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HANNO

DETTO
HANNO
SCRITTO
11 dicembre 1941
dichiarazione guerra agli
USA
Il commento che fece
subito dopo il giornalista
Giovanni Ansaldo,
direttore del Telegrafo, fu
sarcastico: Ma il duce
lha visto mai lelenco
dei telefoni di New
York?.
(Solo a New York i
telefoni erano 6 volte
superiori a quelli
dellintera penisola
italiana.)
Chateaubriand
La ragione non ha mai
asciugato una lacrima e
in una societ atea i
dolori umani fanno
fumare l'incenso, la
Morte il Celebrante,
l'altare una Bara e il
Nulla la divinit
CANZONE DI
LUCIANO CIRRI
(INTERPRETATA DA
PAT STARKE) EBREO
ERRANTE NO:

Noi ricordiamo ancora il


sapore della fine
lo custodiamo bene nella
bocca screpolata
da questo sapore che
nasce Israele.
Ed ogni morte duomo
riguarda e sminuisce
quella parte di noi che si
salvata allora.
La razione di fine
imposta al nostro tempo
labbiamo consumata gi
tutta avidamente:
vorremmo che nessuno
dovesse pi morire.
E da questa speranza
nato Israele.
Israel...Israel...
Ebreo errante, no. Ora
basta di fuggire
hai avuto il tuo fucile.
il tuo turno di sparare.
Sulla vecchia stanchezza
abbiamo costruito
questa patria promessa
chiamata Israele.
Ma la patria di ognuno
non la salva lamore,
ci vuole un sentimento
pi duro e pi selvaggio:
quel figlio maledetto
dellamore tradito;
quellamore sbagliato che
abbiamo chiamato odio.
Per questodio Dio non
muore.
Lo abbiamo imparato alla
fine anche noi.
Nelle terre dei vivi senza
odio non c amore.
Ebreo errante, no, non
tocca a te fuggire
hai avuto il tuo odio:
questa la tua casa.
Israel... Israel..
A che serve polemizzare
con il nulla? tempo di
ricomporci, di trionfare
sulla fascinazione del
peggio. Non tutto
perduto: restano i barbari.
Da dove emergeranno?
Non importa. Per il
momento ricordiamoci
che presto si metteranno
in marcia, e che, pur
preparandosi a
festeggiare la nostra
rovina, meditano sui
mezzi per risanarci, per
porre termine al nostro
raziocinare e ai nostri
sproloqui. Nellumiliarci,
nel calpestarci, ci
confe-riranno energia
sufficiente per aiutarci a
morire, o a rinascere. Che
vengano a sferzare il
nostro pallore, a
rinvigorire le nostre
ombre, che ci riportino la
linfa che ci ha
abbandonati. Avvizziti,
esangui, non possiamo
reagire contro la fatalit:
gli agonizzanti non si
coalizzano n si
ammuti-nano. Come
contare sul risveglio,
sulle collere dellEuropa?
La sua sorte e persino le
sue rivolte sono
decisamente altrove.
Stanca di durare, di
intrattenersi ancora con
se stessa, lEuropa un
vuoto verso il quale
muoveranno ben presto le
steppe un altro vuoto,
un vuoto nuovo.

Emil Cioran
Al tavolo di pace di
Versailles, l'anziano
prostatico Clemenceau,
guardando il nostro
Orlando continuamente
in lacrime per le
umiliazioni che, a suo
dire, gli Alleati
gl'infliggevano,
bofonchiava: Ah, se io
potessi pisciare come lui
piange!. (Indro
Montanelli)
Ora non resta che un
brindisi,
la conclusione del
lunghissimo brindisi in
poesia che scrisse poco
pi che ragazzo, e che
stato da poco ritrovato.
Vi si legge anche quel
saluto che il fascismo
avrebbe fatto proprio,
quarant'anni dopo:
Sbornia perfetta
Piena superba
Con l'anisetta
O la centerba.
In alto i cuori!
Eja, alal.
Quello su cui nulla puoi,
nulla possa su di te.
(Evola)
Ecco poi Giovanni
Spadolini, direttore del
Corriere ma erudito fin
dall'infanzia. Mi azzardo
[Mario Cervi, recensendo
un libro di Giancarlo
Mazzuca su Montanelli]
a trascrivere ci che
Guglielmo Giannini,
creatore dell'Uomo
Qualunque, disse un
giorno. Spadolini e Mario
Missiroli erano seduti a
un tavolo all'aperto del
Bolognese, in piazza del
Popolo a Roma. Usciva
Giannini e Missiroli lo
abbord: Ti presento un
ragazzo che un portento
di cultura,ha
approfondito la questione
romana. Il ragazzo era
Spadolini al tempo magro
e brufoloso, che
snocciol un buon quarto
d'ora di sapienza storica.
Giannini lo ascolt, poi
toccandogli con un dito la
guancia sinistra
bofonchi: Nh, giuin,
chiavamme, giovanotto
pensiamo a scopare.
I trentacinque anni
Grossi, ho trentacinque
anni, e m' passata
quasi di testa ogni
corbelleria;
o se mi resta un grano di
pazzia,
da qualche pelo bianco
temperata.
Mi comincia un'et meno
agitata
di mezza prosa e mezza
poesia;
et di studio e d'onesta
allegria,
parte nel mondo e parte
ritirata.

