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Numero:
Titolo:
10
DATA:
11 Novembre 2014
Filo 1944
- Raccolta articoli dedicati al 70mo dei tragici eventi filesi del 1944
(Edizione distribuita Pro-ANPI Filo lo scorso 14 Aprile)
Articoli di riferimento:
Approfondimenti e monografie
dal blog:
AGIDE VANDINI
Filo, 1944
Il ricordo, settantanni dopo
fascisti e i tedeschi alle strette, non sarebbe stato possibile, violenza che determin, come sappiamo, ulteriori
persecuzioni, rappresaglie e morti atroci.
Nel film purtroppo non trov posto nulla di tutto questo; la scena delluccisione, forse esigenze
scenografiche e narrative, fu proposta con una dinamica diversa dallaccaduto e soprattutto collocata
temporalmente in modo errato. Il fatto viene proposto addirittura dopo leccidio dell8 settembre 1944 e
persino dopo la sparatoria partigiana sugli argini del Reno del gennaio 1945, quasi che fosse avvenuto a
ridosso del passaggio del fronte, senza accennare minimamente agli esiti finali della spedizione fascista. Nulla
si dice sulla conclusione, lungo la scarpata della strada provinciale in localit Civettara, sul rilascio allultimo
momento dei prigionieri gi pronti per lesecuzione, con una decisione che sorprese persino i due perseguitati,
per fortuna ignari delle condizioni disperate della donna trasportata allospedale in fin di vita. Non aver
rappresentato questo aspetto, ha significato togliere allo spettatore la possibilit di capire come e perch il
gesto e lestremo sacrificio dellAgida fu, non solo coraggioso ed eroico nel suo slancio di madre, ma utile e
determinante per la vita del figlio e del suo compagno di lotta politica.
La vita di Gho e Gianl fu risparmiata, di fatto, davanti alla vergogna di avere, con uno spiegamento di
forze del genere (ben 12 brigatisti neri fatti venire da Migliaro, Migliarino, Dogato e Massafiscaglia) colpito
ed ucciso a tradimento una donna, forte e temeraria, ma pur sempre una donna. Seguendo il filmato non si
capisce neppure quale fine abbia mai fatto lantifascista prelevato da casa, un silenzio che indurrebbe a
pensare alla sua soppressione. Eppure, se cos fosse stato, chi scrive (e porta il nome della nonna) e che
allepoca spieg tutto al regista, non sarebbe nato 20 mesi dopo.
Chi volesse documentarsi un po meglio intorno a questo fatto che appartiene ormai alla storia di Filo pu
farlo consultando a fondo questo blog, oppure leggere larticolo rievocativo di Renata Vigan (Una madre
della Resistenza, Noi Donne, 27.4.1952) ripubblicato e corredato di note integrative in A.VANDINI, Sotto
lombra dun bel fior, Faenza, Edit, 2005, pp. 67-68. La scadente ricostruzione cinematografica ci suggerisce
tuttavia che si pu e si deve fare di pi, raccontando meglio ci che avvenne a Filo in quel tragico 1944.
Intorno alleccidio dei dieci filesi, ad esempio, avvenuto alla data dell8 settembre 1944, sei mesi dopo la
morte dellAgida e quattro mesi dopo la vile eliminazione di un uomo come Mario Babini, vero trascinatore
dellantifascismo filese, i cineasti ferraresi devono aver ricevuto altrettante testimonianze accorate. Ricordo
che allepoca nella saletta della Casa del Popolo di Filo si tennero affollate riunioni e dibattiti sullargomento.
Com stata possibile allora una introduzione delle scene del misfatto con parole in grado di lasciare allibiti
i filesi? Si udito recitare nella proiezione pubblica: Avvennero episodi terribili come luccisione di dieci
cittadini, cinque di Filo e cinque delle localit vicine, per rappresaglia, un commento al limite del ridicolo,
arcinoto com, a Filo e non solo, che quei poveri corpi insanguinati e quelle dieci famiglie distrutte erano
tutte e soltanto del nostro martoriato paese, circostanza, di per s, nella logica folle della rappresaglia nazista.
Ancora sbigottito, arrabbiato con me stesso per non averlo notato prima, ho voluto riascoltare e rivedere
per lennesima volta la raccapricciante scena nella copia del filmato in mio possesso (una digitalizzazione
casalinga della videocassetta comperata a suo tempo) e sono rimasto di stucco. Nella mia copia (Edizione
dellAprile 1995) la voce di Raul Grassilli recita ben diversamente: Avvennero episodi terribili come
luccisione di dieci cittadini di Filo dArgenta1, per rappresaglia, dopo la morte di un soldato tedesco.
Pi che tranquillizzarmi, il fatto ha reso evidente come in giro ci siano copie sbagliate e pasticciate del
film, copie che evidentemente non vennero mai sostituite. Non ho peraltro mai saputo di opportune note di
errata corrige. Sta di fatto che chi ha digitalizzato la copia proiettata in pubblico in questi giorni non sapeva
dellesistenza della versione riveduta e corretta.
Peccato. E davvero triste avere avuto una simile possibilit di spiegare alle future generazioni le tragedie
della guerra nellargentano, aver potuto contare sulla partecipazione entusiastica di cos tante persone, ed
averla in parte sprecata, pasticciando in modo tanto maldestro i fatti filesi rappresentati, ed aver reso in
1
Un dArgenta che, come avviene purtroppo assai spesso, sempre di troppo quando ci si riferisce al paese nel suo complesso,
articolato, com noto, in due frazioni di comuni diversi. Alcuni dei trucidati infatti erano di Filo dAlfonsine.
10 giugno 1940 LItalia fascista, dopo aver fomentato la Guerra di Spagna e scatenato quella dAbissinia
per dar seguito alle sue roboanti pretese coloniali (1935-36), aderisce al Patto dAcciaio ed entra in guerra,
nel secondo conflitto mondiale, a fianco della Germania.
Nel libro uscito da poco, e dedicato alla figura di Bruno Natali, la vicenda degli arresti, del processo e delle persecuzioni viene
ampiamente ricostruita e dettagliata (E.CHECCOLI D.TROMBONI, Bruno Natali, una vita nel cuore del Novecento, Ferrara, Tresogni,
2013, pp. 21-48). Purtroppo nellelenco degli arrestati viene tralasciato, per evidente omissione, Luciani Arnaldo e nel testo non sono
evidenziati in grassetto (pp.44-45), alla pari degli altri filesi, gli allora residenti in provincia di Ravenna: Diani Luigi (Luigi),
Tebaldi Tancredo (E Moz) e Toschi Giuseppe (Pip), mio zio.
3
Vedi A.DAL PONT, A.LEONETTI, P.MAIELLO, L.ZOCCHI, Aula IV, Roma, ANPPIA, 1961, pp. 184-185. Nel testo, alla sentenza n.23
del 28-4-1931, si riporta: Nel 1930 il Comitato federale romagnolo del Partito comunista dirige da Faenza unorganizzazione che
si articola in sette zone, ognuna delle quali comprende numerose cellule. Attivit principali: distribuzione di stampa, scritte murali,
esposizioni di bandiere rosse[].
Queste alcune notizie frammentarie sui processati (raccolte con laiuto di Vanni Geminiani e Carla Vandini): Babini Mario,
originario di Giovecca di Lugo, poi marito di Rosina Natali, abit con la famiglia di questultima di fianco allosteria Nuvoli; Matulli
Giovanni (Gianl) abitava al Borgo S-ciapta; Fabbri Alfeo (Pip), fratello del Ger e altri, abitava a Case Selvatiche, si spost poi
alla Chiavica di legno; Diani Luigi (Luigi d Gabar), pap di Francesco (Chcco), abitava a Filo di Alfonsine; Tebaldi Tancredo
(e Moz d Mlarina), pap di Achille (Chilo) abitava a Case Selvatiche sotto Alfonsine; Vandini Guerriero (Gho), mio padre, abitava
nel centro di Filo; Tarozzi Irpio (Lido), padre di Franco, abitava di fianco allosteria Nuvoli; Natali Bruno (dla China), padre di
Arturo, Luciano, Lelia e altri, abitava al Molino di Filo; Veduti Enzo (Panma), padre di Teresa, abitava nel centro di Filo; Tirapani
Anteo (Teo d Pani), abitava nella C Longa, grande amico di mio padre Guerriero, emigr nel dopoguerra a Marina di Ravenna;
Toschi Giuseppe (Pip d Capitni), fratello di mia madre Elvira e pap della maestra Rita Toschi, viveva Rossetta di Filo sotto
Conselice, a met degli anni 30 si spost alla Campeggia - Pip ancora vivente alla soglia dei 103 anni -; Mondini Francesco,
fratello di Bars-c e quindi zio di Libero Mondini (mio ex compagno di banco), abitava alla Campeggia (gli mor un bambino sotto il
carro del grano); Luciani Arnaldo (Amaldo allanagrafe), babbo del bidello Paolo e di Mario (marito di Elvira Diani), abitava al
Borgo Gallina; Banzi Guerriero, fratello di Pezli (Quinto) e Ghingh, zio quindi di Luisa e Delia, abitava nel centro di Filo;
Bonora Guerrino, fratello di Nello il parrucchiere, abitava a Case Selvatiche; Banzi Tarcisio (Cecio), abitava nei pressi della
Bargunzna, dietro ai Rav (Venieri), spos la Tavalaza; Battaglia Ivo, fratello di Bruno, Liliana e altri, abitava nei Vag, poi
emigr a Milano; Veduti Adino (Spulvrz), marito della Noemia d Farl, abitava nel centro di Filo, poi disperso in Russia; Antonioli
Mario, in seguito emigrato a Lavezzola; Minghetti Emilio (Migliri d Bigila), abitava nei pressi dellca, padre di Mara; Martinelli
Olao, fratello della bidella Ines, abitava al Molino di Filo; Geminiani Vito, fratello di Maria, Volpi e Pina di S. Biagio, era figlio del
fratello di Angelo, nonno di Vanni Geminiani.
8 settembre 1943 Badoglio firma larmistizio con le Forze Alleate Anglo-Americane, gli ordini sono
confusi e lesercito italiano, dopo tre anni di combattimenti, si scioglie nellarco di poche ore.
E il Tutti a casa che d inizio alla Resistenza nella parte del territorio subito occupato dai tedeschi. Il re
si ritira a Brindisi, nomina il figlio Umberto II Luogotenente dItalia e questi, costituita la Brigata Cremona,
affianca gli Alleati nella Guerra contro la Germania.
I tedeschi creano, nel territorio occupato, la Repubblica Sociale Italiana e vi mettono a capo Mussolini,
liberato dalla prigione di Campo Imperatore nel Gran Sasso. Il fascismo diventa cos repubblicano (per la
storia: repubblichino), e combatte a fianco della Germania contro il Regno dItalia, contro il suo
Luogotenente, i suoi propositi democratici e i suoi alleati militari.
