. [...] Io ho conosciuto due Berlusconi: il Berlusconi imprenditore privato che comprò Il Giornale -e noi
fummo felici di venderglielo, perché non sapevamo come andare avanti- su questo patto: tu, Berlusconi, sei il proprietario de Il
Giornale, io, direttore, sono il padrone delGiornale, nel senso che la linea politica dipende solo da me. Questo fu il patto fra noi due.
Quando Berlusconi mi annunziò che si buttava in politica, io capii subito quello che stava per succedere. Cercai di dissuaderlo [...]
ma tutto fu inutile. Dal momento in cui lo decise mi disse: "Ora Il Giornale deve fare la politica della mia politica". Ed io gli dissi:
"Non ci pensare nemmeno". Allora lui riunì la redazione come ha raccontato Travaglio -e questo lo fece a mia totale insaputa- e
disse: "D'ora in poi Il Giornale farà la politica della mia politica". E a quel momento me ne andai, cos'altro potevo fare? [...] Nella
mia vita ci sono stati due Berlusconi, completamente opposti [...] questo fa parte del ritratto di Berlusconi. [...] Come capo politico è
quello che io ho conosciuto in quei brutti giorni in cui scorrettamente, nella maniera più scorretta e più volgare, saltandomi, radunò
la redazione de Il Giornale per dirgli "Qui si cambia tutto" all'insaputa del direttore. Se questo sembra a Feltri un modo di procedere
democratico e civile, è affar suo. (risposta telefonica a Marco Travaglio e Vittorio Feltri durante la trasmissione Il Raggio Verde,
marzo 2001)

 Il caso Chiesa era un caso modestissimo... Fece da detonatore perché il momento era maturo per arrivare a tangentopoli che era
dovuto a una cosa molto più complessa... Che ci fosse la corruzione in Italia si è sempre saputo, la classe dominante promanava
questo puzzo di fogna che tutti sentivano, il famoso "turarsi il naso". Soltanto che fin quando l'alternativa di questa classe politica
allora al potere era un partito comunista, che era un fac-simile di quello sovietico, basato sui carri armati, sulla polizia segreta, sulle
delazioni, sui processi, [...] finché c'era questo spettro noi non potevamo prenderci il lusso di mettere sotto processo e mandare in
galera la classe politica dirigente allora. Fu quando, col muro di Berlino, crollò questo incubo che i tempi furono maturi perché
questo avvenisse. (intervista di Alain Elkannhttp://www.youtube.com/watch?v=VC2ny06_rFs)

Attribuite [modifica]

 Se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l'annunciatrice. (Enzo Biagi)

Citazione erroneamente attribuita anche a Indro Montanelli.


Senza fonte [modifica]
Le citazioni di questo paragrafo non sono sostenute da un'indicazione precisa delle fonti.
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saranno cancellate.

 Come dissi scherzando a Nilde Iotti quando venne a trovarmi al Giornale, tenevo una vecchia icona di Stalin perché è
il comunista che ammiro di più: quello che ha fatto fuori più comunisti.
 [Giovanni Spadolini] È morto al momento giusto, perché non era trasferibile in questa Seconda Repubblica.
 È pericoloso porre in modo sbagliato questioni sostanzialmente giuste.
 Il bordello è l'unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto.
 In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone
da servire. Lo diceva Mussolini: "Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?"
 In un'intervista alla Stampa, Giorgio Bocca ha detto che io sono un bravissimo giornalista che non capisce nulla di
politica. Bocca non mi delude mai: riesce sempre a dire di me quello che io penso di lui.
 Io continuo a professarmi uomo di destra: ma la mia destra non ha niente a che fare con quella "patacca" di destra che
ci governa.
 La tv all'assalto di una delle ultime roccheforti dei quotidiani, i necrologi. Un'emittente bergamasca, TeleClusone, a
mezzogiorno, al termine del telegiornale, trasmette annunci funebri. Ora si sta scegliendo il titolo: "Ci Guardano Da Lassú",
oppure "Ci Hanno Preceduto". Ne suggeriamo un terzo: "Cerchiamo Di Non Seguirli."
 La virtù femminile è un'invenzione dell'uomo.
 La vita è come il pane: col trascorrere del tempo diventa più dura, ma quanto meno ne resta tanto più la si apprezza.
 Noi l'Italia la vediamo realisticamente qual è: non un vivaio di poeti, di santi e di navigatori, ma una mantenuta costosa
e scostumata: ma è la sola che riesce a riscaldare il nostro letto e a farci sentire uomini, anche se cornuti.
 Quando il direttore di un quotidiano va in ferie, corre il rischio che le vendite del giornale, in sua assenza,
diminuiscano. Ma ne corre uno maggiore: che aumentino.
 Quando sarò al cospetto di Dio, lui mi chiederà: Indro, perché in vita non hai avuto fede?. Ma io gli risponderò: no,
perché tu non mi hai mai fatto dono della fede? (tratto da una delle ultime interviste, 2000) Intervista di chi? Dove?

 Sempre più si diffonde sulla nostra stampa il brutto vezzo di chiamare Andreotti col nome di Belzebù. Piantiamola.
Belzebù potrebbe anche darci querela.
 Solo i fanatici e le mummie non ondeggiano mai.
 Sulle donne s'è detto di tutto, anche troppo. Eppure un manuale appena pubblicato suggerisce un approccio diverso,
come si evince fin troppo bene dal titolo: "Della donna non si butta via niente. Con 21 ricette per cucinarla". Un'idea originale,
non v'è dubbio. Peccato che il problema, con le donne, non sia cucinarle. Ma digerirle.
 Un giorno dissi al cardinal Martini: ma non si può scomunicare la televisione, non si possono mandare al rogo un po' di
quelli che la fanno?
 Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente.
 Viviamo in un secolo di urlatori, in cui anche la crociata contro l'urlo non si può fare che urlando.

