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Roberto Casalbuoni
Dipartimento di Fisica, Universit`
a di Firenze
Appunti delle lezioni date allUniversita di Firenze nella.a. 2005/2006.
Indice
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1 Introduzione
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34
39
43
46
53
59
60
62
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gradi di libert`a
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4.7.3
5 Problemi unidimensionali
5.1 La particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.1.1 Evoluzione temporale di un pacchetto gaussiano . . . .
5.2 Autofunzioni dellenergia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2.1 La particella nella scatola . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2.2 Il potenziale a delta di Dirac . . . . . . . . . . . . . . .
5.3 Equazione di continuit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.4 Un problema di diffusione: il gradino di potenziale . . . . . . .
5.5 Alcune propriet`a dellequazione di Schr
odinger unidimensionale
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130
6 Limite classico
133
6.1 La rappresentazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
7 Loscillatore armonico
140
7.1 La soluzione dellequazione di Schr
odinger per loscillatore armonico nella
base delle coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
7.2 Loscillatore armonico nella base dei numeri di occupazione (o dellenergia) 152
8 Il principio di indeterminazione
159
8.1 Il pacchetto donda con la minima indeterminazione . . . . . . . . . . . . . 160
8.2 La relazione di indeterminazione tempo-energia . . . . . . . . . . . . . . . . 161
9 Sistemi con N gradi di libert`
a
163
9.1 Prodotto tensoriale di spazi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
9.2 Equazione di Schrodinger per due particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
9.3 Pi`
u particelle in pi`
u dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
9.4 Particelle identiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
9.4.1 Il caso classico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
9.4.2 Il caso di due particelle identiche. Stati simmetrici ed antisimmetrici 173
9.5 Spazi di Hilbert per bosoni e fermioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
9.6 Determinazione sperimentale della statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
9.7 Quando si pu`o ignorare la simmetrizzazione o lantisimmetrizzazione della
funzione donda? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
10 Simmetrie
10.1 Invarianza per traslazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.2 Implicazioni dellinvarianza per traslazioni . . . . . . . . . . . . . . . .
10.3 Invarianza per traslazioni temporali . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.4 Invarianza sotto parit`a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.5 Rotazioni in due dimensioni spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.5.1 Il problema agli autovalori per Lz . . . . . . . . . . . . . . . .
10.5.2 Problemi invarianti per rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.6 Rotazioni in tre dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.6.1 Problema agli autovalori per L 2 e Lz . . . . . . . . . . . . . . .
10.6.2 Autofunzioni del momento angolare nella base delle coordinate
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Capitolo 1
Introduzione
Queste dispense sono semplicemente degli appunti utilizzati per le lezioni del corso di
Meccanica Quantistica del corso di laurea in Fisica dellUniversit`
a di Firenze. Per questo
corso ho seguito in particolare il volume: Principles of Quantum Mechanics di R. Shankar
edito da Kluver Academic/Plenum Press. A mio modesto parere questo libro rappresenta
una delle migliori introduzioni alla meccanica quantistica per la sua estrema chiarezza e
ricchezza di discussione. In questo senso queste dispense sono inutili, dato che lo studente
pu`o studiare direttamente loriginale. Ci`o nonostante ho ritenuto personalmente utile
raccogliere questi appunti, dato che alcune parti dello Shankar vengono omesse dal corso,
o perche trattate in altri corsi, quali la parte di meccanica classica e lintroduzione storica
alla meccanica quantistica, o parti applicative che verranno invece trattate nella seconda
parte del corso. Inoltre in alcuni punti (pochi) mi sono distaccato dalla trattazione dello
Shankar ed essendo delle dispense nate dalla preparazione delle lezioni, contengono forse un
maggior dettaglio di calcoli. Pertanto non c`e assolutamente nessuna pretesa di originalit`a
in queste note ed ovviamente ogni errore che vi sia contenuto `e da attribuire al sottoscritto.
Altri libri consultati per la preparazione di questi appunti sono stati Meccanica Quantistica
Moderna di J.J. Sakurai edito da Zanichelli e Meccanica Quantistica I, Principi di G.
Nardulli edito da Franco Angeli.
La fisica classica, meccanica, acustica, ottica, elettromagnetismo, ecc. studia fenomeni
che sono direttamente alla nostra portata, cio`e fenomeni che possiamo vedere, sentire
o toccare. In altri termini la fisica classica `e connessa con una percezione diretta dei
fenomeni. Quindi, sia che uno conosca o meno la fisica in senso formale, lesperienza di tutti
i giorni, a partire dallinfanzia, ci crea dei pregiudizi su come gli oggetti che ci circondano si
dovrebbero comportare e sulla loro caratterizzazione. I concetti di forza, moto, ecc. sono
in qualche modo insiti nel nostro modo di riguardare la natura, anche se non sappiamo
formulare le equazioni di Newton. Lo scopo della fisica classica `e quello di cercare di dare
una descrizione quantitativa (cio`e matematica) di quanto osserviamo e questo viene fatto
tramite la formulazione di leggi fisiche, che poi cerchiamo di estrapolare dallosservazione
quotidiana ad altre situazioni. Per esempio, il moto delle palle di un biliardo `e ben descritto
dalle leggi di Newton, se si estrapola questo a scala astronomica si osserva che anche il
moto dei pianeti `e ben descritto dalle stesse leggi. Questo fatto rafforza lidea che questa
descrizione si possa applicare ad oggetti di qualunque dimensione. Quindi fu naturale,
nella seconda met`a del secolo scorso, quando Maxwell, Boltzmann ed altri iniziarono a
studiare le propriet`a atomiche e molecolari, assumere che ancora le leggi di Newton e dell
elettromagnetismo fornissero una buona descrizione dei fenomeni. Quindi un elettrone
era pensato come un corpuscolo molto piccolo che si poteva in pratica descrivere come
un punto materiale, assegnandone posizione e velocit`a ad ogni istante. I fatti hanno per`o
dimostrato che questo non `e il caso. La nostra conoscenza istintiva dei fenomeni fisici non
sopravvive quando la si proietta nel mondo atomico. Il comportamento della materia a
questa scala non ha un corrispondente nellambito delle sensazioni che ci sono familiari.
Un esempio molto illustrativo `e il seguente: esiste un modo per superare un albero che non
sia quello di passargli a destra o a sinistra? La risposta classica `e ovviamente NO. Se per`o
parliamo di un elettrone, i fatti sperimentali dimostrano che la risposta `e SI. Un elettrone
pu`o passare contemporaneamente da entrambe le parti, cosi come fa un raggio di luce,
che viene diviso in due da un ostacolo. Questo fenomeno che suona come completamente
assurdo alla nostra intuizione `e stato verificato sperimentalmente in molti modi. Quindi
non dovremmo avere pregiudizi troppo radicati quando si affrontano fenomeni su scale
molto diverse da quelle abituali.
` nelle considerazioni precedenti che sta la difficolt`a del primo contatto con la mecE
canica quantistica. Quando le nostre conoscenze della fisica classica sono migliorate si
sono potuti studiare sperimentalmente i fenomeni a livello atomico, cosa che era preclusa
senza una adeguata conoscenza tecnico-scientifica. A questo punto si `e trovato che le idee
applicate fino a quel momento non erano pi`
u valide. Quindi i fisici si sono dovuti formare
un nuovo mondo percettivo, adeguato a far diventare comuni anche quei fenomeni contrari a quello che, fino a quel momento, era ritenuto buon senso. Questo processo deve
combattere con tutto il mondo delle percezioni che si `e formato in noi sin dallinfanzia
e quindi richiede del tempo. Una ulteriore difficolt`a, ma di natura pi`
u tecnica e quindi
pi`
u facilmente affrontabile, `e che la meccanica quantistica richiede in genere un tipo di
matematica diversa e pi`
u raffinata di quanto non sia richiesto a livello classico.
Per concludere, ci sono due possibili modi di presentare la meccanica quantistica:
1) Metodo deduttivo. A seguito degli esperimenti effettuati e della loro interpretazione si `e
oggi arrivati a condensare la meccanica quantistica in alcuni assiomi. Questi assiomi sono
il risultato di una serie di tentativi di spiegazione dei fenomeni, ed alla fine hanno preso
un aspetto alquanto matematico ed impadronirsi del loro uso richiede una certa quantit`
a
di lavoro.
2) Metodo storico. Per questa via si segue lo sviluppo della meccanica quantistica dagli
inizi ed in un certo modo si capisce perch`e si arriva poi a formulare certi postulati. In
realt`a c`e comunque un salto logico a qualche livello. Tutto sembra pi`
u comprensibile
semplicemente perche, ripercorrendo le varie fasi, ci si familiarizza con certi fenomeni che
diventano quindi parte del nostro bagaglio di sensazione e ci danno la confidenza di capire.
Nel primo metodo si devono accettare gli assiomi come atto di fede ed il mondo
delle nostre sensazioni viene arricchito dalle applicazioni degli assiomi alle varie situazioni
fisiche. Una scelta netta `e molto difficile perche la ricostruzione del cammino storico non `e
facile e come detto piena di salti logici dovuti ad intuizioni di alcuni fisici, non facilmente
giustificabili.
Lapproccio storico `e stato parzialmente seguito nel corso di Quanti, pertanto adesso
ci dedicheremo a sviluppare piuttosto laspetto assiomatico. Faremo precedere laspetto
assiomatico da una serie di richiami di tipo matematico sugli spazi vettoriali, operatori
lineari e relative estensioni al caso infinito-dimensionale. Vedremo infatti che la struttura matematica alla base della meccanica quantistica `e quella di uno spazio vettoriale
complesso con prodotto interno, cio`e uno spazio di Hilbert.
In ogni caso nel capitolo 2 verr`
a effettuata una discussione dellesperimento di interferenza di Young che, come vedremo, illustra i punti fisici principali della meccanica
quantistica e che permette anche di capire lorigine della struttura matematica che sottost`a
alla meccanica quantistica.
Capitolo 2
Lesperimento di interferenza di
Young
Lesperimento che maggiormente mette in risalto gli aspetti pi`
u fondamentali della
meccanica quantistica `e lesperimento di interferenza di Young, o esperimento della doppia fenditura illustrato in Figura 2.1.
Figura 2.3: Nella parte destra: cosa si dovrebbe osservare, in base alla teoria ondulatoria, guardando al microscopio le frange di interferenza prodotte nellesperimento di Young. Nella parte sinistra cosa si osserva realmente al microscopio. Nei
cerchi di sinistra losservazione di intensit`a massima, mentre nei cerchi di destra
losservazione di tre zone di debole intensit`a
(2.3)
Daltra parte abbiamo anche visto che sul piano microscopico la distribuzione dellintensit`a sullo schermo non `e ci`o che ci si attende dallipotesi ondulatoria. Un
passo ulteriore si pu`o fare riducendo lintensit`a della sorgente. Questo non avrebbe
alcun effetto sul risultato se tutto andasse come previsto dallipotesi ondulatorio.
7
a+b
a
b
F1
F2
Figura 2.5: Lesperimento di Young effettuato in tre condizioni diverse. Nel caso a)
`e chiusa la fenditura inferiore, non si hanno frange di interferenza e si osserva un
massimo in corrispondenza della fenditura superiore. Il caso b) `e identico al caso a)
eccetto che si scambiano le due fenditure. Nel terzo caso le fenditure sono aperte e
si osservano le frange di interferenza. Sul lato destro della figura sono riportate e le
distribuzioni di intensit`a ottenute chiudendo la fenditura F2 , caso a), e la fenditura
` anche riportata la somma delle due distribuzioni.
F2 , caso b). E
Dal punto di vista corpuscolare le cose invece cambiano, dato che al limite si
potrebbe far passare un solo fotone che potrebbe dare una sola immagine sullo
schermo e certamente non produrre una figura di interferenza. In particolare si
potrebbe cercare di capire cosa succede mandando una successione di fotoni, uno dietro laltro. Con le tecniche odierne questo `e un esperimento possibile, ma possiamo
invece ottenere lo stesso risultato usando elettroni. Come sappiamo dallesperimento
di Davisson e Germer anche gli elettroni mostrano un aspetto ondulatorio. Quindi
se si ripete lesperimento di Young con elettroni ci attendiamo ancora una figura di
interferenza. E questo `e proprio ci`o che si trova come mostrato in Figura 2.6. In
questo caso possiamo ripetere varie volte lesperimento utilizzando numeri diversi
di elettroni, come illustrato in Figura 2.7. Vediamo che le frange si formano aumentando il numero di elettroni. Un risultato analogo nel caso della luce `e quello
di fotografie effettuate con pellicole poco sensibili (cio`e con bassa densit`a di grani),
oppure ingrandendo una determinata immagine sullo schermo di un computer. Per
un numero basso di elettroni non si ha una immagine particolare, ma piuttosto una
serie casuale di punti impressionati. Crescendo il numero degli elettroni i punti im8
(2.5)
Ovviamente, come il campo elettromagnetico soddisfa le equazioni di Maxwell, anche le funzioni donda delle varie particelle dovranno soddisfare unequazione che `e
9
Figura 2.7: Lesperimento di Young ripetuto usando un numero crescente di elettroni. Da una immagine informe a) ottenuta con 28 elettroni si passa alla figura di
interferenza c) prodotta con 10,000 elettroni .
quella che regola la distribuzione di probabilit`a. Questa equazione `e lequazione di
Schrodinger che discuteremo in dettaglio nel seguito. In questa interpretazione probabilistica perde di senso il concetto di traiettoria di una particella: noi non siamo in
grado di dire da dove sia passata la particella, se da F1 o da F2 ma possiamo dare
solo la probabilit`a di trovarla in un certo punto dello spazio. Occorre menzionare
che esiste un altro punto di vista, completamente equivalente, ed `e lidea della somma sui cammini di Feynman. In questo caso non si rinuncia allidea di traiettoria,
ma si cambiano le regole del gioco delle probabilit`a. Si assume cio`e che siano le
ampiezze di probabilit`a a comporsi con le regole della probabilit`a classica. Per esempio per due casi esclusivi, come il passaggio da F1 o F2 , si assume che lampiezza
di probabilit`a totale sia
a (x) + b (x)
(2.6)
dove le due ampiezze corrispondono al passaggio da F1 o da F2 . Pertanto avremo
un effetto di interferenza nella probabilit`a. Come detto questo punto di vista `e
completamente equivalente a quello di Born. Il solo problema `e che la matematica
associata `e assolutamente non banale, e sebbene nei problemi pi`
u attuali il punto
10
11
Capitolo 3
Richiami sugli spazi vettoriali e
sui metodi operatoriali
3.1
Spazi vettoriali
v+w V
v V, se v V, F
(3.1)
vi + vj = vj + vi
vi + (vj + vk ) = (vi + vj ) + vk
vettore nullo, 0, vi + 0 = 0 + vi = vi
unico vettore, (vi ), tale che, vi + (vi ) = 0
(3.2)
Queste propriet`a si sintetizzano dicendo che V `e uno gruppo abeliano rispetto alla
somma. In particolare, iii) e iv) mostrano che V possiede lelemento identit`a (il
vettore nullo) e linverso di ogni elemento v (v).
12
(vi + vj ) = vi + vj ,
( + )vi = vi + vi
(vi ) = ()vi
1vi = vi , 1 F
F, vi , vj V
(3.3)
(a, b, c) + (d, e, f ) = (a + d, b + e, c + f )
(a, b, c) = (a, b, c)
(3.4)
Si verifica subito che queste triple su F formano uno spazio vettoriale. Se F coincide
con i reali, lo spazio delle triple non `e altro che la rappresentazione in un dato
sistema di coordinate di un vettore reale tridimensionale. In questo spazio come si
rappresenta il vettore nullo? Ed il vettore opposto di un vettore dato?
` interessante notare che lo spazio costituito dalle triple della forma (a, b, 1) non
E
`e uno spazio vettoriale (perche?), mentre le triple della forma (a, b, 0) formano uno
spazio vettoriale.
Facendo uso delle definizioni si dimostrano facilmente le seguenti propriet`a:
1)
2)
3)
(3.5)
(3.6)
(3.7)
(3.8)
i vi = 0
(3.9)
i=1
vn =
i vi
(3.10)
i=1
con i = 0. Ma questa relazione significherebbe daltro canto che gli n vettori sono
linearmente dipendenti.
Si dice che uno spazio vettoriale `
e n-dimensionale, se ammette al pi`
un
vettori linearmente indipendenti. Denoteremo uno spazio vettoriale n-dimensionale
su F con il simbolo V n (F ). Su tale spazio vale il seguente:
Teorema: Dati n vettori linearmente indipendenti (v1 , v2 , , vn ), ogni altro vettore v V n (F ) pu`
o essere scritto come combinazione lineare degli n vettori.
Il teorema `e vero se possiamo trovare una relazione del tipo
n
v +
i vi = 0
(3.11)
i=1
con alcuni degli i non nulli. Ma se questo non fosse vero esisterebbero n + 1 vettori
linearmente indipendenti contrariamente allipotesi di essere in V n (F ). Quindi almeno un coefficiente tra e gli i `e non nullo. ma non pu`o essere nullo, altrimenti
gli n vettori non sarebbero linearmente indipendenti. Quindi = 0 e:
v=
i vi =
i=1
i vi
(3.12)
i=1
v=
i vi =
i=1
da cui
i vi
(3.13)
i=1
(i i )vi = 0
i=1
14
(3.14)
(1,0,1)
(0,1,1)
x
(1,1,0)
y
Figura 3.1: I tre vettori dell esempio in un riferimento cartesiano.
Ma dato che i vi sono linearmente indipendenti si ha necessariamente i = i .
Ogni insieme di n vettori linearmente indipendenti in V n (F ) `e chiamato una
base in V n (F ). I coefficienti dellespansione di un generico vettore v in termini dei
vi sono chiamate le componenti di v in quella base. Si dice anche che V n (F ) `e
sotteso da una base. Nel caso di vettori in R3 `e evidente che due vettori non paralleli sono linearmente indipendenti e che la stessa propriet`a vale per tre vettori non
paralleli e non sullo stesso piano. Vedremo pi`
u avanti che questo spazio altro non `e
3
che V (R). Notiamo che il vettore nullo non pu`o essere contenuto in un insieme di
vettori linearmente indipendenti. Infatti se consideriamo un insieme di tali vettori
con il vettore nullo incluso, (v1 .v2 , , vn , 0), questi vettori non sono indipendenti
perche, per esempio, 0 = v v.
Esempio: Dimostrare che i vettori {(1, 1, 0), (1, 0, 1), (0, 1, 1)} rappresentati in Fig.
3.1 sono linearmente indipendenti. Basta vedere se una combinazione lineare dei
tre vettori con coefficienti non tutti nulli pu`o o meno dare il vettore nullo, (0, 0, 0).
Consideriamo
(1, 1, 0) + (1, 0, 1) + (0, 1, 1) = (0, 0, 0)
(3.15)
15
(3.16)
Si verifica che il determinante del sistema `e diverso da zero (vale -2) e quindi il
sistema ammette lunica soluzione = = = 0, ed i tre vettori sono linearmente
indipendenti.