Il fascismo repubblichino scatena, in sostanza, una guerra civile nellItalia occupata, contro gli altri italiani,
contro coloro che si riconoscono nel nuovo corso della Monarchia, nei valori di Libert e Democrazia di cui
sono portatori i suoi nuovi alleati.
Gli italiani che anelano al II Risorgimento dItalia, in particolare tanti soldati tornati a casa l8 settembre
del 43 e scampati alle retate tedesche, alimentano le fila della Resistenza. Di l in poi, questi italiani, saranno
chiamati, e si faranno chiamare, Partigiani.
Dopo larmistizio il fronte di guerra rimase fermo per parecchi mesi lungo la
cosiddetta Linea Gustav, linea che univa Cassino a Termoli. Gli Alleati tennero
quelle posizioni dallottobre del 43 al maggio del 444.
Gli echi della guerra e degli spari contrapposti sono dunque ancora assai
lontani nei mesi in cui la violenza repubblichina ferrarese prende di mira gli
antifascisti filesi Vandini Guerriero, Matulli Giovanni e Mario Babini, da tempo
oppositori attivi e irriducibili al regime.
Nella notte fra il 28 e il 29 Febbraio 1944 giunge dal ferrarese fino al centro di
Filo una squadra di Brigate Nere. E a bordo di una camionetta che si ferma
lungo la Provinciale (oggi via 8 settembre 1944) di fronte allabitazione di Ivo
Vandini, mio nonno, una povera dimora al piano terra di un vecchio condominio
abbattuto nel dopoguerra; quel terreno oggi incorporate nel giardino Barabani
che fiancheggia la C de Ppul.
Cfr. http://www.auladellamemoria.it/percorsi_didattici/linea_gotica.html
Si sapranno in seguito, dallautista del camion, un informatore della Resistenza, i dodici nomi, cognomi e
provenienze di questi individui in missione punitiva, dodici sconosciuti portatori di morte, che, scesa la rampa,
circondano la casa e bussano con prepotenza al portone. Si affaccia nonna Agida, 53 anni, da sempre
preoccupata per i suoi figli, uno dei quali, Sereno, prigioniero in Germania, un altro, Guerriero, sempre in
pericolo, perseguitato politico dallet di diciottanni, dorme con la moglie Elvira e la figlioletta Carla, a pochi
passi da lei, in una stanzetta accessibile solo dallesterno.
Abita qui Vandini Guerriero?... Le parole risuonano minacciose nella notte, parole che il capoccia
fascista pronuncia mentre sbircia dalla porta assieme ad un altro squadrista. Entrambi hanno il fazzoletto da
collo tirato sopra la punta del naso, s che gli occhi assassini sfavillano in tutta la loro esaltazione e follia.
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Forse non c, dorme in una stanza dietro casa. Cosa volete, perch lo cercate? E poi subito, senza
attendere risposta Agida si rivolge al marito: V a vd te, Ivo..; nel frattempo cerca di intrattenere i due
forestieri che crede soli. Segue con la coda dellocchio il marito che ha le mani che tremano e non riesce,
dallinterno, ad aprire il catenaccio esterno, quello che chiude le due met inferiori della porta che d accesso
al cortile posteriore e conduce alla cameretta della famigliola di Guerriero.
Lasa st cha vgn me si spazientisce la nonna e poi si precipita, apre con agilit la porta. Non sa che
la casa circondata di anime nere assetate di sangue. Scende lo scalino per correre dal figlio, pensa di urlargli
Scappa Guerriero, scappa Ma quelle parole non riescono ad uscirle dalla bocca, subito sopraffatta dalla
scarica di mitra di uno dei brigatisti appostato nel buio e scaraventata a terra dalle tremende pallottole
esplodenti dum-dum che la colpiscono al basso ventre. Agida crolla al suolo in un bagno di sangue.
Neppure il tempo per questi sgherri di accorgersi che si tratta di una donna anziana, di capire che non
stato centrato un rosso da eliminare, di constatare che il bersaglio, ahim, una povera madre protesa alla
salvezza del figlio. Subito gli assassini in forze si dirigono alla stanzetta occupata dalla famigliola, proprio
mentre Gho, risvegliato dai colpi, sta uscendo dalla porta della sua camera da letto.
E ancora pieno inverno, c parecchia neve per terra. Guerriero in camicia da notte, a piedi scalzi, ma
viene fatto salire, a spintoni, cos com sul cassone del camion. Carla di nove anni e la mamma Elvira
rimangono chiuse nella loro camera: da l possono udire le urla e il tramestio allesterno, ma non possono
uscire, allarmare, chiamare soccorso, n farsi aiutare da qualcuno. Carla ne rimane traumatizzata. Elvira
disperata, poi prende il coraggio a due mani e si rivolge alla figlioletta: Che ci ammazzino pure tutte e
due, d uno spintone alla porta e si ritrova nel cortile insanguinato proprio mentre la camionetta sta
portando via Guerriero.
Sul cassone di quel mezzo, ormai in strada, Gho comincia a battere i denti, infreddolito; ode sempre pi
lontane, ma insistenti, le grida del padre.
Partito il camion degli squadristi il nonno, rivolgendosi a destra e a manca, chiama soccorso. Va sotto la
finestra del dottor Geminiani che inizialmente, terrorizzato e timoroso di conseguenze personali, non ne vuol
sapere5. Elvira riesce finalmente a fermare una macchina che trasporti la nonna ad Argenta, allospedale,
quantunque si capisca che non c pi nulla da fare. Agida, dopo unagonia terribile, in preda alla sete e a
dolori tremendi al ventre, muore due giorni dopo, il 2 marzo 1944.
Nella notte dinverno il camion delle anime nere prende la direzione della Bastia e fa sosta alla S-ciapta.
L, nel borghetto, la squadraccia preleva senza resistenza alcuna Giovanni Matulli, compagno di Gho nelle
prigioni fasciste quattordici anni prima; lamico Gianl impaurito, appena un po pi vestito di lui.
Oltre Case Selvatiche, un centinaio di metri oltre la curva ad esse in salita, Gho e Gianl vengono
scaraventati gi dalla piccola scarpata, di fronte alla Civettara. Mentre la camionetta staziona sullo stradello, i
due antifascisti vengono sollecitati con urla e grida a scavarsi la buca alla svelta, quella della loro tomba.
Gianl ormai non ce la fa pi a reagire, Gho trova, chiss come, la forza e la rabbia per chiedere al capo
drappello, tale Felloni di Massa Fiscaglia6: Perch ci sparate, siamo innocenti, che cosa abbiamo fatto di
male? Questi lo apostrofa in malo modo e gli si avventa contro: Stai zitto tu che il 25 luglio eri sul camion
con quelli che bruciavano le divise delle Camicie nere
La richiesta di soccorso al Dottor Geminiani ben documentata in un articolo apparso nellimmediato dopoguerra su LUnit, a firma
di Rosina Natali, un articolo di grande sensibilit che ho integralmente trascritto e che riporto a fine testo, con alcune note esplicative.
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Egidio Checcoli, in Filo della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, pp. 105-107 riporta che la squadra dazione apparteneva
alla Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale (MVSN), pi conosciuta come Tupn. Francesco Felloni, da Dogato (FE) era il
comandante della squadraccia e ricopriva lincarico di Ispettore della VII zona della MVSN. In una lista trascritta da quella che mia
madre seppell in un barattolo e che mio padre conserv sempre, posseggo ancora i nomi dei dodici squadristi. Per rispetto dei
discendenti riporto solo le iniziali dei dieci nominativi non citati da Felloni: S.R., T.U., M.A., M.G., S. (nome mancante, ma
possibile che si tratti del Malfaccini indicato dal Felloni), R.G., R.P. (detto Pir), R.P. (detto Pir), C.E., C.A. (tutti di Migliarino)
cui va aggiunto, oltre al Felloni, Colombani Quirico di Dogato. Tutti costoro subirono un processo nel dopoguerra, e beneficiarono
dellamnistia intervenuta.
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Gho sa che quanto dice il caposquadra corrisponde al vero. E vero che lui lestate precedente, in licenza
agricola proprio nei giorni della destituzione del Duce, era andato, assieme ad altri, nelle case dei fascisti a
farsi consegnare le divise color di morte per farne un fumante fal. Gli appare chiaro che qualche informatore
deve aver segnalato la cosa ai comandi repubblichini e la circostanza, considerata la sua opposizione al regime
di vecchia data, lo ha fatto salire, agli occhi dei caporioni fascisti, ai primi posti della lista nera, uno di quelli,
cio, da eliminare alla svelta per far star buoni e quieti tutti i rossi di questo dannato paesino.
Gho comunque non nega, anzi: E con questo? Io non ho mica commesso alcun reato! Il Fascismo, il
regime, il 25 Luglio caduto e io ne ho semplicemente bruciato i simboli. Non ha alcun piano Guerriero,
lui che pure alla testa di un Gruppo di Azione Partigiana che si occupa di resistenza passiva 7 in paese:
capisce che non c alcuna concreta possibilit di fuga. La discussione gli fa per prender tempo, guadagnare
istanti preziosi, fino a che i fari di unautomobile proveniente da Argenta sopraggiungono nella notte; il capo
brigatista si stacca allora dal plotone di esecuzione ormai pronto e va a conferire con chi porta notizie, forse
latore di nuovi ordini. Il breve colloquio col conducente della vettura avviene lontano dalle orecchie delle altre
camicie nere e da quelle degli ostaggi che attendono, ormai impotenti, lepilogo; sono pochi attimi in cui, al
Felloni, viene evidentemente riferito che la donna colpita morente, che non ha quindi alcuna possibilit di
scampo.
Il capoccia a quel punto urla ai prigionieri lennesimo comando: Salite sulla strada e andatevene a casa a
piedi!... I due prigionieri risalgono, passo dopo passo, la ripida scarpata mentre gli squadristi urlano: E
dite in paese che noi siamo socialisti, che vogliamo il bene degli operai. Gho e Gianl sono convinti di
udire da un momento allaltro alle loro spalle il crepitio della scarica pi oltraggiosa, la mitragliata alla
schiena; quasi con incredulit si ritrovano invece, scalzi e semisvestiti, sulla ghiaia appuntita della strada,
allora corrono fino alla curva; l, oltre la discesa ad esse, lascito di antiche chiaviche l interrate,
cominciano a credere che sia stata concessa loro la vita, senza per capirne la ragione, senza nemmeno
immaginarsi un perch.
Il grave motivo dellimprovviso pentimento squadrista, Gho lo capisce alle soglie di casa, nel
riabbracciare la famiglia in preda alla disperazione; non c pi il sangue materno versato nel cortile, ripulito
in tutta fretta dallElvira, ma intuisce il sacrificio ormai certo dellAgida di cui fin l ha ignorato la sorte;
capisce che quel gesto della madre, offrendogli la propria, gli ha ridato la vita una seconda volta.