Solo datate [modifica]

 Il regime si realizzerà dopo la vittoria del Polo. La prima cosa che farà Berlusconi sarà di spazzare via l'attuale
dirigenza Rai per omologarne le tre reti a quelle sue. (27 febbraio 2000)
 È il bugiardo più sincero che ci sia, è il primo a credere alle proprie menzogne. È questo che lo rende così pericoloso.
Non ha nessun pudore. Berlusconi non delude mai: quando ti aspetti che dica una scempiaggine, la dice. Ha l'allergia alla
verità, una voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne. "Chiagne e fotte", dicono a Napoli dei tipi come lui. E si
prepara a farlo per cinque anni. (25 marzo 2001)
 Spero che l'Europa tratti Berlusconi con l'indignazione e il disprezzo che merita. (8 maggio 2001)

Pantheon minore [modifica]


Incipit [modifica]
Einaudi
Avendo saputo che sollecitavo l'onore e il piacere di incontrarlo, il Presidente, che non mi aveva mai visto, trovò del tutto naturale
invitarmi a colazione. «Quando vuol venire?» mi fece chiedere, «giovedì mattina, per esempio?» Giovedì voglio stappare una
nuova bottiglia del mio 'barolo' e ci sarà anche la signorina Barbara Ward dell' Economist. Vino piemontese, giornalismo
ed economia politica, pensa: sarebbe difficile sorprendere Einaudi in una cornice più einaudiana di questa.

Citazioni [modifica]

 [Luigi Einaudi] E in quei pochi minuti aveva ancora tante cose da dire a due giornalisti per ricordare
loro, manzonianamente, che l'uomo è «buono», come dice Rousseau, ma tale può diventare solo in grazia delle buone
istituzioni (in ciò consiste la sua posizione conservatrice e cattolicamente pessimistica).
 Ingrid Bergman è forse la sola persona al mondo che non consideri Ingrid Bergman un'attrice completamente riuscita e
definitivamente arrivata. (p. 195)
 Non ho mai visto in vita mia, nemmeno nei film di cui la Bergman è protagonista, una donna così trasparentemente
pulita. (p. 195)
 Ogni buon padre di famiglia deve, al principio della giornata, sapere quanto la famiglia ha in cassa e quanto può
spendere.
Einaudi conosce a memoria le cifre dell'economia italiana, come i re che lo precedettero conoscevano a memoria i nomi e i
motti dei reggimenti.
 «Venez, mademoiselle, venez», disse Anatole France a Emma Gramatica che, poco più che ventenne, si trovò
un giorno a viaggiare con lui in automobile a Palermo, e aveva paura di essere troppo ingombrante sul sedile. «Vous êtes
comme les anges, qui n'ont pas de derrière!»
Qualcosa come mezzo secolo dev'esser trascorso da allora, ed Emma somiglia un po' meno a un angelo, ma grassa non la si
può dire nemmeno adesso. La vita che mena, d'altronde, non lo consentirebbe di diventaro. Alla sua età, ha girato per tre anni
consecutivi, tutti i teatri dell'America del Sud, volando da Buenos Aires a Santiago, da Santiago a Lima, da Lima a Caracas, e
recitando una sera in italiano e la sera dopo in spagnolo, lingua che, sino al momento di partire, ignorava totalmente. Ora è
tornata per girare un film con De Sica, e sono fatiche a cui molti giovani non resistono.

Storia di Roma [modifica]

 Le rivoluzioni vincono non in forza delle loro idee, ma quando riescono a confezionare una classe dirigente migliore di
quella precedente.
 Non ho scoperto nulla, con questo libro. Esso non pretende di portare "rivelazioni", nemmeno di dare una
interpretazione originale della storia dell'Urbe. Tutto ciò che qui racconto è già stato raccontato. Io spero solo di averlo fatto in
maniera più semplice e cordiale, attraverso una serie di ritratti che illuminano i protagonisti in una luce più vera, spogliandoli
dei paramenti che fin qui ce li nascondevano. (prefazione)
 Se riuscirò ad affezionare alla storia di Roma qualche migliaio di italiani, sin qui respinti dalla sussiegosità di chi
gliel'ha raccontata prima di me, mi riterrò un autore utile, fortunato e pienamente riuscito. (prefazione)
 In politica i ritorni al passato sono sempre un errore.
 Forse uno dei guai dell'Italia è proprio questo, di avere per capitale una città sproporzionata, per nome e per storia, alla
modestia di un Popolo che quando grida "forza Roma!" allude solo ad una squadra di calcio. (conclusione)
 Purtroppo la pace, per ottenerla, bisogna essere in due a volerla.
 Come tutti i grandi Imperi, quello romano non fu abbattuto dal nemico esterno, ma roso dai suoi mali interni.
(conclusione)
 Una religione conta non in quanto costruisce dei templi e svolge certi riti; ma in quanto fornsice una regola morale di
condotta. Il paganesimo questa regola l'aveva fornita. Ma quando Cristo nacque, essa era già in disuso, e gli uomini,
consciamente o inconsciamente, ne aspettavano un'altra. Non fu il sorgere della nuova fede a provocare il declino di quella
vecchia; anzi, il contrario. (conclusione)
 Il dispotismo è sempre un malanno. Ma ci sono delle siutazioni che lo rendono necessario. (conclusione)
 Ho smesso di credere all'utilità di una Storia scritta al di fuori di tutti i circuiti della politica e della cultura tradizionali.
Anzi, ad essere sincero sino in fondo, ho smesso di credere all'Italia. [Che cosa diventrà l'Italia?] Rimarremo quello che siamo: un
conglomerato impegnato a discutere, con grandi parole, di grandi riforme a copertura di piccoli giochi di potere e d'interesse.
L'Italia è finita. (Poscritto alla «Storia d'Italia»)

L'Italia del Seicento [modifica]

