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Questo volume stato realizzato dallIstituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche nellambito del

progetto Nuove forme di occupazione e orientamento nei


territori rurali nanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale per le Politiche per lOrientamento e la Formazione.

RESPONSABILE DEL PROGETTO


Giampiero Maracchi
COORDINAMENTO
Francesco Cannata
Francesca Camilli
GRUPPO DI LAVORO
Elisabetta Bressan
Lucia Cherubini
Elena Pagliarino
Antonio Raschi
Chiara Screti

IDEAZIONE COORDINAMENTO E REALIZZAZIONE DEL PROGETTO EDITORIALE


Giampiero Maracchi
Francesca Camilli
Chiara Screti
REALIZZAZIONE EDITORIALE
EDIFIR-EDIZIONI FIRENZE
www.edir.it
Responsabile del progetto editoriale
Simone Gismondi
Responsabile editoriale
Massimo Piccione

www.progettorientamento.it

GRAFICA DI COPERTINA
Serenella Bruni per Fotoset

2005 BY MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI


2005 BY CNR-IBIMET

PROGETTO GRAFICO
Fabrizio Bagatti

ISBN 88-901460-2-8

SUPERVISIONE DELLATTIVIT EDITORIALE


Vera Marincioni
Manuela Miggiani
Antonio Nappi
Direzione Generale per le Politiche per lOrientamento
e la Formazione, Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali

INDICE
Presentazione
Vera Marincioni

Prefazione
Roberto Mariottini e Maddalena Senesi

Introduzione
Giampiero Maracchi

11

PARTE PRIMA. IL PANNO CASENTINO

13

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno


alla lavorazione della lana in Casentino
Andrea Rossi
15
Premessa
15
La lavorazione della lana nel periodo preindustriale
15
Il ciclo di lavorazione nel periodo preindustriale
17
La lavorazione della lana nel periodo industriale
25
Il ciclo di lavorazione nel periodo industriale
26
Breve storia del tessuto casentino dal Medioevo ad oggi 27
Alla scoperta dellarte della lana in Casentino
Un itinerario tra archeologia industriale,
luoghi e testimonianze
28
Glossario
36
Bibliograa
36
PARTE SECONDA. LA PIANTA BLU
Presentazione
Benito Carletti
Il guado: antica coltura della Valtiberina
Donatella Zanchi Santioni
Isatis tinctoria o guado
La coltivazione e la lavorazione nel passato
La tintura nel passato
Dal XIII al XVII secolo
Il XIX e il XX secolo

37
39
40
40
40
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44

Blu pastello: jeans e altro


Maria Inferrera e Andreina Crispoltoni
Le origini e la progettualit
Le opere di Piero della Francesca
Il percorso
La tecnica e la sua storia
Trattamento di tintura
Appendice. Dalle foglie del guado (Isatis tinctoria)
allindaco (indigotina)
Giorgio Cestelli e Miriam Ricci
Bibliograa
PARTE TERZA. IL PANNO BLU

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46
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53
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59

Presentazione
Domenico Massaro e Brunella Matarrese
61
Un viaggio nel blu
Maria Inferrera e Andreina Crispoltoni
61
Dalla scuola al territorio, la storia di
unesperienza didattica per un prodotto
innovativamente tradizionale
Francesca Camilli e Chiara Screti
62
Conoscere e comunicare il territorio
62
La proposta di Valorizzazione del panno casentino
ai ragazzi dellITC
62
Mettersi nei panni dei ragazzi
63
La proposta del tema di ricerca ai ragazzi dellISA
di Sansepolcro e lunione di intenti delle politiche
delle due Comunit Montane
64
Lorganizzazione delle attivit con la classe dellITC 64
Il percorso dei ragazzi della IVB. La realt storica
ed economica del tessile in Casentino
66
La prova di colorazione a Sansepolcro
68
I risultati della colorazione
69
I prodotti
71
Riessioni
71
Le possibilit future del prodotto
73
Un evento espositivo a conclusione dei lavori
76
Bibliograa
77
5

PRESENTAZIONE

n un periodo storico dellumanit in cui si parla di


globalizzazione economico-nanziaria, presentare
unattivit produttiva particolare legata, tra laltro,
ad uno specico territorio potrebbe sembrare una
contraddizione.
A nostro giudizio non cos.
La ricerca Nuove forme di occupazione e di
orientamento nei territori rurali, promossa e
realizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali in collaborazione con il CNR-IBIMET, ha lo
scopo di valorizzare le caratteristiche economicoproduttive di determinate aree del nostro paese,
al ne di creare nuovi orizzonti per speciche
produzioni manifatturiere e agricole di qualit e
per la produzione dellartigianato artistico.
La sda, che alla base di tutto ci, quella di
sostenere e valorizzare le risorse locali.
Il recupero della coltivazione del guado e lutilizzo
dellindaco da esso ricavato, di grande rilievo per
la tradizione locale e la produzione del tessuto
casentino, possono costituire un importante volano
di sviluppo, integrando lattivit agricola con altre
attivit di tipo artigianale e permettendo, quindi, di
avere delle ripercussioni positive sulloccupazione.
Questa volont di rivalutazione sinserisce nella
prospettiva di recuperare intere liere produttive,
che devono necessariamente essere inserite nel
proprio territorio: al di fuori di esso non avrebbero
signicato.
Le aree di studio della ricerca,Valsugana, CasentinoValtiberina e Fortore-Alto Tammaro, costituiscono
il banco di prova del modello della ricerca, con
lobiettivo di utilizzare tale modello in altre aree
geograche aventi caratteristiche similari.

Questo volume, oltre a presentare la metodologia


e i risultati della ricerca inerente la coltivazione
del guado e la produzione dellindaco, vuole essere
nello stesso tempo uno sprone per le istituzioni e
popolazioni locali a riscoprire il proprio patrimonio
economico-produttivo.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
con la ricerca Nuove forme di occupazione e di
orientamento nei territori rurali non solo ha voluto
evidenziare limportanza di recuperare e valorizzare
le risorse presenti in determinati territori, ma, a tal
ne, ha voluto anche sottolineare la necessit di
creare un sempre pi stretto rapporto tra mondo
della ricerca, mondo della scuola e mondo delle
imprese.
Infatti,Il panno blu, oltre alla peculiarit cromatica
che lo caratterizza, unisce la storia tradizionale
e di grande qualit della lavorazione della lana
in Casentino allopera di integrazione proposta
nellambito delle attivit progettuali svolte dal
CNR-IBIMET in collaborazione con le scuole
superiori delle aree geograche oggetto di studio,
con lobiettivo di avvicinare i giovani alle produzioni
tipiche locali e alle imprese.
Sperimentare la tintura del panno casentino con
il guado della Valtiberina ha sollecitato, tra laltro,
alcune realt imprenditoriali locali a valutare la
nascita di un prodotto alternativo e ha stimolato
la curiosit dei ragazzi a guardare alla tradizione in
modo nuovo.
Vera Marincioni
Direzione Generale per le Politiche
per lOrientamento e la Formazione

PREFAZIONE

toria, tradizioni agricole ed artigiane di grande valore


culturale, scuola e ricerca: questi sono i cardini sui
quali stato realizzato questo libro che raccoglie esperienze diverse percorse da un lo conduttore comune.
Tale lo quello che ha portato allidea di sperimentare
la tintura del panno casentino con lindaco ricavato dal
guado della Valtiberina, unidea sviluppatasi nellambito
del progetto Nuove forme di occupazione e orientamento nei territori rurali che, coinvolgendo due Istituti
di Istruzione Superiore, ha dato vita ad un lavoro intorno
al quale si creata una forte unit di intenti tra enti ed
istituzioni locali.
Le Comunit Montana del Casentino e della Valtiberina
Toscana hanno sostenuto con grande interesse questa
sperimentazione e hanno partecipato con piacere alla
realizzazione di questo volume che rappresenta una occasione concreta per far conoscere alcune delle risorse
produttive di pi alto valore culturale per i due territori.
altres di grande importanza considerare come questa
esperienza abbia gettato le basi per levoluzione di legami procui non solo, per le politiche dei due territori, ma
anche per le loro economie.
Tali legami, individuabili a diversi livelli, meritano alcune
riessioni.
La coltivazione del guado di grande rilievo per le tradizioni locali e la produzione del tessuto casentino, pu far
riettere sulla necessit di individuare un grande potenziale di sviluppo economico nellintegrazione fra attivit
agricole ed altre attivit locali di tipo artigianale in due
territori che hanno sistemi produttivi caratterizzati da
una forte identit storica e territoriale.
Un sistema produttivo locale costituto da imprese agricole e non agricole che interagiscano tra loro costituisce,
infatti, un punto di forza per quelle politiche di integrazione economica e di coesione sociale che, nel rispetto
della conservazione e riproduzione degli equilibri naturali, possono promuovere una qualit totale dei territori,
dal punto di vista della loro promozione verso lesterno
e da quello della vivibilit per i residenti.

Le aree del Casentino e della Valtiberina Toscana, individuate come distretto moda tessile della Provincia di
Arezzo, secondo lOsservatorio della moda - Sintesi del
rapporto 2003, appaiono pi un insieme di subsistemi
produttivi locali autonomi con specicit difcilmente
leggibili in un unico insieme unitario (poich fortemente
specializzati in produzioni di tipo tradizionale).
per questo che si deve fare in modo che le specicit
locali possano essere un punto di vantaggio.
In questo senso, dunque, necessario valorizzare e rafforzare lidentit del territorio, allo stesso tempo specializzandolo, attraverso sperimentazioni ed applicazioni
che concorrono a rendere pi forti i territori ed a creare
strategie ed obiettivi comuni in unottica distrettuale.
Se, come afferma il rapporto sopra citato, nel distretto
moda tessile aretino emerge la difcolt a sviluppare
una progettualit non solo, a livello di singola impresa
ma, soprattutto, a livello sovraordinato di complessivo
sistema locale, proprio nellindividuazione delle strategie e degli obiettivi comuni che pu essere trovata
una soluzione.
E, se ancora risulta insufciente il livello di innovazione,
ed, in particolare la persistente difcolt a far comunicare il sapere concreto detenuto dalle imprese con le
conoscenze scientiche astratte tipiche del mondo della
ricerca, questa esperienza che ha visto operare insieme
un ente di ricerca, listituzione scolastica e limpresa, ha
gettato il seme per la nascita di una progettualit che
come rappresentanti dagli enti locali sosteniamo fortemente con lauspicio che le imprese del Casentino e
della Valtiberina Toscana possano adottarla e svilupparla
rendendola uno strumento di crescita di insieme dei due
territori.
Roberto Mariottini
Presidente della Comunit Montana Casentino

Maddalena Senesi
Presidente della Comunit Montana Valtiberina Toscana

INTRODUZIONE
Linizio del terzo millennio si caratterizza per tre
aspetti totalmente nuovi che caratterizzeranno
tutto il secolo: la globalizzazione delleconomia,
limpatto delluomo sullambiente del pianeta, lo
spostamento di masse di emigranti portatori di
culture e di stili di vita profondamente diversi da
quelli dei paesi che li accolgono.
Gli schemi organizzativi, gli assetti sociali e politici,
le regole che si sono affermati dalla rivoluzione
francese in poi e che negli ultimi due secoli hanno
permesso un progresso economico e sociale dei
paesi industrializzati mai visto in precedenza, ne
usciranno profondamente modicati e con questi
probabilmente i valori che ne sono alla base.
In questo contesto necessario effettuare uno
sforzo di fantasia e di lungimiranza per prepararsi a
questi cambiamenti epocali ed evitare che quanto
di positivo stato acquisito nellultimo secolo in
termini di benessere e di coscienza individuale e
collettiva, venga rapidamente perso.
La globalizzazione economica comporta che la
produzione manifatturiera di prodotti di prima
necessit, di largo consumo e di bassa qualit come
abbigliamento, arredamento, prodotti alimentari,
oggetti di uso comune domestico, elettronica,
mezzi di trasporto, ecc., vada a collocarsi nelle aree
dove il costo della mano dopera minore.
Ci, peraltro, apre una prospettiva nuova sia per le
produzioni manifatturiere ed agricole di qualit e/o
di nicchia opportunamente controllate e certicate,
sia per la produzione dellartigianato artistico.
Si apre cos la prospettiva per un nuovo tipo
di manifatturiero non legato pi soltanto alla
produzione di grandi quantit ma, piuttosto, a
prodotti con particolari caratteristiche.
Tra questi, i prodotti come le bre ed i coloranti
naturali fanno parte di una politica di recupero

di intere liere che non avrebbero signicato se


estraniate dal territorio, dalla sue identit e dalle
sue caratteristiche: tali politiche mirano ad arrivare
al prodotto nito tenendo conto, non solo, di
possibili nuovi orientamenti dei consumatori,
ma anche degli aspetti relativi alla conservazione
dellambiente ed alla promozione delle attivit
artigianali.
Il desiderio innato nelluomo di distinguersi dagli
altri in termini di status sociale, infatti, porter a
rivalutare le produzioni particolari, gli oggetti unici
o in piccole serie: in poche parole ravviver il
desiderio della personalizzazione.
Caratteristiche di questo tipo di produzione
saranno la qualit dei materiali, le tecniche di
esecuzione, il design. A questo si deve aggiungere
il riferimento alla storia ed alla identit di un
territorio che diviene, in un momento di contatto
talvolta problematico con altre civilt, un elemento
aggiuntivo di valore, come gi evidente nelle
produzioni alimentari di qualit.
Linsieme di tutto ci si inserisce in un contesto pi
ampio che riguarda vari aspetti come, ad esempio,
una visione nuova e lungimirante del rapporto fra
economia del turismo e gestione dei centri storici
da vedersi come uno strumento di diffusione e di
promozione delle attivit dellartigianato artistico
e delle identit locali.
in questo quadro che si inserisce lattivit di
ricerca e di promozione svolta per conto del
Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in
collaborazione con gli istituti di istruzione e gli enti
locali dei territori.
Giampiero Maracchi
Direttore dellIstituto di Biometeorologia
Consiglio Nazionale delle Ricerche

11

parte prima

IL PANNO CASENTINO

Cenni storici, luoghi e testimonianze


intorno alla lavorazione della lana in Casentino

Premessa

Ecomuseo del Casentino, progetto promosso dalla


Comunit Montana del Casentino, costituito da una
rete di piccoli spazi espositivi, diffusi nella Valle, a stretto
contatto con le varie comunit locali. Le varie antenne
tematiche hanno ruoli e caratteristiche che suggeriscono
anche tempi, spazi e modalit di fruizione diversicate. Raccogliere, documentare, conservare, interpretare, mettere a
confronto, comunicare, educare, sono alcune delle funzioni
esplicitate dalle strutture tutte concorrenti, tuttavia, al raggiungimento della medesima missione: la tutela e la valoriz-

zazione del patrimonio territoriale nelle sue componenti


ambientali, storico-culturali, produttive ed etnograche.
Un particolare strumento di conoscenza ed interpretazione delle tematiche dellecomuseo rappresentato anche
dal documento audiovisivo, fruibile allinterno delle BANCHE DELLA MEMORIA, presenti presso alcuni siti ecomuseali,
che rappresentano un utile complemento alla visita.
Il testo presentato rappresenta una sintesi del quaderno
didattico Sul Filo della Lanapubblicato nellambito del
progetto Ecomuseo del Casentino a cura di Andrea Rossi. Alcune informazioni sono tratte dal libro di P.L. Della
Bordella, LArte della lana in Casentino, che rappresenta
tuttoggi lopera di riferimento sullargomento in ambito
casentinese.
La lavorazione della lana nel periodo preindustriale

1. Particolare della formella relativa allarte della tessitura. Firenze, Campanile di Giotto

La lavorazione della lana in Casentino ha origini antichissime: documentata sin dal periodo romano come testimoniano i ritrovamenti di alcuni reperti (pesi per telaio
verticale, fuseruole e forbici) risalenti al I o II sec. d.C.,
rinvenuti dal Gruppo Archeologico Casentinese.
I prati, i boschi ed i torrenti, le principali risorse naturali
del Casentino, costituirono le premesse insostituibili per
la nascita e lo sviluppo della lavorazione laniera. Lacqua,
in particolare, era essenziale non solo per lavare e tingere i velli, ma per le varie fasi della lavorazione del lato.
Infatti, lenergia che alimentava le macchine per sodare
i panni e per la macinazione delle sostanze coloranti, era
di origine idraulica.
15

IL PANNO CASENTINO

I principali stabilimenti lanieri nacquero e si svilupparono, quindi, lungo le valli trasversali allArno, caratterizzate
dalla presenza di torrenti con una portata dacqua piuttosto costante: in primo luogo le valli dello Staggia, del
Solano e dellArchiano.
Altro elemento importante alle origini dellattivit laniera
casentinese, fu la presenza dei monaci eremiti, organizzati
nei rispettivi complessi, che introdussero, per far fronte alla
rigidit del clima, lattivit dellintreccio, nel loro stile di vita.
Le prime notizie documentate relative allesistenza di unattivit laniera risalgono alla met del XIV secolo, e fanno riferimento allesistenza di gualchiere per purgare i panni, gi
esistenti da tempo ed ubicate nella valle del Solano. I primi
tentativi proto-imprenditoriali, invece, nalizzati alla creazione di lanici intesi come concentrazione di purghi,
gualchiere, macini per le galle e tinte risalgono ai primi del
XVI secolo, proprio in coincidenza con una crisi dellarte
della lana cittadina causata dalla mancanza di materia prima.

In Casentino, al contrario, per labbondanza di lana, si ebbe


un allargamento del mercato, pur nei limiti delle regole imposte dalla Corporazione Fiorentina dellArte della Lana.
Uno statuto orentino del 1535, estende a tutto il vicariato casentinese lesenzione al divieto di commerciare panni
di lana; si aggiungeva, tuttavia, la condizione che non costassero pi di soldi tre e denari dieci a braccio. In questo
modo si sottolineava in pratica il primato qualitativo della
citt, lasciando al contado la produzione di panni lana pi
grossolani e scadenti che non potessero entrare in concorrenza con la produzione dei lanaioli orentini.
In Casentino, a causa anche delle leggi discriminanti prima
citate, non si riusc no al settecento ad organizzarsi ad un
livello imprenditoriale e commerciale apprezzabile.
Finalmente nel 1738 il granduca Francesco III di Lorena, liberalizz la manifattura di panni di qualsiasi genere a tutto lo
stato dando cos avvio ad un nuovo capitolo per lattivit laniera casentinese che raggiunse il suo apice nel XIX secolo.

La corporazione orentina dellarte della lana

gualchierai e rinitori (a cui era concessa una partecipazione allamministrazione della Corporazione); i prestatori dopera (tessitori, scardassieri, latori, battilana,
lanini, stamini ) esclusi da ogni fase decisionale.
La sorveglianza delle corporazioni sugli afliativi e sui
manufatti prodotti era strettissima al ne di mantenere
alta la qualit e di impedire ogni forma di concorrenza.
Il Casentino, oltre agli inevitabili contatti commerciali
con i lanaioli orentini ha conosciuto il potere della
corporazione laniera attraverso due episodi signicativi per la storia della valle:
quali gestori della foresta dellOpera del Duomo
quali tutori presso il Santuario della Verna a anco
degli osservanti durante la diatriba tra le diverse
fazioni. La loro presenza tuttora documentata dai
caratteristici stemmi rafguranti lAgnus Dei.
Il medesimo stemma lo si ritrova in corrispondenza di
castelli e di palazzi casentinesi, fatto apporre dai vicari
inviati dal Governo Fiorentino appartenenti alla corporazione dellArte della Lana.