Le pene per Guerriero non finiscono qui. LAgida cessa, come si detto, la sua agonia allospedale di
Argenta due giorni dopo, davanti ai familiari affranti. Il peso delle sofferenze della madre in fin di vita per
salvare la sua, e la perdita che ne consegue, terribile. Gli rimane scolpita nella memoria, fra le tante, la frase
nobile e toccante pronunciata dallo zio Amilcare, in sua presenza. Lui, il fratello maggiore di Agida, da poco
sfollato a Filo, tornato da Bologna con la famiglia e col figlio (futuro Prof. Giancarlo Cavalli), al capezzale
soggiunge con voce rotta dallemozione: Meglio mia sorella in questo letto di morte, piuttosto che tu, suo
figlio, fra gli assassini che hanno sparato a tradimento
Il pensiero di Guerriero corre ai fratelli minori, al forte Raffaele, a Sereno che prigioniero in Germania e
che non ricever pi alcuna lettera dalla madre. Nessuno dei fratelli gli rivolger mai direttamente colpe n
responsabilit per laccaduto, ma il triste tormento lo accompagner per tutta la vita. Sar sempre difficile e
doloroso per lui toccare quel tasto8.
7
A Filo intanto si forma la prima squadra GAP diretta da Guerriero Vandini. Il primo obiettivo dei ribelli di ostacolare il passaggio
delle colonne della Wehrmacht e di coordinare la vita civile assicurando che i depositi di grano non finiscano in Germania. Iniziano le
operazioni di disarmo dei fascisti isolati e riprendono a funzionare i collettivi di lavoro che impediscono quasi ovunque ai
repubblichini di disporre a loro discrezione della mano d'opera (V.TOTI, Antifascismo e Resistenza nell'Argentano, Tesi di Laurea, p.
104).
8
A Sereno, da quel giorno prese a scrivere (e lo fece per un anno e mezzo) mia madre Elvira, fingendo una grave malattia dellAgida.
Mio padre volle evitare al fratello minore il dolore della notizia della morte tragica della madre. Pens che nellincertezza della sorte di
tutti loro, fosse meglio attendere la fine del conflitto, nella speranza che tutti si fossero salvati. Cos fu infatti fortunatamente, ma il
problema si pose al ritorno di Sereno dalla Germania, nellautunno del 1945. Gho fu quel giorno avvertito da un compaesano
dellarrivo imminente del fratello: stava tornando a Filo, a piedi, dalla stazione di San Biagio. Mio padre sincammin e gli and
incontro. Lo rivide stanco e festoso, ma dovette raccontargli la triste sorte della madre e la dura esperienza vissuta dalla famiglia. Fu
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Nel frattempo il 4 marzo 1944, cinque giorni dopo la vergognosa impresa, appena due giorni dopo la morte
dellAgida, il Felloni riusc a scrivere, in un rapporto per il Capo della Provincia di Ferrara, un cumulo di
pasticciate sciocchezze e di ridicole autogiustificazioni. Non vi si accenna neppure a Gianl, laltro ostaggio
catturato; la nonna Agida compare ad un tempo sia davanti che sul retro dellabitazione, vi si parla di massa
confusa uscita dalla casa e fra essa anche il corpo di Guerriero materializzatosi dal nulla; infine vi si dichiara
la menzogna di una ferita allinguine, anzich riferire della gi avvenuta morte della donna:
Chiamato di rinforzo da elementi della Polizia Repubblicana Federale, mi sono portato nella zona di Argenta con quaranta
squadristi, la sera del 28 u.s. In localit Filo di Argenta, ricevemmo lordine di prelevare alcuni elementi comunisti schedati con
lavvertimento che gli individui erano pericolosi e che con molta probabilit avrebbero fatto resistenza. Impartii pertanto le opportune
disposizioni ai miei Squadristi e nellabitazione di tale Vandini, gi confinato ed elemento pericoloso, prima di bussare alla porta, feci
circondare la casa con lordine che ad eventuale tentativo di fuga e allintimazione di fermarsi e lordine non venisse eseguito, di
sparare.
Dopo aver ripetutamente bussato alla porta del Vandini, venne una donna a chiedermi chi volevo e il perch e nel mentre si
scambiavano queste parole a porta aperta e con la luce accesa, dalla porta di dietro della casa, una massa confusa e al buio, tentava di
fuggire. Allintimazione degli squadristi Malfaccini e Colombani di fermarsi, queste ombre prendevano invece la corsa e fu solo allora
che i precitati Squadristi fecero uso delle armi. A terra trovammo una donna ed un uomo, entrambi semi svestiti e solo la donna ferita.
Luomo era infatti illeso ed era il Vandini ricercato. Questi dopo linterrogatorio venne rilasciato e la donna, fatta visitare
immediatamente, presentava una ferita allinguine.
Nessun altro incidente per tutta la serata9.
I fascisti insomma, in quella situazione disonorevole, si coprono a vicenda, del resto si sentono in diritto di
compiere ogni sopruso e non accettano responsabilit. Nessuno stato, nessun colpevole Anzi. La loro
azione stata meritoria, perbacco E lAgida morta? Sarete stati voi, qualcuno arriva a dire a nonno
Ivo. Non danno neppure il permesso di seppellirla, la nonna, e il funerale avviene per questo una settimana
dopo, quasi alla chetichella, in una tomba rimasta a lungo anonima e intestata a mia madre Elvira10.
Sulla vicenda riporto fra le note alcuni stralci del resoconto di Viviano Toti che intervist a lungo mio
padre e di cui ho omesso i particolari imprecisi11.
un ritorno mesto per Sereno alla propria casa, cap, si rese conto e alla lunga si fece una ragione dellaccaduto, ma non volle parlarne
mai pi. Raffaele, detto Rafl in famiglia e Rafl in paese, ebbe a sua volta una brutta avventura di ritorno dal cimitero, poco dopo il
fatto tragico. Era andato a visitare la tomba materna da solo (era vietato andarci in pi di due persone per volta) vestito di giacca e
cravatta. Fu fermato allincrocio da alcuni esaltati allaltezza dellOsteria di Bns, quella frequentata dai fascisti locali, e invitato a
togliersi la cravatta rossa. Al suo rifiuto fu schiaffeggiato e malmenato finch non pot divincolarsi e tornare alla sua abitazione nella
Ca Longa (Carla Vandini).
9
E.CHECCOLI, op.cit., pp.106-107. Guerriero comunque non sub mai alcuna condanna al confino. Per la sentenza gi citata del
29.4.1931 dovette scontare 18 mesi di prigione e 3 anni di vigilanza speciale, questultima in parte condonata dopo 7-8 mesi. Ne fu
prosciolto il 30 gennaio 1933. Tutto il contenuto del suo casellario giudiziario stata pubblicato una decina danni fa in appendice al
prezioso testo di Egidio Checcoli (pp. 335-350). Vi si documenta (p. 340) come Guerriero 19enne, nellottobre del 31 e con ancora sei
mesi di prigione da scontare, abbia rifiutato di associarsi alla domanda di grazia sovrana inoltrata dai familiari a sua insaputa. Avrebbe
dovuto - cos mi raccont - ammettere un reato che non intendeva riconoscere. Soprattutto non se la sarebbe pi sentita, poi, di
guardare in faccia i suoi compagni. Questo gli caus, nella prigione di Arezzo, botte e spintoni, oltre a tre giorni di pane e acqua.
10
[]Agida Cavalli, una donna di Filo d'Argenta che fu massacrata a colpi d'arma da fuoco sulla porta di casa nel 1944, mentre
tentava di prender tempo per consentire al figlio partigiano di fuggire. Una morte assurda, feroce, che richiese tempo (Agida fu
trasportata in ospedale con una macchina che tocc alla nuora Elvira andare a cercare). Nel rapporto di polizia che racconta i fatti si
parla di una ferita ad una gamba, mentre i fascisti le spararono al ventre, senza ragione, e lasci la casa inondata di sangue, un sangue
che Elvira cerc di nascondere alla figlioletta di pochi anni nascondendosela dietro le gonne, e che ripul in fretta, nella notte stessa,
perch il marito - se mai fosse riuscito a tornare - non capisse in quel modo terribile che la madre era vicina alla morte. []
(D.TROMBONI - L.ZAGAGNONI, Con animo di donna, Ferrara, Cartografica Artigiana, 1998, pp. 110-111)
11
[...]A Filo Vandini attivamente ricercato e ai primi di febbraio su segnalazione di una spia la G.N.R. riesce a sorprenderlo di notte
durante una visita alla famiglia. La madre Agida Cavalli nel tentativo di salvare il figlio viene colpita da una raffica di mitra. Vandini
arrestato quasi subito []. Mentre viene caricato sul camion della G.N.R. ode le urla del padre che cerca invano di soccorrere la
moglie morente. [] viene portato via assieme a Matulli []. Durante il breve percorso che da Filo porta a ponte Bastia i fascisti
manifestano pi volte l'intenzione di passarli per le armi per via dei precedenti di Vandini conosciuto come uno dei pi tenaci
organizzatori antifascisti della zona. I fascisti sapevano del mio lavoro di propaganda contro la guerra che svolgevo in mezzo ai
giovani - racconta Vandini - erano molto documentati sul mio passato e sul mio presente di militante comunista. Quando arrivammo
sul ponte Bastia [alla Civettara (n.d.A)] ci fecero scendere e con nostra meraviglia ci ordinarono di sparire all'istante e di dire in paese
che erano socialisti e che volevano bene agli operai. Io e Matulli ci aspettavamo una raffica di mitra da un momento all'altro, ma forse
13
Giorni tristi, giorni di pianto, giorni con la nonna nel feretro e la gente del paese che non ha neppure pi il
coraggio di scendere quei pochi metri di rampa, tanto forte il timore dessere annoverati fra gli amici del
sovversivo. Chi molto vicino alla famiglia, allamico Gho, e non ha paura di esporsi, Amato Rossi, uno
dei sei filesi che di l a poche settimane decider di salire sulle colline romagnole per combattere la sua
battaglia. Sar comandante di una Compagnia nella Bianconcini, la 36 Brigata Garibaldi.
Altri giovani filesi, donne e uomini, combatteranno con coraggio, nel nome di Agida Cavalli, chi come
staffetta, chi in armi in una formazione inquadrata nella 35ma bis, brigata partigiana di pianura organizzata
militarmente nellautunno, diversi mesi pi tardi; ma prima ci sar ancora, a seminare il terrore in paese,
luccisione a tradimento di Mario Babini (il 6 maggio) - e la 35ma bis porter il suo nome - nonch la
fucilazione dei dieci ostaggi, per rappresaglia, l8 settembre del 1944. Anche su questi altri due fatti tragici
importantissimi mi soffermer opportunamente.
