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EUROPA MEDITERRANEA QUADERNI 10

Strutture del potere ed élites


economiche nelle città europee
dei secoli XII-XVI

a cura di Giovanna Petti Balbi

GISEM
LIGUORI EDITORE
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo
degli ultimi Svevi*
di Pierluigi Castagneto

Nel saggio Pisa, Firenze, Impero al principio del 1300 e gli inizi della
signoria civile a Pisa Gioacchino Volpe' sosteneva che Pisa si trovò in
gravi difficoltà a causa dello straordinario slancio che nella seconda
metà del XIII secolo aveva preso Firenze, apparecchiatasi a raccogliere
l'eredità di Pisa e Siena ed a strappare loro lo scettro della Toscana2.
Tale confronto aveva le caratteristiche di una lotta per l'esistenza3 e
l'antica scelta di campo a favore dell'impero e del ghibellinismo in quel
particolare frangente significavano per Pisa opposizione a Firenze e a
chi seguiva le sue parti; e tanto più significavano questo, quanto meno
essa diventava capace di sostenersi da sola contro nemici crescenti4.

Questa interpretazione proposta dal Volpe oltre novant'anni fa ha


influenzato buona parte della letteratura storica pisana del primo Nove
cento. Per primo a scrivere sulla storia di Pisa nel secondo dopoguerra
intervenendo criticamente sul quadro tracciato dal Volpe fu Emilio Cri
stiani che costruì il suo lavoro su una vasta base documentaria inedita e
sino ad allora sconosciuta3. Tuttavia questo studio non approfondisce

*Ringrazio vivamente il Prof. Mauro Ronzani per i preziosi consigli e per la


segnalazione di numerosi documenti che hanno facilitato la stesura di queste pagine.
Principali abbreviazioni: AAPi = Archivio Arcivescovile di Pisa, ASPi = Archivio
di Stato di Pisa, ASFi = Archivio di Stato di Firenze, ASSi = Archivio di Stato di
Siena, ASLu = Archivio di Stato di Lucca, ASGe = Archivio di Stato di Genova,
ASVe = Archivio di Stato di Venezia, M.G.H. = Monumenta Germaniae Hìstorica,
RRJI.SS. = Rerum Italicarum Scriptores, Bonaini = Statuti inediti delia città di Pisa
dal XII al XIV secolo, ed. a cura di F. Bonaini, Firenze, 1854-1870, voli. 3, BPC =
Breve Pisani Communis, BP = Breve Populi.
Tutte le date del testo sono riportate nello stile comune mentre in nota vengono
lasciate quelle che contrassegnano ogni singolo documento secondo il computo
originario.
1In "Studi Storici", a cura di A. Crivellucci, XI (1902), pp. 192-203, 293-337.
2Ivi, p. 185.
3Ivi, p. 188.
4Ivi, p. 193.
3 E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa, dal Podestariato alla signoria dei
Donoratìco, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1962. Per un'ulteriore e più
profonda discussione dei temi trattati dal Cristiani si veda G. Tabacco, Interpretazioni e
ricerche sull'aristocrazia comunale a Pisa, in "Studi Medievali", II (1962), pp. 707-727.
74 Pierluigi Castagneto

tutti gli aspetti e le conseguenze del passaggio dal regime nobiliare a


quello popolare che ebbe luogo a metà degli anni cinquanta del Due
cento. Uno degli scopi di queste pagine è proprio quello di riprendere
tali tematiche cercando di chiarire i differenti indirizzi politici del ceto
dirigente pisano e nel contempo individuare i rapporti tra il mondo
corporativo e la vita politica cittadina.
Riguardo poi alle tesi del Volpe, bisogna pensare che solo a partire
dal Trecento avanzato, in particolare dopo la perdita del controllo sulla
Sardegna, la crescita di Firenze fu il fattore che condizionò fortemente la
storia pisana, mentre, per la seconda metà del XIII secolo, la città del
giglio rappresentava per i governanti pisani uno dei molti problemi da
tenere in considerazione. Lo scacchiere su cui i pisani muovevano le
proprie forze non è riconducibile al solo binomio Pisa-Firenze e si estese,
in quei decenni centrali del Duecento, dall'Oriente alla Sardegna, dal
serrato confronto con la lega guelfa in Toscana alla lotta marittima con
Genova6.

Il Popolus La morte di Federico II tolse a Pisa, e a tutte quelle realtà che avevano
pisanus dalla militato nelle file imperiali, la certezza d'intenti e la sicurezza di operare
discordia sotto la guida di una così alta e carismatica autorità. Alla notizia della
sardisca alla scomparsa del loro grande protettore i pisani ebbero subito la consapevo
guerra con lezza che d'ora in poi avrebbero agito basandosi solamente sulle proprie
Genova
forze. Papa Innocenzo IV in procinto di rientrare in Italia da Lione aveva
espresso la volontà di riconciliarsi con le città italiane che avevano
appoggiato l'Impero7, ma in tale azione riconciliatrice non era annoverata
Pisa. La stretta militanza della città toscana tra i ranghi imperiali da sola
non spiega l'atteggiamento ostile del rigido Sinibaldo Fieschi; altri — e
non irrilevanti — motivi sono individuabili nel contrasto di interessi tra
Pisa e Genova. L'origine genovese del papa e il forte sostegno che la
città ligure aveva dato in passato e continuava a dare al pontefice rende
evidente l'atteggiamento favorevole di quest'ultimo verso la politica della
sua città. I pisani già nei primi mesi del 1251 avevano contattato la città
ligure per giungere ad un accordo, ma i genovesi avevano anteposto alla
pace la restituzione di Lerici8; Innocenzo IV, confermando tale posizione.

Si veda M. Ronzarli, Pisa nell'età di Federico li, in Politica e cultura nell'Italia di


Federico li, Pisa, Pacini, 1986, pp. 125-193; S. Petrucci, Re in Sardegna, a Pisa cittadini,
Bologna, Cappelli, 1988.
A. Melloni, Innocenzo IV. La concezione e l'esperienza della cristianità come regimen
unius persone, Genova, Marietti, 1990, p. 167.
8 Annales lanuenses, M.G.H., XVIII, p. 229; il passo recita: Eodem etiam tempore
quidatn frater Albertus ordinis fratrum predicatorum ad civitatem lamie latenter accessit,
dicendo quod quedam secreta habebat que potcstati et quibusdam sapientum revellaret;
(...) dixit idem frater, quod de voluntate Pisanorum erat habere pacem et concordiam cum
Ianuensibus. ita ut Pisani Ianuam et lanuenses Pisas sccurc ire possent, et ubique in simul
secure uti. Cui responsum fuit, quod licet Deus civitatem nostram exallasset utpole quia
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 75

aveva promesso a Genova di assolvere Pisa solo se i toscani avessero


rispettato tale condizione9. La possibilità di un accordo con Genova
probabilmente svanì tra il maggio e il giugno del 1251 durante la perma
nenza nella città ligure di Innocenzo IV. Questi già nel marzo 1251,
prima di partire da Lione, aveva espresso un giudizio negativo sulle città
toscane in quanto ancora governate da podestà legati all'imperatore ed
auspicava che ipsam provinciam purgari10. Tali timidi tentativi di pace,
falliti repentinamente, spinsero di nuovo Pisa a schierarsi dalla parte
dell'Impero appoggiando Corrado IV che nell'ottobre 1251 scese in
Italia.
Anche in Toscana le cose mutarono velocemente e la concordia tra le
principali città, imposta loro dalla stretta tutela imperiale, si andò pro
gressivamente dissolvendo; si riformarono gli antichi schieramenti e nel
giugno 1251, sostenuta con particolare impegno da Pisa11, era stata
ricostituita la vecchia lega antifiorentina tra la stessa Pisa, Siena e Pistoia
con l'intento di contenere le nuove mire dei fiorentini.
Il conflitto in Toscana, che già nella seconda metà del 1251 aveva
visto realizzare parecchie operazioni militari da parte dei due schiera
menti contrapposti12, nel settembre 1252 vide allargare il suo raggio
d'azione quando Genova, per ottenere il controllo di Lerici e degli ultimi
lembi della Liguria orientale, e cioè di quei borghi fortificati che oggi
prendono il nome di Cinque Terre13, si alleò con Firenze e Lucca14. In
questo modo Pisa giocava la propria battaglia su due fronti e proprio in
quell'estate la situazione militare non volse a suo favore in quanto il 2
luglio presso Pontedera, senesi e pisani subirono un pesante sconfitta ad
opera degli awersari.

totam riperiam subegerat et in pace quiete posuerat; tamen non respuebant pacem cum
ipsis nec cum aliqua alia persona, dum tamen castrum Illicis, quod Pisani iniuste tenebant,
communi Ianuc restitueretur.
' R. Davidsohn. Storia di Firenze, II, 1, Firenze, Sansoni, 1955, p. 531: la scomunica era
stata ìnflitta a Pisa da Gregorio IX sin dal 1241 quando presso l'isola del Giglio la flotta
pisana aveva catturato i cardinali che si stavano recando a Roma per celebrare il concilio
in cui avrebbe dovuto essere deposto l'imperatore Federico II. Cfr. Liber Iurium Reipu
blicae Genuensis, in Historiae Patriae Monumenta, Torino, 1854-57, I, col. 1077.
Les Registres d'Innocent IV, a cura di E. Bergcr, Parigi, n. 5334, p. 240.
11Caleffo Vecchio del Comune di Siena, II, a cura di G. Cecchini, Siena, Istituto
Comunale di Arte e Sloria, 1931, n. 544, pp, 735-740, (1252 giugno 19); si può sostenere
che l'iniziativa fu dei pisani in quanto quel 19 giugno 1251 presso Pontedera erano
presenti: Marzucco Scornigiani come procuratore del Podestà di Pisa, Iacopo Turchi come
procuratore di Ventrilio Matti di Guidone Ventrili di Pisa, Podestà di Siena, e Salomon
Rolandi de Pistorio procuratore di Gualterotti de Sancto Fasciano civis pisani Podestà
di Pistoia. A metà del 1251 quindi i pisani erano in grado di influenzare la politica di altre
due importanti città toscane.
12La prima spedizione fiorentina contro Pistoia risale già al luglio 1251, vedi David
sohn, Sloria di Firenze, cit. II, 1, cit., p. 546.
Liber Iurium, cit., I, coli. 1212-1215. Il comune di Firenze nel dicembre 1254 come
arbitro tra Genova e Pisa esige dai pisani la restituzione del castello di Lerici e conferma
sempre, a Genova i territori posti oltre il fiume Magra, e cioè su Portovenere, Levanto,
Monterosso, Vernazza, Corniglia, Celasco, Carpino e sul castello di Bonifacio in Corsica.
14 Liber Iurium, cit., 1, coli. 1109 e 1115, (1251 settembre 15 e ottobre 20).
76 Pierluigi Castagneto

Tuttavia i fattori che in quei primi anni cinquanta indebolivano la


capacità offensiva della città tirrenica erano di natura interna; sin dall'e
state 1251 è segnalata in città la presenza di alcune fazioni, forse già
contrapposte, tali da creare problemi di coesione alla stessa lega antifio
rentina15. Nel marzo del 1252 la lotta era divampata in città e questa volta
sappiamo che era causata dagli interessi sardi delle grandi casate nobili
dei Visconti e dei Donoratico-Gherardesca1''; discordia antica, questa, che
nel corso degli anni trenta del Duecento aveva diviso la città a più
riprese. La paralisi politica in Pisa doveva essere talmente grande da
mettere in crisi anche gli accordi con gli alleati toscani stipulati l'anno
precedente, e tale da richiedere l'intervento del podestà senese nelle veci
di paciere e mediatore17.
Per meglio comprendere la natura di questi contrasti bisogna fare un
passo indietro e accennare alle vicende sarde degli ultimi anni. L'accordo
del 29 marzo 1237 tra Ubaldo Visconti e il legato papale18 e la pace
firmata a Pisa il successivo 4 maggio tra i Visconti e i Gherardesca aveva
ridisegnato l'assetto del potere sui giudicati sardi19; la morte di Ubaldo
Visconti e quella di Ranieri di Bolgheri entrambe avvenute nel 1238
avevano provvisoriamente riaperto la questione, ma il matrimonio di
Enzo di Hohenstaufen con Adelasia, la vedova di Ubaldo, celebrato nel
settembre del 1238 permise allo svevo di fregiarsi dei titoli di Giudice di
Torres e di Gallura eliminando ogni possibile contesa; successivamente
Enzo assunse anche la carica di Re di Sardegna con l'intento di estendere

15 Caleffo Vecchio del Comune di Siena, II, cit., n. 548, pp. 744-747; in uno degli accordi
della lega si stabiliva che supradicti omnes ghibellini non iuvent nec dent auxilium vel
favorem alicui parti de civitate Pisarum, ncc cos recipiat publice vel privatim contra
alteram partem de civitate predicta.
ASSi, Dipi. Riformagionì, 1253 marzo 28. Cfr. anche Petrucci, Re in Sardegna, cit., p.
58; Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 1, cit., p. 558 e Ronzani, Pisa, cit., p. 188.
ASSi, Dipi. Riformagioni, 1253 marzo 28; il consiglio del senato di Pisa infatti poneva
in probum virum dominum Loderingum Senensium potestatem, presentem et suscipien-
tem, podestarie nomine, prò Comuni suo de Senis, et ipum Comune Senarum quamvis
absens omnem discordiam sardiscam et que occasione Sardinee in civitate Pisana et in
eius districtu est et viget in qua est et viget diffinienda ab ipsa potestate Senarum.
Codex Diplvmaticus Sardiniae, a cura di P. Tola, Torino, 1881, I, nn. LVII-LIX.
Ubaldo Visconti nel riavvicinarsi alla chiesa aveva dichiarato al legato papale se tenere
et possidere ab Ecclesia Romana iudicatum turritanum quem habebat prò domina
Adalasia uxore sua mentre per la Gallura non poteva dichiarare la stessa cosa in quanto
aveva fatto iuramentum fidelitatis Pisanis. Su questo vedi Petrucci. Re in Sardegna, cit.,
p. 49.
" ASPi, Dipi. Atti Pubblici, 1238 maggio 4; pubblicato in Cristiani, Nobiltà, cit., p.
500-506. Nel giudicato di Cagliari era giudice Ranieri di Bolgheri marito di Agnesc di
Massa ed esercitava assieme alla moglie la tutela del giudice de iure Guglielmo II figlio
della sorella Benedetta (Genealogie Medievali di Sardegna, Cagliari-Sassari, Due D
Editrice Mediterranea, 1984, p. 129); in Arborea era giudice Pietro II de Bas (Genealogie
Medievali, cit., p. 137) mentre, come abbiamo visto, il giudice di Gallura Ubaldo II di
Lamberto Visconti fu anche sul trono di Torres in quanto marito di Adelasia e su
mandato della Chiesa romana (vedi nota precedente e Genealogie Medievali, cit., pp. 84 e
106).
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 77

la tutela imperiale a tutta l'isola2". Una tutela, dunque, che diminuiva a


tal punto il ruolo pisano da far sospettare l'esistenza di un ulteriore
accordo con l'Impero, a noi ignoto, che ripagasse in modo adeguato la
fedeltà della città tirrenica21. Nel decennio successivo il legame tra Pisa e
gli Svevi rimase saldo anche se la situazione sarda si rimise in movimento
a partire dall'annullamento del matrimonio tra Enzo e Adclasia nel 1246.
Infatti Guglielmo di Capraia per rimanere sul trono giudicale di
Arborea, assieme a Mariano II figlio di Pietro de Bas, come giudice
effettivo o come tutore del giovane Mariano II22, aveva riconosciuto l'alta
sovranità del pontefice sulla Sardegna ma non quella dell'imperatore.
Federico II morì nel dicembre 1250, ma già in settembre papa Innocenzo
IV rivolgendosi a nobili viri Guillelmo judici Arborensi dichiarava tuis
supplicationis annuentes, terram quam in Arborea ab ecclesia Romana
obtinere dinosceris, retinendam usque ad nostrum beneplacitum, tibi
auetoritate apostolica et presentium scriptorum patrocinio committi-
mus2'. Sempre nel 1250, secondo quanto afferma il Besta24, Mariano II
d'Arborea aveva invaso alcuni territori del Logudoro e così facendo
aveva disconosciuto la tutela imperiale e contemporaneamente riaperto
la questione sarda.
L'equilibrio isolano voluto dall'Impero si ruppe in poco tempo e alle
grandi domus pisane parve chiaro che dovevano essere riconquistate le
posizioni raggiunte oltre un decennio prima. I contrasti, come abbiamo
visto, non tardarono a venire e più che sul cagliaritano25 e sull'Arborea

