Ma le tonsille non sono le uniche a pagare le spese per la vicinanza alla faringe: di origine batterica
o virale, la faringite può anche coinvolgere altri tratti dell’albero respiratorio e, quindi,
manifestarsi insieme a riniti, tracheiti o bronchiti. Altre volte può comparire in seguito o in
concomitanza a certe malattie, tipiche dell’infanzia, come il morbillo, la parotite, l’influenza o la
mononucleosi. L’inizio dell’infiammazione può essere improvviso o comparire in maniera più graduale
cominciando con un leggero pizzicore alla gola, fino ad arrivare, se trascurato, ad un dolore ben più forte.
D’estate l’infiammazione “favorita” è quella di tipo virale, rappresenta il 70 per cento delle faringo-
tonsilliti. Gli agenti principalmente responsabili sono gli enterovirus, in particolare i coxasackievirus e gli
echovirus: si tratta di virus che, pur trovandosi dappertutto, proliferano soprattutto nei climi
caldi. La faringite virale è una malattia che può colpire tutti e che spesso dà origine a vere
e proprie piccole epidemie: campeggi, campi estivi e complessi turistici sono luoghi favorevoli al
propagarsi del virus. Ma tra tutti, le persone maggiormente colpite sono i bambini piccoli, specie se
vivono in ambienti sovraffollati, a causa della loro abitudine poco igienica da mettere tutto in bocca e di
lavarsi poco le mani.
La trasmissione, infatti, avviene quando i bimbi mettono in bocca oggetti sui quali si trova il virus.
In alcuni casi, ma senza dubbio meno frequenti, anche le goccioline di saliva possono trasmettere
l’infiammazione, ma solo quando la persona si trova nella fase acuta della malattia. Durante il
periodo di incubazione, che può variare da uno a sette giorni dal momento del contagio, la carica infettiva
è quasi nulla e vi sono minori possibilità di contagio.
La faringo-tonsillite batterica può essere causata da diversi germi che possono trovarsi in ogni
luogo, come pneumococchi, stafilococchi, haemophilus influenzae e streptococchi.
Si tratta di infezioni che normalmente colpiscono i bambini tra i 5 e i 15 anni di età, con maggiore
frequenza in autunno e in inverno; è proprio in questi mesi infatti che la trasmissione è facilitata dai
contatti stretti che avvengono negli ambienti chiusi.
Le persone infette e i portatori sani trasmettono il contagio con la saliva: in pratica, bastano poche
goccioline di saliva da una bocca ad un’altra o lo scambio di posate o oggetti che si mettono in bocca.
Ecco perché tutte le situazioni di sovraffollamento, come i campeggi estivi, sono a rischio.
Le faringo-tonsilliti, virali o batteriche che siano, si manifestano nello stesso modo. I sintomi più
tipici sono dolore alla gola, che si fa più acuto mandando giù un boccone ma anche saltando saliva e, a
volte, ingrossamento delle linfoghiandole che si trovano sotto la mandibola.
Talvolta possono comparire anche febbre elevata, una sensazione di malessere generale, stanchezza,
mal di testa e scarso appetito.
Quando la faringite coinvolge anche le tonsille, queste appaiono ingrossate e arrossate, spesso
caratterizzate dalla presenza, più o meno abbondante, di secrezioni sierose o purulente a seconda dello
stadio di infiammazione.
Per distinguere una faringite virale da una batterica non ci si può quindi basare solo sui sintomi, che sono
del tutto identici, ma si ricorre alla coltura faringea, l’indagine di laboratorio più utile per una diagnosi
certa.
Si esegue sfregando ripetutamente un tampone in più punti del faringe del bambino per raccogliere una
secrezione in cui ricercare i batteri responsabili dell’infiammazione. Fatto questo, il tampone viene messo
in terreni di coltura (che favoriscono la crescita dei batteri) per far crescere le colonie batteriche. Una
volta capito qual è il batterio responsabile si esegue un antibiogramma, con il quale si stabilirà anche qual
è l’antibiotico più adatto e che meglio reagisce contro il microrganismo selezionato.