Scrisse nel dopoguerra Renata Vigan a conclusione del suo emozionante racconto della morte dellAgida:
[] Nel febbraio 1944, quass a nord, era troppo presto ancora per ammazzare le donne. Pi avanti non ci
fu ritegno, accadde anche la strage di Marzabotto. Ma quando fu colpita l'Agida, una donna uccisa dai
fascisti non portava bene n ai tedeschi che dovevano star l in paese chi sa quanto, n alla repubblichina di
Sal che tentava di rendersi simpatica. Per questo fu salvato Guerriero, dalla sua mamma che and sola di
notte contro i colpi sbagliati anche per coloro che li spararono. Tanto vero che poi si dettero la colpa l'un
l'altro, i diversi comandi, e il permesso dell'inumazione fu dato sei giorni dopo.[]12
ritennero sufficiente per quella notte l'aver assassinato mia madre. I funerali di Agida Cavalli furono celebrati otto giorni dopo il
delitto in quanto i fascisti pretendevano dalla famiglia una dichiarazione che accusasse i comunisti...V.TOTI, op.cit., pp. 110-111.
12
R.VIGAN, Una madre della Resistenza, Noi Donne, 27 aprile 1952 (si veda limmagine che segue). Lintero e toccante articolo di
Renata Vigan stato da me ripubblicato e corredato di note integrative in A.VANDINI, Sotto lombra dun bel fior, Faenza, Edit, 2005,
pp. 67-68.
14
15
A fianco un articolo rievocativo (LUnit, domenica 14 marzo 1965, p. 4 - Em. Rom.) che annuncia
la cerimonia tenutasi a Filo nel 21 della morte dellAgida, nel quadro delle celebrazioni del XX della
Resistenza. Sotto, una foto scattata nelloccasione. Oratore, lallora sindaco Antonio dalle Vacche. I
primi due da sinistra, sul palco, sono Bruno Natali ed Ansalda Siroli, questultima in rappresentanza
dellUDI. Alla destra delloratore, una rappresentanza della famiglia: Raffaele (Rafl), Agide e
Guerriero (Gho) Vandini con a fianco la moglie Elvira Toschi.
Agida Cavalli
(1891-1944)
La stele
16
13
Nel testo, come in altre pubblicazioni del dopoguerra, Agida indicata erroneamente col nome di Agide. Anche Dario Fo la cit
nella Battaglia dei Fiocinini col nome distorto. La nonna risulta tuttavia regolarmente registrata come Agida nel registro dei
battesimi della parrocchia e allanagrafe comunale. Agida, del resto, sempre stata chiamata in paese da tutti; tanti ricorderanno
che mio padre, di nome Guerriero, per distinguerlo da altri con lo stesso nome (Banzi, Soffiatti ecc.) veniva sempre indicato come
Gveriro dlAgida. Purtroppo Agide (nome che pur risale a quattro re di Sparta, uno dei quali protagonista della tragedia dellAlfieri
che ispir parecchi romagnoli, fra i quali il mio bisnonno), fuori dal contesto locale nome maschile pressoch ignoto, tanto da
ritenerlo, chiss poi perch, nome femminile. Io, che porto quel nome da un pezzo, quanto ad equivoci, ne potrei raccontare delle belle.
Da qui provengono le distorsioni anche se io, francamente, non ho mai conosciuto al mondo una donna di nome Agide
14
Si tratta della filese Rosina Natali, la cui famiglia era dirimpettaia dei Vandini, vedova di Mario Babini di cui si ricorder il
sacrificio nel prossimo articolo dedicato al martire.
15
Nel racconto si omette, per brevit, una parte della discussione fra Agida e il capo degli squadristi che avviene sul portone di casa.
La nonna tenta forse di dire in un primo momento che il figlio assente, poi, di fronte alla insistenza del Felloni che si mostra certo
della presenza in casa di Guerriero, cerca di mandare, come si narrato, il marito dal figlio e davanti allincespicare delluomo che non
riesce pi ad aprire la porta, decide di accorrere direttamente.
16
Ovviamente si tratta della moglie, qui sempre indicata come Madre.
17
Si tratta del Dott. Alfredo Geminiani, persona forse poco incline a mettersi contro le brigate nere, inclusa peraltro in un elenco di
squadristi filesi pubblicato sul Corriere Padano cinque anni prima (4-3-1939, Atti della Federazione dei Fasci - Anno 1939). Ricordo
bene mio nonno Ivo narrare ancora con rabbia, nel dopoguerra, i momenti di disperazione in cui egli non riusciva, nonostante gli urli, a
convincere il medico affacciatosi alla finestra ad accorrere. Raccontava che ad un certo punto gli grid che, se non fosse sceso subito, a
forza di urla avrebbe fatto tremare tutti i vetri della sua casa.
17
Mario Babini, marito della filese Rosina Natali (sorella di Ezio detto
Martin e di Vincenzo detto Cencio o Cincini) nasce a Giovecca di Lugo, da
Pio e Tozzi Olimpia, il 25 luglio 1907. Ha quindi appena 15 anni quando, il
5 marzo 1922, lo zio Francesco Babini, meccanico detto Mancina, viene
ucciso di botte dai fascisti di Lavezzola.
Ha un buon grado distruzione per aver conseguito la Licenza Tecnica.
Aderisce al nascente Partito Comunista e a 17 anni, nel 1924, arrestato una
prima volta per attivit politica. A quel tempo - cos racconta nel voluminoso
Giovecca, il cugino Angelo Francesco Babini20 - Mario diffonde con altri
compagni il giornale LUnit che ritira a SantAgata e Conselice. Viene
catturato, col compagno Vincenzo Giardini, e rinchiuso in una cella dai
fascisti che vogliono riempirli di botte, ma i due si difendono da leoni. Sono
processati, ma senza apprezzabili conseguenze giudiziarie, tant che lanno
successivo, essi sono entrambi impegnati nellorganizzazione del Partito nel
basso-lughese e partecipano al Comitato Federale che ha sede a Faenza.
I due decidono di fondare, nella bassa Romagna, la Federazione Giovanile21; in rappresentanza di essa
che Mario partecipa nel 26 al congresso clandestino tenutosi nel biellese; al suo ritorno organizza riunioni
fino a Cervia, dove si ferma a dormire nei barconi dei pescatori. La stampa che giunge da Imola viene
distribuita proprio da Giovecca e lui ne il centro motore. La sua casa viene perquisita per una intera giornata,
ma non vi si trova nulla; la stampa ben nascosta in una casa vicina ed insospettata22.
Adempiuto al servizio militare fra laprile del 1927 e il settembre del 1928, Mario giunge a Filo e da l
lorganizzazione antifascista si dilata a Boccaleone, Quartiere, Argenta, Bando e altre localit del ferrarese 23.
Nel 29 Babini ottiene persino una macchina da stampa e questo gli permette di incrementare lattivit di
propaganda; a Filo intanto il gruppo di giovani da lui organizzato si d parecchio da fare: da qui che
lopposizione al fascismo si irradia sempre pi nel ferrarese24.
Larea geografica di influenza faentina viene divisa in sette zone (Faenza, Bagnara, Massalombarda,
Lavezzola, Mezzano, Modigliana, Cervia). Sono ampie zone attraverso le quali la rete cospirativa copre le
province di Ravenna, Forl, Ferrara e parte delle province di Rovigo, Bologna e Firenze. Mario Babini a
18
Ad Antonio Meluschi (Il Dottore), poi scrittore di vaglia, fu affidato nellautunno del 44 il comando partigiano di tutta larea a sud
delle Valli di Comacchio e a nord del Reno, ossia della Brigata Garibaldi 35ma bis. Visse negli ultimi sei mesi di guerra al Molino di
Filo, con la moglie Renata Vigan, autrice de Lagnese va a morire, partigiana e infermiera. Da l diressero il movimento di
Resistenza.
19
A.MELUSCHI, Epopea Partigiana, 1947 .
20
A.F.BABINI, Giovecca, Bologna, Graficoop, 1980, p.185.
21
Ibidem, p.186.
22
Ibidem, p.187-188.
23
Ibidem, p.191. Nel testo viene anche riportato (p.278) uno scritto di Vandini Guerriero del 26 giugno 1945 in cui si confermano gli
aspetti organizzativi e i nomi degli attivisti, tutti arrestati nel 30.
24
La stampa ci veniva dalla Romagna dice Bruno Natali di Filo. Da Giovecca la stampa ripartiva e finiva come prima tappa, per il
ravennate, a Voltana da Milio e Lino Giugni e, per il ferrarese, a Filo dArgenta da dove, un balzo fino a Boccaleone, lo facevano fare
Bruno Natali e Guerriero Vandini. Ibidem, p.196 e 208.
18
capo della quarta zona, quella che, da Lavezzola, copre una grande fetta di Romagna, Conselice compreso, e
poi largentano, il portuense e tutto il basso ferrarese fino alla provincia di Rovigo25.
Lintensificarsi dellattivit clandestina porta allondata di arresti che, alla fine del 1930, colpisce
simultaneamente molti comunisti romagnoli e filesi. I tentacoli dellOVRA hanno infatti raggiunto alcune
maglie della rete cospirativa dopo che in tutta la Romagna, con bandiere e volantini contrari al regime fascista,
viene celebrato, il 7 novembre 1930, lanniversario della rivoluzione russa26.
Fra i numerosissimi arrestati, ben 132 componenti della federazione romagnola sono deferiti al Tribunale
Speciale (tra questi tutti e sette i capi zona). Sono processati e condannati in 89 che prendono 307 anni e 8
mesi di galera27. Fra costoro lo stesso Mario Babini e altri 21 filesi, tutti giovani, fra i quali molti minorenni28:
undici condannati ed undici assolti. Sfuggono fortunatamente alla polizia interi gruppi e paesi grazie alla
strategia di difesa degli arrestati che circoscrivono i danni tacendo altri nomi, assumendosi anche
responsabilit altrui.
Mario Babini condannato a 6 anni di prigione, ma nel novembre del 32, in occasione del decennale del
fascismo, torna a casa e si d subito alla riorganizzazione.
A Filo, frequenta la casa di Tugn e della Nitta (Antonio Natali e Domenica Brusi). Scriver Libero
Ricci Maccarini29 che Mario viene coinvolto da quella specie di benevolenza ospitale che coglieva un po
tutti, al momento di salire quella gran scala esterna, entrare ed essere piacevolmente intrattenuti da chi della
famiglia era presente. L, in quel fitto caseggiato abbattuto nel dopoguerra (oggi piazza e parco G. Bellini), in
quellampio stanzone ordinatamente stipato di letti ed armadio, di tavolo e sedie, di attrezzi da lavoro ed ogni
altra cosa necessaria alla famiglia, avviene lincontro di Mario coi due vecchi antifascisti e coi figli Rosina,
Vincenzo (Cencio, allora un ragazzo) ed Ezio il geniale Martn che purtroppo morir di tisi, a 28 anni, nel
1936.
Ezio si adopera come uomo di collegamento30; Mario si ritrova sempre pi in una famiglia ove nascono
vincoli daffetto e damore. A met degli anni 30 la Rosina diventa sua moglie e lui si persuade
dellopportunit di risiedere a Filo.