A. Boscolo, La figura di re Enzo, in "Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia


dell'Università di Cagliari", XVII (1950), pp. 162 ss.
21Una cronaca trecentesca parla di altri contrasti a Pisa tra Gherardesca e Visconti nel
1239; tali scontri secondo questa versione sarebbero stati appianati dall'imperatore in
persona che sappiamo fu presente in città durante le festività natalizie del 1239. Cfr.
ASLu, manoscritto 54, e. 57v, ed. in L. Orlandini, Cronaca del manoscritto 54, tesi di
Laurea. Dipartimento di Medievistica, Università di Pisa, a.a. 1969-70, rei. C. Violante, p.
103; vedi anche Davidsohn, Storia, II, 1, cit., p. 479- 480, e Ronzani, Pisa, cit., p. 189.
22Sull'ascesa al trono di Guglielmo le opinioni non sono unanimi: il Petrucci sostiene
che non fu tutore di Mariano II e Boscolo afferma che Guglielmo associò al trono
Mariano. Vedi Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 77; A. Boscolo, Sardegna, Pisa e Genova
nel Medioevo, Genova, 1978, p. 49.
22 Codice diplomatico delle relazioni tra al Santa Sede e la Sardegna, a cura di D. Scano,
Cagliari, 1940, I, n. CLXXXVIII, pp. 113- 114.
24E. Besta, La Sardegna medioevale, Palermo, 1908, p. 212; notizia ripresa anche dal
Boscolo, Michele Zanche nella storia e nella leggenda, in "Studi sardi", XXI (1952), p.
342. Si tratta di una iscrizione datata 1250 e fatta tempore domino Mariano Vicecomite
de Basso Dei grafia domino Arboree et Castellani Betini; secondo quanto si può arguire
dal testo e in riferimento alla nota 22 Mariano non è dichiarato giudice ma solo dominus,
per cui è credibile l'ipotesi dell'associazione al trono sostenuta dal Boscolo. Non è chiaro
in che modo fosse coinvolto nell'invasione dei territori logudoresi il giudice Guglielmo
d'Arborea.
25Sul giudicato di Cagliari dopo la morte di Ranieri di Bolgheri era rimasta Agnese di
Massa come tutrice di Guglielmo che tuttavia divenne maggiorenne nel 1239 e quindi
prese il nome di judex callaritanus (Petrucci, Re in Sardegna, cit., pp. 51-54); la scarsa
documentazione non permette di chiarire chi fosse Chiano di Massa, successore di
Guglielmo II, e quali vincoli parentali avesse con Agnese e Guglielmo (cfr. Genealogie
Medioevali, cit., p. 346).
78 Pierluigi Castagneto

retta quest'ultima da una dinastia legata a Pisa, le tensioni si acuirono


attorno ai giudicati lasciati vacanti da Enzo, anche se amministrati da
suoi vicari26. I Visconti miravano a riottenere il giudicato di Gallura per
Giovanni figlio di Ubaldo I in forza del testamento di suo cugino Ubaldo
II27, ma non è escluso che vantassero diritti anche su quello di Torres. Più
difficile è stabilire quali fossero le mire dei Gherardesca che tuttavia
rispetto ai tradizionali nemici partivano svantaggiati in quanto le loro
rivendicazioni non erano sostenute da legittimi atti di successione. Le
fonti sono del tutto mute sulla loro attività, ma è probabile che tra il 1251
e il 1252 il giovane Ugolino di Guelfo si recasse in Sardegna con l'intento
di contenere l'espansione dei Visconti nell'isola28. Egli non compare nelle
fonti pisane di quegli anni al contrario di Gherardo di Donoratico che è
attestato in città almeno nel 1254. Contenere le mire dei Visconti signifi
cava per il conte ostacolare almeno il loro controllo sul Logudoro; in
questo gioco delle parti era coinvolto anche Guglielmo di Capraia,
giudice d'Arborea, per il fatto che, come si è visto, già dal 1250, per
opera di Mariano II, aveva messo le mani su alcuni territori logudoresi.
Una lettera di Innocenzo IV al suo legato in Sardegna permette di
fare maggiore chiarezza su queste complesse vicende. Nel settembre
1252, mentre a Pisa si manifestavano gli scontri tra le fazioni, il papa
dava facoltà all'arcivescovo turritano committendi terram et tempora-
lem iurisdictionem iudicatuum Turrium et Gallure personis idoneis et
devotis ecclesie Romanae29. Riaffermando le antiche prerogative sull'i
sola, il pontefice tentava di sottrarre alle parti in lotta — le famiglie
pisane — l'oggetto del contendere che individuava nella Gallura e nel
Logudoro. L'intervento papale sulla questione dei due giudicati si era
manifestato una prima volta alla fine di gennaio di quell'anno quando
ancora vi era spazio per le trattative e non si era passati al confronto
armato. Egli infatti chiedeva all'arcivescovo turritano di trattare con i
pisani e con tutti i ribelli alla Chiesa Romana che fossero incorsi nella
scomunica30. Si trattava certamente di quei pisani che nel corso del 1251
erano giunti in Sardegna e che stavano per darsi battaglia secondo un
copione già visto nei decenni precedenti.
Ricordati i fatti di Sardegna, possiamo capire come la discordia
sardisca fosse un fattore che indebolì fortemente Pisa e uno dei motivi
che portarono alla prima sconfitta avvenuta a Pontedera il 2 luglio 1252"' 1.

26I.L.A. Huillard-Bréholles, Hisloria diplomatica Foderici II, Parigi, 1852-1861, V, p.


946. Vedi anche Boscolo, La figura di re Enzo, cit, p. 162; Id., Sardegna, Pisa e Genova
nel Medioevo, cit., p. 65.
27ASFi, Dipi Cestello, 1238 gennaio 27: vedi Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 66.
28L'attività di Ugolino in Sardegna è documentata a partire dal 1262 quando agisce
come vicario di Re Enzo nel Logudoro, cfr. Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 93. Inoltre
nella seconda metà degli anni sessanta Ugolino intraprese con buon successo la conquista
del Logudoro che gli valse anche la scomunica, cfr. ivi pp. 94-96.
29Les Registres d'Innocent IV, cit., Ili, n. 5959, p. 108, (Perugia, 1252 settembre 4).
10 Ivi, III, n. 5546, p. 21, (Perugia, 1252 gennaio 31).
21 Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 1, p. 561.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 79

Nonostante la sconfitta in Val d'Era, il confronto armato tra la lega


guelfo-fiorentina e quella delle città collegate a Pisa continuò nel corso di
quell'anno e anzi durante il 1253 si intensificò; il centro delle operazioni
militari nella primavera-estate del 1253 furono il Valdarno e il pistoiese42.
Sempre in quel periodo si rafforzarono i rapporti tra la lega antifioren
tina e Corrado IV che nel frattempo stava terminando la conquista del
regno meridionale33. I successi del figlio di Federico II, che tra agosto e
ottobre assediò ed espugnò Napoli34, avevano dato nuovo vigore alle città
toscane collegate; queste constatando che anche Innocenzo IV nell'otto
bre era rientrato a Roma, dopo nove anni di assenza, con l'intento di
prendere in considerazione i progetti di pace avanzati da colui che ormai
era il signore incontrastato del Regno35, avevano aperto un altro fronte
sul finire dell'autunno. Pisani e senesi si accordarono con la consorteria
dei Corvaia-Vallecchia36 e inviarono truppe verso Pontremoli dove entra
rono a fine dicembre et liberaverunt Pistorienses captivos37.

Questi successi tuttavia non giovarono alla lega filoimperiale, poiché


nel 1254 essa venne definitivamente sconfitta. Il 1 febbraio Pistoia fu
costretta alla resa e in seguito sia la scomunica inflitta a Corrado IV che
la sua repentina morte avvenuta il 21 maggio38, mentre egli si apprestava
a muovere con le truppe verso Nord, tolsero a pisani e senesi ogni
possibilità di successo. Tra maggio e giugno un'ulteriore campagna mili
tare dei fiorentini costrinse Siena alla capitolazione; la pace venne fir
mata il 6 giugno 1254 e così la lega nemica non esisteva più; soltanto
Pisa era ancora in armi contro Firenze39. All'inizio di luglio le truppe
guelfo-fiorentine si diressero verso Pisa e si stabilirono presso Pontedera
in un accampamento fortificato da dove controllavano tutti gli accessi
alla città nemica40. Le fonti non indicano la data dello scontro decisivo
che avvenne con buona probabilità nel mese di luglio.
Dopo questa seconda sconfitta l'esercito fiorentino, senza porre l'as
sedio a Pisa, partendo dalla base fortificata di Pontedera, iniziò una serie
di devastazioni del contado e si avvicinò alle mura della città come mai

32Per le vicende del 1253 cfr. ivi, p. 582.


33Nel marzo del 1253 era presente a Siena Bertoldo di Hohenburg per ricevere alcuni
prestiti da consorzi bancari senesi e stringere accordi con le città fedeli all'impero; cfr.
Davidsohn, Forschungen zur àlteren Geschichte voti Florenz, Berlin, 1896, voi. II, p. 667b.
31 E. Duprc Theseider, Roma dal Comune di popolo alla Signoria Pontificia, Bologna,
Cappelli, 1952, p. 31: Melloni, Innocenza IV, cit., p. 174.
3S Ivi, rispettivamente p. 32 e 174.
3(1 II riavvicinamento tra Pisa e la domus dei Corvaia Vallecchia fu sancito nella pace del
4 dicembre 1253; F. Dal Borgo, Raccolta di scelti diplomi pisani, Pisa, 1765, pp. 187-194.
Chronicon aliud Breve pisanum incerti auetoris ab anno MCI usque ad annum
MCCLXVIII, ed. M. Lupo Gentile, in Rerum Italicarum Scrìptores, Vl/2, Bologna, 1936.
p. 108.
33 La scomunica venne inflitta il 9 aprile, cfr. Dupré Theseider, Roma, cit., p. 32; per gli
avvenimenti del 1254 vedi Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 1, pp. 585-592.
Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 1, p. 590.
40 Annales lanuenses, cit., p. 231; ASLu, manoscritto 54, e. 61v col b. ed. in L. Orlandini.
Cronaca del manoscritto 54, tesi di laurea, cit., p. 120.
80 Pierluigi Castagneto

era accaduto prima. L'intento era quello di costringere alla resa la città
nemica senza essere costretti ad un assedio di lunga durata e dagli esiti
incerti41.

La situazione prese la piega desiderata dai fiorentini e i pisani non


ebbero altra scelta che quella di chiedere la pace. L'urgenza di scendere a
patti con i nemici si impose ai pisani nella seconda metà di luglio; ad essi
apparve chiaro l'intento del nemico per cui sentirono la necessità di una
forte iniziativa politico-diplomatica capace di risolvere la crisi.
L'entrata in città dell'arcivescovo Federico Visconti, avvenuta il 12
luglio cum maxima societate clericorum et laicorum, favorì probabil
mente i fautori della pace, che si opponevano ad una pervicace quanto
inutile resistenza42.
Gli Annales Ianuenses, solitamente bene informati sulle vicende pi
sane, narrano che dopo diverse incursioni dell'esercito guelfo nel contado
Pisani legationem quam plurium nobilium ad exercitum Florentinorum
miserunt, tractantes cum eisdem de quiete et pace41. Questa prima
iniziativa di pace consisteva dunque nell'azione di una numerosa delega
zione di cittadini che uscì da Pisa e si diresse verso il campo fortificato di
Pontedera con l'intento di trattare e far cessare subito le devastazioni.
Quello che colpisce negli avvenimenti dei primi mesi del '54 è, da una
parte, l'incontrastata superiorità militare della lega guelfa e, dall'altra, in
modo ancor più incomprensibile, l'incapacità di movimento e l'insuffi
cienza tattica delle truppe pisane. L'estrema arrendevolezza dell'esercito
di Pisa — soprattutto nell'ultima fase della guerra — fa supporre che i
comandanti non dovessero essere all'altezza della situazione per il perdu
rare forse delle discordie interne. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto
che tra i vertici militari pisani sono spesso annoverati esponenti dei
Visconti. Nel 1251 il capitano pisano della lega con Siena e Pistoia era
Galgano Grosso Visconti e lo stesso nel 1252 apparve come testimone ad
una sentenza del vicario del Podestà su questioni relative alla cavalleria44;
nel 1254 inoltre Rosso Visconti era uno dei capitami militum^. Queste
attestazioni anche se limitate non sono banali coincidenze: le campagne
militari del 1252 e 1254 si risolsero in altrettante sconfitte, perché
l'esercito pisano era guidato da personaggi ai quali interessava maggior
mente la supremazia della propria parte che la vittoria dell'intera città.