La prima forma di attivit laniera orita in Toscana


fu quella chiamata, in Firenze, di Calimala, relativa al
rafnamento del panno forestiero, generalmente proveniente dalla Francia. I panni francesi, amminghi, inglesi, acquistati alla era dello Champagne erano in
nezza e morbidezza, grazie alle particolari propriet
della lana, molto superiori a quelli italiani. Larte di Calimala si svilupp nel capoluogo toscano tra lXI e il XII
secolo, precedendo la corporazione dellarte della lana
vera e propria che invece si occupava dellintero ciclo
di lavorazione che si dette e i suoi statuti solo tra il
1317 e il 1319. Durante il XIV secolo le corporazioni
delle arti e dei mestieri, e quella della lana in particolare, divennero i motori primi della vita economicopolitica ed artistica della citt. Esisteva, allinterno della
struttura associativa, una regola gerarchica articolata
in tre classi: i lanaioli (i ricchi imprenditori che dirigevano larte); i membri minori tra cui: tintori, conciatori
16

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

Si poteva procedere a questo punto alla tintura del panno lana (qualora non fosse stato effettuato precedenIl ciclo della lana linsieme delle operazioni che dalla temente in occo o sul lato) servendosi per lo pi di
tosatura, attraverso vari passaggi, giunge no alla messa a sostanze tintorie di origine vegetale.
punto del panno-lana. In et pre-industriale, era un ciclo In seguito, per dare alla lana una rinitura pi morbida,
diffuso sul territorio, tale da coinvolgere luoghi e sa- lucente ed uniforme si passava alle operazioni di nissagpienze diverse riconnessi insieme come momenti di uno gio tra cui la garzatura e la cimatura.
stesso processo.
Il tessuto ancora umido, poi, veniva steso allaperto per
Ogni operazione assumeva un ruolo ben specico in rap- lasciugatura ai tiratoi; inne si procedeva alla pressatura
porto alle risorse (umane e naturali) presenti nel territo- ed al confezionamento del prodotto.
rio. Il ciclo della lana aveva inizio in alta quota, in montagna, Ripercorriamo da vicino i vari momenti del ciclo di ladove vi erano pascoli pi estesi e greggi pi numerose. Ogni vorazione.
primavera si procedeva alla tosatura delle pecore, da parte
degli stessi pastori o tramite opportune maestranze.
La tosatura
La lana veniva poi portata alla bottega del lanaiolo (o Con tale operazione, effettuata in primavera, in corrisponimpannatore) il centro organizzativo dellArte.
denza della stagione calda, viene asportato il vello di lana
Una volta giunta in bottega la lana, dopo essere stata dalla pecora. Un tempo il procedimento era effettuato per
lavata, era sottoposta alla cardatura in modo da disporre mezzo di grosse forbici dette anche cesoie e successivale bre in parallelo per renderle pi idonee alla opera- mente con le forbici a pettine manuali o elettriche.
zione successiva della latura.
I forbicioni in metallo dalla caratteristica forma arcaica
I mazzi erano consegnati a domicilio da apposite gure sono strumenti che con pochissime variazioni ritrovia(stamini per le bre di trama, lanini per le bre di ordito) mo dai Romani, al Medioevo sino ad oggi.
non solo nei borghi, ma anche nelle colline circostanti.
Il lavoro veniva svolto presso le vergherie dove si raduUna volta rientrato il lato nella bottega, sotto forma di navano i greggi durante la transumanza o presso gli ovili
matasse o cannelli, si procedeva alle operazioni prelimi- veri e propri.
nari alla tessitura: la preparazione dellordito e l avvolgi- Loperazione della tosatura era effettuato dai tosini, maemento del lo attorno al subbio, oltre alla predisposizio- stranze specializzate nellattivit della tosatura, che gene delle spolette per la trama.
neralmente operavano in squadre itineranti seguendo
La tessitura vera e propria si praticava soprattutto nei itinerari prestabiliti.
borghi e in alcuni casi nella bottega stessa.
Esistevano in passato intere frazioni specializzate in
Una volta pulito e rammendato, il tessuto era portato questo tipo di attivit. Fino a pochi anni fa erano presenti
presso le gualchiere per essere sottoposto alle operazio- squadre di tosini ancora attive nei paesi di Garliano, nel
ni di purgatura e sodatura con opportune sostanze sgras- comune di Castel San Niccol e di Pontenano nel cosanti, tra cui il ranno o la terra da purgo.
mune di Talla.
Il ciclo di lavorazione nel periodo preindustriale

Lallevamento ovino in Casentino


Lallevamento ovino ha rappresentato da sempre una
delle risorse primarie della valle, costituendo una del-

le premesse insostituibili allo sviluppo dellarte della


lana. La cura delle greggi era sicuramente gi presente
in epoca etrusco-romana, nella quale furono tracciate
alcune direttrici di transumanza per lo spostamento
17

IL PANNO CASENTINO

stagionale delle greggi. Durante il Medioevo abbiamo


notizia di numerosi capi di ovini propriet delle potenze feudali locali: i conti Guidi, ma anche gli Umbertini, i
Tarlati e i monaci camaldolesi, proprietari, al contempo
dei vari opici tessili della zona.Tale situazione perdur
no alla ne del XVIII secolo quando, grazie alle nuove leggi promulgate dal governo dei Lorena, si attu
il frazionamento delle propriet terriere consentendo
una maggiore distribuzione del patrimonio fondiario e
quindi lo sviluppo dei piccoli allevamenti di pecore.
La pastorizia in tutto il periodo pre-industriale, infatti,
veniva praticata in maniera diffusa, da parte delle comunit di montagna, anche come forma di auto-consumo o
di integrazione al reddito. Essa consentiva la disponibilit
di prodotti quali il latte e la lana utili per la produzione
di formaggio e afni e per la manifattura domestica di
indumenti destinati ai componenti della famiglia.
Spesso in corrispondenza dei piccoli insediamenti di
alta quota era praticato, sino alla met del secolo scorso, luso della vicenda, attraverso il quale, le piccole
greggi del paese erano riunite e condotte, dalla mattina
alla sera, presso le pasture collettive della comunit,
seguendo consuetudini antichissime di usi civici dei boschi e dei pascoli.
Un particolare impulso allallevamento ovino, anche
in Casentino, si ebbe nei primi anni del XIX secolo,
grazie allintroduzione di arieti di razza merinos che
portarono ad un notevole miglioramento nella qualit
delle lane sempre pi richieste anche dalle manifatture
tessili locali.
Lincremento delle greggi, che raggiunse il suo apice
nella prima met dellOttocento, con un numero complessivo di ovini stimato intorno ai 70.000 capi (Zuc-

cagni Orlandini), il pi alto della Toscana se rapportato


allunit di supercie, insieme ad una spinta cerealicola,
spesso praticate ai danni del bosco, port ad un aumento del degrado ambientale gi iniziato con i disboscamenti incontrollati della ne del XVIII secolo.
La bassa produzione di foraggi e la scarsa qualit dei
sodi, problemi endemici per lagricoltura casentinese,
stimolarono ulteriormente la pratica della transumanza verso le ubertose pasture maremmane che, a cavallo
tra Settecento e Ottocento, assunse grande importanza attraverso la costituzione di imprese armentizie.
Un segnale in contro tendenza fu dato intorno al 1840
dallispettore granducale Karl Simon che, dissodando
terreni non forestati, con coltivazioni a rotazione di
patate, rape, grano e bolognino, dimostr che era possibile riuscire a svernare un branco di pecore senza
ricorrere a migrazioni. Egli introdusse montoni merinos a partire dal 1841, ottenendo meticce morette, la
cui lana era ricercatissima, anche per il colore, per la
manifattura dei panni frateschi.
Lallevamento ovino ha conosciuto notevole fortuna
sino agli anni Trenta del XX secolo, per poi diminuire
vertiginosamente in seguito allesodo dalla montagna
vericatosi nel Dopoguerra.

La transumanza: storie e caratteristiche

costituisce un aspetto che ha interessato ampie zone


del Mediterraneo da tempi antichissimi no alla prima
met del XX secolo. Per la Toscana, e il Casentino in
particolare, possiamo parlare soprattutto di transu-

Il fenomeno della transumanza, lo spostamento stagionale delle greggi al mutare delle condizioni dei pascoli,
18

Nota: La pratica della transumanza e dellallevamento


ovino trovano un particolare approfondimento allinterno
della rete ecomuseale presso il CENTRO DI DOCUMENTAZIONE
DELLA CULTURA RURALE DI CASTEL FOCOGNANO con alcune sezioni
dedicate alla lavorazione del latte e della lana e presso la
COLLEZIONE RURALE CASA ROSSI dove sono conservati attrezzi
ed oggetti legati anche alla transumanza provenienti per lo
pi dalla Valle dellArchiano.

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

manza discendente, o inversa, effettuata cio dai monti


alla pianura. Si ha notizia tuttavia, anche se in misura
minore, di un tipo di transumanza ascendente, detta
anche monticazione, per la quale le greggi degli allevatori di pianura venivano condotte nei pascoli casentinesi di alta quota durante la stagione estiva.
Fin dal XIV secolo sono documentati branchi di pecore,
appartenenti ai conti Guidi, che dal Casentino, si spostavano in Maremma durante linverno ripercorrendo
antichi tracciati di probabile origine etrusco-romana.
Il motivo principale degli spostamenti stagionali, per
gli allevatori del Casentino, da ricercare sicuramente nella scarsa base foraggiera per il nutrimento delle
bestie.
I compilatori del Calendario Casentinese del 1839 pur
riconoscendo che la causa costante delle emigrazioni riposta nelle particolari condizioni delle province, le quali per ostilit del clima o per la magrezza
del suolo non producono abbastanza onde alimentare
i propri abitanti, in pi occasioni ribadiscono la loro
contrariet per la pratica della transumanza. Sostengono infatti che se i pastori casentinesi si dessero a considerare le spese dei lunghi viaggi, le giornate perdute
nellaccesso e recesso delle Maremme; i patti durissimi
a cui si assoggettano le spese di malattie ed altri casi
imprevisti ai quali vanno soggetti, si accorgerebbero
ben presto esser passivo lo spatriare, anzich utile.
Lo stesso degrado ambientale viene in qualche modo
connesso a questa pratica: la troppo diuturna permanenza nella Maremma pregiudiciale allagricoltura
montana, poich le faccende si fanno tardi e troppo in
fretta Al loro ritorno si dissodano le pasture, si atterrano le boscaglie per ridursi a sementa senza ordine
senza intelligenza ed in poco tempo si vedono i loro
campi ridotti a nude scogliere .
Fino ai primi decenni del secolo scorso, tuttavia, le
greggi casentinesi hanno continuato ad effettuare le
loro migrazioni stagionali. Nei mesi di settembre ed

ottobre si effettuavano i preparativi per la partenza.


Gli allevatori afdavano le greggi al capo pastore transumante, detto vergaio che, con laiuto di vari garzoni
diveniva il responsabile per il viaggio e per tutta la durata della permanenza in Maremma. Il vergaio gestiva di
solito una masseria composta dai 5 ai 30 branchi con
un numero di ovini che oscillava dai 1500 ai 9000 capi.
Una buona parte del bestiame era tenuto a soccida,
per cui il proprietario concedeva il gregge ad un altro
pastore che forniva la forza lavoro e con il quale divideva a met il protto.
I branchi transumanti, subirono un sensibile incremento a partire dalla ne del XVIII secolo in seguito alla
liberalizzazione dei disboscamenti ed al conseguente
aumento dei pascoli. Le pecore, che si spostavano lungo percorsi appositi ai lati dei quali correvano strisce
erbose larghe circa 14 metri, non potevano percorrere
meno di 5 miglia al giorno. La sosta veniva effettuata spesso presso alcune case coloniche nelle quali si
chiedeva ospitalit ai contadini in cambio di prodotti in
natura. Le pecore venivano rinchiuse in recinti formate
da reti sostenute su pali piantati nel terreno per mezzo
di magli in legno.
Il percorso, in ogni caso, era sempre pianicato prima
della partenza, quando si dovevano iniziare le pratiche
per le varie autorizzazioni che prevedevano conteggi
delle pecore presso gli ufci doganali e il pagamento di
diverse gabelle.
Ad esempio, durante il viaggio di andata i pastori dellAlto Casentino, erano obbligati ad un primo conteggio e relativo pagamento presso la Calla di Rignano sullArno alla quale si aggiungeva un ulteriore pagamento
per la concessione della da una volta giunti alla Calla
di Paganico. Al ritorno dovevano percorrere a ritroso
lo stesso itinerario che prevedeva una nuova sosta a
Paganico e un nuovo conteggio dal quale doveva risultare un incremento del bestiame di almeno il 25%
attraverso la nascita degli agnelli durante linverno. A

19

IL PANNO CASENTINO

Rignano inne, si dovevano sottoporre ad un nuovo


conteggio e ad una nuova tassa.
Compiuto il viaggio di andata e una volta giunti in Maremma, gli allevatori costruivano delle capanne per
mezzo di pali, canne palustri e scope. La masseria si

componeva di diversi alloggi organizzati gerarchicamente: allalloggio del vergaio, di solito circolare con
copertura conica allinterno del quale si effettuava la
lavorazione del latte, si afancavano quelle degli altri
pastori oltre ai vari ricoveri per gli animali.

La gura del lanaiolo


La bottega del lanaiolo costituiva il vero centro organizzativo dellintero ciclo di lavorazione.
Il lanaiolo rappresentava, infatti, la cerniera indispensabile per un insieme di operazioni: dai contatti con gli
allevatori di ovini per il rifornimento della lana, alla consegna a domicilio dei mazzi di lana da lare o dei subbi
con lordito per la tessitura. Egli presiedeva, per mezzo di
lavoranti appositi, ad una serie di operazioni tra le quali:
la lavatura, la battitura, la cimatura, la garzatura, la pressatura, ecc.; controllava lesecuzione presso terzi (qualora
non fosse stato proprietario diretto) delle operazioni di
tintura, gualcatura, molitura di sostanze coloranti.
Provvedeva, inne, alla commercializzazione del tessuto.

da un pettine basculante, il cardatore. Le bre lunghe servivano per ottenere il lato dellordito, mentre le bre
corte venivano adoperate per ottenere il lo di trama.

La cardatura
Questa operazione serviva a districare la lana, in modo
che le bre risultassero parallele e facilitassero la successiva operazione della latura.
Una volta giunta nella bottega, la lana era sottoposta
ad un primo lavaggio. Dopo di ci era posta sopra un
graticcio dove con laiuto di bastoni veniva battuta per
aprirla; inne, veniva oliata. A questo punto si passava
alla cardatura dove le bre di lana per mezzo di tavolette
con denti metallici usati in coppia uno sopra laltro con
movimenti opposti, erano rese parallele.
Anticamente per tale operazione erano usati i cardi (da
qui la derivazione del nome) che furono ben presto sostituiti da pettini metallici, per le lane pi ni, e dagli scardassi per la manifattura delle bre ordinarie che potevano consistere in due semplici tavolette o in un cavalletto
munito di pettini ssi sui quali era fatto passare il pettine
manuale. Altri strumenti potevano essere caratterizzati
20

La latura
Per mezzo della latura si torcevano le bre di lana per
ottenere un lo continuo ed omogeneo.
Attraverso luso delle mani e di strumenti appositi, quali
il fuso e la rocca o il latoio a pedale, si riduceva la lana
in lo avvolgendolo intorno al fuso o al rocchetto del
latoio. Ottenuto il lato si passava alla formazione delle
matasse; tale operazione era detta annaspatura, dal nome
dello strumento utilizzato detto aspo semplice o rotante. La latura veniva svolta per lo pi a domicilio, dalle
donne, presso i nuclei abitati ubicati nelle colline e nelle
montagne intorno alla bottega del lanaiolo.
Il compenso per il lavoro della latrice era molto basso,
spesso effettuato in natura. Le lavoratrici per rivalersi
degli abusi dei lanaioli frodavano e si appropriavano di
parte del lato, sostituendo il peso del lo sottratto, umidicando quello restituito.
Antiche iconograe ci documentano come loperazione
della latura fosse gi in uso nelle civilt precristiane,
dapprima attraverso lutilizzo delle mani e delle gambe,
poi attraverso lausilio di strumenti quali la rocca ed il
fuso, la cui forma rimasta immutata nel tempo.
Verso la ne del XIII secolo fu introdotta la prima meccanizzazione della latura, il mulinello: il fuso veniva fatto
ruotare per mezzo di una puleggia a corda mossa a mano,
in modo che si potesse avere la torsione e lavvolgimento
contemporaneamente. Nel XV secolo apparve il latoio
ad alette azionato con pedali o a mano che permetteva
un lavoro continuo.

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

delle esigenze, si potevano distinguere: il telaio per


tessuti o il telaietto per bordure con larghezze molto
pi ridotte.
Generalmente questa era unarte femminile che le donne
praticavano presso la propria abitazione (spesso anche
allinterno delle stalle essendo il luogo pi caldo della
casa), sia per uso familiare che per conto terzi.

2. La latura con rocca e fuso ancora in uso in Casentino no ad alcuni decenni fa (foto
A. Rossi)

La tessitura
Loperazione del tessere, in maniera schematica, consiste
nellintrecciare una serie di li paralleli che costituiscono lordito, con un lo a questi perpendicolare, detto
trama.
Le matasse di lo ottenute con laspo, lavate ed asciugate
erano poste sullarcolaio, per la preparazione delle rocche
(orditura) e di piccoli fusi chiamati anche cannelli per la
spola del telaio (trama).
Una delle operazioni preliminari era anche lorditura attraverso la quale si avvolgevano i li intorno al subbio.
In seguito, si passava al processo della tessitura vera e
propria nel quale, attraverso il movimento dei licci abbassati e alzati alternativamente dopo il passaggio della
navetta recante il lo di trama, si arrivava alla denizione
del tessuto.
Per effettuare la tessitura, in Casentino, era usato il
telaio orizzontale di diverse dimensioni e, a seconda

3. La tessitura con antichi telai manuali praticata ancora nel comune di Poppi (foto A.
Rossi)

La sodatura
Il tessuto di lana, una volta tolto dal telaio, controllato
e riparato da eventuali difetti, veniva lavato, per eliminare le sostanze untuose usate per la latura e quelle
collose usate per la tessitura. La lavatura si effettuava in
acqua bollente e sapone, con laggiunta di urina fermentata e lisciva, poi immerso nellacqua fredda e strizzato.
Seguiva poi la purgatura vera e propria effettuata con
terra da purgo o da follare, chiamata argilla smectica, un
silicato di alluminio idrato pi alcali che aveva propriet
sgrassanti. Questa operazione veniva effettuata in genere insieme alla follatura o sodatura allinterno delle
21

IL PANNO CASENTINO

gualchiere, macchine idrauliche, dove i panni-lana una


volta sistemati allinterno di cassoni detti pile, erano
colpiti da grossi martelli in legno detti pestelli sollevati
alternativamente da un albero a camme collegato ad
una ruota idraulica.
Anticamente, n verso il X secolo, la follatura nella quale
si provocava linfeltrimento del tessuto, per renderlo pi
spesso (sodo), veniva effettuata dai fulloni (in latino lavatori di panni) i quali, immersi dentro grossi recipienti,

premevano con i piedi e con i pestelli a mano il tessuto


collocato nella tinozza.
La gualchiera
Alla base del meccanismo della gualchiera vi luso dellacqua quale forza motrice. Numerosi sono gli opici
(documentati in Casentino e ubicati per lo pi lungo gli
afuenti dellArno) che venivano utilizzati per la sodatura dei panni.

Gualchiere del medio e alto Casentino


Nella Carta Idrograca del 1883, riferita al medio e alto
Casentino, le gualchiere sono ormai ridotte a poche
unit, una lungo il Solano presso il ponte di Strada e
due nei pressi di Bibbiena. In realt la loro consistenza
numerica in passato era molto rilevante, in particolare durante il secolo XVIII. Presso il torrente Staggia da
Papiano a Stia si hanno notizie dal XVI secolo di alcune gualchiere ubicate nella localit omonima (oggi La
Tintoria) gestite dalla famiglia Simonetti. Nel Settecento a questa subentra la famiglia Ricci che alla ne
del secolo risulta proprietaria di cinque gualchiere e
tre tintorie. Sar questa la stessa famiglia che in pochi
anni, attraverso una riorganizzazione complessiva dellattivit laniera, dar vita al complesso del Lanicio
di Stia. Presso il Ponte dArno a Pratovecchio accertata una gualchiera e alla ne del XIX secolo sar
organizzata una manifattura di panni lana, allinterno
del Casone Rontani. , tuttavia, lungo il torrente Solano che si ebbe la maggiore concentrazione di questi
opici. Sono attestate alcune gualchiere a partire dal
XIV secolo. Larte del gualcare divenne una sorta di
specializzazione per le comunit della zona; ancora
nel XIX secolo i lavori pi comuni delle donne sono
il lare e il tessere e quelli degli uomini il fabbricare
gualchiere da panni. In particolare dai Libri dEstimo
della Comunit di Vado dei primi anni del Settecento,
sono documentate due gualchiere alle gualchiere
22

4. Il percorso del Berignolo di Soci, con gli opici idraulici (Archivio di Stato di Arezzo,
Catasto Granducale, prima met del XIX secolo)

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

di Casa Ricciolino poco pi a monte del Borgo di


Strada , alla Ruota una casa con quattro stanze ad
uso di gualchiera e due tiratoi, alla Casina sopra
Prato una casa con cinque stanze ad uso di due gualchiere, allAnciolina [alla conuenza del torrente
Scheggia con il Solano] una gualchiera e un mulino a
due palmenti. Altri impianti dediti alla follatura della
lana sono inoltre documentati ai piedi del castello di
Battifolle, lungo lo Scheggia; nella localit ancora oggi
denominata Le Gualchiere; ed inne nel borgo di
Pagliericcio dove dal XVII secolo attestata lattivit
della famiglia Grifoni che, con continuit, si dedicher
alla manifattura laniera. A partire dal XIV secolo, nei
pressi di Soci, grazie alle acque del Berignolo, il canale
derivato dal torrente Archiano, i monaci Camaldolesi
alimentavano una gualchiera presso il molino di Soci.

Alla ne del XVII secolo due gualchiere risultano afttate dalla famiglia Grifagni che, insieme alla famiglia
Franceschi di Partina, si dedica allarte della lana no
alla met del XVIII secolo. La gualchiera ubicata pi a
monte rispetto al paese di Soci, trasformata in mulino
nel XIX secolo, conserva ancora il toponimo originario: Mulino delle Gualchiere. Alla met del XIX secolo
la famiglia Ricci di Stia compra denitivamente gli opici idraulici dalla Congregazione Camaldolese dando
una svolta alla produzione laniera locale, operazione
continuata anche dal nipote Sisto Bocci attraverso la
costruzione del Lanicio di Soci e della Fabbrichina di
Partina. In corrispondenza del paese di Rassina, inne,
la famiglia Rassinesi alla met del Settecento gestisce
quattro gualchiere. In seguito, lattivit laniera cede il
passo a quella della seta.