Poi calando gi gi di
questo passo,
e seguitando a corbellar
la fiera,
verr la morte, e finiremo
il chiasso.

E buon per me, se la mia


vita intera
mi frutter di meritare un
sasso
che porti scritto: <<Non
mut bandiera>>.
(Giuseppe Giusti)
Haiku

Valoroso il pino
Che non cambi colore
Sotto il peso della neve

(Hiro Hito)
Un sottile pettine di
corno color avorio, come
ne rompo spesso, due al
mese, e proprio come
quello che poco tempo fa
mi si spezzato in mano
la prima volta che lo
adoperavo, costa, pressa
poco, cento franchi.
Qualora se ne prenda,
invece, un altro del tutto
simile, di una specie di
celluloide, che fa, pi o
meno, il medesimo
servizio e che ha il pregio
di una durata quasi
illimitata, si paga un
quarto di questo prezzo.
Tuttavia, nelluomo,
quella forza che lo
trattiene da tale economia
vale come la pi
preziosa.
Ernst Jnger
Tradition ist Bewahrung
des Feuers und nicht
Anbetung der Asche.
La tradizione la
conservazione del fuoco
e non ladorazione delle
ceneri.
(Gustav Mahler)
Lotto settembre un
giorno memorando:

volta la fronte allinvasor


nefando

LItalia, con lantico suo


valore,
alla vittoria guid il
vincitore.

Lotto settembre
memorabil data:

volte le spalle allinfausta


alleata
gi con il ginocchio a
terra,

corremmo a vincer coi


nostri nemici

arditamente quella stessa


guerra
che avevamo gi persa
con gli amici.
(Curzio Malaparte)
Nel 1942 Marchesi era in
Africa a fare la guerra. Al
ritorno scrisse:
Possibile / che quando
ero l in buca / ad El
Alamein / con i proiettili/
che mi arrivavano sopra /
come indici puntati / io
fossi l / per obbligare
Anna Frank / a restare /
chiusa in soffitta, / in
attesa della morte? /
Questa la vera
sconfitta.

Matti a Mauthausen:
Per errore / rest chiuso
/ quella volta / nella
nostra camera a gas / uno
delle SS. / Morimmo
ridendo.
(Marcello Marchesi)
"Comunichi al Senatore
Agnelli che nei nuovi
stabilimenti Fiat devono
esserci comodi e decorosi
refettori per gli operai.
Gli dica che il lavoratore
che mangia in fretta e
furia vicino alla
macchina non di questo
tempo fascista. Aggiunga
che l'uomo non una
macchina adibita ad
un'altra macchina."
Firmato, Benito
Mussolini.

Il testo di questo
telegramma, datato 16
luglio 1937 ed indirizzato
al Prefetto di Torino,
tratto dagli archivi di
Duilio Susmel ed stato
pubblicato il 30 gennaio
2002 dal quotidiano
Libero.
Ognuno ama d'immenso
amore l'umanit chiuso
nella solitudine della sua
casa. Appena esce fuori e
comincia ad aver che fare
con Pietro e con Giuda,
uomini parlanti e
camminanti, l'amore si
cambia in disprezzo o in
odio.
(Giovanni Papini, da UN
UOMO FINITO 1913)
Tredici province egizie
decisero di colpo di
essere libere, proponendo
in tal modo un magnifico
esempio al resto
dellumanit. Riunirono i
loro saggi, e
apparecchiarono la
Costituzione pi
ingegnosa che fosse
possibile concepire. Per
qualche tempo se la
cavarono non troppo
male. Alla fine, tuttavia,
quei tredici stati, pi altri
quindici o venti, finirono
in preda del pi odioso,
del pi intollerabile
dispotismo di cui mai si
sia sentito parlare sulla
faccia della Terra. Chiesi
quale mai fosse il nome
del tiranno usurpatore.
Per quel che il Conte
riusciva a ricordare, il
suo nome era Plebaglia.
E.A. Poe, Ultimi Lavori,
1850
[...]campioni, insieme
alla propria famiglia,
delle virt che fanno
generalmente guadagnare
lautorit: ossia il
compimento dei propri
doveri, lonest
personale, la capacit del
giudizio non partigiano, il
mantenimento della
parola data, la
specchiatezza dei
costumi, la coerenza
dellazione con il
pensiero, la modestia
nella vita sociale.
(G. Prezzolini)
Siamo vecchi marinai
dun temibile vascello
che inseguendo nuove
terre
s arenato sul pi bello.
Poi per ci siamo accorti
che la causa del naufragio
stava proprio dentro noi,
era un semplice presagio:
sentivamo dentro al
cuore,
con la scienza e la
coscienza,
che del nostro
comunismo
era meglio fare senza