41La successione degli avvenimenti e l'uso delle devastazioni per costringere alla resa i
pisani si evince ancora dagli Annales Ianuenses.
42Ronzani, Pisa, cit., p. 191, cfr. AAPi, Mensa, n. 5, e. 56r. Che l'arcivescovo si sentisse
parte in causa nelle vicende cittadine e che favorisse una ricomposizione delle discordie è
documentato dalle lettere che scrisse ai reggitori del Comune nel luglio del 1255 di cui ci
occuperemo più avanti.
Annales Ianuenses, cit., p. 231.
44Per il capitano della lega vedi Caleffo vecchio, II, cit., n. 547 pp. 743-744; la sentenza
del vicario del Podestà fu resa possibile anche diligenti investigatione una cum notano
capitaneorum militum pisane civitatis, cfr. ASPi, Dipi Rondoni, 1253 agosto 21.
45Liber lurìum, cit., I, n. DCCCLVI, coli. 1186-1192, (1254 luglio 27 e 28).
Comune, Popolo e Arti u Pisa al tempo degli ultimi Svevi 81

II legame tra le discordie interne e la crisi del 1254 è messa anche in


evidenza da un passo della Cronaca del manoscritto 54 dell'Archivio di
Stato di Lucca che recita:

lì Fiorentini e Lucchesi et Volterrani e altri loro collegati con grande


esercito vennero sul contado di Pisa in Valdera et trovandosi in Pisa una
grande discordia tra Hi nobili di casa Vischonti elli nobili conti da Donera-
tico et grande coda delli altri nobili di Pisa si ritiravano dirietro, e per
questa cagione non si provvede a mandare contra al sopra esercito per
dubio c'aveano li signori Ansiani del Populo della signoria della terra,
unde presono partito pigliare accordo colli fiorentini ".

Oltre alle validissime conferme sorge tuttavia qualche perplessità sul


soggetto che prese l'iniziativa di pace. Già il Ronzani commentando
questo passo ha messo in evidenza il significativo ruolo svolto dagli
Anziani del Popolo47, ma d'altro canto la dinamica degli avvenimenti non
permette di sostenere la tesi secondo cui furono gli Anziani a prendere in
modo autonomo l'iniziativa di intavolare le trattative di pace. È proba
bile che nella delegazione che si recò presso i fiorentini per chiedere la
fine delle ostilità fossero presenti esponenti del Popolo ed è certo che nel
complesso quadro delle trattative di fine luglio e agosto i popolari
giocarono un ruolo importante; non è invece sostenibile la tesi della
Cronaca 54 secondo cui il Popolo e i suoi Anziani presero autonoma
mente l'iniziativa di pace.
L'iniziativa ufficiale per le trattative fu presa il 28 luglio 1254 quando
il Consiglio Maggiore della città venne convocato dal Podestà per nomi
nare gli ambasciatori ai quali affidare l'incarico di condurre le trattative
con la lega guelfa48. Le componenti presenti nel consiglio sono sostanzial
mente immutate rispetto agli anni precedenti49; non compaiono nuove
magistrature e l'appartenenza alla nobiltà dei due procuratori rivela che
al 28 luglio ancora non si erano verificati grandi cambiamenti e che in fin
dei conti l'esigenza della pace era maturata all'interno del vecchio ceto
dirigente.
Il procuratore di Pisa, Sigerio Conetti, si recò a Firenze per condurre
le trattative ma dovette subire le imposizioni dei vincitori; fu costretto

44 ASLu, manoscritto 54, e. 61v col b, ed. in L. Orlandini, Cronaca del manoscritto 54,
cit., p. 120. L'iniziativa della pace come appare dal senso letterale del passo citato sembra
attribuita direttamente agli Anziani; in realtà questi non avevano la forza di intavolare le
trattative ma dettero un contributo decisivo alla pacificazione.
47Ronzani, Pisa, cit., p. 189. L'autore ha per primo messo in evidenza che la comparsa
dell'Anzianato è un fatto connesso con la crisi degli anni precedenti e con le sconfitte
militari subite in vai d'Era.
48Liber Iurium, cit., I, n. DCCCLVI, coli. 1186-1192, (12S4 luglio 27 e 28); i procuratori
designati dal consiglio maggiore furono Marzucco Scornigiani e Sigerio Conetti ma solo il
secondo si recò al tavolo delle trattative in quanto lo Scornigiani fu trattenuto a Pisa
perché malato.
"' Si veda il Consiglio Maggiore del novembre 1247, Dal Borgo, Raccolta di scelti
diplomi pisani, cit., p. 272.
82 Pierluigi Castagneto

infatti ad accettare che tutte le controversie con le città nemiche fossero


risolte da un arbitrato affidato al Podestà, al Capitano del Popolo e agli
Anziani fiorentini, arbitrato che si doveva concludere entro il primo
gennaio 125550. In cambio ottenne che dal 4 agosto andasse in vigore la
tregua^1 anche con Genova. L'unificazione del contenzioso non permet

teva a Pisa di condurre trattative separate e riduceva i vantaggi derivanti


da accordi raggiunti su tavoli differenti. L'attività diplomatica in quei
primi giorni d'agosto fu probabilmente laboriosa e l'accordo con gli
avversari stentava ad essere siglato anche per le divisioni interne a Pisa.
Si rese necessario uno sforzo di massima coesione per la città e l'entrata
in campo di un soggetto politico capace di dare nuovo impulso alle
trattative e nel contempo essere ben visto dalla controparte. Il 13 agosto
il Podestà convocò nuovamente il Consiglio Maggiore della città e questa
volta erano presenti anche gli antiani populi; in quell'occasione venne
nominato ambasciatore Gualterotto Sampante, giudice ed esponente del
Populus pisanus, perche si recasse a Genova alla ratifica della tregua del
4 agosto52. Per la prima volta esponenti non nobili intervennero come

protagonisti nelle vicende politiche cittadine e offrirono al Comune quel


consenso che gli era necessario per raggiungere la pace. Il populus
pisanus in quell'agosto 1254 mise sul piatto tutto il suo peso politico e
ottenendo la rappresentanza della sua più alta magistratura, l'Anzianato,
appoggiò le trattative di pace con Firenze e Genova.
Le fonti non permettono di constatare se in quella movimentata
estate ci furono scontri tra fazioni e se le organizzazioni del Popolo
vennero attivate con l'intento di imporre con la forza il punto di vista dei
popolari. Ancora il documento del 27 luglio 1254 mostra che all'interno
del Consiglio Maggiore erano presenti le famiglie nobili tradizionali
molte delle quali di fede "ghibellina", numerosi personaggi che in se
guito vedremo legati al Popolo, Gherardo dei conti Donoratico e nume
rosi esponenti dei Visconti5'. Anche il brano citato della Cronaca 54 non
fa riferimento a scontri cittadini54 e l'assenza del Capitano del Popolo55
nel Consiglio Maggiore del 13 agosto fa sospettare che in quei giorni tra

50 Liber Iurium, cit., I, n. DCCCLVII, col. 1195-96, (1254 agosto 4).


" Ivi, n. DCCCLVIII, coli. 1197-1198. L'accordo con Genova ebbe come testimoni i
rappresentanti di tutte le città della lega guelfa.
Codex Dìplomaticus Sardiniae, cit., p. 362.
1 Visconti sono confusi con la dicitura Vico, de Vico, in quanto i notai dell'epoca
abbreviavano il nome Vicecomites con Vie; i copisti genovesi hanno sciolto in modo
inesatto l'abbreviazione creando problemi per l'identificazione.
" Oltre alla Cronaca 54 l'altro accenno sui fatti del 1254 la troviamo nei Fragmenta
Historiae Pisanae, in Reruni Italicarum Scriptores, XXIV, coli. 644-45; Messer Iacopo
delli Avocati Podestà anno uno MCCLV. In del cui tempo lo populo di Pisa si levò e
pigliò la signoria e tuossela ai grandi. Si tratta di un riferimento molto sintetico che
permette scarse argomentazioni; quello che si può arguire semmai è che vennero emargi
nate dal potere le grandi famiglie.
55 La prima attestazione del Capitano del Popolo è del 2 dicembre 1254 (ASPi, Dipi.
Pia Casa di Misericordia); vedi anche Ronzani, Pisa, cit., p. 190.
Comune, Popolo e Ani a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 83

luglio e agosto il Popolo non avesse ancora una struttura militare ben
definita.
L'appartenenza politica degli ambasciatori nominati il 27 luglio, il 4 e
il 13 agosto conferma un possibile accordo intercorso tra le varie fazioni;
il 27 luglio i procuratori del comune Sigerio Conetti e Marzucco Scorni-
giani erano legati alla nobiltà. Il 4 agosto il procuratore del Comune
Sigerio Conctti, gli ambasciatori Ventrilio del fu Guido Ventrilii della
famiglia dei Matti e Ranieri de Corte, erano tutti nobili. Il 13 agosto,
invece, Sigerio Conetti era affiancato da Gualterotto Sampante noto
esponente del Popolo, fn questo contesto non è quindi ragionevole
pensare ad una contrapposizione netta tra pars nobilium e pars populi, in
quanto, se dopo un ipotetico scontro avesse prevalso uno dei due partiti,
gli ambasciatori sarebbero stati espressi solo da quello vincente. Siccome
si giunse ad una spartizione dei posti è ragionevole pensare che la
composizione delle delegazioni sia stato il frutto di un accordo tra le
parti.
L'Anzianato come magistratura unitaria e posta al vertice del popolo
era una nuova istituzione, ma i personaggi che dal suo interno presero
parte alla vita politica cittadina non erano dei principianti e non si fecero
avanti soltanto nel 1254. Purtroppo non ci sono giunti i collegi degli
Anziani del 1254 e 1255 e il primo collegio risale al 30 maggio 125656. Se
ricerchiamo la presenza dei primi 38 Anziani, in carica negli anni 1256 e
1257, negli elenchi dei senatori, negli eletti al Consiglio Maggiore o più in
generale nei documenti riguardanti la vita politica cittadina anteriori al
13 agosto 1254, ci accorgiamo che circa il 50% di quegli Anziani aveva
ricoperto cariche politiche.
Gli esponenti del Popolo non erano in realtà nuovi alla partecipa
zione nei consigli cittadini e da tempo erano entrati a far parte delle
strutture del potere; presenza non sporadica e tale da suggerire come la
pressione popolare sulle strutture del potere, egemonizzata sino allora
dai milites, non si manifestò solo nel 1254, ma solamente in quell'anno,
viste le particolari condizioni politico-militari, ottenne i primi risultati
con la partecipazione degli Anziani al Consiglio Maggiore della città.
Le trattative con la lega guelfa continuarono nei mesi seguenti e il 10
ottobre venne intimato ai pisani di cedere Lerici ai genovesi57, anche se la
sentenza definitiva venne pronunciata in dicembre58; in essa si stabiliva
che i Pisani non avevano diritti oltre il fiume Magra e che dovevano

ASSi, Dipi. Riformagioni, 1257 maggio 30; il 1 ottobre 1256 è attestato un altro
collegio: cfr. ASFi, Capitoli, XXIX, cc. 241r-242r, ed. in Santini, Documenti sull'antica
costituzione del comune di Firenze, Firenze, 1955, p. 204 e ss.; e due nominativi senza dala
riportati dal Chronicon sempre per il 1256, cfr. Chronicon aliud Breve pisanum, cit., p.
109; per il 1257 altri due collegi; cfr. ASPi, Dipi Atti Pubblici, 1257 marzo 29 (in realtà 22
marzo) e ASVe, Pacta, 4, cc. 94-95; per quest'ultimo una copia in ASPi, Cane Bonaini, n.
6, 1258 agosto 17.
" Liber Iurìum, cit., I, n. DCCCLXI, coli. 1201-1202, (1254 ottobre 10).
'" Ivi, n. DCCCLXV1I. coli. 1212-1215, (1254 dicembre 11).
84 Pierluigi Castagneto

restituire tutti i tenitori occupati in precedenza. Ma in quell'occasione


l'ambasciatore pisano non si presentò e così facendo Pisa disconosceva
l'azione arbitrale dei fiorentini.
Questo cambiamento della linea politica fu possibile anche perché nel
frattempo era mutato il contesto generale; il 7 dicembre 1254 era infatti
morto Innocenzo IV e già il 12 dicembre successivo era salito sul soglio
pontificio Alessandro IV. Egli non era strettamente legato a papa Fieschi
e non si era neppure recato al concilio di Lione del 1245 al quale era
stato espressamente chiamato; la sua elezione indicava la speranza in
una politica che, pur continuando con fermezza e chiarezza d'idee quella
di Gregorio IX, non rendesse impossibile la riconciliazione con gli Svevi,
come si poteva prevedere dalla favorevole disposizione che Rinaldo
aveva mantenuto verso Federico e i suoi successori59.

Sconfitti militarmente, pisani e senesi tennero conto dell'atteggia


mento più conciliante di Alessandro IV e cercarono di superare l'isola
mento politico-diplomatico in cui li aveva relegati l'azione ostile di
Innocenzo IV. Sì instaurarono legami con aree esterne alla Toscana e in
particolare con Roma; Siena nominò Podestà il conte Janni da Poli,
parente del nuovo Pontefice60, mentre Pisa elesse alla suprema carica del
Comune il Proconsole dei Romani Iacopo Napoleone Orsini. Sempre
nello stesso periodo e perseguendo la stessa logica di allargamento delle
alleanze i Pisani cercarono di ribaltare il giudizio arbitrale emanato dai
fiorentini che li aveva visti nettamente sfavoriti e si appellarono al
Senatore di Roma, Brancaleone degli Andalò61; il lodo arbitrale venne
emanato dal Senatore tra la fine del 1254 e l'inizio del 125562 ed essendo
favorevole ai pisani permetteva loro di avere un appiglio giuridico per
rimettere tutto in discussione. Infatti non restituirono Lerici, non adem
pirono alle richieste dei lucchesi e continuarono a rafforzare la loro
presenza in Lunigiana. La guerra era terminata, ma nel 1255 era rimasta
molta tensione tra le parti e già nella primavera di quell'anno erano in
corso intense trattative tra Genova, Firenze e Lucca ut contra Pisanos
exercitibus generalibus extenderent (...), et eos ad executionem sententie
saltim per vim compellerent63.
Se gli orientamenti di politica estera sembrano più lineari, non
possiamo dire altrettanto per la situazione interna a Pisa. La realtà
politica tra 1254 e 1255 era infatti abbastanza confusa per il fatto che
superato un regime politico quello nuovo era ancora in cantiere. Nel
frattempo soggetti politici e interessi si erano moltiplicati; alla nobiltà
filoimperiale, favorevole alla continuazione della lotta con la lega ne-

'" R. Manselli, Alessandro IV, in Dizionario Bibliografico degli Italiani, I, p. 190.