` opportuno osservare che gli assiomi che definiscono uno spazio vettoriale perE
mettono di sviluppare rapidamente il calcolo vettoriale. Consideriamo due vettori
in V 3 (R) espressi una data base (v1 , v2 , v3 ):
v = 1 v1 + 2 v2 + 3 v3
v = 1 v1 + 2 v2 + 3 v3
(3.17)
= (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) + (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) =
= (1 + 1 )v1 + (2 + 2 )v2 + (3 + 3 )v3
(3.18)
Quindi le componenti del vettore somma sono la somma delle componenti dei due
vettori. Analogamente
v = (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) = (1 )v1 + (2 )v2 + (3 )v3
(3.19)
v=
i vi v = (1 , 2 , , n )
(3.20)
i=1
3.2
Un prodotto interno in uno spazio vettoriale associa a due vettori di V uno scalare
di F . Cio`e `e un mapping bilineare V V F che soddisfa ai seguenti assiomi:
i)
ii)
iii)
v|v 0
(= 0 se e solo se v = 0)
vi |vj = vj |vi
vi |vj + vk = vi |vj + vi |vk
16
(3.21)
= ( vj |vi ) = vi |vj
(3.22)
Uno spazio vettoriale sul quale sia definito un prodotto interno si chiama spazio
vettoriale con prodotto interno. In un tale spazio si pu`o definire la norma di
un vettore:
|v| =
v|v
(3.23)
Un vettore si dice normalizzato o vettore unitario se ha norma pari ad uno.
Due vettori si dicono ortogonali se il loro prodotto scalare `e nullo
v|w = 0 vw
(3.24)
(3.25)
1,
0,
i=j
i=j
(3.26)
(3.27)
v|1 v1 + 2 v2 + 3 v3 =
3
i j vi |vj
(3.28)
i,j=1
Pertanto il risultato dipende dalle componenti nella base scelta e dalle quantit`a
vi |vj . Nel caso di una base ortonormale si ha immediatamente
3
i i
v|v =
i=1
17
(3.29)
Notiamo che nel caso complesso, loperazione che appare nellassioma ii) `e cruciale
affinche valga la i).
Una propriet`a importante del prodotto interno `e quella che va sotto il nome di
disuguaglianza di Schwarz:
| vi |vj |2 |vi |2 |vj |2
(3.30)
(3.31)
vj
vi |vj
|v = vi |v = |vi |2 vj |vi
2
|vj |
|vj |2
(3.33)
Pertanto
|vi |2 |vj |2 | vi |vj |2 0
(3.34)
Dalla Eq. (3.33) segue che luguaglianza vale solo per v = 0, cio`e quando vi vj
ossia vi e vj sono paralleli.
Unaltra importante disuguaglianza a cui soddisfa il prodotto interno `e la disuguaglianza triangolare:
|vi + vj | |vi | + |vj |
(3.35)
Il nome deriva dallinterpretazione geometrica illustrata in Fig. 3.2 per gli usuali
vettori in R3 .
v1 + v2
v2
v1
Figura 3.2: La figura esemplifica la disuguaglianza triangolare, che per R3 equivale
allaffermazione che la somma di due lati di un triangolo `e sempre maggiore del
terzo lato.
18
La dimostrazione `e la seguente:
|vi + vj |2 = vi + vj |vi + vj = |vi |2 + |vj |2 + 2Re vi |vj
Se si considera un numero complesso z = a + ib segue che
a = Re z |z| = a2 + b2
(3.36)
(3.37)
Pertanto
|vi + vj |2 |vi |2 + |vj |2 + 2| vi |vj | |vi |2 + |vj |2 + 2|vi ||vj | = (|vi | + |vj |)2 (3.38)
dove abbiamo fatto uso della disuguaglianza di Schwarz. Segue dunque la disuguaglianza (3.35).
3.3
La notazione di Dirac
ei vi
(3.39)
i=1
tutte le operazioni sui vettori si riportano ad operazioni sulle componenti vi . pertanto esiste una corrispondenza biunivoca tra il vettore v e la n-upla delle sue
componenti in una data base
v1
v2
v
(3.40)
vn
In questa base ortonormale il prodotto interno si pu`o scrivere nella seguente forma:
v1
(3.41)
v|v =
vi vi = v1 vn
i=1
vn
dove abbiamo associato al vettore v la n-upla v1 vn . Chiaramente un vettore pu`o essere rappresentato da una riga o da una colonna. Lelemento decisivo che
fissa la rappresentazione `e la posizione in cui compare il vettore nel prodotto interno.
19
Questo vale allinterno della rappresentazione considerata. Se per`o vogliamo introdurre un modo di esprimere in forma pi`
u astratta il prodotto interno tra due vettori,
`e conveniente introdurre la notazione di Dirac. In questa notazione si introducono
due simboli distinti corrispondenti a queste due rappresentazioni. Precisamente si
introducono i ket che corrispondono ai vettori colonna, cio`e
v1
(3.42)
|v
vn
e i bra che corrispondono ai vettori riga:
v| v1
vn
(3.43)
I nomi bra e ket originano dal fatto che mettendo assieme i due vettori si ottiene un
bracket, cio`e una parentesi che associa alla coppia il prodotto interno1 :
v||v v|v
(3.44)
La rappresentazione che associa il bra al vettore v `e anche detta duale di quella che
ne associa il ket. Notiamo che in notazione matriciale la rappresentazione duale `e
ottenuta tramite le operazioni di trasposizione del vettore colonna e di coniugazione
complessa. Linsieme di queste due operazioni costituisce l aggiunto. Questa
operazione in forma astratta fa passare dai ket ai bra e viceversa
(3.45)
(|v ) = |v
(3.46)
v| = |v
Si richiede anche che
|ei |i
1 iesimo posto
0
1
(3.47)
Da ora in avanti elimineremo la notazione in grassetto per i vettori allinterno dei bra e dei
ket, cio`e |v |v
20
vi |i
(3.48)
vi i|
(3.49)
mentre i bra
v| =
i
Ovviamente ogni equazione che vale per i ket pu`o essere trasformata in una equazione
per i bra, semplicemente prendendo laggiunto. Per esempio, consideriamo laggiunto
di |v :
v1
v1
= v1 vn v|
(3.50)
|v
vn
vn
Vediamo dunque che
(|v ) = v|
(3.51)
|v = |v
(3.52)
(|v ) = v| = v|
(3.53)
Inoltre si ha anche
e quindi
Quindi una equazione del tipo
|v = |v + |v
(3.54)
implica
v| = v | + v |
(3.55)
Ripetiamo ancora che facendo il bracket di un bra con un ket (cio`e prendendo il
prodotto interno di un vettore con un altro) si ha
v1
v|v = v1 vn
vi vi
(3.56)
=
i
vn
Lortonormalit`a dei vettori di base si scrive nella forma
i|j = ij
(3.57)
Se un ket ha la decomposizione
|v =
vi |i
i
21
(3.58)
vi j|i =
i
vi ij = vj
(3.59)
Segue lespressione
|v =
|i i|v
(3.60)
v| =
i
v|j
i|j vi = vj
=
i
v| =
v|i i|
(3.61)
i|v
i| =
v|i i|
(3.62)
Quindi, nel prendere laggiunta di una espressione, occorre invertire i bra ed i ket
anche quando si abbia un prodotto interno.
Vogliamo ora mostrare come sia possibile, dati n vettori linearmente indipendenti, costruire un set di vettori ortonormali (procedimento di Gram-Schmidt). Iniziamo
definendo n vettori ortogonali dal set dato (|v1 , , |vn ). Poniamo
|1
= |v1
|2
= |v2
|1
1 |v2
1 |1
(3.63)
|1
1 |v3
|2 2 |v3
1 |1
2 |2
(3.64)
(3.65)
|k = |vk
i =1
|i
i |vk
,
i |i
22
k = 2, , n
(3.66)
|i
=
|i |
|i
(3.67)
i |i
Lindipendenza lineare degli n vettori iniziali `e qui usata in modo implicito. Infatti se fossero linearmente dipendenti la costruzione precedente si potrebbe arrestare
prima di arrivare al vettore |n .
Esercizio: dati i tre vettori
3
|v1 0 ,
0
|v2
1 ,
2
|v3
2
5
(3.68)
1 , |3
2
(3.69)
|1 0 , |2
5 2
5
0
1
Un importante teorema sugli spazi vettoriali `e il seguente
Teorema: Il numero massimo di vettori ortogonali in uno spazio vettoriale `e uguale
al numero massimo di vettori linearmente indipendenti.
Per dimostrarlo premettiamo il seguente lemma: Un set di vettori mutuamente
ortogonali `e linearmente indipendente. Infatti se esistesse una relazione:
n
0=
i |vi
(3.70)
i vk |vi = k |vk |2 k = 0 k
(3.71)
i=1
0=
i=1
Consideriamo ora uno spazio V n (F ), che quindi conterr`a n vettori linearmente indipendenti. Il numero di vettori ortogonali non pu`o essere superiore ad n, altrimenti, dovendo essere linearmente indipendenti, contraddiremmo lipotesi di esser in
V n (F ). Daltra parte usando il procedimento di Gram-Schmidt, dagli n vettori linearmente indipendenti possiamo costruire n vettori mutuamente ortogonali e quindi
il teorema segue.
23
3.4
Sottospazi vettoriali
Un sottospazio di uno spazio vettoriale, che sia anchesso uno spazio vettoriale, `e
detto un sottospazio vettoriale. Per esmpio in V 3 (R) i seguenti sono sottospazi
vettoriali:
1) - I vettori lungo un asse, Vx1
2
2) - I vettori in un piano, Vxy
Evidentemente un sottospazio vettoriale deve contenere il vettore nullo e i vettori
opposti di ogni vettore. Quindi i vettori lungo lasse positivo delle x non formano
un sottospazio vettoriale.
Dati due sottospazi vettoriali V i e V j , possiamo definire un terzo sottospazio
vettoriale, detto somma diretta, V i V j prendendo tutti gli elementi di V i , quelli
di V j e le loro combinazioni lineari (per avere la proprieta di chiusura rispetto
alladdizione). Se per esempio considerassimo Vx1 e Vy1 e prendessimo solo i vettori
nei due sottospazi, avremmo solo i vettori lungo x e quelli lungo y, ma questo non
sarebbe uno spazio vettoriale, dato che combinando due tali vettori si ottiene un
generico vettore nel piano xy. Invece la somma diretta precedentemente definita da
2
proprio Vx1 Vy1 = Vxy
.
3.5
Operatori lineari
(3.72)
(3.73)
Dato che stiamo considerando spazi vettoriali gli unici operatori che hanno senso,
cio`e che trasformano lo spazio vettoriale in un altro spazio vettoriale sono quelli che
ne preservano la struttura lineare. Gli operatori con questa propriet`a sono detti
operatori lineari. Pi`
u precisamente un operatore `e lineare se soddisfa la seguente
propriet`a:
A(|v + |w ) = A|v + A|w
(3.74)
Un operatore A pu`o agire anche sui bra:
( v| + w|)A = v|A + w|A
(3.75)
j
i
x
i = i
2
j = k
2
k = j
2
(3.77)
(j + k) = Rx
j + Rx
k=kj
2
2
2
(3.78)
(3.79)
vi |i =
A|v = A
(3.80)
da cui
Rx
v = v1 i + v2 j + v3 k
(3.81)
v = v1 i + v2 k v3 j
2
(3.82)
25
(3.83)
(A)|v = (A|v )
(3.84)
)
R x( __
2
)
Ry ( __
2
z
x
x
)
R x( __
2
)
Ry ( __
2
y
y
x
e di Ry
tivo, cio`e
A1 A2 = A2 A1
(3.85)
Unalgebra `e uno spazio vettoriale, V , nel quale sia definito il prodotto di due vettori, come
un mapping bilineare V V V
26
(3.87)
(3.88)
Per esempio:
(3.89)
con I loperatore identit`a. Nel caso di Rx (/2) si verifica subito che loperatore
inverso `e Rx (/2). Linverso del prodotto di due operatore `e uguale al prodotto
degli inversi, cio`e
(AB)1 = B 1 A1
(3.90)
Infatti:
AB(B 1 A1 ) = (B 1 A1 )AB = I
3.6
(3.91)
Abbiamo visto che un vettore in una data base corrisponde ad una ennupla di numeri,
le sue componenti in quella base. Analogamente, in una data base, un operatore
lineare `e rappresentato da una matrice di n n numeri, i suoi elementi di matrice.
Ovviamente i valori degli elementi di matrice dipendono dalla base scelta, ma il loro
uso risulta estremamente conveniente. Abbiamo gi`a osservato che un operatore `e
completamente assegnato una volta che ne sia stata definita lazione sugli elementi
di una base. In particolare si possono facilmente calcolare le componenti del ket
trasformato sotto lazione delloperatore. Se
|v = A|v
(3.92)
segue
vi = i|v = i|A|v = i|A
vj |j =
j
i|A|j vj
(3.93)
Posto
Aij = i|A|j
(3.94)
segue
Aij vj
vi =
(3.95)
Quindi lazione delloperatore si pu`o valutare agendo con i suoi elementi di matrice
sulle componenti del vettore iniziale. Nella data base il vettore iniziale `e rappresentato da un vettore colonna e lazione delloperatore `e semplicemente il prodotto
27
della matrice che lo rappresenta per il vettore colonna con la consueta definizione di
prodotto righe per colonne.
Esempio 1: Consideriamo ancora loperatore di rotazione
R Rx
(3.96)
Ricordando che
R|1 = |1 ,
segue
1|R|1
R 2|R|1
3|R|1
R|2 = |3 ,
1|R|2
2|R|2
3|R|2
T 1
0
R|3 = |2
(3.97)
1 0 0
1|R|3
2|R|3 = 0 0 1
3|R|3
0 1 0
(3.98)
0 1
0 0
1 0
0 0 1
1
0
1 0 0 0 = 1 T |1 = |2
0 1 0
0
0
0
0
0 0 1
1 0 0 1 = 0 T |2 = |3
1
0
0 1 0
0 0 1
0
1
1 0 0 0 = 0 T |3 = |1
0 1 0
1
0
(3.99)
(3.100)
(3.101)
(3.102)
Quindi dallespressione degli elementi di matrice possiamo ricostruire lazione delloperatore astratto sui vettori di base.
Gli elementi di matrice delloperatore identit`a si calcolano immediatamente:
i|I|j = i|j = ij
(3.103)
Quindi loperatore identit`a in una base ortonormale corrisponde alla matrice identit`a.
Ricordiamo che abbiamo dimostrato la relazione
n
|v =
|i i|v
i=1
28
(3.104)
|v =
|i i| |v
(3.105)
i=1
Questa relazione che lespressione in parentesi altro non `e che un operatore che
applicato al ket |v lo riproduce. Quindi si ha
n
I=
|i i|
(3.106)
i=1
(3.108)
Pi = I
(3.109)
i=1
(3.110)
Il contenuto fisico di questa equazione pu`o essere capito considerando gli analizzatori
di polarizzazione, che in pratica funzionano come proiettori, vedi Fig 3.5.
Lazione dei proiettori sui bra si ottiene facilmente
v|Pi = v|i i| = vi i|
(3.111)
0 0 0
0
(3.112)
Pi = |i i|
1 0 1 0 = 0 1 0
0 0 0
0
3
29
Py
Py
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Ey
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Px
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
(3.113)
che appunto ci dice che lunico elemento diverso da zero `e quello sulla riga i e sulla
colonna i.
Vediamo adesso come si rappresenta il prodotto di due operatori in termini di
matrici. Consideriamo lelemento di matrice del prodotto AB
n
Aik Bkj
i|A|k k|A|j =
(3.114)
k=1
Per arrivare al risultato abbiamo usato un trucco molto comune che consiste nellinserire loperatore identit`a nella formula (3.106). Vediamo che lelemento di matrice
del prodotto si ottiene facendo il prodotto righe per colonne delle due matrici che
rappresentano gli operatori A e B.
Definiamo adesso l aggiunto di un operatore. Partendo da:
A|v = |v = |Av
(3.115)
(3.116)
= j|A|i
= Aji
(3.117)
cio`e
(A )ij = Aji
(3.118)
(3.120)
(3.121)
A = A
(3.122)
Ogni operatore pu`o essere sempre decomposto in una parte hermitiana ed in una
parte anti-hermitiana
1
1
A = (A + A ) + (A A )
(3.123)
2
2
hermitiano
antihermitiano
(3.124)
U = U 1
(3.125)
o, in altri termini,
Questi operatori generalizzano i numeri complessi di modulo uno, ei . Osserviamo
che il prodotto di operatori unitari `e unitario. Infatti
(U1 U2 ) = U2 U1 = U21 U11 = (U1 U2 )1
(3.126)
Inoltre gli operatori unitari possiedono limportante propriet`a di conservare il prodotto interno. Cio`e posto
(3.127)
|v2 = U |v2
|v1 = U |v1 ,
si ha
v2 |v1 = v2 |U U |v1 = v2 |v1
(3.128)
(3.129)
per cui se U `e una matrice reale (come deve essere se i vettori sono definiti sul campo
dei reali) segue
U = U 1 U T = U 1 U T U = I
(3.130)
Lultima relazione definisce una matrice ortogonale che corrisponde ad una rotazione.
` importante osservare che se pensiamo alle colonne di una matrice unitaria
E
n n come alle componenti di n vettori, questi formano un set ortonormale. Infatti,
partendo da U U = I si ha
n
ij = i|I|j = i|U U |j =
i|U |k k|U |j =
k=1
(i)
k=1
k=1
(3.131)
con componenti
(i)
vk = Uki
segue:
Uki
Ukj
(U )ik Ukj =
(3.132)
n
(i) (j)
vk vk = ij v (i) |v (j) = ij
(3.133)
k=1
3.7
U v |A|U v = v |U AU |v
(3.135)
(3.136)
Ci sono delle operazioni che si possono fare sugli operatori e che sono invarianti sotto trasformazioni unitarie. Per esempio la traccia (somma degli elementi
diagonali):
n
T r[A] =
Aii
(3.137)
i=1
(3.138)
Infatti
Aij Bji =
T r[AB] =
i,j
(3.139)
(3.140)
Usando questultima si ha
T r[U AU ] = T r[U U A] = T r[A]
(3.141)
3.8
(3.142)
(3.143)
(3.146)
Pertanto, dato che abbiamo considerato tutte le possibilit`a segue che gli unici autovalori di un operatore di proiezione normalizzato sono 0 e 1.
Esempio 3: Loperatore di rotazione R = Rx (/2). Chiaramente il ket |1 `e un
autovettore con autovalore 1, poiche
R|1 = |1
(3.147)
3.9
(3.149)
Equazione caratteristica
(3.150)
(Aij ij )vj = 0
(3.151)
j=1
Questa `e una equazione lineare ed omogenea nelle componenti dellautovettore. Pertanto si hanno soluzioni non identicamente nulle per le vj se e solo se il determinante
del sistema `e nullo
det|A I| = 0
(3.152)
34
ck k
0 = det|A I| =
(3.153)
k=0
ck k
P () =
(3.154)
k=1
i|W (A I)W |j vj = 0
i |(A I)vj |j =
j
(3.155)
Segue
0 = det|W (A I)W | = det|W W |det|A I|
(3.156)
e dato che W `e non singolare ritroviamo la stessa equazione valida per la vecchia
base.
Dal teorema fondamentale dellalgebra (ogni equazione di grado n ha n radici
reali o complesse) segue che ogni operatore in V n (C) ha n autovalori reali o complessi, non necessariamente distinti. Una volta trovati gli autovalori, gli autovettori
nella data base si determinano risolvendo lequazione agli autovalori
(Aij ij )vj = 0
(3.157)
Daltra parte, come mostreremo, non sempre gli autovettori esistono. Esistono per`o
sempre per operatori hermitiani4 e per operatori unitari.
