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Un libro su Gramsci in carcere e i tentativi di liberarlo

Pubblicato il 3 nov 2015


Pubblichiamo la recensione dello storico Gianpasquale Santomassimo del libro di
Giorgio Fabre, Lo scambio. Come Gramsci non fu liberato, edito da Sellerio.
Gramsci vittima della sua strategia

A partire dai primi studi di Spriano, la vicenda dei tentativi falliti di libera
re Gramsci ha conosciuto una fortuna storiografica che ne ha fatto un tema sempr
e pi ricorrente, e anche ineludibile nella discussione sul comunismo italiano, pe
r le implicazioni che conteneva attorno al contrasto tra il capo dei comunisti e i
suoi compagni che dallestero tenevano in vita le stentate fortune di quel partit
o. Nel tempo si trasformato, anche, in un genere letterario aperto a scorribande c
omplottistiche, a processi sommari basati su brandelli di documenti decontestual
izzati.
Oggi con il libro di Giorgio Fabre (Lo scambio Come Gramsci non fu liberato, Sel
lerio La diagonale, pp. 536, euro 24,00) si esce decisamente dal complottismo o da
lla reticenza (che stata a esso speculare), e la vicenda viene riportata alla su
a dimensione storica effettiva, dentro la quale per si annida anche un grumo di p
ensieri, di cose non dette e solo accennate o adombrate, e che tali inevitabilme
nte resteranno.
un quadro molto ampio e frastagliato, di cui impossibile rendere conto in dettag
lio. Forse non tutto egualmente significativo, e non detto che dietro a ogni sin
golo gesto, supposizione od omissione debba nascondersi parte di un disegno o di
molti disegni che si intersecano.
La trattazione segue le tre fasi che si succedono: una prima collegata a una spe
rata mediazione vaticana tra potere fascista e governo sovietico (scambio con ve
scovi) che si rivela inconsistente. Poi quello che Gramsci definisce il tentativo
grande, fase pi lunga, che interviene mentre i rapporti fra Italia fascista e Urs
s conoscono un momento di incontro e collaborazione (Patto di amicizia del sette
mbre 1933), che non d vita neppure stavolta allo scambio auspicato ma che si conc
lude comunque con la concessione della libert condizionale presso le cliniche di Fo
rmia e poi di Roma. Libert che diviene per ben presto molto condizionata e sorvegl
iata e non si traduce nella concessione dellespatrio in Russia per ricongiungersi
alla famiglia, che lultimo tentativo di un Gramsci ormai piegato e destinato a s
pegnersi il 27 aprile del 1937.
Posto che la mancata liberazione di Gramsci dipese in ultima istanza dalla volon
t di Mussolini di mantenere uno stretto controllo sulla sua persona, la discussio
ne che si apre riguarda il ruolo dei sovietici e, soprattutto, dei comunisti ita
liani.
Qui si possono cogliere molte novit. Intanto, contrariamente a quanto molti aveva
no adombrato, si pu dire che non viene mai meno limpegno dei sovietici per ottener
e la liberazione di un loro uomo, malgrado le critiche del 1926, rivolte non tan
to alla maggioranza staliniana quanto alle modalit di esercizio del suo predomini
o. Pi complicato e dolente il quadro dei rapporti con i compagni italiani. Lascia
ndo da parte dissensi e dissapori sulle scelte dellInternazionale, che pure agisc
ono sullo sfondo, la questione si pone sui pochi e spesso male improvvisati inte
rventi nella questione. Alla fine, si pu anche convenire con lautore che gli italia
ni non facevano una gran bella figura nella vicenda, sia perch era difficile trovar
e qualche episodio che li vedesse positivamente coinvolti nei tentativi di liber
azione del loro leader, sia perch alcuni interventi furono controproducenti e tali
vennero severamente giudicati da Gramsci. Imbarazzo e reticenza che accompagner
anno tale memoria e che impediranno fino allultimo una ricostruzione veritiera de
lla vicenda. Ma qui giusto ricordare che i comunisti italiani si mossero sotto u
n condizionamento difficilissimo tanto da ignorare quanto da accettare pienament
e.