M Dupré Theseider, Roma, cit., p. 39.
bl Annaies lanuenses, cit., p. 233; cfr. anche Dupré Theseidcr, Roma, cit., p. 34.
M Codice Diplomatico del Senato Romano dal MCXL1V al MCCCXLVII, a cura di F.
Bertolani, I, Roma, 1948, n. 137, p. 224-225.
é3 Annaies lanuenses, cit., p. 233.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 85

mica, e alle tradizionali cordate dei Visconti e Gherardesca con i loro


affari di Sardegna si era aggiunto il Popolo orientato, come vedremo, a
costruire rapporti di buon vicinato con Firenze. L'elezione a Capitano del
Popolo di Gherardo da Correggio, personaggio vicino alle posizioni
guelfe64, induce a pensare in tale direzione; inoltre la nomina del Podestà
Iacopo Napoleone Orsini conferma che all'interno della parte nobiliare
convivevano differenti tendenze. La militanza dell'Orsini tra i sostenitori
dell'Impero gli portò l'appoggio dei "ghibellini" ma i suoi rapporti
amichevoli con il nuovo pontefice65 gli favorirono il sostegno di coloro
che volevano che Pisa, rimanendo sempre legata alla pars imperii^ supe
rasse l'isolamento internazionale in cui era stata relegata. La sua nomina
non fu dunque una coincidenza66 e anzi è probabile che essa fosse del
tutto preordinata al riavvicinamento con la Curia romana visto il clima
più accomodante del nuovo pontefice.
Con il passare dei mesi la politica cittadina tese a modificarsi e si
vennero così formando schieramenti maggiormente definiti; il 4 maggio
1255 un Capitano dei Militi e gli Anziani del Popolo nominarono gli
ufficiali della dogana del sale perché questi ultimi, in accordo con il
Comune di Sarzana, potessero svolgere l'esercizio della dogana del sale
in Lunigiana6'. Due istituzioni in primo piano (la prima dei milites e la
seconda di popolo) trovano l'accordo per il controllo di una delle mag-

64 Ivi, p. 228; nel 1250 era stato eletto Podestà di Genova.


& Alessandro IV il 6 aprile 1255 aveva riconosciuto a Iacopo Napoleone il dominio su
Tagliacozzo che un figlio aveva ottenuto in dote dalla moglie; con questa dote e con la
proprietà di Vicovaro l'Orsini controllava la via Valeria, uno dei principali accessi al
Regno; cfr. Dupré Theseider, Roma, cit., p. 125. Iacopo Napoleone Orsini era il caposti-
pitc degli Orsini di Vicovaro, dei Conti di Tagliacozzo, dei ducili di Gravina e dei ducili di
Bracciano, vedi Enciclopedia Cattolica, sub voce. La sua fedeltà all'impero è evidenziata
sempre in Dupré Theseider, Roma, cit., p. 124-125.
04 I Podestà pisani di origine capitolina e insigniti dei titolo di proconsole dei Romani
furono soltanto Angelo di S. Eustachio (podestà nel 1252) e l'Orsini stesso. Cfr. M. L.
Ceccarelli - M. Ronzàni, / reggitori del Comune e i Capitani del Popolo di Pisa dalla
comparsa della podesteria all'anno 1350, in corso di stampa. Se si scorre l'elenco dei
Podestà non si trovano altri personaggi provenienti da Roma e nella seconda metà del
Duecento la maggior parte proviene dall'area padana, dalla Lombardia e dalla Toscana;
l'unica provenienza al di fuori delle aree indicate è quella di Giovanni da Montesperello
di Perugia per il 1274. La nomina di Angelo di S. Eustachio fa inoltre sospettare che i
primi tentativi di riavvicinamento con la Curia Romana risalissero al 1252.
17 G. Pistarino, // Registrimi Vetus del Comune di Sarzana, Alessandria, Università di
Genova - Istituto di Paleografia e Storia Medievale, 1966, pp. 78-86 (Fonti e Studi, Vili).
Si nota la presenza di un unico Capitano che agisce solo a proprio nome in quanto non
viene riportata la formula di delega degli altri capitani. Questo ragionamento è tanto più
vero in quanto nel solito documento i sei doganieri del sale agiscono a nome dei loro
colleglli assenti e in questo caso compare la formula di delega. Un'altra cosa degna di
nota appare poche righe sotto quando viene dichiarato che ex officio eorum (dei
doganieri) et ex balia et potcstatc cis datis et conecssis a Capitaneo militum Pisane
civitatis; in quel momento è il Capitano a conferire ai doganieri l'autorità di esercitare
una funzione fiscale. Sembra strano che un'autorità militare dia il permesso di esercitare
l'azione fiscale al posto di altre autorità del comune come il Podestà che sappiamo erano
in carica.
86 Pierluigi Castagneto

giori entrate fiscali del Comune. L'esistenza di due "comuni paralleli", di


due poli tra gli istituti del Comune sembra anche emergere dalle lettere
che l'arcivescovo Federico Visconti inviò dalla Curia papale presso Ana~
gui il 17 luglio 1255. Il prelato inviò a Pisa due lettere: la prima a
Gherardo de Corrigia capitaneo Populi pisani et discretis viris antìanìs
eorumque consilio universo e la seconda a Jacopo Napoleonis procort-
suli Romanorum et potestatì pisanorum eiusque consilio universo"6.
I due testi sono pressoché uguali eccetto alcune aggiunte inserite
nella lettera inviata agli Anziani; tramite l'esame dì queste varianti si
capisce che oltre a Federico Visconti si era recato ad Attaglii anche il
Podestà pisano6" e in seguito quest'ultimo era rientrato a Pisa mentre
l'arcivescovo era rimasto presso la Curia papale™. Federico era poi
venuto a conoscenza che erano sorte alcune difficoltà sulla sua perma
nenza ad Anagni da parte di coloro che non vedevano con favore un
definitivo riavvicinamento con la Curia Romana. Questo era il vero
motivo delle due lettere da cui traspare anche una certa preoccupazione
del prelato di rimanere isolato mentre t contatti curiali erano in corso.
Federico dichiarava inoltre dì essere l'ambasciatore del Popolo in pieno
accordo con gli Anziani e le altre magistrature popolari71, ma che, e
questo fatto lo si legge tra le righe, la parte nobiliare che ora rumoreg
giava contro di lui, non era stata esclusa dalla missione, ma era stata
rappresentata proprio dal Podestà e dalla delegazione che aveva accom
pagnato quest'ultimo. Egli esprimeva l'intento di non vedersi delegitti
mato in quanto la sua missione andava a vantaggio della città ed era nata
in pieno accordo tra le fazioni.

68 E. Cristiani - G. Rondoni, Due lettere inedite di Federico Visconti arcivescovo di Pisa


datate da Anagni 17 luglio 1255. in '•Bollettino Storico Pisano", XXXIILXXXV
(1964-66), pp- 191-1^4.
"* Si confrontino i due passi, rispettivamente ivi, p, 192 e p. 194; la lettera agli Anziani
(d'ora in poi doc. I) Nos entra, sicut nostra potestas et ambaxìalores qui rum eo erant
viderunt, cura boitts equis et putera l'a rmila ad honorem civitatis nostro in Romana Curia
petroanemus; la ìcttera al Podestà (d'ora in poi doc. II) No$ cairn sicut vos, domiae
potestas, et ambaxiatores qui nobiscttrn erant, vkiistìs, cura bonis equis et p^lerà familia
ad honorem civitatis nostre in Romana Curia permanemus. 0 Cristiani ha ipotizzato il
viaggio del Podestà ad Anagni (tré p. 189) mentre dai due brani sì arguisce che il Podestà
pisano effettuò realmente la missione.
70 Vedi il verbo permanemus nei brani citati della nota precedente e i brani della
successiva.
" Cfr. ivi, (doc. I) pp. 102 a 103, Cura de voluntate atltianorum, consultati maris et
capitaneonim attirar et per consequens totius populi Pisani vester ambaxiator in Romana
Curia existamus sicut patet per licteras vestras per nos alteri propter missas, quas in
vostro quaterne dominus Grassus eaneellarius scribi fecii et taro apud alium papam quatti
apud istum modis omnibus laboraverimus offerendo scraper ex parte populi Pisani mató
sue Ecclesie Romane tara per mare quam per terrarii magnani auxiìium; doc. II Curo de
voluntate antianorum, consulum maris et capiianeorum artium et per consequens totius
populi Pisani ipsorum ambaxìator in Romana Curia existamus et tam apud altum papato
quam apud ìstuns modis omnibus laboraverimus offerendo semper cs parte populi Pisani
matri sue Ecclesie Romano tatti per mare quatti per terram magnimi anxtliutn. 11 vester b
usato nella lettera agli Anziani e ipsorum nella lettera al Podestà.
Comune, Popolo e. Arti ti Pisa al tempo degli ultimi Svevl 87

La parte nobiliare di orientamento ghibellino non aveva però visto di


buon occhio, dopo il ritorno dei suoi in città, il prolungamento della
missione dell'arcivescovo forse perché non desiderava un ulteriore sbi
lanciamento verso il papato e perche il legame popolo-arcivescovo ovvia
mente non la favoriva. Nel passo in cui Federico difende la propria
posizione cum nos plus serviamus civitati morando in curia prò vobis72

introduce una significativa modifica tra i due testi. Al Podestà manifesta


solo la grande utilità della missione, mentre agli Anziani e al Capitano
del Popolo aggiunge che a principio antiani ordinati fuerunt et nos
etiam eos libenter convenimus ordinare ut per eos deberent corrigi
malefacta, cum nos plus serviamur civitati morando in curia prò vobis,
secundum quod intelligunt sapientes7'. In pratica Federico Visconti
rivolgendosi ai capi del Popolo menziona esplicitamente l'accordo poli
tico e il progetto che li accomunava; proprio in base a tale accordo il
prelato esigeva dagli uomini del Popolo di essere difeso di fronte agli
avversari.
Nella lettera al Podestà, all'altra "parte" in cui si divideva il Comune,
questo passo viene omesso perché Federico non poteva dichiarare in
modo esplicito che gli Anziani erano l'unica forza in grado di rimediare
al pessimo governo della città del precedente regime e non poteva
certamente accennare alle malefacta che ravvisava negli scontri di fa
zione, nella pessima conduzione della guerra, nella sconsiderata gestione
finanziaria e nell'isolamento internazionale in cui era stata -relegata Pisa.
Se a tutte le parti in causa poteva andar bene che l'arcivescovo operasse
per ottenere l'annullamento della scomunica che gravava sulla città sin
dai fatti del Giglio del 1241 e agisse per il riconoscimento della sua
elezione episcopale, non era il caso, in quella lettera ufficiale, di manife
stare esplicitamente che egli aveva individuato nel Popolo, al posto del
vecchio ceto aristocratico, il nuovo interlocutore politico in grado di
risolvere i molti problemi che gravavano su Pisa.
Non rappresentava un problema dichiarare l'esistenza di un accordo
tra Federico e gli uomini del Popolo (che doveva essere sotto gli occhi di
tutti) nato per portare vantaggio all'intera città, ma era rischioso rivelare
che la massima autorità ecclesiastica non si poneva più super partes e
aveva scelto di appoggiare una delle parli e tramite questa favorire il
mutamento di regime.
Ancora dalle parole del prelato siamo informati che le cose a metà
del 1255 volgevano a favore del Popolo. Egli infatti diceva di essere
ambasciatore cum de voluntate antianorum, consulum maris et capita-
neorum artium et per consequens totius populi pisani ipsorum ambaxia-
tor in romana curia existamus74. In tal modo abbiamo notizia che il
nuovo partito aveva il controllo politico dei Consoli del Mare e dei

72Ivi, doc. II, p. 194.


73Ivi, doc. I, p. 192.
"* Ivi, doc. II, p. 193.
88 Fierluigì Castagneto

Capitani delle Quattro Arti e così all'interno del Consiglio Maggiore


della città, ad un anno dalla comparsa degli Anziani, i rapporti di forza
erano già mutati e le istituzioni popolari erano sicuramente più influenti.
Da una parte abbiamo dunque il legame Popolo-arcivescovo e dall'al
tra il Podestà e la nobiltà schierata a favore dell'Impero; entrambi gli
schieramenti miravano a non assumere posizioni intransigenti conside
rato che sulle grandi questioni relative alla politica cittadina avevano
oramai intenti comuni^.

L'azione politica del Popolo sin dall'inizio si orientò alla valorizza


zione degli interessi comuni e infatti tese a costruire un indirizzo unitario
nel Comune cercando di superare le divisioni interne al ceto dirigente
cittadino. La convergenza di interessi tra i vari "partiti" si realizzò
proprio sulla questione sarda che, invece, sino a pochi anni prima era
stata la causa di tante sconfitte.
La "discordia sardisca" che aveva portato Pisa in una situazione di
inferiorità nei confronti di Genova e della lega guelfa divenne così il
coacervo di interessi differenti e l'occasione per una riscossa dell'intera
città. Tutta l'operazione sarda i cui prodromi sono attestati sul finire del
1255 vide allargare i confini del conflitto; nel 1257 venne stipulata
un'alleanza con Venezia'6 in funzione anti-genovesc; sempre nel mede
simo anno Veneziani e Pisani distrussero il quartiere genovese di Acri77 e
i cittadini della città ligure vennero gettati letteralmente a mare.
Il centro della vicenda politico militare rimase comunque il cagliari
tano e Genova il nemico più pericoloso per gli interessi pisani. Il 31
dicembre 1255 l'ambasciatore pisano si trovava in Sardegna presso il
giudice d'Arborea Guglielmo di Capraia e gli intimava di fornire delle
truppe al Comune pena il bando perpetuo78. Il particolare del bando
conferma che il giudice era cittadino pisano79 e rende ragione, a diffe
renza dei Visconti e Gherardesca, del suo particolare legame con il
Comune che gli permise di ricoprire la carica di generalis vicarius
Pisanorum in Sardinea existentium. L'attività dell'ambasciatore Ranieri

" I membri della delegazione dell'arcivescovo mostrano che vasto doveva essere il
consenso dei cittadini a tale impresa. Nel doc. II si legge: Nos enim sicut vos, domine
potestas, et ambaxiatorcs qui nobiscum crant, vidistis, (vedi ivi, p. 194); sono nominati
dominus Grassus cancellarius che individuerei in quel Grasso giudice anziano nel
febbraio del 1260 e Scorcialupus (quem) nobiscum habemus prò servitiis civitatis di cui
abbiamo un attestazione con Ranieri Scorcialupi notaio della Cancelleria del comune nel
1260, (cfr. ASSi, Dipi. Riformagioni, 1261 settembre 7).
76ASVe, Poeta n. 4, cc. 94-97 e copia in ASP, Carte Bottami n. 6, 1258 agosto 17; inoltre
vedi ASPi, Dipi. Alti Pubblici, 1257 agosto 19. Il Chronicon narra che de mense iulii
facta est societas inter Venetianos et Pisanos contra Ianuenses in termino decem anno-
rum; essa venne stipulata a Modena forse perché in quell'anno a Pisa era Capitana del
Popolo il modenese Bonifatio de Gorzano; cfr. Chronicon, cit., p. 109.
77Chronicon, cit., p. 109.
78ASPi, Dipi. Atti Pubblici, 1256 dicembre 31, ed. in Chartarum, II, Torino. 1853. n.
MDCCCCXXIX, coli. 1547-48.
7^ Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 61.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 89

