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L’IPERTENSIONE

INTRACRANICA
guida clinica e chirurgica

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ABSTRACT

La PRESSIONE INTRACRANICA o PIC costituisce un


parametro di rilevanza critica nella clinica neurologica, poiché
indiretto indice della perfusione cerebrale; quindi, anche
dell’integrità strutturale e funzionale del cervello.
Modificazioni pressorie oltre il limite, nonché scompensate,
determinano alterazioni notevoli a carico del parenchima
cerebrale, talora causandone franche dislocazioni. Lo sviluppo
di erniazioni, di fatto, dà vita ad una situazione potenzialmente
fatale. In questi casi, avviare il paziente quanto prima verso un
trattamento idoneo è d’uopo e vitale. Non sempre la clinica è in
grado di correggere il problema di fondo. Qualora ciò avesse a
verificarsi, l’approccio chirurgico configurerebbe il gold standard
per la risoluzione del processo morbigeno.
Ecco dunque, laddove la clinica è costretta ad arrestarsi,
arrivare prontamente in soccorso la tecnica, sussidio basilare ed
irrinunciabile nella pratica medica!

KEYWORDS: PIC, IE, Tempesta catecolaminica, Neurochirurgia,


Cateterismo intraventricolare

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Il cranio dell’adulto è una struttura inestensibile. La sua pressione
interna è data dalla somma di tre compartimenti:

- EMATICO (artero-venoso)  ~12% del volume totale


- PARENCHIMALE  ~80% del volume totale
- LIQUORALE  ~8% del volume totale

Variazioni - ancorché minime - di pressione, di fatto vengono


controbilanciate da un sistema di autoregolazione assai efficiente.

L’ipertensione endocranica compare allorché incrementi volumetrici


di uno o più comparti non vengano sufficientemente compensati dai
rimanenti altri.
Il volume cerebrale non è suscettibile di riduzione, per ovvi motivi;
allo stesso modo, un calo della perfusione ematica in corso di IE non
avrebbe ragione di verificarsi. Ed effettivamente così è; per la qual cosa,
la capacità di compenso del sistema è principalmente legata alla
diminuzione del volume liquorale.

L’ipertensione intracranica esercita effetti deleteri a carico del


parenchima cerebrale per due fondamentali motivi:
1. la possibilità di determinare erniazioni di tessuto cerebrale
(incuneamento cerebrale);
2. la compromissione della perfusione cerebrale, che espone l’encefalo
ad un potenziale rischio ischemico.

Indipendentemente dal meccanismo con cui si instaura, la


fisiopatologia dell’ipertensione endocranica (IE) riconosce essenzialmente
due momenti distinti.

Nel primo, o "fase di compenso", le variazioni in meno di due


fattori determinanti la PIC compensano la variazione in più del
terzo (legge di Monro-Kelly).
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La durata di questa fase è funzione dalla velocità con cui
evolve la lesione causale. Ad esempio, un neomassa con
scarsa cinetica proliferativa può raggiungere dimensioni
notevoli senza provocare una sindrome da IE.

Nel secondo, o "fase di scompenso", l'IE si rende manifesta.

L'aumento della PIC di per sé produce pochi sintomi e segni


neurologici: cefalea e papilledema sostanzialmente.

Gli effetti patologici della IE sul SNC sono determinati dalla diminuzione
della pressione di perfusione cerebrale e dagli spostamenti di massa cerebrale
(ernie).

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§ Omeostasi
Si definisce pressione di perfusione cerebrale la pressione
arteriosa sistemica meno la pressione intracranica:

PPC = PAS - PIC

In condizioni normali, la pressione di perfusione deve scendere al di


sotto dei 40 mmHg prima che la corrente ematica cerebrale subisca una
riduzione significativa, giacché l'autoregolazione dei vasi cerebrali
provoca una vasodilatazione compensatoria a livello arteriolare, onde
preservare il flusso. Di fatto, una minore resistenza al flusso è necessaria
al fine di preservare un congruo apporto nutrizionale in sede
parenchimale.
Nondimeno, quando la PIC aumenta sino ad eguagliare la pressione
arteriosa sistemica, il flusso ematico cerebrale cessa completamente.