(Duccio Trombadori)
Bruno Vespa - Gio,
06/11/2014 - 11:25

Scrittori, giornalisti e
artisti: erano molti quelli
che volevano collaborare
alla rivista fondata nel
1940 da Giuseppe Bottai,
gerarca illuminato ma
anche il pi feroce
sostenitore delle leggi
razziali

Il numero dei
voltagabbana tra gli
intellettuali alla caduta
del regime fu clamoroso.
Giuseppe Bottai era il
politico pi illuminato
del fascismo sul piano
culturale, ma anche il pi
feroce sostenitore delle
leggi razziali. Ebbene, la
sua rivista Primato fu
pubblicata dal 1940
(quando le leggi razziali
avevano gi consumato i
peggiori misfatti) e
chiuse solo con la caduta
del regime il 25 luglio
1943.
Biagi, Bocca e Scalfari
In quegli anni, Bottai
pot contare sulla fervida
collaborazione del meglio
della cultura italiana:
Giorgio Vecchietti
(condirettore), Nicola
Abbagnano, Mario
Alicata, Corrado Alvaro,
Cesare Angelini, Giulio
Carlo Argan, Riccardo
Bacchelli, Piero
Bargellini, Arrigo
Benedetti, Carlo
Betocchi, Romano
Bilenchi, Walter Binni,
Alessandro Bonsanti,
Vitaliano Brancati, Dino
Buzzati, Enzo Carli,
Emilio Cecchi, Luigi
Chiarini, Giovanni
Comisso, Gianfranco
Contini, Galvano Della
Volpe, Giuseppe Dess,
Enrico Emanuelli, Enrico
Falqui, Francesco Flora,
Carlo Emilio Gadda,
Alfonso Gatto, Mario
Luzi, Bruno Migliorini,
Paolo Monelli, Eugenio
Montale, Carlo Muscetta,
Piermaria Pasinetti,
Cesare Pavese, Giaime
Pintor, Vasco Pratolini,
Salvatore Quasimodo,
Vittorio G. Rossi, Luigi
Russo, Luigi Salvatorelli,
Sergio Solmi, Ugo
Spirito, Bonaventura
Tecchi, Giovanni Titta
Rosa, Giuseppe
Ungaretti, Nino Valeri,
Manara Valgimigli,
Giorgio Vigolo, Cesare
Zavattini. Musicisti come
Luigi Dallapiccola e
Gianandrea Gavazzeni.
Artisti come Amerigo
Bartoli, Domenico
Cantatore, Pericle
Fazzini, Renato Guttuso,
Mino Maccari, Mario
Mafai, Camillo Pellizzi,
Aligi Sassu, Orfeo
Tamburi.

GIUSEPPE
UNGARETTI
Una crisi di coscienza
colse Giuseppe Ungaretti.
Il poeta not durante il
regime che tutti gli
italiani amano e venerano
il loro Duce come un
fratello maggiore e si
defin fascista in
eterno, firmando
documenti e appelli per
sostenere il fascismo.
Salvo firmarne di uguali
e contrari alla fine della
guerra come alfiere
dell'antifascismo, tanto
da meritare una grande
accoglienza a Mosca da
parte di Nikita Kruscev.