Qui tiene mille contatti, diffonde stampa un po ovunque, alle sue riunioni partecipa spesso Giovanni
Matulli (Gianl), uno degli arrestati del 30 che poi, nel 44, finir anchesso nel mirino delle Brigate Nere.
Mario partecipa a congressi importanti, anche allestero, esattamente a Bruxelles il 12 e 13 ottobre del 1935 in
tempi di guerra dAfrica31. La moglie Rosina Natali gli d un figlio che decidono di chiamare Ezio, come il
povero Martn.
Il mondo gi in subbuglio. In Spagna (1936) ci si giocano ormai i destini dEuropa in una guerra che le
forze pi reazionarie e spericolate scatenano contro il governo legittimo e democratico; lui corre ovunque a
25
Ibidem, p.212. Questi sette capi zona formavano il comitato federale. Ogni zona era formata da sette settori, i sette capi settori
formavano il comitato di zona. Ogni settore era formato da pi gruppi di 5 cellule luno. Ogni cinque capi cellula uno era scelto come
fiduciario. Un gruppo di pi fiduciari costituiva un comitato di settore. Le cellule si classificavano in cellule di strada e cellule sul
posto di lavoro ed erano formate ognuna da 4 o 5 persone, una di esse era il capo cellula (Ibidem, pp.210).
26
Ai primi di novembre del 1930 il gruppo dei comunisti di Filo riceve un'enorme quantit di volantini che inneggiano all'Unione
Sovietica e contemporaneamente denunciano alla popolazione la politica del fascismo. La distribuzione avviene durante la notte del 6
novembre : tutto il gruppo di Filo si mobilita e attraverso collegamenti perfetti il materiale raggiunge i vicini comuni, fino in provincia
di Rovigo. Questa del 7 novembre 1930 rappresenta la pi grande manifestazione del periodo clandestino effettuata in provincia di
Ferrara. L'episodio esula dal contesto locale e assume proporzioni notevolissime anche se la stampa del regime preferisce ignorare
quanto avvenuto. Sui pioppi che fanno da contorno alle grandi propriet sventola per alcune ore la bandiera rossa, mentre centinaia di
volantini sono sparsi dappertutto. La reazione dei fascisti rabbiosa: in alcune aziende non viene corrisposto il salario ad alcuni
braccianti che stavano commentando il contenuto di un volantino. Verso la met di novembre la polizia politica si impossessa dei
grafici che delimitano le sette zone di influenza del Comitato Federale faentino del PCI (V.TOTI, Antifascismo e Resistenza
nell'Argentano, Tesi di Laurea, pp. 51-52)
27
A.F.BABINI, op.cit., p.212.
28
Si veda il precedente articolo Un paese da bastonare (2).
29
L.RICCI MACCARINI, Il palazzone, Argenta, C.S.O. 1983, pp. 41-42.
30
A.F.BABINI, op.cit., p. 217.
31
Ibidem, p. 221 e 224.
19
raccogliere fondi per i combattenti spagnoli. A Filo tiene diverse riunioni presso Tarozzi Irpio, i Fratelli Zotti,
il fornaio Giacomo Rossi (Icum) ed altri.
Il 2 maggio del 1943, mentre a casa in licenza, viene arrestato ancora una volta assieme ad altri
compagni, e portato a Ravenna. A lungo incatenato e interrogato, rimane in prigione 13 giorni e poi
rilasciato34.
Due mesi dopo, il 25 luglio 1943 in unItalia militarmente alle corde, cadono il Fascismo e il suo Duce. A
capo del Governo il Re incarica il Maresciallo Badoglio. Le tante umiliazioni subite nel ventennio sfociano in
spontanee manifestazioni di giubilo che, nella bassa Romagna e nellargentano, le zone dirette da Babini,
avvengono un po ovunque. Un vecchio camioncino proveniente da Conselice fa il giro dellargentano al
canto di Bandiera Rossa. Vengono occupate le Case del fascio e sottratte, qui come ovunque, divise e simboli
nelle case delle pi note camicie nere, accesi improvvisati fal, portati via manganelli ancora sporchi di
sangue35.
Mario, ci racconta ancora Libero Ricci M., da uomo di singolare intelligenza associata a bont danimo
addirittura fanciullesca, incline alla moderazione e, in una riunione tenuta con gli ex gerarchi in unaula
delle scuole, riesce ad affrontare ed orientare animi assai diversamente disposti; fa prevalere il perdono da
32
20
accordarsi ai promotori ed esecutori di tante malefatte, traducendo in senso positivo, almeno in quel
momento, quei fermenti popolari che propendevano per soluzioni di ben altra natura36.
Badoglio non riesce per a tenere in pugno la situazione militare. Chiede maldestramente altre divisioni
alla Germania sul suolo italiano, mentre tratta con gli alleati e firma con questi ultimi larmistizio dell8
settembre 1943. Lesercito italiano senza ordini chiari e precisi svanisce in poche ore; a nord della linea del
fronte militare, le divisioni tedesche spadroneggiano e catturano, a migliaia e migliaia, i soldati italiani che
tentano di tornare alle loro case. Mussolini viene liberato dalla prigione sul Gran Sasso dalle forze del Fuhrer
e da lui messo a capo della repubblichina, un governo e un regime fantoccio al servizio perci delle armate
germaniche che si impegna a combattere, in una lotta senza esclusione di colpi, quegli italiani che non ci
stanno.
Poco a poco, mentre gli Alleati purtroppo bloccano lavanzata, il Re (fuggito a Brindisi) mette il suo
Regno nelle mani del figlio Umberto II; questi costituisce la Brigata Cremona e con essa affianca gli AngloAmericani nella guerra ai nazi-fascisti. Col fronte che staziona lungo la linea Gustav per mesi, nellItalia
occupata dalle forze dellAsse si formano, fin dallautunno del 1943, soprattutto in montagna, gruppi di
giovani decisi a battersi e fra essi molti renitenti alla leva che non vogliono sottomettersi ai repubblichini. E
la ribellione spontanea, il Secondo Risorgimento dItalia, la Resistenza che si allarga e si fa strada.
Mario, come sempre si dedica al lavoro organizzativo di tessitura; sorgono nelle zone da lui dirette, in
particolare nelle Valli di Campotto, i primi Gruppi di Azione Partigiana. Nei primi mesi del 44 una prima
pattuglia di filesi si unisce alla Bianconcini che opera in Appennino. Altri se ne aggiungeranno pi tardi.
Gruppi di partigiani armati [cos testimonia il filese Giovanni Pulini nel suo memoriale] si erano gi costituiti e agivano
soprattutto nelle colline vicine. La situazione si andava facendo sempre pi drammatica. Gli Alleati continuavano a scaricare
bombe sui centri abitati, mitragliavano tutto ci che per strada si muoveva, quasi sempre si trattava di civili: barrocciai o gente in
bicicletta. In questo clima gli oppositori, che non avevano mai smesso di essere tali, cominciarono ad organizzare riunioni e ad
una di queste partecipai anch'io. Si tenne a casa di Babini e cos ebbi modo di sentire parlare quell'uomo. Parlava lentissimo, con
un tono di voce appena percettibile, aveva la sottigliezza da grande filosofo, ma la freddezza di un condottiero. L'ordine del
giorno era l'organizzazione dei giovani in caso di reclutamento. Si dovevano convogliare nelle bande partigiane che operavano
nelle colline. Dopo un'ampia esposizione politica di Babini, in cui spieg le ragioni politiche di dette bande, si pass al problema
centrale della riunione. Dopo qualche scambio di battute e di idee fra i partecipanti, otto o dieci in tutto, tutti giovani ed io ero il
pi giovane di loro, Babini fece la relazione di chiusura. Egli disse che c'erano problemi per il vettovagliamento, fatto non
trascurabile in quanto si prevedeva una lotta ancora lunga, era meglio quindi rimandare ogni decisione a tempo opportuno, ma
bisognava tenersi in contatto in caso di necessit. La discussione ebbe termine 37.
Nella bassa, antifascisti e camicie nere si scambiano ormai colpi durissimi; i repubblichini, sullonda
dellillusoria strategia del pugno duro puntano alleliminazione fisica delle figure pi carismatiche, sperano
di decapitare il movimento di Resistenza e di fiaccarne il morale, ma per ogni vigliaccata portata a termine, la
partecipazione di massa si fa pi intensa e via via pi convinta in ogni angolo del territorio. Cade a Filo, come
si gi raccontato Agida Cavalli (29 febbraio 1944) che salva di fatto la vita al figlio, lantifascista Vandini
Guerriero (Gho), e al di lui compagno Matulli Giovanni (Gianl).
Per evitare a Mario la continua ossessione della vigilanza [ci racconta Libero R.M.], si ritenne opportuno attenuarne gli effetti,
favorendone lo spostamento temporaneo a Giovecca di Lugo presso i suoi genitori. Per le cose sarebbero andate troppo lisce, se tutto
fosse stato risolto con il ritorno alla casa paterna. Infatti, il 6 maggio 1944, tornando da Lugo, dove lavorava quale radiotecnico, Mario
si accorse di essere stato seguito da un gruppetto di persone armate, fra le quali pot riconoscere la tronfia figura di un pezzo grosso
argentano che, pure, gli doveva riconoscenza del generoso perdono accordatogli pubblicamente, al tempo di Badoglio.
Pur forse non volendo credere alla gravit di quanto sarebbe accaduto, Mario comprese che la presenza di quel gruppo di fascisti in
armi presentava tutti gli aspetti di una spedizione punitiva, e nellintento di sottrarsi a quella minacciosa imboscata, cerc riparo oltre il
cancelletto che portava al cortile di casa. Per qualcuno degli armati non esit ed una scarica di colpi linvest, abbattendolo al suolo,
proprio quando stava per trovare protezione dentro casa38.
36
21
Quando uccisero Mario, il fascista Dalla Fina39 di Argenta disse ad un altro fascista, un certo Schicchio di Boccaleone: Non lo
conosci? E un membro del partito comunista [Delfa Faccani]. E Mario, al Dalla Fina: Io sono quel che sono e quel che sono resto
Senza neanche guardare i documenti di Mario un fascista disse: Spara che lui [Lorenzo Babini].
E quando gli ebbero sparato Lorenzo and per sorreggerlo e Mario: Questa volta mi hanno preso disse e i fascisti picchiarono coi
calci delle pistole Lorenzo, zio di Mario, per allontanarlo, e spararono in testa a Mario40.
39
Circa la triste e truce figura di Enrico Dalla Fina (1905-1945), argentano e segretario del fascio a Filo, raccomando la lettura del
paragrafo a lui dedicato da Egidio Checcoli in Filo della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, pp.112-113.
40
A.F.BABINI, op.cit., p. 281.
41
Ferrara partigiana, Albo doro, a cura dellANPI Provinciale, p. 107.