L'incremento della PIC, inoltre, provoca al contempo compressione a


livello delle lacune venose, e consequenziale congestione della relativa
circolazione.
Quindi, l'aumento della PIC determina:
- da un lato, dilatazione arteriolare attraverso i meccanismi di
autoregolazione;
- dall'altro, congestione venosa con conseguente aumento di
volume del compartimento ematico cerebrale.

Il risultato è l’attuazione di un circolo vizioso, dove un


innalzamento della PIC cagiona un aumento di volume ematico
cerebrale, a sua volta foriero di modificazioni incrementali ulteriori della
PIC.

L’incremento della pressione venosa induce una progressiva


riduzione del flusso ematico cerebrale, solo in parte e transitoriamente
compensato da meccanismi riflessi neurogeni che influenzano l’apparato
cardiovascolare.

Nella fattispecie, si verifica ciò che si suole definire:

Le sindromi più drammatiche da iperattività simpatico-


adrenomidollare occorrono seguitamente ai gravi traumi cranici
e nell’emorragia cerebrale, nonché in qualsiasi fenomeno
capace di condurre ad un incremento della PIC.

Sono coinvolti, in tempi diversi, essenzialmente quattro


meccanismi:
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1) Una secrezione surrenalica di catecolamine al momento
dell’insulto, che determina ipertensione acuta e tachicardia.

2) Una reazione vasopressoria patologica mediata dal tronco


cerebrale:

VASOCOSTRIZIONE ARTERIOSA PATOLOGICA


NON-ADRENO-MEDIATA
Evidenze sperimentali dimostrano come i nuclei della
formazione reticolare bulbare caudale (nucleo reticolare
gigantocellulare e nucleo reticolare parvicellulare)
possano mediare reazioni ipertensive severe.
Detti nuclei sono tonicamente inibiti dal nucleo del tratto
solitario, che riceve input afferenti dai barocettori e dai
chemocettori arteriosi.
Di conseguenza, lesioni bilaterali del nucleo del tratto
solitario possono provocare un incremento marcato dei
livelli pressori e, forse, contribuire allo sviluppo
dell’edema polmonare “neurogeno”.
Tale effetto è eliminato dal blocco -adrenergico.

3) Una risposta fisiologica ipertensiva accompagnata da bradicardia


e respiro stertoroso (reazione o riflesso di Cushing):

RIFLESSO DI CUSHING
La reazione di Cushing si manifesta in seguito ad un
brusco incremento della PIC. Trattasi di un fenomeno
consequenziale ad una ischemia da compressione dei
nuclei del centro vitale di Flourens, siti entro la
sostanza reticolare del bulbo paramediano dorsale,
precisamente a livello della regione caudale del
pavimento del IV ventricolo.
Detti nuclei sono preposti al controllo della respirazione e
della cardiodinamica.
In particolare, distinguiamo:
 centri inspiratori ed espiratori, la cui attività è regolata
essenzialmente dal tasso di CO2 contenuto nel sangue,
di modo che i movimenti respiratori presiedano di
continuo all'ossigenazione ematica e alla costanza
dell'equilibrio acido-basico dei liquidi organici.
 centri cardiomodulatori, situati esternamente e
superiormente a quelli respiratori, tra cui si riconoscono i
cardiomoderatori e i cardioacceleratori
La reazione di Cushing richiede una certa distorsione del
tronco encefalico ed è caratterizzata dalla triade:
6
 ipertensione, come conseguenza della
vasocostrizione sistemica simpatico-mediata (fibre
postgangliari periavventiziali);
 bradicardia;
 respiro lento ed irregolare .
La reazione di Cushing è una risposta fisiologica (riflesso
fisiologico) all’aumento di pressione endocranica.