 Questa donna bellissima, spiritosa, volubile e piena di sex-appeal, riempiva il marito di corna, o per meglio dire gli
ricambiava quelle che lui le faceva. Ma nelle emergenze era sempre presente. Tuttavia tante ne fece che alla fine i due Enrichi
– il marito e il fratello – decisero di comune accordo di confinarla in un castello. Essa lo ridussa a mezzo salotto, mezzo ad
alcova, fu in corrispondenza con Montaigne, scrisse un libro di pettegolezzi autobiografici degno di un rotocalco moderno,
ingrassò nel peccato, dopo la menopausa se ne pentì, si prese come cappellano Vincenzo da Paola, fondò un convento, e morì
rimpianta da tutti. [Indro Montanelli e Roberto Gervaso, su Margherita di Valois][7]
L'Italia del Settecento [modifica]

 I salotti di Francia contavano. Non erano, come lo sono in Italia, convegni di una mondanità sfaccendata e
semianalfabeta anche quando, anzi specialmente quando i frequentatori ostentano blasoni con molte palle.
 In nessuna epoca, in nessun Paese c'è mai stato un intellettuale più "moderno" di Voltaire. Seguita ad esserlo, vecchio
di due secoli. Non si può pensare in modo più libero di lui. Non si può scrivere in modo più penetrante di lui. Fu, e rimane, il
"maestro" per antonomasia.
 Non si può scrivere meglio di Voltaire, non si possono dire cose più serie con più aerea leggerezza ("La solennità è una
malattia" diceva. E se i suoi colleghi italiani lo avessero ascoltato!...), con più perfetto dosaggio di furore, d'umorismo e di
fantasia picaresca.
 Erano cento i volumi comparsi sotto il nome di Voltaire, e non ce n'era uno che non contenesse qualche scintilla del
suo genio. A distanza di due secoli, si può rileggerli tutti senza trovarvi un aggettivo superfluo, un grammo di adipe, ed
emergere da questa scorpacciata con una fame intatta di Voltaire. Non conosciamo scrittore di cui si possa dire in piena
coscienza altrettanto.
 [Su Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena] Capricciosa, prepotente, sventata, non era mai stata popolare. Ora aveva perso anche
la pàtina di frivola gaiezza un po' perché non ne aveva più l'età, un po' perché proprio in questa emergenza la sorte l'aveva
colpita portandole via il primogenito, erede al trono. Bruscamente richiamata da quella sventura alla realtà, vi reagiva con
puntigliosa acredine.

[Indro Montanelli e Roberto Gervaso, L'Italia del Settecento, Rizzoli, 1971]

Le stanze [modifica]

 Quando ebbi un processo non con un magistrato ma con un politico del rango di De Mita che avevo coinvolto nella
mala amministrazione dei fondi stanziati per l'Irpinia dopo il terremoto, non trovai, in tutta quella vasta regione, una toga che
venisse a testimoniare in mio favore. L'uso di 50-60mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie. (12
gennaio 1997)

[Indro Montanelli, Le stanze, BUR, 2004]

Citazioni su Indro Montanelli [modifica]

 Io mi sono limitato ad adottare la sua formula giornalistica. Ma l'ho realizzata meglio perché mi sono sempre esposto,
ci ho messo la faccia. Lui invece era come Veltroni: "Sì, ma anche". Non si schierava nettamente, il suo editoriale era così in
chiaroscuro che alla fine non capivi mai se fosse chiaro o scuro. Il che non significa che non resti il migliore di tutti noi. Ho
venduto più di lui solo perché a me la gente non fa schifo. (Vittorio Feltri)
 Montanelli, un misantropo che cerca compagnia per sentirsi più solo. (Leo Longanesi)
 Una volta, parecchi anni fa, Indro Montanelli, dicendosi disgustato della morbidezza e della mollezza
della Democrazia Cristiana, che ammorbidiva, incorporava, estenuava e alla fine innocuizzava qualsiasi opposizione,
togliendole ogni soddisfazione e dignità, mi mostrò una fotografia, incastonata in una cornicetta d'argento, che teneva, a mo'
di santino, come altri fanno con le immagini della madre o della moglie e dei figli, sulla sua scrivania, al «Giornale». Con
sorpresa vidi che si trattava di Stalin. «Con questo ci sarebbe stato gusto, a battersi», disse. (Massimo Fini)
 So solo che Montanelli è fatto così: un maestro di giornalismo che ogni tanto s'impenna con qualcuna delle sue
bizzarrie. (Giorgio Bocca)

Enzo Biagi [modifica]

 A Indro Montanelli devo molto: intanto, l'idea che chi conta è il pubblico. Poi la necessità di essere chiari, di far anche
fatica, perché chi legge non ha voglia di impegnarsi troppo, e solo se uno si chiama Joycepuò essere difficile.
 Montanelli se n'è sempre fregato delle critiche, io molto meno, ho un carattere permaloso, spesso non ho resistito alla
tentazione di rispondere a chi mi attaccava. Indro mi sgridava, diceva a mia moglie di tenermi calmo, che non ne valeva la
pena, che erano tutte bischerate. [...] Per lui il buon risultato era il sorriso di un passante, l'oste che gli trovava il tavolo.
Qualcuno si chiedeva che cos'avesse di speciale. A pensarci bene, niente. Scriveva degli articoli che erano letti e dei libri che
si vendevano.
 Non è una gran notizia che Indro e io non abbiamo mai fatto parte del coro, ma fu una grande notizia la spiegazione
che ne diede Berlusconi: "Biagi e Montanelli hanno invidia del mio successo". La prima cosa che mi venne in mente fu: "Sai
che risate si starà facendo Indro adesso". Poi mi dissi che c'era poco da ridere.

