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Questa fiaba è dedicata a tutti quei genitori, papà e mamme, che ancora credono che nelle favole vi sia un insegnamento, un valore che potrà tornare utile nel corso della vita dei loro, ancora, piccoli figli. E’ dedicata a loro, a coloro, che credono che ancora e ancora la fiaba debba essere presente nell’infanzia dei loro figli affinchè possano godere della meraviglia della loro fantasia, dei loro sogni, ma soprattutto, possano ancora godere della narrazione della fiaba da parte dei loro genitori, i quali, potranno trasmettere con linguaggio trasognante valori che altrimenti verrebbero veicolati in modi e mezzi meno fantasiosi e più accesi se non polemici. Ma prima che l’I-Phone sia presente nelle mani dei piccoli a distruggere il formarsi del pensiero fantasioso e del sogno.
Questa fiaba è dedicata a tutti quei genitori, papà e mamme, che ancora credono che nelle favole vi sia un insegnamento, un valore che potrà tornare utile nel corso della vita dei loro, ancora, piccoli figli. E’ dedicata a loro, a coloro, che credono che ancora e ancora la fiaba debba essere presente nell’infanzia dei loro figli affinchè possano godere della meraviglia della loro fantasia, dei loro sogni, ma soprattutto, possano ancora godere della narrazione della fiaba da parte dei loro genitori, i quali, potranno trasmettere con linguaggio trasognante valori che altrimenti verrebbero veicolati in modi e mezzi meno fantasiosi e più accesi se non polemici. Ma prima che l’I-Phone sia presente nelle mani dei piccoli a distruggere il formarsi del pensiero fantasioso e del sogno.
Questa fiaba è dedicata a tutti quei genitori, papà e mamme, che ancora credono che nelle favole vi sia un insegnamento, un valore che potrà tornare utile nel corso della vita dei loro, ancora, piccoli figli. E’ dedicata a loro, a coloro, che credono che ancora e ancora la fiaba debba essere presente nell’infanzia dei loro figli affinchè possano godere della meraviglia della loro fantasia, dei loro sogni, ma soprattutto, possano ancora godere della narrazione della fiaba da parte dei loro genitori, i quali, potranno trasmettere con linguaggio trasognante valori che altrimenti verrebbero veicolati in modi e mezzi meno fantasiosi e più accesi se non polemici. Ma prima che l’I-Phone sia presente nelle mani dei piccoli a distruggere il formarsi del pensiero fantasioso e del sogno.
Questa fiaba è dedicata a tutti quei genitori, papà e
mamme, che ancora credono che nelle favole vi sia un insegnamento, un valore che potrà tornare utile nel corso della vita dei loro, ancora, piccoli figli. E’ dedicata a loro, a coloro, che credono che ancora e ancora la fiaba debba essere presente nell’infanzia dei loro figli affinchè possano godere della meraviglia della loro fantasia, dei loro sogni, ma soprattutto, possano ancora godere della narrazione della fiaba da parte dei loro genitori, i quali, potranno trasmettere con linguaggio trasognante valori che altrimenti verrebbero veicolati in modi e mezzi meno fantasiosi e più accesi se non polemici. Ma prima che l’I-Phone sia presente nelle mani dei piccoli a distruggere il formarsi del pensiero fantasioso e del sogno. La PRINCIPESSA e lo STALLIERE
C’era una volta un castello. Si trovava su
una soleggiata radura costeggiata da un fitto e oscuro bosco. C’era anche il villaggio dei villani, costruito a ridosso del maniero: povere capanne di legno con tetto di paglia. E chi vi abitava sembrava essere felice, perché mai la guerra era arrivata presso il castello. Vi abitavano i principi, padroni delle terre e dei boschi; essi avevano una figliola; bellissima si diceva in giro. Può sembrare strano, ma l’unico cruccio che avevano i villani era quello che non potevano guardare in faccia i regnanti. Quando i villani erano davanti al Principe, questi, dovevano avere il capo chino: nessuno doveva azzardarsi ad alzare lo sguardo verso le loro persone!! Questa era la loro volontà da sempre. Era vietato loro guardare in faccia il principe, la Principessa e la loro figlia! Il Castello, e il villaggio fatto di capanne di
legno con tetti di paglia ...