Marsubilie si sviluppò nelle settimane seguenti a Cagliari; egli come


ambaxiator Pisani comunis ex forma ambaxiate sibi imposite a comuni
Pisano ordinava ai concittadini di aiutare in ogni modo gli Anziani e il
castellano di Castello di Castro e di non prestare servizio in altro esercito
ad esclusione di quella del comune di Pisa80. Ranieri agiva ex parte
potestatis Pisane civitatis, unde habet arbitrium a comuni Pisano, et
capitanei et anthianorum populi Pisane civitatis81 e così siamo informati
che aveva avuto due mandati per svolgere la sua missione: il primo dal
Podestà e il secondo dal Popolo rappresentato dal Capitano e dagli
Anziani. Anche in questa occasione notiamo la divisione in "partiti" del
ceto egemone all'interno del Comune e l'approvazione di entrambi per
ogni questione che riguardasse il governo della città.
L'ambasciatore, di cui conosciamo i legami col Popolo82, aveva il
compito di salvaguardare l'indipendenza dal Giudice (Chiano di Massa)
riaffermando i poteri del Castellano e degli Anziani e di punire i borghesi
traditori83. Tra i testimoni presenti agli atti dell'ambasciatore pisano
notiamo Gerardo Falcone consul portus Arboree e Ranieri Neri nostro
consule rnercatorum Portus Callarf*; la non appartenenza di questi due
personaggi al ceto nobiliare e soprattutto la presenza come testimoni
all'attività dell'ambasciatore, di cui si è detto il legame con il Popolo,
dice che le organizzazioni dei mercanti dei porti sardi erano entrate nella
sfera di influenza dello stesso Popolo. La presenza del partito popolare
nell'isola era già ben organizzata in Sardegna grazie all'attività degli
Anziani del Popolo di Castel di Castro; questa si rafforzò ulteriormente
quando, dopo la resa di S. Gilla, il Castellano di Cagliari venne designato
dagli Anziani di Pisa.
La situazione nell'isola precipitò dopo il 20 aprile 1256, quando il
giudice cagliaritano Chiano di Massa stipulò un accordo con Genova con
intenti chiaramente antipisani; dalle trattative si passò alle armi e la
prima fase della guerra terminò il 15 ottobre 1256 con il primo assalto a
S. Gilla e con la morte di Chiano.
Intervenire nell'isola significava però accordarsi con le famiglie che
avevano molti interessi sull'altra sponda del Tirreno. Più che un accordo

80Charturum, cit., II. n. MDCCCXXII, coli. 1538-39, (1256 gennaio 10); n.


MDCCCCXXIII, coli. 1539-40, (1256 gennaio 10); n. MDCCCCXXIV, coli. 1540-41,
(1256 gennaio 12).
81Vedi nota precedente; il documento è il n. MDCCCCXX11I.
Ranieri Marsubilie aveva legami familiari con un certo Bernardo Marsubilie anziano
nel 1258, vedi ASGe, Archivio Segreto, 1258 maggio 18; Ranieri è presente anche alla
ratifica della pace con Firenze del 1256 (cfr. Santini, Documenti sull'antica costituzione del
Comune dì Firenze, cit., p. 205) e nel 1270 alla nomina da parte del Podestà, Consiglio del
Senato, Consiglio della Credenza, Anziani e relativi consigli consultivi, Capitano del
Popolo dell'Operaio dell'Opera di Santa Maria (ASPi, Dipi. Primaziale, 1270 febbraio
24).
88 Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 60.
84 Gerardo Falcone compare nell'atto del 31 dicembre 1255 in Arborea, mentre Ranieri
Neri in quello del 10 gennaio 1256 a Castel di Castro.
90 Pierluigi Castagneto

fu una convergenza d'interessi, poiché la cacciata dei genovesi dall'isola


andava a vantaggio del Comune pisano e delle grandi famiglie dei
Visconti, Gherardesca e da Capraia che dal gennaio 1256 le fonti pisane
definiscono con il titolo di domini Sardinee85. L'uso di questo titolo
introdotto un anno e mezzo prima della conquista di S. Gilla induce a
pensare che la spartizione del giudicato di Cagliari fosse scaturita da un
accordo preventivo tra le parli e non in conseguenza della conquista
come premio a chi vi aveva concorso. Il Petrucci ha notato infatti che il
progetto di spartizione del giudicato, di cui non si conosce l'atto che lo
rese esecutivo, era dunque precedente alla vittoria su Chiane e su
Genova, anche se questa fu necessaria perché si potesse realizzare, ma la
sua origine va ricercata negli accordi con cui il Comune coinvolse i
domini nella riconquista di Castel di Castro86. Tra i protagonisti della
guerra di S. Gilla che agivano per conto del Comune oltre al giudice
Guglielmo di Capraia c'era anche Oddo Gualducci; questi militava nel
Popolo e tra gli anni '50 e '60 del XIII secolo fu uno dei protagonisti
della vita politica cittadina. Fu più volle Anziano e ambasciatore, e nella
spedizione sarda ricoprì l'incarico di armiragius galeurum et conestabilis
totius exercitus Pisanorum*'. In Sardegna il Comune aveva dunque due
rappresentanti i quali anche se con funzioni diverse — il da Capraia era
vicario e il Gualducci ammiraglio — rispecchiano i partiti che governa
vano il Comune. Gli altri personaggi che il 26 luglio 1257 a S. Gilla
firmarono la resa dei Genovesi e che avevano guidato la spedizione
erano Iohannes Vicecomes iudex Galluri et tertie partis regni Kallareta-
ni8S e Gherardus comes et Ugolinus Guelfus comes iudices tertie partis
regni Kallaretani i quali presero parte sui nomine et nomine omnium
illorum tam militum quam peditum qui prò eo sunt districtuales senza
ricoprire incarichi del comune89.
La divisione del giudicato di Cagliari consolidò la politica del Co
mune pisano fugando tutte quelle tensioni destabilizzanti che negli anni

Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 68; su tutta la vicenda della conquista del cagliaritano
da parte di Pisa si veda tutto il capitolo II, pp. 57-71. Il primo documento in cui è
riportato il titolo e quello del 12 gennaio 1256, vedi sopra nota 80. Si noti che il titolo in
questione è riferito a tutti i personaggi delle famiglie che governavano l'isola; mi riferisco
ai giudici in carica, sia di origine indigena che pisana, e a coloro come i Gherardesca che
non controllavano nessun territorio isolano.
86Ivi, p. 69.
87Cfr. Liber lurium, cit., I, n. DCCCXCVIII, coli. 1257-60, 1257 luglio 26, XV, in S.
Gilla. Oddo Gualducci fu Anziano nel 1259, 1260, 1261, 1264, cfr. AAPi, Diplomatico,
1260novembre 12; ASPi, Dipi Coletti, 1261 marzo 29; ASFi, Dipi. Comunità di Volterra,
1261maggio 24; Chronicon, cit.. p. 113. Nel 1260 fu tra i savi, cfr. ASPi, Dipi. Primaziale.
febbraio 23, e morì in battaglia nel 1269, cfr. Cristiani, Gli avvenimenti pisani del periodo
ugoliniano in una cronaca inedita, in "Bollettino Storico Pisano", XXVI (1957-58), p. 66.
88Nell'assedio e conquista di Castel di Castro del settembre-ottobre 1257 Giovanni
aveva guidato la cavalleria pisana; vedi G. Caro, Genova e la supremazia sul Mediterraneo
(1257-1258), "Atti della Società ligure di Storia Patria", XIV (1974-75), I. p. 33.
'" Vedi ancora Liber lurium. cit., I, n. DCCCXCVIII, coli. 1257-60, (1257 luglio 26. S.
Gilla).
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 91

passati avevano messo in grande difficoltà l'intera città. Ai Visconti toccò


la parte orientale del giudicato, cosicché essi divennero i signori di tutta
la fascia tirrenica dell'isola, mentre ai da Capraia venne attribuita la
parte centrale dei territori cagliaritani e così il giudicato d'Arborea ebbe
una forte espansione verso meridione. La fetta più grossa spettò ai
Gherardesca i quali ebbero i territori attorno a Cagliari e tutta la zona
occidentale dell'antico giudicato. Al Comune toccò il controllo di Castel
di Castro messo in atto con la nomina del castellano la cui designazione
d'ora in poi spetterà agli Anziani9".
Le sole vicende isolane non sono tuttavia sufficienti a spiegare il
complesso intreccio politico militare di quegli anni di guerra: anche i fatti
da Toscana e i mutamenti costituzionali del Comune pisano sono ele
menti da tenere in considerazione.
I pisani prima della vittoria su Chiano di Massa del 15 ottobre 1256
avevano mutato politica nei confronti della lega guelfo-fiorentina. Co
storo il 12 giugno 1256 erano stati sconfitti presso Vecchiano in Val di
Serchio ad opera delle truppe lucchesi e fiorentine" e nel settembre
successivo si giunse al trattato di pace che risolveva tutte le controversie
lasciate in sospeso nel dicembre 1254'2. In quell'occasione la delegazione
pisana ebbe una composizione nettamente diversa rispetto a due anni
prima e in essa prevalsero gli uomini del Popolo. I due sindaci che
avevano la delega per la trattativa erano il giudice Mense de Vico e
Marignano di S. Paolo all'Orto, entrambi Anziani ed esponenti di primo
piano del Popolo; tra i cinque testimoni presenti alla ratifica fatta in
Firenze tre appartenevano al partito popolare93.
La sconfitta di Vecchiano aveva ridimensionato quella parte dei
nobili, ancora molto forte all'interno del senato e dei consigli cittadini,
che non intendeva giungere a patti con i guelfi e che avrebbe desiderato
uno stato di guerra permanente con Firenze. Per converso fu proprio il
Popolo ad ottenere i maggiori vantaggi dalla sconfitta; riuscì infatti a far
passare la propria linea politica che individuava il nemico in Genova e
non in Firenze. Anzi dal punto di vista strategico il legame tra Firenze e
Genova doveva essere scisso ad ogni costo in quanto già negli anni
1251-54 era stato gravido di pesanti conseguenze. I capi del Popolo erano
infatti consapevoli dei gravi rischi che comportava tale alleanza, la quale,
se riproposta, avrebbe avuto ripercussioni negative anche in Sardegna;
essi sapevano anche che la pace in Toscana dava il vantaggio di concen
trare tutte le forze contro la città ligure nella guerra in Sardegna.
La composizione della delegazione che firmò la pace, la velocità con

90Petrucci, Re in Sardegna, cit, p. 59.


91Davidsohn, Storia, cit. II, p. 619.
92Santini, Antica costituzione del Comune di Firenze, cit., nn. 66-67, pp. 189-211.
93Ivi, pp. 189 e 199; la delegazione era composta da Gherardo da Fasciano giurisperito;
Ubaldo Gessulini e Nerio Brigasenni, Anziani del Popolo rispettivamente negli anni 1258,
1261 e 1260,1261; Vcmagallo Scornigiani la cui famiglia assieme al più noto Marzucco era
legata ai Visconti e infine Lotterio Buzeca di cui non abbiamo notizie.
92 Pìerluigi Castagneto

cui si giunse alla firma dimostrano che nell'estate del 1256 il Popolo stava
prevalendo in città. Il successo dei popolari, come abbiamo visto, venne
facilitato dall'appoggio che le grandi casate nobiliari, grazie all'azione di
conquista del cagliaritano, erano ora disposte a offrire al Comune.
L'accordo politico vigente in quegli anni di guerra tra i vari "partiti"
era ben congegnato; lo si vede anche nel trattato con Venezia dell'estate
1257 e in quello con Genova del 1258. Se infatti prendiamo in esame i
membri che fecero parte delle delegazioni ci si accorge ancora una volta
che costoro erano i rappresentanti delle diverse "fazioni" quasi a mo
strare, oltre l'immaginabile, una precisa spartizione dei posti. Negli
accordi con Venezia il Popolo venne rappresentato da Gualterotto Sam-
pante nelle funzioni di sindaco con il mandato di stipulare il trattato'4,
mentre alla ratifica a Venezia erano presenti Giovanni Gadubbi vicino ai
Visconti e Ranieri Gualterotto dei Sancasciano la cui famiglia era legata
alla nobiltà ghibellina95. La stessa divisione dei posti è riscontrabile nelle
trattative con Genova dell'anno successivo; erano presenti: Ranieri Gual
terotto, Marzucco Scornigiani vicino ai Visconti" e il popolano Ubaldo
Gessulini9'. Può sembrare strano che in questo complesso gioco politico-
diplomatico non compaiano direttamente i Gherardesca di Ugolino e i
Donoratico di Gherardo; in realtà costoro erano profondamente impe
gnati in Sardegna come ci attestano gli Annali genovesi che per il 1256
parlano di Pisanorum in Sardinea capitanei et maiores comites quorum
parentella appellabatur Girardescorum. qui tenebant prope dictum ca-
strum per miliaria quinque quondam villani munitam que Parma vocatur,
in qua se contraferebant98.
La guerra di Sardegna permise al nuovo regime di Popolo di consoli
darsi e ottenere le prime significative vittorie dopo anni di deludenti
sconfitte. A guerra finita i pisani si sentirono finalmente sicuri, cosa che
non accadeva dai tempi in cui godevano dell'appoggio di Federico II;
oltre ai grandi vantaggi acquisiti in Sardegna erano riusciti a ridimensio
nare la potenza genovese nel Tirreno e in Oriente e a raggiungere una
solida pace con Firenze.