Roberto Gervaso
Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Roberto Gervaso (1937 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Indice
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• 1 Senza fonte
• 2 Il grillo parlante
• 3 La volpe e l'uva
• 4 Peste e corna
• 5 Cagliostro
o 5.1 Incipit
o 5.2 Citazioni
• 6 Il dito nell'occhio
o 6.1 Incipit
o 6.2 Citazioni
• 7 I Borgia
o 7.1 Incipit
o 7.2 Citazioni
• 8 La regina, l'alchimista e il cardinale
o 8.1 Citazioni
• 9 Note
• 10 Bibliografia

• 11 Altri progetti
 A me questo mondo non piace più. Se sapessi cosa mi aspetta, non esiterei a cambiare residenza.[1]
 [In un mondo in cui:] C'è il leggiadro Vendola con la lingua di pezza e l'orecchino, che fa il comunista e vuole prendere il posto
di Bersani, che fa di tutto senza fare niente; c'è Veltroni, l'amerikano di piazza Fiume, aedo di Kennedy e bardo di Che Guevara, che si
destestavano. C'è il super «Baffino» D'Alema che si prende tanto sul serio e che nessuno ormai prende più sul serio. C'è Rutelli che non sa
più quale gabbana indossare, avendole già indossate tutte. Ieri per il divorzio o l'aborto, oggi per il Papa e il Concilio di Trento.[1]
 Il desiderio, qualunque desiderio, diventa una tortura quando non si è più in grado di soddisfarlo. (da La saggezza e i piaceri effimeri
dell'eros, Il Mattino, 7 marzo 2010)
 [Sulla libertà di pensiero] Il diritto di dire e di scrivere quello che penso e il diritto di ascoltare e di leggere quello che pensano gli altri.[2]
 La castità l'hanno praticata molti uomini illustri. Dalí, durante l'ultima intervista che fece nella sua lunga vita, mi disse che la più
grande pace, la pace assoluta, era quella dei sensi. (da La saggezza e i piaceri effimeri dell'eros, Il Mattino, 7 marzo 2010)
 La libertà deve essere libertà per tutti. Quando lo è solo per qualcuno non è più libertà: è tirannia.[2]
 [Riferendosi alla politica] Le caste sono sempre detestabili, ma la nostra ha due aggravanti, che esentano i cittadini non solo dal criticarla,
ma anche dal rispettarla. (I bramini del Palazzo, Il Messaggero, 12 giugno 2007)
 Nessuna corda si tira all'infinito. Prima o poi si spezza e, quando la corda si spezza, lo sciacquone s'inceppa. (I bramini del Palazzo, Il
Messaggero, 12 giugno 2007)
 [Cagliostro] Un miscuglio d'ingenuità e impostura, genio e ciarlataneria, misticismo e sregolatezza. (da Il grande mago, Rizzoli)
 Una città [Torino nel 1847] rigida e codina che amava le parate militari e le processioni, brulicante di divise e di tonache; una città dove,
tra una guerra e un giubileo, si affilavano le armi, si accendevano ceri, e ci si annoiava a morte. (da La bella Rosina, Bompiani)

Senza fonte [modifica]

Le citazioni di questo paragrafo non sono sostenute da un'indicazione precisa delle fonti.
Se conosci la fonte di una di queste puoi migliorare la voce inserendola. Nuove citazioni senza fonte saranno
cancellate.

 A leggere nel pensiero di certa gente si rischiano solo delusioni.


 A pentirsi c'è sempre tempo, a peccare no!
 Anche le raccomandazioni non finiscono mai.
 Aspettare che gli altri facciano il loro dovere è il miglior alibi per non fare il nostro.
 C'è calcolo anche nel disinteresse.
 C'è chi non ha mai fatto male solo perché non ne ha avuta l'occasione.
 Chi ama il prossimo suo come se stesso, o non conosce abbastanza il prossimo o non ama abbastanza se stesso.
 Chi dice che l'inferno è nell'aldilà conosce male l'aldiquà.
 Chi dice sempre la verità, evidentemente non ha altro da dire.
 Chi dubita di tutto, forse ha capito tutto.
 Chi ha carattere rende la vita difficile agli altri non meno che a se stesso.
 Chi pensa con la testa altrui difficilmente rischia di essere messo in minoranza.
 Chiediamo agli altri quelle cose che preferiremmo non fare se venissero chieste a noi.
 Ci adattiamo a tutto. Ma guai a saperlo prima!
 Ci sono adulteri che giovano alla coppia più di qualunque fedeltà.
 Ciò che mi trattiene dallo scrivere un capolavoro è il timore che me ne chiedano subito un altro.
 Ciò che rende duraturo il matrimonio sono la buona educazione, lo scarso ardore, il reciproco interesse.
 Com'è pesante la conversazione della gente leggera!
 Con un po' di fortuna molti mariti sarebbero finiti carnefici.
 Di tutte le forme d'orgoglio, l'umiltà è la più calcolatrice.
 Donne: diavoli senza i quali la vita sarebbe un inferno.
 È l'idea della pace eterna che ci toglie la pace.
 Gli amici, come gli amori, non si cercano: si trovano.
 I debiti non basta farli: bisogna anche dimenticarli.
 Il coraggio è contro natura. Lo dimostra il fatto che pochi ne hanno.
 Il divorzio è l'ammissione di una sconfitta. Come il matrimonio.
 Il denaro è una maledizione quando non se ne ha abbastanza.
 Il moralista, impegnato a predicare la virtù, difficilmente troverà il tempo di praticarla.
 Il plagio è un atto di omaggio. Chi copia ammira.
 Il riposo eterno ci farà almeno risparmiare i sonniferi.
 In politica, il tradimento è una forma di aggiornamento.
 La diffidenza più che sfiducia preconcetta, è prudenza lungimirante.
 La donna leggera, quando si innamora, diventa pesantissima.
 La fedeltà è soprattutto mancanza di fantasia.
 La felicità non esiste. Esistono solo momenti e gradi d'infelicità.
 La giustizia nell'aldilà rende superflua quella nell'aldiquà.
 La più piccola somma di denaro ci è più gradita del consiglio più prezioso.
 La solitudine o ci fa ritrovare o ci fa perdere noi stessi.
 La verginità, per fortuna, non è quasi mai una scelta.
 La verità è più facile dirla che conoscerla.
 L'aforisma è un lapillo dell'intelligenza.
 L'altruista è uno che ha fatto male i propri conti.
 L'amore disinteressato non è amore.
 Le stelle cadono senza far rumore per non svegliarci.
 L'educazione serve a farci dimenticare quello che la natura ci ha insegnato.
 L'Italia sta in piedi solo perché non sa da che parte cadere.
 L'ozio è il padre di quei vizi che ce lo fanno amare.
 L'ozio non ci fa fare quelle cose che non avremmo comunque fatto.
 L'uomo non è fatto per prendere delle decisioni. Basta vederlo al ristorante, davanti ad un menù.
 Mi fido solo dei medici che sbagliano le diagnosi infauste.
 Molti moralisti non sono che peccatori senza occasioni.
 Niente allevia le nostre sofferenze come quelle dei nostri amici.
 Niente aiuta tanto a vivere quanto la paura di morire.
 Niente mi fa perdere la pazienza più di chi ne ha troppa.
 Noi diamo volentieri una mano a chi sta in basso purché non salga troppo in alto.
 Non c'è modestia senza vanità.
 Non c'è niente di più interessato, di più sospetto, della generosità dei ricchi e potenti.
 Non di rado l'onestà è soltanto mancanza d'occasioni di disonestà.
 Non è vero che un amico si vede nel momento del bisogno, un amico si vede sempre.
 Non riuscirei mai ad essere ateo neppure se Dio non esistesse.
 Nulla ci difende meglio dall'egoismo altrui che quello nostro.
 Per amore si può morire. Specialmente nei brutti film e nei cattivi romanzi.
 Più facciamo progetti, meno li realizziamo.
 Quando una donna dice: "Adesso no", vuol dire o che siete in anticipo o che siete in ritardo.
 Quanti peccati ci fanno venir voglia di commettere i censori che li condannano.
 "Recita come un cane." Ma tutti i cani che ho visto recitare erano bravissimi.
 Scendere a compromessi è un modo come un altro per salire.
 Se il denaro non dà la felicità, neppure la toglie.
 Si può vivere con gli altri, ma si sopravvive solo con se stessi.
 "Siamo nati per morire". Se l'avessi saputo prima!
 Tutte le volte che ho dato la mia parola a qualcuno non l'ho più rivista.
 Un'amante cessa di essere tale quando comincia a stirarci le camicie.