Quando la pressione idrostatica del fluido cerebrospinale


aumenta, determina una compressione a carico delle
arterie cerebrali con consequenziale ridotto emoafflusso
cerebrale  ischemia.
I chemiocettori centrali siti nel cervello avertono
l’ischemia e rispondono con una celere e potente
attivazione del sistema simpatico, al fine di ripristinare la
perfusione cerebrale. Tale attivazione, infatti,
determinerà una ridistribuzione della gittata cardiaca,
non solo tramite l’incremento della frequenza e della
contrattilità del miocardio, ma anche attraverso una
vasocostrizione arteriolare, soprattutto in sede cutanea e
viscerale. Il tutto onde garantire una perfusione quanto
più regolare possibile in seno ai cosiddetti “organi nobili”,
cervello in primis.
Nondimeno, sebbene inizialmente la gittata cardiaca sia
effettivamente aumentata, l’effetto principale del sistema
simpatico è una drammatica vasocostrizione periferica.
Un simile improvviso rialzo pressorio porta ad
un’apparentemente paradossa risposta del sistema
parasimpatico  bradicardia (le arterie non
dispongono di un’idonea rete parasimpatica modulatoria
in sede periavventiziale e dunque le resistenze vascolari
perdurano!).
L’effetto paradosso del sistema parasimpatico si
riverbera anche a carico della muscolatura liscia
polmonare, causando broncocostrizione  respiro
stertoroso.

4) Un fenomeno più tardivo caratterizzato da episodi di ipertensione


estrema, profusa diaforesi e dilatazione pupillare, spesso durante
episodi di contrattura estensoria (le “crisi autonomico-
diencefaliche” di Penfield, della durata di diversi minuti):

CRISI AUTONOMICO-DIENCEFALICHE
Panfield ha descritto una condizione parossistica
contrassegnata da: ipertensione, profusa diaforesi,
eritema cutaneo e midriasi in pazienti comatosi.
Si ritiene che questi episodi possano essere il risultato
della rimozione dell’influenza inibitoria sull’ipotalamo, il

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che porta ad una condizione in cui il sistema
neurovegetativo è decorticato ed ipersensibile.
La morfina e la bromocriptina si sono rivelati utili nel
sedare la sindrome, mentre i -bloccanti inducono
decremento pressorio.
Durante gli episodi, contraddistinti da una vigorosa
scarica simpatica, compaiono alcune alterazioni
all’ECG, in particolare un accorciamento del tratto ST.
Il ruolo dell’innervazione simpatica diretta del cuore nel
determinismo di anomalie miocardiche siffatte non è
stato ancora stabilito con ragionevole certezza. Tuttavia,
pare che un certa responsabilità possa essere attribuita
al repentino aumento di noradrenalina e di cortisolo
circolanti in risposta ad insulti chimico-fisici
particolarmente importanti.

In risposta alla vasodilatazione massiva indotta dai meccanismi


di autoregolazione, secondari all’innalzamento della PIC, ogni
incremento ulteriore del flusso ematico cerebrale risulta inattuabile.
L’ipossia che ne deriva inevitabilmente dà origine ad una depleta
fosforilazione ossidativa, con associata amplificazione della glicolisi
anaerobia. Ciò configura uno stimolo extra alla vasodilatazione,
incapace tuttavia di andare oltre limiti già superati.
Venuti meno i meccanismi di compenso, esito finale è
l’ischemia. La quale, se protratta, è causa di alterazioni a carico
della normale struttura vasale, con eventuale insorgenza di edema
vasogenico, nonché incremento suppletivo di uno stato di IE ormai
conclamato.
Infine, vale la pena sottolineare come in talune patologie
cerebrali i meccanismi di autoregolazione siano fuori uso ab initio,
sicché aumenti anche lievi della PIC possono comunque generare
ischemia e ipossia cerebrale.
Pertanto, più sono integri i meccanismi di autoregolazione
cerebro-vascolare, maggiore è l'incremento della PIC che può
essere tollerato in assenza di disfunzioni parenchimali.

Variazioni acute ed improvvise della PIC provocano effetti più


grevi di modificazioni che insorgono invece lentamente.