La ruota mossa dallacqua del canale, fa ruotare su se


stesso lalbero a camme; le alette imprimono movimento, in modo alternato, ai dei martelli che schiacciano
continuamente il tessuto contenuto in una cassa o pila,
di solito costruita in legno di quercia.
Da una enciclopedia del secolo scorso apprendiamo
che:

vimento prodotto da una ruota idraulica o dalla forza del vapore follano i tessuti dentro una
cassa.

la gualchiera una macchina che serve a sodare


i panni, e cangia in pannolana un tessuto di lana.
Lufcio della gualchiera di battere in varie guise
il tessuto gi lavato e digrassato, e di ridurlo in
dimensioni assai pi piccole di quelle che aveva
prima. Per questoperazione il tessuto diviene
compatto, morbido e essibile tanto pi, quanto
meglio guidata la sodatura, e si riduce a quella
nezza che osserviamo nei panni del commercio
[...] varie specie di gualchiere furono dai meccanici immaginate; quella pi comunemente usata
consiste in un ordigno di magli che nel loro mo-

La tintura
Attraverso questa operazione si interveniva sul colore
naturale del tessuto o del lato.
Prima della operazione di tintura vera e propria, il tessuto era sottoposto alla mordenzatura con cui si predisponeva la bra ad un miglior assorbimento del colore. La
sostanza pi adoperata, a questo proposito, era lallume
di potassio. Successivamente il tessuto veniva immerso con il colorante in vasche di rame chiamate vagelli.
Questi erano disposti sopra o dentro strutture di pietra
aventi apertura alla base, dove veniva acceso il fuoco per
poter far bollire la pezza nel colore (Fig. 5).
La bra veniva girata continuamente con bastoni, in
modo da rendere uniforme la tintura; tolto dal vagello, il tessuto veniva sciacquato con lacqua corrente dei
torrenti per eliminare il colore in eccesso. I coloranti
23

IL PANNO CASENTINO

scivolare la stoffa. Alla ne del XIX secolo, si cerc di


sostituire il cardo di origine naturale (Dispecus fullononi)
con uno articiale, fabbricando cilindri con punte di metallo. Loperazione, effettuata per rendere pi morbido
e lucente il tessuto alzando le lze pi brevi del lato,
poteva essere svolta anche dopo la follatura.
La pezza bagnata svolta su due pertiche orizzontali,
veniva lavorata strisciando sul tessuto un telaietto di
legno provvisto di manico, dove erano ssate le teste
della pianta di cardo. Questa pianta, detta anche cardo

5. Vasca per tintura con sottostante fornello a legna. Ponte a Poppi, ex Lanicio Cecconi

naturali ed in particolare le sostanze coloranti di origine vegetale furono le uniche sostanze tintorie adoperate no
alla met del secolo scorso. Alcuni documenti riferiti al
territorio casentinese riportano la dicitura mulini da
galle, impianti destinati alla molitura delle escrescenze,
dette appunto galle, che si formano su alcune parti della
pianta, in seguito alla puntura che alcuni insetti vi fanno
per deporvi le uova. Le galle migliori per ottenere il colorante sono le galle di quercia che contengono unalta
percentuale di tannino. I colori che si ottengono sono il
grigio scuro e il nero.
La garzatura, la cimatura e lasciugatura ai tiratoi
La garzatura, chiamata anche cardatura (dal nome della
pianta utilizzata), era in uso anche presso i Romani che
adoperavano, a tale scopo, le pelli degli istrici. La difcolt
di reperire tali animali port alla creazione di pettini di
ferro. Le macchine per garzare vennero introdotte gi
nel XV secolo; le pi antiche illustrazioni di tali macchine,
sono rappresentate negli schizzi di Leonardo del 1490.
Queste macchine erano e sono tuttoggi costituite da
uno o pi rulli coperti di cardi sopra i quali veniva fatta
24

6. Il cardo del lanaiolo

dei lanaioli appartiene alla famiglia delle dispacacee e la


testa del cardo, il capolino, usato nel ciclo dei panni di
lana e di lino. Fino ad alcuni anni fa il cardo era prodotto anche in Casentino. Dalla met del XIX secolo ad
opera di Sisto Bocci (proprietario del lanicio di Soci)
si importarono semi francesi per migliorarne la qualit
aumentando la dimensione e la resistenza del capolino
stesso. Presso la collezione Casa Rossi di Soci e presso

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

la mostra permanente sullo storico lanicio a Stia sono


tuttora conservati alcuni cardi utilizzati nella lavorazione
laniera.
Una delle ultime fasi di lavorazione a cui era sottoposto il tessuto, era rappresentata dallasciugatura
e dalla stiratura, indispensabili per portare la pezza
alla lunghezza desiderata sfruttando la sua elasticit.
A questo scopo venivano utilizzati appositi telai in
legno detti tiratoi. Il panno lana veniva steso allaperto appendendo la parte superiore della pezza allasta
orizzontale per mezzo di appositi ganci. Dopodich,
il tessuto fissato nella parte inferiore su un apposito
bastone, tenuto in tensione, veniva portato alla lunghezza desiderata spostando lasse inferiore verso il
basso servendosi dei fori presenti sui due montanti
verticali. I tiratoi, la cui forma rimasta praticamente
immutata dal Medioevo al secolo scorso, erano sistemati solitamente nei pressi delle gualchiere, ed, in
seguito, dei lanifici, come risulta anche da diverse descrizioni depoca.
Nei pressi del lanicio Grifoni a Pagliericcio, nel Comune di Castel San Niccol, esiste una collina con terrazzi
sostenuti da muri a secco dove possono ancora essere
osservati alcuni tiratoi in metallo utilizzati nel secolo
scorso.

come i panni di lana venissero fabbricati per la maggior


parte nelle case dei contadini, denunciando il limite costituito dallincapacit di superare lo stadio della produzione a domicilio.
Nella prima valle dellArno, segnali denitivi in direzione
industriale per il comparto tessile sembrano vericarsi
verso la met del XIX secolo, periodo nel quale alla cessazione dei piccoli centri produttivi distribuiti nella valle,
fa riscontro il decollo di alcune situazioni particolari (Stia
e Soci in primo luogo).
Con le sue fabbriche accentrate (che sostituivano i vecchi opici ubicati lungo il torrente Staggia) il paese di
Stia divenne, proprio allora, il centro di un processo di
modernizzazione dellindustria della lana casentinese.
Nel giro di pochi anni a partire dal 1830, data probabile
della prima introduzione di macchine tessili moderne in
Casentino, Stia divenne la punta di diamante dellindustria laniera Toscana.
Cos si esprimeva signicativamente il Calendario Casentinese per lanno 1840, parlando di questa comunit:
ecco il solo paese della provincia ove il tuo animo
si apre a un conforto, perch cos vede le forze della natura chiamate dallarte a contribuire allindustria di una
intiera popolazione.
Il primo esempio di lanicio moderno con macchine e
260 operai fu la fabbrica di Marco Ricci, discendente di
una famiglia di lanaioli che tra il Settecento e lOttocento
La lavorazione della lana nel periodo industriale
si era impadronita di tutti gli insediamenti lanieri lungo il
torrente Staggia.
Il passaggio dal periodo preindustriale a quello proto- Nel momento di massimo impiego nella fabbrica Ricci
industriale e poi pi propriamente industriale segnato, localizzata nel paese di Stia, chiamato anche la Piccola
anche per il settore laniero, dallaccentramento in uno Manchester della Toscana, lavoravano circa 500 operai
stesso luogo delle varie fasi di lavorazione e dalla deni- fra uomini, donne e bambini.
zione di spazi di lavoro adeguati per accogliere il concen- Data la povert della restante economia della valle, il
tramento di macchinari e lavoranti.
lanicio costituiva una fonte di ricchezza per tutta la
Tale trapasso avvenne, come ben si pu comprendere, popolazione casentinese che direttamente o indirettagradualmente. Infatti, ancora nel 1811, i funzionari inca- mente gravitava intorno allindustria tessile: dai pastori,
ricati di stendere un censimento sulla produzione indu- ai barrocciai, dai commercianti, ai piccoli negozianti.
striale in Casentino, si lamentavano di come le operazio- Si era assistito in pratica, in Casentino, proprio verso la
ni di latura si svolgessero ancora con sistemi arretrati e met dellOttocento, ad una piccola rivoluzione indu25

IL PANNO CASENTINO

striale che si and diffondendo e radicando sulle preesistenti tradizioni locali di Stia, in primo luogo, ma anche
di Bibbiena, Pratovecchio e Soci, dove un altro pioniere
dellindustria tessile casentinese, Giuseppe Bocci, ristruttur le vecchie gualchiere, gi propriet dei monaci Camaldolesi, per farne una fabbrica pi moderna.
Un contributo decisivo allo sviluppo dellarte della lana,
attraverso una riqualicazione delle razze ovine casentinesi, lo si deve a Carlo Siemoni amministratore e ispettore granducale delle Foreste Casentinesi.
Il Casentino, tuttavia, rimaneva ancora lontano dalle
grandi vie commerciali moderne, basti pensare che le
due grandi arterie verso Firenze attraverso la Consuma e verso Arezzo, furono realizzate solo verso la met
dellOttocento, e che i trasporti erano afdati esclusivamente ai barrocciai.
Tra la ne del XIX secolo e la Prima Guerra Mondiale
si assistette al periodo doro di tale attivit; nel 1888, fu
attivata la linea ferroviaria Arezzo-Stia, mentre il mercato nazionale in crescita e le esigenze della nazione da
poco riunita, rappresentarono un incentivo per i lanici casentinesi specializzati in panni-lana e forniture per
lesercito.
Dopo la crisi del primo Dopoguerra, il lanicio accentrato nel Casentino sembr riprendersi.
La politica del fascismo e le sue manie bellicistiche favorirono la ripresa dellindustria tessile casentinese la cui prosperit ci confermata dalla visita di alcuni uomini illustri.
La crisi del secondo Dopoguerra che colp tutto il settore laniero, ebbe effetti gravissimi anche in questa valle.
Molti degli antichi lanici della vallata dovettero chiudere
e molti casentinesi emigrarono verso le grandi citt in
cerca di migliori condizioni di vita.
Il ciclo di lavorazione nel periodo industriale
Per il periodo industriale il ciclo di lavorazione della lana
ripercorre, in sostanza, le medesime operazioni di quello
pre-industriale, pur con le evidenti differenze dal punto
di vista tecnico. Alla base del ciclo produttivo resta sem26

pre la fondamentale divisione delle lane merinos, incrociate e ordinarie che, in senso lato, vengono nellindustria
cos impiegate: le prime per la fabbricazione dei pettinati,
le seconde per pettinati o cardati e le terze per tappeti,
panni e materassi. Nellindustria laniera, in particolare
tessile, ci sono due procedimenti diversi e ben distinti
di lavorazione: il procedimento pettinato ed il procedimento cardato. La distinzione riguarda particolarmente
le operazioni che precedono la latura.
Il procedimento pettinato
Le operazioni sono le seguenti.
Lapertura: mediante una macchina detta lupo apritore
la lana viene leggermente sgrovigliata e liberata dalle impurit pi grossolane. La lavatura: la lana passa in quattro
vasche contenenti acqua calda con soda, potassa e sapone per la sgrassatura. La cardatura: attraverso le macchine
cardatrici la lana trasformata da occhi e nodi in velo,
quindi avvolta in grossi rotoli. La pettinatura: ha il compito
di liberare il nastro da tutte le impurit, dai grovigli. Stiro
e preparazione alla latura: mediante una lunga serie di
passaggi sugli stiratoi il nastro tirato, allungato e ridotto di diametro.
Il procedimento cardato
Per quanto riguarda il procedimento cardato le operazioni sono le seguenti.
La mischia: data la variet di lane impiegate, la preparazione delle mischie o impasti ha particolare importanza in
questo procedimento.
Il carbonizzo: le lane per cardato, sia vergini che rigenerate, ossia provenienti dagli stracci, sono talvolta cos impregnate di scorie vegetali che non solo possono compromettere la bont del manufatto, ma anche la stessa
lavorazione meccanica e la tintura: , pertanto, necessario eliminarle e ci si ottiene con un bagno di acido
solforico o cloridrico.
La cardatura: non fatta su una sola cardatrice ma viene
prolungata su tre carde per ottenere un maggior effetto di
miscela delle lane e di sgrovigliamento delle bre. In secon-

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

do luogo il velo passa disteso ad unaltra macchina detta


divisore, che lo divide in tante strisce successivamente trasformate in stoppini o lucignoli pronti per la latura.
La latura
Gli stoppini, sia di pettinato che di cardato, vengono
portati ai latoi, sui quali, mediante il giro vorticoso di
numerosi fusi allineati su appositi banchi o carrelli mobili, ricevono la torsione voluta e si trasformano in lati
semplici. Dai due diversi procedimenti di lavorazione si
ottengono due tipi differenti di lato: il lato pettinato
che risulta accuratamente denito, compatto e sottile, e
il lato cardato che appare come un complesso di bre
lunghe e corte giacenti in direzioni diverse in un insieme
sofce e rigono.
Le operazioni propedeutiche alla tessitura
La tessitura vera e propria preceduta da alcune operazioni preparatorie delle quali ricordiamo le pi importanti.
Orditura: ossia la preparazione dei li dordito, dallorditoio i li vengono successivamente avvolti sui subbi o
rulli dei telai.
Allicciatura o rimettaggio: i li dordito vengono passati
uno per uno attraverso le maglie dei licci che hanno il
compito di alzare e abbassare i li dordito in serie alterne per aprire il passo alla navetta o spola che porta la
trama e d origine al tessuto.
Tessitura
Consiste essenzialmente nellintrecciare opportunamente i li di trama con i li dordito. Tale operazione viene
eseguita automaticamente dal telaio meccanico mediante il movimento simultaneo delle sue varie parti e cio,
dei subbi, dei licci, delle navette e del pettine battente
che avvicina le trame.
Rinitura
Dopo la tessitura tutte le stoffe vengono sottoposte a
una serie di operazioni di rinitura, secondo le bre di

cui sono composte e gli usi a cui sono destinati.


Rammendo: ogni tessuto alluscita del telaio ha sempre
qualche difetto, necessario quindi ripararlo con il rammendo invisibile.
Lavatura: unoperazione per togliere lo sporco causato
dalle macchine.
Follatura: unoperazione alla quale vanno sottoposti
specialmente i tessuti cardati di lana, per farli ispessire e
renderli pi compatti e forti.
Garzatura: con garzi naturali o dacciaio a punte sottilissime si solleva una folta peluria sulla supercie di certe
stoffe.
Cimatura: il taglio rasato delle bre alla supercie dei
tessuti per renderli lucenti e lisci, oppure il taglio ad una
certa altezza nei tessuti cardati.
Calandratura: chiamata anche pressatura delle stoffe per
mezzo di rulli.
Pressatura: di solito lultimo tocco che si d alle stoffe
per conferire loro quellaspetto ora liscio e lucente, ora
morbido e sofce.
Tintura
La tintura pu essere eseguita durante le varie fasi della
lavorazione e cio: dopo la lavatura o il candeggio delle
bre corte e si dice tintura in occo; dopo la pettinatura e si
dice tintura in nastro pettinato; dopo la latura si dice tintura
in lato, inne dopo la tessitura si dice tintura in pezza.
Breve storia del tessuto casentino dal Medioevo ad oggi
Caratteristico per essere grosso, resistente, ispido, rozzo e cos sodo da essere impermeabile, questo tipo
di tessuto si rivel molto resistente e duraturo e per
questo molto apprezzato. Le prime notizie risalgono al
Medioevo. Per diversi secoli, il panno, dalla consistenza
e dal colore simile ai sai francescani, fu usato ad esempio dai pastori, dai boscaioli, dai braccianti, dai barrocciai,
diventando cos tipico della zona. La lana utilizzata era
quella delle pecore locali, ordinaria, di poco valore e la
27

IL PANNO CASENTINO

produzione del tessuto era inizialmente a livello familiare. Volendo fare un rapido excursus storico di questo
rinomato panno, possiamo partire dalla met del XVI
secolo, allorquando i lanaioli casentinesi riuscirono ad
aumentare la qualit dei loro panni, tanto da allarmare
la corporazione orentina. Questultima, afnch questi
non fossero scambiati per prodotti cittadini, impose che
vi fosse apposto un marchio ed una cordellina in modo da
rendere palese la loro provenienza.
Il 5 agosto del 1579 i Conservatori dellArte della Lana
di Firenze deliberarono: per lavvenire tutti i panni
(che) si lavoreranno in Casentino, di maggior valuta di
lire due per inno lire tre e soldi dieci il braccio, anche
(se) si mandassino fora di quel vicariato per il dominio
orentino com loro permesso fussin marchiati con
un marchio con linsegna della pecora da una banda, e
dallaltra un lione rampante sigillo di detto vicariato. Un
frammento di tale sigillo, rinvenuto durante dei restauri,
era conservato presso il castello di San Niccol prima
del suo furto nellestate del 97.
Da alcune inchieste promosse nel Settecento sappiamo
che la fabbricazione del Panno Casentino rappresentava
il 35% circa della produzione complessiva della vallata.
Carta didentit del tessuto casentino
Nascita: le sue origini risalgono al Medioevo. In questo periodo veniva prodotto un panno grosso e pesante, lo stesso
usato anche per i sai dei monaci. Dalla seconda met dellOttocento il panno si venne progressivamente denendo
con le caratteristiche ed i colori che vediamo oggi.
Aspetto: supercie caratterizzata da una rinitura a ricciolo data da un particolare trattamento detto ratinatura.
Alla scoperta dellarte della lana in Casentino.
Un itinerario tra archeologia industriale,
luoghi e testimonianze
La Valle dello Staggia
Litinerario ideale lungo la Valle dello Staggia parte da una
28

Esso era caratterizzato da unaltezza di centimetri 87,5,


peso a metro lineare di grammi 582, consistenza ideale
per pastrani, giubboni e mantelle. Con lespansione del
commercio della lana e lindustrializzazione, il tessuto si
afferm in forma diversa: alle caratteristiche originali si
aggiunsero il colore e il ricciolo. Il colore che divenne
simbolo del tessuto fu un misto tra rosso e arancione;
mentre il ricciolo divenne il segno di distinzione tra gli
altri tessuti. Il colore che la tradizione popolare vuole
originato da un errore di tintura, fu molto probabilmente
il risultato di un trattamento effettuato per aumentare le
caratteristiche di impermeabilit, usando un nuovo prodotto chimico (alizarina WB o WR).
La coperta dei barrocciai da questo colore sgargiante si
trasform presto in cappotti no a diventare il colore
caratteristico dei panni di questa valle. Allarancione fu
accostato il colore verde smeraldo, inizialmente usato
come fodera e che successivamente si impose come
laltro colore per eccellenza. Il ricciolo, il risultato di un
procedimento particolare di nissaggio, era ottenuto attraverso limpiego di una macchina di origine francese: la
ratinatrice, documentata dal 1918 presso il lanicio di Stia
proveniente da una ditta tedesca.
Colore: arancio e verde smeraldo (ultimamente tuttavia
la gamma si allargata a molti altri colori).
Caratteristiche: spesso, caldo, impermeabile.
Capi prodotti: lindumento pi caratteristico rappresentato dal cappotto da uomo (anticamente rinito
con un collo di volpe). Ultimamente la gamma si molto allargata spaziando no alla realizzazione di accessori per abbigliamento.
piazza, che in maniera diretta ci parla della tradizione
laniera a Stia: Piazza Mazzini.
Questo spazio, con le quinte di edici che la chiudono
su tre lati, infatti, insieme allo stesso Teatro Comunale e
al casone ubicato in via Matteotti, sono stati pianicati
e costruiti dalla Societ del Lanicio di Stia. Tali episodi,

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

7-8. Due cappotti depoca in tessuto casentino conservati presso la Mostra permanente sullo storico lanicio di Stia

29

IL PANNO CASENTINO

9. Veduta dello storico lanicio di Stia

collocabili nel clima lantropico tipico dellOttocento,


furono pensati per rispondere alle esigenze degli operai impegnati nei vari reparti dello stabilimento tessile.
Interventi che ci riportano alla mente i quartieri sorti
in prossimit delle grandi industrie del Nord Italia ed
Europa e che ancora una volta, sembrano giusticare il
soprannome di piccola Manchester avanzato da qualcuno per Stia.
Le costruzioni di piazza Mazzini furono iniziate nel 1872
ed inaugurate il 1 gennaio del 1880. Lo spazio antistante ai nuovi edici ospit nei primi tempi un campo da
calcio, da qui lappellativo al Gioco tuttora usato dagli stiani. Attraversato il torrente Staggia giungiamo nel
centro storico no a Piazza Tanucci, lantico mercatale
di Stia nato ai piedi del castello di Porciano. Sotto gli
antichi portici della piazza sono documentate, durante
il secolo XVII, numerose botteghe dedite allarte della
lana. Attraverso il Vicolo dei Berignoli a cui si accede nei
pressi della fontana che ci riporta alla mente la serie dei
piccoli canali destinati un tempo ad alimentare i numerosi opici idraulici del paese, giungiamo nei pressi del
torrente Staggia in corrispondenza del complesso del
lanicio.
30

Il lanicio di Stia
Il lanicio situato tra il torrente Staggia e la soprastante
S.S. 310 del Bidente, in una zona leggermente periferica
rispetto al paese di Stia.
un complesso di grandi dimensioni costituito da pi
edici a due e a tre piani in pietra con riniture in mattoni. Linsieme possiede caratteristiche e particolari
costruttivi piuttosto omogenei riferibili al contesto architettonico/produttivo ottocentesco ad eccezione della
parte pi a nord di pi recente realizzazione.
Il nucleo pi importante del complesso il fabbricato
di testata in via Giovanni Sartori che si allunga parallelamente allo Staggia, dal quale si diparte, ortogonalmente,
un altro edicio pi corto situato nello spiazzo dellansa dello Staggia realizzato verso la met del XIX secolo.
Dietro questo complesso situato un lungo fabbricato,
costruito a cavallo tra Ottocento e Novecento; la copertura a terrazza, era una volta usata per lasciugatura delle
pezze. Linterno formato da un unico spazio segnato al
centro da un allineamento di pilastrini in ghisa: la vecchia
ciminiera stata in parte ridotta.
Il complesso ha ospitato no a pochi anni fa lattivit del
lanicio di Stia, nato come societ anonima nel 1852 sot-

