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I Quaderni dellIrla

di Agide Vandini Filo di Romagna (Italy)

Numero:

Titolo:

10

DATA:

11 Novembre 2014

Filo 1944
- Raccolta articoli dedicati al 70mo dei tragici eventi filesi del 1944
(Edizione distribuita Pro-ANPI Filo lo scorso 14 Aprile)

Articoli di riferimento:

LIrla: gen-feb 2014;

Approfondimenti e monografie

dal blog:

Scaricabili da Internet sul sito:


www.scribd.com

AGIDE VANDINI

Filo, 1944
Il ricordo, settantanni dopo

Raccolta di articoli pubblicati su:

Nel Gennaio Febbraio 2014

Edizione a cura dellautore


pro a.n.p.i. - sez. filo

QUEL TRAGICO 1944 A FILO (1) - (16 Gennaio 2014)


Appena pochi mesi fa (7 agosto scorso) la proiezione in sala pubblica a Filo di una copia digitalizzata de
LAquilone sul Reno, ci ha fatto capire, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto frammentaria, talvolta
carente, risulti la documentazione e la narrazione sin qui proposta, bibliografica e cinematografica, intorno al
tragico e sanguinoso 1944 filese. Si tratta di eventi basilari della nostra storia che toccarono profondamente il
paese durante loccupazione nazi-fascista, eventi di cui ricorrer nei prossimi mesi il 70esimo anniversario.
Il filmato, dedicato a quanto avvenne nei dintorni di Argenta durante la seconda guerra mondiale, fu
realizzato a met degli anni 90 sotto la regia di Andrea Barra e sponsorizzato da una Coop Costruttori al
tempo assai sulla cresta dellonda. La realizzazione del progetto si avvalse, oltre che di attori locali, di molte
testimonianze raccolte con passione e meticolosit fra gente che custodisce con orgoglio e fierezza le sue
memorie, ben cosciente del prezzo, enorme, pagato, qui, per la conquista della Libert e della Democrazia.
Grande fu a Filo il contributo dato alla Resistenza e tante le irreparabili perdite umane che accompagnarono le
devastazioni delle nostre case, in particolare nei giorni del passaggio del fronte bellico nel territorio fra il
Reno e le Valli di Comacchio, in quella che porta il nome di battaglia dellArgenta Gap (la stretta di Argenta)
una delle battaglie pi importanti della Campagna dItalia nellultimo conflitto.
Allepoca in cui furono girate le scene, io
accompagnai ad un colloquio col regista mia sorella,
testimone diretta dellevento tragico che aveva
comportato la morte di nonna Agida Cavalli. Carla
raccont con grande emozione ogni minimo
particolare della terribile esperienza vissuta da
bambina, cercammo insieme di spiegare come
quellavvenimento si inquadrasse nellannosa vicenda
di persecuzione politica di nostro padre e come la
decisione di sopprimerlo da parte dei repubblichini
fosse avvenuta a fine febbraio 1944, quando a Filo
non si respirava ancora il clima di battaglia militare e
in un periodo in cui il movimento di Resistenza,
appena agli albori, non poteva ancora preoccupare
seriamente gli occupanti nazi-fascisti.
Spiegammo come e perch babbo Guerriero e il suo designato compagno di fucilazione (Matulli Giovanni
detto Gianl) ebbero salva la vita per il sacrificio della nonna, un rilascio che intendeva essere un gesto
riparatore e che soltanto qualche mese dopo, nel clima esasperato e di violenza spietata che si instaur coi

fascisti e i tedeschi alle strette, non sarebbe stato possibile, violenza che determin, come sappiamo, ulteriori
persecuzioni, rappresaglie e morti atroci.
Nel film purtroppo non trov posto nulla di tutto questo; la scena delluccisione, forse esigenze
scenografiche e narrative, fu proposta con una dinamica diversa dallaccaduto e soprattutto collocata
temporalmente in modo errato. Il fatto viene proposto addirittura dopo leccidio dell8 settembre 1944 e
persino dopo la sparatoria partigiana sugli argini del Reno del gennaio 1945, quasi che fosse avvenuto a
ridosso del passaggio del fronte, senza accennare minimamente agli esiti finali della spedizione fascista. Nulla
si dice sulla conclusione, lungo la scarpata della strada provinciale in localit Civettara, sul rilascio allultimo
momento dei prigionieri gi pronti per lesecuzione, con una decisione che sorprese persino i due perseguitati,
per fortuna ignari delle condizioni disperate della donna trasportata allospedale in fin di vita. Non aver
rappresentato questo aspetto, ha significato togliere allo spettatore la possibilit di capire come e perch il
gesto e lestremo sacrificio dellAgida fu, non solo coraggioso ed eroico nel suo slancio di madre, ma utile e
determinante per la vita del figlio e del suo compagno di lotta politica.
La vita di Gho e Gianl fu risparmiata, di fatto, davanti alla vergogna di avere, con uno spiegamento di
forze del genere (ben 12 brigatisti neri fatti venire da Migliaro, Migliarino, Dogato e Massafiscaglia) colpito
ed ucciso a tradimento una donna, forte e temeraria, ma pur sempre una donna. Seguendo il filmato non si
capisce neppure quale fine abbia mai fatto lantifascista prelevato da casa, un silenzio che indurrebbe a
pensare alla sua soppressione. Eppure, se cos fosse stato, chi scrive (e porta il nome della nonna) e che
allepoca spieg tutto al regista, non sarebbe nato 20 mesi dopo.
Chi volesse documentarsi un po meglio intorno a questo fatto che appartiene ormai alla storia di Filo pu
farlo consultando a fondo questo blog, oppure leggere larticolo rievocativo di Renata Vigan (Una madre
della Resistenza, Noi Donne, 27.4.1952) ripubblicato e corredato di note integrative in A.VANDINI, Sotto
lombra dun bel fior, Faenza, Edit, 2005, pp. 67-68. La scadente ricostruzione cinematografica ci suggerisce
tuttavia che si pu e si deve fare di pi, raccontando meglio ci che avvenne a Filo in quel tragico 1944.
Intorno alleccidio dei dieci filesi, ad esempio, avvenuto alla data dell8 settembre 1944, sei mesi dopo la
morte dellAgida e quattro mesi dopo la vile eliminazione di un uomo come Mario Babini, vero trascinatore
dellantifascismo filese, i cineasti ferraresi devono aver ricevuto altrettante testimonianze accorate. Ricordo
che allepoca nella saletta della Casa del Popolo di Filo si tennero affollate riunioni e dibattiti sullargomento.
Com stata possibile allora una introduzione delle scene del misfatto con parole in grado di lasciare allibiti
i filesi? Si udito recitare nella proiezione pubblica: Avvennero episodi terribili come luccisione di dieci
cittadini, cinque di Filo e cinque delle localit vicine, per rappresaglia, un commento al limite del ridicolo,
arcinoto com, a Filo e non solo, che quei poveri corpi insanguinati e quelle dieci famiglie distrutte erano
tutte e soltanto del nostro martoriato paese, circostanza, di per s, nella logica folle della rappresaglia nazista.
Ancora sbigottito, arrabbiato con me stesso per non averlo notato prima, ho voluto riascoltare e rivedere
per lennesima volta la raccapricciante scena nella copia del filmato in mio possesso (una digitalizzazione
casalinga della videocassetta comperata a suo tempo) e sono rimasto di stucco. Nella mia copia (Edizione
dellAprile 1995) la voce di Raul Grassilli recita ben diversamente: Avvennero episodi terribili come
luccisione di dieci cittadini di Filo dArgenta1, per rappresaglia, dopo la morte di un soldato tedesco.
Pi che tranquillizzarmi, il fatto ha reso evidente come in giro ci siano copie sbagliate e pasticciate del
film, copie che evidentemente non vennero mai sostituite. Non ho peraltro mai saputo di opportune note di
errata corrige. Sta di fatto che chi ha digitalizzato la copia proiettata in pubblico in questi giorni non sapeva
dellesistenza della versione riveduta e corretta.
Peccato. E davvero triste avere avuto una simile possibilit di spiegare alle future generazioni le tragedie
della guerra nellargentano, aver potuto contare sulla partecipazione entusiastica di cos tante persone, ed
averla in parte sprecata, pasticciando in modo tanto maldestro i fatti filesi rappresentati, ed aver reso in
1

Un dArgenta che, come avviene purtroppo assai spesso, sempre di troppo quando ci si riferisce al paese nel suo complesso,
articolato, com noto, in due frazioni di comuni diversi. Alcuni dei trucidati infatti erano di Filo dAlfonsine.

sostanza il filmato, per le sue imprecisioni, scarsamente utilizzabile a scopo storico-documentaristico e


didattico.
Vero che il film fu concepito con un taglio narrativo ove la realt, i fatti avvenuti, sono collegati ad una
vicenda del tutto fantasiosa, pur verosimile, la vicenda personale del giornalista che tiene insieme il racconto.
Per questo suo taglio romanzesco o, se si vuole, per le discrete performances di attori improvvisati e qualche
buona ricostruzione ambientale, il filmato merita di essere proposto. Difficile invece distinguere nel filmato
la realt dalla fantasia, e viceversa, almeno per la parte filese, da parte di chi non visse gli avvenimenti o
non ha avuto, come noi, la possibilit di udire le tante testimonianze dellimmediato dopoguerra.
Credo allora che, intorno alleccidio, ma anche agli altri tragici fatti filesi del 1944, visti i limiti e lambito
circoscritto dei resoconti fin qui pubblicati, sia giusto scrivere ancora qualcosa, raccogliendo e mettendo
ragionevolmente assieme racconti e testimonianze di chi visse direttamente o indirettamente gli eventi, in
modo che la finzione o lapprossimazione non finiscano per sostituire, un giorno, la verit storica. E quel
che, con impegno, mi ripropongo di fare in questo blog in altre quattro consistenti puntate settimanali.
UN PAESE DA BASTONARE... (2) (23 Gennaio 2014)
Le spedizioni punitive delle Brigate Nere ferraresi dei primi mesi del 1944, con violenze ed esecuzioni che
presero di mira Filo e i suoi elementi pi sovversivi, non avvennero a caso, e neppure per fatti episodici. Per
comprendere a fondo le vere ragioni alla base delle persecuzioni, vanno ripercorse alcune tappe fondamentali
della storia, sia locale che nazionale.
Filo, quanto ad attaccamento ai valori di solidariet e agli ideali socialisti, vanta tradizioni antiche. Ancora
oggi un nome e una garanzia, una caratteristica talvolta vissuta con fastidio da chi, dallesterno, vede in
questo soltanto grettezza di intenti o piattume intellettuale. La filesit ben altro e fonda le sue solide radici
in anni lontani, negli albori del movimento operaio, fin dalla fondazione del Partito Socialista e dalle lotte
agrarie di fine Ottocento e Primo Novecento; sono fatti ed eventi che le attuali generazioni non ricordano
materialmente, ma di cui si conserva, in famiglia, vivo ed intatto, lo spirito di allora.
Questo fu gi considerato un paese rosso quando, nella difficile Italia postunitaria, braccianti ed operai,
per sentir parlare dei loro diritti, andavano a piedi nelle vicine localit romagnole ad ascoltare i comizi di
Andrea Costa e si portavano dietro i figli in carriola. Sarebbe lungo spiegare, in tutti i passaggi e in tutta la sua
lunga genesi, il perch di una particolare coscienza di classe che, poco a poco, venne a formarsi intorno
allideale sol dellavvenir di garibaldina memoria; mi limito ad elencare alcune pietre miliari:
23 luglio 1896 Uccisione a Filo, sul ponte di Po Vecchio,
del giovane Francesco Mezzoli, 25 anni, fondatore della locale
sezione socialista, una morte voluta, causata e fomentata
dallodio politico.
Marzo 1907 Filo, in solidariet coi paesi vicini, scende in
sciopero, uno sciopero totale, sfiancante e difficile, che dura tre
mesi. In Romagna vengono accolti e ospitati per solidariet i
figli degli scioperanti alla fame. Finisce con la capitolazione
della controparte padronale che firma nuovi patti.
8-12 giugno 1914 I moti romagnoli della Settimana Rossa
si diffondono in particolare ad Alfonsine ed interessano, pur
marginalmente, anche il nostro territorio.

8-12 giugno 1914.


La folla davanti al Municipio di Alfonsine annerito dalle fiamme
Argenta. Gli scioperanti impediscono la marcia dei
treni. La Domenica del Corriere, 2 giugno 1907.

21 aprile 1922 Viene ucciso di botte a


Filo, da una squadraccia fascista, lanziano
Vincenzo Antonellini, 53 anni, suocero del
conduttore dellosteria di Case Selvatiche
definita un covo socialista. Pochi mesi dopo
(28 ottobre), di fronte alla Marcia su Roma,
il Re Vittorio Emanuele III mette lItalia
nelle mani di Mussolini; gi dal 1921 per il
paese rosso di Filo oggetto di
provocazioni e soprusi fascisti. Non si
contano le spedizioni punitive, le botte e le
sparatorie che vedono la popolazione
terrorizzata da squadre che vengono
dallargentano e scorrazzano impunemente
per le strade. Vengono sciolte le cooperative,
ma i filesi rifiutano con fierezza ladesione al
sindacato fascista.
1930 A Filo, dove a fare il segretario
del Fascio arriva largentano Dalla Fina,
attiva fin dal 1927 una cellula comunista che
compie alcune azioni dimostrative. Il
promotore il giovane Mario Babini, nativo
di Giovecca, classe 1907, poi marito di
Rosina Natali. Alla fine di novembre del
1930 vengono arrestati, nel quadro della
retata dei comunisti romagnoli, ben 22
filesi, 11 dei quali il 29.4.1931 sono
condannati dal Tribunale Speciale Fascista di
Roma a pene varianti da 1 a 6 anni con
laggiunta di parecchi mesi di vigilanza
speciale. Molti di essi sono ancora
minorenni.
I
condannati
rimarranno
nellElenco dei Sovversivi per tutti gli anni
del Regime. Tre di loro (Vandini Guerriero,

Il resoconto della spedizione punitiva che port


alla morte tragica del filese Vincenzo Antonellini

Matulli Giovanni, Babini Mario), nel 1944,


in epoca repubblichina, finiranno nella lista
dei soggetti pericolosi da eliminare. E una
ricca pagina di storia locale che per va
approfondita in altra sede2.

La sentenza del Tribunale Speciale di Roma.


(I ventidue giovani filesi sono contrassegnati con lasterisco)3

10 giugno 1940 LItalia fascista, dopo aver fomentato la Guerra di Spagna e scatenato quella dAbissinia
per dar seguito alle sue roboanti pretese coloniali (1935-36), aderisce al Patto dAcciaio ed entra in guerra,
nel secondo conflitto mondiale, a fianco della Germania.