I valori di PIC in corso di IE non rimangono costanti, bensì


subiscono fluttuazioni anche notevoli in tempi relativamente brevi.
È stato dimostrato come ampie variazioni della PIC, ad intervalli di
15-30 minuti, possano invero manifestarsi. Ad esse è stato dato
nome di onde "A" (plateau waves). Queste, sopraggiungono in
special modo durante la fase REM del sonno, allorché si verifica
ritenzione di CO2, oppure al risveglio, quando la dilatazione arteriosa
accompagna l'aumento del metabolismo cerebrale; oppure ancora,
possono venire precipitate da aspirazione tracheale, cambiamenti di
posizione del capo, febbre, o altri stimoli che inducano una rapida
variazione del tono vascolare cerebrale.

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Il fenomeno del plateu waves coincide con un incremento del
volume ematico intracranico, presumibilmente in seguito ad una
temporanea insufficienza dell’autoregolazione cerebrovascolare.
Le onde A sono, talora, precedute da un breve periodo di lieve
ipotensione sistemica, additata a responsabile principale della
vasodilatazione atta a mantenere normale il flusso ematico. Dopo il
ripristino della pressione arteriosa, la risposta del tono
cerebrovascolare è ritardata, e ciò permette al volume ematico
intracranico di accumularsi nel letto vascolare e di amplificare la PIC.
Quindi, le onde A riflettono lo scompenso
dell'autoregolazione cerebrale e possono provocare una
significativa riduzione della pressione di perfusione, tale da
comportare un danno irreversibile del SNC.

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§ Segni e Sintomi
La sindrome da ipertensione endocranica riveste un’enorme
importanza pratica, perché la sua presenza denuncia, nella maggior
parte dei casi, una patologia di interesse chirurgico.

L’innalzamento della PIC è dovuto a:


 presenza di massa: ematoma, ascesso, tumore, etc;
 accumulo di liquido cerebro-spinale (LCS): idrocefalo;
edema cerebrale, distinto, secondo la tipologia, in: vasogenico,
citotossico, interstiziale;
 rigonfiamento cerebrale vascolare congestizio: aumento del
volume ematico cerebrale da vasodilatazione attiva o passiva o
da ostruzione/congestione venosa.

Nell’adulto, la pressione intracranica normale in condizioni di


riposo non supera 15 mmHg.

Il trattamento attivo è normalmente attuato qualora la pressione intracranica


superi i 25 mmHg per un periodo di tempo superiore ai 5 minuti, nonostante
sia stato suggerito che un trattamento alla soglia di 15-20 mmHg possa
migliorare l’evoluzione.

Lievi incrementi della massa in espansione possono essere


compensati dalla deplezione del volume del LCS. Tuttavia, una volta
esauriti i meccanismi di compenso, la pressione si accresce
progressivamente, con un valore esponenziale rispetto
all’incremento volumetrico della lesione occupante spazio.

Il corollario semeio-sintomatologico comprende


essenzialmente due momenti:

- una fase iniziale, compensata, in cui il paziente non mostra


disturbi di coscienza;

- una fase successiva, scompensata, con interessamento


delle strutture sottocorticali e del tronco, con importanti
disturbi di coscienza e compressione dei centri cardio-
respiratori bulbari.

Tra i segni e sintomi clinicamente notevoli in corso di IE,


ricordiamo:

 CEFALEA: è il sintomo cardine dell’ipertensione endocranica.


Ha connotazioni peculiari, che consentono di formulare diagnosi
differenziale con altre sindromi algiche craniofacciali.
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Solitamente, insorge in modo parossistico, ovvero, in caso di
pazienti già cefalalgici, assume caratteri differenti dai precedenti
attacchi.
Ricorre in modo discontinuo, ma con ritmi circadiani, specie durante
la seconda parte della notte, allorché, in fase REM, le variazioni
pressorie sono più frequenti. Sovente, al risveglio, scompare
spontaneamente, perché il paziente attua un’iperventilazione
compensatoria antalgica: ciò determina variazioni della PCO2, con
annessa vasocostrizione.
In taluni casi è accompagnata da vomito a getto, a digiuno, dopo il
quale la sintomatologia algica scompare.
In fase più avanzata può essere accompagnata da svogliatezza,
apatia e progressivo obnubilamento del sensorio.