Esempio: Consideriamo ancora R = Rx (/2). Ricordiamo che la sua matrice `e
(vedi eq. (3.98))
1 0 0
R 0 0 1
(3.158)
0 1 0
Pertanto
1 0
0
1 = (1 )( 2 + 1)
det|R I| = det 0
0
1
(3.159)
Quindi anche per quelli anti-hermitiani, dato che assegnato un operatore A anti-hermitiano,
loperatore iA `e hermitiano
35
Come gi`a osservato prima, questa equazione ha una sola radice reale, +1, e due
immaginarie pure. Quindi il problema agli autovalori ha una sola soluzione nei reali
e tre nei complessi. Gli autovalori sono:
1 = +1,
2 = +i,
3 = i
(3.160)
Sappiamo gi`a che 1 corrisponde allautovettore |1 , ma possiamo comunque verificarlo direttamente risolvendo lequazione agli autovalori per i vi , con = 1
v1
0 0
0
v2 = 0
(3.161)
0 = (R I)|v 0 1 1
0 1 1
v3
Risultano le equazioni
v2 + v3 = 0,
Pertanto lautovettore `e
e se lo normalizziamo, si ha
v 2 v3 = 0 v2 = v3 = 0
(3.162)
v1
|v = 0
0
(3.163)
1
|v = 0
0
(3.164)
1i 0
0
v1
0
i 1
v2 = 0
(3.166)
0
1 i
v3
Da cui le equazioni
(1 i)v1 = 0,
iv2 v3 = 0,
v2 iv3 = 0
(3.167)
v2 = iv3
36
(3.168)
0
| = +i = iv3
v3
(3.169)
dove abbiamo introdotto una notazione molto usata che consiste nellidentificare
lautovettore con lautovalore corrispondente. Se normalizziamo ad uno, a parte
una fase, si ottiene
0
1
1
| = +i = i = (i|2 + |3 )
(3.170)
2 1
2
Analogamente
0
1
1
| = i = i = (i|2 + |3 )
2 1
2
(3.171)
|A| = |
(3.172)
(3.173)
(3.174)
Notiamo che se cos non fosse, A I sarebbe invertibile. Questo grazie ad un teorema sulle
matrici che dice che se B|v = 0 implica |v = 0 allora B `e invertibile
37
n1
Consideriamo poi lo spazio V1
dei vettori perpendicolari a |1 e scegliamo una
n1
base costituita da |1 e da (n 1) vettori ortonormali in V1
. In questa base si
ha
1
0
|1
(3.175)
e quindi
Ai1 = i|A|1 = 1 i|1 = 1 i1
(3.176)
1 0
0
0
Aij =
(n1)
(3.177)
(3.178)
(3.179)
1 0 0 0 0 0
0 2 0 0
0 0 0
(3.180)
Aij =
0 i 0
0 0
0 0 n
In questa base ognuno degli |i `e ortogonale ai precedenti e quindi il teorema `e
dimostrato. Ovviamente questi autovettori possono essere normalizzati e quindi
formeranno un sistema ortonormale.
38
(3.181)
i |A|j = j i |j
(3.183)
(3.184)
(3.185)
i=j
(3.186)
Ovviamente se gli autovalori sono degeneri occorre affidarsi alla costruzione della
dimostrazione del teorema precedente per costruire autovettori ortonormali.
3.9.1
Il caso degenere
Segue
1 0 1
A 0 2 0
1 0 1
(3.187)
1
0
1
2
0 = ( 2)2
det|A I| = 0
1
0
1
(3.188)
39
(3.189)
1
0
1
2 = 3 = 2
0 1
v1
v1 + v3
2 0 v2 = 2v2 = 0
0 1
v3
v1 + v3
(3.190)
(3.191)
Da cui
v2 = 0,
e normalizzando
v1 = v3
|1
1
1
= 0
2 1
(3.192)
Nel caso 2 = 3 = 2 si ha
v1 + v3
v1
1 0 1
=0
0 0 0 v2 =
0
v1 v3
v3
1 0 1
(3.193)
(3.194)
(3.195)
Infatti, come deve essere, ogni radice degenere elimina una equazione. Nel caso
dellaltro autovalore non degenere avevamo due equazioni per tre incognite, con la
terza incognita fissata dalla normalizzazione. In questo caso invece lautovettore
pi`
u generale dipende da due parametri (eventualmente uno da fissare in base alla
normalizzazione)
v1
|2,3 = v2
(3.196)
v1
Osserviamo che questi vettori sono ortogonali allautovettore non degenere (come
deve essere perche in ogni caso corrispondono ad autovalori distinti)
v1
1
1 0 1
v2 = 0
(3.197)
2
v
1
40
Notiamo che il generico autovettore normalizzato, corrispondente allautovalore degenere si pu`o scrivere nella forma
v1
1
1
1
v2 =
v2 /v1
(3.198)
2 + (v2 /v1 )2
2v12 + v22 v
1
1
Il rapporto v2 /v1 pu`o essere fissato a piacere e corrisponde al fatto che nello spazio
degli autovettori, lautovettore degenere pu`o essere allineato in una qualunque direzione del piano (|2 , |3 ) (vedi Figura 3.6).
| 1 >
| 2 >
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
piano degenere
| 3 >
Figura 3.6: Il piano (|2 , |3 ) corrisponde alle due direzioni degeneri e qualunque
due vettori ortonormali in questo piano costituiscono una base ortonormale con |1 .
Possiamo fissare uno dei due autovettori degeneri fissando arbitrariamente il
rapporto v2 /v1 , per esempio prendendolo uguale ad uno. Indicando con | = 2, 1
il ket corrispondente, avremo
1
1
1
| = 2, 1 =
(3.199)
3 1
A questo punto possiamo fissare laltro autovettore scegliendo v2 /v1 in modo che sia
ortogonale al precedente:
1
1
1
1
1
1 1 1 v2 /v1 =
(2 + v2 /v1 ) = 0 (3.200)
2
3 2 + (v2 /v1 )
3 2 + (v2 /v1 )2
1
41
Quindi
v2 = 2v1
e, normalizzando
(3.201)
1
1
| = 2, 2 = 2
6
1
(3.202)
U |uj = uj |uj
(3.203)
(3.204)
(3.205)
(3.206)
|ui |2 = 1
(3.207)
uj |ui = 0
(3.208)
Per i = j si ha
Per i = j
e quindi seguono entrambi i teoremi.
Nel caso degenere pu`o essere seguita la dimostrazione del caso di un operatore
hermitiano. Lunica differenza `e nella dimostrazione relativa agli zeri della prima
riga, che adesso segue dalla condizione di unitariet`a. Infatti si ha
U U = I
(U )1j Uj1 =
|U1j |2 = 1
j
42
(3.209)
Ma dato che, selezionando il primo autovalore come per il caso di operatori hermitiani
|U11 |2 = 1
(3.210)
si ha necessariamente
U1j = 0,
3.9.2
j=1
(3.211)
(3.212)
Segue
j|U = j | j|U U |i = j |i = ij
(3.213)
(3.214)
(3.215)
vale a dire
Aij Ujk =
j
Se definiamo n vettori V
(k)
Uij j jk = k Uik
(3.216)
con componenti
(k)
vi
= Uik
(3.217)
Aij vj
(k)
= k vi
(3.218)
Pertanto questi vettori non sono altro che gli autovettori calcolati nella base originaria
(k)
U1k
v1
(3.219)
|k
(k)
Unk
vn
43
e
A|k = k |k
(3.220)
Vediamo anche che le colonne della matrice U costituiscono gli autovettori di A. Una
rappresentazione astratta di questa affermazione `e contenuta nella rappresentazione
per loperatore U come
U=
|i i|
(3.221)
i
che pu`o essere verificata immediatamente. Quanto sopra mostra lequivalenza tra la
diagonalizzazione di un operatore e il problema agli autovalori.
Esercizio 1): Dato
0 0 1
A = 0 0 0
1 0 0
(3.222)
Verificare che:
1) A `e hermitiano.
2) Dimostrare che gli autovalori sono 0, 1 e che gli autovettori corrispondenti hanno
lespressione
1
0
1
1
1
| = 1 0 , | = 0 1 , | = 1 0
(3.223)
2 1
2
0
1
3) Verificare che costruendo la matrice U con colonne gli autovettori di A, lespressione U AU `e diagonale e che U `e unitaria.
Esercizio 2): Diagonalizzare la matrice hermitiana
2 0
0
1
A = 0 3 1
2
0 1 3
(3.224)
Il polinomio caratteristico `e
P () = (1 )2 ( 2)
(3.225)
= 2, 1, 1
(3.226)
0
1
| = 2 1
2 1
44
(3.227)
| = 1
v1
1
v2 =
v12 + 2v22 v
2
1
1
v2 /v1
2
1 + 2(v2 /v1 )
v2 /v1
(3.228)
Due autovettori corrispondenti allo spazio degenere possono essere scelti come
1
2
1
1
| = 1, 1 1 , | = 1, 2 1
(3.229)
3 1
6 1
Quindi la matrice U `e data da
1
3
1
3
1
3
U = 12
12
Si verifica facilmente che
2
6
16
(3.230)
2 0 0
U AU = 0 1 0
0 0 1
(3.231)
4 1
1 2
(3.232)
(3.233)
(3.235)
1
2v12
v1
v1
1
=
2
1
1
(3.236)
Come si vede non si hanno due autovettori ma solamente uno. Questo `e appunto il
caso di una matrice non diagonalizzabile e che ha due autovalori e un solo autovettore.
45
cos sin
sin cos
(3.237)
(3.238)
P () = 2 2 cos + 1
(3.239)
(3.240)
1
i
(3.241)
1 1
i i
(3.242)
dato che la traccia ed il determinante sono invarianti sotto trasformazioni unitarie, nel caso di operatori hermitiani ed unitari, che sono diagonalizzabili con
trasformazioni unitarie, si ha
det|A| = det|U AU | = det|AD | =
(3.243)
(3.244)
3.10
Un teorema che come vedremo gioca un ruolo fondamentale in meccanica quantistica `e il seguente
Teorema: Se A e B sono operatori hermitiani che commutano tra loro
[A, B] = 0
46
(3.245)
(3.247)
(3.248)
(3.249)
a1
...
a1
a
2
...
A
(3.250)
a2
..
am
.
.
.
am
La base non `e univocamente definita perche in ogni sottospazio degenere Vami i (mi `e
la degenerazione dellautovalore ai ) esiste una mi -infinit`a di basi possibili. Scegliamo
allora una base possibile |ai , , con = 1, , mi in ogni Vami i . Avremo
A(B|ai , ) = BA|ai , = ai B|ai ,
(3.251)
B|ai , Vami i
(3.252)
da cui
Ovviamente vettori che appartengono ad autospazi diversi sono ortogonali tra loro
e quindi
aj , |B|ai , = 0, i = j
(3.253)
47
B1
B2
..
(3.254)
Bm
Cio`e ogni Bi `e una matrice nel sottospazio Vami i e quindi di dimensioni mi mi . In
ognuno di questi sottospazi possiamo diagonalizzare la matrice Bi passando dalla
base originale |ai , alla base degli autostati di Bi . Questo puo essere fatto con
una matrice unitaria mi mi , Ui che diagonalizza Bi . In corrispondenza possiamo
definire una matrice Ui
...
(3.255)
Ui =
Ui
..
.
1
con
Ui Bi Ui = BiD ,
i ] = mi mi
dim[Ui ] = dim[B
(3.256)
b1
..
.
bm
1
..
B
(3.257)
b1m
.
..
mm
bm
e
a1
..
.
a1
..
.
am
...
am
48
(3.258)
Se B `e non degenere allinterno dei vari sottospazi, risulter`a definita ununica base
completamente specificata dalla coppia di autovalori di A e di B. Pertanto lautovalore di B assume il ruolo dellindice . Se B `e degenere allora la base allinterno
dei sottospazi degneri di A non sar`a completamente specificata. Per avere una
specificazione completa occorrono in genere pi`
u operatori commutanti, con la base
specificata dal set dei loro autovalori. In uno spazio vettoriale finito-dimensionale
`e sempre possibile trovare una base di operatori (A, B, C, ) commutanti tra loro
e che individuano una unica base |a, b, c, . Questo set di operatori `e detto set
completo di operatori commutanti. Nel seguito assumeremo che un tale set
esista anche negli spazi infinito-dimensionali.
Esercizio: Diagonalizzare i seguenti due operatori
2 1
1
1 0 1
A = 1 0 1 , B = 0 0 0
1 0 1
1 1 2
(3.259)
Osserviamo prima di tutto che entrambe le matrici sono hermitiane. Iniziamo poi a
discutere A. Il suo polinomio caratteristico `e
PA () = (1 + )(2 + 5 6)
(3.260)
autovalori di A :
(3.261)
da cui
= 1, 2, 3
Per B si ha
PB () = 2 (2 )
(3.262)
= 0, 0, 2
(3.263)
3 1
1
v1
1 1 1 v2 = 0
(3.264)
1 1 3
v3
Da cui
3v1 + v2 + v3 = 0,
v1 + v2 v3 = 0,
v1 v2 + 3v3 = 0
(3.265)
che ha soluzione
v1
v2
= 1,
=2
v3
v3
La condizione di normalizzazione risulta allora
6v32 = 1
49
(3.266)
(3.267)
e quindi
1
1
| = 1 2
6
1
Per = 2 si ha
(3.268)
0 1
1
v1
1 2 1 v2 = 0
1 1 0
v3
(3.269)
Da cui
v2 + v3 = 0,
v1 2v2 v3 = 0,
v1 v2 = 0
(3.270)
che ha soluzione
v1
v3
= 1,
= 1
v2
v2
La condizione di normalizzazione risulta allora
3v22 = 1
e quindi
(3.271)
(3.272)
Per = 3 si ha
1
1
| = 2 1
3 1
(3.273)
1 1
1
v1
1 3 1 v2 = 0
1 1 1
v3
(3.274)
Da cui
v1 + v2 + v3 = 0,
v1 3v2 v3 = 0,
v1 v2 v3 = 0
(3.275)
che ha soluzione
v2
v1
= 0,
=1
v3
v3
La condizione di normalizzazione risulta allora
e quindi
(3.276)
2v32 = 1
(3.277)
1
1
0
| = 3
2 1
(3.278)
50
1 0 1
1
0 0 0 1 2 = 0
(3.279)
6
1 0 1
1
1 0 1
1
0 0 0 1 1 = 0
(3.280)
3 1
1 0 1
1 0 1
1
1
0 0 0 1 0 = 2 1 0
(3.281)
2
2
1 0 1
1
1
Riassumendo
B| = 1 = 0,
B| = 1 = 0,
B| = 3 = 2| = 3
(3.282)
Mostriamo ora come si sarebbe sviluppato il calcolo se fossimo partiti diagonalizzando B. Consideriamo = 0. Si ha
1 0 1
v1
0 0 0 v2 = 0
(3.283)
1 0 1
v3
da cui segue la sola equazione indipendente (ricordiamo che = 0 `e lautovalore
degenere)
v1 + v3 = 0
(3.284)
Pertanto gli autovettori normalizzati sono dati da
| = 0
1
1
v2 /v1
2 + (v2 /v1 )2
1
1 0
1
v1
0 2 0 v2 = 0
v3
1
0 1
(3.285)
(3.286)
da cui
v1 + v3 = 0,
2v2 = 0,
v1 v3 = 0
(3.287)
La condizione di normalizzazione da
2v32 = 1
51
(3.288)
e quindi
1
1
0
| = 2
2 1
(3.289)
| = 0, 1
(3.290)
2 + 2 1
e cercando poi un vettore ancora del tipo
1
1
v2 /v1
2 + (v2 /v1 )2
1
(3.291)
v2
=0
v1
(3.292)
v2
2
=
v1
(3.293)
1
1
2
| = 0, 2
2 2 + 2
(3.294)
2 1
1
1
1+
1
= 1
2 (3.295)
A| = 0, 1 1 0 1
2
2
2
+
2
+
1 1 2
1
1
Se richiediamo che questo vettore sia autovettore di A dovremo avere che il vettore
che si ottiene da A| = 0, 1 deve essere proporzionale a | = 0, 1 stesso tramite il
corrispondente autovalore . Si ottengono le seguenti due equazioni
1 + = ,
2 =
(3.296)
con soluzioni
= 2,
= 1;
= 1,
52
= 2
(3.297)
e quindi
1
1
| = 0, = 2 = 1
3 1
1
1
2
| = 0, = 1 =
6 1
(3.298)
(3.299)
Infine
1
1
0
(3.300)
| = 2, = 3 =
2 1
Ovviamente questi vettori sono tutti ortogonali tra loro. Confrontando con i risultati
precedenti vediamo che si ottengono gli stessi risultati eccetto per una fase (il segno)
diversa nella definizione di | = 0, = 1 rispetto alla eq. (3.268). Daltra
parte come abbiamo gi`a detto la fase di un vettore non `e fissata dalla condizione di
normalizzazione. Inoltre mostreremo che la fisica non dipende dalla scelta di queste
fasi.
3.11
11 12
21 22
53
x1
x2
(3.303)
x2
x1
b
2k
,
m
12 = 21 =
k
m
(3.304)
(3.305)
1
,
0
|2
0
1
(3.306)
Vista la linearit`a del sistema possiamo interpretare i vettori di base come spostamenti pari ad uno per la prima e per la seconda massa rispettivamente. Il generico
vettore
x1 (t)
1
0
= x1 (t)
+ x2 (t)
(3.307)
0
1
x2 (t)
o
|x = x1 |1 + x2 |2
(3.308)
corrisponde dunque ad uno spostamento x1 per la prima massa e x2 per la seconda massa. Questa base ha un chiaro significato fisico ma porta a equazioni del
moto accoppiate. Chiaramente il modo per disaccoppiare le equazioni `e quello di
diagonalizzare . Consideriamone allora il polinomio caratteristico
P () = det
k
k
k
k
m
m
= 2 + 4 + 3
k
k
m
m
2
m
m
54
(3.309)
k
k
, 3
m
m
(3.310)
Introducendo
I =
k
,
m
II =
k
m
(3.311)
(3.312)
k
k
m m
k x1 + x2
x1
=
(3.313)
x
x
x
m
k
2
1
2
k
m
m
Quindi
x1 = x2
(3.314)
e lautovettore `e dato da
1
| = I2 |I =
2
Analogamente per lautovalore
k
m
k
m
2
= II
si ha
k
m
k
x1
=
x
m
k 2
1
1
(3.315)
x1 + x2
x1 + x2
(3.316)
da cui
x1 = x2
e
1
2
| = II
|II =
2
(3.317)
1
1
(3.318)
(3.319)
avremo
|
x
da cui
xI (t) = I2 xI (t)
2
xII (t) = II
xII (t)
(3.321)
Queste equazioni, con la condizione iniziale x 1 (0) = x 2 (0) = 0, si risolvono immediatamente con il risultato
xi (t) = xi (0) cos i t,
i = I, II
(3.322)
Pertanto
|x(t) = |I xI (0) cos I t + |II xII (0) cos II t
(3.323)
xi (0) = i|x(0)
(3.324)
(3.325)
Dato che
segue
Vediamo dunque che il vettore |x(t) si ottiene dal valore iniziale |x(0) tramite
lazione dell operatore lineare dato in parentesi nellequazione precedente.
Dunque abbiamo ricondotto il nostro problema ai seguenti tre passi:
i) - Risolvere il problema agli autovalori per
ii) - Trovare i coefficienti xi (0) = i|x(0) con i = I, II
iii) - Usare lequazione (3.325)
Nel caso in esame si ha
1
xI (0) = I|x(0) = 1 1
2
1
xII (0) = II|x(0) = 1 1
2
Pertanto la soluzione `e
|x(t) = |I
x1 (0)
x2 (0)
x1 (0)
x2 (0)
1
= (x1 (0) + x2 (0))
2
1
= (x1 (0) x2 (0))
2
x1 (0) + x2 (0)
x1 (0) x2 (0)
cos I t + |II
cos II t
2
2
(3.326)
(3.327)
(3.328)
O esplicitamente
x1 (t) = 1|x(t) =
k
t
m
1
(x1 (0) + x2 (0)) cos
2
56
1
(x1 (0) x2 (0)) cos
2
k
t
m
(3.329)
3
x2 (t) = 2|x(t) =
1
(x1 (0) + x2 (0)) cos
2
k
t
m
1
(x1 (0) x2 (0)) cos
2
k
t
m
(3.330)
3
(3.331)
1
1
2 (cos I t + cos II t) 2 (cos I t cos II t)
U (t) =
(3.332)
1
(cos I t cos II t)
(cos I t + cos II t)
2
2
Loperatore U (t) `e un operatore che non dipende dallo stato iniziale e nel linguaggio
della meccanica quantistica `e chiamato propagatore perche propaga il sistema dallo
stato iniziale caratterizzato dal ket |x(0) allo stato al tempo t. Loperatore U (t)
non `e altro che loperatore che appare nella parentesi dellequazione (3.325)
U (t) = |I I| cos I t + |II II| cos II t =
|i i| cos i t
(3.333)
i=I,II
(3.334)
si riporta a risolvere il problema aglia autovalori per ed alla costruzione delloperatore U (t).
