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Lettura del Canto XVII del Purgatorio Premesse 1) Ringraziamenti.

Chiarimenti: che cos la rosa necessaria, io non sono il direttore. 2) Condizione particolare in cui affronto questo impegno: un percorso spirituale. Allora anche questo un segno da decodificare. 3) Rischio: la vana gloria. 4) Che cos per me la letteratura: calata nel vissuto. 5) Limiti di questi incontri: riflettere sulle modalit dello stare insieme. Morte di una intera civilt culturale legata alla modernit. Lo sappiamo anche nellesperienza didattica. I modi dello stare insieme in classe sono pi decisivi nel processo di crescita dei contenuti. 6) Lectura di segno opposto a quelle predilette da chi le sta organizzando. Come posso pensare di dire cose originali? Devo ancora mangiare molto pane per poterlo fare. Lumilt manca al nostro tempo, che insegue la novit a tutti i costi. Non ho alcuna ambizione di dare originali contributi critici e neanche una lettura corretta da un punto di vista filologico-erudito. 7) Due esempi alti: Marisa De Luca e Pierluigi Rovito. Intellettuali impegnati che rappresentano al meglio in questa citt lidea di un chiericato che non tradisce. Io mi sento lontano da questo modello, o meglio credo che esso isoli la persona, il vivente. Esemplifico: noi siamo qui stasera, ognuno con delle preoccupazioni. La sua vita un tessuto unitario, eppure questo impegno ben incasellato: lectura dantis. Ecco il male del nostro tempo. Quando questopera fu scritta era ancora possibile unesperienza totale. Anche se ne sono indegno, considero la Divina Commedia non unopera letteraria, o meglio come tale mi interessa poco e credo sia il segno della malattia dellOccidente e del nostro tempo ragionare

ancora in termini di poesia, di generi. Questa unopera che stata scritta per la mia salvezza, che posso comprendere solo se ne condivido la visione dinsieme, altrimenti letteratura. 8) Io credo che in un tempo come il nostro, tempo di possibili rivolgimenti, tempo dellestremo abbandono, della malattia fisica (delluomo e della terra) e della psiche, non ci sia pi bisogno di letteratura ma di terapie. La Divina Commedia ora, qui, e nel percorso che mi ha condotto qui, cura, balsamo, e nello stesso tempo guida per una possibile e non garantita salute (salvezza/salute). 9) Vorrei che andando via di qui qualcuno di voi si sentisse (non da me, ovviamente, che anche come medium, come tramite sono troppo imperfetto, ma dalle parole che io cercher di leggere degnamente) ad avviare un percorso o sentisse una scossa di energia positiva, benefica. 10) A me capitato dopo la lectura di Orazio Piazza. Mi ha colpito quello che ha detto sulla necessit cristiana della mediazione, del fare i conti con laltro in carne ed ossa. La sera della lectura ho fatto pace con mia moglie dopo un periodo di scontro in cui dentro di me preferivo pensarmi come monade perfetta e compiuta. 11) Per tutto quello che ho detto, credo che la Divina Commedia andrebbe eliminata dalle scuole. Distruggere la possibilit stessa di un incontro con unopera cos decisiva mi sembra criminale. Il nostro tempo solo a fatica pu introdursi in quellopera, grondante com di saggi critici e note erudite. Non coglie la vera presenza. Credo che Dante lo si possa incontrare dopo un percorso lungo, rigoroso e credo che vada usato, come usiamo la Bibbia: non per diletto, non per trovarmi belle immagini. A scuola meglio leggere autori innocui come Calvino, che insegnino a scrivere in italiano e si lasciano scomporre docilmente in sequenze narrative. 12) Un altro motivo per cui Dante non andrebbe letto a scuola che i preposti a farlo non sanno leggere,