Nel libro uscito da poco, e dedicato alla figura di Bruno Natali, la vicenda degli arresti, del processo e delle persecuzioni viene
ampiamente ricostruita e dettagliata (E.CHECCOLI D.TROMBONI, Bruno Natali, una vita nel cuore del Novecento, Ferrara, Tresogni,
2013, pp. 21-48). Purtroppo nellelenco degli arrestati viene tralasciato, per evidente omissione, Luciani Arnaldo e nel testo non sono
evidenziati in grassetto (pp.44-45), alla pari degli altri filesi, gli allora residenti in provincia di Ravenna: Diani Luigi (Luigi),
Tebaldi Tancredo (E Moz) e Toschi Giuseppe (Pip), mio zio.
3
Vedi A.DAL PONT, A.LEONETTI, P.MAIELLO, L.ZOCCHI, Aula IV, Roma, ANPPIA, 1961, pp. 184-185. Nel testo, alla sentenza n.23
del 28-4-1931, si riporta: Nel 1930 il Comitato federale romagnolo del Partito comunista dirige da Faenza unorganizzazione che
si articola in sette zone, ognuna delle quali comprende numerose cellule. Attivit principali: distribuzione di stampa, scritte murali,
esposizioni di bandiere rosse[].
Queste alcune notizie frammentarie sui processati (raccolte con laiuto di Vanni Geminiani e Carla Vandini): Babini Mario,
originario di Giovecca di Lugo, poi marito di Rosina Natali, abit con la famiglia di questultima di fianco allosteria Nuvoli; Matulli
Giovanni (Gianl) abitava al Borgo S-ciapta; Fabbri Alfeo (Pip), fratello del Ger e altri, abitava a Case Selvatiche, si spost poi
alla Chiavica di legno; Diani Luigi (Luigi d Gabar), pap di Francesco (Chcco), abitava a Filo di Alfonsine; Tebaldi Tancredo
(e Moz d Mlarina), pap di Achille (Chilo) abitava a Case Selvatiche sotto Alfonsine; Vandini Guerriero (Gho), mio padre, abitava
nel centro di Filo; Tarozzi Irpio (Lido), padre di Franco, abitava di fianco allosteria Nuvoli; Natali Bruno (dla China), padre di
Arturo, Luciano, Lelia e altri, abitava al Molino di Filo; Veduti Enzo (Panma), padre di Teresa, abitava nel centro di Filo; Tirapani
Anteo (Teo d Pani), abitava nella C Longa, grande amico di mio padre Guerriero, emigr nel dopoguerra a Marina di Ravenna;
Toschi Giuseppe (Pip d Capitni), fratello di mia madre Elvira e pap della maestra Rita Toschi, viveva Rossetta di Filo sotto
Conselice, a met degli anni 30 si spost alla Campeggia - Pip ancora vivente alla soglia dei 103 anni -; Mondini Francesco,
fratello di Bars-c e quindi zio di Libero Mondini (mio ex compagno di banco), abitava alla Campeggia (gli mor un bambino sotto il
carro del grano); Luciani Arnaldo (Amaldo allanagrafe), babbo del bidello Paolo e di Mario (marito di Elvira Diani), abitava al
Borgo Gallina; Banzi Guerriero, fratello di Pezli (Quinto) e Ghingh, zio quindi di Luisa e Delia, abitava nel centro di Filo;
Bonora Guerrino, fratello di Nello il parrucchiere, abitava a Case Selvatiche; Banzi Tarcisio (Cecio), abitava nei pressi della
Bargunzna, dietro ai Rav (Venieri), spos la Tavalaza; Battaglia Ivo, fratello di Bruno, Liliana e altri, abitava nei Vag, poi
emigr a Milano; Veduti Adino (Spulvrz), marito della Noemia d Farl, abitava nel centro di Filo, poi disperso in Russia; Antonioli
Mario, in seguito emigrato a Lavezzola; Minghetti Emilio (Migliri d Bigila), abitava nei pressi dellca, padre di Mara; Martinelli
Olao, fratello della bidella Ines, abitava al Molino di Filo; Geminiani Vito, fratello di Maria, Volpi e Pina di S. Biagio, era figlio del
fratello di Angelo, nonno di Vanni Geminiani.

25 luglio 1943 Gli anglo-americani sono gi


sbarcati in forze nella penisola. Di fronte allormai
irreversibile rovescio militare, il Re Vittorio
Emanuele III destituisce Mussolini: finisce il
regime fascista e il Maresciallo Badoglio, nominato
Capo del Governo del Regno, dichiara che la
guerra continua al fianco della Germania.
Il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, discorso letto alle
19.42 dai microfoni dell'EIAR:

Il governo italiano, riconosciuta la


impossibilit di continuare la impari lotta
contro la soverchiante potenza avversaria,
nell'intento di risparmiare ulteriori e pi gravi
sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio
al generale Eisenhower, comandante in capo
delle forze alleate anglo-americane. La
richiesta stata accolta. Conseguentemente,
ogni atto di ostilit contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze
italiane in ogni luogo. Esse per reagiranno ad
eventuali attacchi da qualsiasi altra
provenienza.
25 luglio 1943: Lannuncio delle dimissioni di Mussolini. E la
fine del Regime fascista. Nel proclama di Badoglio si afferma
che la guerra continua; si teme per lordine pubblico, timore
ripetuto nell appello agli italiani del giorno successivo.

8 settembre 1943 Badoglio firma larmistizio con le Forze Alleate Anglo-Americane, gli ordini sono
confusi e lesercito italiano, dopo tre anni di combattimenti, si scioglie nellarco di poche ore.
E il Tutti a casa che d inizio alla Resistenza nella parte del territorio subito occupato dai tedeschi. Il re
si ritira a Brindisi, nomina il figlio Umberto II Luogotenente dItalia e questi, costituita la Brigata Cremona,
affianca gli Alleati nella Guerra contro la Germania.
I tedeschi creano, nel territorio occupato, la Repubblica Sociale Italiana e vi mettono a capo Mussolini,
liberato dalla prigione di Campo Imperatore nel Gran Sasso. Il fascismo diventa cos repubblicano (per la
storia: repubblichino), e combatte a fianco della Germania contro il Regno dItalia, contro il suo
Luogotenente, i suoi propositi democratici e i suoi alleati militari.
Il fascismo repubblichino scatena, in sostanza, una guerra civile nellItalia occupata, contro gli altri italiani,
contro coloro che si riconoscono nel nuovo corso della Monarchia, nei valori di Libert e Democrazia di cui
sono portatori i suoi nuovi alleati.
Gli italiani che anelano al II Risorgimento dItalia, in particolare tanti soldati tornati a casa l8 settembre
del 43 e scampati alle retate tedesche, alimentano le fila della Resistenza. Di l in poi, questi italiani, saranno
chiamati, e si faranno chiamare, Partigiani.

ARRIVANO LE BRIGATE NERE... (3) (30 Gennaio 2014)

Dopo larmistizio il fronte di guerra rimase fermo per parecchi mesi lungo la
cosiddetta Linea Gustav, linea che univa Cassino a Termoli. Gli Alleati tennero
quelle posizioni dallottobre del 43 al maggio del 444.
Gli echi della guerra e degli spari contrapposti sono dunque ancora assai
lontani nei mesi in cui la violenza repubblichina ferrarese prende di mira gli
antifascisti filesi Vandini Guerriero, Matulli Giovanni e Mario Babini, da tempo
oppositori attivi e irriducibili al regime.
Nella notte fra il 28 e il 29 Febbraio 1944 giunge dal ferrarese fino al centro di
Filo una squadra di Brigate Nere. E a bordo di una camionetta che si ferma
lungo la Provinciale (oggi via 8 settembre 1944) di fronte allabitazione di Ivo
Vandini, mio nonno, una povera dimora al piano terra di un vecchio condominio
abbattuto nel dopoguerra; quel terreno oggi incorporate nel giardino Barabani
che fiancheggia la C de Ppul.

Cfr. http://www.auladellamemoria.it/percorsi_didattici/linea_gotica.html

Centro di Filo nellanteguerra. Al lato sinistro: la parte terminale della C Longa, la


C d S-cifl, il condominio Barabani (al piano pi basso la residenza di Ivo
Vandini), Le vecchie scuole (oggi Casa Comunale di Filo dArgenta), la c dla
Vizinzna. Al lato destro si distinguono: losteria gestita al tempo di guerra dalla
Bianca e dal marito Enrico Nuvoli (insegna Vini e Liquori), un caseggiato
abbattuto nel dopoguerra per i danni subiti dai bombardamenti, la casa e bottega
Barbieri (col balcone), la C dNicola il maniscalco e pi oltre, in corrispondenza
della Ca dla Vizinzona, la vecchia caserma dei Carabinieri. Per lidentit delle
persone fotografate nella cartolina si veda in questo stesso blog, anno 2010: Cest
gal, scherzi del dialetto : http://filese.blogspot.it/2010/02/cest-egal-scherzi-deldialetto.html

Guerriero Vandini (Gho), sua moglie Elvira


Toschi, e la figlioletta Carla, ai piedi della
rampa che scende dalla strada, intorno al
1940. Sullo sfondo, a sinistra le vecchie
scuole, a destra la vecchia caserma.

Si sapranno in seguito, dallautista del camion, un informatore della Resistenza, i dodici nomi, cognomi e
provenienze di questi individui in missione punitiva, dodici sconosciuti portatori di morte, che, scesa la rampa,
circondano la casa e bussano con prepotenza al portone. Si affaccia nonna Agida, 53 anni, da sempre
preoccupata per i suoi figli, uno dei quali, Sereno, prigioniero in Germania, un altro, Guerriero, sempre in
pericolo, perseguitato politico dallet di diciottanni, dorme con la moglie Elvira e la figlioletta Carla, a pochi
passi da lei, in una stanzetta accessibile solo dallesterno.
Abita qui Vandini Guerriero?... Le parole risuonano minacciose nella notte, parole che il capoccia
fascista pronuncia mentre sbircia dalla porta assieme ad un altro squadrista. Entrambi hanno il fazzoletto da
collo tirato sopra la punta del naso, s che gli occhi assassini sfavillano in tutta la loro esaltazione e follia.

La casa ove allepoca abitava al piano terra la


famiglia di Ivo Vandini in primo piano nella foto
(gi proposta in questo blog) scattata dagli inglesi il
14 aprile 1945, giorno della Liberazione di Filo. E
quella pi a destra che precede la Ca dS-cifle, pi
alta e col tetto a quattro acque.
A fianco, per una migliore comprensione del testo,
una piantina sommaria del piano terra delledificio
ricostruita grazie alle indicazioni di mia sorella,
Carla Vandini.

10

Forse non c, dorme in una stanza dietro casa. Cosa volete, perch lo cercate? E poi subito, senza
attendere risposta Agida si rivolge al marito: V a vd te, Ivo..; nel frattempo cerca di intrattenere i due
forestieri che crede soli. Segue con la coda dellocchio il marito che ha le mani che tremano e non riesce,
dallinterno, ad aprire il catenaccio esterno, quello che chiude le due met inferiori della porta che d accesso
al cortile posteriore e conduce alla cameretta della famigliola di Guerriero.
Lasa st cha vgn me si spazientisce la nonna e poi si precipita, apre con agilit la porta. Non sa che
la casa circondata di anime nere assetate di sangue. Scende lo scalino per correre dal figlio, pensa di urlargli
Scappa Guerriero, scappa Ma quelle parole non riescono ad uscirle dalla bocca, subito sopraffatta dalla
scarica di mitra di uno dei brigatisti appostato nel buio e scaraventata a terra dalle tremende pallottole
esplodenti dum-dum che la colpiscono al basso ventre. Agida crolla al suolo in un bagno di sangue.
Neppure il tempo per questi sgherri di accorgersi che si tratta di una donna anziana, di capire che non
stato centrato un rosso da eliminare, di constatare che il bersaglio, ahim, una povera madre protesa alla
salvezza del figlio. Subito gli assassini in forze si dirigono alla stanzetta occupata dalla famigliola, proprio
mentre Gho, risvegliato dai colpi, sta uscendo dalla porta della sua camera da letto.
E ancora pieno inverno, c parecchia neve per terra. Guerriero in camicia da notte, a piedi scalzi, ma
viene fatto salire, a spintoni, cos com sul cassone del camion. Carla di nove anni e la mamma Elvira
rimangono chiuse nella loro camera: da l possono udire le urla e il tramestio allesterno, ma non possono
uscire, allarmare, chiamare soccorso, n farsi aiutare da qualcuno. Carla ne rimane traumatizzata. Elvira
disperata, poi prende il coraggio a due mani e si rivolge alla figlioletta: Che ci ammazzino pure tutte e
due, d uno spintone alla porta e si ritrova nel cortile insanguinato proprio mentre la camionetta sta
portando via Guerriero.
Sul cassone di quel mezzo, ormai in strada, Gho comincia a battere i denti, infreddolito; ode sempre pi
lontane, ma insistenti, le grida del padre.
Partito il camion degli squadristi il nonno, rivolgendosi a destra e a manca, chiama soccorso. Va sotto la
finestra del dottor Geminiani che inizialmente, terrorizzato e timoroso di conseguenze personali, non ne vuol
sapere5. Elvira riesce finalmente a fermare una macchina che trasporti la nonna ad Argenta, allospedale,
quantunque si capisca che non c pi nulla da fare. Agida, dopo unagonia terribile, in preda alla sete e a
dolori tremendi al ventre, muore due giorni dopo, il 2 marzo 1944.
Nella notte dinverno il camion delle anime nere prende la direzione della Bastia e fa sosta alla S-ciapta.
L, nel borghetto, la squadraccia preleva senza resistenza alcuna Giovanni Matulli, compagno di Gho nelle
prigioni fasciste quattordici anni prima; lamico Gianl impaurito, appena un po pi vestito di lui.
Oltre Case Selvatiche, un centinaio di metri oltre la curva ad esse in salita, Gho e Gianl vengono
scaraventati gi dalla piccola scarpata, di fronte alla Civettara. Mentre la camionetta staziona sullo stradello, i
due antifascisti vengono sollecitati con urla e grida a scavarsi la buca alla svelta, quella della loro tomba.
Gianl ormai non ce la fa pi a reagire, Gho trova, chiss come, la forza e la rabbia per chiedere al capo
drappello, tale Felloni di Massa Fiscaglia6: Perch ci sparate, siamo innocenti, che cosa abbiamo fatto di
male? Questi lo apostrofa in malo modo e gli si avventa contro: Stai zitto tu che il 25 luglio eri sul camion
con quelli che bruciavano le divise delle Camicie nere

La richiesta di soccorso al Dottor Geminiani ben documentata in un articolo apparso nellimmediato dopoguerra su LUnit, a firma
di Rosina Natali, un articolo di grande sensibilit che ho integralmente trascritto e che riporto a fine testo, con alcune note esplicative.
6
Egidio Checcoli, in Filo della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, pp. 105-107 riporta che la squadra dazione apparteneva
alla Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale (MVSN), pi conosciuta come Tupn. Francesco Felloni, da Dogato (FE) era il
comandante della squadraccia e ricopriva lincarico di Ispettore della VII zona della MVSN. In una lista trascritta da quella che mia
madre seppell in un barattolo e che mio padre conserv sempre, posseggo ancora i nomi dei dodici squadristi. Per rispetto dei
discendenti riporto solo le iniziali dei dieci nominativi non citati da Felloni: S.R., T.U., M.A., M.G., S. (nome mancante, ma
possibile che si tratti del Malfaccini indicato dal Felloni), R.G., R.P. (detto Pir), R.P. (detto Pir), C.E., C.A. (tutti di Migliarino)
cui va aggiunto, oltre al Felloni, Colombani Quirico di Dogato. Tutti costoro subirono un processo nel dopoguerra, e beneficiarono
dellamnistia intervenuta.