" ASPi, Dipi Atti Pubblici, 1258 luglio 17; si tratta dell'accordo vero e proprio stipulato
a Modena. Gualterotto Sampante era accompagnato da un certo Bonanno de Tempio di
cui non sappiamo nulla.
" ASPi, Dipi Atti Pubblici, 1258 agosto 19; i Gadubbi erano tra i fideles della pars
Vicecomitum quando nel 1270 appoggiano Giovanni, cfr. Cristiani, Gli avvenimenti pisani
del periodo ugoliniano, cit., p. 67. Su Ranieri Gualterotto dei da Sancasciano si veda D.
Innocenti, La domus Lanfrancorum nel secolo XIII e. nella prima metà del secolo XIV, tesi
di Laurea, Università di Pisa-Dipartimento di Medievistica, a. a. 1975-76. rei. G. Rossetti,
pp. 73-82.
"* Sul legame degli Scornigiani con i Visconti si veda R. Piattoli, Scornigiani, in
Enciclopedia Dantesca, sub voce. Marzucco sposò poco prima del 1258 Teodora figlia di
Galgano Grosso Visconti e fu vicino ai Visconti sino alla metà degli anni '60 quando
divenne procuratore del giudice d'Arborea Mariano de Bas. Per le notizie specifiche su
Marzucco vedi Petrucci, Re in Sardegna, cit., pp. 88-89.
" Fu Anziano nel febbraio 1260; cfr. ASPi, Dipi Primaziale, 1260 febbraio 23.
Annales Ianuenses, cit., p. 235.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 93

II periodo di svolta in cui il Popolo riuscì a prendere in mano le redini Le magistra


della politica cittadina e a realizzare i menzionati successi fu tra l'aprile ture popolari
1256, quando a Pisa fu chiaro che si dovesse intervenire in Sardegna con del Comune
le armi per spezzare l'alleanza tra Chiano di Massa e Genova, e la fine di di Pisa
settembre dello stesso anno, quando venne ratificata la pace con Firenze.
La sconfitta di Vecchiano aveva delegittimato la vecchia politica antifio
rentina e aveva favorito quella che mirava ad una pacificazione con i
guelfi toscani con l'intento di sviluppare lo sforzo bellico solo contro la
rivale ligure. 11 non stretto legame di Pisa con Manfredi permise nel
contempo di continuare le trattative con la Curia Romana che giunsero
positivamente al termine nel marzo del 1257 allorquando Alessandro IV,
tramite il suo legato frate Mansueto, liberò la città dalla scomunica.
Per sostenere un cambiamento di alleanze così netto e per riuscire a
mettere in campo tutte le forze disponibili contro Genova fu necessario
un capovolgimento degli equilibri interni al Comune. Il consenso delle
grandi famiglie grazie alla spedizione sarda e l'indebolimento dei nobili
antifiorentini furono occasioni propizie che il Popolo seppe sfruttare per
la "conquista" del Comune.
Il 9 giugno 1256, pochi giorni prima della battaglia di Vecchiano,
all'atto in cui l'ambasciatore di Siena versava la somma di 2000 lire per il
mantenimento di un contingente di truppe, erano presenti numerosi
organismi del Comune. Gli istituti di Popolo chiaramente identificabili
sono: Anziani, consiglieri della Credenza, consiglieri del Consiglio Mi
nore e Maggiore del Popolo, Consoli del Mare, Consoli delle Quattro
Arti, Consoli e Capitani dei porti di Sardegna e i Capitani Gonfalonieri e
Consiglieri delle società del Popolo. La presenza nelle istituzioni comu
nali della nuova aggregazione politica è notevolmente aumentata rispetto
al 1254 e si nota la prima attestazione dei Capitani, Gonfalonieri e
Consiglieri delle società del Popolo e quella dei cinquanta uomini per
quartiere, ridotti della metà rispetto all'anno prima". Tra la fine del 1256
e la prima metà del 1257 si manifestarono altri cambiamenti. Il Consiglio
Maggiore della città che si riunì il 12 luglio 1257 per ratificare gli accordi
con Venezia aveva subito ulteriori modifiche10"; le magistrature popolari
presenti al suo interno erano: Capitano del Popolo, Anziani, Consiglio
Minore e Consiglio Maggiore degli Anziani, Consoli del Mare, Consoli

" ASSi, Dipi Rìformagioni, 1257 giugno 9. Non era propriamente una riunione plena
ria del Consiglio Maggiore ma quella di un Consiglio del Senato allargato. L'atto è rogato
a Vecchiano dove era situato l'accampamento dell'esercito nell'imminenza dello scontro
con il nemico.
100 ASVe, Pacta, 4, cc. 94-95 e copia in ASPi, Carte Bonaini, n. 6, 1258 agosto 17. In
questo caso abbiamo la presenza del Capitano del Popolo mentre questi è assente nel
maggio del 1256 alla nomina dei procuratori per la conferma dell'alleanza con Siena
(ASSi, Dipi. Rìformagioni, 1257 maggio 30) e al consiglio riunito i giorni prima della
battaglia di Vecchiano (ASSi, Dipi. Rìformagioni, 1257 giugno 9).
94 Pierluigi Castagneto

delle Quattro Arti, Capitani dei porti di Sardegna e i Capitani, Gonfalo


nieri e Consiglieri delle società del Popolo. Non ho elementi per definire
l'appartenenza politica dei Consoli dei Mercanti"" e degli Avvocati del
Comune mentre i Capitani dei Giudici e dei Notai, che compaiono per la
prima volta in questo consiglio, sono, a mio parere, sicuramente legati al
Popolo. Essi giocarono un ruolo di primo piano nella compagine popo
lare e la comparsa dei loro rappresentanti nel Consiglio Maggiore del
1257 ne è diretta attestazione. Il numero dei Giudici divenne costante: il
12 luglio 1257 i Capitani dei Giudici e dei Notai sono attestati per la
prima volta nel Consiglio Maggiore della città e nel medesimo giorno un
giudice viene annoverato tra gli Anziani. Per gli anni seguenti troviamo
sempre attestato un giudice nell'Anzianato mentre i notai vi entrarono
solo a partire dagli anni '60.
I nobili rimasero molto forti nel Senato e tra i Capitani dei Militi.
Possiamo dunque concludere che dal luglio 1257, e forse anche dalla fine
del 1256, il Comune di Pisa venne governato dal Popolo.
Questa nuova aggregazione politica era guidata dal consiglio degli
Anziani che sin dall'inizio ne fu il massimo organo direttivo"'2. For
mato da membri elettivi, nei primi anni di attività, e cioè dal 1254 al
1257, il collegio fu costituito da nove membri mentre dal 1258 il numero
degli Anziani passò a dodici e in seguito, sino alla caduta di Pisa, non
venne più modificato103. L'Anzianato era un organo rappresentativo, per

cui individuando i meccanismi di rappresentanza si può comprendere


quali fossero i gruppi familiari che avevano maggior peso all'interno del
Popolo. Tale lavoro è stato in parte condotto da E. Cristiani con risultati
significativi dal 1288, cioè da quando abbiamo gli elenchi completi dei
collegi104; per il periodo che va dal 1254 al 1288 la cosa si fa più difficile
proprio per i pochi collegi documentati.
All'interno dell'Anzianato erano presenti personaggi il cui nome
viene sempre accompagnato dalla qualifica del mestiere esercitato; co
storo sono i rappresentanti delle Quattro Arti, le corporazioni minori che
attorno al 1230-1240 avevano ottenuto la rappresentanza politica nel
Consiglio Maggiore cittadino. Il primo collegio in cui sono compresi gli
antiani artìfices è quello dell'agosto 1257"" e in quell'anno le Arti che

101 Quasi sicuramente questi appartenevano al Popolo, ma rimando con più precisione
al lavoro di L. Ticciati, L'Ordine dei Mercanti a Pisa nei secoli XII e XIII, tesi di
Dottorato di ricerca, Torino, 1987-90, 2 voli.
"" Cristiani, Nobiltà, cit., p. 188.
'"' II Cristiani sostiene che il collegio era formato da dodici persone senza segnalare che
nei primi anni il numero era solo di nove membri; cfr. ivi, p. 189. L'ultimo collegio di nove
membri è attestato il 17 agosto 1257 (documento citato a nota 100) mentre il primo in cui
compaiono 12 Anziani risale al 1258 (ASGe, Archivio Segreto, 1259 maggio 16).
"" Cristiani, Nobiltà, cit., pp. 188-231 e appendice Vili pp. 485-487; i collegi degli
Anziani sono editi in Breve Vetus seti Chronica Antkianorum civitatis Pisarum ab anno
Dominicae Incarnationis MCCLXXXIX ad annum MCCCCIX, a cura di F. Bonaini, in
"Archivio Storico Italiano", VI (1848), pp. 647-792.
"" ASVe, Pacta, 4, cc. 94-95 e copia in ASPi, Carte Bonaini, n. 6, 1258 agosto 17; sono
eletti un calzolaio e un cuoiaio.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 95

avevano i rappresentanti nell'Anzianato erano quattro e cioè Cuoiai,


Calzolai, Pellicciai e Fabbri. Gli altri Anziani di cui è indicata la profes
sione e che intervenivano con assiduita nell'Anzianato erano i giudici e
gli esperti di diritto; i magistrati che non vengono identificati tramite la
qualifica di mestiere appartenevano in linea di massima alle corporazioni
mercantili. Bisogna tuttavia limitare l'influenza degli Ordini mercantili
sull'Anzianato; a differenza di quanto sostenuto dal Cristiani106, nel primo
periodo di esistenza dell'Anzianato, i seggi dei non artifices non erano
attribuiti automaticamente agli Ordines, poiché la base di reclutamento
era il Popolo nella sua totalità e quindi gli Anziani erano eletti in quanto
giurati alle societates populC" e non perché immatricolati in un'arte.
Identificare il Popolo con il mondo corporativo è, secondo quanto af
ferma De Vergottini108, una limitazione riduttiva. A Pisa, soprattutto per
il primo periodo, cioè sino alla riforma corporativa degli anni sessanta
del Duecento10', non abbiamo elementi per parlare di una limitazione al
solo mondo corporativo per l'accesso all'Anzianato. Bisogna anche sotto
lineare che in quegli anni la presenza delle varie componenti non era
ancora stata regolamentata. Infatti sino ad allora la presenza degli artifi
ces non era stabile: nessuno artefice nel maggio e nell'ottobre 1256,
nessuno nel marzo 1257, due nell'agosto 1257, tre nel maggio 1258,
quattro nel febbraio 1260, nessuno nel maggio del 1261, due nell'ottobre
1263 e tre nel maggio del 1266"".
Attorno all'Anzianato si vennero formando altri organismi deputati
ad assistere gli Anziani nell'esercizio delle funzioni di governo. Nel luglio
del 1255 la lettera dell'arcivescovo Federico Visconti da Anagni fu
indirizzata al Capitano del Popolo e ai discretis viris antianis eorumque
consilio universo"1. Invece tra tutti gli organismi presenti nel 1257 si
nota non la presenza di un generico consiglio, ma la prima attestazione di
un Consiglio Maggiore e un Consiglio Minore degli Anziani e del Consi-

106 Cristiani, Nobiltà, cit., p. 199.


'"' Bonaini, Statuti, cit., I, (BP) p. 573; la rubrica De electione amianorum e la succes
siva, relativa, al Consiglio minore degli Anziani, fanno esclusivamente riferimento al
popolo e alle società di Popolo. Conviene considerare ampia la base di reclutamento se
non si hanno indicazioni che spingano a guardare in altra direzione.
""' G. De Vergottini, Arti e Popolo nella prima metà del secolo X1H, in Scritti di Storia
del diritto italiano, a cura di Guido Rossi, I, Milano, Giuffrè, 1977, pp. 387-467.
Vedi oltre il paragrafo sulla riforma corporativa.
"" Vengono ovviamente considerati solo i documenti in cui si hanno i collegi completi.
L'assetto del 1266 rimase stabile sino alla riforma del 1307. I documenti in cui sono
riportati i collegi degli Anziani vengono citati nel presente saggio in diverse occasioni;
tuttavia non ritengo inopportuno elencarli secondo l'ordine seguito nel testo che poi è
quello cronologico; ASSi, Dipi. Riformagioni, 1257 maggio 30; Documenti sull'antica
costituzione del Comune di Firenze, a cura di Santini, p. 204, 1256 ottobre 1; ASPi, Dipi.
Atti Pubblici, 1257 marzo 29; ASVc, Pacta, n. 4, cc. 94-97, 1258 agosto 17; ASGe, Archivio
Segreto, 1258 maggio 16; ASP, Dipi. Primaziale, 1260 febbraio 23; ASFi, Dipi. Comunità
di Volterra, 1261 maggio 24; ASLu, Cronaca manoscritto 54, cit., e. 64r, col. a, 1263
ottobre 8; ASFi, Dipi. Castelfranco di Sotto, 1267 maggio 21.
"' Cristiani - Roncioni, Due lettere, cit., p. 192.
96 Piertuìgi Castagneto

glio della Credenza112. La rubrica LUI del Breve Populi'" parla di questi
consigli e stabilisce che fossero direttamente eletti dagli Anziani stessi. 11
Consiglio Minore era composto da 24 membri (6 per quartiere) scelti tra
gli uomini delle società del popolo, mentre quello Maggiore era compo
sto da 15 uomini per quartiere con modalità simili al consiglio più
ristretto. I membri di questi due organi consultivi non potevano entrare
contemporaneamente nel Consiglio del Senato, della Credenza, dei Do
dici del Popolo, e anzi, in modo più generale, l'elezione in tutti i consigli
era esclusiva così da garantire un numero effettivo di componenti e una
maggiore partecipazione che evitasse il cumulo delle cariche.
Il consiglio della Credenza, anche se citato sempre assieme al consi
glio del Senato, era separato da quest'ultimo; del consiglio del Senato
facevano parte 40 membri"4 mentre non conosciamo il numero degli
appartenenti alla Credenza. A differenza del Senato, la Credenza fu
organo di nuova istituzione i cui membri erano tenuti alla riservatezza
degli argomenti discussi in sede di consiglio ed ebbe esclusive compe
tenze dì governo come attestato nel Breve del Comune del 1287 in cui si
legge: habeant (consiliarios credentic), una cum consilio senatus, prò
comuni Pisano, totius plenitudinem potestatis sicut generale consilio
preter quam datam et prestantiam imponendi vel exercitus faciendi seu
guerram incipiendi1".
La presenza di un altro consiglio detto dei Dodici del Popolo è invece
documentata solo a partire dal 12601"'. Dei dodici del Popolo sì sa poco,
in quanto la relativa rubrica del Breve del Popolo"7 è generica e sembra
che sia stata profondamente corretta in epoca ugolimana; questo consì
glio che in certe occasioni appare assieme agli Anziani aveva come gli
altri funzioni consultive, anche se, essendo un organo organizzativo del
Popolo, è ipotizzabile che svolgesse compiti specificamente politici e
giudiztari"^.
Gli Anziani, i loro consigli Maggiore e Minore, i Dodici del Popolo, il
Consiglio della Credenza e quello del Senato, costituivano un complesso
di organi, tra loro coordinati, ai quali, assieme al Podestà, erano affidate
le competenze di governo. Tra essi vi era però un nucleo ristretto
costituito dagli Anziani, dal Senato e dalla Credenza a cui erano attri
buiti specifici compiti direttivi. Ovviamente anche il Podestà era coin
volto nel governo della città e a lui spettava il compito di convocare e

""' ASVe, Pacta, n. 4, cc. 94-97. 1258 agosto 17.


111 Bonaini, Statuti, I. (BP) p. 577.
"" II numero rimase sostanzialmente stabile: si veda il Breve Consulum del 1162 e 1164
in Bonaini, Statuti, I, p. 4 e il Breve Pisani Comunis, ivi, p. 128.
'" Ivi, (BPC) p. 12S.
"* ASPi, Dipi. Coletti, 1261 marzo 24.
117Bonaini, Statuti, cìt, I, BP, p. 595.
118Nel marzo 1264 il giudice del popolo emise una sentenza sequens formam consilii
minons antianorarn et duodecim super hoc dati tertio idus martii, cfr. ASPi, Dipi.
Rondoni, 1264 marzo 19.
Comune, Popolo e. Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 97

presiedere i consigli cittadini esercitando così la sua antica funzione di


garanzia e direzione del Comune. Al nucleo ristretto si affiancavano a
seconda delle materie trattate, e con modalità che ci sfuggono, il Consi
glio Minore e Maggiore degli Anziani e i Dodici. Per la limitatezza delle
attestazioni non siamo però in grado di capire quali fossero le materie
che permettevano l'allargamento dei consigli, a chi spettava l'atto delibe
rativo, quali i criteri di maggioranza e secondo quali criteri intervenivano
l'uno o l'altro degli istituti aggiuntivi1".
Le istituzioni comunali si erano dunque moltiplicate in quegli anni e
in questo modo un maggior numero di persone potevano prendere parte
all'amministrazione della città. Il Consiglio Maggiore nel luglio 1254™,
prima della comparsa dcll'Anzianato, era costituito solamente da 9 magi
strature mentre nel maggio del 1261 era composto di ben 18'2' e tutte le
nuove erano organismi del Popolo. Si può allora comprendere come
fosse estesa l'egemonia del nuovo partito all'interno del Comune pisano
dato che delle 18 magistrature presenti nel 1261 ben 14 erano legate allo
stesso Popolo.