Meno specifici per formulare una diagnosi sono invece esami come il conteggio dei globuli bianchi, la
determinazione della velocità di eritrosedimentazione (Ves) e la determinazione della proteina C (che
indica la presenza di infiammazione): questi esami possono talvolta essere richiesti, ma non aiutano a
stabilire con certezza la causa della faringite.
COME SI CURA IL DISTURBO
Una volta stabilito il tipo di microrganismo responsabile dell’infiammazione della gola, lo specialista può
scegliere la cura più indicata. Per il trattamento delle infezioni da streptococco il farmaco di prima scelta
è senz’altro la penicillina. In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, non è disponibile la penicillina
in sciroppo e, per questo si deve ricorrere alle compresse o alle iniezioni di “penicillina ritardo” da usare
in un'unica dose. Ma la mancanza dello sciroppo e il rifiuto da parte del bambino di fare la puntura,
effettivamente dolorosa oltre che difficile da eseguire, spesso impediscono di mettere in pratica la cura
più efficace.
In Italia vengono solitamente usati i derivati della penicillina, i macrolidi e le cefalosporine, da prendere
per bocca alla comparsa dei primi sintomi e da continuare per almeno dieci giorni. Per le faringo-tonsilliti
di origine virale non è necessario alcun tipo di cura, perché l’infiammazione tende ad andare via da sola,
in pratica si “autolimita”. Si ricorre a qualche farmaco antipiretico solo in caso di febbre. Per ridurre il
dolore locale il bambino può fare gargarismi con acqua tiepida salata, in cui si possono disciogliere
compresse balsamiche.
Attualmente non ci sono vaccini per prevenire questo tipo di disturbo. Batteri e, specialmente
d’estate, virus si trovano ovunque e per questo non è facile evitare di rimanere vittime di un brutto mal di
gola, soprattutto se si parla dei bambini, inclini a mettersi in bocca qualunque cosa e a non lavarsi le
manine.
Certamente se l’organismo è debilitato è più facile che il virus o il batterio “attecchiscano” al primo
colpo: questo spiega, per esempio, perché il freddo invernale può essere predisponente a questo tipo di
infezione.
D’estate, condizioni che abbassano le difese dell’organismo possono essere gli sbalzi di temperatura
che colgono impreparati e scarsamente equipaggiati, oppure grandi sudate associate a colpi d’aria.
La faringite da streptococco beta emolitico di gruppo A necessita di un’adeguata cura antibiotica per
evitare complicanze come la malattia reumatica (una malattia infiammatoria che interessa principalmente
il cuore, le articolazioni e il sistema nervoso centrale) e la glomerulonefrite post-streptococcica
(infiammazione dei reni che si manifesta con sangue nelle urine e che, molto raramente, può evolvere in
insufficienza renale acuta).
Per la diagnosi di questo tipo di faringite il metodo più efficace rimane quello del tampone faringeo con
antibiogramma, grazie al quale è possibile saper qual è l’antibiotico più adatto per la cura.
Le complicanze possono essere evitate solo sconfiggendo il microrganismo. Nell’ultimo decennio, negli
Stati Uniti, la malattia reumatica ha avuto un forte aumento. Le cause di questo fenomeno non sono chiare
ma si sospetta una relazione con la presenza di ceppi particolarmente aggressivi.
In Italia, dove fortunatamente non si è registrato un aumento del genere, i problemi maggiori sono legati
alla scelta della cura: riguardano, in pratica, il rischio di provocare fenomeni di antibiotico-resistenza di
alcuni ceppi di tale batterio. Tale eventualità e causata dall’impiego di un gruppo di antibiotici, da
decenni prescritti con successo per il trattamento delle infezioni streptococciche, l’uso indiscriminato dei
quali potrebbe determinare un aumento delle complicazioni.