 VOMITO: espressione di sofferenza bulbare, è usuale, ma


ricorre meno frequentemente della cefalea.
Irrompe sovente nella compressione della fossa posteriore e con
caratteristiche singolari: vomito mattutino, a getto, incoercibile, in
assenza di nausea.

 VERTIGINI: sono di tipo soggettivo e in taluni casi si associano


a disturbi della marcia (atassia); sono più frequenti nelle lesioni delle
strutture vestibolo-cerebellari.

 EDEMA PAPILLARE (DA STASI): partecipano alla sua


estrinsecazione due fattori:
- il primo, inerente la struttura della papilla stessa;
- il secondo, intracranico causale.
La struttura cellulare lassa, nonché la copiosità di nevroglia,
permettono una notevole imbibizione acquosa del II nervo cranico.
La patogenesi del papilledema è stata indagata in termini di flusso
assoplasmico nelle fibre del nervo ottico. La compressione da
innalzata pressione del LCS esita in un rigonfiamento degli assoni e
in una trasudazione del loro contenuto negli spazi extracellulari del
disco.
D’altronde, l’edema cerebrale passivo si propaga al nervo ottico,
disturbando il deflusso venoso di questo, nonché ponendo le basi
per la realizzazione di un circolo vizioso, difficile da eludere.
La stasi papillare, evidente nei giovani, lo è meno oltre i 60 anni, per
frequente atrofia ottica, con connettivo sclerotico e vasi obliterati.
L’edema papillare è il segno obiettivo fondamentale
dell’ipertensione endocranica. Inizialmente arduo da identificare,
poiché esordisce con una fievole dilatazione venosa e una
sfumatura del bordo nasale della papilla; evolve poi verso una vera
stasi, con prominenza del disco papillare, che inarca i vasi mentre ne
scavalcano il bordo.

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L’edema non comporta diminuzione del visus. Tuttavia, possono
presentarsi episodi di amaurosis fugax, che perdurano nelle forme
croniche, evolvendo da ultimo in atrofia postpapillitica con cecità.

 DISTURBI DELLA SFERA PSICHICA: trattasi di alterazioni a carico


del tono dell’umore, con alternanza di depressione od irritabilità,
disinteresse sino all’apatia, con annessi deterioramenti
dell’attenzione, della concentrazione e della memoria. Ricorrono in
modo clinicamente meno palese nelle forme acute.

 CRISI COMIZIALI: l’IE eccezionalmente è fonte di crisi; queste,


invece, sono intimamente correlate alla lesione primaria, che può
generare IE.

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APPROCCIO NEUROCHIRUGICO
volto all’identificazione sicura di IE

Molteplici sono le metodiche non invasive atte ad identificare


incrementi della PIC (per lo più in forma di esiti). Tuttavia, nessuna,
presa singolarmente, offre un’accuratezza tale da permettere una
misurazione precisa del grado di IE.
TC e RM di fatto configurano indagini imprescindibili nella
pratica neurologica, come pure in qualsiasi altra branca della
medicina generale. Parimenti, non possono che “limitarsi” a ritrarre
possibili alterazioni morfologiche delle strutture endocraniche, non
quantificando invece il grado di un’eventuale annessa IE.

Tra le metodologie di stampo clinico annoveriamo:


1. Peggioramento della sintomatologia riferita
2. Bradicardia
3. Dilatazione pupillare e riduzione del riflesso alla luce

Tra le metodiche strumentali trova particolare indicazione:


1. Doppler transcranico

Viceversa, le metodologie invasive sono gravate da un tasso


variabile di complicazioni nel post-chirurgico. Nondimeno,
presentano un’accuratezza tale da individuare anche la più fievole
ed asintomatica forma di ipertenensione endocranica,
radiologicamente non evidente.

La misurazione esatta della PIC è tutt'altro che semplice.


