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IL DIRITTO TARDO ANTICO

Negli ultimi secoli del mondo tardo antico (da Costantino a Giustiniano) il diritto romano ha conosciuto una
serie di trasformazioni che hanno poi influenzato l’evoluzione dell’intera storia giuridica europea.
Il territorio dell’Impero tardo antico era diviso in 114 province suddivise tra Oriente e Occidente, le
differenze tra Oriente e Occidente iniziarono a farsi sempre più accentuate. A partire dalla fine del IV secolo
si iniziò ad operare una bipartizione politica, giuridica e amministrativa, nonostante ciò, anche nell’età
tardo antica vi furono momenti in cui il comando rimase nelle mani di un solo uomo (Costantino, Teodosio
I, Giustiniano).
L’amministrazione civile era stata separata da quella militare già all’epoca di Costantino (313 – 334 d.C.), la
gerarchia militare si basava sui duces e sui magistri militium dislocati nelle diverse parti dell’Impero. La
gerarchia civile prevedeva i defensores della città, i governatori nelle province, i vicari a capo delle diocesi e
quattro prefetti al pretorio uno in Italia, uno in Gallia, uno a Costantinopoli e l’ultimo a Illirico. Vi erano
ancora altri funzionari che si occupavano dei tributi e delle finanze imperiali, a capo di queste tre gerarchie
vi era l’Imperatore. L’imperatore deteneva il potere legislativo e alui spettava l’ultima istanza sulle
controversie, egli nominava i governatori provinciali e le altre cariche amministrative, civili, militari e fiscali.

Nell’epoca del tardo Impero il potere fu tutto concentrato nelle mani dell’Imperatore il quale, grazie a un
apparato di uffici centrali guidati da alti funzionari da lui scelti, gestiva l’intero Impero. Il Questore del Sacro
Palazzo (responsabile delle questioni legali) e il Maestro degli Uffici (capo della cancelleria dell’Impero)
elaboravano gli edicta, che poi, una volta approvati dall’Imperatore diventavano leggi valide a tutti gli
effetti. Grazie ai giudici centrali l’Imperatore esercitava la funzione giurisdizionale per i casi sottoposti in
ultima istanza dopo almeno due gradi di giurisdizione inferiore. Altre volte i giudici locali chiedevano
consiglio in merito a questioni non rientranti nelle fattispecie regolate, in questo caso la corte imperiale
emetteva a nome dell’Imperatore un rescritto (recriptum) o un consulto contenente una clausola
condizionale per la risoluzione del caso. Il rescriptum veniva poi utilizzato anche nella risoluzione di casi
analoghi e acquisirono un ruolo anche formalmente legislativo dalla loro entrata nelle compilazioni
giustinianee. In questo periodo i mores e i responsa dei giuristi fanno parte dello sfondo mentre le fonti
principali si ricavano dai rescriptum imperiali e dagli editti di portata generale. (Due fonti del diritto, gli iura,
cioè le fonti del diritto civile e onorario non ancora abrogate e le leges cioè le costituzioni imperiali).
Da Costantino in poi si può cogliere nel diritto romano un’influenza del cristianesimo nonché del diritto
greco.

Da Teodosio II a Giustiniano
Il primo tentativo di raccogliere in un solo insieme il corpus delle costituzioni imperiali è stato realizzato con
il Codice Gregoriano e il Codice Ermogeniano nei quali furono raccolti i rescritti fino all’età di Diocleziano
(284-305 d.C.). Più importante fu il Codice Teodosiano, ordinato da Teodosio II nel 438 d.C. che raccolse
tutte le costituzioni generali emanate dall’età di Costantino fino a quell’anno, questo codice venne esteso
ad entrambe le parti dell’impero e rimase in vigore in Occidente fino a dopo il Mille.
Un secolo più tardi fu compilato su richiesta dell’imperatore Giustiniano (527-565 d.C.) il Corpus Iuris Civilis
formato da quattro opere: il Digesto (533 d.C.) formato da 50 libri di giurisprudenza classica, il Codex,
suddiviso in 12 libri che raccolgono le costituzioni e i rescritti da Adriano fino a Giustiniano, le Instituzioni
sulla falsa riga delle Institutiones di Gaio e una raccolta di 168 costituzioni imperiali emanate dallo stesso
Giustiniano nei 30 anni successivi alla promulgazione del Codice. L’obiettivo di Giustiniano era quello di
creare un’unica fonte del diritto alla quale tutto fossero sottoposti, essa rimase in vigore in Oriente fino alla
caduta dell’impero (1453 d.C.) mentre in Occidente dopo il fallimentare tentativo di riconquista dell’Italia
rimase in disuso fino al XII secolo quando con la rinascita inizierà in Italia e in Europa il sui ciclo vitale
influenzandolo profondamente fino alla fine del Settecento.
CRISTIANESIMO, CHIESA E DIRITTO