Notiamo che ci sono dei vettori che hanno una evoluzione temporale particolarmente semplice. Questi sono gli autostati di . Per esempio,
|I(t) = U (t)|I =
|i i| cos i t = |I cos I t
(3.335)
i=I,II
Analogamente
|II(t) = U (t)|II = |II cos II t
(3.336)
57
(3.339)
|
x = |x U (t)|x(0) = U (t)|x(0)
(3.340)
U (t) = U (t)
(3.341)
(3.342)
0 UII,II
o
I2
0
2
0 II
Ui,i = i2 Uii ,
UI,I
0
0 UII,II
i = I, II
(3.343)
(3.344)
(3.345)
Come vedremo nel seguito del corso, lequazione che governa la meccanica quantistica, lequazione di Schrodinger, si scrive in uno spazio vettoriale nella forma
/
ih
|(t) = H|(t)
t
(3.346)
(3.347)
3.12
Funzioni di operatori
In questa Sezione vogliamo estendere il concetto di funzione definita sui reali o sui
complessi a funzioni di operatori. La maniera pi`
u semplice per definire una tale
funzione `e quella di considerare delle funzioni che ammettano uno sviluppo in serie
di potenze
cn xn
f (x) =
(3.348)
n=0
cn An
f (A) =
(3.349)
n=0
e =
n=0
1 n
A
n!
(3.350)
A
(3.351)
n
da cui
1 m
1
m=0 m!
eA
1
e
en
m
(3.352)
m! n
m=0
xn =
f (x) =
n=0
1
,
1x
59
|x| < 1
(3.353)
e definiamo
An (I A)1
f (A) =
(3.354)
n=0
m
1
1
1 1
m=0
(I A)1
=
(3.355)
m
n
1
n
m=0
(3.356)
(3.357)
n
e
iA
U =e
i
e 1
(3.358)
ein
che `e chiaramante un operatore unitario. Inoltre
n
i
det|U | = e
3.13
i
i=1
= eiT rA
(3.359)
60
(3.360)
Dato che le operazioni a secondo membro sono ben definite, se il limite esiste, la
derivata `e perfettamente definita. Come esempio consideriamo
A() = eB
(3.361)
1 e1
e1
dA()
d
d
d
n en
en
= BA() = A()B
(3.362)
Pertanto
d B
e
= BA() = A()B
(3.363)
d
Se B non `e hermitiano ma la serie esiste, possiamo calcolare la derivata tramite la
rappresentazione per serie
d B
d
e
=
d
d
=
n=0
n=0
1 n n
B =
n!
n=0
1
n1 B n =
(n 1)!
1 n n+1
B
= BA() = A()B
n!
(3.364)
Notiamo che dallespressione per serie di una funzione di un operatore, f (A), segue
[f (A), A] = 0
(3.365)
`e data da
dA()
= BA()
d
(3.366)
A() = CeB
(3.367)
(3.368)
61
ma
Analogamente
3.14
eB eC = eB + C
(3.369)
d B C
e e
= BeB eC + eB eC C
d
(3.370)
L
,
N +1
i = 1, , N
(3.371)
f(x)
62
f(x)
x 1x 2 x3
xN-1x N
L x
|fN
f (x1 )
f (x2 )
f (xN 1 )
f (xN )
(3.372)
Identificheremo i vettori base come ket denotati con xi , le coordinate del punto in
cui campioniamo la f (x), e avremo
0
|xi
(3.373)
1
0
I vettori base corrispondono ad una funzione che vale 1 in xi e zero negli altri punti.
Chiaramente si hanno le relazioni
N
xi |xj = ij ,
|xi xi | = I
(3.374)
i=1
|fN =
f (xi )|xi
i=1
63
(3.375)
f (x1 )
g(x1 )
(f + g)(x1 )
= + (3.377)
g(xN )
f (xN )
(f + g)(xN )
e
|(f )N = |fN
(f )(x1 )
f (x1 )
(f )(xN )
f (xN )
(3.378)
f (xi ) g(xi )
fN |gN =
(3.379)
i=1
(3.380)
|f (xi )|2
fN |fN =
i=1
64
(3.382)
f (xi ) g(xi )N
fN |gN =
(3.383)
i=1
con
L
N +1
Nel limite N si ottiene la definizione consueta di integrale
N =
f |g =
f (x) g(x)dx
(3.384)
(3.385)
Si vede facilmente che questa definizione soddisfa tutte le propriet`a che definiscono
in generale il prodotto interno. Ovviamente `e possibile definire il prodotto interno
anche in altro modo. Infatti pi`
u in generale, se introduciamo la misura
d(x) = (x)dx
(3.386)
con (x) definita positiva, la seguente espressione soddisfa le condizioni per definire
un prodotto interno
L
f |g =
f (x)g(x)d(x)
(3.387)
f |g =
f (x)g(x)d(x)
(3.388)
x=x
(3.389)
Daltra parte, dato che nel passaggio dal discreto al continuo abbiamo cambiato la
definizione di prodotto scalare non potremo avere x|x = 1. Per capire cosa succede
consideriamo la relazione di completezza che vorremmo della forma
b
|x
x |dx = I
(3.390)
Da questa segue
x|x
x |f dx = x|I|f = f (x)
65
(3.391)
(3.392)
Definiamo
x|x = (x, x )
(3.393)
con
(x, x ) = 0,
x=x
(3.394)
(3.395)
(x, x )dx = 1
(3.396)
Vediamo che (x, x) non pu`o avere un valore finito dato che il suo integrale su un
intervallo infinitesimo `e finito. Inoltre il valore di (x, x ) dipende solo dal fatto che
x x sia nullo oppure diverso da zero. Pertanto dovremo avere
(x, x ) = (x x )
(3.397)
(x x ) = 0,
x=x,
(x x )dx = 1,
axb
(3.398)
La funzione (x)7 `e nota come la delta di Dirac. Sebbene non la si possa considerare come una funzione, `e per`o definibile come il limite di una sequenza di funzioni.
A titolo esemplificativo consideriamo la famiglia di Gaussiane (vedi la Figura 3.10)
g (x x ) =
(x x )2
2
e
(3.399)
I() =
ex dx
(3.400)
La (x) risulta ben definita da un punto di vista matematico solo nellambito delle distribuzioni,
che non sono funzioni nel senso classico, vedi il corso di Metodi Matematici della Fisica
66
g(x-x')
1
1/2
21/2
x'
Figura 3.10: La famiglia di gaussiane che definisce come limite la delta di Dirac.
Si ha
+
I () =
2
ex dx
=
0
2
2
e(x + y ) dxdy =
dde = 2
da cui
2
ey dy =
I() =
1 2 2
d e
=
2
2
ex dx =
dyey =
(3.401)
(3.402)
g (x x )dx = 1
(3.403)
(3.404)
0,
1/ ,
|x| > /2
|x| < /2
(3.405)
67
(3.406)
f (x)
1
(x) = lim
Infatti,
x = 0,
1
0 x2 +
(x) = lim
(3.407)
=0
(3.408)
mentre
11
(3.409)
0
Inoltre, inserendo un fattore di convergenza nel semipiano superiore, ed usando il
contorno mostrato in Figura 3.12
x = 0,
(0) = lim
1
dx
1
2i x + i
xi
+
1
1
1
1
dx
2i = 1
ei x =
2i
x+i
xi
2i
1
x2 +
ei x =
2
ei x =
(3.410)
La delta di Dirac `e una funzione pari (useremo la parola funzione anche se, come
abbiamo detto, la delta non `e una funzione in senso stretto), infatti
(x x ) = x|x = x |x
68
= (x x) = (x x)
(3.411)
+ i
i
Figura 3.12: Il contorno nel piano complesso usato per calcolare lintegrale (3.410).
Consideriamo adesso la derivata della funzione delta. Come si vede dalla Figura
3.13 i due salti si comportano in sostanza come due funzioni delta, per cui
(x x )f (x )dx f
x+
2
x
2
f (x)
(3.412)
df (x)
dx
(3.413)
In maniera pi`
u rigorosa
d
d
(x x ) f (x )dx =
dx
dx
(x x )f (x ) =
Inoltre
(x x ) = (x x)
(3.414)
eikx f (k)dk
(3.416)
1
eikx (x)dx =
2
(3.417)
1
1
eikx dk =
2
2
69
eikx dk
(3.418)
'
g(x-x')
21/2
x + 1/2
x'
1
2
eikx dk
(3.419)
Questa rappresentazione della delta `e utile anche per ottenere altre sequenze di
approssimanti alla delta stessa. Per esempio, integrando tra limiti finiti, (a, +a)
+a
1
1
1 iax
lim
eikx dk =
lim
e
eiax =
2 a a
2 a ix
1 2i sin ax
sin ax
= lim
= lim
a 2
a x
ix
(x) =
ovvero
sin ax
a x
(x) = lim
(3.420)
(3.421)
1
(x)
|a|
(3.422)
f (x)(ax)dx =
1
a
y
1
1
(y)dy = f (0) =
a
a
a
f (x)(x)dx (3.423)
Quindi la (3.422) segue per a > 0. Nel caso a < 0, si ha a = |a| e quindi
(ax) = (|a|x) = (|a|x) =
70
1
(x)
|a|
(3.424)
(3.425)
Si ha allora
+
xi +
g(x)(f (x))dx =
g(x)(f (x))dx
xi
i
xi +
g(xi )
g(x)
1
(x xi )dx
|f (xi )|
e pertanto
(f (x)) =
i
Si ha anche
1
=
|f (xi )|
1
(x xi )
|f (xi )|
= 0,
(x )dx = = 1,
Pertanto
(3.426)
x<0
x>0
(3.427)
(3.428)
(x) =
(x )dx
(3.429)
(3.430)
+
+
d(x)
d
df (x)
dx =
[f (x)(x)] dx
(x)dx =
dx
dx
dx
+
df (x)
= f (+)
dx = f (+) [f (+) f (0)] = f (0)
(3.431)
dx
0
f (x)
3.15
(3.432)
(3.433)
Nello spazio infinito-dimensionale che abbiamo costruito, indicando con D loperatore corrispondente avremo
D|f = |df /dx
(3.434)
Cio`e D mappa una funzione nella sua derivata. Calcoliamo lespressione
df (x)
dx
(3.435)
x |f dx =
x|D|x f (x )dx =
df (x)
dx
(3.436)
d
(x x )
(3.437)
dx
Siamo ora in grado di valutare le propriet`a di hermiticit`a di D. Si ha dunque
x|D|x =
Dx,x = (x x )
(3.438)
(3.439)
(3.440)
(3.441)
Lanalisi fin qui fatta `e formale. Dato che si ha a che fare con distribuzioni, tutte le
propriet`a andrebbero controllate sotto segno di integrale. Consideriamo dunque un
generico elemento di matrice di K, g|K|f . Affinche K sia hermitiano dobbiamo
avere
g|K|f = g|Kf = Kf |g = f |K |g = f |K|g
(3.442)
cio`e
g|K|f = f |K|g
(3.443)
=
=
=
x |f =
dxdx g (x)Kx,x f (x ) =
d(x x )
f (x ) =
dx
df (x)
dxg (x)(i)
dx
dxdx g (x)(i)
72
(3.444)
Daltra parte
f |K|g
dg(x)
=
dxf (x)(i)
dx
dg (x)
= i dx
f (x) = i
dx
= g|K|f + i [g (x)f (x)]ba
=
dxg (x)
df (x)
+ i [g (x)f (x)]ba =
dx
(3.445)
(3.446)
(3.447)
=
=
lim
x , x
x+
ei(k k )x dx =
1
lim
ei(k k )(x + ) ei(k k )x
i(k k )
ei(k k ) 1
=0
lim ei(k k )x
i(k k )
=
(3.448)
(3.449)
x|K|k = k x|k
(3.450)
k (x) = x|k
(3.451)
73
segue
x|K|x
x |k dx = i
(x x )k (x )dx = i
dk (x)
dx
(3.452)
(3.453)
k (x) = Aeikx
(3.454)
i
La soluzione generale `e
dove A `e una costante di normalizzazione. Ogni valore di k produce un autovalore, daltra parte K deve essere hermitiano anche sui suoi autovettori. Ma per k
complesso, k = k1 + ik2 , le soluzioni divergono in uno dei due limiti e quindi dobbiamo restringerci a k reale. Una normalizzazione conveniente `e quella che produce
autovettori ortonormali (nel senso del continuo)
k|k = (k k )
(3.455)
Si ha
k|k
k|x x|k dx =
= |A|2
ei(k k )x dx = (2)|A|2 (k k )
Pertanto
k (x)k (x)dx =
(3.456)
1
A=
2
(3.457)
1
x|k = k (x) = eikx
2
(3.458)
1
2
dkeik(x x ) = (x x )
(3.459)
da cui
|k k|dk = I
(3.460)
Assumeremo che anche nel continuo gli autovettori di un operatore hermitiano costituiscano un set ortonormale. Nel caso in esame funzioni che si
74
espandono nella base |x con componenti f (x) = x|f si potranno espandere anche
nella base |k . Infatti si ha
f (k) = k|f =
1
k|x x|f dx =
2
eikx f (x)dx
(3.461)
eikx f (k)dk
(3.462)
e viceversa
f (x) = x|f =
1
x|k k|f dk =
2
(3.463)
(3.464)
(3.465)
(3.466)
Si ha
x|X|f =
Pertanto
x|X|x
x |f dx =
x (x x )f (x )dx = xf (x)
(3.467)
f(x) = xf (x)
(3.468)
X|f = |xf
(3.469)
e
Esiste una interessante relazione tra gli operatori X, che equivale a moltiplicare una
funzione per il valore di x, cio`e il valore della coordinata alla quale `e calcolata, e
loperatore K, loperatore di differenziazione rispetto a x. Questa relazione si pu`o
trovare considerando gli elementi di matrice di X tra autostati di K
k|X|k =
1
2
d
eikx xeik x dx = i
dk
75
1
2
ei(k k)x dx
=i
d
(k k )
dk
(3.470)
Pertanto
dg(k)
(3.471)
dk
Gli operatori X e K vengono detti operatori coniugati ed in particolare hanno la
propriet`a di non commutare. Infatti, da
k|X|g = i
X|f xf (x),
K|f i
segue
KX|f i
(3.472)
d
f (x)
dx
(3.473)
d
d
(xf (x)) = if (x) ix f (x)
dx
dx
(3.474)
XK|f ix
e
df (x)
dx
Pertanto
[X, K]|f if (x) iI|f
(3.475)
[X, K] = iI
(3.476)
o
Lo spazio delle funzioni normalizzabili alla delta di Dirac `e anche chiamato lo spazio
di Hilbert fisico9 .
3.16
76
questo spazio di Hilbert `e definito in termini delle funzioni continue che si annullano agli estremi dellintervallo [0, L]. Possiamo identificare loperatore 2 /x2 con
K 2 . Dato che K `e hermitiano in questo spazio, altrettanto sar`a il suo quadrato.
Lequazione delle onde diviene dunque
|(t)
= K 2 |(t)
(3.478)
Come abbiamo gi`a visto nel caso finito dimensionale, per risolvere il problema dovremo effettuare i seguenti tre passi:
i) - Risolvere il problema agli autovalori per K 2
ii) - Costruire il propagatore U (t) in termini degli autovalori e autovettori di K
iii) - La soluzione del problema `e allora
|(t) = U (t)|(0)
(3.479)
d2
k (x) = k 2 k (x)
dx2
(3.480)
(3.481)
(3.482)
k (0) = k (L) = 0
(3.483)
Da
segue
0 = A,
0 = B sin kL
(3.484)
m = 1, 2, 3,
(3.485)
Pertanto
m
x
(3.486)
L
In questo caso gli autovettori formano un set discreto, dato che gli autovalori sono
descritti dallintero m. Possiamo determinare B dalla normalizzazione (passiamo
dalla variabile di integrazione x a y = m/L)
m (x) = B sin
L
0
12
(x)m (x)dx = mm
m
(3.487)
Notiamo che m < 0 non d`a soluzioni linearmente indipendenti poiche sin kx = sin(kx)
77
Si ha
L
|B|2
sin
0
L
2
L
= |B|2
2
m
x sin
L
m
x
L
= |B|2
= |B|2
cos[(m m )y]dy = 0,
m=m
(3.488)
L
2
= 1 |B|2 =
2
L
(3.489)
Per m = m si ha
|B|2
e le autofunzioni sono dunque
m (x) =
2
m
sin
x
L
L
(3.490)
2
m
sin
x = x|m
L
L
(3.491)
dt2
L
m|(t)
(3.492)
m
m
t + B sin
t
L
L
(3.493)
(3.494)
m|(t)
|t=0 = 0 B
=0 B=0
L
(3.495)
Pertanto
m
t
L
Potremo adesso ottenere il ket |(t) sfruttando la completezza
(3.496)
|(t)
|m m|(t) =
m=1
|m m|(0) cos
m=1
|m m|(0) cos m t,
m=1
78
m =
m
L
m
t=
L
(3.497)
U (t) =
|m m| cos m t
(3.498)
m=1
e
|(t) = U (t)|(0)
(3.499)
Nella base |x si ha
x|(t) = (x, t) = x|U (t)|(0) =
dx x|U (t)|x
x |(0)
(3.500)
Daltra parte
x|U (t)|x =
2
m
m
sin
x sin
x cos m t
L
L
L
m=1
(3.501)
da cui
2
m
(x, t) =
sin
x cos m t
L m=1
L
3.17
dx sin
0
m
x (x , 0)
L
(3.502)
Operatori normali
Vogliamo dare qui la condizione necessaria e sufficiente per diagonalizzare una matrice tramite una trasformazione unitaria. Un generico operatore A si pu`o scrivere
nella forma
A = B + iC
(3.503)
con
1
1
A + A , C =
A A
2
2i
Chiaramente sia B che C sono operatori hermitiani. Se
B=
(3.504)
[A, A ] = 0
(3.505)
(3.506)
segue
e quindi B e C sono diagonalizzabili simultaneamente tramite una trasformazione
unitaria. Pertanto lo stesso accade per A. Viceversa supponiamo che A sia diagonalizzabile con una trasformazione unitaria U . Allora
U AU = AD
(3.507)
(3.508)
(3.509)
Pertanto
[A , A] = 0
(3.510)
Si ha dunque il
Teorema: Condizione necessaria e sufficiente affinche un operatore sia diagonalizzabile con una trasformazione unitaria `e che valga
[A, A ] = 0
o, come si dice, che loperatore A sia normale.
80
(3.511)
Capitolo 4
I postulati della meccanica
quantistica
4.1
I postulati
Meccanica Classica
Meccanica Quantistica
/ |(t) = H|(t)
x =
, p =
ih
p
x
t
dove H(X, P ) = H(x X, p P ) `e
lhamiltoniana quantistica, ottenuta dalla
hamiltoniana classica, seguendo il
postulato 2).
Notiamo che per entrambi i casi i primi tre postulati fanno riferimento al sistema a
un dato istante, mentre il quarto specifica la variazione dello stato con il tempo.