Tra questi villani vi era anche colui che aveva il compito di curare le stalle e gli animali che vi vivevano, come i cavalli: il garzone della stalla. Lo stalliere. Costui ebbe la ventura di vedere la Principessa, la figlia dei regnanti, una volta, quando era bambino. La regola di non guardare i principi per i bambini era meno severa. Da dietro una steccionata, nella corte interna al Castello, lo stalliere, quando era ancora bambino, ebbe modo di vederla e se ne innamorò. Da bambina la Principessa aveva lunghi capelli neri, un sorriso dolcissimo e luminosi occhi verdi… Poi, da grande, eccolo al servizio delle stalle, ma non potè più guardale il viso. Non gli rimase che sognarlo, vederlo nella sua fantasia. E sognò, sognò… Ascoltando la sua soavissima voce, mentre ella
impartiva le sue disposizioni, lo stalliere
cercava di immaginare il suo volto di donna: Aveva ancora i capelli neri lunghi come da bambina? Il suo sorriso era ancora così splendente come i suoi occhi? Allo stalliere bastava ascoltare la sua voce per sentirla vicina. Si accontentava della dolcezza con cui le chiedeva di prepararle il suo destriero bianco… Si accontentava di guardarla alle spalle nell’allontanarsi verso la radura immaginando il suo sorriso, come se andasse incontro alla felicità…
Il sogno era l’unica via grazie al quale lo
stalliere continuava a immaginare, anzi, a vedere la sua Principessa. Era la cosa più bella in quell’angolo di mondo sperduto tra boschi e verdi pascoli: poteva piovere, diluviare, il vento poteva sradicare le piante più robuste che, per lo stalliere, era sempre primavera. Ma spesso le cose belle durano poco; si infrangono come vetri contro la dura pietra… Un triste giorno, lo stalliere venne avvertito che la Principessa era caduta da cavallo. Lo stalliere corse a perdifiato verso il margine del bosco e la trovo al suolo, pallida… troppo pallida… …una morsa di dolore gli strinse il cuore e gli rapì la vita. Come poteva immaginare la sua vita senza più ascoltare la soave voce della sua principessa? Come poteva continuare a godere delle giornate in cui poteva ascoltare il rumore dei suoi passi sul selciato della corte del castello? Non sarebbe stata più vita... e la vita lo abbandonò. Lo stalliere giacque a terra assieme e vicino alla sua Principessa. Ma il destino volle che la Principessa non fosse morta; ella riprese conoscenza dopo qualche giorno e seppe dello stalliere: di lui non ricordava il volto. E fu sostituito con un altro. La Principessa non poteva sapere che ora lo stalliere aveva raggiunto la sua più piena felicità, perché ora viveva con il suo sogno che nella sua realtà irreale era divenuto realtà: i pianeti erano i loro giardini ove riposare… …le stelle e i soli, le luminarie per rischiarare il loro cammino. Le nebulose i loro soffici rifugi… fino a quando quel sogno durerà.
Qualcuno, nel castello, disse che era
apparsa una nuova costellazione nel cielo che sembrava l’abbraccio di due innamorati.
Ogni essere vivente ha bisogno del suo
sogno; l’amore è il sogno che da senso alla vita e una vita senza sogni e una vita vuota, insipida. Tutti debbono avere il diritto di sognare e combattere contro chi vuole rubare loro i sogni, ma… Insegnamento: Sappiano i bambini che debbono avere garantito il diritto a sognare, a immaginare, a rincorrere immagini che per gli adulti possono apparire inutili e senza significato. Ma sappiano gli adulti che il sognare è sinonimo di sperare, voler realizzare, ma sappiano anche che il mondo ha tanti “principi” che impediscono ai loro sottomessi di alzare il capo, obbligandoli a girare in loro presenza a testa bassa. Questi “principi” sono i regimi totalitari, sono i governi corrotti, sono le persone, in alto in grado nella scala sociale, arroganti, che si fanno arbitri dei destini altrui. Sognare la “bella principessa” equivale a sognare una società veramente democratica dove tutti debbono e possono avere le stesse opportunità di crescita culturale, etica e professionale. Non basta sognare, occorre che il sognatore si decida ad alzare la testa per vedere in faccia la sua “principessa”, rincorrerla, afferrarla e realizzarla. Non basta sognare, perchè spesso i sogni sono illusioni e non si può spendere la cosa più preziosa che si ha, ossia la vita, rincorrendo illusioni. Dietro di esse spesso si celano la menzogna, e le mezze verità. I genitori facciano capire ai propri bambini che sognare è bello, ma che prima o poi occorre costruire i propri sogni con le proprie mani guardandoli in faccia. Note sull’autore: Antonio Dal Muto è abilitato all’insegnamento del Disegno e della Storia dell’Arte, ma non ha mai insegnato per ragioni di diverse opportunità professionali. Ha conseguito a Roma la specializzazione post diploma di Architetto Interior Designer. Attualmente si cimenta nelle illustrazioni di fiabe e racconti; è autore di testi e immagini nei fumetti dedicati alla storia delle città ( Storia di Cesena, Rimini, Ravenna e Forlì; Storia di AriciAntica; Storia di Anzio; Storia di Comacchio; Storia di Cervia; Storia di Sarsina; Storia di Castrocaro e Terra del sole; La Romagna dell’800; Storia a fumetti della vita di Giovan Battista Morgagni; Storia della Vita di Pellegrino Artusi. E’ anche autore del primo fumtto italiano che ha come protagonista la Polizia di Stato e una location reale: Cesena e il suo territorio: “Le inchieste del Commissario Montalti”. E’ saggista. Le vicende costruttive della Basilica di San Pietro: da Costantino a Bernini... e altri ancora che si possono reperire su SCRIBD e su AMAZON KINDLE E-BOOK.
Come pittore è ritrattista e paesaggista; si
cimenta anche in murales esterni e quelli interni dedicati alle camerette per bambini, ricreando i personaggi della loro fantasia.
(Testi e studi di cultura classica. 43) Fabio Gasti e Marino Neri (a cura) - Agostino a scuola_ letteratura e didattica. Atti della Giornata di studio di Pavia (13 novembre 2008)-Edizioni ETS (2009)