L’affermazione del cristianesimo costituì, nel corso degli ultimi secoli del mondo tardo antico, un evento di
straordinaria importanza, in quanto ad esso conseguirono conseguenze dirette o indirette alla disciplina
delle relazioni tra gli uomini nei rapporti con i singoli e con le istituzioni secolari.
Inizialmente il piccolo gruppo di discepoli di Cristo presentò le caratteristiche di un’istituzione dotata di
regole e procedure composite basate sugli Atti degli apostoli, le prime comunità cristiane avevano i beni in
comune, tutti i fedeli rinunciavano alla proprietà privata a favore della comunità, talvolta perfino dei paesi
adiacenti nelle situazioni di carestia.
Successivamente l’organizzazione della Chiesa iniziò ad essere sempre più complessa, iniziarono a
distinguersi diverse figure con diverse modalità di elezione. I successori degli apostoli vennero definiti
episcopi e erano responsabili pastorali di una città e del territorio circostante denominato diocesi; tra di
essi si creò subito una gerarchia fondata sulle dimensioni e l’importanza della diocesi, i più importanti
erano i vescovi metropoliti ai quali erano subordinati i vescovi suffraganei. Per la nomina dei vescovi si
affermò la pratica dell’elezione nel clero locale, seguita dall’acclamazione dei fedeli e dalla consacrazione
da parte degli altri vescovi della provincia. Al vescovo di Roma fu presto riconosciuto il ruolo più
importante; conseguentemente alla morte per martirio dell’apostolo Pietro (I secolo a.C. - 67 d.C.), che fu il
primo a introdurre il cristianesimo a Roma e dopo essere stato vescovo per 30 anni in Antiochia di Siria per
poi andare a Roma e continuare la sua predicazione dove però morì con Paolo di Tarso durante le
persecuzioni di Nerone. La forza del vescovo di Roma fu ribadita da Leone primo nel V secolo il quale aveva
sfruttato la sua autorità morale per imporsi a feroci guerrieri quali Attila e Gensenico.
Il cristianesimo, come anche l’ebraismo, si fonda sulla presenza di un testo sacro, lo studio della Scrittura
(complesso dei testi sacri) fu da subito un concetto fondamentale nella religione cristiana e veniva utilizza
anche per orientare i fedeli in casi dubbi e per risolvere controversie tra cristiani. In apparenza il Testo
Sacro potrebbe in alcuni punti apparire dissonante, eppure, come disse Agostino, se si ricorre al
ragionamento ci si rende prontamente conto che le dissonanze sono tali solo in apparenza.

Diritto canonico
Le questioni religiose e teologiche cruciali furono affidati ai vescovi riuniti nei concili ecumenici. La chiesa
ritiene che il primo Concilio si svolse a Gerusalemme nel 70 d.C., in seguito si ricordano tra i più importanti
quello di Nicea del 325, quello di Costantinopoli del 381
e quello di Efeso del 431. Ben presto si ritenne che le deliberazioni episcopali fossero espressione dello
Spirito Santo, fu così che iniziarono a moltiplicarsi anche gli snodi locali e conseguentemente si sviluppò un
sistema di norme e sanzioni subordinata solo alla Sacra Scrittura. Molti tratti del diritto canonico si
riconducono al diritto romano vigente in quell’epoca.