Iniziamo con losservare che mentre il sistema classico `e descritto da due gradi
di libert`a x e p, il sistema quantistico `e specificato da un vettore di stato |(t)
che, in genere, `e un vettore in uno spazio di Hilbert infinito-dimensionale. Linterpretazione fisica del vettore di stato `e fornita dai postulati 2) e 3). Abbiamo detto
che assegnato lo stato (x, p) (o il punto nello spazio delle fasi), in meccanica classica
ogni osservabile `e univocamente assegnata dal suo valore (x, p). Viceversa in
meccanica quantistica, allorche sia assegnato lo stato, per misurare una osservabile
dobbiamo effettuare le seguenti operazioni:
1) - Costruire loperatore hermitiano corrispondente alla variabile dinamica
tramite la regola di corrispondenza
= (x X, p P )
(4.1)
|i i |
(4.2)
(4.3)
(4.4)
ovvero che la probabilit`a `e la norma quadrata della proiezione del vettore di stato
sullautovettore corrispondente allautovalore misurato.
Possiamo fare alcune osservazioni:
82
| i | |2
=
2
j | j | |
| i | |2
| i | |2
=
|
j |j j |
(4.5)
|
[ | ]1/2
(4.6)
si ha
P (i ) = | i | |2
(4.7)
Questo risultato vale solo per stati normalizzabili. Il caso di vettori normalizzati alla
delta di Dirac verr`a riesaminato in seguito. Ovviamente due stati paralleli | e |
danno luogo alla stessa distribuzione di probabilit`a. Pertanto a uno stato fisico non
`e realmente associato un vettore nello spazio di Hilbert ma piuttosto una direzione o
un raggio. Quindi quando si parla di stato di una particella si intende tipicamente
uno stato normalizzato | = 1. Anche con questa ulteriore restrizione lo stato
| non `e univocamente fissato dato che se | `e normalizzato, anche ei | lo `e e
d`a la stessa distribuzione di probabilit`a di | . A volte questa libert`a viene usata
per scegliere le componenti di | reali in una data base.
iii) - Nel caso in cui lo stato | coincida con un autovettore, o autostato |i
delloperatore , il risultato della misura di sar`
a certamente i .
iv) - Nel caso in cui lo stato | sia una sovrapposizione di due autostati di :
| =
|1 + |2
(2 + 2 )1/2
(4.8)
avremo
2
2
,
P
(
)
=
(4.9)
2
2 + 2
2 + 2
Questo risultato va comparato con lanalisi fatta a suo tempo dellesperimento di
polarizzazione della luce1 .
P (1 ) =
83
|i i |
(4.12)
e proiettando su |j
j | =
j |i i |
(4.13)
()
()
Sji i
(4.14)
con
Sji = j |i
(4.15)
Ski
Skj =
(S )ik Skj =
(S S)ij =
k |i
k |j =
i |k k |j = i |j = ij
(4.16)
cio`e S `e una matrice unitaria. Questo `e generalmente vero per le matrici di transizione che fanno passare da una base ortonormale a unaltra ortonormale.
Esempio: Consideriamo lo spazio V 3 (R) e una base ortonormale corrispondente
agli autostati ortonormali di un operatore hermitiano , con uno stato del sistema
dato da
1
1
1
(4.17)
| = |1 + |2 + |3
2
2
2
Segue che | `e normalizzato
1 1 1
+ + =1
4 4 2
84
(4.18)
e quindi
1
1
1
P (1 ) = , P (2 ) = , P (3 ) =
(4.19)
4
4
2
Supponiamo adesso di avere unaltra osservabile con un set completo di autostati
dati in termini degli autostati di da
|1
|2
|3
= cos |1 sin |2
= sin |1 + cos |2
= |3
(4.20)
Avremo dunque
| =
da cui
1
1
1
(cos |1 sin |2 ) + (sin |1 + cos |2 ) + |3
2
2
2
(4.21)
1
1
1
| = (cos + sin )|1 + (cos sin )|2 + |3
2
2
2
(4.22)
e
1
(1 + sin 2)
4
1
P (2 ) =
(1 sin 2)
4
1
P (3 ) =
2
P (1 ) =
(4.23)
Ovviamente i P (i ) = 1.
Sia nei postulati che nella discussione sin qui fatta ci sono alcune ambiguit`a e
complicazioni che adesso discuteremo:
La prescrizione = (x X, p P ) `
e ambigua. Consideriamo ad esempio
= xp = px
(4.24)
d
(x x )
dx
(4.25)
vediamo che
P = /hK
(4.26)
(4.27)
(4.29)
In casi pi`
u complessi in cui contenga prodotti di due o pi`
u potenze di X con due
o pi`
u potenze di P non esiste una prescrizione univoca ed occorre ricorrere allesperimento.
Loperatore `
e degenere. Supponiamo di avere due autovalori degeneri 1 =
2 = . Come calcoliamo P () in questo caso? A questo scopo scegliamo una base
ortonormale nellautospazio V , |, 1 e |, 2 . Supponiamo poi di partire da un caso
non degenere in cui i due autovalori siano e + . Inoltre supponiamo che
| = |, 1 ,
lim | +
0
= |, 2
(4.30)
(4.31)
0 e quindi
(4.32)
(4.33)
P () = |P | = P |P
(4.34)
si ha
Pertanto il postulato 3) si generalizza semplicemente dicendo che la probabilit`a di
ottenere lautovalore come risultato della misura di `e data da
P () |P |
(4.35)
| | d
(4.36)
(4.37)
| | d = | = 1
(4.38)
4.2
| =
(4.39)
= cp + /h( + )
= E + /h( )
(4.41)
Usando
E 2 = m2 c4 + c2 p2
(4.42)
(4.43)
(4.44)
1+
m2 c4 /h
( )
/h2 2
(4.45)
/h
( + ) +
2
1+
m2 c4 /h
( )
/h2 2
(4.46)
da cui
cp =
dar`a x con probabilit`a uno e lo stato sar`a ancora |x . Consideriamo adesso la misura
della posizione di una particella che si trovi in un autostato dellimpulso
|p =
|x x|p dx
(4.47)
=
misura
P |
P |P
1/2
(4.48)
(4.49)
=
misura
1
(|, 1 + |, 2 )
2
(4.50)
Se invece lo stato non `e noto, dopo la misura possiamo solo dire che lo stato
appartiene allautospazio V e quindi
|
=
misura
|, 1 + |, 2
2 + 2
89
(4.51)
4.3
1
| = |1 + 2|2
3
(4.52)
90
4.4
Valori di aspettazione
Abbiamo visto che una volta assegnate N particelle nello stato | (supponiamo normalizzato) `e possibile prevedere quale frazione di esse da, come risultato della misura
dellosservabile , lautovalore . Per questo `e necessario risolvere il problema agli
autovalori per da cui otterremo che la frazione desiderata sar`a
N P () = N | | |2
(4.53)
i | i | |2 =
i P (i ) =
i
|i i i | =
i
||i i | = ||
(4.54)
= ||
(4.55)
Dunque
Osserviamo che:
1) - Per calcolare il valor medio di nello stato `e sufficiente conoscere lo stato e loperatore.
2) - Se la particella si trova in un autostato di , | , allora
=
(4.56)
1/2
(4.57)
|( )2 |
1/2
|2 | ||
|(2 2 + 2 )|
2 1/2
ovvero
=
2
91
2 1/2
2 1/2
1/2
=
(4.58)
(4.59)
Esercizio: Dati
0
1
1
Lx =
2 0
1 0
0 i 0
1
0 1 , Ly = i 0 i ,
2 0 i
1 0
0
1 0 0
L z = 0 0 0
0 0 1
(4.60)
x1
x1
1 0 0
x1
(4.61)
Lz |Lz = 1 0 0 0 x2 = 0 = x2
x3
x3
x3
0 0 1
da cui
Quindi
Pertanto
Lx
Si ha poi
x2 = x3 = 0
(4.62)
|Lz = 1 0
0
(4.63)
0 1 0
1
1
1 0 1
0 = 0
= 1 0 0
2
0 1 0
0
(4.64)
0 1 0
0 1 0
1 0 1
1
1
L2x 1 0 1 1 0 1 = 0 2 0
2
2
0 1 0
0 1 0
1 0 1
(4.65)
1 0 1
1
1
1
1
1
1 0 0
0 2 0
1 0 0
0 =
0 =
=
2
2
2
1 0 1
1
0
(4.66)
Per cui
L2x
e
Lx =
L2x Lx
2 1/2
L2x
1/2
1
=
2
(4.67)
3) - Quali sono gli autovalori e gli autovettori di Lx nella base Lz ? Dato che nella
92
P () = det
1
2
1
2
0
1
2
1
2
= (1 2 ) = 0
(4.68)
x1 + 12 x2
1 12 0
x1
0 = 12 1 12 x2 = 12 (x1 + x3 ) x2
(4.69)
1 x2 x3
x3
0 12 1
2
Risolvendo si ha
1
1
x1 = x2 , x 3 = x2
2
2
Pertanto il vettore normalizzato `e dato da
1
1 2
1
|Lx = 1
2 1
(4.70)
(4.71)
Analogamente si trova
1
1
|Lx = 0 0
2 +1
1
1 2
1
|Lx = 1
2 1
(4.72)
(4.73)
| 0
(4.74)
1
Quindi
P (Lx = +1) = | Lx = 1| |2 =
93
1
2
1
2
1
2
0
0
1
1
4
(4.75)
e inoltre
P (Lx = 0) = | Lx = 0| |2 =
1
2
P (Lx = 1) = | Lx = 1| |2 =
(4.76)
1
4
(4.77)
2
1
2
1
2
(4.78)
Supponiamo inoltre di misurare L2z e di trovare il risultato +1, quale `e lo stato del
sistema dopo la misura? Loperatore L2z `e dato da
1 0 0
L2z 0 0 0
(4.79)
0 0 1
Quindi lautovalore +1 di L2z `e doppiamente degenere. Una base nellautospazio
corrispondente a L2z = +1 `e chiaramente
1
|L2z = +1, 1 = |Lz = +1 0
0
0
|L2z = +1, 2 = |Lz = 1 0
(4.80)
1
Il proiettore su questo autospazio `e dato da
1
0
1 0 0
PL2z =1 0 1 0 0 + 0 0 0 1 = 0 0 0
0
1
0 0 1
(4.81)
Pertanto
1 1
1 0 0
2
2
1
1
PL2z =1 | 0 0 0 12 = 0 |Lz = +1 + |Lz = 1
2
2
1
1
0 0 1
2
2
(4.82)
2
|Lz = 1
3
(4.83)
dove con il simbolo ||.|| intendiamo la norma quadrata di un vettore. Notiamo che
la probabilit`a di ottenere questo stato `e data da
||PL2z =1 | || =
3
1 1
+ =
4 2
4
(4.84)
Se dopo aver misurato L2z misuriamo Lz troveremo +1 con probabilit`a 1/3 e 1 con
probabilit`a 2/3.
6) - Il sistema si trova in uno stato per il quale
1
P (Lz = +1) = ,
4
1
P (Lz = 0) = ,
2
P (Lz = 1) =
1
4
(4.85)
1
||2 = ,
4
1
||2 = ,
2
||2 =
1
4
(4.86)
(4.87)
da cui
1
1
1
| = ei1 |Lz = +1 + ei2 |Lz = 0 + ei3 |Lz = 1
(4.88)
2
2
2
Se per esempio calcoliamo la probabilit`a di trovare Lx = 0 in questo stato avremo
1
P (Lx = 0) = | Lx = 0| |2 = (1 cos(3 1 )
4
(4.89)
Quindi questa probabilit`a dipende solo dalla differenza delle fasi 3 e 1 . Infatti
possiamo sempre fattorizzare una fase nel nostro stato, per esempio 1 , ottenendo
| = ei1
1
1
1
|Lz = +1 + ei(2 1 ) |Lz = 0 + ei(3 1 ) |Lz = 1
2
2
2
(4.90)
| 12 |Lx = +1
(4.91)
1
2
mentre con 2 1 = e 3 1 = 0
1
2
1
2
1
2
95
|Lx = 1
(4.92)
4.5
Come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, per una particella in uno dato stato | una variabile dinamica non ha un valore definito a meno che lo stato non
sia autostato dellosservabile. Un tale stato `e ottenuto semplicemente misurando
losservabile. Latto della misura fa collassare lo stato | nellautostato | con
probabilit`a | | |2 . In questa sezione estenderemo queste considerazioni al caso di
pi`
u osservabili. In particolare ci porremo i seguenti problemi:
` possibile definire un sistema di filtraggio in modo da produrre uno stato
1) - E
con valori definiti per due osservabili e ?
2) - Qual`e la probabilit`a per ottenere un tale stato?
Per il primo punto possiamo pensare di partire con uno stato | e misurare .
A questo punto il sistema si trover`a nellautostato | . Se dopo questa misura
misuriamo immediatamente trovando lautovalore avremo:
|
(4.93)
(4.95)
di autostati simultanei (vedi sezione 3.10). Ogni vettore di questa base ha un valore
ben definito delle due osservabili.
B) - Consideriamo, per esempio gli operatori X e P . Come sappiamo
/I
[X, P ] = ih
(4.96)
/ I| = 0 |
ih
(4.97)
Ovviamente
per qualunque | non banale. Pertanto X e P sono incompatibili non ammettendo
autovettori simultanei. Ogni misura che filtri un autostato di X viene distrutta da
una misura successiva di P . Come vedremo meglio in seguito questa `e la base del
principio di indeterminazione di Heisenberg.
C) - In alcuni casi `e possibile trovare alcuni stati (ma non un set completo) autostati simultanei dei due operatori non commutanti.
Discutiamo adesso le probabilit`a (non discuteremo il caso C) che `e di scarso interesse):
A) - Supponiamo di essere nel caso non degenere. In questo caso misurando
si proietta il sistema in un autostato di che `e anche autostato di . Quindi:
|
|,
(4.98)
e
P () = | , | |2
(4.99)
(4.100)
|, , |
(4.101)
con
P (, ) = P (, ) = | , | |2
(4.102)
Le due osservabili sono dette compatibili perche il processo di misura della seconda
osservabile non altera lautovalore ottenuto per la prima. Nel caso non degenere
anche lautovettore non viene alterato. Questo pu`o invece succedere nel caso degenere. A titolo esemplificativo consideriamo V 3 (R) e due operatori e su questo
97
(4.104)
(4.105)
P |
|1 , + |2 ,
=
| P |P |1/2
( 2 + 2 )1/2
(4.106)
con probabilt`a
P () = ||2 + ||2
(4.107)
||2
||2 + ||2
(4.108)
(4.109)
Pertanto la probabilit`a non dipende dallordine delle misure nemmeno nel caso degenere. Daltra parte lo stato pu`o cambiare. In generale possiamo dunque dire per
osservabili compatibili lautovalore misurato nella prima misura non cambia a seguito della seconda misura. Corrispondentemente anche lautospazio non cambia.
Daltra parte nel caso degenere sappiamo che lautospazio non determina univocamente un autovettore e quindi il vettore di stato pu`o essere alterato dalla seconda
misura. In conclusione un processo di misura pu`o essere usato per preparare un
sistema in un determinato stato quantico. Se siamo nel caso degenere e misuriamo
losservabile possiamo solo dire che il vettore risultante sta nellautospazio V .
Possiamo allora misurare una osservabile compatibile con , diciamo . Se questa osservabile `e non degenere nellautospazio V otterremo un vettore ben definito
|, , altrimenti dovremo trovare una terza variabile compatibile . Alla fine di
questo processo avremo rimosso tutta la degenerazione e avremo ottenuto uno stato
98
ben definito caratterizzato da tutti gli autovalori delle osservabili usate nella misura,
, , , :
|, , ,
(4.110)
Assumeremo che un tale sistema di osservabili compatibili esista sempre e lo chiameremo un set completo di osservabili commutanti.
B) - Se e sono incompatibili possiamo ancora specificare quale sia la probabilit`a di ottenere prima e poi dalle due misure in successione, ma invertendo
lordine si ha
P (, ) = P (, )
(4.111)
Infatti la successione delle due misure d`a
|
| |
| | |
(4.112)
| |
| | |
(4.113)
(4.114)
Inoltre dopo la seconda misura il sistema `e autostato della seconda osservabile misurata e non pi`
u della prima.
Esempio: Consideriamo un ket | nella base degli autostati, |x , delloperatore di
posizione X:
+
| =
|x x| dx =
|x (x)dx
(4.115)
La (x) `e la funzione donda che assumeremo di tipo gaussiano (vedi Fig. 4.1)
(x a)2
22
(x) = Ae
(4.116)
dx |x x| =
dx|(x)|2
(4.117)
Eseguendo il calcolo si ha
1 = |A|2
(x a)2
2 dx = |A|2
y2
2
e dy = |A|2
ez dz = |A|2
(4.118)
Sceglieremo
A=
1
(2 )1/4
99
(4.119)
(x)
(x a)2
1
22
e
(x) =
(2 )1/4
(4.120)
1
dP (x) = |(x)|2 dx =
e
(2 )1/2
(x a)2
2 dx
(4.121)
dx x|X|x
x | =
(4.122)
Pertanto
X = |X| =
dx x| x|X| =
dx (x)x(x)
(4.123)
Questultimo risultato vale in generale per il valor medio di una osservabile allorche
si usi per il calcolo il rappresentativo dello stato nella base in cui losservabile `e
100
diagonale. Dunque
X
1
y 2 /2 =
dy(y
+
a)e
(2 )1/2
2
2
1
= a
dyey / = a | = a
2
1/2
( )
= =
(4.124)
Da cui
X =a
(4.125)
Si ha anche
(x a)2
x2
1
2 dx =
=
dx
e
2
1/2
( )
(2 )1/2
2
2
1
= a2 +
dy y 2 ey /
2
1/2
( )
X2
2
2
dy(y 2 + 2ay + a2 )ey / =
(4.126)
2
d
dyety =
dt
Pertanto
X 2 = a2 +
1
=
t
2
3
=
3
t
2
2
2
(4.127)
(4.128)
X2 X
=
2
(4.129)
Analizziamo adesso questo stato nella base dellimpulso P = /hK. Ricordando che
x|K|x = i
d
(x x )
dx
(4.130)
segue
+
x|P | =
x|P |x
/ (x x ) (x )dx = ih
/
ih
x | dx =
d(x)
dx
(4.131)
dp (x)
= pp (x)
dx
da cui
p (x) =
1
/
2h
101
ipx
e /h
(4.132)
(4.133)
Pertanto
(p) =
p| =
p|x x| dx =
/ 1/2
2h
ipx
e /h
/
2h
ipx (x a)2
22 =
dxe /h
(x a)2
1
22 =
e
(2 )1/4
ipa
e /h
y2
ipy
22 =
dye /h
ipa
e /h
ip
y
p2 2
( + )2
/
2h
2
/2 =
2h
dye
2 2
ipa p
2
/
e /h e 2h
2 2
ipa p
2
/
e /h e 2h
2 =
/ 1/2
2h
/ 1/2
2h
/ 1/2
2h
/ 1/2
2h
2
d( 2z)ez =
Pertanto
|(p)|2 =
/2
h
1/2
/2
h
p2 2
2
e /h
1/4
2 2
ipa p
2
/ (4.134)
e /h e 2h
(4.135)
Vediamo che la funzione donda nello spazio degli impulsi `e ancora una gaussiana
che differisce per /h/. Quindi
P = 0,
/h
P =
2
(4.136)
/ ),
A exp(ipx/h
0,
L x L
|x| > L
(4.138)
+L
L
1
1 dx = 2L|A|2 A =
2L
(4.139)
Pertanto
(p ) = p | =
1
/L
4h
+L
/
ei(p p)x/h =
/h
sin(p p )L
/ L (p p)
h
(4.140)
4.6
(4.142)
| x1 , , xn | = (x1 , , xn )
(4.143)
Xi | x1 , , xn |Xi | = xi (x1 , , xn )
(4.144)
103
/
Pi | x1 , , xn |Pi | = ih
(x1 , , xn )
xi
(4.145)
Inoltre le variabili classiche dipendenti (xi , pj ) vengono rappresentate dagli operatori (modulo le ambiguit`a che abbiamo discusso in precedenza)
= (xi Xi , pi Pi )
(4.146)
(4.147)
/
Pi ih
xi
(4.148)
Una volta effettuata questa sostituzione `e poi possibile passare ad un generico sistema di coordinate tramite la corrispondente sostituzione di variabili.