11

Gho sa che quanto dice il caposquadra corrisponde al vero. E vero che lui lestate precedente, in licenza
agricola proprio nei giorni della destituzione del Duce, era andato, assieme ad altri, nelle case dei fascisti a
farsi consegnare le divise color di morte per farne un fumante fal. Gli appare chiaro che qualche informatore
deve aver segnalato la cosa ai comandi repubblichini e la circostanza, considerata la sua opposizione al regime
di vecchia data, lo ha fatto salire, agli occhi dei caporioni fascisti, ai primi posti della lista nera, uno di quelli,
cio, da eliminare alla svelta per far star buoni e quieti tutti i rossi di questo dannato paesino.
Gho comunque non nega, anzi: E con questo? Io non ho mica commesso alcun reato! Il Fascismo, il
regime, il 25 Luglio caduto e io ne ho semplicemente bruciato i simboli. Non ha alcun piano Guerriero,
lui che pure alla testa di un Gruppo di Azione Partigiana che si occupa di resistenza passiva 7 in paese:
capisce che non c alcuna concreta possibilit di fuga. La discussione gli fa per prender tempo, guadagnare
istanti preziosi, fino a che i fari di unautomobile proveniente da Argenta sopraggiungono nella notte; il capo
brigatista si stacca allora dal plotone di esecuzione ormai pronto e va a conferire con chi porta notizie, forse
latore di nuovi ordini. Il breve colloquio col conducente della vettura avviene lontano dalle orecchie delle altre
camicie nere e da quelle degli ostaggi che attendono, ormai impotenti, lepilogo; sono pochi attimi in cui, al
Felloni, viene evidentemente riferito che la donna colpita morente, che non ha quindi alcuna possibilit di
scampo.
Il capoccia a quel punto urla ai prigionieri lennesimo comando: Salite sulla strada e andatevene a casa a
piedi!... I due prigionieri risalgono, passo dopo passo, la ripida scarpata mentre gli squadristi urlano: E
dite in paese che noi siamo socialisti, che vogliamo il bene degli operai. Gho e Gianl sono convinti di
udire da un momento allaltro alle loro spalle il crepitio della scarica pi oltraggiosa, la mitragliata alla
schiena; quasi con incredulit si ritrovano invece, scalzi e semisvestiti, sulla ghiaia appuntita della strada,
allora corrono fino alla curva; l, oltre la discesa ad esse, lascito di antiche chiaviche l interrate,
cominciano a credere che sia stata concessa loro la vita, senza per capirne la ragione, senza nemmeno
immaginarsi un perch.
Il grave motivo dellimprovviso pentimento squadrista, Gho lo capisce alle soglie di casa, nel
riabbracciare la famiglia in preda alla disperazione; non c pi il sangue materno versato nel cortile, ripulito
in tutta fretta dallElvira, ma intuisce il sacrificio ormai certo dellAgida di cui fin l ha ignorato la sorte;
capisce che quel gesto della madre, offrendogli la propria, gli ha ridato la vita una seconda volta.
Le pene per Guerriero non finiscono qui. LAgida cessa, come si detto, la sua agonia allospedale di
Argenta due giorni dopo, davanti ai familiari affranti. Il peso delle sofferenze della madre in fin di vita per
salvare la sua, e la perdita che ne consegue, terribile. Gli rimane scolpita nella memoria, fra le tante, la frase
nobile e toccante pronunciata dallo zio Amilcare, in sua presenza. Lui, il fratello maggiore di Agida, da poco
sfollato a Filo, tornato da Bologna con la famiglia e col figlio (futuro Prof. Giancarlo Cavalli), al capezzale
soggiunge con voce rotta dallemozione: Meglio mia sorella in questo letto di morte, piuttosto che tu, suo
figlio, fra gli assassini che hanno sparato a tradimento
Il pensiero di Guerriero corre ai fratelli minori, al forte Raffaele, a Sereno che prigioniero in Germania e
che non ricever pi alcuna lettera dalla madre. Nessuno dei fratelli gli rivolger mai direttamente colpe n
responsabilit per laccaduto, ma il triste tormento lo accompagner per tutta la vita. Sar sempre difficile e
doloroso per lui toccare quel tasto8.
7

A Filo intanto si forma la prima squadra GAP diretta da Guerriero Vandini. Il primo obiettivo dei ribelli di ostacolare il passaggio
delle colonne della Wehrmacht e di coordinare la vita civile assicurando che i depositi di grano non finiscano in Germania. Iniziano le
operazioni di disarmo dei fascisti isolati e riprendono a funzionare i collettivi di lavoro che impediscono quasi ovunque ai
repubblichini di disporre a loro discrezione della mano d'opera (V.TOTI, Antifascismo e Resistenza nell'Argentano, Tesi di Laurea, p.
104).
8
A Sereno, da quel giorno prese a scrivere (e lo fece per un anno e mezzo) mia madre Elvira, fingendo una grave malattia dellAgida.
Mio padre volle evitare al fratello minore il dolore della notizia della morte tragica della madre. Pens che nellincertezza della sorte di
tutti loro, fosse meglio attendere la fine del conflitto, nella speranza che tutti si fossero salvati. Cos fu infatti fortunatamente, ma il
problema si pose al ritorno di Sereno dalla Germania, nellautunno del 1945. Gho fu quel giorno avvertito da un compaesano
dellarrivo imminente del fratello: stava tornando a Filo, a piedi, dalla stazione di San Biagio. Mio padre sincammin e gli and
incontro. Lo rivide stanco e festoso, ma dovette raccontargli la triste sorte della madre e la dura esperienza vissuta dalla famiglia. Fu

12

Nel frattempo il 4 marzo 1944, cinque giorni dopo la vergognosa impresa, appena due giorni dopo la morte
dellAgida, il Felloni riusc a scrivere, in un rapporto per il Capo della Provincia di Ferrara, un cumulo di
pasticciate sciocchezze e di ridicole autogiustificazioni. Non vi si accenna neppure a Gianl, laltro ostaggio
catturato; la nonna Agida compare ad un tempo sia davanti che sul retro dellabitazione, vi si parla di massa
confusa uscita dalla casa e fra essa anche il corpo di Guerriero materializzatosi dal nulla; infine vi si dichiara
la menzogna di una ferita allinguine, anzich riferire della gi avvenuta morte della donna:
Chiamato di rinforzo da elementi della Polizia Repubblicana Federale, mi sono portato nella zona di Argenta con quaranta
squadristi, la sera del 28 u.s. In localit Filo di Argenta, ricevemmo lordine di prelevare alcuni elementi comunisti schedati con
lavvertimento che gli individui erano pericolosi e che con molta probabilit avrebbero fatto resistenza. Impartii pertanto le opportune
disposizioni ai miei Squadristi e nellabitazione di tale Vandini, gi confinato ed elemento pericoloso, prima di bussare alla porta, feci
circondare la casa con lordine che ad eventuale tentativo di fuga e allintimazione di fermarsi e lordine non venisse eseguito, di
sparare.
Dopo aver ripetutamente bussato alla porta del Vandini, venne una donna a chiedermi chi volevo e il perch e nel mentre si
scambiavano queste parole a porta aperta e con la luce accesa, dalla porta di dietro della casa, una massa confusa e al buio, tentava di
fuggire. Allintimazione degli squadristi Malfaccini e Colombani di fermarsi, queste ombre prendevano invece la corsa e fu solo allora
che i precitati Squadristi fecero uso delle armi. A terra trovammo una donna ed un uomo, entrambi semi svestiti e solo la donna ferita.
Luomo era infatti illeso ed era il Vandini ricercato. Questi dopo linterrogatorio venne rilasciato e la donna, fatta visitare
immediatamente, presentava una ferita allinguine.
Nessun altro incidente per tutta la serata9.

I fascisti insomma, in quella situazione disonorevole, si coprono a vicenda, del resto si sentono in diritto di
compiere ogni sopruso e non accettano responsabilit. Nessuno stato, nessun colpevole Anzi. La loro
azione stata meritoria, perbacco E lAgida morta? Sarete stati voi, qualcuno arriva a dire a nonno
Ivo. Non danno neppure il permesso di seppellirla, la nonna, e il funerale avviene per questo una settimana
dopo, quasi alla chetichella, in una tomba rimasta a lungo anonima e intestata a mia madre Elvira10.
Sulla vicenda riporto fra le note alcuni stralci del resoconto di Viviano Toti che intervist a lungo mio
padre e di cui ho omesso i particolari imprecisi11.

un ritorno mesto per Sereno alla propria casa, cap, si rese conto e alla lunga si fece una ragione dellaccaduto, ma non volle parlarne
mai pi. Raffaele, detto Rafl in famiglia e Rafl in paese, ebbe a sua volta una brutta avventura di ritorno dal cimitero, poco dopo il
fatto tragico. Era andato a visitare la tomba materna da solo (era vietato andarci in pi di due persone per volta) vestito di giacca e
cravatta. Fu fermato allincrocio da alcuni esaltati allaltezza dellOsteria di Bns, quella frequentata dai fascisti locali, e invitato a
togliersi la cravatta rossa. Al suo rifiuto fu schiaffeggiato e malmenato finch non pot divincolarsi e tornare alla sua abitazione nella
Ca Longa (Carla Vandini).
9
E.CHECCOLI, op.cit., pp.106-107. Guerriero comunque non sub mai alcuna condanna al confino. Per la sentenza gi citata del
29.4.1931 dovette scontare 18 mesi di prigione e 3 anni di vigilanza speciale, questultima in parte condonata dopo 7-8 mesi. Ne fu
prosciolto il 30 gennaio 1933. Tutto il contenuto del suo casellario giudiziario stata pubblicato una decina danni fa in appendice al
prezioso testo di Egidio Checcoli (pp. 335-350). Vi si documenta (p. 340) come Guerriero 19enne, nellottobre del 31 e con ancora sei
mesi di prigione da scontare, abbia rifiutato di associarsi alla domanda di grazia sovrana inoltrata dai familiari a sua insaputa. Avrebbe
dovuto - cos mi raccont - ammettere un reato che non intendeva riconoscere. Soprattutto non se la sarebbe pi sentita, poi, di
guardare in faccia i suoi compagni. Questo gli caus, nella prigione di Arezzo, botte e spintoni, oltre a tre giorni di pane e acqua.
10
[]Agida Cavalli, una donna di Filo d'Argenta che fu massacrata a colpi d'arma da fuoco sulla porta di casa nel 1944, mentre
tentava di prender tempo per consentire al figlio partigiano di fuggire. Una morte assurda, feroce, che richiese tempo (Agida fu
trasportata in ospedale con una macchina che tocc alla nuora Elvira andare a cercare). Nel rapporto di polizia che racconta i fatti si
parla di una ferita ad una gamba, mentre i fascisti le spararono al ventre, senza ragione, e lasci la casa inondata di sangue, un sangue
che Elvira cerc di nascondere alla figlioletta di pochi anni nascondendosela dietro le gonne, e che ripul in fretta, nella notte stessa,
perch il marito - se mai fosse riuscito a tornare - non capisse in quel modo terribile che la madre era vicina alla morte. []
(D.TROMBONI - L.ZAGAGNONI, Con animo di donna, Ferrara, Cartografica Artigiana, 1998, pp. 110-111)
11
[...]A Filo Vandini attivamente ricercato e ai primi di febbraio su segnalazione di una spia la G.N.R. riesce a sorprenderlo di notte
durante una visita alla famiglia. La madre Agida Cavalli nel tentativo di salvare il figlio viene colpita da una raffica di mitra. Vandini
arrestato quasi subito []. Mentre viene caricato sul camion della G.N.R. ode le urla del padre che cerca invano di soccorrere la
moglie morente. [] viene portato via assieme a Matulli []. Durante il breve percorso che da Filo porta a ponte Bastia i fascisti
manifestano pi volte l'intenzione di passarli per le armi per via dei precedenti di Vandini conosciuto come uno dei pi tenaci
organizzatori antifascisti della zona. I fascisti sapevano del mio lavoro di propaganda contro la guerra che svolgevo in mezzo ai
giovani - racconta Vandini - erano molto documentati sul mio passato e sul mio presente di militante comunista. Quando arrivammo
sul ponte Bastia [alla Civettara (n.d.A)] ci fecero scendere e con nostra meraviglia ci ordinarono di sparire all'istante e di dire in paese
che erano socialisti e che volevano bene agli operai. Io e Matulli ci aspettavamo una raffica di mitra da un momento all'altro, ma forse

13

Giorni tristi, giorni di pianto, giorni con la nonna nel feretro e la gente del paese che non ha neppure pi il
coraggio di scendere quei pochi metri di rampa, tanto forte il timore dessere annoverati fra gli amici del
sovversivo. Chi molto vicino alla famiglia, allamico Gho, e non ha paura di esporsi, Amato Rossi, uno
dei sei filesi che di l a poche settimane decider di salire sulle colline romagnole per combattere la sua
battaglia. Sar comandante di una Compagnia nella Bianconcini, la 36 Brigata Garibaldi.
Altri giovani filesi, donne e uomini, combatteranno con coraggio, nel nome di Agida Cavalli, chi come
staffetta, chi in armi in una formazione inquadrata nella 35ma bis, brigata partigiana di pianura organizzata
militarmente nellautunno, diversi mesi pi tardi; ma prima ci sar ancora, a seminare il terrore in paese,
luccisione a tradimento di Mario Babini (il 6 maggio) - e la 35ma bis porter il suo nome - nonch la
fucilazione dei dieci ostaggi, per rappresaglia, l8 settembre del 1944. Anche su questi altri due fatti tragici
importantissimi mi soffermer opportunamente.
Scrisse nel dopoguerra Renata Vigan a conclusione del suo emozionante racconto della morte dellAgida:
[] Nel febbraio 1944, quass a nord, era troppo presto ancora per ammazzare le donne. Pi avanti non ci
fu ritegno, accadde anche la strage di Marzabotto. Ma quando fu colpita l'Agida, una donna uccisa dai
fascisti non portava bene n ai tedeschi che dovevano star l in paese chi sa quanto, n alla repubblichina di
Sal che tentava di rendersi simpatica. Per questo fu salvato Guerriero, dalla sua mamma che and sola di
notte contro i colpi sbagliati anche per coloro che li spararono. Tanto vero che poi si dettero la colpa l'un
l'altro, i diversi comandi, e il permesso dell'inumazione fu dato sei giorni dopo.[]12

ritennero sufficiente per quella notte l'aver assassinato mia madre. I funerali di Agida Cavalli furono celebrati otto giorni dopo il
delitto in quanto i fascisti pretendevano dalla famiglia una dichiarazione che accusasse i comunisti...V.TOTI, op.cit., pp. 110-111.
12
R.VIGAN, Una madre della Resistenza, Noi Donne, 27 aprile 1952 (si veda limmagine che segue). Lintero e toccante articolo di
Renata Vigan stato da me ripubblicato e corredato di note integrative in A.VANDINI, Sotto lombra dun bel fior, Faenza, Edit, 2005,
pp. 67-68.

14

Noi Donne, 27 Aprile 1952

15

A fianco un articolo rievocativo (LUnit, domenica 14 marzo 1965, p. 4 - Em. Rom.) che annuncia
la cerimonia tenutasi a Filo nel 21 della morte dellAgida, nel quadro delle celebrazioni del XX della
Resistenza. Sotto, una foto scattata nelloccasione. Oratore, lallora sindaco Antonio dalle Vacche. I
primi due da sinistra, sul palco, sono Bruno Natali ed Ansalda Siroli, questultima in rappresentanza
dellUDI. Alla destra delloratore, una rappresentanza della famiglia: Raffaele (Rafl), Agide e
Guerriero (Gho) Vandini con a fianco la moglie Elvira Toschi.

Ivo Vandini (1889-1969), ritratto


a fine anni 30 nel cortile
posteriore di casa a pochi passi
dal punto in cui nel 1944 lAgida
cadr ferita a morte. Dietro la
recinzione, lampio campicello,
ora Piazza Agida Cavalli. Sullo
sfondo, a sinistra, casa Tamba, a
destra le vecchie scuole, ora Casa
Comunale.