NORBERTO BOBBIO
Norberto Bobbio da
studente si era iscritto al
Guf, l'organismo
universitario fascista, e
poi aveva mantenuto la
tessera del partito,
indispensabile per
insegnare. Colpito per
frequentazioni non
sempre ortodosse da una
lieve sanzione che
avrebbe potuto
comprometterne la
carriera, Bobbio cerc
ovunque
raccomandazioni per
emendarsi. Suo padre
Luigi si rivolse al Duce,
lo zio al quadrumviro De
Bono, lo stesso giovane
docente a Bottai (con
devota fascistica
osservanza). Fu
interessato anche
Giovanni Gentile, che
intervenne con successo
presso Mussolini. Alla
fine, Norberto ebbe la
cattedra tanto desiderata.
Nel dopoguerra, Bobbio
divent un matre
penser della sinistra
riformista italiana. Ma il
tarlo del passato lo
consum fino a una
clamorosa intervista
liberatoria rilasciata il 12
novembre 1999 a
Pietrangelo Buttafuoco
per Il Foglio : Noi il
fascismo l'abbiamo
rimosso perch ce ne
ver-go-gna-va-mo. Ce ne
ver-go-gna-va-mo. Io che
ho vissuto la giovent
fascista tra gli
antifascisti mi
vergognavo prima di
tutto di fronte al me
stesso di dopo, e poi
davanti a chi faceva otto
anni di prigione, mi
vergognavo di fronte a
quelli che diversamente
da me non se l'erano
cavata.

INDRO MONTANELLI
Montanelli non ha fatto
mai mistero di essere
stato fascista. (Fu, anzi,
un fascista entusiasta).
Sono stato fascista,
come tutte le persone
della mia generazione,
ammise nella sua
Stanza sul Corriere
della Sera nel 1996.
Non perdo occasione
per ricordarlo, ma
neanche di ripetere che
non chiedo scusa a
nessuno. Anche nella
pi sfacciata adulazione
del Duce, Montanelli
scriveva pezzi di bravura
come questo del 1936:
Quando Mussolini ti
guarda, non puoi che
essere nudo dinanzi a
Lui. Ma anche Lui sta,
nudo, dinanzi a noi. Il
Suo volto e il Suo torso
di bronzo sono ribelli ai
panneggi e alle bardature.
Ansiosi e sofferenti, noi
stessi glieli strappiamo di
dosso, mirando solo alla
inimitabile essenzialit di
questo Uomo, che un
vibrare e pulsare
formidabilmente umani.
Dobbiamo amarlo ma
non desiderare di essere
le favorite di un harem.

GIORGIO BOCCA

Quando cominci il
nostro antifascismo?
Difficile dirlo....
Dev'essere cominciato
tardi, quello di Giorgio
Bocca, se vero quanto
egli stesso scrive nel
racconto La sberlae la
bestia pubblicato l'8
gennaio 1943 su La
provincia granda , foglio
d'ordini settimanale della
federazione fascista di
Cuneo. Il 5 gennaio
Bocca aveva incontrato
in treno sulla linea
Cuneo-Torino
l'industriale Paolo
Berardi, il quale diceva
ad alcuni reduci dalla
Russia e dalla Francia
che la guerra era ormai
perduta. Bocca ascolt,
poi gli diede un ceffone e
lo denunci alla polizia
per disfattismo. Due anni
prima, sullo stesso
settimanale, il giovane
giornalista aveva scritto
un lungo articolo su I
protocolli dei Savi di
Sion , che si sarebbero
rivelati poi (ma lui,
ovviamente, non lo
sapeva) il falso pi
clamoroso della
propaganda antisemita.
Le prime righe
dell'articolo recitano:
Sono i Protocolli dei
Savi di Sion un
documento
dell'Internazionale
ebraica contenente i piani
attraverso cui il popolo
Ebreo intende giungere al
dominio del mondo.... E
le ultime: Sar chiara a
tutti, anche se ormai i non
convinti sono pochi, la
necessit ineluttabile di
questa guerra, intesa
come una ribellione
dell'Europa ariana al
tentativo ebraico di porla
in stato di schiavit.