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letteralmente. Cantando rumpitur anguis, dice Virgilio, evocando il rapporto stretto tra il canto e lincanto. Ma questo rapporto si fonda sul legame musaico che tiene insieme le parole. Molti professori che leggono poesia: asini che ragliano. Quanti insegnano a leggere, a cantare Dante? La Divina Commedia anche un libro di formule, come il Messale. Il primo atto di devozione nei suoi confronti sentirne il respiro profondo, ispirato dal Dio. Per questo motivo la mia sar quasi esclusivamente una lettura di alcuni passi, con brevi notazioni o citazioni di altri testi, a comporre un mosaico. *** Procediamo anche noi, uscendo dalloscurit. Dove siamo? Nel centro della cantica, come sempre, non a caso. Dante ha lasciato la cornice degli iracondi, caratterizzata dalla spessa nebbia. Nel canto precedente ha incontrato Marco Lombardo, che gli ha spiegato come il mondo disvia a causa delluomo stesso, che tradisce la tendenza al bene inculcata da Dio. Ancora una volta si riconduce alla confusione tra la sfera spirituale e quella politica lorigine della corruzione del mondo. O imaginativa che ne rube talvolta s di fuor, ch'om non s'accorge perch dintorno suonin mille tube, chi move te, se 'l senso non ti porge? Moveti lume che nel ciel s'informa, per s o per voler che gi lo scorge. E una digressione che serve ad introdurre la visione degli esempi di ira punita, secondo la prassi del Purgatorio. Ma proviamo a leggerla, secondo una prassi medievale decontestualizzata. Dante sta descrivendo qualcosa che sperimentava: lestasi. Lo dico brutalmente. Sono convinto che il vertice dellesperienza umana per Dante sia
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lesperienza estatica. Questo lo riallaccia ad una tradizione antichissima che, attraverso civilt e religioni diverse, va da Platone a Eckart. Questo non significa che gli altri ambiti siano trascurabili ma in una scala gerarchica esiste la cumunio, che Dante qui assaggia e vivr, come giusto, pienamente solo alla fine del suo percorso ascensionale/discensionale (il Paradiso il cuore conquistare il vertice conquistare il centro). Dante vede una serie di esempi di ira punita su cui non mi soffermo. Dallempiet di Progne allimmagine di Aman crocifisso, dispettoso e fero, la cui scena raggiunge effetti grandiosi di drammaticit soprattutto dallo stupore dei circostanti muti e terribili nella loro stessa immobilit (si vedano la potente raffigurazione michelangiolesca nella Sistina), fino al suicidio di Amata ridimensionato non pi in visione spettrale ma nellelegiaco rimpianto della disperazione filiale, le sequenze delle visioni ripresentano il tema dellira stolta in tutta la sua miseria terrena, che testimonia nel distacco del pellegrino anche il superamento e la purificazione di quella tendenza peccaminosa. Amata che cosa rappresenta: chi si oppose allaquila, allimpero nel suo momento genetico, Enea. Qualcuno interrompe lestatica visione: Questo divino spirito, che ne la via da ir s ne drizza sanza prego, e col suo lume s medesmo cela. S fa con noi, come l'uom si fa sego; ch quale aspetta prego e l'uopo vede, malignamente gi si mette al nego. Or accordiamo a tanto invito il piede; procacciam di salir pria che s'abbui, ch poi non si poria, se 'l d non riede. Cos disse il mio duca, e io con lui volgemmo i nostri passi ad una scala; e tosto ch'io al primo grado fui, senti'mi presso quasi un muover d'ala
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e ventarmi nel viso e dir: 'Beati pacifici, che son sanz' ira mala!'. Rileggo il verso: senti'mi presso quasi un muover d'ala e ventarmi nel viso e dir: Beati E la dolcezza del perdono di Dio. La sensazione di freschezza che si prova nel liberarsi dal peccato, che lorda lanimo. Ma anche una delle beatitudine evangeliche. E difficile capire la spiritualit medievale. Almeno per me, spirito baktico. Avete mai riflettuto sullapparente contraddizione di vedere esaltate forme di solito contrapposte di cristianesimo da Dante? San Francesco e San Bernardo, San Tommaso e Gioacchino da Fiore. Io credo che sia quasi impossibile vedere il mondo come lo vedeva un uomo del medioevo come Dante, terminale di tante tradizioni diverse della cristianit il cui fondamento, non lo si dimentichi mai, il Vangelo, il Cristo, le beatitudini. Certo non il Cristo pacifista, e quel Cristo che viene con la spada, che sa scacciare i mercanti dal tempio. Ma il dramma del cristianesimo non stato quello di non saper tenere insieme queste due dimensioni? La mitezza che non vilt, la forza che non superbia. Un cristianesimo (mi si passi la parola politicamente scorretta) dolce e virile. Lo sto dicendo prima di tutto a me stesso. Gi eran sovra noi tanto levati li ultimi raggi che la notte segue, che le stelle apparivan da pi lati. 'O virt mia, perch s ti dilegue?', fra me stesso dicea, ch mi sentiva la possa de le gambe posta in triegue.