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

to la guida di Marco Ricci, anello di una dinastia familiare


che ebbe in Adamo Ricci uno dei maggiori protagonisti.
La societ specializzata nella produzione di articoli di
vasta diffusione come i tradizionali Panni Casentino
bicolori, conobbe un periodo di grande sviluppo nella
seconda met dellOttocento. Infatti in questo periodo
si assiste alla graduale costruzione dei grandi edici che
costituiscono il nucleo pi importante del lanicio. Ma
nei primi anni del Novecento che lo stabilimento diretto da G. Sartori (chiamato appositamente dal Veneto)
assume il suo aspetto attuale, con la creazione di nuovi
edici e con la ristrutturazione di quelli esistenti ai quali
viene dato un assetto omogeneo. Nel 1909 viene costruita la tintoria, mentre nel 1898 era gi stato allestito
dietro lintero complesso un lungo fabbricato destinato
alla rinitura dei tessuti con accanto la lunga ciminiera in
cotto che costituisce lelemento pi alto del complesso.
In quegli anni il lanicio contava 500 operai tra uomini,
donne e bambini e grandi erano le forniture per i corpi delle forze armate. Interessanti erano pure le soluzioni tecniche messe a punto per la produzione, infatti
alla tradizionale forma di approvvigionamento di energia
idroelettrica (lacqua dello Staggia incanalata in un lungo
berignale, azionava per caduta due turbine idrauliche) si
erano afancate due caldaie a vapore.
Nel 1939, dopo alcune piccole modiche alledicio, la
produzione entr in crisi: nel 1957 lo stabilimento venne
afttato e nel 1959 venduto ad un industriale di Prato
che vi import il metodo di lavorazione pratese a ciclo
incompleto con trattamento di lana rigenerata. Ultima e
non felice modica, la realizzazione nel 1975 di un nuovo
capannone prefabbricato in cemento. Inne, alcuni locali
vennero afttati ad imprese tessili artigianali del luogo,
no a quando non si arriv alla cessazione della produzione avvenuta nel 1985.
In alcuni locali ubicati al primo piano presente una mostra documentaria sullo storico lanicio, con documenti,
foto depoca ed alcuni oggetti signicativi. Attualmente
il nucleo storico del lanicio risulta propriet della fondazione Luigi Lombard che ha in progetto il recupero

strutturale del complesso con destinazione ed attivit


museali e culturali. Allinterno del complesso del lanicio,
sulle sponde del torrente Staggia, presente la Fabbrica
Beni, un fabbricato che nelle stesse caratteristiche costruttive denuncia la sua preesistenza rispetto alle architetture del lanicio stesso.
La Fabbrica Beni
La Fabbrica Beni costituita da un edicio a tre piani
di grandi dimensioni. Si possono distinguere due parti
corrispondenti a due fasi costruttive diverse: quella pi
prossima allo Staggia anteriore al 1825, con le caratteristiche nestre a sesto ribassato e la parte che si attesta
tramite passaggi pensili al resto del complesso, risalente
alla seconda met del XIX secolo.
In una deliberazione della comunit di Stia del 24 Luglio
1744, fu deciso di vendere a Francesco Piccioli, i sassi e le
muraglie del vicino mulino del Sasso (dove nel XVIII secolo documentata anche una gualchiera) per la costruzione di una fabbrica da adibire a cartiera sulle sponde
dello Staggia. Nel 1825 limmobile fu acquistato da Alessandro Beni, esponente di una famiglia di imprenditori
terrieri della zona, che vi impiant una attivit tessile. Egli
compr dallestero alcune macchine installandole nello
stabile. La produzione in breve tempo raggiunse notevoli
livelli qualitativi tanto che dal Giornale del commercio
di Firenze del 1839 sappiamo che le casimirre di diverse
qualit, cio a righe di diversi colori, a cordellone, a spina
ecc. () della fabbrica dei signori Beni di Stia, sono fabbricati cos bene da stare alla pari con quelle estere .
Nel 1870 Adamo Ricci acquist la fabbrica Beni riorganizzandovi lintero ciclo di lavorazione distribuendolo
negli opici gi esistenti. In questo periodo la fabbrica
fu ampliata assumendo laspetto attuale con due grandi
lucernari in copertura oggi non pi esistenti.
Dal lanicio, saliamo verso via Sartori, segnata dal volume
dallomonimo Casone, presso il quale erano presenti numerosi tiratoi per lasciugatura dei panni-lana. Nei
pressi di questo edicio passa ancora oggi, come un tempo, un condotto che porta lacqua, da una soprastante
31

IL PANNO CASENTINO

vasca di carico, no al lanicio ad alimentare una turbina


idraulica. Giunti sulla statale Stia-Londa, scendiamo no
al ponte sul torrente Staggia presso il quale ubicato
lantico complesso de La Tintoria. Il corso del torrente in
questo tratto interrotto due volte da dighe in muratura (Diga Beni e Diga Ricci) in corrispondenza delle quali
un tempo si dipartivano alcune gore.
Tintoria
La costruzione si inserisce tra il torrente Staggia e il pendio della collina soprastante. Ledicio principale a tre
piani, gli altri a un piano; alcuni hanno subito degli ampliamenti e delle sopraelevazioni successive al 1940. Le
murature sono in parte in vista e in parte intonacate. Di
notevole interesse a lato del complesso, lungo il torrente
Staggia, limponente ponte canale sorretto da 18 arcate
alte 12 metri, attualmente in precarie condizioni.
La localit La Tintoria, era anticamente chiamata alle
gualchiere no alla ne del Settecento (1798), quando
la famiglia Ricci acquist tutte le gualchiere e le tintorie
della zona allestendo la pi organizzata tintoria del Casentino e un reparto per il nissaggio per i tessuti.
Una grossa frana nel 1844 rese inutilizzabile ledicio che
fu abbandonato in quanto furono compromessi i canali
che portavano acqua alla fabbrica. Ledicio abbandonato da anni, venne acquistato nel 1858 da Carlo Siemoni
(lispettore forestale inviato dal granduca per risollevare
le sorti della foresta casentinese) che in un primo momento vi impiant una fabbrica di cristalli come quella
che possedeva alla Lama di Badia Prataglia. Tra il 1861
e dil 1865 egli ripristin la forza idraulica nellopicio
costruendo il ponte canale che blocc denitivamente
gli smottamenti della zona. Quindi, vi impiant una ruota
idraulica che dava movimento anche alle macchine del
lanicio, ubicato poco pi a valle. La ruota costruita dalla
ditta Hollinger di SantAndrea a Rovezzano, era tutta di
legno e prendeva movimento dalla caduta dellacqua che
la feriva dal di sopra, sviluppando energia pari a quaranta cavalli. La tintoria venne afttata dal 1873 ai Ricci,
proprietari del lanicio di Stia, che ne presero possesso
32

nel 1878 alla morte del Siemoni riorganizzandovi le lavorazioni per il nissaggio dei tessuti. Lopicio segue da
questo momento le vicende del lanicio e negli ultimi
anni del 1800 subisce degli adeguamenti con lallungamento del vecchio berignale della tintoria e la costruzione di nuovi fabbricati.
Fabbrichina di Papiano
Tornati sulla strada principale verso il Passo della Calla,
costeggiata prima a destra e poi a sinistra dallantico canale, giungiamo no alla localit di Casa Giani, nel paese
di Papiano, dove sono visibili i ruderi della Fabbrichina.
In questa localit tra il 1844 e il 1846 fu costruito da
Marco Ricci un opicio per sodare i panni, al ne di sostituire lattivit delle gualchiere ubicate pi a valle rese
inattive per i continui smottamenti del terreno. Nel 1858
descritto il complesso formato da una stanza ad uso
di gualchiera, con bottaccio, un fabbricato per il deposito della cenere (per il ranno) ed un magazzino per il
legname. Sempre nel 1858 il fabbricato fu comprato da
una famiglia austriaca che, a sua volta, lo aftt ai Bocci, imprenditori lanieri di Soci. Nel 1881 la Fabbrichina
torn propriet dei Ricci. Adamo Ricci organizz una
societ operaia tra i lavoratori del paese di Papiano, alla
quale nel 1882 fu assegnata la medaglia di bronzo durante
lEsposizione Industriale di Arezzo. In seguito, lopicio fu
trasformato in magazzino per la cernita e la stracciatura
dellindumento di lana usato per realizzare la cos detta
lana meccanica o rigenerata. Nel 1849 pass alla societ
omonima del lanicio di Stia e nel 1901 ai Batisti, proprietari della cartiera di Papiano. Nel 1906 il luogo fu denitivamente abbandonato come sede di attivit produttiva.
Poco sopra seguendo la gora, visibile il complesso della
cartiera, oggi ristrutturato. Litinerario si pu concludere
poco pi a monte con le opere di presa dal torrente realizzate per addurre lacqua verso gli opici ubicati pi a valle.
La Valle del Solano
Lungo il torrente Solano, grazie allabbondante portata
dacqua, furono realizzati a partire dal Medioevo, nume-

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

rose gualchiere destinate alla sodatura dei panni-lana.


Nei pressi di Riglio, un piccolo gruppo di case porta
tuttoggi il nome di Le Gualchiere, a testimonianza dellantica attivit. Lepisodio pi signicativo tuttavia rappresentato dal lanicio Grifoni ubicato presso il borgo di
Pagliericcio.Accanto allex lanicio posto ledicio della
vecchia tintoria. Le costruzioni sono immediatamente a
ridosso di una bassa collina nelle vicinanze del torrente
Solano. La pianta di forma irregolare, il piano terra
costituito da un unico grande vano destinato un tempo
alla cardatura, mentre il primo piano che si affaccia sulla
strada principale, era occupato dal reparto tessitura. Alledicio arrivava un tempo un berignolo, lo stesso che alimentava ed alimenta tuttora il Molinvecchio, ubicato pi
a monte. Una volta giunta nei pressi del lanicio lacqua
veniva raccolta in un bottaccio, tuttora visibile, dove una
chiusa in legno regolabile attraverso una vite metallica
(ancora presente) ne modulava il livello. Lacqua veniva a
questo punto convogliata per mezzo di grossi tubi metallici prima in una vasca circolare in muratura (di cui rimangono tracce) per le operazioni di lavatura e poi sulle
pale di una turbina per dare movimento alle macchine. A
questo punto lacqua, per mezzo di un opportuno canale
interrato, tornava nel Solano.
Nella collina che sovrasta il piccolo borgo stato costruito, nel corso del tempo, un sistema di terrazzamenti. Sugli esigui spazi ricavati dal pendio era stesa la
lana ad asciugare sul lastricato dopo la lavatura. Nello
stesso luogo erano ubicati i tiratoi, tuttora eccezionalmente presenti in parte, per lasciugatura delle pezze. La
famiglia Grifoni documentata a Pagliericcio sin dal XVII
secolo. Alla ne del Settecento era proprietaria di due
gualchiere con attigui tiratoi. Lattivit laniera era interamente gestita dalla famiglia e ancora nel 1873 aveva la
consistenza di un opicio familiare anche se provvisto di
tutta lattrezzatura necessaria per lattivazione completa del ciclo tessile. Lattivit continu dopo un rovinoso
incendio nel 1888 che distrusse la fabbrica della quale
rimangono in piedi solo le mura. Il numero degli operai
occupati non super mai le venti unit e la lavorazione

si mantenne sempre a carattere artigianale. La produzione era caratterizzata dallutilizzo esclusivo di lane nuove.
I panni prodotti erano destinati in primo luogo a conventi e complessi religiosi. Durante la Seconda Guerra
Mondiale il lanicio venne in parte distrutto e quindi ricostruito con alcune modiche e ampliamenti; nel 1975
cessa lattivit e vengono venduti i macchinari.
Lungo le acque dellArno. Il Lanicio Berti
Il complesso ubicato nei pressi del centro storico del
paese di Pratovecchio, lungo lantica via Fiorentina, in vicinanza del ponte sullArno e dellantico monastero delle
monache camaldolesi. un complesso di medie dimensioni con pianta ad U irregolare, il lato pi lungo che
si protende oltre il corpo principale si attesta su Via Fiorentina. Il corpo di fabbrica principale una costruzione
ad un piano in corrispondenza del piazzale interno e a
due piani lungo lArno, con la parte inferiore semi-interrata caratterizzata da una interessante copertura con
volta in muratura.
Il complesso ha un piazzale di sua pertinenza dove anticamente erano ubicati i tiratoi per lasciugatura dei panni
lana. Come in molti edici industriali del periodo ci sono
aperture archivoltate con archi a sesto ribassato e cornici in mattoni che riquadrano porte e nestre.
Degno di nota lantico berignolo in muratura, in buono stato di conservazione, che corre parallelo alla torre
Nardi Berti prima ed al muro del convento camaldolese
poi, no alla pescaia sullArno. Attualmente il vecchio lanicio stato ristrutturato internamente per accogliere
alcune attivit produttive.
Il lanicio venne costruito nel 1916 da Adriano Berti che
aveva gi unattivit laniera a Pratovecchio nel Casone
Rontani, tuttora presente sul lato opposto di Via Fiorentina. Lacquisto di nuovi macchinari impose la costruzione di un nuovo lanicio (nei pressi del Casone) con una
tipologia architettonica e spazi di lavoro pi consoni. La
gestione dellattivit continu con i gli di Adriano Berti
che iniziarono una produzione pi qualicata specializzata in panni blu e carta zucchero per laviazione e lati
33

IL PANNO CASENTINO

ritorti; in particolare il lanicio divenne rinomato per la


produzione del panno casentino. La brillantezza dei colori ottenuti attraverso un procedimento artigianale di
tintura era effettuato nella piccola costruzione, di fronte
al Casone, adibita a tintoria, andata distrutta in seguito
alla Seconda Guerra Mondiale. Lopicio rimase in attivit no al 1960, anno in cui inizi la crisi del settore
tessile che determin la chiusura di numerosi lanici in
Casentino.

vit laniera, in seguito ampliata ed ammodernata dal nipote Giuseppe Bocci. Questi nel 1882, per razionalizzare
la produzione di panni, costruisce la Fabbrichina di Partina,
per la purgatura e la follatura dei panni che, no ad allora,
venivano effettuate nella Fabbrichina di Papiano. Altri ampliamenti vengono effettuati dallo stesso glio Sisto Bocci, il quale trasform il lanicio in uno degli stabilimenti
pi competitivi a livello nazionale. Dopo la sua morte, in
seguito ad un incendio alcuni edici vengono distrutti.
Nel 1918 viene rilevato da Giovan Battista Bianchi che
La valle dellArchiano
apport nuove modiche e ammodernamenti. In seguito
Litinerario sul lo di lana lungo la valle dellArchiano, alla crisi del 1929, lo stabile viene messo in liquidazioinizia nei pressi di Soci con il complesso del Lanicio, per ne per poi passare in gestione alla Societ Lanicio del
poi continuare, approssimativamente lungo il percorso Casentino che aggiorna il macchinario e la presa dacdellantico berignolo attraverso il Mulino delle Gualchiere, qua alla centrale idroelettrica. Attualmente, alcuni stabili
il palazzo fattoria della Mausolea, no alle opere di presa dellantico complesso sono ancora destinati ad attivit
nei pressi di Partina e alle centrali elettriche ubicate pi tessili.
a monte.
Mulino delle Gualchiere
Lanicio di Soci
Il mulino delle Gualchiere ubicato nei pressi del paese
Il complesso ubicato lungo la S.R. Umbro-Casentinese, di Soci, nel comune di Bibbiena, poco distante dal palaznei pressi del centro storico del paese di Soci, nel comu- zo-fattoria della Mausolea, propriet della Congregazione di Bibbiena. Recentemente, in seguito a lavori di re- ne Camaldolese a cui lo stesso mulino appartiene.
cupero, sono stati ristrutturati alcuni edici, attualmente Limpianto annesso al podere omonimo, nominato nei
destinati ad usi commerciali e produttivi, che hanno tut- documenti anche con il toponimo di Poggiale o Gualtiere,
tavia conservato molte delle caratteristiche originarie. propriet dei monaci camaldolesi almeno dal XVI secolo.
Infatti, sono ancora presenti esternamente i marcapia- La localit deriva il suo nome dalla presenza di un opicio
ni, le cornici, le riniture in cotto e le ampie nestre, per la follatura della lana, documentato dalla ne del XVII
mentre internamente stata rispettata la distribuzione secolo. Allo stesso secolo risale, tra laltro, uno stemma
degli ambienti insieme alla salvaguardia di alcuni elementi con lEmblema Camaldolese, ubicato sopra il portone di
strutturali.
ingresso. Nel Libro dEstimo di Soci del 1709 troviamo:
Le origini della lavorazione laniera a Soci sono da at- uno stanzone per uso di gualtiera con due pile e tutti i
tribuire alla presenza della Congregazione dei monaci suoi fornimenti per gualcare .
camaldolesi che sin dal XIV secolo avevano impiantato La stessa destinazione la troviamo nel Catasto granducale
delle gualchiere derivando lacqua dallArchiano.
del 1833. Nei cinquanta anni successivi avvenne la deniAgli inizi del XIX secolo Pietro Ricci, proprietario del la- tiva trasformazione in mulino, come ci testimonia la Carta
nicio di Stia, si trasferisce a Soci dove aftta dai monaci Idrograca del 1883. Il mulino, dotato di ben quattro imle due gualchiere del Molino di Soci. Nel 1844, Paolo Ric- pianti di molitura (tuttora presenti) era alimentato dalle
ci, glio di Pietro, acquista gualchiera, casa, tiratoio e acque del Berignale di Soci, le cui opere di intercettazione
tintoria di Soci per 1600 scudi riorganizzando latti- erano ubicate nei pressi di Partina. rimasto attivo no
34

Cenni storici, luoghi e testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino

ai primi anni Settanta. Successivamente, la portata dacqua stata utilizzata per alimentare una turbina idraulica
per la produzione di energia elettrica tuttora presente.
A monte dellabitato di Partina, sono ancora in buono
stato di conservazione due opici idraulici che oggi accolgono due centrali idroelettriche, un tempo rispettivamente adibiti alla follatura dei panni e alla produzione
di energia. Furono realizzati tra la ne del XIX e gli inizi
del XX secolo per far fronte alle necessit della orente
industria laniera.
Centrale idroelettrica La Fabbrichina
Ledicio ubicato a monte del paese di Partina, tra la
strada diretta al Passo dei Mandrioli ed il torrente Archiano.
Ledicio si sviluppa su due piani: quello inferiore che accoglie i macchinari della centrale e quello superiore adibito ad abitazione. La Fabbrichina venne costruita nel
1882 da Sisto Bocci, come ci conferma una data ancora
presente, per la purgatura e follatura dei panni lana del
Lanicio di Soci. Prima della sua costruzione i panni venivano trasportati alla Fabbrichina di Papiano nel comune
di Stia per essere sottoposti alle medesime operazioni.
Questa costruzione doveva rappresentare il primo nucleo del nuovo lanicio che nelle intenzioni del Bocci
avrebbe cos sostituito quello nei pressi del paese di Soci.
Le difcolt nelle acquisizioni dei terreni in tale zona, lo
fecero in seguito persistere nelle trattative con i monaci
camaldolesi.
In questo opicio, azionate per mezzo di una ruota Girard, furono installate quattro folle, purgapanni, spremitori e due slacciatrici per la trasformazione degli stracci in
lana meccanica. In seguito, nel 1925, con lo sviluppo del
complesso laniero di Soci, la Fabbrichina venne trasformata in centrale idroelettrica. Nel 1932 il nuovo proprietario del lanicio costru una nuova presa dacqua per
aumentare la portata del berignolo. Nel 1944 fu danneggiata dai soldati tedeschi e ristrutturata nel 1948 con il
posizionamento di una nuova turbina idraulica Kaplan.

10. La vasca di carico del Molino delle Gualchiere, Soci (Bibbiena)

Nel 1950, in seguito alla crisi del lanicio di Soci, anche la


centrale viene chiusa. Ha ripreso la sua attivit nel 1982,
grazie ad alcuni privati che tuttora producono energia
elettrica per lEnel.
Centrale idroelettrica di Partina
Ledicio ubicato a monte del paese di Partina, alla sinistra del torrente Archiano. La centrale fu costruita nel
1906, da Sisto Bocci, proprietario del lanicio di Soci,
attraverso la realizzazione di una canalizzazione in legno che risaliva il torrente per circa due chilometri no
allopera di presa. Lacqua, convogliata in una condotta
forzata, con un salto di 54 metri andava ad alimentare
due turbine che sviluppavano energia sufciente per tutti i macchinari del lanicio di Soci. Durante la Seconda
Guerra Mondiale, i tedeschi fecero saltare la condotta
causandone linattivit. Nel 1982 il canale stato sostituito con una condotta moderna e la centrale ha ripreso
a funzionare.
Andrea Rossi
Comunit Montana del Casentino - Servizio CRED
Progetto Ecomuseo del Casentino

35

IL PANNO CASENTINO

Glossario
Armatura: modo in cui in un tessuto i li dellordito si incrociano con quelli della trama. Le armature fondamentali sono: la
tela, la saia, il raso.
Aspo o Annaspo: attrezzo formato da un bastone sul quale si
inseriscono due corti legni trasversali usato per confezionare
le matasse.
Cannelli: piccole sezioni di canna palustre, cave internamente,
intorno alle quali veniva avvolto il lato.
Fuseruola: anelli in cotto inseriti in bastoni di legno a formare
rudimentali strumenti utilizzati nelle operazioni di latura della lana nel periodo romano.
Fuso: attrezzo in legno usato per le operazioni di latura della
lana o di altre bre tessili.
Liccio: elemento del telaio che serve ad alzare ed abbassare alternativamente i li di ordito per formare i passi in cui inserire
i li di trama.

Bibliograa
Testi di carattere generale
Il costume al tempo di Pico e Lorenzo il Magnico, Milano, 1994
D. DIDEROT-J. LE ROND DALEMBERT, LEncyclopedie, Parigi, 1751-81
Cultura e strumenti del lavoro. La ruota idraulica. I pestelli, Brescia, 1989
P. SCHEUERMIER, Il lavoro dei contadini, Milano, 1980
Testi di interesse locale
Calendario Casentinese per lanno 1837, AREZZO, 1837
Calendario Casentinese per lanno 1838, Arezzo, 1838
Calendario Casentinese per lanno 1839, Firenze, 1839
Calendario Casentinese per lanno 1840, Arezzo, 1840
Calendario Casentinese per lanno 1841, Arezzo, 1841
P. L. DELLA BORDELLA, LArte della lana in Casentino, Cortona,
1984
GRUPPO ARCHEOLOGICO CASENTINESE (a cura di), Prolo di una
valle attraverso larcheologia, Poppi, 1999

36

Macini per galle: mulini addetti alla macinatura di sostanze coloranti quali le galle di quercia.
Mordenzatura: operazione effettuata in corrispondenza della
tintura per facilitare lassorbimento e la permanenza del colore sul tessuto.
Navetta: accessorio del telaio che ha il compito di introdurre
la trama (avvolta intorno ad un cannello inserito nella stessa)
tra i li di ordito.
Ordito: li longitudinali di un tessuto che in un telaio sono tesi
tra i due subbi.
Orditura: operazione propedeutica alla tessitura.
Rocca o Canocchia: bastone in legno con particolari asticelle in
legno (stegole) poste su una estremit, atte a contenere il
vello di lana da sottoporre alla latura.
Subbio: cilindro su cui si avvolge lordito (subbio posteriore) o
il tessuto (subbio anteriore).
Trama: li trasversali di un tessuto che vengono introdotti con
una navetta tra i li di ordito durante la tessitura.