Il grillo parlante [modifica]

 A volte, da noi dipende più la felicità altrui che la nostra.


 C'è chi fa debiti per necessità, chi per leggerezza, chi per vizio. Solo il primo, di solito, li paga.
 Chi è sempre se stesso, o è un uomo di carattere o è un uomo senza fantasia.
 Chi non è padrone di sé finisce servo degli altri.
 Chi non dubita di nulla è capace di tutto.
 Chi non dubita mai di niente non ha capito niente.
 Chi sa star solo non si sente mai solo.
 "Chiodo scaccia chiodo". Ma il chiodo resta.
 Ci si finge modesti per farsi ancor più adulare.
 Con la ricchezza, diceva Orazio, crescono le preoccupazioni. Con la povertà, non diminuiscono.
 Distinguere il bene dal male non è facile poiché i confini tra questo e quello siamo noi a tracciarli.
 Dubito sempre di chi non dubita di niente.
 È facile essere se stessi quando si è qualcuno.
 I vent'anni sono più belli a quaranta che a venti.
 Il desiderio, non meno che il timore, fa soffrire l'uomo.
 Il politico è come la donna frigida: per piacere deve fingere.
 Il successo che più c'invidiano è quello che abbiamo meritato.
 In amore chi più ama meno può.
 Invidiamo gli altri più per quello che hanno che per quello che sono.
 L'altruismo è un rimorso dell'egoismo.
 L'amicizia è rara perché è scomoda.
 L'amore a prima vista spesso non è che una svista.
 L'appetito non viene mangiando, ma vedendo mangiare gli altri.
 L'esistenza di Dio non mi stupirebbe meno della sua inesistenza.
 L'illusione è speranza ormai svanita.
 L'istinto difficilmente inganna perché non calcola.
 L'onestà, come tante altre virtù, dipende dalle circostanze.
 L'opinione pubblica non ha quasi mai opinioni.
 L'ottimista ama la vita; il pessimista la conosce.
 L'uomo è buono finché gli conviene.
 La bellezza si vede; il fascino si sente.
 La concisione è l'arte di dire molto con poco; la prolissità, di dire niente con troppo.
 La differenza fra la donna disonesta e l'onesta è che, di solito, la prima è bella.
 La diffidenza verso gli altri nasce anche dalla sfiducia in noi stessi.
 La filosofia non c'impedisce di commettere errori, ma ce li spiega.
 La fortuna è il nome che diamo al successo altrui.
 La malinconia è fatta di sogni che devono restare tali.
 La noia è incapacità di godere.
 La noia nasce anche dal non saper cosa non fare.
 La pazienza è la virtù di chi ha tempo da perdere
 La ricchezza non è tutto, ma la povertà è ancora meno
 La solitudine ci dà il piacere d'una grande compagnia: la nostra.
 La timidezza è timore d'esser giudicato male.
 La vita è la più monotona delle avventure: finisce sempre allo stesso modo.
 Le grandi fedi, per affermarsi, hanno bisogno di grandi persecuzioni.
 Le promesse, in politica, si possono anche non mantenere, ma bisogna saperle fare.
 Le verità che tolgono la speranza è meglio tacerle.
 Nelle democrazie, i governanti raramente sono peggiori dei governati.
 Nessun imbecille è così imbecille da non capire l'utilità di unirsi ad altri imbecilli contro gli intelligenti.
 Non diciamo mai la verità perché, in fondo, non la conosciamo.
 Non fidarsi di nessuno è altrettanto stupido che fidarsi di tutti.
 Non occorre che le religioni dispensino certezze: basta che diano speranze.
 Per amarsi a lungo bisogna conoscersi poco.
 Quando uno scrittore diventa un classico non c'è più bisogno di leggerlo: basta citarlo.
 Ricordiamo il bene che abbiamo fatto e il male che ci hanno fatto.
 Se Dio è imperscrutabile nell'aldiqua perché non dovrebbe esserlo nell'aldilà?
 Se il dolore fosse eterno non sarebbe più tale.
 Si può fare a meno di tutto. Purché non si debba.
 Spesso, la gelosia non è che un presentimento.
 Tanto più rimpiangiamo la gioventù quanto più vago ne serbiamo il ricordo.
 Una donna innamorata è capace di tutto. Esattamente come una che non lo è.