Senza la luce (la gloria di colui che tutto move) non possibile procedere. Bisogna ripeterselo spesso, per evitare ogni tentazione demiurgica nei processi di salvazione, un rinnovato pelagianesimo. Non ce la possiamo fare da soli. Siamo davvero esseri deboli. Sperimentalmente (nulla pi sperimetale della vita dello spirito!) ogni volta che ho cercato di procedere per forza di nervi, di salire nelloscurit, sono caduto pi in basso. Dolce mio padre, d, quale offensione si purga qui nel giro dove semo? Se i pi si stanno, non stea tuo sermone. Ed elli a me: L'amor del bene, scemo del suo dover, quiritta si ristora; qui si ribatte il mal tardato remo. Inizia poi la parte per la quale ho scelto di affrontare, per cos dire questo canto, una parte dottrinale che una mai troppo denigrata critica romantica o crociana considera datata. Io leggo integralmente la Divina Commedia non come carrellata di belle scene ma come organica proposta di salvezza e, seppure allinterno della spiritualit cristiana, con laccentuazione di alcuni aspetti che collegano Dante ad altre tradizioni spirituali.

I mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch e ditta dentro vo significando
Forse il senso di questi travisatissimi versi apparir in una nuovo luce alla fine del percorso. Non dimentichiamo che Dante era un fedele dAmore. Gli studi, stroncati dalla critica accademica, di Luigi Valli, il quale riprendeva negli anni Venti intuizioni di Foscolo e Rossetti, credo che vadano recuperati nel loro spirito: veder in Dante un iniziato. La Vita Nuova un libro iniziatico, come i canzonieri dei poeti sufi. Lamore gi nella Vita
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Nuova strada che conduce al Cielo. Ma non accade lo stesso nel Simposio di Platone? Il XVII del Purgatorio ovviamente il canto centrale della Commedia. Ma non semplicemente per un motivo di ordine numerico che esso costituisce lunit centrale dellintera struttura: infatti il XVII del Purgatorio a ragione pu dirsi contenere il tema centrale del poema, quello fondamentale a tutta la costruzione morale di esso, e cio lesposizione generale dellAmore, che risulta esser cos la forza universale e propulsiva di tutte le creature e del Creatore. Cos Singleton. Tuttavia, non con il canto XVII si conclude la trattazione dellAmore: Virgilio continuer infatti a sviluppare il tema ben avanti nel canto XVIII. Inoltre, gi nel canto XVI Marco Lombardo aveva menzionato il libero arbitrio, che evidentemente parte integrante del motivo centrale del poema: passando quindi, in questo settore centrale, dal libero arbitrio allAmore, ci rendiamo conto che i due temi sono in realt uno solo, il quale raggia, per cos dire, dal centro (dal centro esatto del XVII) nei due canti adiacenti, distinguendo pertanto al centro della struttura del poema tre canti - un numero che (non dovrebbe esserci bisogno di ricordarlo) raramente senza significato nellopera di Dante. Singleton nel suo saggio splendido continua una complessa riflessione sulla simbologia numerale dellopera e fa notare come questo canto sia di 139 versi. Conclude con una frase che vorrei ricordaste: Cos inquadrato, abbiamo niente meno che il cardine centrale dellintero poema per quanto riguarda lazione, per quanto riguarda, cio, quel che accade al pellegrino Dante quando attraversa il centro. Se invece che ai numeri dei canti e dei versi pensiamo ora al viaggio, ci ricorderemo che col canto XVII il pellegrino Dante giunto al centro della zona di sette cornici che costituisce il Purgatorio vero e proprio; e che il metodo seguito da Virgilio nella sua esposizjone dellAmore