Immagini del Casentino, Lo spirito di una Valle, Firenze, 1988


F. MARIOTTI, Storia del Lanicio antico e moderno, Torino, 1864
E. NOYES, Il Casentino e la sua storia, Londra, 1905
M. RENGO, Oggetti e funzioni, Firenze, 1992
E. REPETTI, Dizionario Geograco, Fisico e Storico della Toscana,
Firenze, 1833-1846
A. SILVESTRINI (a cura di), Pietro Leopoldo dAsburgo Lorena. Relazioni sul governo della Toscana. 1789, Firenze, 1969
I. TOGNARINI-C. NASSINI, Il Casentino nellet moderna e contemporanea, in Il Casentino, Firenze, 1995, pp. 69-86
LUomo il Fiume, la sua valle. Arno-Casentino, Arezzo, 1985
Materiale audiovisivo
possibile reperire materiale video relativo ad alcune fasi
del ciclo della lana (tosatura, latura e tessitura manuale)
oltre ad interviste e varie testimonianze orali (ex operaie
delle industrie tessili di Stia e di Soci) presso La Banca della
Memoria del Centro Risorse Educative e Didattiche della Comunit Montana del Casentino.

parte seconda

LA PIANTA BLU

Presentazione

istituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro,


protagonista eccellente di signicative e qualicanti
iniziative culturali collegate alle attivit ed alla storia del
suo territorio, ha progettato un affascinante e intrigante
percorso didattico dedicato al guado, in collaborazione
con la Comunit Montana Valtiberina Toscana.
Il guado (Isatis tinctoria), pianta perenne delle crocifere ed
il colorante azzurro ricavato da essa, hanno origini antichissime: era conosciuto ed usato dai popoli del bacino
del Mediterraneo e da quelli dellEuropa del Nord.
La coltivazione della pianta era praticata anche in Valtiberina dai tempi di Plinio il Giovane e continu no
alla prima met del Seicento (con una ripresa durante la
dominazione napoleonica). Il guado prodotto nella zona
toscana e umbra era pregiato e molto richiesto; divenne
cos unimportante fonte di ricchezza.
La storia del guado , quindi, fortemente legata alla cultura, allarte, allarchitettura e alleconomia della vallata. Da
qui il complesso itinerario didattico, ideato dalla sezione
di Tessitura e Stampa dellIstituto dArte allinterno del
pi ampio progetto, voluto dalla Comunit Montana, dal
titolo Leader II n. 20 - Valle ecologica, che ha visto impegnati insegnanti e studenti, durante il corso di tre anni
scolastici.
Tale percorso si articolato in varie fasi: a) lo studio del
guado in tutte le sue caratteristiche, compresa estrazione e possibilit tintorie; b) lacquisizione della storia della
pianta e lanalisi delle opere di Piero della Francesca per il
recupero del materiale iconograco e dei vari motivi decorativi da utilizzare nella progettazione dei tessuti e degli
abiti; c) la realizzazione dei tessuti con lati tinti a guado e
con tinture preparate con la tecnica del maltinto, destinati
alla realizzazione della collezione di abiti e jeans.

Varie manifestazioni sono state dedicate al guado dal


2001 al 2005. Tra queste la manifestazione Cos com,
i colori della natura che si tenuta a Sansepolcro dal 4
al 6 maggio 2002, ha previsto una serie di eventi ai quali
lIstituto dArte ha partecipato attivamente; tra questi
il convegno Il guado e i colori naturali: prodotti di nicchia ad alto valore aggiunto per gli ecosistemi collinari,
presso il teatro del Collegio Regina Elena, in cui i docenti
della scuola coinvolti nel progetto hanno relazionato sui
vari aspetti del lavoro svolto, assieme a studiosi, provenienti dallUniversit di Pisa e del Museo del Tessuto
di Prato o a operatori impegnati nellambito del tessile
ecologico.
Preme ricordare, in particolare, le mostre Blu pastello: jeans e altro e Un tuffo nel blu realizzate tra
il 2001 e il 2004 presso lAuditorium di Santa Chiara e
nate dallincontro tra un tessuto e un colore, jeans e guado, ma dedicata anche ad altri abiti che ripetono motivi
decorativi e colori, i blu pierfrancescani.
Dallesperienza della mostra si ispirata e articolata la
stesura del capitolo di questo volume La pianta blu a testimonianza di come lIstituto abbia saputo unire storia,
tradizioni, uso di materie diverse e capacit progettuale
in un lavoro di insieme la cui ispirazione ben si fonde con
liniziativa di tintura del panno casentino col guado della
Valtiberina.
Si ringraziano tutti coloro che hanno collaborato alliniziativa, in particolare la Comunit Montana Valtiberina
Toscana.
Benito Carletti
Preside dellIstituto Statale dArte
G. Giovagnoli, Sansepolcro

39

LA PIANTA BLU

Il guado:
antica coltura della Valtiberina

Isatis tinctoria o guado


Argomento di questo breve sunto la coltivazione di
una pianta tintoria, lIsatis tinctoria comunemente chiamata guado, appartenente alla famiglia delle crucifere da
cui in passato veniva estratta una sostanza con la quale
si tingevano di azzurro lati e tessuti. Il termine di guado,
dal gallico glastum indicava sia la pianta sia la sostanza
tintoria che da questa veniva estratta.
La Isatis tinctoria una pianta biennale che nel primo
anno di vita accestisce producendo abbondante fogliame, nel secondo si sviluppa in altezza no a 80-100 cm
ramicandosi in ricche pannocchie gialle che, dopo abbondante oritura, producono un seme nero violaceo la
cui maturazione coincide con lessiccazione della pianta
medesima.
Il ore ha una corolla dialipetala regolare: quattro piccoli
petali gialli disposti a croce lunghi 2-3 mm e quattro sepali. Le foglie restano verdi anche durante linverno ed il
frutto indeiscente e bislungo, possiede un solo minuscolo seme.
La pianta originaria dellAsia minore spontanea in Europa, nellAfrica settentrionale ed in Oriente. Data la sua
facilit di ambientazione, il guado pu essere coltivato
in molte localit: dalla zona dellulivo a quella del faggio,
a quote varianti da 400/600 a 900/1000 metri. In una
accurata descrizione ottocentesca si legge quantunque
il guado cresca spontaneamente nel suolo pi ingrato,
torna tuttavia utile, allorch uno si proponga di estrarre
1

1. Isatis tinctoria o guado

la sostanza colorante, seminarlo in terra sostanziosa e


profonda, n argillosa n troppo umida. 1
La coltivazione e la lavorazione nel passato
Pianta rustica, dunque di facile coltura, il guado cresce
in terreni diversi (sebbene preferisca quelli argillosi) e
si adatta a vari climi, ma vuole buoni lavori e frequen-

Dizionario classico di storia naturale,Venezia, Girolamo Tasso Ed., 1836, vol.VIII, p. 391.

40

Il guado antica coltura della Valtiberina

ti sarchiature a mano nel primo periodo della sua vita;


inoltre, richiede che il terreno venga arato in profondit
e concimato convenientemente.
Per vari secoli in Valtiberina stata praticata la coltura
del guado in terreni di fondovalle ma anche in terreni di
collina e bassa montagna. Durante la stagione invernale
si provvedeva a preparare i terreni, la semina veniva poi

3. Isatis tinctoria, stampa botanica

2.. Matasse di lino tinte col guado

La macina
La ruota della macina raggiungeva lo spessore di 40-50
cm, il diametro di 2 metri ed il peso di 30 quintali circa.
Il mulino del guado era composto da una base ssa
o letto ricavata da un solo masso di pietra canalizzata a raggiera rozzamente sbozzata e da una macina in
piedi o ruotante, anchessa monolitica con scanalature
parallele, che girava attorno ad unasta a bandiera e
prendeva la forza di rotazione da un animale alla stanga.
Le macine da guado potevano essere poste ovunque

effettuata nel mese di gennaio o febbraio. Verso la met


di maggio si poteva effettuare la prima raccolta e, ad intervalli di venti giorni circa, si potevano ottenere dalla
stessa pianta no a cinque o sei raccolti in una annata.
Le foglie, da cui veniva estratta la materia colorante, erano portate in frantoi dove venivano macerate e ridotte
in poltiglia da una macina di dimensioni maggiori rispetto
anche ai margini dei campi e nate come macine da guado, con la cessazione di questa coltivazione, divennero
inutili ed ingombranti. Per la difcolt di spostamento molte macine vennero interrate sul posto, come la
macina ruotante semi interrata trovata nei pressi di
Sigliano, altre utilizzate come robusti supporti a grandi
croci, erano poste nei bivi o nei pressi di chiese come
quella posta a anco della chiesa di Baldignano comune
di Pieve Santo Stefano. Un esemplare molto bello e
raro di macina da guado di base si trova in localit San
Lazzaro nel comune di Sansepolcro.

41

LA PIANTA BLU

a quella delle olive. Dopo essere state macinate le foglie


venivano lasciate a riposo in recipienti appositi per consentire il deposito della parte pi acquosa ed una totale
macerazione.Trascorsi alcuni giorni il prodotto veniva ridotto in palle o pani che erano messi ad essiccare sopra
a dei graticci afnch laria circolasse bene e li prosciugasse debitamente. Il prodotto veniva, quindi, venduto ai
mercanti che, immagazzinandolo, provvedevano ad altre
operazioni per poterlo ben commercializzare. A questo
punto aveva inizio il delicato processo di tintura.

In epoca successiva, verso lanno Mille, vari fattori contribuirono ad accelerare in modo rilevante la produzione
di guado e la diffusione della coltivazione. Fra questi motivi sono da citare un signicativo sviluppo demograco
che determin lespansione agricola con lampliamento
dellarea coltivata ed i progressi apportati nelle tecniche
di coltivazione con lintroduzione della pratica della rotazione, nonch i miglioramenti signicativi applicati agli
strumenti agricoli, in particolare, allaratro.
Ulteriore importante riscoperta fu il mulino, meccanismo
gi conosciuto in epoca romana ma mai messo totalmente a frutto per la facile disponibilit di manodopera a
La tintura nel passato
basso costo rappresentata dagli schiavi. Fu soprattutto
il mulino ad acqua che svolse un ruolo di primo piano
Va ricordato che n dallantichit luomo ha usato per nella trasformazione dei modi di produzione, in quanto
tingere tessuti, sostanze naturali che riusciva ad estrar- la sua forza poteva tradursi in altri tipi di moto tali da
re da animali e piante e che, no alla seconda met del consentire molte utilizzazioni.
secolo XIX queste sono state le uniche sostanze adat- Il mulino fu usato nella lavorazione del ferro, in quelte allo scopo: di difcile estrazione e lavorazione, infatti, la del legname da costruzione, nella nascente industria
erano ritenute pertanto assai rare e preziose.
della carta e in una delle pi importanti operazioni della
Lindaco naturale, termine con cui anche denito il gua- industria tessile, come ad esempio la follatura (battitura
do, un colorante pregiato detto al tino recipiente nel del panno) che conferiva al tessuto compattezza, morbiquale si effettuava loperazione della tintura.
dezza ed uniformit.
Il contenuto di indigotina nella pianta di guado risultava Tale innovazione contribu, in modo assai rilevante, allo
relativamente scarso e, quindi, a partire dal XVI secolo, sviluppo del settore tessile che da allora ebbe un ruolo
il guado stato sempre pi sostituito dallindaco prove- di guida nellindustria europea anche per lintroduzione
niente dallIndia.
di migliorie apportate nelle precedenti operazioni, quali
Il guado, coltivato nellantico Egitto, in Mesopotamia, in Pa- lapplicazione nel telaio del pedale e laggiunta della ruolestina, in Siria, era utilizzato non solo come colorante per ta per la latura, migliorie che resero pi rapide le due
i tessuti ma anche come cosmetico per il corpo. Reperti operazioni facilitando la lavorazione. Lindustria tessile si
archeologici del I secolo a.C. riguardanti il guado sono stati diffuse rapidamente in gran parte delle regioni europee
rinvenuti presso il popolo germanico. Semi di guado sono e con essa anche la coltivazione del guado la cui produstati trovati nella nave sepolcro di Oseberg in Norvegia 2 zione ebbe un notevole e rapido incremento. Vaste aree
e testimoniano, oltre ad una diffusione piuttosto rilevante, coltivate a guado erano presenti in Turingia, nel basso
che il guado fosse allepoca merce di scambio.
Reno, in Normandia, nella Linguadoca.
Nel 1904 fu scoperto nel ordo di Oslo un gran tumulo funerario costituente il sepolcro della regina Asa vissuta fra l800 e
850 d.C. I ricchi doni rinvenuti vicino alla regina (fusi, paioli, semi
di piante coloranti come il guado e la robbia) testimoniano le
2

42

occupazioni regali. Fra i compiti della regina rientravano la fabbricazione dei tessuti, dalla latura della lana, che veniva poi tinta
alla tessitura (G. SCHNEIDER, Tingere con la natura, Milano, Ottaviano
ed., 1981, p. 16).

Il guado antica coltura della Valtiberina

In Italia le localit maggiormente interessate alla coltivazione della pianta


tintoria furono il Piemonte, la Toscana, le Marche e lUmbria. Larea fra le
Marche e la Toscana fu considerata una
delle zone di maggiore produzione. In
particolare il guado coltivato in Valtiberina era considerato fra i pi pregiati e
ricercati del mercato e, di conseguenza,
suscitava linteresse di potenze vicine,
attratte dai vantaggi economici che la
coltura e la commercializzazione del
prodotto potevano procurare.
Dal XIII al XVII secolo
Per almeno cinque secoli, dal XIII al
XVII, la pianta coltivata in Valtiberina,
stata la protagonista di tutto il territorio avendone determinato la storia
economica e giuridica. La produzione
del guado come materia colorante era
collegata, nella zona, con la tessitura di
panni grezzi.
A Sansepolcro e nella sua campagna si
tesseva per lunga tradizione; si trattava
per di panni grezzi che venivano poi
rassodati e rafnati a Firenze o in altre
citt prima che i orentini avessero il
dominio della valle del Tevere. Anche
questi panni erano una indubbia fonte
di guadagno e si desume che la societ

4. Il sarchiatore di guado

Il XIX e il XX secolo
5. Tintori di guado

Negli statuti municipali di Sansepolcro si parla pi volte di tessitori, di lanaioli, di guadaioli, della loro attivit e del modo di svolgerla
quasi sulla linea di un codice comportamentale. Il legislatore sottolinea sempre lobbligo di fornire un prodotto che offra le migliori
garanzie e per questo enuncia tutta una serie di provvedimenti disciplinari che prevedono anche lapplicazione di pene corporali per
quei guadaioli che panicano il guado avanzato dellanno preceden3

dellepoca cercasse di realizzare buona


qualit codicando un costume che
ampiamente testimoniato dai documenti statutari del periodo malatestiano e
di quello mediceo. 3
Gli imprenditori di guado, spesso, sono
anche lanaioli e limpresa del guado e dei
panni coinvolse le famiglie pi importanti di Sansepolcro che, gi proprietari
terrieri, si dedicarono alla coltivazione
e alla lavorazione della pianta, stimolate
da tutti gli aspetti positivi di una attivit
produttiva e commerciale.
Fra le famiglie che si dedicarono a questa
coltura sono da citare i Gherardi, i Pichi,
i Palamidessi ed in particolare i Franceschi. Lo stesso Piero della Francesca si
dedic a questa attivit fonte primaria
di sostentamento e di ricchezza.
Per oltre quattro secoli il guado fu la
coltura pi estesa della Valtiberina, ma ad
una prima orida situazione economica
segu una lenta, ma continua riduzione
della coltura dovuta a vicende storiche
e politiche culminata nel tentativo fallito di estrarre lindaco dal guado e nella
chiusura della scuola creata, a tal ne a
Sansepolcro, in epoca napoleonica.

Durante i secoli XIX e XX la coltura


era stata del tutto abbandonata nonote o che non rispettano la misura stabilita dalla scodella del comune
o che raccolgono guado oltre il termine stabilito del 20 ottobre o
che, per produrre in fretta, operano senza la dovuta attenzione.
Allo stesso tempo per gli statuti garantiscono alcuni privilegi ai
lanaioli e guadaioli, in particolare il diritto di accesso alle pi alte
cariche pubbliche a dimostrazione che tali attivit erano fra le pi
importanti.

43

LA PIANTA BLU

stante la pianta avesse continuato a crescere spontaneamente ai margini dei campi, inselvatichita e dimenticata
dalla gente del luogo interessata ad altre colture, in particolare a quella del tabacco introdotta nel Cinquecento
e felicemente praticata allinizio del XX secolo.
Un nuovo interesse nei confronti del guado si registrato negli ultimi anni a causa della crisi dellindustria che
ha creato un folto numero di disoccupati i quali hanno
tentato varie attivit cercando anche di recuperare ci
che la tradizione ancora offre.
Il guado in epoca napoleonica
Una temporanea ripresa della coltura del guado si
ebbe in epoca napoleonica, quando per il blocco continentale contro lInghilterra vennero a mancare nel
commercio tutte le materie esotiche e fra queste anche lIndigofera tinctoria o Indaco. Il governo francese
fu costretto a procurarsi in loco i vari prodotti di cui
era rimasto privo. Attraverso le risposte che i Maire avevano fornito ai questionnaire della Prefettura
sullagricoltura della Valle, si venne a sapere che la coltura del guado a Sansepolcro era antichissima quindi
risultava coltura sperimentata e consolidata. Sulla base
di queste indicazioni, il decreto imperiale del 25 marzo 1811, che istituiva in tutto limpero quattro scuole
sperimentali, ne localizzava una in Valtiberina, a Sansepolcro. Il ministro francese delle manifatture afd alle
cure del prefetto dellArno la sorveglianza sulla stessa istituzione seguendone limpianto e le varie fasi di
sviluppo e non lesinandone i mezzi per la dotazione
della scuola posta nei locali dellex convento di San
Francesco: in questi locali oggi posto lIstituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro. Lorto del
convento doveva servire da campo sperimentale per
le esercitazioni pratiche onde consentire agli alunni
di osservare da vicino le varie fasi della coltivazione.
La direzione della scuola sperimentale venne afdata
al dottor Gaetano Cioni, professore di chimica speri-

44

Comuni, Comunit Montane, Province, appoggiano questi tentativi di recupero della tradizione e propongono
progetti allo scopo di incrementare alcune attivit e di
creare nuovi posti di lavoro facendo leva sulle risorse del
luogo e del territorio.
Il guado, elemento importante e specifico dellalta
valle del Tevere, in passato il prodotto pi rilevante
nello sviluppo commerciale e nellattivit manifatturiera del territorio, torna ad essere, dunque, al centro dellinteresse di enti pubblici e privati e potrebbe
mentale nellUniversit di Pisa ed esperto ricercatore.
In seguito le scuole sperimentali vennero trasformate
in indigoterie (Laboratori di estrazione del materiale
corrente) e quella di Sansepolcro fu trasferita a Firenze, dove si riun con lofcina per lestrazione dellindaco con la denizione di Indigoteria imperiale, cos come
quella di Tolosa e Torino. Dobbiamo per dire che il
procedimento per lestrazione dellindaco dal guado,
effettuato nella scuola di Sansepolcro, si differenziava
totalmente dal quattrocentesco procedimento tintorio, essendo trascorsi ben quattro secoli di progresso
scientico e tecnologico: le foglie ad esempio, si facevano fermentare nellacqua e non erano pi triturate;
dalla fermentazione di un quintale di foglie si potevano
estrarre no a sei chili di indaco. Si pensava gi di istituire a Sansepolcro una grandiosa fabbrica; alcuni proprietari terrieri avevano messo a disposizione le loro
terre per la coltura del guado e il prefetto dellArno
avrebbe dovuto dare inizio ai lavori della strada per
Arezzo attraverso la valle del Cerfone, come stabiliva
il decreto imperiale del 4 gennaio 1809, per agevolare le comunicazioni fra il Mediterraneo e lAdriatico,
quando la caduta di Napoleone travolse il suo Impero
e questo progetto. La scuola di guado di Sansepolcro fu
chiusa e la produzione dellindaco divenne un discorso superato, mentre ancora oggi si lavora al progetto
della strada sul torrente Cerfone, per unire il Tirreno
allAdriatico.

Il guado antica coltura della Valtiberina

contribuire a risolvere alcuni problemi della Valtiberina.


Fra i tanti progetti proposti il Progetto guado nato dalliniziativa della Comunit Montana della Valtiberina Toscana, stato nalizzato al recupero culturale e sociale di
almeno cinquecento anni di storia legata alla produzione
e lavorazione del guado. A questo progetto hanno aderito anche le scuole della vallata attuando una coltivazione
sperimentale di guado, estraendo da questo il colorante
e tingendo vari tipi di tessuto con cui hanno realizzato
abiti ed altri indumenti.
Si auspica con questo progetto, di poter realizzare un laboratorio per lestrazione e lutilizzazione della materia
colorante, di costituire un centro divulgativo di informazione e realizzare stage per la tintura naturale e di creare
nuove motivazioni per il turismo.
Donatella Zanchi Santioni
6. Ingrandimento del bagno di tintura

Istituto Statale dArte G. Giovagnoli, Sansepolcro

45

Blu pastello:
jeans e altro

In un momento che ancora non lasciava presagire un ritorno del jeans nel mondo della moda, abbiamo pensato,
Succede che chi si interessa di moda come noi, a livello dunque, ad una nostra collezione, di capi in jeans e altri
amatoriale, senza scopo di lucro o di fama, ma solo per da realizzarsi con tessuti e lati tinti a guado, e poich
didattica, dopo una ventennale esperienza nel settore, Sansepolcro la patria di Piero della Francesca (glio di
riesca a sentire e a prevedere gli spostamenti di gusto e un grosso commerciante di guado), perch non ispirarsi
gli indirizzi della moda: il trend.
alle sue opere?
Quando alcuni anni fa la Comunit Montana Valtiberina Ci sembrato interessante, dunque, rimettere insieme
Toscana, ha proposto allIstituto dArte di Sansepolcro, di tre elementi fondamentali della storia locale e nazionale
partecipare al progetto Leader 2, con la sezione di Tes- del guado: Piero-guado-jeans.
situra e Stampa serigraca, abbiamo pensato, come inse- Questi elementi di grande valore culturale formano la
gnanti della sezione, che lidea migliore per rivalutare il triade che ha consentito un grande gioco di squadra.
guado come colorante, fosse quello di ritornare alle sue Ne nata una collezione, che man mano che progrediva,
origini e alle sue applicazioni pi famose nel corso della sorprendeva per il suo risultato nale.
storia: tra queste emerge la nascita del denim o jeans.
Le origini e la progettualit

Blu e jeans
Il jeans o denim nasce dallincontro tra un tessuto, nello specico una saia di cotone ed un colore: il guado
o lindaco. La saia di cotone, quasi sempre di colore
bianco o candeggiato, tessuto destinato ad una clientela popolare perch conveniente, diviene, quindi, di
largo uso quotidiano.
Il bianco per una tinta che si sporca con facilit, e
poich la tintura in genere comporta una spesa in pi,
nel corso dei secoli si vericato lutilizzo di beige e
bruni naturali, verdastri, grigio fango e giallini, che i tintori, soprattutto del Settecento, estraevano con facilit
da piante comuni, economizzando sulle tinture.