La volpe e l'uva [modifica]

 Accettare se stessi è saggezza; accettare gli altri può anche essere menefreghismo.
 Alla giornata non si vive: si sopravvive.
 Avendo poca memoria, è sempre d'accordo con l'ultimo con cui parla.
 Bastare a se stessi è facile. Purché ci si accontenti di poco.
 Che cattiva maestra la vita! Non c'insegna neppure a rinunciare a lei.
 Che "routine" l'eternità!
 Chi dice sempre la verità, non ha evidentemente altro da dire.
 Chi fa l'elemosina ha sempre l'aria di vergognarsi più di chi la riceve.
 Chi non si contraddice mai, non vive.
 Chi si contraddice troppo, vivacchia.
 Chi si fida di tutti merita di esser ingannato.
 Ci aiutano più i vizi a vivere che le virtù a morire.
 Ci si bacia ad occhi chiusi forse anche per non ridere.
 Ciò che più mi fa arrabbiare è che mi arrabbio.
 Ciò che più mi piace in una donna ancora non l'ho capito.
 Com'è difficile parlar bene di qualcuno in sua assenza.
 Datemi una leva, e non saprò che farmene.
 Desideriamo la donna d'altri nell'illusione che gli altri non desiderino la nostra.
 È difficile capire perché amiamo chi non ci ama.
 È più facile che sia furbo un cretino che un intelligente.
 Giurare eterno amore è come giurare sulla propria immortalità.
 Gli anni più belli della vita li aspetteremo fino alla morte.
 Ho poche idee, ma molte fisse.
 Ho più rughe sul cuore che sulla fronte.
 I colpi di testa non si fanno mai con la testa.
 Il colmo dell'infelicità è esser felici senza saperlo.
 Il dolore è il grande carburante dell'anima.
 Il giorno del giudizio, chissà quanti morti si daranno malati.
 Il matrimonio c'insegna molte cose. Soprattutto che potevamo farne a meno.
 Il vero ozio dev'essere una scelta.
 Il vizio è la virtù che ha perso la pazienza.
 In amore, un niente basta a illuderci. E un niente a far svanire l'illusione.
 In amore tutto è possibile. Purché si sia corrisposti.
 In politica, per esser presi sul serio, non bisogna necessariamente fare sul serio.
 Immaginare l'eternità è comunque una gran perdita di tempo.
 I teologi, non potendo spiegare Dio con la ragione, lo rendono incomprensibile con i dogmi.
 L'aldilà preferisco non immaginarlo. Per non guastarmi la sorpresa.
 L'amicizia, più che intimità, è rispetto.
 L'uomo è nato per soffrire. E ci riesce benissimo.
 La cotta è un capriccio del cuore; l'amore, un progetto.
 La democrazia bisogna guadagnarsela; la dittatura la si merita.
 La donna che vuol essere di un solo uomo, vuole in realtà che quest'uomo sia solo suo.
 La felicità dura poco anche per non distrarre l'uomo dalla sofferenza, senza la quale non progredirebbe.
 La felicità è fatta di un niente che, nell'attimo in cui lo godiamo, ci sembra tutto.
 La fortuna aiuta gli audaci. Fortuna permettendo.
 La morte ci fa rinunciare a quello che la vita non ci avrebbe mai dato.
 La morte, in fondo, è una tragedia solo per chi muore.
 La notte porta consiglio. A condizione che si dorma.
 La tangente è la provvigione altrui.
 La vendetta – si dice – è un piatto da servire freddo. Purché poi si abbia ancora appetito.
 La vita è un'avventura con un inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti a caso dal Caso. [3]
 Le coppie fedeli non sanno ciò che perdono.
 Le nostre opinioni coincidono quasi sempre con i nostri interessi.
 Le promesse si possono anche fare purché, poi, si dimentichino.
 L'educazione consiste nel far piacere agli altri. Per questo è così rara.
 L'esperienza è il riconoscimento tardivo dei propri errori.
 L'ideale dell'italiano è il voto segreto.
 L'invidioso è un impotente incapace di rassegnarsi.
 L'uomo ama la donna; la donna, il matrimonio.
 Memento audere semper, ricordati di osare sempre. Non esageriamo.
 Mi sento importante, ma nessuno se ne accorge.
 Nessuno è così stupido da credersi tale.
 Nessuno meglio dell'italiano sa prendere posizione dopo aver visto come si sono messe le cose.
 Niente ci fa perdere più tempo della fretta.
 Non esercitata, la virtù può diventare un peccato. Come il peccato una virtù.
 Non si è mai troppo giusti. Si è giusti, e basta.
 Non siamo noi stessi né quando soffriamo troppo né quando troppo godiamo.
 Per alcuni la giustizia non dovrebbe essere altro che il riconoscimento dei propri privilegi.
 Più perdiamo tempo, più ci accorciamo la vita.
 Quando amiamo, c'illudiamo che nessuno possa amare come noi. Quando soffriamo, che nessuno come noi possa soffrire.
 Quando non abbiamo più voglia di niente, vuol dire che abbiamo bisogno di tutto.
 Quanta rassegnazione nella saggezza.
 Quanto tempo ho perduto nel cercar di recuperare il tempo perduto.
 Se l'amore fosse disinteressato, non sarebbe più amore.
 Se non dice ciò che pensa è solo perche non pensa.
 Se sapessi dove voglio arrivare, sarei già arrivato.
 Si muore bene solo per caso.
 Si può rinunciare a tutto. Meno che al proprio egoismo.
 Siamo soli, ma non sempre disperatamente.
 Talvolta, anche la morte può far sognare.
 Temporale: le nubi, spaventate dai tuoni, scoppiano a piangere.
 Tutti vogliono esser capiti, ma pochi sanno farsi capire.
 Tutto è possibile. Finché è possibile.