La relativa calma che si venne instaurando in Toscana a partire dal 1260 La riforma
fu probabilmente l'effetto della vittoria di Montaperti che sanzionò per corporativa
un settennio il predominio quasi incontrastato delle fazioni filoimperiali.
Per Pisa furono anche gli anni della grande rivincita su Lucca, rimasta
sola nella fedeltà alla Chiesa, anche se i legami tra la nostra città e la lega

1 " II primo registro in cui vengono riportate le provvisioni ordinarie e straordinarie


degli Anziani risale al 12^7; cfr. ASPi, Comune A, HI.
Y2" llber lurium, cit, I, n. DCCCLV1, 1254 luglio 27. Le 9 magistrature erano: Podestà.
Senatori, Capitani dei militi, Consoli del Mare, Consoli dei Mercanti, Consoli e Capitani
dei porti di Sardegna, Consoli delle Quattro Arti, Avvocati del Comune e cento uomini
per quartiere.
121 Dal Borgo, Raccolta di scelti diplomi pisani, cit., p. 197, 1262 maggio 31. Sono
presenti: Podestà, Capitano del Popolo, Senatori, Consiglio della Credenza, Capitani dei
Militi, Anziani del Popolo, Consiglio Minore e Maggiore degli Anziani, Consoli del Mare,
Consoli dei Mercanti, Consoli delle Quattro Arti, Consoli e Capitani dei porti di
Sardegna, Avvocati del Comune, Capitani dei Giudici e dei Notai, cinquanta sapienti per
quartiere eletti dal consiglio del Senato e da quello della Credenza, Capitani Consiglieri e
Gonfalonieri delle società, Dodici del Popolo e Quattrocento del Popolo. I cinquanta
sapienti per quartiere eletti dal consiglio della Credenza sono un'istituzione solo tempora
nea che non compare in altre assemblee cittadine.
Nel Consiglio generale svoltosi il 24 maggio 1261 precedente di una settimana a quello
sopra citato si notano alcune differenze: i cinquanta uomini eletti dal Senato e dalla
Credenza non sono rappresentanti di un quartiere ma una quota unica dell'intera città;
inoltre non abbiamo la presenza dei Dodici del Popolo e dei Quattrocento del Popolo e al
loro posto solo cinquanta uomini per quartiere, vedi ASFi, Dipi. Comunità di Volterra,
1262 maggio 24.
98 Pierluigì Castagneto

ghibellina, così come si evince dalle pagine del Davidsohn122, non furono
strettissimi in quanto il fiorentino Guido Novello e i suoi seguaci erano
troppo sbilanciati a favore di Manfredi, mai visto con troppo favore dai
Pisani.
Fu proprio durante il periodo ghibellino che il nuovo ceto dirigente
pisano impresse un'ulteriore svolta agli ordinamenti del Comune coinvol
gendo questa volta le istituzioni corporative. Venne attuata quella che
noi oggi definiamo la riforma corporativa con cui fu modificato l'isti
tuto delle Quattro Arti che divenne delle Sette Arti con l'aggiunta di
tavernai, vinai e notai. Con la stessa riforma fu istituito ex novo il terzo
Ordine, la Universitus Artis Lanae, che si aggiunse all'Ordine del Mare e
all'Ordine dei Mercanti. Venne inoltre fondata la Societas Trium Ordi
nimi con compiti di coordinamento tra i tre Ordini mercantili. Della
riforma tuttavia non abbiamo una precisa attestazione cronologica, ma
soltanto il lasso di tempo in cui si realizzò. Ebbe luogo tra il 21 maggio
1266 e il gennaio 1267; siamo in grado di definire il periodo tramite
l'esame delle presenze dei rappresentanti delle Arti nel collegio degli
Anziani. Nel maggio 1266 abbiamo un collegio di Anziani in cui sono
annoverati tre artefici: un cuoiaio, un calzolaio e un pellicciaio, esponenti
delle vecchie Quattro Arti, mentre nel gennaio 1267 troviamo come
anziano artefice un notaio123, f notai erano una delle tre nuove Arti che
ottennero la rappresentanza politica e da quando vennero ammessi
nell'Anzianato non mancarono mai di avere un loro esponente124. L'orga
nigramma corporativo del Comune pisano dopo le modifiche del secondo
semestre 1266 aveva dunque tre nuovi istituti; il primo a comparire
dovette essere l'istituto delle Sette Arti, poi l'Arte della Lana e infine la
Società dei Tre Ordini: giungiamo a tale conclusione grazie alle indica
zioni contenute nella rubrica CLVII del I libro del Breve del Comune del
1286'".

132 Davidsohn, Storia di Firenze, cit., Il, 1, cit., pp. 717-719 e 782; Lucca fu costretta a
cedere alle pressioni della lega delle città ghibelline nell'agosto del 1264 ed espulse i guelfi
fiorentini fuoriusciti; ivi p. 761.
Chronicon, cit., p. 114. In riferimento alla nota successiva si deve precisare che i
notai dopo la loro ammissione nell'Anzianato non mancarono mai di essere rappresentati
in quella magistratura.
131 ASFi. Dipi. Comune Castelfranco di Sotto, 1267 maggio 21; come vedremo le arti
divennero sette: se nel maggio 1266 la riforma avesse già avuto luogo non è realistico
pensare che i tre seggi del consiglio fossero ancora occupati dalle quattro arti originarie;
visto che a quella data sono ancora rappresentate le Quattro Arti vuoi dire che la riforma
non era stata attuata. Al contrario, almeno una delle tre nuove arti avrebbe ovviamente
visto eleggere i propri rappresentanti nell'Anzianato se per quella data si fosse riorganiz
zato il sistema delle rappresentanze. A conferma di questa tesi sta il Breve Vetus
Antianorum che dal 1288 annovera tutti i collegi; in essi è sempre compreso uno o più
membri dei vinai, notai e tavernai, le tre nuove arti; cfr. Breve Vetus seti Chroniea
Anthianorum, cit., pp. 647 ss.
"' Bonaini, Statuti, cit.. I, BPC p. 288-291. Compare un elenco delle nuove istituzioni e
per primo sono citati l'Ordine del Mare e l'Ordine dei Mercanti poi le Sette Arti e di
seguito Consoli e Capitani dei Porti di Sardegna, Consoli e Capitani del Porto di Tunisi e
infine l'Arte della Lana. Dopo l'Ordine dei Mercanti vengono elencate le magistrature
Comune, Popolo e Arti a Pis^ al tempo degli ultimi Svevi 99

Adolf Schaube, attribuendo la riforma al periodo in cui era Podestà


Bartolomeo de Soppo nel doppio mandato degli anni 1267-1268, ha
sostenuto che la ristrutturazione dell'ordinamento corporativo era da
mettere in relazione con la venuta di Carlo d'Angiò in Toscana126.
Secondo lo storico tedesco i popolani pisani, visti i pericoli esterni, per
sventare ogni possibile tentativo di rivalsa dei nobili, avrebbero serrato le
fila con la cooptazione di nuove Arti anche per rimanere compatti di
fronte all'urto causato dalle forze guelfe. Tuttavia i fatti si svolsero in
maniera diversa. La fuoriuscita da Firenze di Guido Novello, capo della
lega ghibellina toscana, risale all'll novembre 1266, mentre tra il dicem
bre 1266 e il gennaio 1267 erano ancora in corso trattative da parte della
Curia Romana per trovare l'accordo tra Pisa e Carlo d'Angiò con
l'intento di staccare la città dalla lega ghibellina. Alla fine di gennaio del
1267 i Pisani forti della loro capacità militari occuparono Fucecchio e
Cappiano e si fecero consegnare dai ghibellini locali anche S. Miniato.
Carlo d'Angiò entrò a Firenze soltanto nell'aprile 1267 e alla fine di quel
1267 le sue truppe provenienti da Volterra dettero i primi problemi a
Pisa distruggendo le installazioni portuali, anche se non furono in grado
di porre l'assedio alle mura.
La cronologia proposta oltre un secolo fa dallo Schaube sembra a
mio parere superata e quindi superati anche ì motivi che portarono alla
modifica dell'assetto corporativo. La riforma, come abbiamo detto, era
già in vigore nel gennaio del 1267 per cui si nota una sfasatura di un anno
tra le tesi dello storico tedesco e la dinamica degli avvenimenti127.
Discostandoci ulteriormente dalle tesi dello Schaube, si può anche
costatare che la riforma corporativa venne attuata in un periodo di unità
del Comune. Per gli anni sessanta le fonti cronachistiche non fanno
accenni all'esistenza in Pisa di forti tensioni esteme ed interne; il partilo
al potere doveva godere di moltissimi consensi tra i gruppi mercantili e
bancari, di origine popolare e nobiliare, se all'inizio del 1268, nel pieno
del confronto politico-militare tra Carlo d'Angiò e Corradino, Pisa se
condo il Davidsohn offrì allo Svevo ben 17.000 once d'oro, equivalenti a
mezzo milione di lire pisane128.

comparse di recente e le Sette Arti occupano la prima posizione perché il correttore ha


trovato in quella posizione l'istituto delle Quattro Arti, magistratura antica che è attiva
ben prima del regime di popolo, e nell'azione di correzione non ha fatto altro clic
cambiare il numero quattro in sette. Infatti la prima magistratura corporativa dopo gli
Ordini e le Arti erano i Capitani e Consoli dei porti di Sardegna. Le Quattro Arti
dovrebbero secondo l'ordine di comparsa essere poste accanto all'Arte della Lana. Or. L.
Isoppo, L'Ordine del Mare nello svolgimento costituzionale del Comune pisano. Secoli
XIII-XIV, tesi di Laurea, Università di Pisa-Dipartimento di Medievistica, a. a. 1986-87,
rei. G. Rossetti pp. 370-371.
126 A. Schaube, Das Konsulat des Merees in Pisa, Leipzig, 1888, p. 46.
"' Vedi Chronicon, cit., p. 113-114. La cronologia proposta è quella del Davidsohn,
Storia di Firenze, cit., II, I, pp. 829 e ss.
Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 2, pp. 66-67. Il diploma che Corradino concesse
a Pisa era mollo vantaggioso in quanto prevedeva vasti privilegi sia in Sardegna che nel
Regno; cfr. ivi, cit., IL 2, p. 38.
100 Pierluigi Castagneto

La relativa calma in città potè consolidarsi anche perché le grandi


famiglie signorili dei Visconti e dei Gherardesca nel periodo che all'in-
circa va dalla riconquista della Sardegna (1257) sino ai fatti delle Calen
dimaggio del 1270 si trovarono sostanzialmente d'accordo con la politica
del Comune e non causarono tensioni e scontri interni come nel prece
dente decennio. Il conte Ugolino della Gherardesca tra 1266 e 1269
concentrò la sua attività politica e militare nel Logudoro129, giungendo
a conquistare queste terre e causando l'ostilità dei pontefici sino all'atto
di scomunica che gli venne inflitto il 18 novembre 1269. I Gherardesca di
Donoratico, altro ramo della famiglia comitale, si sbilanciarono a favore
dell'Impero e pagarono a caro prezzo la fedeltà a Corradino con la
decapitazione di Gherardo avvenuta a Napoli nel 1268. I Visconti attua
rono una politica più cauta e, anche se militarono nella Lega ghibellina in
Toscana, non si schierarono apertamente contro la Chiesa; Giovanni
Visconti fece infatti parte della delegazione che nel 1269 si recò a Napoli
per trattare con Carlo D'Angiò™.
Il contesto politico in cui si attuò la riforma corporativa permette di
affermare che essa non è attribuibile alle vicende esterne, agli scontri tra
partito della Chiesa e partito imperiale, bensì è dovuta a una logica di
allargamento della base sociale del Comune. Venne attuata non sotto le
spinte di avvenimenti traumatici, ma in seguito ad un progetto politico e
come conseguenza di una programmazione istituzionale del nuovo ceto

dirigente.
L'istituzione dell'Arte della Lana ebbe luogo nella seconda metà del
1266 con una genesi particolare; come abbiamo detto essa non era
annoverata tra le Quattro Arti e si hanno sue tracce come organizzazione
corporativa autonoma solo dal 1268"1.
La documentazione attesta la presenza di lanarii sino dagli anni '20
del XIII secolo"2, seppur rarissime sono le notizie sul loro inquadra
mento corporativo. Nel 1260 addirittura — pochi anni prima della ri
forma — compare ncll'Anzianato un certo Ottolino lanaiolo"3 di cui però
non si riesce a stabilire la corporazione di appartenenza. Non abbiamo
una prova diretta dell'appartenenza dei lanaioli ad una delle organizza
zioni mercantili in quanto, come detto, prima del 1268 non è pervenuto
alcun atto pubblico dei lanarii pisani. Se comunque esaminiamo le cate
gorie artigiane inserite w^WOrdo Maris. ci si accorge che i produttori di
panni avevano poco a che fare con barcaioli, hussaioli, calafati, canapa-

129Petrucci, Re in Sardegna, cit., p. 94.