Esempio: Consideriamo losservabile classica
=
1 2
p + x2
2m
(4.149)
1 2
P +X2
2m
(4.150)
`e
| = |
(4.151)
(x) = (x)
(4.152)
o pi`
u esplicitamente
/h2 2
+ x 2 (x) = (x)
2m
(4.153)
Supponiamo di voler usare coordinate sferiche invece che cartesiane. Il nostro postulato richiede che si effettui il cambiamento di variabili sulla precedente equazione
agli autovalori e quindi
2 =
1
r2 r
r2
1
sin
104
sin
1 2
sin2 2
(4.154)
2m r2 r
1 2
(x)+r2 (x) = (x)
sin2 2
(4.155)
Se avessimo introdotto le coordinate polari nella variabile classica (4.149), avremmo
ottenuto
1
1
p2
=
p2r + 2 + 2 2 p2 + r2
(4.156)
2m
r
r sin
r2
1
sin
sin
Confrontando queste due espressioni vediamo che non c`e una regola semplice di
sostituzione
/
pr ih
(4.157)
r
cosi come per p . In effetti esistono delle regole generali per trattare i casi di
coordinate arbitrarie, ma risultano alquanto complicate e alla fine il risultato coincide con quello che si ottiene quantizzando in coordinate cartesiane e passando
successivamente ad altri sistemi di coordinate.
4.7
Lequazione di Schr
odinger
Dopo questa lunga discussione sui primi tre postulati prendiamo adesso in esame il
4) postulato, cio`e lesistenza di una equazione che determina levoluzione temporale
del vettore di stato, lequazione di Schr
odinger
/
ih
| = H|
t
(4.158)
4.7.1
(4.159)
1 2 1
P + m 2 X 2
2m
2
(4.160)
Hclas =
e quindi
H=
105
Nel caso di una particella di carica q che interagisca con un campo elettromagnetico
si ha
2
1
q
Hclas =
p A(x, t) + q(x, t)
(4.161)
2m
c
In questo caso la sostituzione pu`o creare ambiguit`a dato che, in generale
[P , A(X, t)] = 0
(4.162)
4.7.2
q
q
q2
1
P 2 A(X, t) P P A(X, t) + 2 A 2 (X, t) + q(X, t)
2m
c
c
c
(4.163)
Iniziamo considerando il caso in cui loperatore H non abbia una esplicita dipendenza
dal tempo. In questo caso lequazione di Schrodinger
/ | = H|
ih
(4.164)
| = K 2 |
(4.165)
(4.166)
Notiamo che in questo caso abbiamo a che fare con una equazione del primo ordine
nelle derivate temporali e quindi `e sufficiente assegnare la condizione iniziale |(0) .
Lequazione agli autovalori per H sar`a
H|E = E|E
(4.167)
|E E|(t) =
E
aE (t)|E
(4.168)
con
aE (t) = E|(t)
(4.169)
aE (t)
/ E|(t)
= ih
= E|H|(t) = EaE (t)
t
106
(4.170)
aE (0) = E|(0)
Pertanto
E|(t) = e
e
|(t) =
Et
/h E|(0)
(4.171)
(4.172)
Et
i
|E E|(0) e /h
(4.173)
Et
i
|E E|e /h
(4.174)
o anche
U (t) =
E
Nel caso in cui H abbia autovalori degeneri, la somma andr`a su ulteriori indici
che dovranno tener conto della degenerazione, cos` come se lo spettro di H (cio`e
linsieme dei suoi autovalori) `e continuo, al posto della somma avremo un integrale.
Si pu`o anche avere il caso di operatori con spettro sia discreto che continuo, in tal
caso la somma dovr`a essere sostituita da una somma sugli autovalori discreti pi`
u un
integrale sugli autovalori continui, ecc. In particolari gli stati
Et
i
|E(t) = |E e /h
(4.175)
sono detti modi normali o stati stazionari del sistema. Questo ultimo nome segue
dal fatto che se il sistema si trova in un tale stato, la distribuzione di probabilit`a di
una qualunque osservabile `e costante nel tempo:
P (, t) = | |E(t) |2 =
Et
i
|E(0) e /h
= | |E(0) |2 = P (, 0)
(4.176)
Loperatore di evoluzione dato in (4.174) pu`o anche essere scritto nella forma
Ht
i
/h
U (t) = e
(4.177)
Infatti si ha
Et
i
|E E|e /h =
U (t) =
E
Ht
Ht
i
i
/
/h
h =e
|E E|e
E
107
(4.178)
dove abbiamo usato prima il fatto che gli stati |E sono autostati di H (operatore
hermitiano) e poi la loro completezza. Si verifica anche immediatamente che
|(t) = e
Ht
/h |(0)
(4.179)
i /h
/h |(0) = H|(t)
/ |(t) = ih
/ e
ih
|(0) = He
t
t
(4.180)
(4.181)
(4.182)
Dunque levoluzione temporale di uno stato pu`o essere pensata come una rotazione
del vettore nello spazio di Hilbert. Questo modo di pensare offre la possibilit`a
di descrizioni diverse della dinamica. Per esempio invece di usare una base fissa
potremo usarne una che ruoti come i vettori di stato (cio`e ottenuta applicando ai
vettori di base loperatore U (t)). In questo caso il vettore di stato appare fisso,
mentre gli operatori si evolvono nel tempo. Daltro canto, avendo a che fare con una
trasformazione unitaria, gli elementi di matrice degli operatori sono invarianti. Una
tale rappresentazione `e detta rappresentazione di Heisenberg, mentre quella fin
qui usata `e detta di Schrodinger.
Nel caso in cui lhamiltoniana dipenda esplicitamente dal tempo non c`e una
` comunque
strategia generale ma il problema deve essere affrontato caso per caso. E
possibile definire un propagatore e darne una rappresentazione formale. A questo
scopo dividiamo lintervallo temporale (0, t) in N parti di ampiezza = t/N .
Potremo scrivere per piccolo,
i
|(2)
H(0)
/h |(0)
|() + |()
= |() i H()|()
/h
H(0)
H()
i
i
/h
/h |(0)
e
e
108
(4.183)
(4.184)
|(t)
i
e
H(n)
/h
|(0)
(4.185)
H(n)
/h
(4.186)
n=0
e
N 1
U (t) = lim
i
e
n=0
U (t) = e /h
H(t )dt
0
(4.187)
a meno che
[H(t1 ), H(t2 )] = 0
(4.188)
i t
H(n)
N 1 i
H(t )dt
/
/
h
h
0
(4.189)
T e
U (t) = lim
e
N
n=0
ed essendo il prodotto di operatori unitari `e unitaria. Inoltre se invece dellintervallo
(0, t) si considera (t1 , t2 ) loperatore dipende da due tempi e si ha
U (t3 , t2 )U (t2 , t1 ) = U (t3 , t1 )
(4.190)
(4.191)
e
come segue subito dalla definizione (4.186).
4.7.3
In pratica lequazione di Schrodinger viene risolta fissando una base. Dato che H
dipende da X e P le basi della posizione e dellimpulso risultano in genere le pi`
u
convenienti. Inoltre la tipica forma dellhamiltoniana `e
H =T +V =
P2
+ V (X)
2m
(4.192)
e dato che spesso V (X) `e una funzione non banale, la base delle X `e di gran lunga
la pi`
u semplice. La base delle P `e certamente conveniente se V (X) `e una funzione
semplice, per esempio lineare
P2
fX
(4.193)
H=
2m
109
In questo caso si ha
base
base
|p
p2
d
/f
ih
2m
dp
|x
/h2 d2
f x E (x) = EE (x)
2m dx2
E (p) = EE (p)
(4.194)
110
Capitolo 5
Problemi unidimensionali
In questo capitolo considereremo una serie di semplici problemi unidimensionali.
Sebbene questi problemi siano un p`o artificiali essi contengono molte delle caratteristiche dei problemi tridimensionali. Inizieremo considerando il caso della particella
libera.
5.1
La particella libera
/ |(t)
ih
= H|(t) =
|(t)
2m
(5.1)
(5.2)
P2
|E = E|E
2m
(5.3)
p2
E E (p) = 0
2m
(5.4)
(5.5)
(5.6)
e inoltre
p = 2mE
(5.7)
Abbiamo dunque due soluzioni corrispondenti allo stesso autovalore E per lenergia
(doppia degenerazione)
E, +|E, =
(5.9)
dp|A|2 p
2mE
2mE =
E
(E E ) =
2m
|p|
(E E ) = |A|2 |v|(E E )
m
(5.10)
1
|v|
(5.11)
Pertanto
A=
Analogamente si trova
B=A=
1
|v|
(5.12)
Notiamo che il risultato `e equivalente a dire che le soluzioni sono gli autostati
dellimpulso dati da
|p = 2mE , |p = 2mE
(5.13)
In questo modo il problema della degenerazione viene eliminato, dato che assegnato
p, E `e univocamente determinato e gli stati con p 0 sono distinti. Si ha anche
p |p = 2mE = (p 2mE)
(5.14)
e quindi gli stati |p = 2mE e |E, differiscono solo per la normalizzazione. Vediamo come sono correlate le relazioni di completezza nei due casi. Per gli autostati
di impulso di ha evidentemente
|p p| = I
(5.15)
112
(5.16)
Possiamo vedere come questultima relazione sia equivalente alla completezza per
gli autostati dimpulso. Infatti si ha
m
dE|E, E, | =
dE |p = 2mE p = 2mE| =
|p|
=
=
m
= dE |p = 2mE p = 2mE| +
|p|
m
+ dE |p = 2mE p = 2mE|
(5.17)
|p|
Effettuando il cambiamento di variabile E = p2 /2m, con dE = |p|/md|p| si ottiene
+
dE|E, E, | =
dp|p p| +
dp| p p| =
=
+
dp|p p|
0
dp|p p| =
0
dp|p p|
(5.18)
Pertanto la differenza nella normalizzazione tiene conto correttamente della trasformazione da E a p. Possiamo allora calcolare il propagatore nello spazio degli
impulsi
p2 t
+
i
/ dp
(5.19)
U (t) =
|p p|e 2mh
p |U (t)|p =
p 2t
p2 t
i
i
/ dp = (p p )e 2mh
/
(p p)(p p )e 2mh
(5.20)
p(x x )
p2 t
i
1
/h
/ dp
e
e 2mh
/
2h
i
(5.21)
q2
eiqx e 2 dq =
x
q
i
x2 2
x2 2
4 dq = e
4
(5.22)
U (x, t; x ) =
/
2h
/
2mh
it
1/2
/ /(it))
2mh
/
(x x )2 2mh
2
it =
/
4h
113
m
/ it
2h
1/2
(x x )2
im
/
2th
e
(5.23)
(5.24)
U (t t ) =
i
|p p|e
p2 (t t )
/ dp
2mh
(5.25)
e quindi
U (x, t; x , t ) = x|U (t t )|x = U (x, t t ; x )
(5.26)
e
(x, t) =
(5.27)
Il propagatore nello spazio delle configurazioni ha una semplice interpretazione. Supponiamo di avere uno stato iniziale corrispondente ad una particella localizzata nel
punto x0 . In questo caso
(x , 0) = (x x0 )
(5.28)
e quindi
(x, t) =
(5.29)
5.1.1
Consideriamo una particella libera in uno stato iniziale caratterizzato da una funzione donda gaussiana (pacchetto donde gaussiano) e da un fattore di tipo onda
piana che fornisce, come vedremo, un valor medio dellimpulso diverso da zero:
p0 x
(x , 0) = e /h
i
x2
1
e 22 = x |(0)
2
1/4
( )
(5.30)
Ovviamente questa propriet`a `e vera in ogni base, infatti |U (t)| `e lampiezza di probabilit`a
affinche lo stato | al tempo t = 0 si evolva nello stato | al tempo t.
114
(0)|x
/
(x , 0) p0 + ih
= p0
/
(x , 0) ih
x |P |(0) dx =
x
2
(x , 0)dx =
(x , 0)dx =
(x , 0)(x , 0)dx = p0
(5.31)
(5.32)
(x, t) =
(x x )2 p0 x x
1/2 im
2
i
m
/ t e /h e 2
2h
e
/ it
(2 )1/4
2h
dx
(5.33)
Lespressione che appare nellesponente sotto lintegrale pu`o essere riscritta come
segue
i
x
p0 x
x2
m 2 x
1
m
p0 m
(x x )2 + i
=i
x +i
2
/t
/h
/t
/h
2
t
2
2h
2h
1
m
i
2
/ht
x 2 (5.34)
da cui
(x, t) =
m
/ it
2h
1/2
m 2
x
1
/t
2h
e
(2 )1/4
i
1
x
x
p0 m
t e 2
dx e /h
i
1
m
i
/ht
2
x2
(5.35)
1
2
(x, t) =
/ t2 )
(2 )1/4 1 im/(h
(p0 mx/t)2 1
2
2
/t
4 1/2 im/h
/h
e
m
/ it
2h
1/2
m 2
x
/t
e 2h
i
(5.36)
1/4
i
e
1
1
p0 x Ep0 t
(x p0 t/m)2 2
/ t/(m2 ))
/h
(1 + ih
e 2
(5.37)
115
P (x, t) =
1/2
1
2
2 (1 + /h t2 /(m2 4 ))
1
(x p0 t/m)2
2
2 (1 + /h t2 /(m2 4 ))
e
(5.38)
Dal confronto con la densit`a di presenza iniziale, vediamo che il pacchetto gaussiano
conserva la forma gaussiana ma con
p0
x x t,
m
/h2 t2
(t) = 1 + 2 4
m
1/2
(5.39)
Pertanto si ha
p0
t
m
cio`e il centro del pacchetto si muove con velocit`a p0 /m ed inoltre
X =
(t)
X(t) =
2
(5.40)
(5.41)
/ht
m
(5.42)
/h
1
P (0) =
m
2m
e quindi
X(t) v(0)t =
/ht
2m
(5.43)
(5.44)
1.05 1034
1016 m/sec
1.42 103 1013
(5.45)
(5.46)
5.2
Autofunzioni dellenergia
Consideriamo lequazione di Schrodinger stazionaria nel caso unidimensionale (assumendo lhamiltoniana della forma standard, H = T + V )
/h2 d2
(5.47)
2m
(E V (x))E (x)
/h2
(5.48)
dove il doppio apice sta per la doppia differenziazione rispetto a x. Questa `e una
equazione differenziale ordinaria e la continuit`a del potenziale V (x) implica la continuit`a di e . Se il potenziale ha una discontinuit`a (salto) finita, allora anche
sar`a discontinua, ma la essendo lintegrale della sar`a continua. Nel caso
in cui la discontinuit`a sia infinita anche la potr`a essere discontinua (essendo il
salto infinito lintegrale esteso ad una regione infinitesima attorno al punto singolare
pu`o produrre unarea finita e quindi un salto finito in ), ma la sar`a continua in
ogni caso. Pertanto imporremo in generale condizioni di continuit`a sulla funzione
donda.
5.2.1
V(x)
II
- L/2
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
III
+ L/2
117
(5.49)
Conviene analizzare prima il caso in cui il potenziale non diventa infinito ai bordi
ma uguale a un valore costante V0 , cio`e V = V0 per |x| > L/2. Nella regione III
(ma lo stesso vale per la regione I) si ha
III =
2m
(V E)III
/h 0
(5.50)
(5.51)
1/2
2m
(V E)
(5.52)
/h 0
Dato che la parte in B diverge per x + e noi vogliamo soluzioni normalizzabili
dobbiamo scegliere B = 0. Segue
k=
(5.53)
III (x) 0
(5.54)
III = I = 0
(5.55)
2m
EII
/h
(5.56)
k=
2mE
/h2
(5.57)
(5.58)
Pertanto
AeikL/2 + BeikL/2 = 0
AeikL/2 + BeikL/2 = 0
(5.59)
Per avere soluzioni non nulle in A e B il determinante del precedente sistema lineare
e omogeneo deve essere nullo e quindi
eikL eikL = 2i sin kL = 0 kL = n,
n = 0, 1, 2,
(5.60)
(5.61)
(5.62)
A = ein B = (1)n+1 B
(5.63)
cio`e
|x| L/2
(5.64)
|x| L/2
(5.65)
e per n dispari
n
x ,
n (x) = An ein + ein = 2An cos
L
1 =
|n (x)|2 dx = 4|An |2
+L/2
n
x dx =
L
sin2
L/2
= 4L|An |
+1/2
= 4L|An |2
+1/2
1/2
1 cos(2ny)
dy =
2
1
= 2L|An |2
2
(5.66)
n (x) =
n (x) =
n
2
sin
x ,
L
L
2
n
cos
x ,
L
L
119
|x| L/2
|x| L/2
(5.67)
(5.68)
In ogni caso
/h2 n2 2
(5.69)
En =
2m L2
Notiamo che `e sufficiente considerare n > 0. Infatti per n = 0 si ha una soluzione
banale, = 0, mentre per n < 0 vale
n (x) = (1)n n (x)
(5.70)
(x)
2
-L/2
+L/2
-L/2
+L/2
Figura 5.2: Le due prime funzioni donda per la particella nella scatola.
Dunque la risoluzione del problema della particella nella scatola ci ha portato alla
condizione di quantizzazione dellenergia. Il motivo per questo risultato `e abbastanza
chiaro e dipende dalle condizioni al contorno del problema. Queste condizioni sono
specificatamente quelle di stato legato, cio`e la richiesta che la funzione donda vada
a zero allinfinito
lim (x) = 0
(5.71)
x
V(x)
V0
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
II
- L/2
III
+ L/2
Nella regione II la (x) sar`a una combinazione di seni e coseni. Ma dato che V (x) `e
ovunque finito dovremo imporre continuit`a sia per la che per la nei punti L/2.
Questo ci d`a 4 condizioni al contorno con 4 coefficienti arbitrari a disposizione
(uno nelle regioni I e III, due nella regione II). Daltro canto la normalizzazione
di `e arbitraria e quindi si hanno 4 condizioni per tre coefficienti. Quindi anche in
questo caso non `e possibile soddisfare le condizioni al contorno salvo per particolari
valori dellenergia.
Consideriamo adesso un generico potenziale tale che
lim V (x) = V
(5.74)
E < V
(5.75)
con
121
Possiamo dividere lasse delle x in tanti intervalli e approssimare V (x) con una
funzione a gradini. In ognuna di queste regioni avremo E > V oppure E < V .
Un esempio di una suddivisione `e data in Figura 5.4. Chiaramente se partiamo
da una approssimazione con sole tre regioni rientriamo nel caso discusso precedentemente, cio`e abbiamo 4 coefficienti con quattro condizioni al contorno, due per
ogni separazione. A causa della normalizzazione, le condizioni sono in realt`a 5 e si
ha quantizzazione dellenergia. Il conteggio non cambia per ogni ulteriore divisione,
poiche si aggiungono due nuovi coefficienti per ogni nuova regione ma due condizioni
al contorno per ogni nuova superficie di separazione.
V(x)
V-
V+
E
x
Figura 5.4: Il generico potenziale unidimensionale con limiti V per x .