Peste e corna [modifica]

 Quando non striscia si sdruscia. Striscia e si sdruscia col Nuovo Potere, così come, fino a ieri, strisciava e si sdrusciava col vecchio. Il
riciclando sposa qualunque causa purché utile
 A un giornalista che gli chiedeva chi fosse il grande politico, Kruscev, che a suo modo lo era, rispose: «Chi promette di costruire ponti
anche dove non ci sono fiumi». La Prima Repubblica di grandi politici ne ha avuti a iosa. Basta vedere i ponti costruiti dove non ci sono
nemmeno torrenti o ruscelli.
 Ci sono tanti modi di governare. Il migliore e il più duraturo è con laconicità. Si parli il meno possibile e si faccia – se necessario –
l'impossibile; ci si rimbocchi le maniche e si tiri diritto, infischiandosi di chi cerca di mettere i bastoni, e non i bastoni soltanto, fra le ruote.
Chi comanda – scriveva De Gaulle, che l'autorità l'aveva in corpo grazie anche alla watussica statura – dev'essere conciso, preciso. E
sempre saldo al timone.
 Che la politica sia l'arte di menare il can per l'aia, lo sappiamo da quel dì. Come da quel dì sappiamo che è l'arte del compromesso. Ma
c'è un limite a tutto.
 Non siamo un popolo né di santi né di poeti né di artisti né di navigatori: siamo un popolo di pesci in barile. Il nostro modello non è
il Machiavelli del «fine che giustifica i mezzi» ma il Guiciardini del «proprio particulare». Non abbiamo ideali ma solo interessi; abbiamo
molte idee sbagliate e tante ideologie fasulle, in cui non crediamo, ma in cui fingiamo di credere purché portino acqua al nostro mulino di
spericolati conformisti.
 Perché gli italiani sono estremisti solo a parole, e solo al bar, in piazza, allo stadio; amano il quieto vivere, anche se gli piace vivere a
modo loro; i terremoti li sopportano solo in casa altrui; finché possono fare i propri comodi e comodacci, non fanno rivoluzioni.
 I borghesi, sempre sotto accusa, non sono santi, come non lo sono i proletari. La società non è la mela di Biancaneve: metà marcia e
metà sana. I ceti medi hanno le loro colpe ma anche i loro meriti. Hanno perso tante battaglie che potevano vincere. Il capitalismo, con i
suoi errori e i suoi abusi, ma anche con la sua foga pionieristica e il suo spirito di intrapresa, ha stigmate borghesi. Se l'Italia, nonostante la
cronica instabilità, non è più quella di Franceschiello[4], lo si deve soprattutto alle classi medie, pilastri di una società economicamente e
civilmente evoluta.

[Peste e corna, Newton & Compton Editori]

Cagliostro [modifica]
Incipit [modifica]
Giuseppe Balsamo
La Palermo dove, nel 1743, Giuseppe Balsamo vide la luce era una città di duecentomila abitanti, la più popolosa d'Italia dopo Napoli, da
cui politicamente dipendeva e a cui il Viceré, luogotenente del Borbone, doveva rispondere. Il lungo dominio spagnolo, accidentalmente
scandito da quelli piemontesi e austriaco, aveva lasciato il segno nella società, nel costume e nella mentalità della gente: un segno che ancora
sopravvive.
La lontananza dalla corte, cioè dal centro del potere, appesantita dalla difficoltà di comunicazioni, faceva di Palermo e della Sicilia più una
colonia che una provincia «alla pari» del Reame. Lo stesso sovrano si guardava bene dal mettervi piede, limitandosi a imporre tasse e balzelli,
che non sempre riusciva a riscuotere, e a impartire ordini, che non sempre, nonostante gli sforzi del Viceré, riusciva a far eseguire.
Gli ostacoli contro cui urtava erano innumerevoli, e spesso insormontabili.

Citazioni [modifica]

 In nessun luogo come in Sicilia, la legge non era uguale per tutti. (p. 32)
 Nel Settecento la chimica si confondeva con l'alchimia, stava in bilico fra la scienza e la magia e, più che alla ragione, faceva appello
all'immaginazione, facoltà che Giuseppe aveva eccezionalmente sviluppata. (p. 34)
 L'amava [...] da siciliano, cioè d'un amore autoritario. (p. 45)

Il dito nell'occhio [modifica]


Incipit [modifica]
GIANNI AGNELLI
È uno dei pochi italiani esportabili, e presentabili, al di là delle Alpi, della Manica, dell'Atlantico.
Lo conoscono tutti e tutti – quelli che contano – conoscono lui. Gode d'infiniti privilegi ma, mi dicono, non ne abusa. Nega d'amare il potere,
forse solo perché ne ha tanto, e nessuno può insidiarglielo. Comunque, ne fa un uso discreto, come si conviene a un monarca, sul cui impero
non tramonta mai il sole.

Citazioni [modifica]