Stato e Chiesa
Attorno alla fine IV secolo il rapporto dei cristiani con le istituzioni secolari aveva subito una trasformazione
radicale. Nel 313 furono riconosciuti da Costantino nell’editto di Milano e gli vennero riconosciuti diversi
privilegi tra cui l’esenzione fiscale, fino ad arrivare all’imperatore Teodosio che, nel 380, dichiarò il
cristianesimo unica religione lecita e esercitabile. Da questa connessione scaturiscono diverse conseguenze,
prima tra le quali, introdotta da Costantino, la possibilità per i litiganti di scegliere se essere giudicati dal
governatore della provincia o dal vescovo la cui sentenza sarebbe stata pari a quella del giudice laico. Fu
inoltre garantita la supremazia del vescovo per le questioni ecclesiastiche e in seguito Giustiniano autorizzò
il ricorso in appello dal governatore al vescovo, la cui pronuncia avrebbe potuto essere riesaminata solo
dall’imperatore. Inizialmente non vi era un confine netto tra Stato e Chiesa, risulta infatti celebre il caso
dell’allora vescovo di Milano Ambrogio, che nel 390, osò rifiutare all’Imperatore Teodosio l’ingresso in
chiesa fino a che non si fosse dichiarato peccatore per aver scatenato una feroce rappresaglia a Tessalonica.
Solo nel 492, Papa Gelasio I sostenne che la Chiesa e l’Impero in quanto entrambe entità volute da Dio,
dovevano cooperare ognuna nel suo ambito, l’Imperatore per le cose di questo mondo e gli ecclesiastici per
guidare le comunità di fedeli, senza interferire reciprocamente l’una con l’altra. Il principio di separazione è
unico ed è un fenomeno che riguarda solo l’Impero Romano d’Occidente.

Gregorio Magno
Prima funzionario imperiale di famiglia patrizia e in seguito monaco benedettino fino alla nomina a vescovo
di Roma nel 590 d.C. nei suoi 14 anni di pontificato svolse un’opera costante di guida e disciplina. A lui si
deve quella che nel XII secolo costituirà uno strumento giuridico importantissimo nella nuova scienza
giuridica e cioè lo sforzo di ricondurre la soluzione delle questioni ai dettami della Sacra Scrittura grazie a
un lavoro di interpretazione o tramite il combinato disposto di diversi passi e precetti. Questo sistema viene
da Gregorio I utilizzato per risolvere la questioni c.d. prettamente pastorali mentre per le controversie di
natura giuridica si limitava all’applicazione delle leggi e dei canoni senza ulteriori specificazioni.

I penitenziari
Essi rappresentano un tipo di letteratura caratteristica dei seguaci di San Colombano provenienti
dall’Irlanda i quali iniziarono a fondare in Europa grandi monasteri, ne è un esempio quello di Bobbio;
questi libricini erano ad uso degli ecclesiastici e contenevano la sanzione corrispondente ai peccati
commessi in base alla gravità del peccato e tenuto conto dell’elemento soggettivo. Questi si diffusero
quando già la confessione segreta davanti al sacerdote aveva sostituito quella pubblica che si svolgeva una
volta nella vita in epoche antiche.

I POPOLI GERMANICI

La personalità della legge


In seguito all’insediamento dei popoli germanici entro i confini dell’Impero Romano d’Occidente essi si
ritrovarono in minoranza rispetto alle popolazioni vinte sottoposte all’articolato del diritto romano. Si
scelse così di tenere distinto il diritto dei vincitori rispetto a quello dei vinti, fu così possibile la convivenza in
una stessa regione di una pluralità di diritti, ciascuno dei quali applicabile a una determinata etnia. Il
principio non si applicava al diritto pubblico. È importante sottolineare come il rapporto tra i dominatori e
le popolazioni imperiali non fu omogeneo e il principio sopra enunciato conobbe diverse deroghe
soprattutto nel regno visigotico.
Presto i popoli germanici sentirono anch’essi l’esigenza di dotarsi di testi scritti che esplicassero le
consuetudini integrandole con elementi nuovi, in parte anche contaminati dal diritto dei vinti. Queste leggi
sono quasi sempre state trascritte in lingua latina.

La legge Salica
Attorno al 495 d.C. Clodoveo, re dei Franchi, approvò il Pactus Legis Silicae una raccolta di consuetudini
giuridiche dei Franchi Salii nella quale si distingueva l’intento di sostituire la largamente diffusa autotutela
con la compositio, cioè una sanzione in denaro. La legge tratta diversi aspetti, dal lato economico denota un
modello di vita ancora non del tutto stanziale, non tratta del possesso di terre o dell’occupazione illecita
mentre interviene ampiamente per le questioni legate agli animali domestici. Alcune norme si ispirano alle
consuetudini antiche quali l’esclusione della donna dell’eredità della terra salica, altre invece furono
necessariamente conseguenti alla creazione del regno e all’estensione territoriale conseguenti alla
conquista della Gallia e dei territori dei Burundi.