22
Del vile assassinio di Mario Babini, Renata Vigan fece un racconto emozionante:
LA MORTE DI MARIO
Brani da: Il ritratto di Garibaldi DI RENATA VIGAN
Il nostro paese di Filo, dopo avergli intitolato la locale sezione del PCI,
nel dopoguerra gli dedic, per onorarne la figura indelebile, una via al
Borgo Molino.
Babini rimane tuttora, e sar sempre, nel cuore di questo paese che ha
avuto lonorato e lorgoglio della sua fattiva presenza, della sua opera ed
insegnamento. Ora Mario brilla e risplende, con straordinaria lucentezza,
fra le 18 stelle dargento che danno lustro alla bandiera tricolore dellANPI
di Filo: uno dei nostri tanti, troppi eroi, uno dei 18 Martiri della Libert di
cui andiamo fieri e verso cui sentiamo ancora, dal pi profondo di noi
stessi, come filesi e come italiani, infinita ed ammirata riconoscenza.
23
24
Ringrazio di cuore Agnese Brunelli, nipote di Vincenzo Natali, per le amorevoli ricerche compiute,
nonch per i preziosi documenti e ricordi di Rosina Natali da lei messi gentilmente a disposizione.
25
Per ricostruire le ore convulse delleccidio di Filo possiamo contare su di una testimonianza preziosa, quella
di Libero Ricci Maccarini, dirigente politico filese del dopoguerra, membro del locale CLN, che poi si trasfer
con la famiglia ad Argenta negli anni 50. Egli la interpose allinterno di una sua raccolta di memorie cui
diede il titolo Dal Palazzone (pubblicata nel 1983). Lo scritto in uno stile ricercato e un po contorto, ma
la seconda delle quattro parti in cui si articola il racconto, oggi per noi di notevole valore. Egli ci narra in
tutti i particolari quel che vide e come visse la serata del 7 settembre 1944, nellora e nel luogo in cui lazione
partigiana provoc la morte del soldato tedesco.
Ho provveduto qui ad una opportuna trascrizione, ho cercato di facilitare il lettore fornendo un titolo ad
ognuna delle quattro parti, ho ritoccato un pochino la punteggiatura e tolto un paio di marginali imprecisioni.
Il mio contributo, costituito da testimonianze e notizie complementari lho riportato nelle note di fondo
42
43
Cfr. http://www.auladellamemoria.it/percorsi_didattici/linea_gotica.html
A.MELUSCHI, Epopea Partigiana, cit. p.278.
26
pagina. Devo ringraziare Beniamino Carlotti per alcuni dati, mia sorella Carla che mi ha assistito e Vanni
Geminiani che ha fornito alcune preziose testimonianze da lui raccolte.
Non mi parso giusto invece addentrarmi in giudizi o ricostruzioni arbitrarie sulla dinamica del fatto, n fare
ipotesi sugli autori dellazione partigiana che, sfociata nel sangue, scaten la rappresaglia nazi-fascista. Fu,
risaputo, unincursione in paese improvvisata, dalle motivazioni e contorni poco chiari, scoordinata in s e
oltre tutto avvenuta, come testimonia lo stesso Libero, allinsaputa del locale Comitato di Liberazione. La
reazione degli occupanti nazifascisti allaccaduto fu, lo sappiamo, rabbiosa, bestiale, vendicativa, feroce.
Fu un lutto immenso - scrisse Antonio Meluschi nellimmediato dopoguerra - che lasci sul paese di Filo,
un peso di perenne cordoglio e di lacrime [] Dieci persone furono trucidate e [] fra esse elementi
provati e capaci della lotta clandestina. Ma il duro tessuto della Resistenza fu subito riparato e Filo continu la
sua guerra, piangendo i suoi caduti ed odiando pi a fondo gli oppressori [].
La Pigurra era gi base e luogo di rifugio per i partigiani ancor prima dellarrivo a Molino di Filo di Antonio Meluschi (Il Dottore).
Lepoca del suo arrivo, la indica lo stesso LIBERO R. MACCARINI (op. cit, Con larrivo del Dottore, p. 54): [] Doveva essere,
pressappoco, la fine del mese, ed ogni movimento segnava laffanno della ripresa stentata, dopo il tremendo eccidio dellotto settembre
e a breve tempo dal rastrellamento della prima domenica di quellottobre [1 Ott. 1944 n.d.A.], tanto denso di vecchie e nuove
preoccupazioni. Ci si riferisce al secondo rastrellamento che il paese di Filo sub per la sparizione di un soldato tedesco a Passogatto,
vicenda di cui lautore racconter in chiusura del brano qui trascritto.
45
Dovrebbe trattarsi della molinese Pina d Barchra, madre di Luciana Lippi Bruni.
27
46
Questa parte del racconto scritta in terza persona. Il lui, quindi, lo stesso Libero Ricci Maccarini, la cui abitazione nelle
adiacenze dellosteria, come apparir evidente alla citazione della sorella Giovanna.
47
Laccenno alla bella villa di Case Selvatiche di propriet di Carlo Tamba.
48
Appare evidente quindi come il comitato di Filo sia alle dipendenze del CUMER, Comando Militare dellEmilia Romagna.
49
Giovanni non pu essere che Giovanni Matulli detto Gianl, comunista, a lungo perseguitato dal fascismo, incarcerato e condannato
nel 1930-31. Sei mesi prima, come mio padre Guerriero, era scampato allesecuzione sommaria delle Brigate Nere, rilasciato in
extremis dopo la sparatoria che aveva colpito a morte Agida Cavalli.
50
Nelle ricostruzioni postbelliche lazione di disarmo cui si apprestavano i combattenti viene descritta con altri particolari. L'Unit del
14 settembre 1974 riporta: Nel pomeriggio del 7 settembre le brigate nere dovevano trasferirsi dalla caserma di Filo a quella di
Portomaggiore. Il movimento partigiano ne fu informato e dispose un'azione per sottrarre le armi ai fascisti. Ad un gruppo di partigiani
fu affidato il compito di attaccare le brigate nere lungo la strada di Bando. I fascisti all'ultimo momento cambiarono percorso e si
trasferirono passando per il ponte della Bastia e, quindi, per Argenta. Al gruppo partigiano venne ordinato di ritirarsi senza ovviamente
compiere l'azione. Libero qui riporta che Gianl apprende da un informatore che quei ragazzi, chi tabc, venuto meno il piano di
uscita, sono comunque in azione, ma diretti verso la Fiorana dove intendono disarmare un militare fascista. Sono versioni difformi che
tuttavia ci raccontano come il CLN filese non avesse il completo controllo di quanto stava avvenendo quella sera.
51
Gigi Luigi Matulli, laltro Alfonso Bellettini. Incapperanno nel rastrellamento e cadranno entrambi vittime delleccidio.
28
una richiesta di versamento in favore del movimento clandestino, pure dovendo ammettere che lui, comunque,
non poteva sapere in quale sera, poi, si sarebbe andati in casa sua per ritirare il versamento stesso.
Unaltra considerazione importante si pu trarre dalla mancanza di coordinamento relativamente allazione
che stava per essere compiuta, tant che quella sera si doveva compiere loperazione di disarmo del capitano
alla Fiorana, com da presumersi che lui non avrebbe disturbato lattivit del gruppo operante, una volta che
fosse stato informato di quanto doveva accadere, come poi avverr.
Intanto, lasciati Gigi ed Alfonso, lui si era avvicinato a casa. L fuori, seduti ai lati della porta di comune
ingresso alle nostre modeste abitazioni, ritrov come sempre suo padre e la Clorinda52. Si ferm anchegli a
cogliere la quiete di quella notte, ancora pi assorta nel buio che proteggeva dagli aerei provenienti dal vicino
fronte.
Ascoltava cos suo padre parlare del proprio lavoro e la Clorinda annuire con brevi frasi, finch furono
attratti da un improvviso bagliore e dallabbaiare violento di un cane53. Si era aperta la porta dei Tamba e la
luce viva proveniente dallatrio proiettava uno squarcio luminoso, insolito a vedersi a quellora, mentre il
cane, sempre abbaiando, si avventava contro qualcuno che voleva entrare. La porta accenn a chiudersi, poi si
riaperse, quindi si chiuse definitivamente.
Cosa stava accadendo? Lui pens che fosse giusto muoversi, mentre il padre, impaurito e dietro di lui, gli
raccomandava di tornare indietro.
Si spinse fin sul crocevia, gir a sinistra verso la casa dei Tamba, finch si vide avvicinato da un uomo di
statura elevata, che, puntando unarma, gli intim di fermarsi. Not che aveva il volto bendato [coperto cio
col fazzoletto fino allaltezza del naso - nda], e mentre cercava di trarsi dal pasticcio in cui sera ficcato, si
sent sospingere da destra da un altro armato che lammon: A casa, subito! Manda a letto tutti e d che ci
sono i partigiani54.
Al padre, chera rimasto indietro, disse che bisognava rincasare: lo disse a Max ed allIrene55, seduti sulla
barriera laterale della strada e arriv, cos, di nuovo allentrata di casa, dove si ferm per volgersi e vedere se
accadeva qualcosa di nuovo.
Da casa Barbieri, intanto, uscivano il professor Pasi e la Drei, maestra a Filo da tanto tempo56, e il suo istinto
fu quello di correre ad avvertirli di ritornare di dove eran venuti, ma alcuni colpi di armi da fuoco, improvvisi
e tremendi, lo fecero ritrarre sotto il portico57.
Di l ud distintamente un lamento strozzato, come di persona che, colpita, si accascia al suolo. Rincorse suo
padre su per la scaletta, mentre la sparatoria si faceva pi violenta attorno al crocevia, e, coi genitori e la
sorella, si chiuse in casa.
Sempre pi spaventato, suo padre gli chiese: Ma cosa mai sar accaduto...?
Credo che abbiano colpito Pasi o la Drei, rispose.
52
E la vicina di casa Clorinda Quattrini (1907-1992) residente al piano inferiore del fabbricato, assieme alla madre Medea ed ai
fratelli Enrico (Rich) e Romildo.
53
Dalla finestra dei Ricci Maccarini che dava sulla strada Provinciale era infatti visibile, a quellepoca, il palazzo Tamba che stava ove
sono oggi le Scuole elementari.
54
Di questo ordine imperioso a rientrare in casa (A letto tutti e chiudete le porte), dato poco prima della sparatoria che colp il
tedesco, c ancora memoria nella mia famiglia che, a quel tempo, abitava al lato opposto della strada, a poca distanza dallosteria.
55
Sono abitanti o ex filesi sfollati delle case vicine: Max Barabani, padre di Carlo e Paolo, il cantante gi noto a questo blog, ed Irene
di Amedeo Mezzoli e di Eufemia Cavalli, questultima zia di mio padre, emigrata con la famiglia a Bologna e poi, come gli altri
fratelli Cavalli sfollata al paese natio, durante la guerra.