Filo. La piazza dedicata ad Agida Cavalli e il


Monumento ai Caduti. In basso a sinistra la stele che
ne ricorda il gesto (agosto 2013)

Articolo rievocativo di Agide Vandini


dedicato ad Agida Cavalli
Nuova Ferrara, il 24 aprile 2006

Agida Cavalli
(1891-1944)
La stele

16

UNA MADRE EROICA COS MOR LA BRACCIANTE AGIDA CAVALLI13


di Rosina Babini14,LUnit nei primi anni 50, trascrizione di Agide Vandini
Era una notte di marzo 44.
Arriv in paese a Filo un camion; poteva essere la mezzanotte passata. Smontano una decina di militi
brigatisti neri, che accerchiano la casa del Partigiano Guerriero Vandini. Bussano alla porta della casa che
guarda sulla strada provinciale e la Madre si affaccia a chiedere chi . Cercano Guerriero Vandini! La Madre
risponde che Guerriero assente, sperano di poterlo salvare.
Si ritira15 portandosi verso una piccola uscita posteriore, sul cortile, da dove avrebbe potuto avvertire il
figlio del pericolo. Non aveva finito di aprire la porta che una raffica di mitra la raggiungeva. Al rumore della
scarica si affaccia il figlio, chiedendo sbigottito cosa era successo. I brigatisti neri vendendolo cos in camicia
appena sceso dal letto lo afferrano e lo portano via senza nemmeno permettergli di volgere uno sguardo alla
Madre, caduta in un lago di sangue.
Il marito chiede soccorso alla nuora che dista due passi e alla famiglia accanto, ma a nessuno permesso di
avvicinarsi. Il marito abbandona la Madre16 disperato in cerca di un medico che la possa soccorrere. Ritorna
col medico17 il quale dichiara necessario il ricovero immediato in ospedale, date le condizioni gravissime
della Madre.
A questa dichiarazione il capobanda dei brigatisti neri chiede al medico di non addossargli troppa
responsabilit per laccaduto. Giunta allospedale, la Madre viene sottoposta ad operazione nel tentativo di
salvarla, purtroppo inutile.
La Madre agonizza per tre giorni e a coloro che la vanno a visitare in ospedale, ella, con quasi un sorriso
sulle labbra, dice: Muoio contenta perch ho tentato di salvare la vita di mio figlio e il mio sacrificio valso
a salvarlo.
La madre morta fu tenuta per otto giorni nella camera mortuaria dellospedale perch le autorit fasciste
non davano il permesso di sepoltura e di trasporto della salma al paese.
Lomaggio del popolo riusc a portare una folla enorme a visitare la salma della Madre; il volto della
madre sorrideva, oltre la morte, quasi a significare agli assassini che Lei non era morta, perch viveva nel
cuore di tutte le madri italiane alle quali indicava come si muore per la causa del Popolo.
Cos morta la bracciante AGIDA CAVALLI, eroina della Resistenza.
Il figlio, difatti, fu rilasciato, dopo aver subito violenze e minaccia di fucilazione.

13

Nel testo, come in altre pubblicazioni del dopoguerra, Agida indicata erroneamente col nome di Agide. Anche Dario Fo la cit
nella Battaglia dei Fiocinini col nome distorto. La nonna risulta tuttavia regolarmente registrata come Agida nel registro dei
battesimi della parrocchia e allanagrafe comunale. Agida, del resto, sempre stata chiamata in paese da tutti; tanti ricorderanno
che mio padre, di nome Guerriero, per distinguerlo da altri con lo stesso nome (Banzi, Soffiatti ecc.) veniva sempre indicato come
Gveriro dlAgida. Purtroppo Agide (nome che pur risale a quattro re di Sparta, uno dei quali protagonista della tragedia dellAlfieri
che ispir parecchi romagnoli, fra i quali il mio bisnonno), fuori dal contesto locale nome maschile pressoch ignoto, tanto da
ritenerlo, chiss poi perch, nome femminile. Io, che porto quel nome da un pezzo, quanto ad equivoci, ne potrei raccontare delle belle.
Da qui provengono le distorsioni anche se io, francamente, non ho mai conosciuto al mondo una donna di nome Agide
14
Si tratta della filese Rosina Natali, la cui famiglia era dirimpettaia dei Vandini, vedova di Mario Babini di cui si ricorder il
sacrificio nel prossimo articolo dedicato al martire.
15
Nel racconto si omette, per brevit, una parte della discussione fra Agida e il capo degli squadristi che avviene sul portone di casa.
La nonna tenta forse di dire in un primo momento che il figlio assente, poi, di fronte alla insistenza del Felloni che si mostra certo
della presenza in casa di Guerriero, cerca di mandare, come si narrato, il marito dal figlio e davanti allincespicare delluomo che non
riesce pi ad aprire la porta, decide di accorrere direttamente.
16
Ovviamente si tratta della moglie, qui sempre indicata come Madre.
17
Si tratta del Dott. Alfredo Geminiani, persona forse poco incline a mettersi contro le brigate nere, inclusa peraltro in un elenco di
squadristi filesi pubblicato sul Corriere Padano cinque anni prima (4-3-1939, Atti della Federazione dei Fasci - Anno 1939). Ricordo
bene mio nonno Ivo narrare ancora con rabbia, nel dopoguerra, i momenti di disperazione in cui egli non riusciva, nonostante gli urli, a
convincere il medico affacciatosi alla finestra ad accorrere. Raccontava che ad un certo punto gli grid che, se non fosse sceso subito, a
forza di urla avrebbe fatto tremare tutti i vetri della sua casa.

17

IL VILE AGGUATO A MARIO BABINI... (4) (6 Febbraio 2014 )


Scriveva nei primi anni del dopoguerra Antonio Meluschi18 riferendosi alla zona di Filo: Solo dopo i primi
morti, e soprattutto dopo l'assassinio da parte dei fascisti di un uomo che tutto aveva dato per la lotta
clandestina, Mario Babini, il paese si scosse, si risvegli. Si pot allora stendere l'attivit militare e costituire
cio i primi gruppi partigiani nell'argentano e nel comacchiese19.
Ma chi era e come mor Mario, luomo, lanimatore politico pi importante della storia del paese?

Mario Babini in et giovanile

Mario Babini, marito della filese Rosina Natali (sorella di Ezio detto
Martin e di Vincenzo detto Cencio o Cincini) nasce a Giovecca di Lugo, da
Pio e Tozzi Olimpia, il 25 luglio 1907. Ha quindi appena 15 anni quando, il
5 marzo 1922, lo zio Francesco Babini, meccanico detto Mancina, viene
ucciso di botte dai fascisti di Lavezzola.
Ha un buon grado distruzione per aver conseguito la Licenza Tecnica.
Aderisce al nascente Partito Comunista e a 17 anni, nel 1924, arrestato una
prima volta per attivit politica. A quel tempo - cos racconta nel voluminoso
Giovecca, il cugino Angelo Francesco Babini20 - Mario diffonde con altri
compagni il giornale LUnit che ritira a SantAgata e Conselice. Viene
catturato, col compagno Vincenzo Giardini, e rinchiuso in una cella dai
fascisti che vogliono riempirli di botte, ma i due si difendono da leoni. Sono
processati, ma senza apprezzabili conseguenze giudiziarie, tant che lanno
successivo, essi sono entrambi impegnati nellorganizzazione del Partito nel
basso-lughese e partecipano al Comitato Federale che ha sede a Faenza.

I due decidono di fondare, nella bassa Romagna, la Federazione Giovanile21; in rappresentanza di essa
che Mario partecipa nel 26 al congresso clandestino tenutosi nel biellese; al suo ritorno organizza riunioni
fino a Cervia, dove si ferma a dormire nei barconi dei pescatori. La stampa che giunge da Imola viene
distribuita proprio da Giovecca e lui ne il centro motore. La sua casa viene perquisita per una intera giornata,
ma non vi si trova nulla; la stampa ben nascosta in una casa vicina ed insospettata22.
Adempiuto al servizio militare fra laprile del 1927 e il settembre del 1928, Mario giunge a Filo e da l
lorganizzazione antifascista si dilata a Boccaleone, Quartiere, Argenta, Bando e altre localit del ferrarese 23.
Nel 29 Babini ottiene persino una macchina da stampa e questo gli permette di incrementare lattivit di
propaganda; a Filo intanto il gruppo di giovani da lui organizzato si d parecchio da fare: da qui che
lopposizione al fascismo si irradia sempre pi nel ferrarese24.
Larea geografica di influenza faentina viene divisa in sette zone (Faenza, Bagnara, Massalombarda,
Lavezzola, Mezzano, Modigliana, Cervia). Sono ampie zone attraverso le quali la rete cospirativa copre le
province di Ravenna, Forl, Ferrara e parte delle province di Rovigo, Bologna e Firenze. Mario Babini a

18

Ad Antonio Meluschi (Il Dottore), poi scrittore di vaglia, fu affidato nellautunno del 44 il comando partigiano di tutta larea a sud
delle Valli di Comacchio e a nord del Reno, ossia della Brigata Garibaldi 35ma bis. Visse negli ultimi sei mesi di guerra al Molino di
Filo, con la moglie Renata Vigan, autrice de Lagnese va a morire, partigiana e infermiera. Da l diressero il movimento di
Resistenza.
19
A.MELUSCHI, Epopea Partigiana, 1947 .
20
A.F.BABINI, Giovecca, Bologna, Graficoop, 1980, p.185.
21
Ibidem, p.186.
22
Ibidem, p.187-188.
23
Ibidem, p.191. Nel testo viene anche riportato (p.278) uno scritto di Vandini Guerriero del 26 giugno 1945 in cui si confermano gli
aspetti organizzativi e i nomi degli attivisti, tutti arrestati nel 30.
24
La stampa ci veniva dalla Romagna dice Bruno Natali di Filo. Da Giovecca la stampa ripartiva e finiva come prima tappa, per il
ravennate, a Voltana da Milio e Lino Giugni e, per il ferrarese, a Filo dArgenta da dove, un balzo fino a Boccaleone, lo facevano fare
Bruno Natali e Guerriero Vandini. Ibidem, p.196 e 208.

18

capo della quarta zona, quella che, da Lavezzola, copre una grande fetta di Romagna, Conselice compreso, e
poi largentano, il portuense e tutto il basso ferrarese fino alla provincia di Rovigo25.
Lintensificarsi dellattivit clandestina porta allondata di arresti che, alla fine del 1930, colpisce
simultaneamente molti comunisti romagnoli e filesi. I tentacoli dellOVRA hanno infatti raggiunto alcune
maglie della rete cospirativa dopo che in tutta la Romagna, con bandiere e volantini contrari al regime fascista,
viene celebrato, il 7 novembre 1930, lanniversario della rivoluzione russa26.
Fra i numerosissimi arrestati, ben 132 componenti della federazione romagnola sono deferiti al Tribunale
Speciale (tra questi tutti e sette i capi zona). Sono processati e condannati in 89 che prendono 307 anni e 8
mesi di galera27. Fra costoro lo stesso Mario Babini e altri 21 filesi, tutti giovani, fra i quali molti minorenni28:
undici condannati ed undici assolti. Sfuggono fortunatamente alla polizia interi gruppi e paesi grazie alla
strategia di difesa degli arrestati che circoscrivono i danni tacendo altri nomi, assumendosi anche
responsabilit altrui.
Mario Babini condannato a 6 anni di prigione, ma nel novembre del 32, in occasione del decennale del
fascismo, torna a casa e si d subito alla riorganizzazione.
A Filo, frequenta la casa di Tugn e della Nitta (Antonio Natali e Domenica Brusi). Scriver Libero
Ricci Maccarini29 che Mario viene coinvolto da quella specie di benevolenza ospitale che coglieva un po
tutti, al momento di salire quella gran scala esterna, entrare ed essere piacevolmente intrattenuti da chi della
famiglia era presente. L, in quel fitto caseggiato abbattuto nel dopoguerra (oggi piazza e parco G. Bellini), in
quellampio stanzone ordinatamente stipato di letti ed armadio, di tavolo e sedie, di attrezzi da lavoro ed ogni
altra cosa necessaria alla famiglia, avviene lincontro di Mario coi due vecchi antifascisti e coi figli Rosina,
Vincenzo (Cencio, allora un ragazzo) ed Ezio il geniale Martn che purtroppo morir di tisi, a 28 anni, nel
1936.
Ezio si adopera come uomo di collegamento30; Mario si ritrova sempre pi in una famiglia ove nascono
vincoli daffetto e damore. A met degli anni 30 la Rosina diventa sua moglie e lui si persuade
dellopportunit di risiedere a Filo.
Qui tiene mille contatti, diffonde stampa un po ovunque, alle sue riunioni partecipa spesso Giovanni
Matulli (Gianl), uno degli arrestati del 30 che poi, nel 44, finir anchesso nel mirino delle Brigate Nere.
Mario partecipa a congressi importanti, anche allestero, esattamente a Bruxelles il 12 e 13 ottobre del 1935 in
tempi di guerra dAfrica31. La moglie Rosina Natali gli d un figlio che decidono di chiamare Ezio, come il
povero Martn.
Il mondo gi in subbuglio. In Spagna (1936) ci si giocano ormai i destini dEuropa in una guerra che le
forze pi reazionarie e spericolate scatenano contro il governo legittimo e democratico; lui corre ovunque a

25

Ibidem, p.212. Questi sette capi zona formavano il comitato federale. Ogni zona era formata da sette settori, i sette capi settori
formavano il comitato di zona. Ogni settore era formato da pi gruppi di 5 cellule luno. Ogni cinque capi cellula uno era scelto come
fiduciario. Un gruppo di pi fiduciari costituiva un comitato di settore. Le cellule si classificavano in cellule di strada e cellule sul
posto di lavoro ed erano formate ognuna da 4 o 5 persone, una di esse era il capo cellula (Ibidem, pp.210).
26
Ai primi di novembre del 1930 il gruppo dei comunisti di Filo riceve un'enorme quantit di volantini che inneggiano all'Unione
Sovietica e contemporaneamente denunciano alla popolazione la politica del fascismo. La distribuzione avviene durante la notte del 6
novembre : tutto il gruppo di Filo si mobilita e attraverso collegamenti perfetti il materiale raggiunge i vicini comuni, fino in provincia
di Rovigo. Questa del 7 novembre 1930 rappresenta la pi grande manifestazione del periodo clandestino effettuata in provincia di
Ferrara. L'episodio esula dal contesto locale e assume proporzioni notevolissime anche se la stampa del regime preferisce ignorare
quanto avvenuto. Sui pioppi che fanno da contorno alle grandi propriet sventola per alcune ore la bandiera rossa, mentre centinaia di
volantini sono sparsi dappertutto. La reazione dei fascisti rabbiosa: in alcune aziende non viene corrisposto il salario ad alcuni
braccianti che stavano commentando il contenuto di un volantino. Verso la met di novembre la polizia politica si impossessa dei
grafici che delimitano le sette zone di influenza del Comitato Federale faentino del PCI (V.TOTI, Antifascismo e Resistenza
nell'Argentano, Tesi di Laurea, pp. 51-52)
27
A.F.BABINI, op.cit., p.212.
28
Si veda il precedente articolo Un paese da bastonare (2).
29
L.RICCI MACCARINI, Il palazzone, Argenta, C.S.O. 1983, pp. 41-42.
30
A.F.BABINI, op.cit., p. 217.
31
Ibidem, p. 221 e 224.

19

raccogliere fondi per i combattenti spagnoli. A Filo tiene diverse riunioni presso Tarozzi Irpio, i Fratelli Zotti,
il fornaio Giacomo Rossi (Icum) ed altri.

Mario Babini, il figlio Ezio, la


moglie Rosina Natali al confino a
Filadelfia di Catanzaro.