In genere, per N + 1 divisioni si ha:
E V : 2N + 3 condizioni con 2N + 2 coefficienti
(5.76)
(5.78)
In questo caso si ha sempre una soluzione con energia non quantizzata. Inoltre lo
stato non `e legato. Analogamente per
V E
122
(5.79)
(5.80)
Corrispondentemente si hanno due soluzioni degeneri, nessuna quantizzazione dellenergia e stato non legato. La degenerazione corrisponde al fatto che la particella
pu`o andare allinfinito ad entrambi gli estremi.
Un altro punto che merita una riflessione `e il fatto che lenergia dello stato
fondamentale (di energia pi`
u bassa), n = 1 per la particella nel box non `e zero, ma
/h2 2
(5.81)
E=
2mL2
La ragione va ricercata nel principio di indeterminazione. Infatti, dato che la posizione e quindi X sono limitati, ne segue che la particella non pu`o avere impulso
definito. In particolare, da
P2
H=
(5.82)
2m
segue
1
H =
P2
(5.83)
2m
Daltra parte si ha P = 0, sia dal calcolo diretto, sia osservando che essendo la
particella confinata in una regione finita non pu`o avere un impulso medio, altrimenti
finirebbe per andare allinfinito. Pertanto
H =
1
1
(P P )2 =
P 2
2m
2m
(5.84)
L
2
(5.85)
Usando
X
e
P X
/h
2
(5.86)
si trova
2
/h2 4
/h2
1 /h
H
=
(5.87)
2m 4X 2
8m L2
2mL2
Vediamo che lenergia nello stato fondamentale `e 2 volte il valore minimo sopra
calcolato.
5.2.2
(5.88)
Poich`e dalla condizione (x)dx = 1 vediamo che la delta ha le dimensioni dellinverso di una
lunghezza, nella definizione di questo potenziale occorre inserire una quantit`a a con le dimensioni
di una lunghezza.
123
2m
E<0
(5.89)
Qui abbiamo scelto E < 0 per porsi nelle condizioni di stato legato (vedi Figura
5.5). Nella regioni I e II il potenziale `e nullo e si hanno dunque le soluzioni
regione I,
regione II,
(x) = Aekx
(5.90)
(x) = Bekx
(5.91)
con
k2 =
2mE
/h2
(5.92)
V (x)
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
x
E
II
I (x) = Aekx ,
II (x) = Aekx ,
124
(5.93)
x0
x0
(5.94)
(5.95)
2m
d
(x)dx aV0
dx
da cui
(x)(x)dx = E
(x)dx
(5.96)
/h2
[ (+ ) ( )] = aV0 (0) + O( )
2m
Usando le soluzioni
2Ak =
ed infine
k=
(5.97)
2m
aV0 A
/h2
(5.98)
maV0
/h2
(5.99)
E=
=
2m
2m /h4
/2
2h
5.3
(5.100)
Equazione di continuit`
a
d
(t)|(t)
dt
/ (t)|(t)
/ (t)|(t)
= ih
+ ih
=
/ H(t)|(t) + ih
/ (t)|H(t) = 0
= ih
(5.101)
d3 x (t)|x x|(t) =
P (x, t)d3 x
(5.102)
e quindi
d
P (x, t)d3 x = 0
(5.103)
dt
Cos` come in elettromagnetismo la conservazione nel tempo della carica elettrica
d
d
Q(t) =
dt
dt
(x, t)d3 x = 0
125
(5.104)
(5.105)
(x, t)d3 x =
V
j(x, t)d3 x =
V
j dS
(5.106)
/
ih
=
+V
(5.107)
t
2m
/h2 2
/
+ V
(5.108)
=
ih
t
2m
Moltiplicando la prima equazione per , la seconda per e sottraendo una dallaltra
si trova
/h2
/ ( ) =
(2 ) (2 )
(5.109)
ih
t
2m
o anche
/
ih
P (x, t) =
( ) ()
(5.110)
t
2m
e definendo la densit`
a di corrente di probabilit`
a come
j(x, t) =
/
ih
( ) ()
2m
(5.111)
si trova
P (x, t) = j(x, t)
(5.112)
t
La conservazione della probabilit`a totale si ottiene integrando questa equazione su
tutto lo spazio
d
P (x, t)d3 x =
j(x, t) dS
(5.113)
dt
S
Notiamo che per una (x) normalizzabile si ha
r2 drd <
126
(5.114)
e quindi
lim r3/2 = 0
(5.115)
(5.116)
Dato che
px
i
1
p =
e /h
/ )3/2
(2h
(5.117)
p
p = i p
/h
(5.118)
segue
j(x, t) =
/
ih
2m
p
p
i p p i p p
/h
/h
p
P (x, t) = vP (x, t)
m
(5.119)
(5.120)
p
(|A|2 |B|2 )
(5.121)
m
Come si vede non ci sono termini di interferenza tra le due onde e quindi possiamo
associare le due componenti della densit`a di corrente con le due componenti di
con lovvia interpretazione che una parte corrisponde a unonda che si propaga con
velocit`a v e laltra con velocit`a v. In formule
j=
j = vPA + (v)PB ,
PA = |A |2 ,
= A + B
127
PB = |B |2
(5.122)
(5.123)
5.4
lim V (x) = 0
x+
(5.124)
Nel caso classico, se E < V0 la particella non potr`a arrivare a + perche verr
riflessa, mentre se E > V0 la particella viene trasmessa. In meccanica quantistica, il
carattere ondulatorio della equazione di Schrodinger conduce a fenomeni nuovi. In
particolare una particella con E < 0 ha una probabilit`a non nulla di trovarsi nella
regione vietata classicamente. per esempio, se si ha una barriera di potenziale come
illustrata in Figura 5.6, in meccanica quantistica la particella pu`o penetrare nella
zona x > 0. Questo fenomeno prende il nome di effetto tunnel. Se invece E >
V0 la particella pu`o essere riflessa dalla barriera. Per dimostrare questa propriet`a
dovremmo risolvere un problema dipendente dal tempo, dato che si tratta di un
fenomeno di diffusione. Daltra parte questa dipendenza pu`o essere ignorata se
consideriamo autostati dellenergia. Consideriamo il potenziale di Figura 5.6. La
V(x)
V0
I
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
II
x+
2mE
,
/h2
Aeik1 x + Beik1 x
Ceik2 x
k22 =
2m(E V0 )
/h2
(5.125)
(5.126)
Per x < 0 la prima parte della funzione donda corrisponde allonda incidente e la
seconda allonda riflessa, mentre la parte per x > 0 corrisponde allonda trasmessa.
128
Come dai calcoli della Sezione precedente si ha che le corrente di probabilit`a per
londa incidente, londa riflessa e londa trasmessa sono rispettivamente:
onda incidente :
onda riflessa :
|jinc | k1 |A|2
|jrif l | k1 |B|2
onda trasmessa :
|jtras | k2 |C|2
(5.127)
k2 C
T =
=
k1 A
|jinc |
|jtras |
(5.128)
2m(V0 E0 )
/h2
(5.129)
(5.130)
(5.131)
129
(5.132)
V(x)
V0
I
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
III
II
E
x
(5.133)
/h2
( ( ) ( )) = aV0 (0)
2m
(5.134)
maV0
/h2 k
(5.135)
da cui
iC i(A B) = 2SC,
S=
B
iS
=
A
1 + iS
(5.136)
da cui
R=
5.5
B
A
S2
,
1 + S2
T =
C
A
1
1
=
2
1+S
/ 4k2)
1 + (m2 a2 V02 )/(h
(5.137)
Alcune propriet`
a dellequazione di Schr
odinger
unidimensionale
V (x)
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
II
Teorema: Gli stati legati in una dimensione non sono mai degeneri.
Consideriamo due soluzioni 1 e 2 corrispondenti alla stessa energia E, avremo
/h2
+ V 1 = E1
2m 1
/h2
+ V 2 = E2
(5.138)
2m 2
Moltiplicando la prima equazione per 2 , la seconda per 2 e sottraendo membro a
membro si trova
d
0 = 1 2 2 1 =
(1 2 2 1 )
(5.139)
dx
da cui
1 2 2 1 = costante
(5.140)
|x|
(5.141)
1
= 2 log 1 = log 2 + k
1
2
(5.142)
dove k `e una costante arbitratria. Ma questo significa che le due soluzioni differiscono
di una costante moltiplicativa c = ek
1 = c2
131
(5.143)
+ V = E
2m
(5.144)
2m
+ V = E
(5.145)
Chiaramente
1
1
R = ( + ), I = ( )
(5.146)
2
2i
sono anche autofunzioni corrispondenti allo stesso autovalore E. Ma per il teorema
precedente si deve avere
I = cR
(5.147)
e quindi
= R + iI = (1 + ic)R = cR
Dato che la costante c `e irrilevante possiamo scegliere reale.
132
(5.148)
Capitolo 6
Limite classico
In questo capitolo studieremo come si possa riottenere la descrizione classica per i
sistemi macroscopici a partire dalla meccanica quantistica. Ovviamente questo si
riferisce agli aspetti puramente quantitativi poiche linterpretazione probabilistica
della meccanica quantistica rimane tale in qualunque limite. Daltra parte ci sono
situazioni in cui ai fini pratici certe probabilit`a diventano certezze. Iniziamo allora
studiando levoluzione temporale del valor medio di un operatore. In generale supporremo anche che loperatore possa avere una dipendenza esplicita dal tempo. Si
ha
d
(t)|(t)|(t) = (t)|(t)|(t)
+ (t)|(t)|(t)
+ (t)|(t)|(t)
=
dt
i
i
=
(t)|H(t)|(t) (t)|(t)H|(t) + (t)|(t)|(t)
(6.1)
/h
/h
Pertanto
d
i
(6.2)
o, in notazione pi`
u abbreviata
d
i
(t)
(t) = [(t), H] +
/h
dt
t
(6.3)
` interessante osservare
Questa equazione `e chiamata il teorema di Ehrenfest. E
la corrispondenza formale con la formula della meccanica analitica che esprime la
variazione nel tempo di una funzione delle variabili dinamiche q e p (ed eventualmente del tempo), in termini della parentesi di Poisson della variabile dinamica con
lhamiltoniana1
d(q, p, t)
= {, H} +
(6.4)
dt
t
1
Ritorneremo in seguito su questa analogia formale che costituisce la base della cosi detta
quantizzazione canonica
133
1 2
P + V (X)
2m
(6.5)
Usando il teorema di Ehrenfest possiamo calcolare la variazione nel tempo del valor
medio della coordinata
d
i
1 2
i 1
1
/ )P =
X = [X,
P + V (X)] =
(2ih
P
/h
/h 2m
dt
2m
m
(6.6)
X =
m
P
dt
P
(6.7)
La regola per calcolare le derivate di H `e come nel calcolo usuale quando loperatore
ammette uno sviluppo in serie di potenze della variabile (operatoriale) che si sta
considerando. In modo analogo si ha
d
i
i
P = [P, H] = [P, V (X)]
/
/
dt
h
h
(6.8)
/,
[P, X 2 ] = 2ih
(6.10)
Assumendo
/ X n2
[P, X n1 ] = (n 1)ih
(6.11)
segue
/ )X n2 ih
/ X n1 = nih
/ X n1
[P, X n ] = X[P, X n1 ] + [P, X]X n1 = X((n 1)ih
(6.12)
Pertanto
V (X)
/
[P, V (X)] = ih
(6.13)
X
se
V (X) =
cn X n
(6.14)
n
Dunque
V (X)
H
d
P =
=
(6.15)
dt
X
X
Abbiamo dunque ottenuto le equazioni (6.7) e (6.15) che sono le equazioni di Hamilton per i valori medi. Cerchiamo adesso di capire come queste equazioni si riducono
134
alle equazioni di Hamilton vere e proprie nel caso di corpi macroscopici. Consideriamo uno stato simile a uno stato classico con la migliore definizione possibile per X
e P , diciamo
| = |x0 , p0 ,
(6.16)
con
X = x0 ,
P = p0 ,
X = ,
/h
(6.17)
1
22
|x0 , p0 , p0 ,x0 , (x) =
e /h e
2
1/4
( )
(6.18)
(6.19)
cio`e dellordine di grandezza della dimensione del protone. Questo significa avere
una indeterminazione sullimpulso pari a
P /h 1015 1034 1015 Kg m/s = 1014 g cm/s
(6.20)
nel caso di una particella macroscopica di massa dellordine del grammo, segue che
lindeterminazione sulla velocit`a `e
v 1014 cm/s
(6.21)
d
H
P =
dt
X
(6.22)
(6.23)
Daltra parte questo `e vero solo se `e possibile trascurare le fluttuazione, cio`e se vale
Xn = X
(6.24)
(6.25)
d
d
V (X)
P = p0 =
dt
dt
X
Da queste due equazioni si ricava lanalogo dellequazione di Newton
V (X)
...
mx0 =
X
(6.26)
(6.27)
dxdx x0 , p0 , |x x|
V (X)
|x
X
x |x0 , p0 , =
V (x)
x0 ,p0 , (x)
x
(6.28)
V (x)
x
x0
2 V (x)
1
(xx0 )2
2!
x2
x0
3 V (x)
1
(xx0 )3
3!
x3
x0
(6.29)
V (x)
x ,p , (x) +
x x0 0 0
3 V (x)
1
dxx0 ,p0 , (x) (x x0 )2
x ,p , (x) + (6.30)
2
x3 x0 0 0
dxx0 ,p0 , (x)
=
+
Notiamo che il secondo termine della (6.29) non contribuisce perche la sua derivata
ha media nulla. Dunque si ha
V (X)
X
V (x)
x
V (x)
=
x
=
x0
x0
1 3 V (x)
2 x3
1 3 V (x)
+
2 x3
+
x0
x0
(X x0 )2 + =
(X 2 x20 ) +
(6.31)
V (x)
x
x0
1 3 V (x)
2 x3
x0
2 +
(6.32)
(6.33)
x2
(6.34)
/h
1034
29 Kg m/s 1 gr cm/s
10
(6.35)
6.1
La rappresentazione di Heisenberg
Le precedenti equazioni derivate per i valori medi degli operatori possono essere
rappresentate in modo pi`
u suggestivo facendo uso della rappresentazione di Heisenberg. In questa rappresentazione i vettori di stato vengono riportati al tempo t = 0,
mentre le osservabili diventano dipendenti esplicitamente dal tempo:
Schrodinger :
Heisenberg :
|(t)
= U (t)|(0) ,
(6.38)
H
(6.39)
Ricordiamo che per hamiltoniane non dipendenti esplicitamente dal tempo U (t) =
/ ). Notiamo che
exp(iHt/h
S
(t)|S |(t)
(6.40)
S
d 1
dU (t)
U (t) S U (t) + U 1 (t)
U (t) + U 1 (t)S
=
dt
t
dt
1
S
1
= U 1 (t)
HU (t) U 1 (t)S U (t) + U 1 (t)S HU (t) + U 1 (t)
U (t) =
/
/
t
ih
ih
S
1
= = U 1 (t)[H, S ]U (t) + U 1 (t)
U (t)
(6.41)
/
t
ih
e infine
dH (t)
i
= [H (t), HH ] +
/h
dt
(6.42)
H
con
HH = U 1 (t)HU (t)
(6.43)
= {, H} +
dt
t
(6.44)
Questa relazione formale indusse Dirac a formulare delle parentesi di Poisson quantistiche per due osservabili generiche v1 e v2 dalla regola:
i
{v1 , v2 }op = [v1 , v2 ]
/h
(6.45)
(6.46)
Nella pratica, a causa dei problemi gi`a visti sullordine delle espressioni, tale principio
si applica solo alle variabili cartesiane x e y. Pertanto da
{x, p}clas = 1,
(6.47)
[X, X] = [P, P ] = 0
(6.48)
138
[Xi , Xj ] = [Pi , Pj ] = 0
(6.49)
(6.50)
+ f (x)
x
(6.51)
con f (x) una funzione arbitraria. Si mostra per`o che si pu`o riassorbire la f (x) in
una ridefinizione della base. Effettuiamo infatti il cambiamento di base
/
/
|x |
x = eig(X)/h |x = eig(x)/h |x
con
(6.52)
g(x) =
f (x )dx
(6.53)
segue
x|X|
x
/
/
/
/
x|eig(x)/h eig(x )/h X|x = eig(x)/h eig(x )/h x|X|x =
/
/
= eig(x)/h eig(x )/h x(x x ) = x(x x )
(6.54)
e
x|P |
x
=
=
=
=
=
=
dx x|P |x
x |
x =
/
/
/ (x x ) (x x )eig(x )/h
=
dx eig(x)/h ih
x
/
/
/ eig(x)/h
dx (x x )(x x )eig(x )/h =
ih
x
/
/
/ eig(x)/h
ih
(x x )eig(x)/h =
x
g(x)
/ (x x ) ig(x)/h
/
/ eig(x)/h
ih
e
=
+ (x x )
x
x
/
+ f (x) (x x )
(6.55)
ih
x
/
P ih
139
+ f (x)
x
(6.56)
Capitolo 7
Loscillatore armonico
L importanza delloscillatore armonico nello studio della fisica `e dovuta al fatto che
ogni sistema che fluttua attorno a una configurazione di equilibrio pu`o essere descritto, in prima approssimazione, come una collezione di oscillatori armonici disaccoppiati. Da qui limportanza dello studio del comportamento di un singolo oscillatore
armonico, sia nella fisica classica, che nella fisica quantistica. Un singolo oscillatore
armonico costituito da una massa m attaccata a una molla di costante elastica k `e
caratterizzato dallhamiltoniana classica
H=
1 2 1
p + m 2 x2 ,
2m
2
k
m
(7.1)
V(x)
x0
x
V( x0)
Figura 7.1: Un potenziale unidimensionale con un minimo in x0 .
Una particella nellintorno di x0 effettuer`a delle oscillazioni attorno a questo
140
(7.3)
(7.4)
1
xII = (x1 x2 )
2
1
xII = (p1 p2 )
2
(7.7)
k
,
m
I = =
II =
3 =
k
m
(7.8)
(7.9)
1
1
ij
H=
pi pj +
xi Vij xj
2 i,j=1 mi
2 i,j=1
1
(7.10)
Sar`a sufficiente traslare il riferimento in modo da portare il minimo nellorigine delle coordinate.