46

Dalla storia del costume popolare si evidenzia, per,


che al bianco sempre pi spesso, si sostituisce negli
abiti da lavoro il colore azzurro, colore molto costoso
nelle tonalit pi scure, usato soprattutto nellabbigliamento aristocratico.
I tintori di azzurro, chiamati guadaioli, avevano, addirittura, una corporazione a parte, poich il metodo di colorazione era diverso da tutte le altre forme di tintura,
e il costo della materia prima era superiore alle altre.
In realt, i panni blu scuro erano i pi costosi perch
necessitavano pi di un bagno; quelli azzurri erano il
risultato di immersioni a tini quasi esauriti, a ne lavorazione, e venivano usati per gli abiti da lavoro del
popolo che si accontentava dei toni pi chiari e sfumati

Blu pastello: jeans e altro

degli azzurri pallidi che corrispondono a tutte le moderne sfumature del jeans stone-washed e alato (tipo
di lavaggio sfumato)/super-lavato.
Solo dopo il 1510, a seguito delle grandi scoperte e dellinstaurarsi degli imperi coloniali da parte delle grandi potenze occidentali, lindaco arriva in Europa ad un
costo pi basso ed in quantit tali da soppiantare quasi
completamente luso del guado indigeno. Quando nel
1869 Schutzenberger rivoluziona la tintura allindaco
naturale con il tino allidrosolto di soda e con la soda
caustica ed, a ne secolo, viene adottato lindaco sintetico, si sviluppa a livello industriale quellenorme produzione di tessuto azzurro da cui si imporr in modo
vero e proprio il jeans. Luso del jeans rappresenter
nel tempo un fenomeno di massa e soprattutto, un importante fenomeno di contestazione e rottura nei confronti della societ, della cultura e quindi anche della
moda diventando simbolo e personicazione di unera.
I jeans sono realizzati in denim, un tessuto in saia 2:2,
con un intreccio incrociato obliquo. La saia era uno dei
tessuti pi popolari destinati a molteplici usi.
Lorigine vera e propria del denim a Nimes, citt dalla
quale il tessuto partiva per essere commerciato anche attraverso Genova, come tessuto destinato alla costruzione
di vele per navi e di teloni di copertura per carri, o ad altri
scopi, poich era molto resistente ed economico.
dalla citt italiana che nasce il nome di tela di Genes, che in francese signica Genova e che con un
adattamento fonetico in America diventa jeans.
Si hanno notizie, addirittura, di pezze di questa tela
comprate a New York verso i primi dellOttocento
periodo in cui Lvi-Strauss inizia ad utilizzare proprio
questo tessuto. Egli, infatti, esaurite le scorte di teli da
carro o da vela color marrone per la produzione di
pantaloni, comincia a far rifornimento di denim ed, alla
ne dellOttocento, il tessuto jeans grazie alle sue caratteristiche di resistenza ed al costo ridotto, diventa
in America sinonimo di pantalone.

Friedman nel suo libro Histoire du blue jeans afferma


Esso invecchia integrando in s il cambiamento dellet, impregnandolo di avventura, della vita di chi lo
indossa. Ogni lavaggio una pagina girata, il tempo vi
scrive la sua memoria su un fondo sempre pi pallido.
Dapprima come abbigliamento dei cercatori doro, dei
minatori o degli operai che costruiscono la ferrovia
negli stati dellOvest americano, simbolo dellabbigliamento western; infatti, sia gli agricoltori che i cowboy, li
indossanno per lavoro e per riposo. A poco a poco il
jeans perde la sua caratteristica di indumento da lavoro
per assumere quella di capo per il tempo libero, restando per, immutato nella sua struttura. Tre sono i grandi
marchi che lo producono in America: Levis, Wrangler e
Lee che si specializzano in tute da lavoro ed uniformi.
Con gli anni Cinquanta, il jeans entra nel mondo del cinema con James Dean e Marlon Brando rappresentanti
della giovent bruciata e selvaggia e, di conseguenza,
in quello dei giovani, che lo assumono come una vera e
propria divisa, come elemento di controcultura e contestazione vera e propria, non solo in America. Anche
il movimento femminista un po di anni pi tardi lo
assumer come elemento di contestazione della differenza tra i sessi.
Per tutto il Dopoguerra il jeans entra in Europa attraverso il mercato nero. Grazie ad Elio Fiorucci viene
importato in Italia con i marchi americani ed in seguito
prodotto proprio con marchio dello stilista. Gli hippy,
addirittura, creano un nuovo modo di portarlo: ricamato, borchiato, dipinto, sfrangiato e rattoppato, a zampa
delefante; da allora in poi con il jeans si fa tutto: borse
scarpe, abiti, gonne, short, bikini.
Nel corso degli anni, il jeans perde la sua connotazione tipicamente giovanile per essere indossato da ampie
fasce di et. Come afferma Paul Rica-Lvy: Si pu citare un altro indumento che, senza alcun cambiamento
o quasi, abbia vestito, veste ancora, o potrebbe vestire
la quasi totalit degli esseri umani, indipendentemente

47

LA PIANTA BLU

dallet, dal sesso, dalla professione, dallambiente, dal


reddito e perno dallideologia?. Per la prima volta un
abito, nello specico un pantalone, diviene seconda pelle
e assume un valore di totem, di indumento simbolo.
Daniel Friedman scrive a questo proposito, che il jeans
ha rappresentato lemblema del rito di passaggio; mentre Paul Yonnet si chiede come pu essere denito confortevole, un indumento cos pieno di inconvenienti:
costruito con un tessuto grossolano, al primo lavaggio
si restringe, stinge in maniera disuniforme, costringe,
stringe il cavallo comprimendo gli organi genitali.
Eppure, un indumento con queste caratteristiche diventa universale. Sono proprio i suoi difetti che lo
rendono interessante e ricercato: questa seconda pelle
che costringe mettendo in evidenza le forme anatomiche sia maschili sia femminili, il suo scolorire nelle
parti che sensualmente mette in evidenza, ne fanno un
capo di abbigliamento dalla forte valenza sensuale, un
oggetto di richiamo sessuale.
In denitiva, il jeans una corazza al contempo protettiva e quasi trasparente che permette di leggere il
Le opere di Piero della Francesca
Piero, di certo, non dipinse gli abiti dei suoi personaggi
con il guado, ma non si pu non accorgersi di come fosse pienamente coinvolto da questo colore.
I suoi azzurri dimostrano che ben conosceva i tessuti
tinti: un esempio per tutti costituito dallabito della
Madonna del Parto che mostra in maniera evidente di
essere stato tinto a guado.
Chi frequenta questo tipo di tintura, riconosce benissimo
tutte le sue possibili sfumature. successo, addirittura,
che le allieve, per riproporre lindaco sugli abiti da loro
progettati, al momento di dare il colore alle immagini sul
foglio, qualsiasi fosse la tecnica utilizzata per renderlo
7. Piero della Francesca, Madonna del parto

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corpo sottostante e in alcuni casi di apportare delle modiche, migliorando laspetto di chi lo indossa.
Puntuale a questo proposito, la denizione che ne da
Richard Hamilton nel 1957: Popolare efmero facile
da buttare di basso costo prodotto di massa rivolto ai
giovani spiritoso sexy appariscente clamoroso grosso
affare, mentre Camilla Cederna sullEspresso commenta: Una cosa certa, sui jeans non tramonter
mai il sole.
Negli ultimi ventanni, il jeans ha perso la sua caratteristica di antimoda, molti sono gli stilisti o le grandi
rme che lo hanno incluso a pieno titolo nelle loro
collezioni, facendone un capo di stile classico, non pi
un casual, comera di moda negli anni Settanta.
Ultimamente, il jeans non aveva suscitato grandi clamori, viveva ai margini delle collezioni; ma nel carosello dei
revival, sta ritrovando una sua collocazione.
Il jeans non sar pi rigorosamente blu,in tinta unita e
andr a costruire capi dalle molteplici forme; rimarr
lidea del jeans come linea, ma i tessuti non saranno
sempre e solo tele o saie.

Blu pastello: jeans e altro

parte di giallo che conferisce la giusta gradazione, come


se nel procedimento della tintura restasse un ricordo
del colore di partenza. Il tessuto, infatti, immerso in un
bagno che risulta di colore giallo, prima di raggiungere la
giusta colorazione attraverso lossidazione.
Dalle indagini sulle opere di Piero, le allieve hanno ricavato elementi fondamentali per le decorazioni e le linee
essenziali degli abiti. Cos facendo, anche i nuovi abiti risultano impregnati di quellarte, con una trasposizione in
chiave moderna di elementi di grande dignit culturale,
che li rendono unici nel loro genere.
Se non si conoscessero i riferimenti di partenza alle opere di Piero, infatti, si potrebbe pensare che lispirazione
sia nata da motivi attuali quali i tribali o altro, ma la cosa
pi sorprendente sta nellaver reso in maniera nuova e
molto attuale, motivi classici, ampiamente storicizzati.
Laver realizzato tali motivi con tecniche sia antiche,
come la tessitura, che moderne come la serigraa, ha
infuso loro nuova linfa vitale. Nel percorso progettuale

8. Bozzetti per la realizzazione di abiti, Mostra Blu pastello: jeans e altro

in maniera verosimile, non potessero accontentarsi dei


colori gi composti.
Per raggiungere la vera tonalit, nella composizione del
colore oltre allazzurro e ad una minima parte di bianco,
stato necessario, in ogni caso, aggiungere una piccola

9. Tessuto colorato di verde dopo il bagno

49

LA PIANTA BLU

10-11. Bozzetti per la realizzazione di abiti, Mostra Blu pastello. Jeans e altro

che dallispirazione giunge alla realizzazione denitiva, il


linguaggio iconograco si evoluto dalla rappresentazione del reale allastrazione degli elementi fondamentali,
secondo un percorso mentale effettuato dalle allieve
sotto lattenta guida delle insegnanti.
Il percorso
proprio questo lo scopo che la scuola in particolare
lIstituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro
si proposto come fondamentale attraverso questo la50

voro: dotare gli allievi di una grande elasticit mentale


che oggi viene sfruttata per la risoluzione di problemi
progettuali, ma che domani nella vita di tutti i giorni, permetter loro di tenersi sempre pi al passo coi tempi.
Non esiste pi oggi, infatti, la possibilit di un unico lavoro; tutto si evolve e bisogna sapersi adeguare ai tempi,
alle tecnologie, alle diverse esigenze. Se una scuola oltre
ad una curata professionalit culturalmente supportata
sa offrire questo, pu dire di aver adempiuto a pieno al
suo compito.
In un tempo in cui si allunga lobbligo scolastico e si afanca quello formativo, probabile che, la realizzazione

Blu pastello: jeans e altro

di un lavoro come Blu pastello: jeans e altro svolto


in partenariato con altre realt o enti, per conto della
Comunit Montana Valtiberina Toscana, permetta di vedere le possibili vie percorribili nellattuazione di quelle
riforme, che molto spesso calate dallalto rispondono,
tuttavia, alle effettive esigenze dellodierna realt lavorativa europea.
[M.I.]
La tecnica e la sua storia
Il guado ha origini antichissime. Reperti archeologici attestano che luomo gi nellepoca Neolitica quando da
nomade si organizza in societ stanziali e costruisce vil-

e non in tintura propriamente legata alla bra tessile. La


raccolta del prodotto durata per molto tempo, nch
non arriv lindaco dalloriente, lunica pianta capace di
dare quella tinta che nel Medioevo e nel Rinascimento il
guado riusciva a dare.
Lindaco che si estrae dalle foglie di guado insolubile.
Ci vuol dire che se, una volta polverizzato, lo si mischia
con acqua e in questo miscuglio si immerge una bra
tessile, non succede nulla: si estrae dal bagno un lo o un
tessuto imbrattato di polvere azzurra, ma assolutamente
non tinto. Per tingere effettivamente il lo o il tessuto in
maniera solida e durevole, bisogna poterlo impregnare di
indaco ridotto alla sua forma solubile e incolore.
Tutte le varianti storiche ed etnologiche delle vasche di
indaco hanno sempre lo stesso scopo. Una volta por-

12. Macina di guado: base

laggi, sviluppa oltre allarte della latura e della tessitura


anche quella della tintura; la robbia, il guado e luva ursina
erano usati per tingere e, probabilmente, venivano coltivati proprio per questa utilizzazione. Si sono trovate, nei
resti dei villaggi neolitici, anche tracce di un colore verde,
ricavato da azzurro di guado e giallo di uva ursina, che
rivela tecniche abbastanza avanzate e una buona conoscenza dellarte della tintura.
Anche i greci e i romani usavano molto il pastello per
tingere in azzurro, tuttavia, sembra che lo usassero solo
come pigmento, in applicazione pastosa su un supporto,

13. Tessuto tinto col guado prima della fase di ossidazione

tata a termine limpregnazione, si manifesta la magia


dellindaco: alluscita della vasca, sotto lazione dellossigeno dellaria, lindaco precipita nuovamente sotto la
sua forma colorata allinterno stesso della bra tessile
che, inzuppata di liquido giallo si colora di verde a vista docchio ed assume, quindi, un colore azzurro tanto
pi intenso quanto pi indaco stato messo nella vasca.
51

LA PIANTA BLU

14. Tessuto durante la fase di ossidazione: il colore da verde vira a blu

Ammolli successivi permettono ancora di ottenere un


azzurro sempre pi scuro, per sovrapposizione di strati
di colore.
Contrariamente a ci che avviene per le tinture in rosso
e per la maggior parte delle altre tinture, non si tratta
quindi di una tintura dovuta a un legame chimico tra il
colorante e la bra, o tra il colorante, il mordente e la
bra, ma di un fenomeno meccanico di precipitazione
del colorante nel cuore del tessile. In effetti la temperatura del bagno di tintura non ha bisogno di superare
i 70/75 C.
La grande competenza richiesta per questa tintura a rischio, il rischio dinsuccesso e di spreco di un colorante
costoso e di tessuto, spiega il notevole interesse suscitato durante i due secoli scorsi, da ogni nuovo metodo
52

di dissoluzione dellindaco e dalle prime tinture azzurre


con coloranti di sintesi. Nel 1869, infatti, Schutzenberger perfeziona larte della tintura al tino allidrosolto di
soda, metodo che sar adottato denitivamente anche
per lindaco sintetico, che compare sul mercato alla ne
del secolo, quando nel 1887 il chimico tedesco Adolf von
Baeyer scopr il metodo di sintesi dellindaco articiale.
Nel progetto triennale, nellambito del programma Leader II, il nostro compito era quello di sperimentare le
capacit tintorie dellindaco estratto dal guado. Questa
sperimentazione si articolata in due tempi.
Dapprima stata realizzata una campionatura di tessuti (cotone, lana, seta) per immersioni successive e per
esaurimento destinati al monitoraggio presso lUniversit di Pisa; poi sono state effettuate tinture di lati e
tessuti in pezze in grande quantit, destinati alla tessitura
e alla confezione di abiti.
Prima di procedere alla tintura vera e propria i tessuti
e i lati destinati alla tintura, sono stati sottoposti alle
operazioni di purga. Tale operazione consiste nel sottoporre i lati e i tessuti naturali alla bollitura su recipiente
aperto con soluzione acquosa contenente soda caustica e soda solvay ed un prodotto detergente sintetico.
La purga ha lo scopo di eliminare dalle bre di cotone,
lana e seta, le impurit naturali e di lavorazione. La soda
caustica (idrossido di sodio) e la soda solvay (carbonato
di sodio) hanno il compito di saponicare e di emulsionare i grassi trasformando le sostanze insolubili in H2O,
in prodotti solubili. Il detergente sintetico emulsiona lo
sporco e lo mantiene in sospensione impedendo cos
che si depositi nuovamente sulla bra; con il suo potere
imbibente facilita, inoltre, la penetrazione delle sostanze
alcaline nellinterno della bra stessa. Durante loperazione di purga si deve fare bene attenzione afnch i lati
e i tessuti trattati siano sempre completamente immersi
nel bagno onde evitare la formazione di ossicellulosa con
conseguente indebolimento delle bre.
Successivamente alla purga si effettua la tintura con procedimento al tino di lati e tessuti in bre naturali.

Blu pastello: jeans e altro

16. Tessuto realizzato con lati tinti col guado

15. Tessuto colorato col metodo del maltinto.

Ricetta per purga in recipiente aperto


5 litri di acqua
2-3 % di soda caustica (idrossido di sodio)
1-2 % di soda solvay (carbonato di sodio)
2-4 % di detergente sintetico
tempo di bollitura da 2 a 6 ore
Terminata loperazione di purga i tessuti devono essere sciacquati a fondo prima con acqua calda e poi
fredda.

Trattamento di tintura
I tessuti, i foulard e le maglie esposti nella mostra Blu
pastello: jeans e altro ... sono stati realizzati col metodo
del maltinto, una sorta di Batik primitivo, che consiste
nella realizzazione di strani motivi decorativi da comporre
attraverso diversi tipi di legature effettuate con lo spago.
I lati tinti a guado sono stati usati per orditi montati
su macchine tralicci per la realizzazione di scozzesi
nelle varie sfumature di guado, dal blu al celeste; su telai jacquard 200/400 per la realizzazione di tessuti con
la tecnica del broccato per trama con motivi decorativi ispirati al Rinascimento e a Piero della Francesca,
tra i quali spicca il motivo a melograna della mani53

LA PIANTA BLU

ca della Battista Sforza, ricostruito lologicamente in


occasione delle manifestazioni del 1992 in omaggio a
Piero della Francesca. Sugli stessi telai sono stati realizzati tessuti jeans con armatura saia ad effetto di
ordito, con andamento obliquo da destra a sinistra e
prodotto con lato a forte torsione. stato tinto solo
il lo di ordito che, sostituendo larmatura alla trama,

resta del suo colore naturale cru. La caratteristica


specica della tintura che nei bagni di indaco la tinta
resta solo allesterno del lo, mentre linterno resta
bianco; questo, tra laltro, il metodo per realizzare
il graduale effetto slavato e dusura caratteristico del
jeans.
[A.C.]

18. Piero della Francesca, Battista Sforza

17. Momento della slata, Mostra Blu pastello: jeans e altro

Maria Inferrera e Andreina Crispoltoni


Istituto Statale dArte G. Giovagnoli, Sansepolcro

54

Appendice. Dalle foglie del guado allindaco

Appendice
Dalle foglie del guado (Isatis tinctoria) allindaco (indigotina)

Le prove di estrazione dellindigotina dalle foglie di diverse variet di guado (Isatis tinctoria) rientrano nellambito
del progetto Leader II, intervento n 20 Valle ecologica
Centri di diffusione per tecniche di coltivazione biologica. Tale intervento ha portato allo sviluppo del progetto
Guado, coinvolgendo, oltre alla Comunit Montana, il
Comune di Monterchi, lAgenzia Regionale ARSIA, lUniversit degli Studi di Pisa, lIPSAA A.M. Camaiti di Pieve
Santo Stefano e lISA G. Giovagnoli di Sansepolcro.
Le prove, effettuate tra luglio e novembre 2000 nella sede
distaccata della Comunit Montana Valtiberina Toscana di
Pieve Santo Stefano, fanno seguito alle esperienze fatte
nel periodo agosto-ottobre 1999 da unoperatrice sempre per conto della stessa Comunit Montana, e documentate con relazione.
Nel secondo anno di sperimentazione si inteso lavorare su quantit maggiori di materia prima (provenienti
da coltivazioni fatte da privati della zona e dallIPSAA di
Pieve Santo Stefano) e standardizzare le operazioni, in
modo da rendere il ciclo di lavorazione facilmente riproducibile, senza luso di attrezzature particolari; inoltre
si ipotizzato di confrontare la resa in pigmento delle
diverse variet coltivate. Sono state fatte anche due prove per valutare la possibilit di separare il prodotto per
centrifugazione. Contatti avuti con il professor Francesco Chimienti, docente di Chimica dellITIS G. Galilei di
Arezzo, hanno permesso di effettuare lanalisi qualitativa
e quantitativa, per via spettrofotometrica dei campioni
estratti nellanno 2000.
Negli anni successivi la sperimentazione proseguita
con lutilizzazione di quantit maggiori di guado coltivato
da agricoltori della Valtiberina coinvolti nel progetto.

Analisi dei campioni


Campioni dellindaco grezzo ottenuto dalle estrazioni
effettuate sono stati sottoposti, usando uno spettrofotometro visibile-UV, ad analisi qualitativa e quantitativa
e confrontati con indaco di sintesi (reagente puro per
analisi della Carlo Erba). Come riportato nella relazione
sullo studio condotto dal professor Francesco Chimienti
con la classe 5 Chimici dellITIS G. Galilei di Arezzo,
la percentuale di indigotina va da 3,6 a 1,7 ed il grado di
purezza del prodotto varia da unestrazione allaltra.
Prove di tintura di stoffe e di lati con lindaco estratto
dal guado
Aspetti teorici
Il pigmento blu indaco (indigotina) il capostipite della
famiglia degli indigoidi; esso ha formula bruta C16H10N2O2,
ha peso molecolare 262 u.m.a. e densit d = 1,35 gr/cm3.
Allo stato puro si presenta come polvere cristallina di
colore azzurro scuro; insolubile in acqua, alcol ed etere;
solubile a caldo in anilina, cloroformio e nitrobenzene.
Molto stabile agli acidi e al calore (si decompone a
392 C) meno stabile agli alcali; il colorante organico
pi importante per lottima qualit delle sue tinture e
per la solidit ai lavaggi e alla luce.
Quando viene usato per tingere i lati o i tessuti, lindaco deve essere trasformato in una forma giallastra solubile
(leucoindaco), capace di impregnare le bre immerse nel
bagno di tintura e di ssarsi ad esse. Successivamente il leucoindaco viene riossidato ad indigotina (e quindi riprecipita)
nelle bre per esposizione allaria. Il lato (o il tessuto) tinto
55

LA PIANTA BLU

viene fatto asciugare, poi viene lavato con acqua e aceto


per neutralizzarne la basicit (dato che il bagno di tintura
nettamente alcalino) e per ssare il colorante; inne si lava
con sapone neutro e si risciacqua con acqua.
Dato che in passato la riduzione dellindaco avveniva in tini
di fermentazione, il sistema di tintura viene detto al tino
e gli indigoidi sono classicati come coloranti al tino.
Da tempo come composto riducente si usa lidrosolto
(o ditionito) sodico, Na2S2O4 in ambiente basico dovuto
alla soda caustica, NaOH.
Il ditionito si ossida a idrogenosolto (o bisolto) producendo idrogeno riducente:
Na2S2O4 + H2O > 2Na HSO3 + 2H.