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consiste nel volgersi prima indietro a considerare le tre cornici gi attraversate (descrivendo i peccati che vi si purgano come una specie di malo amor) e poi avanti, a considerare le tre cornici che restano da attraversare (indicandole come quelle su cui si purga unaltra specie di Amore). La collocazione del 139 al centro deve senza dubbio rispondere a un deliberato proposito. Inoltre, solo un canto di tale lunghezza poteva darci al centro esatto dellintero poema un verso 70. In verit, ci che ci colpisce maggiormente proprio la presenza al centro del numero 7, probabilmente perch l1, il 3 e il 9 siamo molto pi disposti a darli per scontati. Ora, se il poeta ha dato di proposito questa disposizione ai 7 canti al centro, non potremo fare a meno di indagare (dato che il poeta Dante) se essi non racchiudano, in certo senso, il centro dellazione e dellargomento del poema. Che cosa , allora, che viene ad essere cosf inquadrato da questi sette canti al centro? La risposta si trova chiaramente espressa nella struttura del poema: cosi inquadrato, abbiamo niente meno che il cardine centrale dellintero poema per quanto riguarda lazione, per quanto riguarda, cio, quel che accade al pellegrino Dante quando attraversa il centro. Larea di questi 7 canti contiene lesperienza di una conversione al centro: un graduale e profondo ri-orientamento che si presenta in vari modi per esplicite affermazioni e nel complesso delle immagini. Essa ha inizio con il problema suscitato da alcune parole di Guido del Duca, che rendono perplesso il pellegrino, lasciandolo con un dubbio. Queste parole compaiono precisamente nel canto XIV canto, vv. 87: O gente umana, perch poni 1 core / la v mestier di consorte divieto?. Il problema a cui esse conducono riguarda la radicale differenza esistente tra il possesso dei beni terreni e il possesso dei beni celesti. Pi e pi volte nel corso di questi canti centrali, al pellegrino diretto al Cielo viene ripetuto che egli deve imparare a guardare in alto e
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comprendere lordine vigente lass, dove posta la sua meta; egli deve aggiustare gli occhi della mente alla polarit esistente tra la cupidigia per le cose materiali (che ci fa guardare in basso) e la carit celeste (che nel possesso dei beni spirituali non conosce di consorte divieto). Questo tema, che tocca poi la questione del libero arbitrio e dellAmore, continuer ad essere svolto come problema centrale, cardinale, del poema attraverso il canto XIX (dove un papa avaro giace disteso con la faccia rivolta a terra per aver fissato gli occhi esclusivamente sui beni terreni) e fino al canto XX, dove il monte del Purgatorio trema perch unanima si liberata da quella posizione e, libera ascende verso la beatitudine celeste. Continuo: N creator n creatura mai, cominci el, figliuol, fu sanza amore, o naturale o d'animo; e tu 'l sai. Lo naturale sempre sanza errore, ma l'altro puote errar per malo obietto o per troppo o per poco di vigore. Mentre ch'elli nel primo ben diretto, e ne' secondi s stesso misura, esser non pu cagion di mal diletto; ma quando al mal si torce, o con pi cura o con men che non dee corre nel bene, contra 'l fattore adovra sua fattura. Nella sostanza il principio era stato enunciato da S. Tommaso nella Summa, quando riferendosi a S. Agostino ma rifoggiandone il pensiero, aveva detto che omnes aliae affectiones anime ex amore causantur. Che lamor naturale, da intendersi con S. Tommaso come inclinatio nature indita ab auctore nature sia sempre sanza errore, emana di necessit dalla definizione medesima. Tale per tutti gli esseri, inanimati e animati. Sicut cognitio naturalis semper est vera, sic dilectio
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naturalis semper est recta. Ci sono critici che ritengono fuorviante questa lettura e affermano che, in realt, poich Virgilio che espone tale dottrina, essa parziale, limitata alla sola sapienza razionale. Io penso - da cattolico romano - che sia esistita ed esista una salvezza extra ecclesiam (e il mistero di Catone custode dellAntipurgatorio testimonia di questo mistero anche in Dante). Senza pericolosi tentativi attualizzanti, credo che Dante, come molti iniziati appartenenti a diverse tradizioni (basti il nome di Rumi) sapesse come molti sentieri conducano ad unica vetta. Non vi che ununica salvezza per tutta lumanit, ed la vita di Dio nellanima (William Law). Tutto ci che vero, da chiunque sia stato detto, viene dallo Spirito Santo Ibn-ul-Arabi Il mio cuore capace di qualsiasi forma: esso pascolo per le gazzelle e convento per i monaci cristiani, tempio per gli idoli e