130Davidsohn, Storia di Firenze, cit., II, 2, pp. 67-68.
131ASPi, Dipi Olivetani, 1269 settembre 5.
133 Caleffo Vecchio del Comune di Siena, cit., pp. 365; tra gli oltre 4200 nomi sono citati
solo 3 lanaioli.
ASPi, Dipi. Primaziale, 1260 febbraio 24. Octotinus lunaiolus e anche tra i firmatari
della pace con Firenze del 1256, cfr. Caleffo Vecchio del Comune di Siena, cit., p. 208.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevì 101

riiu\ Al contrario all'interno del Breve Consuluni Curie Mercatorumlì5 si

ritrovano numerosi accenni al mercato dei panni e alla produzione


laniera. Molti riferimenti riguardano il mercato dei panni mentre quelli
relativi alla produzione sono esigui; questo fatto è spiegabile in quanto il
Breve dei Mercanti è datato 1305 e in quell'anno l'Ordine dei Mercanti
controllava solamente il mercato dei panni esteri e non più la produzione
cittadina che risulta invece regolamentata dal coevo Breve dell'Arte della
Lana"6. Gli accenni alla produzione laniera, inseriti nel Breve dei Mer
canti, risalgono ad un periodo in cui mercanti e lanaioli erano inquadrati
in un'unica organizzazione corporativa, quando cioè prima del 1266-67137
l'Ordine dei Mercanti controllava il mercato della produzione dei panni
pisani e organizzava il lavoro dei lanaioli cittadini.
Le considerazioni sui Brevi inducono a includere le maestranze la
niere all'interno dell'Ordine dei Mercanti, ma anche la struttura stessa
della corporazione dei mercanti di terra orienta in questa direzione.
Quest'Ordine era formato da una pluralità di arti e gruppi mercantili
dipendenti da una curia unica che fungeva da vertice e da centro
organizzatore. Assomigliava a una costellazione di unità minori, dedite a
diverse attività, che godevano di un certo grado di autonomia, ma sempre
sottomesse alle decisioni del Consiglio Minore e Maggiore dell'Ordine e
soprattutto prone all'autorità del Consolato dei Mercanti"8.
I gruppi più consistenti erano governati da uno o più capitani eletti
da tutti gli immatricolati di quella determinata Arte e l'attività regola
mentata da un Breve specifico la cui validità normativa era riconosciuta
dalla Curia Mercatorum"''. Non è dunque fantasioso immaginare che
l'Arte della Lana fosse uno di quei gruppi specifici che costituivano
l'Ordine dei Mercanti, guidato da alcuni capitani e regolamentato da un
Breve Lanariorum.
In conclusione l'Arte della Lana fu istituita non per promozione a un
rango superiore rispetto a quello delle Arti Minori, come sostenuto fino
ad ora dagli storici, bensì tramite una filiazione dall'Ordine dei Mercanti.

Isoppo. L'Ordine del mare, cit., pp. 126-145; e R. Trevisan. Per la storia dell'Orde)
Maris dì Pisa intomo alla metà del Duecento, il Registro Comune A 46, in Pisa e la
Toscana occidentale nel Medioevo, 1. a cura di G. Rossetti, Pisa, GISEM ETS Edìtrice,
1991, pp. 32S-367, in patticolare pp. 328- 329.
135 Bonaini, Statuti, cit., Ili, pp. 2-167.
Le prime redazioni dei Brevi dei tre ordini mercantili a noi pervenute risalgono al
1305, cfr. Bonaini, Statuti, cil.. Ili, pp. 1-760.
Cfr. la rubrica XLI11 "De faciendo mieti preconem ter ne quis faeiat pannum
falsum" del Breve dei Mercanti in Bonaini, Statuti, cit., Ili, p. 28. Essa vieta a chiunque di
produrre panni di lana scadenti e manipolati non permettendo che nella loro tessitura sia
utilizzata lana vecchia o fibre diverse da lana. Chi contravveniva a tale norma era
costretto a bruciare pubblicamente i panni "falsi" e a essere denunciato a) Podestà.
Sull'Ordine dei Mercanti si veda comunque il recente ed esaustivo lavoro di L.
Ticciati, L'Ordine dei Mercanti a Pisa nei secoli XII e XIÌI, cit.
'* Cfr. il Breve dei Mercanti e in particolare l'ultima sezione non rubricata dove sono
inclusi i brevi delle categorie sottomesse; Bonaini, Stututi, cit.. Ili, p. 89 e ss.
102 Pierluigi Castagneto

Evidentemente il peso dei lanaioli all'interno dell'Ordine, il loro aumen


tato potere dato dal controllo sulle numerose maestranze addette al
processo produttivo, la quantità e qualità degli affari si erano talmente
accresciuti in quegli anni, da aver bisogno di uno spazio politico ed
economico maggiore, che nel tempo si tradusse in una richiesta di
autonomia istituzionale.
Una rubrica del Breve del Comune del 1287 coglie il momento in cui
si realizza l'autonomia dell'Arte laniera; è bene precisare che essa non
risale al 1287, bensì al 1266-67 ed è quindi coeva all'istituzione dell'Arte,
costituendo nel Breve del Comune un nucleo più antico. Si tratta della
rubrica CLX del Primo Libro dal titolo De arte lanae, la cui prima parte
recita: Lane pannorum artem qui faciunt et fieri faciunt in civitate
pisana, permictemus habere consules vel capitaneos ex se ipsis, et etiam
consiliarios, quibus consulibus et capitaneis habere permictemus iurisdic-
tionem in omnibus personis et laborantibus sive exercentibus aliquam
artem in laborìs predicte artis in his que ad ipsam artem exercendam
pertinent14".
Sottolineo solamente la frase permictemus habere consules ex se ipsis,

la quale esprime con chiarezza la concessione dell'autonomia e la separa


zione da un altro istituto che abbiamo individuato nell'Ordine dei Mer

canti.
Parallelamente all'Arte della Lana venne istituita la Societas trium
Ordinum, una sorta di confederazione degli Ordini del Mare, dei Mer
canti e della Lana in honorem et augumentum Pisani communis, An-
thianorum et Populi et dictorum trium Ordinum141. I consoli dei Tre
Ordini si dovevano riunire ogni 15 giorni per provvedere alle necessità
delle rispettive corporazioni, promettevano di rinnovare ogni tre anni la
Società e di giurare all'atto della loro elezione i capitoli del Breve
inerenti alla società stessa. Le ultime due rubriche sanciscono l'elezione
di un priore da nominare a rotazione tra i consoli dei tre Ordini; sono
siglate B.S. così da far pensare allo Schaube che l'intero istituto, ed anzi
per estensione, l'intera riforma corporativa venisse attuata sotto la pode
steria di Bartolomeo de Soppo in carica per due mandati nel 1267 e 1268.
In realtà solo l'istituzione del Priore è da attribuirsi a questo magistrato
in quanto solo le due rubriche relative ad esso sono siglate.
La Società dei Tre Ordini, per quanto ci è dato di sapere, non andò
mai in funzione o probabilmente andò in crisi nel periodo immediata
mente successivo alla sua istituzione. Sono giunto a questa conclusione
perché non si è mai trovato un atto prodotto dalla Società o dal Priora-

140Bonaini, Statuti, cit.. I, pp. 293-294.


141Le rubriche della società sono comprese in tutti e tre i Brevi degli Ordini ma
rimangono integre solo nel Breve dell'Ordine del Mare; cfr. Bonaini, Statuti, cit., Ili, pp.

400-402.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevì 103

to'42, e poi per il fatto ancor più significativo che nella legislazione
comunale i riferimenti sono limitati.
Nel Breve del Comune e nel Breve del Popolo del 1287 non si trova
alcun accenno, mentre è diversa la posizione delle rubriche della Societas
all'interno dei singoli Statuti dei Tre Ordini Mercantili la cui redazione
risale al 1305. Nel Breve Curiae Maris i capitoli relativi alla Società dei
Tre Ordini rimangono rubricati dimostrando di non aver subito profonde
modifiche143; nel Breve Mercatorum furono stralciati dal testo rubricato,
e, profondamente modificati, furono inseriti in appendice assieme all'e
lenco delle commissioni dei correttori144. Nel Breve Artis lanae subirono
la stessa sorte; profondamente emendati, persero la rubricazione così da
apparire una continuazione della rubrica LXXI De lavatori de la lana e
de boldroni145.
L'azione politica del Popolo nel suo secondo decennio di governo del
Comune aveva portato alla modifica delle organizzazioni corporative
rivelando che gli equilibri interni della nuova aggregazione politica sta
vano mutando velocemente.
La cooptazione di altre arti, la formazione di un nuovo ordine
mercantile, l'istituzione di una "super curia" tra gli ordini mercantili,
indicano che all'interno del Popolus acquisivano maggior peso gli espo
nenti del mondo mercantile e industriale e cioè di coloro che erano
immatricolati nelle Sette Arti e nei Tre Ordini. In questo senso, e solo a
partire dalla riforma corporativa, si può affermare con il Cristiani che il
forte peso esercitato dagli Anziani sugli organi legislativi ed esecutivi del
Comune esprimeva principalmente gli orientamenti delle maggiori corpo
razioni mercantili essendo queste le categorie prevalenti nell'Anziana-
to144.
Se di fatto i membri dell'Anzianato provenivano in buona parte dalle
Artes e dagli Ordines, l'allargamento alle Sette Arti e ai Tre Ordini
aumentava sì la base sociale dell'Anzianato e del Comune, ma allo stesso
tempo definiva quali gruppi potessero aspirare alla direzione della città.
In pratica il ceto mercantile-imprenditoriale con la riforma corporativa
razionalizzò il sistema delle rappresentanze e nel serrare le file andò ad
escludere altre forze (altre Arti) che dal basso aspiravano ad entrare
nelle strutture del potere, attribuendosi l'esclusività del governo. Un ceto
che, avendo ottenuto negli anni '50 del Duecento il controllo di buona
parte delle istituzioni del Comune, negli anni '60 ridefinì la fisionomia
dell'ambito corporativo, suo antico spazio di azione politica ed econo
mica; la sua azione si indirizzò, verso il basso, assicurandosi il disciplina-

Cristiani parla di attestazioni saltuarie ma ne cita una sola; Cristiani, Nobiltà, cit., p.
226 n. 170.
"' Vedi nota 141.
'" Bonaini, Statuti, rii., Ili, pp. 148-149.
145Ivi, pp. 724-725.
146Cristiani, Nobiltà, cit., p. 224.
104 Pierluìgi Castagneto

mento e quindi il controllo delle arti, e verso l'alto, tentando di avviare


un progetto di coordinamento dei tre Ordini assegnato appunto alla
Societas Trium Ordinimi. Tuttavia gli istituti corporativi non sempre
avevano avuto un ruolo così subalterno; un rapido sguardo alla storia
degli Ordini mercantili e ai ceti che operavano al loro interno permette
di individuare alcune differenze.
Abbiamo visto come prima del 1254 fosse consistente l'attività poli
tica dei personaggi non appartenenti alla nobiltà e sappiamo dai lavori
svolti ultimamente sugli Ordini mercantili147 che per questa gens nova gli
Ordine^ furono ambiti particolarmente adatti all'impegno politico. In
particolare tale presenza è documentata all'interno dell'Ordine del Mare
e in alcuni casi si sono individuate sia le famiglie sia le carriere politiche
di uomini che in seguito furono particolarmente attivi nel regime di
Popolo. Gli studi sull'Or^o Maris hanno per il momento stabilito che
esso superava di gran lunga i limiti di una organizzazione deputata alla
tutela del commercio marittimo. I Consoli del Mare sin dal primo
Duecento appaiono coinvolti nella gestione del Comune; ratificavano
accanto al Podestà trattati commerciali, nominavano gli ambasciatori e i
consoli transmarini, sostituivano — come avvenne nel 1212 — i Consoli
del Comune nella ratifica di trattati internazionali, amministravano parte
delle entrate comunali tramite il controllo dei Capitani della Degazia. Un
registro del 1245 nel quale sono riportati i verbali di alcune sedute
dell'Ordine e del suo Consiglio Maggiore riporta la decisione, presa a
maggioranza dopo una lunga discussione, di finanziare la costruzione di
alcune galee da inviare contro Genova118. Pochi esempi per comprendere
che YOrdo Maris era molto di più di una Seehandelsgilde come sosteneva
lo Schaube; era anzi una delle sedi in cui si articolava il potere del
Comune in campo politico ed economico insieme.
Con la riforma corporativa si scelse di ridefinire le istituzioni comu
nali e gli ambiti in cui i vari ceti partecipavano alla gestione del potere:
all'Anzianato e a tutti i consigli a esso collegati fu riconosciuta la
centralità nell'ordinamento del Comune con funzioni politico - ammini
strative mentre alle Artes e agli Ordines fu riservato il controllo del
mondo del lavoro e la disciplina dei settori economici.
La nascita dell'Arte della Lana ebbe luogo all'interno di questa
nuova logica, fu cioè il prodotto di quella ideologia che ispirava il
riordinamento dei poteri del Comune in senso "statalistico". La Universi-
tas lanae doveva provvedere soltanto a organizzare il settore tessile dei
panni di lana. Nessuna competenza in ambito politico amministrativo
venne riservata ai Consoli della Lana né dal Breve proprio, né da altra

147 Isoppo, L'Ordine del Mare, cit.; R. Trevisan, L'Ordine del Mare a Pisa dalle origini
alla metà del secolo XIII, tesi di Laurea, Università di Pisa - Dipartimento di Medievistica,
a.a. 1986-87, rei. G. Rossetti.
14S Per l'edizione si veda R. Trevisan, Per la storia dell'Orda Maris di Pisa, cit., pp.
325-367.
Comune, Popolo e Arti a Pisa al tempo degli ultimi Svevi 105

regolamentazione statutaria. I vertici della corporazione laniera conti


nuarono a comparire nel Consiglio Maggiore della città e nelle magistra
ture del Popolo, ma non li troviamo mai coinvolti con gli organi esecutivi
del Comune. Riguardo alla giurisdizione dei Consoli è ancora la rubrica
De Arte lanae a venirci in aiuto; ai Consoli era permessa la iurisdictio-
nem in omnibus personis et laborantibus e su tutti coloro che erano
coinvolti nella produzione e nella vendita dei panni di lana. Limite
giurisdizionale molto preciso che non permetteva di superare l'ambito
degli immatricolati e tale da non consentire eccezioni.
Quanto alla Società dei Tre Ordini, essa fu pensata come una "super
curia" con funzioni di coordinamento tra gli Ordini mercantili con
l'intento di determinare all'interno del mondo corporativo il disciplina-
mento delle Arti minori e il predominio del ceto mercantile sulle altre
componenti del Popolo pisano. Non fu un tentativo di governo delle
mercanzie, come potrebbe dedursi dal confronto con altre città toscane,
in quanto il ceto mercantile-imprenditoriale teneva saldamente in mano
le redini del governo tramite altri organismi. Abbiamo tuttavia accennato
che la Società dei Tre Ordini non fu un istituto attivo: sulla sua crisi o
piuttosto sul mancato decollo i problemi rimangono aperti. Si può solo
ipotizzare che la bipolarità tra Anzianato e Ordini non andò mai in
funzione per il fatto che il Popolo, dagli anni '70 del Duecento sino al
termine della signoria di Ugolino della Gherardesca e Nino Visconti del
1287, non tenne più il campo in modo così indiscusso come nel periodo
precedente. La dialettica politico-sociale si riequilibrò nel rapporto
popolo-nobili ed anzi ne fu riproposta una nuova versione: da una parte
il Comune, sostenuto dal Popolo e da vasti ambienti nobiliari, e dall'altra
le grandi domus dei Visconti e dei Gherardesca e i relativi fideles149.
Oggetto del contendere furono, come in passato, gli interessi sardi.
Gli avvenimenti mutarono in fretta, la concordia interna raggiunta fatico
samente con la guerra di Sardegna del 1256-57 si disgregò rapidamente,
cosicché sulla logica degli accordi politici prevalse nuovamente la con
sueta "dialettica" delle fazioni.

Cristiani, Gli avvenimenti pisani del periodo ugoliniano, cil., pp. 36-37.

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