Materiale occorrente
contenitore di acciaio inox o di acciaio smaltato
piastra elettrica riscaldante
bilancia con sensibilit dellordine di 0,1 gr
spatola di acciaio con cucchiaio
2 bacchette di vetro
1 o pi mestoli di legno
2 o 3 becher graduati
termometro a mercurio
ditionito (o idrosolto) di sodio
soda caustica commerciale
indaco in polvere

ti nel volume La tintura naturale di Maria Elda Salice ed utiLidrogeno atomico riduce i carbonili (C=O) presenti lizzando lindaco estratto nelle sperimentazioni effettuate
nella molecola dellindigotina a funzioni alcoliche (COH); per la Comunit Montana negli anni 1999 e 2000.
queste, in presenza di NaOH, danno i corrispondenti sali sodici: Secondo questo metodo lindigotina viene ridotta a sale
sodico del leucoindaco usando ditionito di sodio (Na2S2O4)
2 >C=O + 2H > 2 >COH
in ambiente nettamente basico, mantenendo il bagno tra i
2 >COH + 2NaOH > 2 >CO-Na+ + H2O.
60 C e i 70 C (non si devono mai superare i 75 C).
In ambiente basico lidrogenosolto, a sua volta, si tra- La ricetta sopra citata prevede luso di indaco, soda causforma in solto di sodio, Na2SO3.
stica e ditionito nel rapporto (in peso) 1:2:4; il pigmento
In base a quanto detto, il rapporto stechiometrico di rea- in polvere (proveniente da estrazione ed essiccamento)
zione in massa tra ditionito e indaco vale circa 1,3:1 gr/gr. viene pesato, trasferito in un recipiente di acciaio inox
In realt si impiegano quantit di ditionito maggiori (nella (o di acciaio smaltato) e stemperato con un po di acqua
ricetta di riferimento si prevede un rapporto ditionito/ calda, mescolando con una bacchetta di vetro; ottenuindaco 4:1 gr/gr), perch unalta percentuale di ditionito ta una pasta densa, si aggiunge met della soluzione di
viene distrutta dalla decomposizione termica e dallazione NaOH preparata a parte (circa 1 grammo di soda ogni
ossidante dellossigeno atmosferico. per questo motivo 10 cc), si mescola adagio, si aggiunge la met del ditionito
che il bagno di tintura deve essere agitato il meno possibi- necessario e si diluisce con acqua calda (il volume ragle e la temperatura non deve essere troppo elevata.
giunto dovr essere di 1 litro ogni 15 grammi di pigmento); si scalda moderatamente, facendo attenzione a non
Aspetti sperimentali
superare i 75 C.
Nel laboratorio di tintura e stampa dellISA di Sansepolcro Per reazione con il riducente, la sospensione blu si de(anche in occasione delle mostre realizzate nel settembre colora, trasformandosi in una miscela giallastra (se il pig2000 a Sansepolcro e nel novembre 2000 a Citt di Ca- mento non stato sottoposto a lavaggio per allontanare
stello) sono state fatte, con laiuto delle insegnanti di Pro- i pigmenti fogliari idrosolubili, la soluzione verdastra).
gettazione e di Laboratorio della sezione Tessitura, prove Si lascia riposare il tutto per circa 20 minuti, quindi si
dimostrative e tinture di lati e di tessuti (lino, cotone, lana aggiunge il resto del ditionito mescolando adagio e cone seta), seguendo una ricetta ed un procedimento riporta- trollando la temperatura del liquido.
56

Appendice. Dalle foglie del guado allindaco

lI bagno di tintura pronto e vi si possono immergere


tessuti e lati precedentemente purgati e risciacquati
(la ricetta originale prevede la tintura di 100 grammi di
lato o di tessuto ogni 15 grammi di pigmento); si lascia a bagno per qualche minuto, poi si estrae, si strizza
dolcemente e si mette ad asciugare: il lato (o tessuto)
appena estratto giallo-verde, poi rapidamente diventa
verde e inne blu. Se si desidera una colorazione pi
intensa, si ripete il bagno. Una volta fatto asciugare, si
sciacqua con acqua e aceto, si lava con sapone neutro e
si risciacqua bene.
Conclusioni
I risultati ottenuti non sono uniformi, dato che lintensit

della colorazione dipende dalla percentuale di indigotina


presente nei campioni usati. Comunque, si osservato
che il lino e il cotone hanno una buona afnit per il colorante, la lana prende molto bene il colore; anche la seta
che deve stare a bagno per tempi pi brevi (altrimenti
viene danneggiata dallambiente fortemente alcalino),
rivela una buona afnit. Nelle prove effettuate la capacit tintoria della soluzione madre risultata maggiore
di quella riportata nella documentazione consultata. Pu
essere interessante sperimentare sistemi di tintura che
non richiedano luso di alcali forti concentrati.
Giorgio Cestelli e Miriam Ricci
Istituto Statale dArte G. Giovagnoli, Sansepolcro

Blu, blue-jeans. Il blu popolare, Electa, Milano, 1989


N.L. ALLINGER, Chimica Organica, Zanichelli, Bologna, 1981
J. CEGARRA-P. PUENTE-J. VALLDEPERAS, Tintura delle materie tessili,
Paravia, Torino, 1988
F. CHIMIENTI-ALLIEVI DELLA CLASSE 5 CHIMICI I.T.I.S. G. GALILEI
AREZZO, Tesina Il Guado e lIndaco, supporto magnetico e
cartaceo, 2001
Enciclopedia della Chimica Garzanti, Garzanti, Milano, 1998
Erboristeria Domani, settembre 1999, pp. 94-113
M. GARCIA-M.-F. DELAROZIRE, De la Garance au Pastel, disudNature, Aix-en-Provence, 1996
M. MAROTTI, Le Piante Coloranti, Ed. agricole, Bologna, 1997

F. MAZZOTTO CAOTORTA, I segreti dei colori naturali, Rizzoli, Milano, 1982


G. MOLOSSI, Liberi tutti. 20 anni di moda spettacolo, Arnoldo
Mondadori, Milano, 1987
La Nuova Enciclopedia delle Scienze Garzanti, Garzanti, Milano, 1988
R. PACI-A. PALOMBARINI, Vegetali per le manifatture nellItalia centrale:
secoli XIV-XIX, Comunit Montana Valtiberina Toscana, s.l., 1962
G. ROSSI, Relazione sullestrazione dellindaco dal guado (sperimentazione anno 1999) prodotta per la Comunit Montana
Valtiberina Toscana, Comunit Montana Valtiberina Toscana,
s.l., 1999
M.E. SALICE, La tintura naturale, Sonzogno, Milano, 1979
G. VOLTOLINA, La coltivazione di Isatis Tinctoria e lestrazione del
blu dindaco, Edagricole, Milano, 1999

La mostra Blu pastello: jeans e altro stata realizzata su progetto della Sezione Arte e Restauro del Tessuto e del Ricamo dellIstituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro
prof. Maria Inferrera, prof. Andreina Crispoltoni, prof. Giorgio Cestelli, prof. Miriam Ricci, ass. tecnico Antonella Valeri
Presidenza: prof. Benito Carletti; Segreteria: Lucilla Santi
Classe 4BT: Anna Alberi, Sara Buschi, Daila Castellani, Debora
Chiapponi, Erica Falcinelli,Valentina Fiori,Alice Galli, Martina Giu-

bilei, Gloria Lucaccioni, Elena Maggini,Antea Mazzoni, Michela Milli,


Marika Neri, Francesca Pescari, Lucia Picchi, Gloria Piccioloni, Lisa
Pigolotti, Loriana Rod, Patrik Stewardson, Stefania Tacchini.
Classe 5B: Cinzia Biagioli, Elena Bianchi, Susanna Bigi, Serena Bracchini, Serena Bracci, Susanna Campana, Viola Cangi,
Valentina Cardinali, Loredana De Salvo, Sara Fabrizi, Ilenia
Finocchi, Monica Giannelli, Letizia Lumachi, Sara Marconcini,
Martina Meozzi, Chiara Piccini, Ilaria Rubini, Elisa Volpi

Bibliograa

57

parte terza

IL PANNO BLU

Presentazione

a partecipazione al progetto di ricerca Nuove forme


di occupazione e orientamento nei territori rurali ci
ha offerto la possibilit di riettere su come la capacit di
studiare un territorio, per conoscerne e comprenderne
lidentit, possa diventare, da educazione ambientale ed
educazione per lo sviluppo sostenibile, unoccasione di
educazione allorientamento, inteso come processo di
elaborazione del proprio progetto di lavoro in una realt
territoriale.
Senza la crescita della consapevolezza del proprio territorio, nelle sue tradizioni e nelle sue prospettive, ogni
intervento politico teso allo sviluppo perde efcacia, non
trovando nella comunit, e soprattutto nei giovani, la
capacit di comprendere, di reagire correttamente e di
esprimere la propria partecipazione.
quindi necessario che le esperienze e le conoscenze
maturate nel corso di generazioni siano viste dai giovani non solo, come uneredit museale, ma nelle loro
potenzialit di sviluppo della realt locale, cosicch la conoscenza del proprio paese sia anche una preparazione
al futuro.

La proposta di fare approfondire agli studenti una delle


attivit produttive presenti nel territorio venuta incontro alla possibilit di concretizzare le nozioni astratte di
marketing presenti nel programma di Economia Aziendale della classe IVB.
Il risultato pi importante della ricerca, oltre a quello di
avervi partecipato insieme allISA G. Giovagnoli di Sansepolcro e allintegrazione di due esperienze didattiche
diverse, stato per noi vedere i nostri studenti lavorare
in modo autonomo, con una motivazione ed un interesse
personali non nalizzati al protto scolastico, ma alla realizzazione di un lavoro di cui poter essere orgogliosi.
Esporre il proprio lavoro lo scorso 21 maggio 2005 in
un incontro aperto a tutta la popolazione, e a cui hanno
partecipato associazioni che si occupano della valorizzazione dei prodotti tipici, stato per noi un ulteriore elemento di soddisfazione a termine di un percorso in cui i
ragazzi sembrano aver maturato una diversa consapevolezza delle potenzialit del territorio in cui sono nati.
Domenico Massaro
preside dellITC L. Einaudi, Poppi

Brunella Matarrese,

docente di economia aziendale ITC L. Einaudi, Poppi

Un viaggio nel blu

l binomio panno-guado sviluppato nellambito del progetto Nuove forme di occupazione e orientamento
nei territori rurali si rivelato in tutta il suo signicato
dando vita ad una moderna rivisitazione e utilizzo, nel
campo della moda e dellarredamento, di un prodotto
dalla forte valenza espressiva, da un lato, e dalla notevole
possibilit commerciale, dallaltro.
Due importanti manifestazioni sono state il risultato
tangibile di tutto il percorso lavorativo del progetto, la
prima a Firenze nellambito della Mostra Internazionale dellArtigianato, e la seconda a Poppi che ha visto la
preziosa collaborazione di una ditta tessile di Stia che

non solo ha fornito il panno casentino per il processo di


tintura, ma ha messo a disposizione larchivio storico, il
Museo, i propri stabilimenti. Ci ha consentito di portare
a conoscenza delle classi coinvolte nel progetto, il particolare tipo di lavorazione utilizzato nella produzione
del panno.
Gli allievi hanno partecipato con estremo interesse allarticolazione di tutto il lavoro progettando e realizzando in prima persona prototipi che hanno contribuito alla
valorizzazione di questo prezioso tessuto.
Maria Inferrera e Andreina Crispoltoni
docenti di Arte e Restauro del Tessuto e del Ricamo
ISA G. Giovagnoli, Sansepolcro

61

Dalla scuola al territorio, la storia di unesperienza didattica


per un prodotto innovativamente tradizionale

Conoscere e comunicare il territorio


Il lavoro che presentiamo nasce da unesperienza didattica sviluppata nellambito della collaborazione con due
Istituti Superiori, lIstituto Tecnico Commerciale L. Einaudi di Poppi e lIstituto Statale dArte G. Giovagnoli
di Sansepolcro, due comuni che si trovano, rispettivamente, nelle comunit montane del Casentino e della
Valtiberina Toscana, aree di ricerca del progetto Nuove
forme di occupazione e orientamento nei territori rurali.
Conoscere&Comunicare il territorio il titolo con cui
abbiamo identicato le attivit di comunicazione della
seconda annualit del progetto allinterno della quale si
sviluppata questa esperienza didattica.
Gli obiettivi di Conoscere&Comunicare il territorio
erano quelli di fare conoscere e comunicare alle popolazioni le risorse economiche e produttive, reali e potenziali, tipiche dei territori a vocazione rurale; questi
sono stati i riferimenti che ci hanno guidato nel percorso
intrapreso con le scuole.
Le attivit coordinate dal CNR-Ibimet, hanno avuto inizio
sin dallestate del 2004 quando abbiamo proposto ai presidi e ai docenti di alcune scuole superiori di approfondire temi inerenti lo sviluppo rurale che riguardassero pi
da vicino la valorizzazione di prodotti e/o attivit tipiche
tradizionali del Casentino e della Valtiberina Toscana.
Tali proposte di ricerca si basavano sulle analisi svolte
nella prima annualit del progetto nelle aree oggetto di
studio, ed avevano lobiettivo di coinvolgere i ragazzi delle scuole superiori in unopera di conoscenza diretta di
62

quelle forme di sapere materiale e immateriale che fanno


parte della cultura del territorio in cui essi vivono.
Allinizio dellanno scolastico 2004-2005, dunque, sono
stati prospettati ad alcune classi dellIstituto Tecnico
Commerciale L. Einaudi, diversi progetti di valorizzazione di prodotti e/o attivit tipiche che fossero potenzialmente interessanti per i territori in questione da un
punto di vista economico, sociale e culturale.
Dalla proposta di studio sulla valorizzazione del panno
casentino ha avuto origine il lavoro sul panno blu.
La proposta di Valorizzazione del panno casentino
ai ragazzi dellITC
Larte della lana in Casentino, oltre ad avere radici antichissime, anche un settore di notevole importanza
economica, essendo stata per moltissimi anni la principale risorsa del territorio.
La peculiare ricchezza che il tessile ha rappresentato nella storia di questa vallata (evidente in prodotti ed attivit
ancora esistenti), ha gettato le basi per lo studio di un
settore oggi collocabile, per, in una fase critica del ciclo
di vita del prodotto. Lobiettivo, pertanto, era quello di
far approfondire e riscoprire ai ragazzi le potenzialit di
un settore che, se a loro oggi praticamente estraneo,
non lo era di certo ai loro nonni che, invece, riconoscevano ad esso parte dei meriti per la orente economia
del Casentino.
Sebbene, dunque, animati dalle migliori intenzioni e dalla volont di far conoscere il valore di una produzione
tipica di pregio e di sicuro potenziale di crescita econo-

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

1. Cappotto realizzato con tessuto


casentino, Mostra permanente Lanicio
Stia

2. Campionario

mica, non possiamo nascondere le difcolt incontrate


in un primo momento. Scarso, infatti, di fronte alla nostra
proposta, si mostrava lentusiasmo dei ragazzi, che esprimevano dubbi e perplessit in merito ad un prodotto
che esercitava su di loro (almeno apparentemente) un
interesse limitato.
Il panno casentino sembrava rappresentare ai loro occhi
lidea di un oggetto un po vecchio, ritenuto (erroneamente) fuori moda, percepito come fuori dal tempo; un
oggetto che pareva appartenere ad unepoca passata,
forse morta, comunque, sorpassata.
da notare che tale percezione del panno era legata, peraltro, ad una forte consapevolezza da parte dei ragazzi
della crisi della realt economica del tessile casentinese,
in particolare, di quella del distretto di Soci.

indubbio, quindi, che tali difcolt abbiano rappresentato una sda al nostro lavoro e, di certo, una provocazione comunque positiva, che ci ha spinto a cercare
soluzioni e metodi alternativi per far avvicinare i ragazzi al tema.
Mettersi nei panni dei ragazzi
Cos, dopo una breve esposizione di informazioni generali sul panno, si cercato di capire che cosa potesse rappresentare linnovazione di un tessuto nellimmaginario
dei ragazzi. Ovviamente, questo non poteva comportare
il dover inventare qualcosa di fantasioso e di completamente estraneo alla realt e agli interessi economici dei
territorio.
63

IL PANNO BLU

Da una parte, quindi, si presentava la necessit che


gli studenti immaginassero unidea nuova per un prodotto originale, dallaltra, si doveva pensare alla possibilit di fare qualcosa di realmente proponibile sul
mercato.
Una colorazione del panno realizzata con un colorante
naturale, da aggiungere alle tradizionali tinture arancione
e verde (anche se le varianti cromatiche gi sono applicate al panno casentino con coloranti chimici), poteva
rappresentare unidea alternativa; insieme a questo, si
prospettava anche la possibilit di lanciare lidea di un
prodotto che avesse maggiore compatibilit con lambiente.
La proposta del tema di ricerca ai ragazzi dellISA di Sansepolcro e lunione di intenti delle politiche delle due Comunit
Montane
Da tutto ci nata lidea di sperimentare una versione alternativa del panno che fosse non solo uninnovazione cromatica e, laddove se ne fossero presentate le
possibilit, formale (legata a nuove fantasie di tessuto),
ma che racchiudesse in s quegli aspetti di qualit del
prodotto, attualmente percepiti importanti dal mercato
per la tutela dellambiente e del benessere della persona.
Dunque, i contatti con la Comunit Montana della Valtiberina Toscana che da cinque anni cura il progetto La
pianta blu dedicato al ripristino e alla coltivazione della pianta del guado per la produzione di indaco, hanno
dato origine ad unoccasione vincente per proporre in
modo concreto qualcosa di innovativo allinsegna della
tradizione.
Per questo, si cercato di gettare le basi per la costituzione di una solida unione di intenti tra le due
comunit montane, il nostro istituto di ricerca, due
Istituti di Istruzione Superiore (quali enti pubblici) ed
un soggetto privato, unazienda tessile di Stia che ha
mostrato ampia disponibilit a prendere parte a que-

64

sta prima iniziativa di tintura con una forte sensibilit


nei confronti del territorio e con un atteggiamento di
apertura alla novit.
Inoltre, non secondario rilevare lopportunit presentatasi con questo lavoro che, nato in una dimensione didattica, ha unito due progetti di promozione
del territorio facendo leva sul senso di identit di due
aree geogracamente e storicamente legate che presentano rilevanti potenzialit di sviluppo da sostenersi
con uno scambio reciproco e complementare di esperienze.
Ci acquista un signicato tanto pi interessante e di
rilievo politico, se si considera che il Casentino e la Valtiberina costituiscono il distretto moda-tessile della provincia di Arezzo.
Altro punto di forza stata anche la possibilit di portare ad obiettivi comuni studenti che frequentano scuole di diverso indirizzo nei due territori. Ci accaduto
allinsegna della interdisciplinariet e della necessit di
mettere in discussione competenze varie e molteplici
per lo sviluppo quanto pi completo delliniziativa.
Lorganizzazione delle attivit con la classe dellITC
Dopo la presentazione in classe del progetto sono stati
discussi insieme ai ragazzi, la metodologia, i tempi di svolgimento ed il programma dei lavori secondo uno schema
generale che comprendeva:
la ricerca bibliograca sul settore;
la programmazione della visita ad una o pi imprese
del settore;
la scelta e la costruzione degli strumenti di indagine da sottoporre ai soggetti prescelti (ad esempio:
questionari per la raccolta di dati, elaborazione della
traccia per interviste, ecc.);
la scelta e la costruzione di strumenti per lanalisi e
lesposizione dei risultati.

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

Organizzazione delle attivit


Al ne di illustrare quanto sia stato importante per il
progetto il forte coinvolgimento dei ragazzi nel lavoro,
si riporta in dettaglio lo schema di organizzazione delle
attivit:
storia del prodotto e delle tradizioni legate ai processi produttivi e alleconomia del territorio;
elaborazione di una traccia di intervista da sottoporre ad un imprenditore del settore;
visita della classe IVB ITC a due lanici del Casentino ed interviste realizzate dai ragazzi;
visita della classe III ISA ad un lanicio del Casentino;
Sin dallinizio stato importante dar vita ad una collaborazione che facesse sentire il pi possibile i ragazzi parte
attiva delliniziativa; ci stato facilitato con la formazione di un gruppo di lavoro e la suddivisione dei ruoli,
passaggi questi che hanno permesso di responsabilizzare
ogni studente per il ruolo assunto nellambito del lavoro
da svolgere.
In particolare, si deciso di nominare un coordinatore
di gruppo responsabile dei contatti con lIbimet e delle
comunicazioni relative ai lavori in corso (tramite fax e/o
posta elettronica) compresi i verbali di ogni singolo incontro (in classe o in sede di visita aziendale).
Una scheda con le fasi di ricerca stata redatta e consegnata agli studenti. Per ognuna di queste, oltre al
nome del responsabile delle attivit si potevano annotare appunti sullo stato dellarte delle attivit in corso.
La scheda aveva la funzione di agevolare la gestione delle interviste (ruolo dellintervistatore, del fotografo o
del segretario) durante le visite aziendali e/o eventuali
incontri con esperti ed evitare, cos, la sovrapposizione
di ruoli.
I ragazzi dellITC hanno iniziato il lavoro svolgendo,una
ricerca bibliograca sul tessile casentinese (in particolare

visita della classe IVB ITC allISA per prova colorazione guado;
indagine telefonica della IVB ITC;
realizzazione e raccolta di materiale iconograco;
analisi economica: distribuzione e commercializzazione, promozione e comunicazione del panno del
Casentino;
punti di forza e di debolezza della produzione, della
promozione e della commercializzazione;
proposte innovazione del prodotto panno del Casentino;
proposte e idee per comunicare e valorizzare il
prodotto nel territorio;
proposte e idee per comunicare il prodotto al di
fuori del territorio.