56
Il primo Emilio Pasi, classe 1912, di Tancredo e di Giovanna Minguzzi, famiglia di origine alfonsinese, fattori del proprietario
terriero Casadio. La famiglia risiedeva a Filo dAlfonsine, nella casa poi abitata dalla famiglia di Massimo Galamini che, in epoca
successiva, ricopr le stesse funzioni. La seconda Dina Drei, maestra che alloggiava presso la famiglia Barbieri.
57
Pare che a Casa Tamba si fosse recato a ritirare la somma concordata, una prima volta luomo dal volto bendato incontrato da
Libero, e una seconda volta, poco dopo, altri partigiani a volto scoperto. Nino Tamba avrebbe risposto a questi ultimi di non avere pi
il denaro perch appena consegnato. In quel momento sarebbe comparso il tedesco e di l sarebbe nata la sparatoria (Testimonianza
raccolta da Vanni Geminiani).
29
Purch non abbiano ucciso un tedesco, riprese suo padre; e poi ancora disperato: Scappiamo figlio mio,
scappiamo; qui ci prendono come topi... Loro sono tremendi... Se non scappiamo adesso, dopo non avremo
via duscita .
Ma no, pap! cerc di rincuorarlo non abbiamo fatto niente, che cosa dobbiamo temere?.
Intanto, dalla vicina osteria, si udiva un violento vociare, un correr dentro e fuori, un alterato dare
incomprensibili ordini, poi, dun tratto, a pause, la voce delloste che chiamava un vicino, un altro e ancora un
altro; unite alla sua voce, pi alte, le urla e le imprecazioni dei soldati tedeschi 58. Il rastrellamento aveva cos
avuto inizio, casa per casa e ai nomi chiamati altri ne seguivano tutto attorno: non rimaneva che fuggire col
padre, a ci indotti anche dalle insistenze della mamma e della Giovanna59.
Scesero dietro; nel cortile si mossero con cautela e, poi che furono certi di non essere visti, via di corsa
attraverso i campi di Liverani, fino alla casa Sacrato, dove li raggiunse Como: che abitava proprio di fronte
al crocevia, e che port conferma dellavvenuta uccisione di un soldato tedesco 60. Allora fu dato non avere
pi dubbi sulla gravit della situazione: quelle persone, che loste stava chiamando sotto la minaccia dei fucili
tedeschi, erano ostaggi rastrellati per condurre quella rappresaglia che lanimo di tutti aveva fino allora
temuto, pur non volendo credervi61.
Pi tardi arriv la Dera62, con il volto patito dallinsonnia e dalle emozioni subite. Narr come ne avessero
portato venticinque nella saletta dellosteria, oste compreso, per altro gi ferito ad un piede, e l li avessero
rinchiusi, per proscioglierne poi quattro di minore et63. Disse pure chi erano i rastrellati e non mancarono di
stupire alcuni nominativi di persone notoriamente compromesse col fascismo.
Sul fare del mattino ritennero opportuno di non essere pi di peso ai Sacrato, anche perch, nel frattempo,
molti altri erano giunti dal paese, e lui si avvi, dopo un lungo girare, fino alla Pecorara, dove pensava che
avrebbe trovato qualcuno dei suoi compagni. Poi, al sopraggiungere della Pina, fece seguito lintera
consapevolezza dellimmane tragedia e latroce riconfermarsi della morale tedesca.
58
Loste citato Enrico Nuvoli (Ricco), cui intitolata la via di Filo di Alfonsine ove risiedo, uno dei dieci ostaggi filesi uccisi.
Enrico, spintonato e incalzato dai tedeschi alla ricerca di uomini da rastrellare, li porta al lato opposto della strada, presso la residenza
della Minghna (Domenica Mercatelli) e della di lei madre Baztna (Battistina Ricci Maccarini), due donne che vivono sole. Le loro
stanzette stanno al piano superiore dello stabile abitato dalla mia famiglia. Qui Ricco viene picchiato per la presenza di sole femmine
ed obbligato a fare i nomi di chi era allosteria prima della sparatoria. Di tutto questo ho udito io stesso, dopo la guerra, da ragazzo,
nella casa popolare in cui sono cresciuto, direttamente dalla Minghna, nostra vicina di casa. Peraltro mi fu sempre raccontato che mio
padre, ovviamente in allerta dopo luccisione della madre di sei mesi prima, sfugg al rastrellamento perch subito informato
dellaccaduto dalla cugina Alda Cavalli. La ragazzina aveva familiarit con la lingua tedesca (lingua della madre, la staffetta partigiana
Annie Oelsner) ed aveva appreso della morte del tedesco dalle urla che giungevano fino a casa nostra. Pretese per lAlda, piangente e
impaurita, che il padre, lo zio Tonino Cavalli, non si muovesse da casa e, convinta di evitargli ogni rischio, lo nascose sotto il
materasso. Per fortuna, come si gi detto, i tedeschi, scesi dalla nostra rampa spintonando il povero Ricco, furono indotti da
questultimo a salire le scala posteriore e a non entrare in casa nostra. L ci abitano soltanto donne, ment Ricco indicando il
nostro portone. Da sotto il materasso, zio Tonino ud poi, con terrore, attraverso le fessure del soffitto quanto avveniva sopra di lui,
presso la Minghna. Quanto a zia Annie, che ricordo con tanto affetto, riporto due note biografiche: Oltre alle usuali funzioni di
staffetta, ha partecipato in prima persona al disarmo di fascisti e tedeschi, compiendo anche atti di sabotaggio nelle zone allagate fra
Menate, Filo e Bando, e ha collaborato allassistenza sanitaria in valle, occupandosi in particolare del punto di soccorso situato alla
Ghedinia. D.TROMBONI- L.ZAGAGNONI, Con animo di donna, Ferrara, Cartografica Artigiana, 1998, p.284.
59
Il padre di Libero Ricci Maccarini Achille (Chil), la madre Cesira Bellenghi (Cira); la sorella Maria Giovanna Ricci
Maccarini che sposer nel dopoguerra Bonnar Briggs, un ufficiale inglese. Chiln e la Cira vennero a vivere nelle case popolari e,
anche loro, furono indimenticabili vicini di casa della mia infanzia.
60
Libero e Chil fuggono perci dal lato posteriore della loro abitazione dirigendosi verso la frazione ravennate di Filo. Attraversano
la zona capanni e serragli del Palazzone, superano la casa Liverani (ora parco M. Margotti), e si portano presso i Sacrato, famiglia che
risiede nella prima casa contadina (oggi demolita) a sinistra dello stradone (ora Via Rondelli) che porta al fiume. Cmo Ricci
Maccarini Mario, indimenticabile personaggio filese gi noto allIrla (28.10.2007).
61
Libero capisce perci solo in quel momento il vero significato delle urla udite nei pressi dellosteria.
62
Dera Bedeschi, altro ben noto personaggio filese, levatrice ed attiva staffetta partigiana.
63
I minorenni incappati nel rastrellamento erano quattro, ossia: i due figli di Alfonso Bellettini, Uber (Mazalca) ed Ibanez (e Bar)
e poi Sante Toschi (Barra), poco pi che ragazzini, e il diciottenne Giorgio Marconi. Per la loro liberazione si interess Nino Tamba
che ordin allinserviente Rita Gardelli, friulana di confine in grado di spiegarsi in tedesco, di recarsi allosteria ed intercedere
opportunamente affinch questi giovanotti venissero rilasciati. Rita ci riusc per i tre pi giovani, ma non per Giorgio, uno dei caduti
nelleccidio del giorno dopo. La sua liberazione fu negata. Dissero che a diciottanni in Germania i giovani avevano gi let per la
guerra e per la morte. (Testimonianza raccolta da Vanni Geminiani).
30
64
Il convoglio era costituito da un mezzo militare con a bordo alcuni militi tedeschi, una Topolino con dentro tre italiani (incaricati
delle esecuzioni materiali) ed il camion degli ostaggi, un mezzo di propriet di un filese, normalmente adibito al trasporto di bestiame.
Nel cassone con gli ostaggi erano presenti, come sorveglianti, alcuni militari germanici. Al ritorno verso Filo, e allattraversamento di
San Biagio, un bombardamento aereo alleato parve dare qualche speranza di fuga ai prigionieri, ma i tedeschi, scesi dal camion, si
ripararono in una casa nei pressi dellattuale farmacia sanbiagese; di l tennero sotto tiro gli ostaggi durante lincursione aerea
(Testimonianza raccolta da Vanni Geminiani).
65
Le esecuzioni avvengono in successione ai margini della strada davanti al Ponte Bastia sul Reno, luogo di grande frequentazione e
passaggio obbligato verso il lughese. I morti devono essere di monito per chi attraversa quel luogo. Carnefici sono i tre fascisti
forestieri col fez scesi dalla Topolino. Gli ostaggi, col nome cerchiato di rosso nella lista, vengono chiamati uno per volta e poi
soppressi con un colpo di pistola alla nuca dallindividuo pi alto. Al momento in cui viene chiamato ad alta voce Coatti Antonio,
scende dal camion Coatti Paolo (Ciar, altro mio vicino alle case popolari), padre del giovane Coatti Antonio (Tugnn, detto anche
Zca). Dice: Vengo io al posto di mio figlio! Gli rispondono che la sostituzione non possibile. Ciar chiede delucidazioni, poich
sono due i Coatti Antonio fra gli ostaggi. Si appura che il designato laltro Coatti Antonio, padre di Eligio. Nel cassone c fra i
rastrellati anche lanziano pap di questultimo che, come gi aveva fatto Ciar, offre il suo sacrificio, ma i dispensatori di morte non
sentono ragioni. Compiuta la carneficina, i tedeschi ordinano ad un loro giovane militare di restare sul posto per impedire a chiunque
lo spostamento dei corpi. Il ragazzo non se la sente, prova ad aggrapparsi al camion che sta ripartendo, ma viene obbligato a rispettare
lordine ricevuto (Testimonianze raccolte da Vanni Geminiani).
66
Anche queste uccisioni furono perpetrate dal pi alto dei tre italiani col fez. Gli ostaggi, fatti scendere nel crocevia ai margini della
strada per Bando, vennero tenuti in piedi uno per volta e rivolti in direzione della chiesa. Il boia da dietro appoggi loro, un dopo
laltro, una mano sulla spalla, sopprimendoli con un colpo di pistola alla nuca sparato con laltra mano armata (Testimonianze raccolte
da Vanni Geminiani).