Nel dicembre del 36 Mario Babini viene nuovamente arrestato e, il 6


febbraio del 37, condannato a 5 anni di confino perch sospetto di aver fatto
propaganda a Lavezzola per la raccolta di fondi per comunisti spagnoli.
Viene spedito con la famigliola alle Isole Tremiti, dove sconta due anni e il
resto della pena in altre tre localit del catanzarese: a Filadelfia (l, l11 giugno
del 41, allet di soli 5 anni muore, per scarsit di cure, il figlioletto Ezio),
Cortale e Cardinala32.
Scontati i 5 anni, Mario termina la pena nel gennaio del 1942; lascia il
confino e torna in Romagna. LItalia da poco pi di un anno entrata in guerra
a fianco della Germania, una guerra insensata, ispirata e voluta dalle folli
ideologie e dalla sete di dominio del Fuhrer. La belva nazi-fascista ha
scatenato un conflitto che coinvolge tutti i continenti. E una immane,
quotidiana carneficina ove chi ha la peggio come sempre la gente comune e
il ceto pi debole. Mario continua a dirigere la sua lotta clandestina in mezzo
alla gente33.
Da uomo libero ora si sposta ovunque, in particolare nei luoghi a lui
familiari del basso-lughese.
Lavora come radioriparatore per la ditta del
Cav. Acquistapace di Ravenna. Nasce nel
settembre del 42 la figlioletta Clara, che per
muore ancora in fasce, allet di appena due
mesi (3-11-1942).
Come molti altri filesi non pi giovanissimi
viene richiamato alle armi; torna ad indossare
la divisa dal dicembre del 1942 al giugno del
43.
A fianco: 1943. Mario Babini, penultimo a destra con un
gruppo di commilitoni. Nellultimo a destra si riconosce
facilmente il filese Nello Bonora.

Il 2 maggio del 1943, mentre a casa in licenza, viene arrestato ancora una volta assieme ad altri
compagni, e portato a Ravenna. A lungo incatenato e interrogato, rimane in prigione 13 giorni e poi
rilasciato34.
Due mesi dopo, il 25 luglio 1943 in unItalia militarmente alle corde, cadono il Fascismo e il suo Duce. A
capo del Governo il Re incarica il Maresciallo Badoglio. Le tante umiliazioni subite nel ventennio sfociano in
spontanee manifestazioni di giubilo che, nella bassa Romagna e nellargentano, le zone dirette da Babini,
avvengono un po ovunque. Un vecchio camioncino proveniente da Conselice fa il giro dellargentano al
canto di Bandiera Rossa. Vengono occupate le Case del fascio e sottratte, qui come ovunque, divise e simboli
nelle case delle pi note camicie nere, accesi improvvisati fal, portati via manganelli ancora sporchi di
sangue35.
Mario, ci racconta ancora Libero Ricci M., da uomo di singolare intelligenza associata a bont danimo
addirittura fanciullesca, incline alla moderazione e, in una riunione tenuta con gli ex gerarchi in unaula
delle scuole, riesce ad affrontare ed orientare animi assai diversamente disposti; fa prevalere il perdono da
32

Ibidem, p. 228 e 229.


Ibidem, p. 237.
34
Ibidem, p. 240.
35
Ibidem, p. 243-245.
33

20

accordarsi ai promotori ed esecutori di tante malefatte, traducendo in senso positivo, almeno in quel
momento, quei fermenti popolari che propendevano per soluzioni di ben altra natura36.
Badoglio non riesce per a tenere in pugno la situazione militare. Chiede maldestramente altre divisioni
alla Germania sul suolo italiano, mentre tratta con gli alleati e firma con questi ultimi larmistizio dell8
settembre 1943. Lesercito italiano senza ordini chiari e precisi svanisce in poche ore; a nord della linea del
fronte militare, le divisioni tedesche spadroneggiano e catturano, a migliaia e migliaia, i soldati italiani che
tentano di tornare alle loro case. Mussolini viene liberato dalla prigione sul Gran Sasso dalle forze del Fuhrer
e da lui messo a capo della repubblichina, un governo e un regime fantoccio al servizio perci delle armate
germaniche che si impegna a combattere, in una lotta senza esclusione di colpi, quegli italiani che non ci
stanno.
Poco a poco, mentre gli Alleati purtroppo bloccano lavanzata, il Re (fuggito a Brindisi) mette il suo
Regno nelle mani del figlio Umberto II; questi costituisce la Brigata Cremona e con essa affianca gli AngloAmericani nella guerra ai nazi-fascisti. Col fronte che staziona lungo la linea Gustav per mesi, nellItalia
occupata dalle forze dellAsse si formano, fin dallautunno del 1943, soprattutto in montagna, gruppi di
giovani decisi a battersi e fra essi molti renitenti alla leva che non vogliono sottomettersi ai repubblichini. E
la ribellione spontanea, il Secondo Risorgimento dItalia, la Resistenza che si allarga e si fa strada.
Mario, come sempre si dedica al lavoro organizzativo di tessitura; sorgono nelle zone da lui dirette, in
particolare nelle Valli di Campotto, i primi Gruppi di Azione Partigiana. Nei primi mesi del 44 una prima
pattuglia di filesi si unisce alla Bianconcini che opera in Appennino. Altri se ne aggiungeranno pi tardi.
Gruppi di partigiani armati [cos testimonia il filese Giovanni Pulini nel suo memoriale] si erano gi costituiti e agivano
soprattutto nelle colline vicine. La situazione si andava facendo sempre pi drammatica. Gli Alleati continuavano a scaricare
bombe sui centri abitati, mitragliavano tutto ci che per strada si muoveva, quasi sempre si trattava di civili: barrocciai o gente in
bicicletta. In questo clima gli oppositori, che non avevano mai smesso di essere tali, cominciarono ad organizzare riunioni e ad
una di queste partecipai anch'io. Si tenne a casa di Babini e cos ebbi modo di sentire parlare quell'uomo. Parlava lentissimo, con
un tono di voce appena percettibile, aveva la sottigliezza da grande filosofo, ma la freddezza di un condottiero. L'ordine del
giorno era l'organizzazione dei giovani in caso di reclutamento. Si dovevano convogliare nelle bande partigiane che operavano
nelle colline. Dopo un'ampia esposizione politica di Babini, in cui spieg le ragioni politiche di dette bande, si pass al problema
centrale della riunione. Dopo qualche scambio di battute e di idee fra i partecipanti, otto o dieci in tutto, tutti giovani ed io ero il
pi giovane di loro, Babini fece la relazione di chiusura. Egli disse che c'erano problemi per il vettovagliamento, fatto non
trascurabile in quanto si prevedeva una lotta ancora lunga, era meglio quindi rimandare ogni decisione a tempo opportuno, ma
bisognava tenersi in contatto in caso di necessit. La discussione ebbe termine 37.

Nella bassa, antifascisti e camicie nere si scambiano ormai colpi durissimi; i repubblichini, sullonda
dellillusoria strategia del pugno duro puntano alleliminazione fisica delle figure pi carismatiche, sperano
di decapitare il movimento di Resistenza e di fiaccarne il morale, ma per ogni vigliaccata portata a termine, la
partecipazione di massa si fa pi intensa e via via pi convinta in ogni angolo del territorio. Cade a Filo, come
si gi raccontato Agida Cavalli (29 febbraio 1944) che salva di fatto la vita al figlio, lantifascista Vandini
Guerriero (Gho), e al di lui compagno Matulli Giovanni (Gianl).
Per evitare a Mario la continua ossessione della vigilanza [ci racconta Libero R.M.], si ritenne opportuno attenuarne gli effetti,
favorendone lo spostamento temporaneo a Giovecca di Lugo presso i suoi genitori. Per le cose sarebbero andate troppo lisce, se tutto
fosse stato risolto con il ritorno alla casa paterna. Infatti, il 6 maggio 1944, tornando da Lugo, dove lavorava quale radiotecnico, Mario
si accorse di essere stato seguito da un gruppetto di persone armate, fra le quali pot riconoscere la tronfia figura di un pezzo grosso
argentano che, pure, gli doveva riconoscenza del generoso perdono accordatogli pubblicamente, al tempo di Badoglio.
Pur forse non volendo credere alla gravit di quanto sarebbe accaduto, Mario comprese che la presenza di quel gruppo di fascisti in
armi presentava tutti gli aspetti di una spedizione punitiva, e nellintento di sottrarsi a quella minacciosa imboscata, cerc riparo oltre il
cancelletto che portava al cortile di casa. Per qualcuno degli armati non esit ed una scarica di colpi linvest, abbattendolo al suolo,
proprio quando stava per trovare protezione dentro casa38.
36

L.RICCI MACCARINI, op.cit., p. 42.


E la prima volta, egli dice, in cui sente parlare Babini (G. PULINI, Non buttare i ricordi, I Repubblicani di Sal, 1992, pp. 49-50).
38
L.RICCI MACCARINI, op.cit., pp. 42-43.
37

21

Finiva cos lesistenza e lattivit politica di Mario Babini.

Mario Babini (1907-1944)

Chi fu luomo e il dirigente, per i suoi paesani e conterranei, lo si capisce


in particolare scorrendo le accorate testimonianze contenute in Giovecca di
A.F. Babini. Colpisce laffetto e la stima incondizionata dei tanti che, in
ogni parte della sua terra, hanno avuto a che fare con lui e ne hanno
apprezzato il coraggio, lintelligenza, le capacit organizzative, la dedizione
senza pari alla causa della Libert e della Democrazia. Scarne ma toccanti
sono le semplici parole di certo Ballardini Ennio: Mario non era molto
loquace, ma quando parlava era oro colato, era ascoltatissimo e
ladoravamo. Nel testo appena citato sono presenti anche crude
testimonianze sulluccisione di Mario davanti alla casa paterna:

Quando uccisero Mario, il fascista Dalla Fina39 di Argenta disse ad un altro fascista, un certo Schicchio di Boccaleone: Non lo
conosci? E un membro del partito comunista [Delfa Faccani]. E Mario, al Dalla Fina: Io sono quel che sono e quel che sono resto
Senza neanche guardare i documenti di Mario un fascista disse: Spara che lui [Lorenzo Babini].
E quando gli ebbero sparato Lorenzo and per sorreggerlo e Mario: Questa volta mi hanno preso disse e i fascisti picchiarono coi
calci delle pistole Lorenzo, zio di Mario, per allontanarlo, e spararono in testa a Mario40.

La medaglia dargento a MARIO BABINI41:


Capitano BABINI Mario, Ispettore con incarichi
organizzativi classe 1907, residente a Filo dArgenta []
Ispettore di Brigata, ardente propagatore della lotta
partigiana fin dai primi giorni delloppressione nazi fascista. Organizz i primi gruppi armati, li comand in
importanti missioni ed azioni contro il tedesco invasore
portandole a termine con successo. Come membro del
comando partecip con rara competenza allelaborazione
dei piani organizzativi ed operativi dei vari settori della
Brigata. Port inoltre a termine con esito brillante tutti i
delicati incarichi a lui affidati. Malgrado i sospetti che si
addensavano sopra di Lui per le multiformi attivit svolte,
persist con immutato slancio e sprezzo del pericolo nella
dura lotta; finch scoperto, venne affrontato dagli sgherri
fascisti dinanzi alla propria casa ed ivi trucidato per avere
opposto un fiero e deciso rifiuto alla intimidazione di
abbandonare la lotta. Giovecca di Lugo (RA), 6 Maggio
1944.

39

Attestazione del 22 Aprile 1946 firmata da Vandini Guerriero,


allepoca segretario della sezione di Filo dArgenta del PCI cui
fu dato il nome glorioso di Mario Babini

Circa la triste e truce figura di Enrico Dalla Fina (1905-1945), argentano e segretario del fascio a Filo, raccomando la lettura del
paragrafo a lui dedicato da Egidio Checcoli in Filo della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, pp.112-113.
40
A.F.BABINI, op.cit., p. 281.
41
Ferrara partigiana, Albo doro, a cura dellANPI Provinciale, p. 107.

22

Del vile assassinio di Mario Babini, Renata Vigan fece un racconto emozionante:

LA MORTE DI MARIO
Brani da: Il ritratto di Garibaldi DI RENATA VIGAN

Mario sal in bicicletta e salut un compagno sul ponte.


[...]Mario ferm i pedali, and gi rapido in discesa frusciando sui copertoni frusti.
La strada si era fatta grigia e deserta, lui guardava il colore dell'asfalto, lo riconosceva per averlo percorso tante
volte, come il pavimento della sua stanza.
Pensava intanto alla giornata dura che aveva passato, piena di rischi per il lavoro clandestino, alle tante altre
giornate dure che dovevano passare prima che gli angloamericani proseguendo su per l'Italia arrivassero alle province
del nord occupate dai tedeschi e dai fascisti. Si trov a canticchiare sul ritmo della pedalata: - Vanno piano piano, chiss
quando li vedremo -. Cos distratto, all'improvviso, vide a destra il muro di casa, fren, mise un piede a terra.
E proprio in quel punto lo colse un lampo e un rumore, e il pensiero gli si spense. Cadde in avanti con le braccia
tese, scaravent per l'urto la bicicletta quasi in mezzo alla strada. Rimase l, immoto, con la faccia presso il gradino della
sua porta. Un momento di silenzio, pesante come il piombo. Poi dalla casa uscirono uomini e donne; una di esse alz un
urlo acutissimo che si perdette nell'eco, gli altri correvano piangendo, gridando, ma la strada si riemp di armati, visi
rigidi, mani pronte sul mitra, e subito ricacciarono indietro il gruppo,...
La morte di Mario era stata decretata ed eseguita per l'esempio[...]
Mario non era soltanto un uomo giovane, buono, amato dalla famiglia, ma un capo, un dirigente della lotta
antifascista, il maggior capo e dirigente di quella zona di valle dove si stava creando una formazione garibaldina.
[...]Mario era l nella bara, sollevata da parte della testa : lo stomaco e l'addome erano gonfi e tesi, la faccia
sembrava pi piccola, bruna, con gli occhi chiusi dalle ciglia scure. Pareva come nelle ore pi ardenti, quando parlava ai
compagni nelle riunioni, in quattro, cinque, sei, raccolti in una stalla, o seduti alla proda di un fosso. Nel discorso
appassionato talvolta chiudeva gli occhi, cercava la parola dentro di s, trovava la maniera di esprimersi perch gli altri
ne fossero persuasi.
Ora era silenzioso, immobile[...] disse Brando: Ci sono i partigiani della valle[...]Faremo una brigata
garibaldina, e si chiamer col nome di Mario. La nostra brigata si chiamer col nome di Mario - continu con voce
uguale, quasi monotona - Sar il pi bel modo per ricordarci come l'hanno ammazzato e per seguitare quel che voleva
lui.

Su la Nuova Scintilla di Ferrara del 5 maggio 1946 si legge:


[] Mario Babini, figura esemplare, semplice, onesto, predic a tutti
il bene, sacrific se stesso nei lunghi anni di oppressione fascista nelle
carceri, al confino, calmo, sereno, perch sapeva che ogni suo sacrificio
era un passo verso la libert, verso il benessere dellumanit intera. E gli
anni di carcere e di confino che duramente ha dovuto scontare non sono
valsi a domare la sua fede, ma bens per ingigantirla, per farla pi forte
[]

La lapide davanti alla sua casa di


Giovecca.