3. Torrente

65

IL PANNO BLU

sul panno casentino) e sulle principali tappe della storia


dello storico lanicio di Stia.
Col supporto di questo materiale, stato poi progettato
e realizzato dai ragazzi un questionario da sottoporre ai
titolari delle aziende da intervistare.
Le interviste sono state realizzate con lobiettivo di
analizzare ancora pi a fondo la domanda, lofferta del
prodotto ed i canali di comunicazione e commercializzazione, nonch gli aspetti che riguardano le prospettive
dellimprenditore.

Dal XIV secolo in poi la lavorazione della lana rappresent in Casentino una delle attivit primarie a giudicare dai
documenti pervenutici e dal progressivo interesse mostrato dalla potente corporazione dellArte della Lana di
Firenze per i produttori locali.
Le prime forme organizzate di produzione risalgono al
XVI secolo, allorquando si trovano citati nei documenti
concentrazioni di purghi, gualchiere, macini per le galle
e tinte, cio di attrezzature e maestranze in grado di
gestire lintero ciclo lavorativo.
Nel XIX secolo si assiste ad un notevole sviluppo del
settore tanto da diventare attivit primaria per alcune
Il percorso dei ragazzi della IVB
localit della valle. I lanici di Stia e Soci, ad esempio,
La realt storica ed economica del tessile in Casentino
rappresentarono importanti occasioni di sviluppo economico e sociale.
Lo sviluppo dellArte della lana in Casentino fu favo- Proprio in questo periodo fu messo a punto il tessuto
rito dalle caratteristiche naturali e ambientali della casentino divenuto, in seguito, lemblema stesso della
vallata come: labbondanza di acque che, oltre a facili- produzione tessile casentinese.
tare alcune fasi della lavorazione (lavaggio, purgatura, Una data importantissima nello sviluppo di Stia senza
tintura), rappresentava una preziosa fonte di energia dubbio rappresentata dal 1840, anno in cui il paese inizi
per alimentare le macchine tessili (gualchiere in pri- una grandissima fase di sviluppo dovuta alla lavorazione
mo luogo); la facilit di approvvigionamento del legname della lana.
usato come combustibile nelle fasi di tintura e per la Tale lavorazione port il comune ad essere centro propreparazione di alcune sostanze come il ranno usa- duttivo del settore, in particolare grazie al famoso e coto per la purgatura della lana; la presenza di numerose loratissimo panno casentino, garantendo cos benessegreggi che offrivano una notevole quantit di lana che, re, e soprattutto un futuro ai suoi abitanti. Agli inizi del
se pur ordinaria e scadente, era reperibile in loco a Novecento il lanicio di Stia gi vantava quasi 500 tra
prezzi modici.
operai ed impiegati.
Gi le popolazioni etrusche, come testimoniano alcuni Nel 1956 anno in cui i Lombard vendettero lazienda ai
documenti, si dedicavano alla pastorizia attraverso la pra- pratesi, si contavano 375 operai oltre a tutto lindotto
tica della transumanza. Il periodo romano, invece, do- esterno formato da persone che eseguivano a casa gran
cumentato dal ritrovamento di alcuni reperti quali pesi parte delle fasi di lavorazione.
in cotto appartenenti ad un telaio verticale, girelli per Nella Tabella 1 sono riportate le variazioni dal 1961 al
fusi e forbici usate molto probabilmente per la tosatura 2001 del numero delle industrie tessili e del numero di
delle pecore.
addetti a Stia.
Nel Medioevo la tecnica dellintreccio e della tessitura
ricevette un particolare impulso grazie anche alle comunit di religiosi che n dai primi anni dellXI secolo
popolarono le montagne casentinesi.

66

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

Tabella 1. Andamento dellindustria tessile a Stia (1961-2001). Dati ISTAT

Industrie della lana


Industrie delle bre dure e tessili varie

38
5

Unit locali
Totale
N
Addetti
42
172
5
23

Industrie del vestiario e dellabbigliamento

17

14

STIA 1961

STIA 1971
Industrie tessili
STIA 1981
Industrie tessili

Imprese

Con forza motrice


N
potenza utilizzabile HP
39
383

25

Unit locali
Totale
UL
Addetti
54
191

Di cui artigiane
UL
Addetti
52
107

26

Unit locali
Totale
UL
Addetti
29
126

Di cui artigiane
UL
Addetti
22
34

UL
10

Addetti
37

UL

Addetti

Imprese
54

Imprese

STIA 1991
Industrie tessili

STIA 2001
Industrie tessili

Negli anni Novanta in Casentino, nonostante un sostanziale calo nel numero degli addetti (e ci in presenza di
una situazione italiana generalizzata di crisi con evidenti
indicazioni di declino del settore) il tessile riuscito a
conservare una posizione preminente.
Ci stato favorito anche dalla continuazione del processo di ristrutturazione del settore che ha visto attivare strategie di innovazione tecnologica e modernizzazione della produzione, in primis, nellimpresa di maggior
rilievo, la cooperativa tessile di Soci fondata nel 1848 da
Giuseppe Bocci.

Oggi il tessuto casentino continua ad essere prodotto,


anche se in quantit ridotta, in alcune fabbriche casentinesi di Soci e di Stia. Ai tradizionali cappotti con colli
di volpe si sono aggiunti altri capi di abbigliamento e
accessori realizzati con questo tessuto.
Parallelamente a questo tipo di produzione evolutasi,
con il tempo, in una dimensione industriale, si mantenuta anche unattivit tessile caratterizzata da modalit
di produzione prettamente artigianali tipiche del periodo pre-industriale. Questa realt rappresenta oggi un
settore economicamente marginale (praticato per lo
67

IL PANNO BLU

4-6. Preparazione del panno casentino per la tintura col guado

pi da donne anziane) anche se di notevole interesse in


termini di conservazione di tecniche tradizionali ormai
in via di estinzione.
I procedimenti lavorativi e gli strumenti utilizzati sono
quelli tradizionali: telai orizzontali in legno (spesso risalenti in alcune parti ai secoli XVIII-XIX), orditoi, spolettatrici, cannelli, navette, arcolai. La materia prima
costituita per lo pi da lati di lana pregiata lavorati
industrialmente (tranne rarissimi casi in cui viene fornita direttamente dal committente lana locale lata a
mano).
Le tipologie di manufatti ed i relativi motivi decorativi tradizionali si sono per lo pi progressivamente
persi, o modificati, sotto la pressione delle richieste
di mercato che, se pur non in maniera prepotente,
hanno tuttavia condizionato anche questo tipo di
produzione.
Interessanti sono le tendenze verso forme di artigianato
artistico sempre pi specializzate, in grado di interessare
anche le nuove generazioni formate presso istituti artistici.
Importanti sono le rassegne sul settore come Sul Filo
della Lana organizzata nel 1996 e nel 1998 dal comune
di Stia con esposizioni, mostre ed iniziative culturali e
commerciali dedicate a questo settore.
68

La prova di colorazione a Sansepolcro


Alla prova di colorazione del tessuto con lindaco realizzata dai docenti e dagli studenti della classe III Moda e
Restauro del tessuto e del ricamo dellIstituto darte di
San Sepolcro hanno assistito i ragazzi e la docente della
IVB dellITC di Poppi ed il signor Claudio Grisolini dellazienda di Stia che ha gentilmente offerto il tessuto.
La prova di tintura stata fatta utilizzando delle pezze di
tessuto grezzo.
Le pezze sono state ridotte alle dimensioni ottimali per
la colorazione.
I composti utilizzati per la colorazione sono:

Idrosolto;
Soda caustica;
Cristalli di guado.

I tre composti sono stati accuratamente pesati e mescolati insieme per ottenere ununica miscela.
Lindaco in polvere viene impastato con poca acqua, diluito con una soluzione di soda caustica e fatto reagire
riscaldando leggermente con una soluzione acquosa di
idrosolto di sodio, nch da azzurro scuro diventa giallastro.

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

7-9. Preparazione del bagno di tintura

Ottenuto il bagno di tintura si possono immergere i tessuti da tingere.


Il tempo di immersione di circa 20 minuti
Il processo di ossidazione si ha con lesposizione allaria
del tessuto che da verde diventa blu.
I risultati della colorazione
Alla prima prova di tintura (primo bagno), il tessuto si
presenta alquanto debole quasi che durante limmersione si sia cotto eccessivamente procurando cos un
indebolimento cos forte del lato da renderlo quasi

una bra in decomposizione. Il problema deve essere


probabilmente attribuito allimpiego troppo marcato di
sostanze solventi che ha cos danneggiato la resistenza
e lelasticit del lato. Anche il colore blu risulta troppo
scuro rispetto al normale colore.
La seconda prova di tintura (secondo bagno), invece, risultata pi idonea: la bra non stata aggredita e ha mantenuto le sue caratteristiche di resistenza ed elasticit.
Il colore risulta molto bello, e brillante. Con la terza prova
di tintura (terzo bagno), il blu risulta molto attenuato e
la stoffa non presenta nessun danno sia a livello di resistenza che di elasticit.

10-12. Immersione nel bagno di tintura

69

IL PANNO BLU

13. Pezze di tessuto casentino tinte con due diversi bagni, dopo la fase di ossidazione

I risultati di questa prima esperienza di colorazione del


panno casentino col guado della Valtiberina sono molto
incoraggianti.

14-15. Tessuto casentino rinito

70

necessario, per, che siano realizzate altre prove e siano studiati altri metodi che riescano a ssare il colore in
maniera denitiva.

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

I prodotti
Con il panno tinto con il guado gli studenti dellIstituto dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro
hanno progettato e realizzato alcune creazioni
(Figg. 16-18).
Riessioni
Una sintesi delle informazioni ricavate dalle interviste a due aziende del Casentino produttrici
di panno casentino permettono di denire un
quadro generale, seppur non completo e dettagliato, delle reali potenzialit di sviluppo di questo
tessuto.

16-18. Manufatti di tessuto casentino realizzati dagli studenti dellIstituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro

71

IL PANNO BLU

19. Abiti realizzati con tessuto casentino nei colori tipici

Risulta che il colore pi venduto sia larancio e che non


vengano usate tinte naturali, anche se stata espressa
lintenzione di usarle in futuro.
Le numerose ed articolate fasi di produzione del panno
che seguono fedelmente la tradizione, fanno s che i
costi del prodotto nito siano abbastanza elevati e tali
da venire incontro alla domanda di una clientela appartenente ad una fascia medio-alta. Il prodotto, dunque,
denibile come un prodotto di nicchia destinato ad
un mercato particolare che guarda alla qualit ed alla
tradizione.
72

A questo proposito, si indagato sulla possibilit di rivolgersi ad unulteriore nicchia di mercato attento a
tessuti ed indumenti anallergici ed stato affermato
dagli imprenditori intervistati di non aver mai considerato tale possibilit. Sperimentare una tinta naturale,
dunque, andrebbe incontro anche alla possibilit di soddisfare le richieste di un mercato attento al benessere
della persona.
Infatti, il panno casentino, stoffa calda, di pura lana, sofce
e vaporosa famosa per i suoi riccioli che formano un
doppio strato e permettono al tessuto un perfetto isola-

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

Questa alta percentuale di vendita in loco induce a riettere (nel caso della ditta in questione) sul signicato di
territorio come valore aggiunto. Che la gran parte della vendita venga mantenuta in loco , di fatto, un fattore
importante per non allontanare il prodotto dal suo territorio di origine e non renderlo estraneo al tessuto
sociale e culturale in cui nasce. Ci tanto pi importante nella misura in cui si considera che ci potrebbe
concorrere alla perdita dellidentit locale.
Peraltro, questa azienda manifesta una forte dedizione
alla cura degli aspetti storico-culturali e ambientali del
territorio: questi costituiscono, infatti, lidentit del prodotto e ne deniscono anche la forza di unimmagine
determinante nella fase di vendita.
Le particolari attivit di recupero e studio di materiale
storico sullimpianto industriale del lanicio, raccolto ed
allestito in un museo privato creato presso alcuni locali
della ditta, costituisce, indubbiamente, un punto di forza
ed un valore aggiunto sia al prodotto che al territorio,
tanto che il museo verr a far parte della rete territoriale del progetto Ecomuseo coordinato dalla Comunit
20. Panno casentino tinto col guado
Montana del Casentino.
Allo stesso modo, da evidenziare il legame della strutmento termico ed una efciente impermeabilit (mante- tura aziendale con gli elementi della natura che la circonnendo per al tempo stesso la traspirazione della pelle), da. Ne un esempio la presenza dellacqua del torrente
ha tutte le carte in regola per poter attrarre lattenzione Staggia sfruttata come potenza idraulica e utilizzata nella
di una fascia di potenziali clienti per i quali la funzionalit lavorazione del tessuto. Dunque, la felice collocazione
dei tessuti, legata alle esigenze del benessere della perso- storica e geograca delledicio dovrebbe essere utina, pu diventare una scelta prioritaria di acquisto.
lizzata nel migliore dei modi per creare una cornice che
Per quanto riguarda la pubblicit dei prodotti, questa renda le condizioni di vendita al pubblico ancora pi graavviene per passaparola, ma altri canali usati sono quo- devoli e attraenti.
tidiani, riviste e guide. La vendita di tessuti e confezioni
(soprattutto la vendita diretta) attuata anche presso Le possibilit future del prodotto
mostre di settore e manifestazioni.
Le due imprese intervistate puntano allinnovazione a Tingere il panno con un blu antico le cui nuance possalivello di produzione, amministrazione ed immagine del no illuminare e impreziosire il tessuto casentino, sembra
prodotto.
suscitare una notevole curiosit ed interesse nel pubbliPer quanto riguarda la vendita, nel caso di una delle due co e negli imprenditori.
ditte, l80% avviene a Stia ed il 20% presso negozi o su Ne stata prova la realizzazione di alcuni manufatti e
internet.
pezze tinte col guado esposti alla mostra dellartigiana73

IL PANNO BLU

21. Tailleur realizzato con tessuto casentino tinto col guado

74

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

to che si tenuta alla Fortezza da Basso (22 aprile-1


maggio 2005), allevento Amicomuseo tenutosi a Stia
lo scorso 30 aprile e alla mostra dei lavori realizzati dai
ragazzi il 21 maggio 2005 allITC L. Einaudi di Poppi.
La tendenza che si sta attualmente manifestando nei
confronti di un recupero di forme di artigianato artistico,
rende interessante porre laccento anche sul recupero e
la salvaguardia di tutte quelle forme di sapere artigianale
che, economicamente marginali, sono tuttavia presenti
nei territori del Casentino e della Valtiberina Toscana.
Infatti, come precedentemente rilevato, in Casentino si
sono andate perdendo nel tempo o si sono modicate
le tipologie di manufatti ed i relativi motivi decorativi
tradizionali.
Si potrebbe parlare di fare di tale recupero, insieme alla
proposta di un panno blu, unopera di innovazione.
Proseguire la sperimentazione di tintura del guado si ri-

23. Poster Il panno casentino

22. Poster Il panno blu

velerebbe interessante, dunque, per gli sviluppi futuri di


una linea naturale e alternativa di prodotti realizzati con
il panno casentino.
Riteniamo importante, a questo riguardo, la disponibilit
degli imprenditori dei territori a partecipare alla continuazione di queste prove di tintura che, ovviamente,
devono essere ripetute, ampliate e migliorate.
Riteniamo, altres, decisivo il ruolo degli enti locali nel
mantenere vivo il territorio attraverso la promozione
di tutte quelle iniziative che incoraggino e sostengano
la conoscenza tra le popolazioni di prodotti tradizionali ( sorprendente, a questo proposito, come risulta da
alcune delle interviste telefoniche realizzate dai ragazzi
dellITC, che persino alcune persone del Casentino non
conoscano il tessuto casentino).
Indispensabile , dunque, il sostegno degli stessi enti a
tutte le iniziative di educazione e didattica nelle scuole e alla salvaguardia di quelle reti sociali attraverso le
75

IL PANNO BLU

quali comunicare e promuovere il valore della cultura


del territorio e far s che le popolazioni locali, oltre a
conoscerne la storia, lo percepiscano come proprio e ne
facciano strumento di identit.
Riteniamo essenziale per lo sviluppo ed il successo di
questa iniziativa lunione delle forze tra realt produttive e politiche delle due comunit montane, e la ricerca di
strumenti atti a sollecitare e sostenere anche tutte quelle operazioni culturali per la salvaguardia di uneconomia
innovativamente tradizionale.

Tale occasione che ha visti riuniti insegnanti delle scuole, studenti, famiglie e rappresentanti degli enti locali, ha
reso evidente la necessit di proseguire questa opera di
conoscenza con la quale i giovani, attivamente coinvolti,
si sentono parte integrante della vita del territorio e delle iniziative in esso promosse.
Non automatico pensare o prevedere che il successo di questa attivit orienti i ragazzi al termine del
loro percorso scolastico, verso quelle forme di occupazione che riguardano cos da vicino un ambiente
rurale.
Un evento espositivo a conclusione dei lavori
Crediamo, tuttavia, in maniera molto semplice, che questa esperienza breve ma ricca di riessi signicativi per
Il lavoro svolto dagli studenti stato presentato duran- il Casentino e la Valtiberina Toscana, abbia accompagnato
te levento che ha avuto luogo il 21 maggio 2005 pres- un gruppo di ragazzi in un percorso di acquisizione di
so lIstituto Tecnico Commerciale L. Einaudi a Poppi, sapere e di consapevolezza della realt storica ed econonellambito delliniziativa Conoscere&Comunicare il mica della loro terra tale che essi possono, al termine di
territorio nella quale sono stati illustrati vari lavori sui questo lavoro, vedere, toccare, assaporare, criticare con
mestieri ed i prodotti del territorio.
un senso di partecipazione e di attenzione diverso da
Due poster sono stati dedicati al lavoro sul panno e alla quellatteggiamento di dubbio ed incertezza mostrato
prova di colorazione col guado.
allinizio del lavoro.

24. Esposizione dei poster e dei lavori realizzati dagli studenti dellIstituto Tecnico per il Commercio L. Einaudi di Poppi e dellIstituto Statale dArte
G. Giovagnoli di Sansepolcro, Poppi 21 maggio 2005

76

Dalla scuola al territorio. La storia di unesperienza didattica

Confortati, dunque, dallinteresse che i docenti e gli stu- fertile alla creazione di quei presupposti culturali che,
denti hanno mostrato nei confronti di questa iniziativa, orientando verso nuove forme di occupazione, rendano
auspichiamo sinceramente, insieme al loro sostegno e vivi i territori rurali.
a quello degli enti preposti, il proseguimento di questo
genere di attivit che concorrono a costruire un humus
Francesca Camilli e Chiara Screti
CNR - Ibimet

Hanno partecipato al progetto:


La classe IVB, Istituto Tecnico Commerciale L. Einaudi di Poppi
Gianni Alunno, Daniele Beoni, Nicola Francioni, Sara
Goretti, Elisa Guerrini, Antonella Maringolo, Andrea
Orlandi, Antonella Palombi,Valentina Pecorini,Veronica
Renzetti, Francesco Ristori, Sara Rossi, Serena Seppi,
Kabir Tasnova, Alessandro Tocchi
La classe III Arte e Restauro del Tessuto del Ricamo, Istituto
Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro
Federico Barna, Marta Bini, Sara Cesari, Silvia Duchi,
Flavia Flavi, Veronica Minisgallo, Giulia Risaliti, Cecilia
Rometti, Cristina Savini, Ninya Viviane Schurmman, Ilaria Urci
Si ringraziano:
I prof. Domenico Massaro, Brunella Matarrese, Paolo
Sisti, Luciana Ferri, Serena Batisti e Sandra Dragoni del-

Bibliograa
F. NICCOLINI, Sviluppo dellattivit laniera a Soci, edizione
Frusta, s.l., 1995
P.L. DELLA BORDELLA, Larte della lana in Casentino. Storia
dei lanici, Grache Calosci, Cortona, 1996
A.ROSSI-COMUNIT MONTANA DEL CASENTINO-SERVIZIO CREDPROGETTO ECOMUSEO DEL CASENTINO, Cenni storici, luoghi e
testimonianze intorno alla lavorazione della lana in Casentino,
Comunit Montana del Casentino, Poppi, 2001

lIstituto Tecnico Commerciale L. Einaudi; Cinzia Bergamaschi e Maria Antonietta Falco del Liceo Scientico
G. Galilei di Poppi.
I prof. Benito Carletti, Maria Inferrera, Andreina Crispoltoni, Giorgio Cestelli, Miriam Ricci dellIstituto Statale dArte G. Giovagnoli di Sansepolcro.
Andrea Rossi CRED, Comunit Montana Casentino
Carlo Ligi, Comunit Montana Valtiberina Toscana
Maria Luisa Maffucci, Comunit Montana Valtiberina Toscana
Gabriele e Claudio Grisolini
Massimo Savelli e Paolo Ugolini
Le prove di tintura sono state realizzate con tessuto
gentilmente offerto dalla ditta Tessilnova di Stia.
Un ringraziamento particolare a Luciano Massetti per
la realizzazione delle foto del panno blu pubblicate in
questo capitolo.

G. GRISOLINI, La Nascita e lo Sviluppo della Tessilnova, s.e.,


Stia, 2002
Lanicio di Soci e partecipazione femminile: le donne
raccontano, a cura di L. CIPRIANI, Comune di Bibbiena,
Bibbiena, 2004
www.coopfirenze.it/info/art_364.htm
www.comune.stia.ar.it/turismo/musei/lana/lana2.asp
http://www.tessilnova.com/e_commerce/index.jsp
http://brunelleschi.imss.fi.it/ist/luogo/lanificioricci.html

77

Finito di stampare in Italia nel mese di dicembre 2005


da Tipograa La Marina - Calenzano (Firenze)
per conto di EDIFIR-Edizioni Firenze

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