I longobardi
Iniziarono la creazione del loro regno nel 568 estendendosi nell’Italia Settentrionale, attribuirono a Pavia il
titolo di capitale e nel corso degli anni si estesero fino a Benevento dividendo la penisola italica in due
regni, il regno dei longobardi e l’impero bizantino. I territori furono divisi in trenta regioni governate
ciascuna da un dux incaricato di esercitare il potere militare, civile e giudiziario. Il dux aveva una forte
autonomia rispetto al re e doveva il suo potere al successo in campo militare. Nel 643 Rotari si impegnò a
codificare le consuetudini del suo popolo, esattamente come la Legge Salica parte dei 388 capitoli
dell’editto si occupano delle ammende da rendere in caso si arrechi danno a qualcuno. Queste sono
talmente specifiche da fare differenze perfino tra un dito della mano rispetto a un altro. Secondo il
principio della personalità della legge Rotari volle che l’Editto fosse applicato solo tra i popoli longobardi e
non anche tra le popolazioni romane conquistate. L’Editto contiene inoltre importanti disposizioni a tutela
del potere monarchico (es. depenalizzazione di chi commette omicidio per volontà del re, divieto di
migrazioni interne). Tra i mezzi di prova i soli ammessi sono il duello e il giuramento, inoltre nella
determinazione della pena per le varie tipologie di reato si distinguevano gli atti preparatori, il tentativo e il
reato perfetto assegnando pene diverse a ciascuna di queste ipotesi.
Neanche un secolo più tardi, in seguito alla conversione al cristianesimo del re longobardo Liutprando
(712,744 d.C.) gli editti emanati dallo stesso si distinguono nettamente dall’Editto di Rotari. L’influenza della
chiesa aveva introdotto dei cambiamenti, tra cui la migliore posizione successoria delle figlie in assenza di
figli maschi, il riconoscimento dell’asilo ecclesiastico, viene aggravata la pena per l’omicidio e ritenuti il
duello non più valido come prova, lo stesso Liutprando volle abolirlo ma gli fu impossibile data la radicata
tradizione popolare. Venne introdotto il ricorso in appello al re, furono sanzionati i giudici autori di decisioni
contrarie alla legge o ingiuste quando conseguenti a una valutazione discrezionale necessaria in caso di un
vuoto normativo. A differenza di Rotari, Liutprando estese i suoi editti a tutta la popolazione, mossa
necessaria in quanto le interazioni tra longobardi e romani iniziarono a diventare sempre più frequenti.
Già dal VII secolo i giudici iniziarono a utilizzare nei processi strumenti lontani dalle procedure ordaliche del
duello e del giuramento: sopralluoghi di esperti, testimonianze raccolte da notai di fiducia del re
costituiscono la base delle pronunce in giudizio.
Giuramento prestato dai sacramentali: persone che avevano un debito di solidarietà nei confronti della
persona, non erano testimoni dei fatti.

L’ETÁ FEUDALE

Essa è collocata, dagli storici, tra il IX e il XI secolo e si caratterizza da una fitta rete di rapporti di fiducia e
subordinazione tra i potenti del regno e il re. Essa si basa sulla natura stessa della società in cui si è
sviluppata, quindi una società primitiva e violenta nella quale era necessario “appoggiarsi” a un potente per
garantirsi i mezzi di sostentamento. Il patto tra vassallo e signore veniva stretto con la cerimonia
dell’omaggio, nella quale il vassallo poneva le sue mani giunte tra le mani del suo signore e gli giurava
solennemente fedeltà. Gli obblighi del vassallo erano quelli di assistere il signore prestandogli aiuto e
consiglio. Il patto vassallitico col tempo perse la sua natura personale, fino ad arrivare all’ereditarietà del
beneficio feudale. Anche la natura pattizia di questo rapporto risulta significativa, infatti essa permetteva al
vassallo di aderire liberamente al rapporto senza che questo si trasformasse in una subordinazione
incondizionata. Anche i conti vennero legati al re con il vincolo del vassallaggio e sempre più terre furono
affidate a uomini di chiesa affinché il re non perdesse permanentemente il controllo sul beneficio che stava
diventando ereditario. Il rapporto si fece nel tempo più fitto quando i vassalli del re iniziarono a legare a se
vassalli minori (valvassori) e ancora di più quando i valvassori iniziarono a legare a sé i valvassini, nel X
secolo in Inghilterra fu stabilito che tutti gli uomini liberi dovessero essere sottoposti a un signore, ma
essendo il vincolo del vassallo con il suo signore e non con il re, per questo il potere regio risultava debole,
fino a che nel XIII secolo la monarchia francese non decretò che tutti i vassalli erano nelle mani del re.
Chi si obbligava verso un signore riceveva in cambio un beneficio che normalmente consisteva nei diritti su
una terra della corona per le infeudazioni regie, garantendo al vassallo l’immunità rispetto al conte locale. Il
feudo si instaurò in via consuetudinaria, pochi capitolari ne trattano e ne danno per supposta l’esistenza,
solo nel 1037 con l’editto di Milano di Corrado il Salico fu garantita l’ereditarietà del beneficio ai valvassori.
Ancora più tardi, nel XII secolo fu steso un testo di riferimento in Europa nella forma dei Libri Feudorum.