Il nostro paese di Filo, dopo avergli intitolato la locale sezione del PCI,
nel dopoguerra gli dedic, per onorarne la figura indelebile, una via al
Borgo Molino.
Babini rimane tuttora, e sar sempre, nel cuore di questo paese che ha
avuto lonorato e lorgoglio della sua fattiva presenza, della sua opera ed
insegnamento. Ora Mario brilla e risplende, con straordinaria lucentezza,
fra le 18 stelle dargento che danno lustro alla bandiera tricolore dellANPI
di Filo: uno dei nostri tanti, troppi eroi, uno dei 18 Martiri della Libert di
cui andiamo fieri e verso cui sentiamo ancora, dal pi profondo di noi
stessi, come filesi e come italiani, infinita ed ammirata riconoscenza.

23

La tomba di San Bernardino di Lugo

VITTIME DEL FASCISMO, VOI SIETE


CON NOI, NEL NOSTRO CAMMINO, NEL
NOSTRO CUORE, NEL NOSTRO SANGUE.
FIGLI, FRATELLI, PADRI, CADUTI
NELLASPRA LOTTA, PER IL CONTESO
DIRITTO
ALLA
VITA,
NOI
VI
PROMETTIAMO, DI RENDERCI DI VOI
DEGNI, E CON LOPRA DIUTURNA, E
COL SACRIFICIO DI NOSTRA VITA, NON
SAR LUNGI IL GIORNO, IN CUI IL
VOSTRO MARTIRIO, RECHI IL SUO
FRUTTO.

24

Il conferimento della medaglia dargento

Ringrazio di cuore Agnese Brunelli, nipote di Vincenzo Natali, per le amorevoli ricerche compiute,
nonch per i preziosi documenti e ricordi di Rosina Natali da lei messi gentilmente a disposizione.

25

LECCIDIO DEI DIECI OSTAGGI... (5) (13 Febbraio 2014 )

Come gi si ricordato, il fronte di guerra


rimasto fermo per molti mesi lungo la Linea
Gustav (Cassino-Termoli), prese a risalire
la penisola nel maggio del 4442. In poche
settimane, si veda la cartina illustrativa a
fianco, gli Alleati avanzarono oltre la linea
Hitler (Anzio-Pescara), liberarono Roma,
Firenze e il centro Italia fino ad attestarsi,
nel settembre del 44, lungo la cosiddetta
linea Gotica, dal Mar Ligure allAdriatico,
da Carrara a Pesaro, davanti allo
sbarramento difensivo nel frattempo
fortificato dai tedeschi.
E questa appena descritta la situazione
militare nei giorni dellEccidio di Filo
dell8 settembre del 1944. Il fronte di
guerra in quei momenti dunque ancora
lontano.
I primi gruppi partigiani sono gi stati formati. Gli sbandati e soprattutto i renitenti alla leva nascosti nelle
terre di granturco e nei pagliai, si sono ormai rifugiati nelle case contadine a ridosso delle valli, nei terreni che
i tedeschi hanno allagato facendo saltare gli argini della bonifica allo scopo di rallentare lavanzata nemica.
Essi hanno interrato allo stesso tempo mine un po ovunque nelle campagne rimaste, lungo la striscia di terra
emersa a sinistra del Reno, quella che gli Alleati definiscono lArgenta Gap, ossia la stretta di Argenta.
Scrive nel dopoguerra, a proposito della vita precaria degli sbandati e dei combattenti, Antonio Meluschi,
Comandante della Brigata Garibaldi 35 bis, che dalle Valli di Campotto era giunto a Filo, assieme alla
moglie Renata Vigan, verso la fine di ottobre del 44:
[] Le valli erano il sicuro rifugio dei ricercati delle S.S. e delle brigate nere, la gente sannidava nei freddi ed
umidi casoni delle guardie vallive, e imparava a pescare le anguille, a vivere soltanto di esse, che qui, molte volte,
prendono il posto del pane. Vita dura, disancorata dalla civilt. Erano compagnie scarsamente armate, al principio
scalze, denutrite: era gente dogni paese, provincia, regione; e si raccolsero prigionieri russi, cecoslovacchi, inglesi,
americani, canadesi, disertori austriaci, tedeschi []43.

Per ricostruire le ore convulse delleccidio di Filo possiamo contare su di una testimonianza preziosa, quella
di Libero Ricci Maccarini, dirigente politico filese del dopoguerra, membro del locale CLN, che poi si trasfer
con la famiglia ad Argenta negli anni 50. Egli la interpose allinterno di una sua raccolta di memorie cui
diede il titolo Dal Palazzone (pubblicata nel 1983). Lo scritto in uno stile ricercato e un po contorto, ma
la seconda delle quattro parti in cui si articola il racconto, oggi per noi di notevole valore. Egli ci narra in
tutti i particolari quel che vide e come visse la serata del 7 settembre 1944, nellora e nel luogo in cui lazione
partigiana provoc la morte del soldato tedesco.
Ho provveduto qui ad una opportuna trascrizione, ho cercato di facilitare il lettore fornendo un titolo ad
ognuna delle quattro parti, ho ritoccato un pochino la punteggiatura e tolto un paio di marginali imprecisioni.
Il mio contributo, costituito da testimonianze e notizie complementari lho riportato nelle note di fondo

42
43

Cfr. http://www.auladellamemoria.it/percorsi_didattici/linea_gotica.html
A.MELUSCHI, Epopea Partigiana, cit. p.278.

26

pagina. Devo ringraziare Beniamino Carlotti per alcuni dati, mia sorella Carla che mi ha assistito e Vanni
Geminiani che ha fornito alcune preziose testimonianze da lui raccolte.
Non mi parso giusto invece addentrarmi in giudizi o ricostruzioni arbitrarie sulla dinamica del fatto, n fare
ipotesi sugli autori dellazione partigiana che, sfociata nel sangue, scaten la rappresaglia nazi-fascista. Fu,
risaputo, unincursione in paese improvvisata, dalle motivazioni e contorni poco chiari, scoordinata in s e
oltre tutto avvenuta, come testimonia lo stesso Libero, allinsaputa del locale Comitato di Liberazione. La
reazione degli occupanti nazifascisti allaccaduto fu, lo sappiamo, rabbiosa, bestiale, vendicativa, feroce.
Fu un lutto immenso - scrisse Antonio Meluschi nellimmediato dopoguerra - che lasci sul paese di Filo,
un peso di perenne cordoglio e di lacrime [] Dieci persone furono trucidate e [] fra esse elementi
provati e capaci della lotta clandestina. Ma il duro tessuto della Resistenza fu subito riparato e Filo continu la
sua guerra, piangendo i suoi caduti ed odiando pi a fondo gli oppressori [].

Li hanno ammazzati! Ne hanno ammazzato dieci


LIBERO RICCI MACCARINI, Dal Palazzone, Argenta, Centro Offset, 1983, pp.45-52
[I La notizia]
Finiva lestate e il caldo si attenuava sulle piane incolte, sul fogliame delle bietole non estratte, al cui
raccolto si era rinunciato, poich gli zuccherifici erano chiusi e perch nessuno azzardava tirare fuori
lautomezzo od il carro ed esporsi ai mitragliamenti degli aerei alleati.
Le truppe tedesche erano partite lasciando sul posto un sottufficiale e due soldati, forse per rimettere ad altri
le consegne dellavvicendamento, mentre nella caserma, abbandonata dai carabinieri, un presidio fascista,
stanco e dimesso, stava per seguire la sorte dei predecessori.
Dalla larga bonifica, appena punteggiata dalle casupole della Mafalda e di Noro, nonch da quelle dei pochi
che, per primi, avevano supposto che un giorno in quella piana, una volta dissalata, si sarebbe vissuto; dai
casolari isolati e fuori mano, tornavano alle loro case gli sbandati e i combattenti, fino allora ossessionati dai
rastrellamenti e dagli scontri allo scoperto, da cui non vi era salvezza. Correva in tutti lillusione che la stretta
si fosse un po allentata, fino a trarne limpressione che la mania di persecuzione del paese stesse per finire.
A tanto riportava il piacere di riavere una casa, una madre, una moglie: linnaturale e pur trepida evasione,
sembrava volesse respirare un momento di quiete. Cos, avvinti da quella specie di benevola incoscienza, nel
senso del vuoto che previene le vicende immani, si attese il volgere lento degli eventi, nella piacevolezza di
quella tarda estate e nella lusinga del fronte che arrivava. Nessuno ormai pensava che il terrore tedesco si
potesse apprestare a cancellare quei giorni di speranza, nel tempo di una notte convulsamente vissuta, fino a
precipitare nella tragedia del pomeriggio che sopravveniva.
gi il pomeriggio dellotto settembre 1944. In tanti, alla Pecorara, trepidavamo, ansiosi di sapere cosa
sarebbe accaduto44. Poi, l, sul sentiero che porta al Molino, controsole, si intravvide lincerta figura di una
donna pedalare scompostamente e vociare, finch, pi vicina, vedemmo chera la Pina 45 e ne udimmo il
disperante urlare: Li hanno ammazzati! Ne hanno ammazzato dieci...
Le corremmo incontro, quasi al limite della corte; lei si butt dalla sella, disperata ed ansante, in ginocchio,
si mise a strappare lerba e a levare le braccia al cielo, in un inconscio dimenare di gesti e, ancora, affannata
ad urlare: Ne hanno ammazzato dieci! Ne hanno ammazzato dieci. Poi, riversa sul prato, si sciolse a
piangere con noi, e noi con lei a piangere ed imprecare.
44

La Pigurra era gi base e luogo di rifugio per i partigiani ancor prima dellarrivo a Molino di Filo di Antonio Meluschi (Il Dottore).
Lepoca del suo arrivo, la indica lo stesso LIBERO R. MACCARINI (op. cit, Con larrivo del Dottore, p. 54): [] Doveva essere,
pressappoco, la fine del mese, ed ogni movimento segnava laffanno della ripresa stentata, dopo il tremendo eccidio dellotto settembre
e a breve tempo dal rastrellamento della prima domenica di quellottobre [1 Ott. 1944 n.d.A.], tanto denso di vecchie e nuove
preoccupazioni. Ci si riferisce al secondo rastrellamento che il paese di Filo sub per la sparizione di un soldato tedesco a Passogatto,
vicenda di cui lautore racconter in chiusura del brano qui trascritto.
45
Dovrebbe trattarsi della molinese Pina d Barchra, madre di Luciana Lippi Bruni.

27

Cosera accaduto dalla sera prima, fino a quel momento?


[II La testimonianza diretta]46
Era la sera di un gioved di settembre, del sette settembre 1944; una sera calda, buia e calma. Il paese era
abbastanza quieto, a partenza avvenuta di una brigata tedesca, che quale contrassegno recava tre dischi rossi
su un fondale bianco: la Scheffering. Due militari ed un sottufficiale erano rimasti soli, quali ultima
rappresentanza di quel presidio, ed avevano alloggio a Case Selvatiche, nella residenza estiva di un
possidente, ad un chilometro dal centro di Filo47, mentre il nucleo di polizia fascista, che aveva sostituito i
carabinieri proprio al mattino, aveva abbandonato la locale caserma, evitando di consegnare le armi ai
partigiani, sebbene un accordo in tale senso fosse stato prima raggiunto.
In una camera sovrapposta allunica osteria ancora in esercizio era riunito il CLN, con il compito di
estendere un memoriale che tratteggiasse le biografie degli elementi pi faziosi che poi dovevano essere
seguiti nellattivit futura, secondo una disposizione del nostro Comando48. Il luogo era sicuro, poich in quel
locale pubblico, frequentato anche da tedeschi e fascisti, nessuno avrebbe supposto che, proprio l, si potesse
operare per la Resistenza.
Ancora prima che la riunione si sciogliesse, Giovanni49 disse: Quei ragazzi dovevano venire in paese per
disarmare la polizia fascista, ma siccome i militi sono partiti sar bene avvertirli di non compiere unazione
inutile. Furono tutti daccordo. Giovanni stesso part e dopo poco tempo torn per informare che i ragazzi,
visto che le cose in paese erano cambiate, avevano deciso di recarsi alla Fiorana, dove pensavano di disarmare
un capitano della milizia che, a casa di un parente, non faceva mistero di volersi disimpegnare degli obblighi
di mobilitazione e delle armi50.
La riunione si sciolse cos, senza alcunch di rilevante. Uscirono alla spicciolata, senza noie, e lui si ferm
poi con Gigi ed Alfonso51 a conversare nellosteria. Notarono subito che non vi erano solo i tre tedeschi della
cui presenza si sapeva, ma vi erano pure un maresciallo ed altri cinque o sei militari. Considerarono che quello
non fosse il luogo pi adatto per parlare liberamente ed uscirono, trattenendosi per la strada fin verso le nove e
mezza.
Vale pure la pena ricordare che nella prima serata fino allatto dellinizio della conversazione fra i tre amici,
una pattuglia tedesca, secondo quanto si sapr poi, era stata ricevuta in casa Tamba e quivi era stata
intrattenuta, bevendo e chiacchierando, nei limiti ovvi che la conoscenza della nostra lingua poteva consentire.
Si vuole che, alla padrona ed allinserviente che chiedevano ai tedeschi il motivo della loro presenza, uno di
loro abbia risposto affermando che quella sera vi sarebbe stata una visita dei partigiani.
Come ne fossero informati nessuno ha mai potuto accertarlo. Resta il dubbio che a fornire la delazione fosse
stata la polizia fascista, fuggita in mattinata e che, per la sera stessa, aveva concordato la consegna delle armi
ai partigiani; oppure che il padrone di casa, allinsaputa dei familiari avesse avvertito il comando tedesco di

46

Questa parte del racconto scritta in terza persona. Il lui, quindi, lo stesso Libero Ricci Maccarini, la cui abitazione nelle
adiacenze dellosteria, come apparir evidente alla citazione della sorella Giovanna.
47
Laccenno alla bella villa di Case Selvatiche di propriet di Carlo Tamba.
48
Appare evidente quindi come il comitato di Filo sia alle dipendenze del CUMER, Comando Militare dellEmilia Romagna.
49
Giovanni non pu essere che Giovanni Matulli detto Gianl, comunista, a lungo perseguitato dal fascismo, incarcerato e condannato
nel 1930-31. Sei mesi prima, come mio padre Guerriero, era scampato allesecuzione sommaria delle Brigate Nere, rilasciato in
extremis dopo la sparatoria che aveva colpito a morte Agida Cavalli.
50
Nelle ricostruzioni postbelliche lazione di disarmo cui si apprestavano i combattenti viene descritta con altri particolari. L'Unit del
14 settembre 1974 riporta: Nel pomeriggio del 7 settembre le brigate nere dovevano trasferirsi dalla caserma di Filo a quella di
Portomaggiore. Il movimento partigiano ne fu informato e dispose un'azione per sottrarre le armi ai fascisti. Ad un gruppo di partigiani
fu affidato il compito di attaccare le brigate nere lungo la strada di Bando. I fascisti all'ultimo momento cambiarono percorso e si
trasferirono passando per il ponte della Bastia e, quindi, per Argenta. Al gruppo partigiano venne ordinato di ritirarsi senza ovviamente
compiere l'azione. Libero qui riporta che Gianl apprende da un informatore che quei ragazzi, chi tabc, venuto meno il piano di
uscita, sono comunque in azione, ma diretti verso la Fiorana dove intendono disarmare un militare fascista. Sono versioni difformi che
tuttavia ci raccontano come il CLN filese non avesse il completo controllo di quanto stava avvenendo quella sera.
51
Gigi Luigi Matulli, laltro Alfonso Bellettini. Incapperanno nel rastrellamento e cadranno entrambi vittime delleccidio.