Kaaba [Mecca] per il pellegrino, le tavole della Torah e il libro del Corano. Io seguo la religione dellAmore, qualsiasi sentiero prendano i suoi cammelli. La mia religione e la mia fede: questa la vera religione Tayumanavar: Tu come Maestro hai giustamente ispirato milioni di religioni. Tu hai fatto s che ogni religione, nello splendido dispiegarsi di trattati, dispute e scienze, avesse come dogma e meta finale la verit. Orientato ormai verso linfinito universo della bellezza, che ha imparato a contemplare, le sue parole e i suoi pensieri saranno pieni del fascino che d lamore per il sapere. Finch, reso forte e grande per il cammino compiuto, giunger al punto da fissare i suoi occhi sulla
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scienza stessa della bellezza perfetta, di cui adesso ti parler (Platone). Vorrei ricordaste in particolare il mito dellAndrogino in Platone, lidea della incompiutezza delluomo. Luomo la met di un simbolo che cerca il suo completamento. Questo amore. Quinci comprender puoi ch'esser convene amor sementa in voi d'ogne virtute e d'ogne operazion che merta pene. Or, perch mai non pu da la salute amor del suo subietto volger viso, da l'odio proprio son le cose tute; e perch intender non si pu diviso, e per s stante, alcuno esser dal primo, da quello odiare ogne effetto deciso. Dio Amore afferma San Giovanni Evangelista, e non strano che Dante utilizzi questo binomio per designare il Creatore. Luniverso dantesco interamente governato dallamore. Il concetto dantesco di amore e di Dio infuso dallinterpretazione data dalla tradizione della Scolastica. A secondo loggetto, lamore pu essere il principio della salvezza o della dannazione dellanima (prendiamo gli esempi di Beatrice e di Francesca), ed ci che spinge lattivit umana. Il poeta si riferisce appunto alla teoria aristotelica che il desiderio cosmico per il primo Motore immobile anima il movimento dellintero universo, come una danza in un cerchio. Di fatti nellultimo verso della Commedia lo chiama lamor che move il sole e laltre stelle. Dante emette il suo Credo dicendo, Io credo in uno Dio / solo ed etterno, che tutto l ciel move, / non moto, con amore e con disio. Dante considera lamor che l ciel governa come una idea platonica delluniverso, che legato con amore in un volume. Dio, sommo intelligibile e sommo bene, lo
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primo e ineffabile Valore, che crea solo guardando nel suo Figlio con lAmore / che luno e laltro etternalmente spira. LAmore - Dio - quindi il Principio dinamico intrinseco del cosmo che tende ad unire tutte le cose tra loro per virt dellunit divina. Rifacendosi al De causis, Dante afferma che tutto tende allunione. Andrea Cappellano ha usato lo stesso concetto per lamore profano, mistificandolo: Amore, veramente pigliando e sottilmente considerando, non altro che unimento spirituale de lanima e de la cosa amata. Tutte le cose provano un certo amore per tutto ci che fa parte del creato, come insegna Tommaso dAquino, amandolo non in s e per s, ma perch spinte da un impulso ideale verso Dio. Pi si consapevole della bont delle cose, che in effetti sono buone perch al momento della creazione, dal sommo Bene sono state create perfette e buone, allora pi si capace di amare. In questi versi non stiamo studiando filosofia, la vediamo, come parte del mondo ordinato. Scopo del poeta affermare una visione, e nessuna visione della vita completa se non contiene larticolata formulazione della vita che opera delle menti umane (Eliot). Ciascuna forma sustanziale procede da la sua prima cagione, la quale Iddio []. E quanto la forma pi nobile, tanto pi di questa natura tiene; onde lanima umana, che forma nobilissima di queste che sotto lo cielo sono generate, pi riceve de la natura divina che alcunaltra. E per che naturalissimo in Dio volere essere - per che, s come ne lo allegato libro si legge, prima cosa lessere, e anzi a quello nulla -, lanima umana essere vuole naturalmente con tutto desiderio; e per che l suo essere dipende da Dio e per quello si conserva, naturalmente disia e vuole essere a Dio unita per lo suo essere fortificare.