La chiesa feudale
Il diritto della chiesa alto medievale visse diverse fasi, la prima raccolta di canoni fu quella di età visigotica
del VII secolo (Hispana) alla quale seguirono molteplici collezioni che ponevano in evidenza i privilegi della
chiesa, ne è un esempio la Dionysana inviata da Papa Adriano I a Carlo Magno. Nel IX secolo l’intento di
limitare le ingerenze dei signori nei territori della chiesa fece sviluppare il fenomeno delle falsificazioni di
testi, consistente nell’inserire in alcune collezioni canoniche, testi attribuiti a persone che mai li avevano
emessi personalmente. Secondo l’ideologia per la quale la Chiesa era vista come una struttura interna
all’Impero fu sempre più diffusa la commistione tra funzioni pastorali e secolari. Molti vescovi erano anche
signori, nominati dal sovrano e non dalla Chiesa in vista delle funzioni secolari attribuitegli, in questo
contesto si sviluppò presto l’abitudine a concedere i benefici ecclesiastici a chi avesse pagato un adeguato
compenso in denaro, fenomeno definito simonia. Inoltre, molti uomini di chiesa iniziarono a vivere in
condizioni di concubinato, così che anche il loro beneficio divenne ereditabile.

LA RIFORMA DELLA CHIESA


Nel 1059 con un decreto del papa Niccolò II la designazione del vescovo di Roma fu affidata ai cardinali e
sottratta al potere dell’aristocrazia romana, fu inoltre in questo periodo che venne dichiarata illecita la
simonia. Gregorio VII fu il primo papa a riuscire ad affermare l’autorità suprema della chiesa rispetto
all’imperatore Enrico IV, attraverso il Dictatus Papae del 1075 il papa affermò per la prima volta la tesi
secondo la quale il potere dell’imperatore deriva dalla chiesa e pertanto il Papa era legittimato a
scomunicare l’imperatore, atto che avrebbe reso non più obbligatorio per i sudditi il giuramento di fedeltà.
Gregorio VII non si limitò solo alla teoria, infatti nel 1077 scomunicò l’imperatore che aveva contrastato la
precedenza della chiesa sulle investiture ecclesiastiche, e solo quando l’imperatore Enrico IV chiese
perdono rimanendo tre giorni al palazzo di Canossa il papa si decise a ritirare la scomunica. Solo col
concordato di Warms (1122) fu stabilito definitivamente che le investiture episcopali e le nomine si
sarebbero svolte solo secondo la procedura canonica.
Nell’età gregoriana e post gregoriana videro la luce numerose collezioni canoniche, prima fra tutte la
Collezione del 1076 suddivisa in 74 titoli, altre furono disposte dal cardinale di Deusdedit e dal vescovo di
Bonizone, tutte queste collezioni si accomunano per la spiccata affermazione della supremazia papale
rispetto al potere secolare e rispetto alle chiese locali. Il vescovo Ivo di Chartres fu noto per le tre collezioni
(Panoramia, Tripartita e Decretum), ad esso si attribuisce anche la Britannica, una collezione che riporta la
prima parte dei Digesto. Fu il primo a teorizzare il principio sulla distinzione dei poteri che sarà il fulcro della
scienza giuridica del XII secolo. La riforma della Chiesa fu un evento molto importante, di tale portata da
contrastare le consuetudini che si erano radicate con gli anni, questo anche grazie al sostegno di molti
fedeli.

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