DARIO FO

Dario Fo si arruol a 18
anni come volontario
prima nel battaglione
Azzurro di Tradate
(contraerea) e poi tra i
paracadutisti del
battaglione Mazzarini
della Repubblica sociale
italiana. Il 9 giugno 1977,
quando Fo era ormai da
anni celebre per il suo
lavoro teatrale Mistero
buffo , un piccolo
giornale di Borgomanero
(Novara), Il Nord ,
pubblic una lettera di
Angelo Fornara che ne
raccontava i trascorsi
repubblichini. Fo sporse
querela con ampia facolt
di prova, ma il processo
non ebbe l'esito da lui
sperato. Secondo quanto
rifer Il Giorno (8
febbraio 1978), l'attore
disse in aula che il suo
arruolamento era una
questione di metodi di
lotta partigiana per
coprire l'azione
antifascista della sua
famiglia. Ma le
testimonianze furono
implacabili. Il suo
istruttore tra i par, Carlo
Maria Milani, mise a
verbale: L'allievo
paracadutista Dario Fo
era con me durante un
rastrellamento nella Val
Cannobina per la
conquista dell'Ossola, il
suo compito era di
armiere porta bombe. E
l'ex comandante
partigiano Giacinto
Lazzarini lo inchiod:
Se Dario Fo si arruol
nei paracadutisti
repubblichini per
consiglio di un capo
partigiano, perch non
l'ha detto subito,
all'indomani della
Liberazione? Perch
tenere celato per tanti
anni un episodio che va a
suo merito?. Una
testimone, Ercolina
Milanesi, lo ricorda
tronfio come un gallo
per la divisa che portava
e ci tacci di pavidi per
non esserci arruolati
come lui. L'avremmo
fatto, ma avevamo
quindici anni.... L'11
marzo 1978, mentre il
processo contro gli
accusatori di Fo era in
pieno svolgimento,
Luciano Garibaldi
pubblic sul settimanale
Gente una foto dell'attore
in divisa della
Repubblica sociale
(altissimo, magrissimo
come sempre stato) e
un suo disegno dove
appaiono alcuni camerati
con le anime dei
partigiani uccisi che
escono dalle canne dei
mitra (Sono apocrife e
aggiunte da altri, si
difender). Il 7 marzo
1980 il tribunale di
Varese stabil che
perfettamente legittimo
definire Dario Fo
repubblichino e
rastrellatore di
partigiani. Il futuro
premio Nobel non ricorse
in appello e la sentenza
divenne definitiva.

VITTORIO GORRESIO

Vittorio Gorresio, una


delle firme pi brillanti
della sinistra riformista
del dopoguerra, scriveva
cose impegnative sulla
giovent hitleriana: Cos
pregano gli ariani piccoli,
ora che, dissipato il fumo
del rogo ove furon arsi i
venticinquemila volumi
infetti di semitismo,
l'atmosfera tedesca pi
limpida e chiara. E nel
1936 sulla Stampa , il
giornale di cui sarebbe
diventato negli anni
Sessanta la prima firma
politica, confessava:
Ringrazio Dio perch ci
ha fatto nascere italiani
ed con gli occhi lucidi
che si sente nell'animo la
gratitudine del Duce.

EUGENIO SCALFARI
Nonostante la giovane
et, Scalfari era riuscito a
far pubblicare alcuni
scritti di Calvino su
Roma fascista , era
diventato amico di Bottai,
che chiamava il mio
Peppino, e fino alla
caduta del fascismo
sostenne con convinzione
l'economia corporativa.
Ma va ascritto a suo
merito di aver sempre
parlato nel dopoguerra di
quaranta milioni di
fascisti che scoprirono di
essere antifascisti, non
nascondendo mai le sue
ferme convinzioni
giovanili.
ENZO BIAGI

Montanelli collabor a
Primato come Enzo
Biagi, che nel dopoguerra
non ha negato i suoi
trascorsi (scrisse anche
per la rivista fascista
bolognese Architrave ) e
la gratitudine per Bottai.
Ma i suoi avversari,
spulciando negli archivi,
hanno scovato altri
episodi. Secondo il
racconto di Nazario
Sauro Onofri in I giornali
bolognesi nel ventennio
fascista , nel 1941 Biagi,
allora ventunenne,
recens il film Sss
l'ebreo , formidabile
strumento della
propaganda antisemita di
Himmler, sul foglio della
federazione fascista
bolognese L'assalto ,
scrivendo che il pubblico
era trascinato verso
l'entusiasmo e molta
gente apprende che cosa
l'ebraismo e ne capisce
i moventi della battaglia
che lo combatte. (Biagi
era in buona compagnia,
perch sullo stesso
giornale, fortemente
antisemita, si scatenava
anche il giovanissimo
Giovanni Spadolini,
mentre una lusinghiera
recensione allo stesso
film fu firmata dal regista
Carlo Lizzani). Biagi
rest al Resto del Carlino
, controllato dai fascisti e
ormai anche dai nazisti,
fino alla tarda primavera
del 1944, ricevendo -
come tutta la redazione -
generosi sussidi
economici dal ministero
della Cultura popolare (il
Minculpop). Dieci mesi
dopo entrava a Bologna
con le truppe americane.
"Le societ migliori sono
quelle nelle quali uno dei
due soci muore la notte
immediatamente dopo la
firma del contratto".

Cesare Vivante (Venezia,


6 gennaio 1855 Siena, 5
maggio 1944),
considerato il padre del
diritto commerciale
italiano, amava colpire
con sentenze irriverenti,
nate dalle cose, cio
dalla realt.

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