Infatti la novit pi rilevante del libro quella di porre al centro di tutta la vice
nda Gramsci stesso, non solo in quanto oggetto di iniziative altrui ma soprattut
to in quanto regista e stratega delle tortuose strade che avrebbero dovuto condu
rre alla sua liberazione. Una strategia largamente fallimentare, bisogna pur dir
e. Fin dallinizio, con una fiducia immotivata nella disponibilit vaticana a tratta
re il suo scambio. Ma soprattutto con una strategia processuale debolissima e ch
e si sarebbe rivelata allorigine di tutti i contrasti e di tutte le amarezze viss
ute nel rapporto con i compagni italiani.
Volont di Gramsci era che gli italiani si tenessero fuori da ogni aspetto di quel
la trattativa, interamente demandata allimpulso sovietico. Una pesante intromissi
one era stata considerata la famigerata lettera di Grieco del 1928, sulla quale mo
lto si scritto, e che procur in Gramsci unirritazione destinata a riaffiorare nel
tempo, mentre non suscit reazioni simili in Terracini e Scoccimarro, che erano gl
i altri destinatari della missiva. Al riguardo, bisognerebbe cominciare pure a c
hiedersi se davvero una polizia efficientissima come quella fascista avesse biso
gno della lettera di Grieco per scoprire che Gramsci era uno dei massimi dirigenti
del partito comunista. Ma tutta la strategia prescelta puntava ad attenuare e p
orre in dubbio lesercizio di quel ruolo dirigente: il che comportava anche la rac
comandazione di evitare campagne propagandistiche volte a rivendicare la sua lib
erazione.
A questo era particolarmente difficile attenersi, per un partito clandestino in
patria e che aveva un compito naturale di mobilitazione di coscienze sul piano i
nternazionale. Tanto pi diverr difficile col passare del tempo, quando, ad esempio
, col patto di unit dazione siglato con i socialisti nel 1934 il nome di Sandro Pe
rtini verr stabilmente ad associarsi a quello di Terracini tra le vittime del car
cere fascista di cui si chiedeva la liberazione.
Al riguardo, singolare che in questa letteratura non si sia mai tenuto conto del
la lettera di Togliatti a Turati del 30 ottobre 1930, nella quale venivano segna
late le gravi condizioni di salute di Pertini nel carcere di Santo Stefano, si i
nvitava a una mobilitazione unitaria e si suggeriva di inoltrare la richiesta di
trasferimento a un carcere pi idoneo: come poi avvenne, nel carcere-sanatorio di
Turi nel quale era recluso anche Gramsci (Sandro Pertini combattente per la lib
ert, a cura di S. Caretti e M. DeglInnocenti, Lacaita 2006, pp. 7071). La vicenda,
tanto pi significativa perch avvenuta in piena epoca di socialfascismo, fa comprende
re come da parte comunista si tenessero unite le dimensioni dellagitazione politi
ca e dellesperire le vie legali consentite dai regolamenti.
Se si eccettuano cadute approssimative e dilettantesche (il modo in cui Azione p
opolare del 29 dicembre 1934, diretta da Teresa Noce, diede conto della scarcera
zione di Gramsci, irrigidendo la posizione di Mussolini e dando luogo a quello c
he ancora nel 1969 Sraffa definiva un disastro rispetto alle speranze di Gramsci),
la posizione del gruppo dirigente comunista fu nel complesso di accettazione de
lla richiesta di Gramsci, se pure non condivisa e ritenuta sicuramente onerosa s
ul piano politico. Anche il ruolo di Togliatti emerge come particolarmente rispe
ttoso della personalit dellamico e vlto a salvaguardarne la memoria, attribuendogli
perfino colorite espressioni contro Trotskij nel momento in cui Grieco, Di Vitt
orio e altri sollecitavano un processo postumo contro Gramsci, che riusc a blocca
re. A Togliatti si deve in larga misura anche linvenzione della frase eroica pron
unciata di fronte al Tribunale speciale, dibattimento che invece si svolse in fo
rma timida e stentata.
Quando allinizio del 1934 Dimitrov venne espulso dalla Germania, dopo avere trion
fato contro il Tribunale nazista, Gramsci dovette probabilmente porsi delle ques
tioni e venire assalito da dubbi. Perch la strategia seguita dalleroe di Lipsia era
stata esattamente opposta a quella che Gramsci aveva prescelto: politicizzare al
massimo il dibattimento, dare a esso la massima pubblicit, convogliare lattenzion
e della stampa e dellopinione pubblica internazionale.
Gli ultimi anni di Gramsci furono amarissimi, segnati da delusione e scoramento,
da sensazioni di abbandono e tradimento. Un esito di cui fu certamente vittima,
ma che in qualche misura contribu anche a determinare.
fonte: il manifesto 1.11.15

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