28

una richiesta di versamento in favore del movimento clandestino, pure dovendo ammettere che lui, comunque,
non poteva sapere in quale sera, poi, si sarebbe andati in casa sua per ritirare il versamento stesso.
Unaltra considerazione importante si pu trarre dalla mancanza di coordinamento relativamente allazione
che stava per essere compiuta, tant che quella sera si doveva compiere loperazione di disarmo del capitano
alla Fiorana, com da presumersi che lui non avrebbe disturbato lattivit del gruppo operante, una volta che
fosse stato informato di quanto doveva accadere, come poi avverr.
Intanto, lasciati Gigi ed Alfonso, lui si era avvicinato a casa. L fuori, seduti ai lati della porta di comune
ingresso alle nostre modeste abitazioni, ritrov come sempre suo padre e la Clorinda52. Si ferm anchegli a
cogliere la quiete di quella notte, ancora pi assorta nel buio che proteggeva dagli aerei provenienti dal vicino
fronte.
Ascoltava cos suo padre parlare del proprio lavoro e la Clorinda annuire con brevi frasi, finch furono
attratti da un improvviso bagliore e dallabbaiare violento di un cane53. Si era aperta la porta dei Tamba e la
luce viva proveniente dallatrio proiettava uno squarcio luminoso, insolito a vedersi a quellora, mentre il
cane, sempre abbaiando, si avventava contro qualcuno che voleva entrare. La porta accenn a chiudersi, poi si
riaperse, quindi si chiuse definitivamente.
Cosa stava accadendo? Lui pens che fosse giusto muoversi, mentre il padre, impaurito e dietro di lui, gli
raccomandava di tornare indietro.
Si spinse fin sul crocevia, gir a sinistra verso la casa dei Tamba, finch si vide avvicinato da un uomo di
statura elevata, che, puntando unarma, gli intim di fermarsi. Not che aveva il volto bendato [coperto cio
col fazzoletto fino allaltezza del naso - nda], e mentre cercava di trarsi dal pasticcio in cui sera ficcato, si
sent sospingere da destra da un altro armato che lammon: A casa, subito! Manda a letto tutti e d che ci
sono i partigiani54.
Al padre, chera rimasto indietro, disse che bisognava rincasare: lo disse a Max ed allIrene55, seduti sulla
barriera laterale della strada e arriv, cos, di nuovo allentrata di casa, dove si ferm per volgersi e vedere se
accadeva qualcosa di nuovo.
Da casa Barbieri, intanto, uscivano il professor Pasi e la Drei, maestra a Filo da tanto tempo56, e il suo istinto
fu quello di correre ad avvertirli di ritornare di dove eran venuti, ma alcuni colpi di armi da fuoco, improvvisi
e tremendi, lo fecero ritrarre sotto il portico57.
Di l ud distintamente un lamento strozzato, come di persona che, colpita, si accascia al suolo. Rincorse suo
padre su per la scaletta, mentre la sparatoria si faceva pi violenta attorno al crocevia, e, coi genitori e la
sorella, si chiuse in casa.
Sempre pi spaventato, suo padre gli chiese: Ma cosa mai sar accaduto...?
Credo che abbiano colpito Pasi o la Drei, rispose.

52

E la vicina di casa Clorinda Quattrini (1907-1992) residente al piano inferiore del fabbricato, assieme alla madre Medea ed ai
fratelli Enrico (Rich) e Romildo.
53
Dalla finestra dei Ricci Maccarini che dava sulla strada Provinciale era infatti visibile, a quellepoca, il palazzo Tamba che stava ove
sono oggi le Scuole elementari.
54
Di questo ordine imperioso a rientrare in casa (A letto tutti e chiudete le porte), dato poco prima della sparatoria che colp il
tedesco, c ancora memoria nella mia famiglia che, a quel tempo, abitava al lato opposto della strada, a poca distanza dallosteria.
55
Sono abitanti o ex filesi sfollati delle case vicine: Max Barabani, padre di Carlo e Paolo, il cantante gi noto a questo blog, ed Irene
di Amedeo Mezzoli e di Eufemia Cavalli, questultima zia di mio padre, emigrata con la famiglia a Bologna e poi, come gli altri
fratelli Cavalli sfollata al paese natio, durante la guerra.
56
Il primo Emilio Pasi, classe 1912, di Tancredo e di Giovanna Minguzzi, famiglia di origine alfonsinese, fattori del proprietario
terriero Casadio. La famiglia risiedeva a Filo dAlfonsine, nella casa poi abitata dalla famiglia di Massimo Galamini che, in epoca
successiva, ricopr le stesse funzioni. La seconda Dina Drei, maestra che alloggiava presso la famiglia Barbieri.
57
Pare che a Casa Tamba si fosse recato a ritirare la somma concordata, una prima volta luomo dal volto bendato incontrato da
Libero, e una seconda volta, poco dopo, altri partigiani a volto scoperto. Nino Tamba avrebbe risposto a questi ultimi di non avere pi
il denaro perch appena consegnato. In quel momento sarebbe comparso il tedesco e di l sarebbe nata la sparatoria (Testimonianza
raccolta da Vanni Geminiani).

29

Purch non abbiano ucciso un tedesco, riprese suo padre; e poi ancora disperato: Scappiamo figlio mio,
scappiamo; qui ci prendono come topi... Loro sono tremendi... Se non scappiamo adesso, dopo non avremo
via duscita .
Ma no, pap! cerc di rincuorarlo non abbiamo fatto niente, che cosa dobbiamo temere?.
Intanto, dalla vicina osteria, si udiva un violento vociare, un correr dentro e fuori, un alterato dare
incomprensibili ordini, poi, dun tratto, a pause, la voce delloste che chiamava un vicino, un altro e ancora un
altro; unite alla sua voce, pi alte, le urla e le imprecazioni dei soldati tedeschi 58. Il rastrellamento aveva cos
avuto inizio, casa per casa e ai nomi chiamati altri ne seguivano tutto attorno: non rimaneva che fuggire col
padre, a ci indotti anche dalle insistenze della mamma e della Giovanna59.
Scesero dietro; nel cortile si mossero con cautela e, poi che furono certi di non essere visti, via di corsa
attraverso i campi di Liverani, fino alla casa Sacrato, dove li raggiunse Como: che abitava proprio di fronte
al crocevia, e che port conferma dellavvenuta uccisione di un soldato tedesco 60. Allora fu dato non avere
pi dubbi sulla gravit della situazione: quelle persone, che loste stava chiamando sotto la minaccia dei fucili
tedeschi, erano ostaggi rastrellati per condurre quella rappresaglia che lanimo di tutti aveva fino allora
temuto, pur non volendo credervi61.
Pi tardi arriv la Dera62, con il volto patito dallinsonnia e dalle emozioni subite. Narr come ne avessero
portato venticinque nella saletta dellosteria, oste compreso, per altro gi ferito ad un piede, e l li avessero
rinchiusi, per proscioglierne poi quattro di minore et63. Disse pure chi erano i rastrellati e non mancarono di
stupire alcuni nominativi di persone notoriamente compromesse col fascismo.
Sul fare del mattino ritennero opportuno di non essere pi di peso ai Sacrato, anche perch, nel frattempo,
molti altri erano giunti dal paese, e lui si avvi, dopo un lungo girare, fino alla Pecorara, dove pensava che
avrebbe trovato qualcuno dei suoi compagni. Poi, al sopraggiungere della Pina, fece seguito lintera
consapevolezza dellimmane tragedia e latroce riconfermarsi della morale tedesca.

58

Loste citato Enrico Nuvoli (Ricco), cui intitolata la via di Filo di Alfonsine ove risiedo, uno dei dieci ostaggi filesi uccisi.
Enrico, spintonato e incalzato dai tedeschi alla ricerca di uomini da rastrellare, li porta al lato opposto della strada, presso la residenza
della Minghna (Domenica Mercatelli) e della di lei madre Baztna (Battistina Ricci Maccarini), due donne che vivono sole. Le loro
stanzette stanno al piano superiore dello stabile abitato dalla mia famiglia. Qui Ricco viene picchiato per la presenza di sole femmine
ed obbligato a fare i nomi di chi era allosteria prima della sparatoria. Di tutto questo ho udito io stesso, dopo la guerra, da ragazzo,
nella casa popolare in cui sono cresciuto, direttamente dalla Minghna, nostra vicina di casa. Peraltro mi fu sempre raccontato che mio
padre, ovviamente in allerta dopo luccisione della madre di sei mesi prima, sfugg al rastrellamento perch subito informato
dellaccaduto dalla cugina Alda Cavalli. La ragazzina aveva familiarit con la lingua tedesca (lingua della madre, la staffetta partigiana
Annie Oelsner) ed aveva appreso della morte del tedesco dalle urla che giungevano fino a casa nostra. Pretese per lAlda, piangente e
impaurita, che il padre, lo zio Tonino Cavalli, non si muovesse da casa e, convinta di evitargli ogni rischio, lo nascose sotto il
materasso. Per fortuna, come si gi detto, i tedeschi, scesi dalla nostra rampa spintonando il povero Ricco, furono indotti da
questultimo a salire le scala posteriore e a non entrare in casa nostra. L ci abitano soltanto donne, ment Ricco indicando il
nostro portone. Da sotto il materasso, zio Tonino ud poi, con terrore, attraverso le fessure del soffitto quanto avveniva sopra di lui,
presso la Minghna. Quanto a zia Annie, che ricordo con tanto affetto, riporto due note biografiche: Oltre alle usuali funzioni di
staffetta, ha partecipato in prima persona al disarmo di fascisti e tedeschi, compiendo anche atti di sabotaggio nelle zone allagate fra
Menate, Filo e Bando, e ha collaborato allassistenza sanitaria in valle, occupandosi in particolare del punto di soccorso situato alla
Ghedinia. D.TROMBONI- L.ZAGAGNONI, Con animo di donna, Ferrara, Cartografica Artigiana, 1998, p.284.
59
Il padre di Libero Ricci Maccarini Achille (Chil), la madre Cesira Bellenghi (Cira); la sorella Maria Giovanna Ricci
Maccarini che sposer nel dopoguerra Bonnar Briggs, un ufficiale inglese. Chiln e la Cira vennero a vivere nelle case popolari e,
anche loro, furono indimenticabili vicini di casa della mia infanzia.
60
Libero e Chil fuggono perci dal lato posteriore della loro abitazione dirigendosi verso la frazione ravennate di Filo. Attraversano
la zona capanni e serragli del Palazzone, superano la casa Liverani (ora parco M. Margotti), e si portano presso i Sacrato, famiglia che
risiede nella prima casa contadina (oggi demolita) a sinistra dello stradone (ora Via Rondelli) che porta al fiume. Cmo Ricci
Maccarini Mario, indimenticabile personaggio filese gi noto allIrla (28.10.2007).
61
Libero capisce perci solo in quel momento il vero significato delle urla udite nei pressi dellosteria.
62
Dera Bedeschi, altro ben noto personaggio filese, levatrice ed attiva staffetta partigiana.
63
I minorenni incappati nel rastrellamento erano quattro, ossia: i due figli di Alfonso Bellettini, Uber (Mazalca) ed Ibanez (e Bar)
e poi Sante Toschi (Barra), poco pi che ragazzini, e il diciottenne Giorgio Marconi. Per la loro liberazione si interess Nino Tamba
che ordin allinserviente Rita Gardelli, friulana di confine in grado di spiegarsi in tedesco, di recarsi allosteria ed intercedere
opportunamente affinch questi giovanotti venissero rilasciati. Rita ci riusc per i tre pi giovani, ma non per Giorgio, uno dei caduti
nelleccidio del giorno dopo. La sua liberazione fu negata. Dissero che a diciottanni in Germania i giovani avevano gi let per la
guerra e per la morte. (Testimonianza raccolta da Vanni Geminiani).

30

[III Il calvario e leccidio]


I ventun ostaggi vennero portati nel palazzo scolastico di Argenta, dove il comando tedesco convoc alcuni
gerarchi fascisti e richiese ad uno di loro di contrassegnare in rosso dieci nominativi dellelenco predisposto e
comprendente tutti i fermati.
Si vuole che qualcuno dei convocati abbia tentato di interporre il proprio interessamento presso il capo della
provincia e presso il comando tedesco, senza per altro ottenere un minimo di ripensamento sul quel procedere
spietato degli avvenimenti.
Cos, verso le sedici di venerd otto settembre, un camion partiva col suo carico umano dalle scuole del
capoluogo diretto a Filo64. Arrivati a Ponte Bastia, sullargine sinistro del Reno e ai margini della Statale
Adriatica, furono fatti scendere in cinque: Diani Felice, Bellettini Alfonso, Andal Giuseppe, Coatti Antonio e
Bolognesi Alfredo65.
Un colpo di pistola alla nuca tronc la vita di quegli infelici che, riversi a terra, l rimasero quale
ammonimento ai passanti, fin quando, con un carro usato per il trasporto del bestiame e con carretti avuti a
prestito dai contadini, i loro famigliari poterono rimuoverli e riportarli nelle loro case, per sempre segnate dal
dolore.
I sedici restanti che, impietriti e chiss in quale disperato sbattimento avevano assistito allorrendo eccidio,
furono fatti proseguire fin sul crocevia di Filo, dove la rappresaglia ebbe il suo completamento: Matulli Luigi,
Quattrini Amerigo, Nuvoli Enrico, Coatti Antonio e Marconi Giorgio caddero pure loro abbattuti da un colpo
di rivoltella alla nuca66.
Il giovane Giorgio per ben due volte riusc ad evitare il colpo, col repentino spostamento del capo, poi lo
presero per i capelli e gli spararono in bocca67.