 GIULIO ANDREOTTI
Se è vero che il potere logora chi non ce l'ha, nessuno più di Andreotti scoppia di salute.
È nella stanza dei bottoni dal '47, quando De Gasperi lo nominò sottosegretario alla Presidenza del consiglio. Non aveva che ventott'anni,
anche se ne dimostrava qualcuno di più, come oggi, che ne ha cinquant'otto, ne dimostra qualcuno di meno.
Nessun politico sa più di lui ciò che vuole, quando lo vuole e, soprattutto, con chi lo vuole. Più realista di Bismarck, più tempista
di Talleyrand, raramente sbaglia e, se sbaglia, sbaglia sempre a ragion veduta. (p. 19)
 SILVIO BERLUSCONI
Milanese, quarant'anni, laureato in legge, cavaliere del lavoro, Silvio Berlusconi è un self-made man, e del self-made man ha le astuzie, le
ubbìe, gli slanci, le diffidenze. Non è partito dall'ago, ma quasi. E ora progetta e costruisce città.
Causier icastico e sanguigno, è un lottatore nato, a suo agio in qualunque lizza. Anche la stampa di sinistra, non certo tenera con
gl'imprenditori, lo tratta con rispetto, lo pizzica con garbo. Molti lo considerano «l'uomo nuovo» dell'imprenditoria italiana. Un famoso
banchiere ha detto di lui: «Possiede l'umanità di Borghi, la fantasia di Mattei, la grinta di Monti».
Certo, è uno che non si ferma mai, e mai fa fermare chi ha la ventura – o la sventura – di stargli accanto. Dove voglia arrivare lo ignoro. E,
forse lo ignora anche lui. (p. 38)
 ENZO BIAGI
Scrive come parla, e parla come scrive: senza fronzoli, orpelli, pennacchi. Va al sodo, e ci va diritto, infischiandosi di quegl'imbecilli per i
quali facilità è sinonimo di superficialità. Riesce a esser sempre nella testa del lettore, senza propiziargli cascaggini e cefalee. La sua prosa,
a volte un po' goliardica (il sangue emiliano non è acqua), è come un bicchier di lambrusco, che bevi anche se non hai sete. E, dopo averlo
bevuto, fai il bis, fino a vuotar la bottiglia.
L'hanno paragonato a De Amicis, e non è un paragone a vanvera. [...] Lavora come un negro, e senza negri. (p. 59)
 FRANCESCO COSSIGA
Chi l'ha definito "il gattopardo di Sassari" o "il Cardinal Cossiga" non ha capito niente. Niente, infatti, c'è in lui del soffice e sornione
felino lampedusiano, né del prelatone, o prelatino, untuoso, insinuante, ambiguo, e anche un po' menagramo.
É stato un doroteo con Segni, "pontiere" con Taviani, poi basista non so con chi. Eppure non ha nulla né del trasformista, né
dell'opportunista. Potrò sbagliarmi, ma mi sembra che sia davvero quel che è, che non possegga, come tanti compagni di partito, un volto e
cento maschere. (P. 103)
 MARCO PANNELLA
Chi è Pannella: un crociato o un rompiscatole, un martire o un dritto? Si parla di lui, e lui fa tanto parlare di sé. La sua battaglia per
i diritti civili ha diviso l'Italia, scatenando un Niagara di polemiche. L'attaccano da tutte le parti – i comunisti addirittura lo schiaffeggiano
– e lui attacca tutti porgendo, ma fino a un certo punto, l'altra guancia. Dicono che i suoi scioperi della fame non siano scioperi, ma
agitazioni; diete, non digiuni. Lui si difende chiamando a testimoni medici e bilance: Chi ha ragione: Pannella o i suoi "detrattori"? (p. 234)
 PIERO CHIARA
La leggibilità è una dote piuttosto rara fra i nostri narratori, intenti più a lanciar messaggi, patrocinare avanguardie, inseguir mode che
render digeribile la loro prosa.
Piero Chiara è un'eccezione. Scrive come parla, e parla come scrive. Il suo stile può anche non piacere, ma non resta sullo stomaco. I
suoi libri, una volta aperti, non si chiudono più, cioè si chiudono solo allafine. Le sue storie, pur se circoscritte al microcosmo luinese e
varesino, son piene di plasma, umori, colpi di scena.
L'autore dice che son tutte vere. Forse mente, forse qualcosa è inventata, ma non importa. Ciò che importa è che divertano chi legge, come
certamente hanno divertito chi le ha scritte. Se poi qualche produttore e regista ne fa un film tanto meglio. (p. 96)

I Borgia [modifica]
Incipit [modifica]
Quando, nel 1492, Rodrigo Borgia, col nome d'Alessandro VI, cinse la tiara, l'Italia era frantumata in una nebulosa di stati e staterelli governati,
anzi sgovernati da principi e signorotti, che fondavano il loro potere, e strapotere, sull'usurpazione e il sopruso, e la cui morale consisteva nel
non averne alcuna. Essi badavano infatti solo al proprio "particulare", incuranti dei sudditi, oberati di doveri e privi di diritti, spremuti dal fisco
e decimati dalla fame. L'interesse della comunità s'esauriva, e si mortificava, in quello del singolo, incarnato dal padrone di turno. La forza
legittimava l'abuso, e questo perpetuava il privilegio.

Citazioni [modifica]

 [...] fra le rivoluzioni, quella morale, è la più difficile. (p. 171)


 [Su Papa Alessandro VI] La veste che indossava, di chierico prima, di cardinale poi, infine di papa mai gl'impedì d'abbandonarsi ai propri
focosi istinti, d'anteporre i piaceri tangibili dei sensi a quelli impalpabili dello spirito, di preferire l'alcova all'altare, il peccato alla rinuncia.
Il paradiso per lui, e non solo per lui, era su questa terra. L'aldilà lo lasciava indifferente. Visse infatti come se non esistesse, o comunque
lui non dovesse andarci.

La regina, l'alchimista e il cardinale [modifica]


Citazioni [modifica]

 [Su Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena] La figlia dell'Imperatrice era una ragazza piacente, ma non bella. Colpivano i suoi tratti
imperiosamente asburgici e quello charme che emana dalla consapevolezza di un rango assoluto. Non alta, la sicurezza e la grazia con cui
si muoveva, il busto eretto, il volto composto, lo sguardo penetrante di chi è destinato a comandare, slanciavano la sua figura. Sulla
carnagione bianca si estendeva un impercettibile velo rosa che, senza eclissarle, ombreggiava le efelidi. Gli occhi celesti erano il connotato
più notevole dell'intera fisionomia, enfatizzato da una folta capigliatura bionda, infiammata qua e là da ciocche tizianesche. Colpiva anche
la mobilità della sua bocca, o, piuttosto, delle labbra, che ora si serravano in una smorfia di severa determinazione, ora si dischiudevano al
sorriso più aperto e benevolo, mai confidenziale. C'era già in lei, nonostante fosse appena uscita dalla pubertà, il segno della stirpe, di cui la
madre fu l'incarnazione più maestosa. (p. 26)

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