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Il percorso purgatoriale di Dante si conclude con la cancellazione del peccato e la riconquista della perfezione originaria delluomo, la condizione adamitica (questa la meta di ogni vera sapienza, della stessa alchimia: la trasformazione del piombo in oro). Resta, se dividendo bene stimo, che 'l mal che s'ama del prossimo; ed esso amor nasce in tre modi in vostro limo. chi, per esser suo vicin soppresso, spera eccellenza, e sol per questo brama ch'el sia di sua grandezza in basso messo; chi podere, grazia, onore e fama teme di perder perch' altri sormonti, onde s'attrista s che 'l contrario ama; ed chi per ingiuria par ch'aonti, s che si fa de la vendetta ghiotto, e tal convien che 'l male altrui impronti. Questo triforme amor qua gi di sotto si piange: or vo' che tu de l'altro intende, che corre al ben con ordine corrotto. Ciascun confusamente un bene apprende nel qual si queti l'animo, e disira; per che di giugner lui ciascun contende. Se lento amore a lui veder vi tira o a lui acquistar, questa cornice, dopo giusto penter, ve ne martira. Scolasticamente: si pu amare e sbagliare loggetto dellamore (si desidera il male del prossimo: superbia, invia, ira); si pu amare il vero bene in maniera tiepida (accidia); si possono amare i beni terreni con dismisura (avarizia, gola, lussuria). Tali concezioni sono perfettamente ortodosse rispetto alle definizioni tomistiche: l'amore naturale perfetto. Che cos' allora il peccato? E' la dismisura. Un padre barbabita che sta seguendo il mio percorso spirituale, a mo di koan
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da recitare e meditare mi ha dato una frase. Preparando questo incontro posso dire di averne capito un significato. La frase dice: Infinita la forza dellamore che ama, pu stare in ogni limite. Lamore che ama. Virgilio scrive. In tutti noi c un amore potenza, non necessariamente un amore in atto. Se diventa amore che ama, amor amans, esso ha una forza infinita. Una forza infinita pu condurci allinfinito, eroico (da eros) furore, alliperuranio, al cuore, al Paradiso, alla visione di Dio, allindiamento. Quella forza la stessa che ora agita i nostri fianchi, che accende il desiderio nellelegia amorosa delle Bucoliche. Il ricettacolo di questa forza il cuore. La simbologia del Cuore di Cristo, se penetrata al di l della sua eduolcorata versione, potente. La tradizione dellesicasmo orientale ci richiama ancora oggi al cuore con centro della nostra vita spirituale, meta di un percorso ascetico pieno di frutti. Altro ben che non fa l'uom felice; non felicit, non la buona essenza, d'ogne ben frutto e radice. Luomo non suscita laumento in statura della propria personalit (egli non possiede questa energia), ma lassimila accogliendo in se stesso le immagini di Dio che sono nelle altre persone. Lamore la dynamis (energia) con cui ciascuno arricchisce e fa crescere se stesso, assimilando in s laltro. In che modo? Dando se stesso. Luomo riceve nella misura in cui si d e quando nellamore si d completamente, riceve ancora se stesso, fondato, rinfrancato, approfondito nellaltro, cio raddoppia il proprio essere. Cos colui che ebbe cinque talenti ne acquist altrettanti, e chi due ne acquist n pi n meno che due (Mt. 25, 16-17) (Florenskij). L'amor ch'ad esso troppo s'abbandona, di sovr' a noi si piange per tre cerchi;
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ma come tripartito si ragiona, tacciolo, acci che tu per te ne cerchi. Concludo con una poesia di George Herbert, recuperata in uno dei Cahiers di Simone Weil, un poeta del 1600. Spero vi rimanga impressa limmagine finale: banchetto, convivio, simposio, cena. AMORE L'Amore mi accolse; ma l'anima mia indietreggi, colpevole di polvere e peccato. Ma chiaroveggente l'Amore, vedendomi esitare fin dal mio primo passo, mi si accost, con dolcezza domandandomi se qualcosa mi mancava. Un invitato risposi degno di essere qui. L'Amore disse: Tu sarai quello. Io, il malvagio, l'ingrato? Ah! mio diletto, non posso guardarti. L'Amore mi prese per mano, sorridendo rispose: Chi fece quest'occhi, se non io? vero, Signore, ma li ho insozzati; che vada la mia vergogna dove merita. E non sai tu disse l'Amore chi ne prese il biasimo su di s? Mio diletto, allora servir. Bisogna tu sieda, disse l'Amore che tu gusti il mio cibo. Cos mi sedetti e mangiai.

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