64

Il convoglio era costituito da un mezzo militare con a bordo alcuni militi tedeschi, una Topolino con dentro tre italiani (incaricati
delle esecuzioni materiali) ed il camion degli ostaggi, un mezzo di propriet di un filese, normalmente adibito al trasporto di bestiame.
Nel cassone con gli ostaggi erano presenti, come sorveglianti, alcuni militari germanici. Al ritorno verso Filo, e allattraversamento di
San Biagio, un bombardamento aereo alleato parve dare qualche speranza di fuga ai prigionieri, ma i tedeschi, scesi dal camion, si
ripararono in una casa nei pressi dellattuale farmacia sanbiagese; di l tennero sotto tiro gli ostaggi durante lincursione aerea
(Testimonianza raccolta da Vanni Geminiani).
65
Le esecuzioni avvengono in successione ai margini della strada davanti al Ponte Bastia sul Reno, luogo di grande frequentazione e
passaggio obbligato verso il lughese. I morti devono essere di monito per chi attraversa quel luogo. Carnefici sono i tre fascisti
forestieri col fez scesi dalla Topolino. Gli ostaggi, col nome cerchiato di rosso nella lista, vengono chiamati uno per volta e poi
soppressi con un colpo di pistola alla nuca dallindividuo pi alto. Al momento in cui viene chiamato ad alta voce Coatti Antonio,
scende dal camion Coatti Paolo (Ciar, altro mio vicino alle case popolari), padre del giovane Coatti Antonio (Tugnn, detto anche
Zca). Dice: Vengo io al posto di mio figlio! Gli rispondono che la sostituzione non possibile. Ciar chiede delucidazioni, poich
sono due i Coatti Antonio fra gli ostaggi. Si appura che il designato laltro Coatti Antonio, padre di Eligio. Nel cassone c fra i
rastrellati anche lanziano pap di questultimo che, come gi aveva fatto Ciar, offre il suo sacrificio, ma i dispensatori di morte non
sentono ragioni. Compiuta la carneficina, i tedeschi ordinano ad un loro giovane militare di restare sul posto per impedire a chiunque
lo spostamento dei corpi. Il ragazzo non se la sente, prova ad aggrapparsi al camion che sta ripartendo, ma viene obbligato a rispettare
lordine ricevuto (Testimonianze raccolte da Vanni Geminiani).
66
Anche queste uccisioni furono perpetrate dal pi alto dei tre italiani col fez. Gli ostaggi, fatti scendere nel crocevia ai margini della
strada per Bando, vennero tenuti in piedi uno per volta e rivolti in direzione della chiesa. Il boia da dietro appoggi loro, un dopo
laltro, una mano sulla spalla, sopprimendoli con un colpo di pistola alla nuca sparato con laltra mano armata (Testimonianze raccolte
da Vanni Geminiani).
67
Secondo le tante testimonianze, quella del diciottenne Giorgio Marconi fu lultima delle esecuzioni e, come tutti sanno, la pi
terribile. Giorgio riusc una prima volta, con un rapido scatto della testa, a scansare il colpo del carnefice. Questi allora spar un
secondo colpo che per fece cilecca. A quel punto ci fu il tentativo di intervento dellAnnunziatina Bosi che da casa sua, posta a pochi
metri dal crocevia, assisteva alla macabra scena. Come ho gi riportato in questo blog (29-7-2013: I vecchi tempi della Vinzinzna)
la settantenne Annunziatina, di fronte alla spietata ferocia che si materializzava sotto i suoi occhi, cerc di implorare e anche di inveire
verso gli aguzzini affinch rilasciassero che pvar tabc la cui madre disperata (Teresa Romagnoli detta Tisa) assisteva dalla
finestra di casa poco distante. Quando gli sgherri spararono senza piet sul ragazzo e il primo colpo manc miracolosamente il
bersaglio, lanziana e religiosa signora url a squarciagola: basta basta, a navd chl incra un tabc, e chl banadt da la
Madna?[Fermatevi! Non vedete che ancora un ragazzo e che benedetto dalla Madonna?] La donna non ottenne piet, fu anzi
vigliaccamente percossa e minacciata di morte mentre i feroci aguzzini portavano a termine la carneficina. Pare anche che persino i
due colleghi del boia avessero chiesto la sospensione, non certo per piet o pentimento, ma per rispetto della tradizione e dellusanza
che vuole sia concessa la vita al condannato se lesecuzione fallisce per fatto accidentale. Il truce aguzzino non volle sentir ragioni,
anzi, con ancor pi lena fece inginocchiare il ragazzo, gli blocc la testa fra le ginocchia e gli spar dallalto al basso (testimonianze
raccolte da Vanni Geminiani).

31

Un altro dei Matulli, pure fra i rastrellati, sentendosi chiamare, fece tanto da riuscire a dimostrare che lui era
l sfollato ma che abitava a Faenza. Lo lasciarono libero e chiamarono gi dallautocarro, cos, col gesto della
mano, uno di quelli non segnati in rosso. Luccisero, tanto per loro contava il numero delle esecuzioni: non
aveva importanza se poteva essere, come lo era, un iscritto alla Repubblica Sociale fascista!68
Tutto questo era accaduto in diciassette ore: un giorno era stato di troppo per stroncare dieci giovani vite e
per rovinare dieci famiglie ed un paese intero.
[IV Tre settimane dopo]
Passogatto una modestissima borgata a cavallo del Santerno, fra Voltana e Giovecca, ai lati della strada per
Lugo, pure vicina a Lavezzola e non molto distante da Conselice e S. Biagio.
Per giungere a Filo bisogna percorrere ben undici chilometri, tanti, se si vuole, per supporre che proprio da
qui, ad un mese appena dal tremendo eccidio, potesse dipendere la sorte di un militare tedesco, col
improvvisamente scomparso. Ci non toglie, forse per una sorta di folle predilezione vessatoria, che, nel
primo pomeriggio della domenica, che come poi si seppe veniva dopo la scomparsa del tedesco, due autocarri
scaricassero allincrocio del paese una decina di soldati, che in un baleno irruppero nelle case, per rastrellarvi
quarantaquattro ostaggi, poi portati a Passogatto, nella casa contadina di Burci.
Fortuna volle che il soldato scomparso si facesse vivo il luned seguente, dopo aver scaricato, in un bordello
di Lugo, le proprie effervescenze, sicch il comando tedesco, nella stessa serata e dinnanzi allevidenza dei
fatti, provvide a lasciare in libert i malcapitati filesi.
A tanto poteva arrivare la cieca repressione cui il paese era assoggettato, su segnalazione dei gerarchi
ferraresi69.

I dieci filesi trucidati per rappresaglia nazifascista l8 settembre


1944. Da sinistra, in alto: Amerigo Quattrini, Enrico Nuvoli,
Giorgio Marconi, Arturo Soatti, Luigi Matulli; in basso, da sinistra:
Felice Diani, Alfredo Bolognesi, Alfonso Bellettini, Casimiro
Beppino Andal, Antonio Coatti.

A fianco lOrdinanza dai toni punitivi del Comando Militare


Germanico e riservata ai soli cittadini di Filo datata 11 Ottobre 1944.

68

Lo sfollato da Faenza Matulli Paolo, fratello di Luigi. Al suo posto viene chiamato, a caso e scorrendo la lista, Soatti Arturo, detto
e furnar. Questi, che aveva moglie e tre figli e di simpatie repubblichine, se avesse manifestato la sua militanza fascista avrebbe
forse potuto evitare la morte, ma non lo fece e salv, di fatto, la vita a qualcun altro. Fu anche questo un esempio di coraggio e di
dignit che va ricordato con grande rispetto.
69
Si veda la ricostruzione di Vanni Geminiani in calce al presente articolo.

32

In quei mesi, sui monti di Romagna, sei partigiani filesi con alla testa Amato Rossi combattono
coraggiosamente nella Bianconcini, tre di loro: Pietro Liverani, Ainis Tirapani e Mario Guerra non
tornano pi alle loro famiglie e al loro paese. Cadono, i tre giovani, sotto il piombo nazi-fascista: i primi due
sul monte Carzolano il 25 maggio del 44, il terzo, prima ferito gravemente nella battaglia di Purocielo
(ottobre 44), viene giustiziato con ferocia e con tutta linfermeria partigiana, dalle brigate nere faentine 70. Un
anno prima, il 10 novembre del 43 un altro giovane filese, Raimondo Rossi, era caduto in combattimento,
ben al di l del mare, sui Monti Balcani nelle fila della Resistenza albanese. L, per combattere i nazi-fascisti,
si era arruolato dopo larmistizio dell8 settembre 1943.

Ottobre 1944, ritorna il terrore a Filo


Ricostruzione dellaccaduto e testimonianze raccolte da Vanni Geminiani
Dopo la sparizione del soldato tedesco di stanza a Passogatto, domenica 1 Ottobre 1944 i tedeschi
piombarono a Filo in forze, circondarono il paese e rastrellarono oltre quaranta persone. Fare un elenco di
quelle persone, ancorch approssimato, oggi risulterebbe impossibile.
Uber Bellettini (14 anni), il cui padre Alfonso era stato fra le vittime delleccidio dell8 settembre, era
sfollato, con la madre (Maria, staffetta partigiana) e il fratello Ibanez, a Molino di Filo, alla base della
Pigurra. Lui e il fratello tre settimane prima erano stato presi e rilasciati dai tedeschi.
Quella domenica mattina, verso le undici, Uber, allinsaputa della madre, si trovava da Caprt, il barbiere,
nella baracchina davanti al Palazzone. Ad un certo punto qualcuno gli grid di darsela a gambe perch c'erano
i tedeschi che stavano operando un nuovo rastrellamento nel centro di Filo.
Lui scapp subito, scavalc una siepe, pass dietro casa Carlotti (residenza di Gemma Vandini che era stata
la sua maestra) ma appena in aperta campagna, fu individuato da due tedeschi in lontananza. Gli spararono
senza colpirlo, sicch riusc in qualche modo a far perdere le sue tracce. Dopo un po torn verso labitato e
vide la signora Gemma sulla porta di casa. La preg di farlo entrare.
All'interno cera gi Ermanno Leoni (Gli, 16 anni) che non era riuscito a correre fino a casa sua, a poca
distanza. La maestra nascose entrambi al piano superiore.
Qualche istante dopo i tedeschi, che cercavano uomini in ogni casa, bussarono violentemente alla porta,
gridando ad alta voce. Lei senza tradire emozioni, e rischiando parecchio, disse che in quella casa non c'erano
"uomini". Uber, che dimostrava assai meno della sua et, con sangue freddo infil una giacchetta e scese con
indifferenza le scale. Il tedesco non lo consider. Gli, per, qualche anno in pi, era rimasto di sopra e a quel
punto gli saltarono i nervi. Si mise a piangere. Il tedesco gli ordin di scendere subito e con lui prese anche
Uber.
Fu ordinato ai due ragazzi di andare immediatamente al punto di raccolta nei pressi della caserma mentre il
soldato, da casa Carlotti, li teneva sotto tiro col fucile. Appena a destinazione71, Uber parl con Cirl Belletti
70

Tutta la loro storia stata raccontata in A.VANDINI, Sotto lombra di un bel fior, Faenza, Edit, 2005.
Le persone venivano raggruppate tra la caserma e losteria Benassi (oggi negozio Ghirardini). Durante la confusione del momento,
mio padre Salvatori Ferdinando (Ramo) e Mezzoli Adolfo (Tufaiaia padre di Lodino), riuscirono a scappare senza farsi vedere
(Testimonianza di Luciano Salvatori).A quanto mi raccontava zia Fastina [sorella di Vincenzo e di mio padre Tullio Minguzzi detto
e Mstar], zio Sula era quel giorno seduto su di un muricciolo nei pressi dellincrocio di Filo. Quando giunsero i soldati tedeschi,
71

33

(pap di Wander e Iseo). Lo supplic di adoperarsi per suo rilascio visto che da poco gli era stato ucciso il
padre e che sua madre non avrebbe retto ad unaltra disgrazia. Cirl si interess e riusc a far liberare Uber,
ma nulla pot per Gli che aveva 16 anni.
A questo punto il ragazzo desiderava correre dalla madre a tranquillizzarla, ma il paese era presidiato, gli
uomini tutti sbarrati in casa. Decise allora di travestirsi da donna, poi, dietro Maria ad Rafl (Maria Pollini,
moglie di Raffaele Vandini, fratello di Guerriero), Maria ad Tachini ed Eva Belletti, si diresse in bicicletta al
Molino di Filo. Passarono il posto di blocco tedesco che stava dopo il cimitero davanti a casa Pezzi senza
essere fermati. Se il travestimento fosse stato scoperto, lui e le tre donne avrebbero rischiato la fucilazione,
quasi certamente scambiati per partigiani72.
Gli altri ostaggi filesi catturati nel rastrellamento furono portati, verso sera, nelle campagne di Passogatto,
nel cortile di una casa contadina; l rimasero sotto la sorveglianza di pochi tedeschi. Ebbero libert di
movimento, ma sotto precisa minaccia: Se qualcuno scappa, tutti gli altri vengono uccisi.
Davanti alla casa c'era una vigna e da l staccarono e mangiarono qualche grappolo d'uva ancora da
vendemmiare.
Fra gli ostaggi preziosa fu la presenza di don Umberto Pertegato, sfollato a Filo presso il fratello Ferruccio,
che si adoper parecchio per calmare i giovani orientati a tentare la fuga. Fra i presenti si ricordano anche
Giurgi Cassani, Tempioni (pap di Cichno), Enea Checcoli detto No dFiri73, Ghiselli Tonino, detto e
Gb, babbo di Pippo, Vincenzo Minguzzi (Sula), Giovanni Righini74 e Nello Bonora. La Nella, moglie di
questultimo, sal in bicicletta, and ad Argenta per avere notizie dei filesi e, di l, and fino a Passogatto per
rincuorarli.
Nella mattinata del giorno seguente il tedesco sparito fu miracolosamente ritrovato; si era recato in un
bordello di Lugo, si era ubriacato, infine era caduto in un fosso.
Fu cos che i nostri concittadini vennero lasciati liberi e, da Passogatto, tornarono a Filo a piedi75.

Il cippo al Ponte Bastia

Il cippo nel centro di Filo

molti dei quali erano poco pi che ragazzini, ci fu limmediato fuggivia e qualcuno vedendolo immobile gli grid Fuggi Sula,
fuggi!. Lui rimase invece al suo posto, dicendo che era al suo paese e che l aveva tutto il diritto di restare. Le stesse cose, urlando, le
ripet in dialetto in faccia ai tedeschi che affront a male parole, mentre lo spingevano al punto di raccolta (Testimonianza di Giorgio
Minguzzi).
72
Testimonianza di Uber Bellettini.
73
Morir suicida nel dopoguerra.
74
Queste, fra i 44 ostaggi, sono le persone che ricordava Gli. A queste si pu certamente aggiungere, per quanto si tramanda in
famiglia, anche il nome di mio nonno, il calzolaio Ivo Vandini (Ivo dla Bargamina), vedovo di Agida Cavalli.
75
Testimonianza di Ermanno Leoni detto Gli.

34

La Liberazione del territorio non ancora


per imminente. Ravenna viene liberata il 5
dicembre e il fronte si attesta per tutto
linverno 44-45 - vedi cartina a fianco lungo il Senio, lungo una nuova
demarcazione, la cosiddetta Gengis-Khan,
determinata dal cedimento della Gotica nella
sola parte orientale.
E da questa linea, la linea del Senio, che
parte nellaprile del 45 la grande offensiva
di primavera delle Forze Alleate.
Linea Gotica e Linea Gengis-Khan

Nelle terre dellArgenta Gap ove si disputa la battaglia che, di fatto, pone termine alla Campagna dItalia,
tanti sono, in quellaprile 1945, i lutti, i morti, le macerie e le distruzioni che stravolgono i nostri paesi, da
Anita ad Argenta. Muoiono tantissimi civili, il centro di Filo rimane praticamente raso al suolo. Cadono, nei
giorni del passaggio del fronte, anche due partigiani filesi della Brigata di Pianura Mario Babini: Alfeo
Fabbri (Pip), uno dei 22 antifascisti arrestati e processati nel 31, ed Egidio Leoni (Fabio). La conta dei
morti porta a 141 persone: 91 civili, 31 militari e 18 Martiri della Libert.
Pochi giorni dopo lintera penisola, dopo un ventennio di negazione ed usurpazione dei valori e dei diritti
pi elementari, ritorna alla Libert ed alla Democrazia.

Aprile 1945 - Il centro di Filo distrutto dai bombardamenti, visto dalla chiesa

Questa ricostruzione dei fatti tragici filesi del 1944, ha permesso di far conoscere i nomi e le storie dei
diciotto Martiri della Libert, delle diciotto stelle dargento che onorano la bandiera tricolore della locale
Associazione Partigiani. Sono nomi e storie che dicono e raccontano perch, Filo e la sua gente sentono
ancora, sulla loro pelle, il valore di quella Libert e quella Democrazia.
E un popolo che aspira ad un mondo di concordia e di pace, ma che non dimentica gli orrori della guerra, n
gli insegnamenti della lunga lotta al fascismo; chiede per questo una corretta e diligente rappresentazione della
storia, nazionale e locale.
Nelle nostre famiglie c oggi un senso di fierezza, orgoglio, rispetto, tenero ricordo dei tanti, troppi caduti
dellultimo conflitto. E una memoria ancora forte e viva che si accompagna alla gratitudine e alla
riconoscenza verso chi, in quel lontano 1944, nei giorni pi bui, nei giorni neri delloppressione, si sacrific
con abnegazione e coraggio per tutti noi, noi che oggi possiamo vivere da uomini liberi.

35

Filo, febbraio 2014

36

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