67
Secondo le tante testimonianze, quella del diciottenne Giorgio Marconi fu lultima delle esecuzioni e, come tutti sanno, la pi
terribile. Giorgio riusc una prima volta, con un rapido scatto della testa, a scansare il colpo del carnefice. Questi allora spar un
secondo colpo che per fece cilecca. A quel punto ci fu il tentativo di intervento dellAnnunziatina Bosi che da casa sua, posta a pochi
metri dal crocevia, assisteva alla macabra scena. Come ho gi riportato in questo blog (29-7-2013: I vecchi tempi della Vinzinzna)
la settantenne Annunziatina, di fronte alla spietata ferocia che si materializzava sotto i suoi occhi, cerc di implorare e anche di inveire
verso gli aguzzini affinch rilasciassero che pvar tabc la cui madre disperata (Teresa Romagnoli detta Tisa) assisteva dalla
finestra di casa poco distante. Quando gli sgherri spararono senza piet sul ragazzo e il primo colpo manc miracolosamente il
bersaglio, lanziana e religiosa signora url a squarciagola: basta basta, a navd chl incra un tabc, e chl banadt da la
Madna?[Fermatevi! Non vedete che ancora un ragazzo e che benedetto dalla Madonna?] La donna non ottenne piet, fu anzi
vigliaccamente percossa e minacciata di morte mentre i feroci aguzzini portavano a termine la carneficina. Pare anche che persino i
due colleghi del boia avessero chiesto la sospensione, non certo per piet o pentimento, ma per rispetto della tradizione e dellusanza
che vuole sia concessa la vita al condannato se lesecuzione fallisce per fatto accidentale. Il truce aguzzino non volle sentir ragioni,
anzi, con ancor pi lena fece inginocchiare il ragazzo, gli blocc la testa fra le ginocchia e gli spar dallalto al basso (testimonianze
raccolte da Vanni Geminiani).
31
Un altro dei Matulli, pure fra i rastrellati, sentendosi chiamare, fece tanto da riuscire a dimostrare che lui era
l sfollato ma che abitava a Faenza. Lo lasciarono libero e chiamarono gi dallautocarro, cos, col gesto della
mano, uno di quelli non segnati in rosso. Luccisero, tanto per loro contava il numero delle esecuzioni: non
aveva importanza se poteva essere, come lo era, un iscritto alla Repubblica Sociale fascista!68
Tutto questo era accaduto in diciassette ore: un giorno era stato di troppo per stroncare dieci giovani vite e
per rovinare dieci famiglie ed un paese intero.
[IV Tre settimane dopo]
Passogatto una modestissima borgata a cavallo del Santerno, fra Voltana e Giovecca, ai lati della strada per
Lugo, pure vicina a Lavezzola e non molto distante da Conselice e S. Biagio.
Per giungere a Filo bisogna percorrere ben undici chilometri, tanti, se si vuole, per supporre che proprio da
qui, ad un mese appena dal tremendo eccidio, potesse dipendere la sorte di un militare tedesco, col
improvvisamente scomparso. Ci non toglie, forse per una sorta di folle predilezione vessatoria, che, nel
primo pomeriggio della domenica, che come poi si seppe veniva dopo la scomparsa del tedesco, due autocarri
scaricassero allincrocio del paese una decina di soldati, che in un baleno irruppero nelle case, per rastrellarvi
quarantaquattro ostaggi, poi portati a Passogatto, nella casa contadina di Burci.
Fortuna volle che il soldato scomparso si facesse vivo il luned seguente, dopo aver scaricato, in un bordello
di Lugo, le proprie effervescenze, sicch il comando tedesco, nella stessa serata e dinnanzi allevidenza dei
fatti, provvide a lasciare in libert i malcapitati filesi.
A tanto poteva arrivare la cieca repressione cui il paese era assoggettato, su segnalazione dei gerarchi
ferraresi69.
68
Lo sfollato da Faenza Matulli Paolo, fratello di Luigi. Al suo posto viene chiamato, a caso e scorrendo la lista, Soatti Arturo, detto
e furnar. Questi, che aveva moglie e tre figli e di simpatie repubblichine, se avesse manifestato la sua militanza fascista avrebbe
forse potuto evitare la morte, ma non lo fece e salv, di fatto, la vita a qualcun altro. Fu anche questo un esempio di coraggio e di
dignit che va ricordato con grande rispetto.
69
Si veda la ricostruzione di Vanni Geminiani in calce al presente articolo.
32
In quei mesi, sui monti di Romagna, sei partigiani filesi con alla testa Amato Rossi combattono
coraggiosamente nella Bianconcini, tre di loro: Pietro Liverani, Ainis Tirapani e Mario Guerra non
tornano pi alle loro famiglie e al loro paese. Cadono, i tre giovani, sotto il piombo nazi-fascista: i primi due
sul monte Carzolano il 25 maggio del 44, il terzo, prima ferito gravemente nella battaglia di Purocielo
(ottobre 44), viene giustiziato con ferocia e con tutta linfermeria partigiana, dalle brigate nere faentine 70. Un
anno prima, il 10 novembre del 43 un altro giovane filese, Raimondo Rossi, era caduto in combattimento,
ben al di l del mare, sui Monti Balcani nelle fila della Resistenza albanese. L, per combattere i nazi-fascisti,
si era arruolato dopo larmistizio dell8 settembre 1943.
Tutta la loro storia stata raccontata in A.VANDINI, Sotto lombra di un bel fior, Faenza, Edit, 2005.
Le persone venivano raggruppate tra la caserma e losteria Benassi (oggi negozio Ghirardini). Durante la confusione del momento,
mio padre Salvatori Ferdinando (Ramo) e Mezzoli Adolfo (Tufaiaia padre di Lodino), riuscirono a scappare senza farsi vedere
(Testimonianza di Luciano Salvatori).A quanto mi raccontava zia Fastina [sorella di Vincenzo e di mio padre Tullio Minguzzi detto
e Mstar], zio Sula era quel giorno seduto su di un muricciolo nei pressi dellincrocio di Filo. Quando giunsero i soldati tedeschi,
71
33
(pap di Wander e Iseo). Lo supplic di adoperarsi per suo rilascio visto che da poco gli era stato ucciso il
padre e che sua madre non avrebbe retto ad unaltra disgrazia. Cirl si interess e riusc a far liberare Uber,
ma nulla pot per Gli che aveva 16 anni.
A questo punto il ragazzo desiderava correre dalla madre a tranquillizzarla, ma il paese era presidiato, gli
uomini tutti sbarrati in casa. Decise allora di travestirsi da donna, poi, dietro Maria ad Rafl (Maria Pollini,
moglie di Raffaele Vandini, fratello di Guerriero), Maria ad Tachini ed Eva Belletti, si diresse in bicicletta al
Molino di Filo. Passarono il posto di blocco tedesco che stava dopo il cimitero davanti a casa Pezzi senza
essere fermati. Se il travestimento fosse stato scoperto, lui e le tre donne avrebbero rischiato la fucilazione,
quasi certamente scambiati per partigiani72.
Gli altri ostaggi filesi catturati nel rastrellamento furono portati, verso sera, nelle campagne di Passogatto,
nel cortile di una casa contadina; l rimasero sotto la sorveglianza di pochi tedeschi. Ebbero libert di
movimento, ma sotto precisa minaccia: Se qualcuno scappa, tutti gli altri vengono uccisi.
Davanti alla casa c'era una vigna e da l staccarono e mangiarono qualche grappolo d'uva ancora da
vendemmiare.
Fra gli ostaggi preziosa fu la presenza di don Umberto Pertegato, sfollato a Filo presso il fratello Ferruccio,
che si adoper parecchio per calmare i giovani orientati a tentare la fuga. Fra i presenti si ricordano anche
Giurgi Cassani, Tempioni (pap di Cichno), Enea Checcoli detto No dFiri73, Ghiselli Tonino, detto e
Gb, babbo di Pippo, Vincenzo Minguzzi (Sula), Giovanni Righini74 e Nello Bonora. La Nella, moglie di
questultimo, sal in bicicletta, and ad Argenta per avere notizie dei filesi e, di l, and fino a Passogatto per
rincuorarli.
Nella mattinata del giorno seguente il tedesco sparito fu miracolosamente ritrovato; si era recato in un
bordello di Lugo, si era ubriacato, infine era caduto in un fosso.
Fu cos che i nostri concittadini vennero lasciati liberi e, da Passogatto, tornarono a Filo a piedi75.
molti dei quali erano poco pi che ragazzini, ci fu limmediato fuggivia e qualcuno vedendolo immobile gli grid Fuggi Sula,
fuggi!. Lui rimase invece al suo posto, dicendo che era al suo paese e che l aveva tutto il diritto di restare. Le stesse cose, urlando, le
ripet in dialetto in faccia ai tedeschi che affront a male parole, mentre lo spingevano al punto di raccolta (Testimonianza di Giorgio
Minguzzi).
72
Testimonianza di Uber Bellettini.
73
Morir suicida nel dopoguerra.
74
Queste, fra i 44 ostaggi, sono le persone che ricordava Gli. A queste si pu certamente aggiungere, per quanto si tramanda in
famiglia, anche il nome di mio nonno, il calzolaio Ivo Vandini (Ivo dla Bargamina), vedovo di Agida Cavalli.
75
Testimonianza di Ermanno Leoni detto Gli.
34
Nelle terre dellArgenta Gap ove si disputa la battaglia che, di fatto, pone termine alla Campagna dItalia,
tanti sono, in quellaprile 1945, i lutti, i morti, le macerie e le distruzioni che stravolgono i nostri paesi, da
Anita ad Argenta. Muoiono tantissimi civili, il centro di Filo rimane praticamente raso al suolo. Cadono, nei
giorni del passaggio del fronte, anche due partigiani filesi della Brigata di Pianura Mario Babini: Alfeo
Fabbri (Pip), uno dei 22 antifascisti arrestati e processati nel 31, ed Egidio Leoni (Fabio). La conta dei
morti porta a 141 persone: 91 civili, 31 militari e 18 Martiri della Libert.
Pochi giorni dopo lintera penisola, dopo un ventennio di negazione ed usurpazione dei valori e dei diritti
pi elementari, ritorna alla Libert ed alla Democrazia.
Aprile 1945 - Il centro di Filo distrutto dai bombardamenti, visto dalla chiesa
Questa ricostruzione dei fatti tragici filesi del 1944, ha permesso di far conoscere i nomi e le storie dei
diciotto Martiri della Libert, delle diciotto stelle dargento che onorano la bandiera tricolore della locale
Associazione Partigiani. Sono nomi e storie che dicono e raccontano perch, Filo e la sua gente sentono
ancora, sulla loro pelle, il valore di quella Libert e quella Democrazia.
E un popolo che aspira ad un mondo di concordia e di pace, ma che non dimentica gli orrori della guerra, n
gli insegnamenti della lunga lotta al fascismo; chiede per questo una corretta e diligente rappresentazione della
storia, nazionale e locale.
Nelle nostre famiglie c oggi un senso di fierezza, orgoglio, rispetto, tenero ricordo dei tanti, troppi caduti
dellultimo conflitto. E una memoria ancora forte e viva che si accompagna alla gratitudine e alla
riconoscenza verso chi, in quel lontano 1944, nei giorni pi bui, nei giorni neri delloppressione, si sacrific
con abnegazione e coraggio per tutti noi, noi che oggi possiamo vivere da uomini liberi.
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