Numerosi fattori contribuiscono alla sua estrinsecazione, ed i
sistemi di rivelazione non possono, senza rischi, neutralizzare tutte
le difficoltà che si interpongono.
Il metodo più facile per quantificare la PIC è quello di rilevare la
pressione liquorale attraverso puntura lombare. La pressione
liquorale, alla puntura lombare, operata in decubito orizzontale, in
condizioni normali, risulta nell'uomo fra 80 e 180 mmH2O (1 mmH2O
= 0,073 mmHg). A paziente in posizione verticale, la pressione arriva
a 375-550 mm H2O in sede lombare, mentre in sede cisternale è
subatmosferica. Oltre a fattori di ordine gravitario, la pressione
liquorale è funzione della pressione arteriosa, capillare e venosa
dell'encefalo.
Nella pratica clinica, alla misurazione della PIC attraverso
puntura lombare vi sono due obiezioni principali: l'una concerne il
rischio di cagionare una compressione del tronco encefalico da
ernie, in caso di IE; l'altra: il fatto che la pressione liquorale non
riflette fedelmente la PIC.
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Pertanto, il metodo di rivelazione di riferimento dovrebbe essere
un altro. Nella pratica neurochirurgica il metodo più preciso è dato
dalla puntura diretta in sede intraventricolare.

Di seguito, si fa cenno alla procedura neurochirurgia utilizzata.

1. Posizionare i telini sterili attorno


alla zona operatoria.

2. Effettuare un’incisione sulla


sede ritenuta più opportuna,
onde agevolare l’introduzione
del catetere.

3. Inserimento di un catetere di
rilevazione della pressione in
sede ventricolare.

PRO:

L’introduzione di catetere
intraventricolare in teoria sarebbe da
preferirsi, in quanto:

a) Consente l’evacuazione anche del


liquor (in caso di idrocefalo, ad
esempio);

b) Non risente della


compartimentazione del cervello;

c) Permette l’iniezione di
medicamenti intraventricolari.

CONTRO:

a) Più difficoltoso da inserire e con


maggiore rischio di infezione (5% in più)

Recentemente sono stati messi a punto


sistemi di misurazione che non
richiedono necessariamente la
penetrazione del tessuto nervoso, e che,
parallelamente, tengono conto
dell’esigenza di misurare sia la PI
sistematicamente, ad esempio
nell'idrocefalo infantile, sia rapidamente
ed una tantum, ad esempio nei traumi cranici.

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Questi metodi si fondano sulla quantificazione della PIC dallo spazio
extradurale, a mezzo di sensori che riflettono variazioni di forze applicate
dallo spazio intradurale.
La tecnica oggi maggiormente in voga è quella della vite subaracnoidea
che, attraverso un tubo, comunica con un trasduttore esterno.
Nondimeno, è stato assodato che i metodi di registrazione della PIC dallo
spazio subaracnoideo ed epidurale tendono a sottostimare i livelli di PI
molto elevata rispetto ai valori misurati con catetere intraventricolare.
In conclusione, l'informazione più accurata sul valore della PIC rimane la
quantificazione con catetere intraventricolare, che presenta tuttavia
l’inconveniente di incrementare il rischio di colonizzazione antigenica.

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BIBLIOGRAFIA

Ropper – Brown – Adams – Victor:


Principi di Neurologia

Conti:
Fisiologia Medica
Brodal – Pizzini – Miani – Tredici – Zaccheo:
Neuroanatomia Clinica
Dionigi:
Chirurgia Generale
Papo – Villani – Giovanelli Barilari – Gaini:
Neurochirurgia Clinica
Fazio – Loeb:
Neurologia
Harrison - Hauser - Josephson - English – Engstrom:
Harrison Neurologia Clinica
D. Schiffer – P. Mortara – L. Orsi:
La sindrome da ipertensione endocranica: fisiopatologia e
clinica

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al.’ non è sufficiente. A questi devono seguire: l’anno tra parentesi, titolo, rivista, volume e numero delle
pagine.

Esempi:

Articoli pubblicati su Giornale: Gillberg, C. (1990). Autism and pervasive developmental


disorders. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 31, 99–119.

Libri: Atkinson, J. (2000). The developing visual brain. Oxford: Oxford University Press Oxford Psychology
Series.

Contributi a Libri: Rojahn, J, e Sisson, L. A. (1990). Stereotyped behavior. In J. L. Matson


(Ed.), Handbook of behavior modification with the mentally retarded (2nd ed.). New York: PlenumPress.

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