141
2 V (x1 , x2 , , xN )
xi xj
Vij =
(7.11)
1
2
qi =
Pi ij Pj +
ij
Vij =
1
2
m i xi
qi Vij qj
(7.12)
(7.13)
ij
mi mj Vij
(7.14)
1
2
Pi =
1
Pi2 +
2
Uij Pj ,
(7.16)
qi =
Uij qj
(7.17)
Un esempio `e costituito da un cristallo con gli atomi che vibrano attorno alla loro
posizione di equilibrio. Un altro esempio `e costituito dal potenziale elettromagnetico
che soddisfa lequazione di DAlembert
2 = 0
(7.18)
(7.19)
si trova
a
k |k|2 ak = 0
(7.20)
p
H
=
p
m
142
(7.21)
p =
H
= m 2 x
x
(7.22)
da cui
x + 2 x = 0
(7.23)
(7.24)
La soluzione generale `e
2E
2 x2
m
(7.25)
1/2
= (x20 x2 )1/2
(7.26)
V(x)
_x
x0
d
|(t) = H|(t)
dt
(7.27)
con
P2
1
+ m 2 X 2
2m 2
Inizieremo lo studio a partire dallequazione di Schrodinger stazionaria
H=
H|E = E|E
143
(7.28)
(7.29)
(7.30)
E (x) = x|E
(7.31)
e posto
si trova
/h2 d2
1
+ m 2 x2
2
2m dx
2
E (x) = EE (x)
(7.32)
d2 E (x) 2m
1
+ 2 E m 2 x2 E (x) = 0
(7.33)
2
dx
2
/h
Nei problemi `e sempre conveniente far uso di variabili adimensionali che in qualche
modo siano suggerite dal problema stesso. Se poniamo x = by con [b] = , in modo
che y risulti adimensionale, si trova
m2 2 b4 2
d2 E 2mb2
E
y E = 0
+
dy 2
/h2
/h2
(7.34)
/h
m
(7.35)
mE 2 mE /h
E
=
2 b =
2
/h
/h
/h m
(7.36)
(7.37)
e
/ ] = E t t1 = E
[h
(7.38)
7.1
Per capire meglio il comportamento asintotico della soluzione consideriamo lequazione per grandi valori di y:
da cui
E y 2 E = 0
(7.41)
y2
E = Ay m e 2
(7.42)
E Ay m+2 e 2 = y 2 E
(7.43)
per y
(7.44)
(7.46)
E (y) = u(y)e 2
(7.47)
con
u(y) A + cy,
per y 0
(7.48)
per y
(7.49)
e
u(y) y m ,
145
E = u e 2 yue 2
(7.50)
y2
E = (u 2yu u + y 2 u)e 2
(7.51)
da cui
y2
E + (2 y 2 )E = (u 2yu u + y 2 u + 2 u y 2 u)e 2
(7.52)
Pertanto
u 2yu + (2 1)u = 0
(7.53)
Lidea base del metodo `e che avendo estratto il comportamento asintotico della soluzione e conoscendo landamento nellintorno dellorigine sia possibile effettuare uno sviluppo in serie della soluzione nellintorno dellorigine stessa. Quindi
scriveremo
cn y n
u(y) =
(7.54)
n=0
u =
n(n 1)cn y
n2
(m + 2)(m + 1)cm+2 y m
n=2
(7.55)
m=0
ncn y n
yu =
(7.56)
n=1
e sostituendo si trova
(7.57)
n=0
2n + 1 2
(n + 2)(n + 1)
146
(7.58)
(7.59)
2
1 2k
y
e =
y =
bk y k
(7.61)
k!
k=0
k=0
con
bk =
da cui
bk+2
=
bk
k
2
k
2
!
=
+1 !
k
2
k
2
(7.62)
1
2
,
k
+1
per k
(7.63)
=n+
1
2
(7.64)
(7.65)
che implica
En = /h n +
1
2
(7.66)
1
(7.67)
2
Essendo nel caso di n pari possiamo prendere c1 = 0. Inoltre fissando c0 = 1 si ha
c2 = 0 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H0 (y) = 1
147
(7.68)
n = 1. Si ha
3
(7.69)
2
Essendo nel caso di n dispari possiamo prendere c0 = 0. Inoltre fissando c1 = 2 si
ha c3 = 0 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H1 (y) = 2y
(7.70)
n = 2. Si ha
5
(7.71)
2
Essendo nel caso di n pari possiamo prendere c1 = 0. Inoltre fissando c0 = 2 si ha
c2 = 4 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H2 (y) = 2 + 4y 2
(7.72)
m
/ 22n (n!)2
h
1/4
mx2
/ H
2h
e
n
m
/h
1/2
(7.73)
(7.74)
= 1 rad/s,
x0 = 1 cm
(7.76)
Segue
1
1
E = m 2 x20 = 2 103 12 (102 )2 = 107 joule
2
2
La spaziatura dei livelli in questo caso `e
E = /h 1034 joule
(7.77)
(7.78)
Dunque
E
1027
(7.79)
E
I livelli sono cosi fitti che in pratica `e impossibile riuscire a percepire la quantizzazione dellenergia. Notiamo anche che per un oscillatore di questo tipo si
ha
E
1
n=
1027
(7.80)
/h 2
Pertanto lenergia di uno stato macroscopico corrisponde a numeri quantici enormi.
2) - I livelli sono spaziati in modo uniforme. Questo punto `e di primaria
importanza ed `e la chiave per lo studio di un numero enorme di problemi. Infatti
la spaziatura uniforme ci permette di introdurre lidea che si possa associare a un
oscillatore una particella fittizia, detta quanto di energia (o brevemente quanto),
/ pu`o essere
dotata di energia pari a /h. Con questa interpretazione la quantit`a nh
reinterpretata come lenergia di n quanti, ognuno di energia /h. Quindi possiamo
pensare allo stato di energia En come a uno stato costituito da n quanti (considereremo successivamente il termine /h/2). Qualora in seguito a un processo fisico
si ecciti un oscillatore armonico facendolo passare dallenergia En allenergia En+n
si pu`o pensare di aver creato n quanti, cos` come nel processo inverso di averli
distrutti. Questo ci d`a un nuovo modo per caratterizzare un autostato dellenergia
di uno o pi`
u oscillatori armonici. Consideriamo infatti N oscillatori disaccoppiati
con frequenze 1 , , N . Un autostato dellenergia sar`a caratterizzato da
1
E = n1/h1 + + nN /hN + /h(1 + + N )
2
(7.81)
Questo stato pu`o essere univocamente identificato dicendo che esso `e composto da
149
(7.83)
5) - Le soluzioni non si annullano ai turning points. Nel caso classico le regioni al di l`a dei turning point non sono accessibili e quindi a questi punti la velocit`a
si annulla e successivamente cambia di segno permettendo alla particella di tornare
indietro. Nel caso quantistico, a causa delleffetto tunnel, la particella ha una probabilit`a non nulla di trovarsi al di l`a dei turning points.
6) - La distribuzione di probabilit`
a della particella `
e molto diversa dal
caso classico. Nel caso classico, una particella sta in un intervallo dx per un
intervallo di tempo pari a
dx
dt =
(7.84)
v(x)
dove v(x) `e la velocit`a della particella nel punto x. Daltra parte la probabilit`a per
la particella di trovarsi in un dx sar`a proporzionale a dt:
P (x)dx
dx
v(x)
(7.85)
dx
x2 )1/2
(7.86)
(x20
150
Richiedendo che
+x0
P (x)dx = 1
(7.87)
1
1
2
(x0 x2 )1/2
(7.88)
x0
si trova
P (x) =
mentre quantisticamente
P (x) = |E (x)|2
(7.89)
per E normalizzata.
Esercizio: Confrontare la probabilit`a classica e quella quantistica facendo uso delle
variabili adimensionali y e . Iniziamo dalla probabilit`a classica. Ricordando che
(vedi equazione (7.35)) x = by con
/h
m
b=
e (vedi equazione (7.25))
1
E = m 2 x20
2
segue
1
y0 = x0 =
b
con
(7.90)
(7.91)
2E
= 2
/h
(7.92)
1
1
1
1
bdy =
dy P (y)dy
2
2
1/2
b (y0 y )
(2 y 2 )1/2
(7.93)
P (x)dx = |n (x)|2 dx =
=
1
2n
2 (n!)2
1/2
1/2
2
ey Hn2 (y)bdy =
2
ey Hn2 (y)dy P (y)dy
(7.94)
= n + 1/2
(7.95)
In Figura 7.3 sono riportate le due probabilit`a nei casi n = 10 e n = 21. Come
si vede la probabilit`a quantistica oscilla attorno a quella classica. Le oscillazioni
crescono con il crescere di n (infatti il polinomio di Hermite Hn ha n zeri) e nel
limite classico, cio`e per grandissimi valori di n, la probabilit`a quantistica oscilla
cosi rapidamente che ha senso solo la sua media che risulta essere la probabilit`a
classica.
151
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
-7.5
-5
-2.5
2.5
7.5
2.5
7.5
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
-7.5
-5
-2.5
7.2
Esiste un modo molto semplice di risolvere lequazione di Schrodinger stazionaria dovuto a Dirac. In sostanza il metodo consiste nel cercare una fattorizzazione
dellhamiltoniana
1
P2
+ m 2 X 2
(7.96)
H=
2m 2
152
a =
a =
1
P =
/
2mh
1
P =
/
2mh
m
/
2h
m
/
2h
X+
i
P
m
i
P
m
(7.97)
che in virt`
u delle regole di commutazione tra X e P soddisfano
[a, a ] = 1
(7.98)
/h
(a + a ),
2m
P = i
/hm
(a a )
2
(7.99)
/h
/h
(a + a )2 (a a )2 =
(aa + a a)
4
2
(7.100)
(7.101)
1
2
(7.102)
[N, a ] = [a a, a ] = +a
(7.103)
Pertanto si ha
N a = a(N 1),
N a = a (N + 1)
(7.104)
(7.105)
(7.106)
153
(7.107)
(7.108)
Dato che nel caso unidimensionale gli autostati dellenergia non sono degeneri vediamo che necessariamente a| `e proporzionale allo stato | 1 . Analogamente a |
`e proporzionale a | + 1 . Dunque partendo da uno stato | possiamo costruire la
successione di stati
a| , a2 | , , ap |
(7.109)
con autovalori
1,
2,
(7.110)
Daltra parte questi numeri, essendo autovalori di N , non possono essere negativi e
quindi deve esistere un intero n per cui n = 0 e quindi
an | = 0
(7.111)
a2 |0 ,
ap |0 ,
(7.112)
|2 ,
|p ,
(7.113)
(7.114)
(7.115)
(7.116)
(7.117)
da cui
dove abbiamo usato il fatto che loperatore N `e diagonale sugli stati |n con autovalore n. Pertanto, dato che gli stati sono supposti normalizzati, si ha
|cn |2 = n
154
(7.118)
e scegliendo cn reale
cn =
e
a|n =
(7.119)
n|n 1
(7.120)
na |n 1
n|n
n + 1|n + 1
(7.121)
(7.122)
(7.123)
m|a|n = nm,n1 ,
m|a |n = n + 1m,n+1
(7.125)
e quindi degli operatori X e P . Daltra parte usando le espressioni di X e P
in termini di a e a e facendo uso sistematico delle propriet`a algebriche di questi
operatori `e facile il calcolo diretto di potenze arbitrarie di X e di P . Consideriamo
un semplice esempio:
2|X 2 |0
(7.126)
Questo richiederebbe il calcolo di un integrale che coinvolge i polinomi di Hermite
se si usasse la base delle coordinate, mentre nella base dei numeri di occupazione
tutto si riduce ad un conto algebrico. Infatti, usando la (7.99)si ha
/h
/h
2|(a + a )2 |0 =
|2 (a2 + a a + aa + a2 )|0 =
2m
2m
/h
/h 1
/h 1
0|a2 a2 |0 =
0|a(a a + 1)a |0 =
=
2|a2 |0 =
2m
2m 2
2m 2
/h 1
/h 1
/h
2=
0|(a a + 1)aa + 1 |0 =
=
(7.127)
2m 2
2m 2
2m
2|X 2 |0 =
155
/h
/h
n|(a + a )2 |n =
(aa + a a)|n =
2m
2m
/h
/h
En
=
n|(2N + 1)|n =
(2n + 1) =
2m
2m
m 2
(7.128)
e
n|P 2 |n
/
/
mh
mh
n|(a a )2 |n =
(aa + a a)|n =
2
2
/
/
mh
mh
=
n|(2N + 1)|n =
(2n + 1) = mEn
2
2
=
(7.129)
Dato che
n|X|n = n|P |n = 0
(7.130)
segue
X 2 = n|(X n|X|n )2 |n =
En
,
m 2
En
= /h(n + 1/2)
XP
(7.132)
/h
2
(7.133)
Luso della base dei numeri di occupazione non ci permette solo di determinare
facilmente autovalori dellenergia ed elementi di matrice degli operatori rilevanti,
ma anche di calcolare la funzione donda. Consideriamo dunque
n (x) = x|n
(7.134)
m
i
P
x| X +
/
m
2h
|0 =
m
/
2h
x+
/h d
m dx
0 (x)
(7.135)
Pertanto la funzione donda dello stato fondamentale soddisfa lequazione differenziale del primo ordine
d
m
+
x 0 (x) = 0
(7.136)
/h
dx
Questa equazione si integra immediatamente con il risultato
m 2
x
/
0 (x) = Ae 2h
156
(7.137)
1 = |A|2
m 2
x
e /h
(7.138)
/h
=1
m
e quindi
0 (x) =
m
/
h
1/4
(7.139)
m 2
x
/
e 2h
(7.140)
n/2
i
x| X
P
m
|0 =
(7.141)
d
dy
y2
e 2
(7.142)
dA(t)
= [A(t), H]
dt
(7.143)
da(t)
= [a(t), H] = /h[a(t), a (t)a(t) + 1/2] = /ha(t)
dt
(7.144)
da (t)
/ a (t)
= h
dt
157
(7.145)
e quindi
a(t) = a(0)eit ,
a (t) = a (0)e+it
(7.146)
Pertanto
/h
/h
(a(t) + a (t)) =
(a(0)eit + a (0)e+it ) =
2m
2m
1
= X(0) cos t +
P (0) sin t
(7.147)
m
X(t) =
In modo analogo
P (t) = P (0) cos t mX(0) sin t
(7.148)
158
Capitolo 8
Il principio di indeterminazione
Abbiamo fin qui mostrato varie situazioni in cui il principio di indeterminazione
esplica i suoi effetti. Passiamo adesso a una dimostrazione formale. Infatti questo
principio, sebbene sia uno dei capisaldi fisici su cui si regge la meccanica quantistica,
dal punto di vista della formulazione in termini dei postulati risulta una semplice
conseguenza del formalismo. Abbiamo gi`a mostrato che due osservabili che non
commutano sono incompatibili, cio`e non `e possibile definire un processo di misura
tale da misurare simultaneamente queste osservabili. Questo fatto, che `e appunto la
base del principio di indeterminazione, pu`o essere espresso in modo pi`
u quantitativo
in termini delle indeterminazioni sulle osservabili in esame. Consideriamo allora due
osservabili hermitiane, A e B, tali che
[A, B] = iC
(8.1)
con C una terza variabile hermitiana. Supponiamo che il sistema si trovi in un dato
stato | e definiamo nuove osservabili sottraendo il valore di aspettazione delle
precedenti
=B B
A = A A , B
(8.2)
Avremo
2 | = A|
A
B|
B
(8.3)
(8.4)
1
1
[A, B]+ + [A,
B] |
2
2
(8.5)
dove
[A, B]+ = AB + BA
159
(8.6)
1
1
[A, B]+ + [A,
B] |
2
2
1
B]
+ |
|[A,
4
1
| |C| |2
4
(8.7)
Da cui
1
| |C| |2
4
La disuguaglianza si riduce a una uguaglianza se e solo se
(A)2 (B)2
A|
= cB|
e
B]
+ | = 0
|[A,
(8.8)
(8.9)
(8.10)
La disuguaglianza (8.8) altro non `e che lespressione del principio di indeterminazione. Infatti se applicata a variabili canonicamente coniugate come X e P , si ha
C = /hI e quindi
/h
(8.11)
XP
2
8.1
/h
2
(8.12)
cio`e che minimizza il prodotto delle incertezze. A questo scopo dobbiamo soddisfare
entrambe le equazioni (8.9) e (8.10)
(P P )| = c(X X )|
|(P P )(X X ) + (X X )(P P )| = 0
(8.13)
(8.14)
Posto
X = x,
P = p
(8.15)
d
p (x) = c(x x)(x)
dx
160
(8.16)
vale a dire
d(x)
i
= [c(x x) + p] (x)
/h
dx
px ic
(x x)2
/
/
h
2h
(x) = Ae
e
i
(8.17)
(8.18)
(8.19)
(c + c ) |(X x)2 | = 0
(8.20)
si trova
e poiche |(X x)2 | = 0 segue
c = c
(8.21)
Pertanto
c = +i|c|
(8.22)
px (x x)2
22
(x) = Ae /h e
(8.23)
con
2 =
/h
|c|
(8.24)
Vediamo dunque che il pacchetto gaussiano `e quello che corrisponde alla minima
indeterminazione in X e P .
8.2
Sebbene il tempo non sia una variabile dinamica, ma un semplice parametro, tuttavia
esiste una relazione di indeterminazione tempo-energia
Et
/h
2
(8.25)
pur con interpretazione diversa dalla analoga relazione tra coordinate e impulsi coniugati. Infatti la precedente relazione va intesa nel senso che lenergia di un sistema
che sia in un determinato stato per un tempo t non pu`o essere perfettamente
definita ma ha uno sparpagliamento pari a E. Il modo pi`
u semplice per mettere in
luce questo punto `e di considerare un atomo che venga portato in un livello eccitato
di energia E al tempo t = 0. Supponiamo che al tempo t = T latomo si disecciti
161
emettendo un fotone di energia /h. La funzione donda del sistema sar`a quindi del
tipo
Et
i
(t) = (t)(T t)e /h
(8.26)
se assumiamo che latomo si ecciti e si disecciti istantaneamente. Questo stato non ha
per`o energia definita. Questo si pu`o vedere prendendone la trasformata di Fourier,
che dovrebbe essere una (E E ) se questo fosse un autostato dellhamiltoniana.
Invece si ha
Et
(E E)t
(E E)t
T i
i
/h
i
/h
/h
dte /h (t) =
e
=
1 =
e
i(E E)
0
i
/
2h
=
e
E E
(E E)t
/
2h
sin
(E E)T
/
2h
(8.27)
/h
T
(8.28)
Un altro modo di enunciare questo punto `e quello di dire che si pu`o avere violazione
della conservazione dellenergia pari a E per tempi t /h/E.
162
Capitolo 9
Sistemi con N gradi di libert`
a
In questo capitolo considereremo con maggior dettaglio la struttura dello spazio di
Hilbert di un sistema con pi`
u gradi di libert`a. Iniziamo dal caso pi`
u semplice di due
gradi di libert`a. Questo `e caratterizzato dalle regole di commutazione
/ ij I,
[Xi , Pj ] = ih
[Xi , Xj ] = [Pi , Pj ] = 0,
i = 1, 2
(9.1)
Dunque potremo scegliere una base in cui gli operatori X1 e X2 sono simultaneamente diagonali:
Xi |x1 , x2 = xi |x1 , x2 , i = 1, 2
(9.2)
con normalizzazione
x1 , x2 |x1 , x2 = (x1 x1 )(x2 x2 )
(9.3)
In questa base, il generico vettore di stato sar`a rappresentato dalla funzione donda
| (x1 , x2 ) = x1 , x2 |
Inoltre gli operatori Xi e Pi saranno rappresentati rispettivamente da
/
Xi xi , Pi ih
xi
Linterpretazione delle funzione donda `e ora che
P (x1 , x2 )dx1 dx2 = |(x1 , x2 )|2 dx1 dx2
(9.4)
(9.5)
(9.6)
dx1 dx2 | x1 , x2 | |2 =
(9.7)
Con un leggero abuso di linguaggio chiameremo nel seguito i due gradi di libert`a,
particella 1 e particella 2. Ovviamente la precedente non `e la sola base possibile.
Altre basi possibili sono |p1 , p2 o qualunque base del tipo |1 , 2 , dove 1 e 2
sono gli autovalori di due operatori del tipo 1 (X1 , P1 ) e 2 (X2 , P2 ), che ovviamente
commutano tra loro. Lo spazio di Hilbert a due particelle che abbia una base del
tipo delle precedenti sar`a denotato da V1 2 .
163
9.1
(1)
/ I (1) ,
[X1 , P1 ] = ih
(2)
(2)
/ I (2)
[X2 , P2 ] = ih
(9.9)
con I (1) e I (2) gli operatori identit`a negli spazi V1 e V2 rispettivamente. Costruiamo
(1)
(2)
(1)
(2)
adesso una base di autostati di X1 e X2 . Se misuriamo X1 e subito dopo X2 ,
proietteremo il sistema in uno stato in cui la particella 1 `e certamente nello stato |x1
e la particella 2 nello stato |x2 . Indicheremo questo particolare stato nel seguente
modo
particella 1 in |x1
|x1 |x2
(9.10)
particella 2 in |x2
Il vettore |x1 |x2 `e chiamato il prodotto diretto di |x1 e |x2 e `e un prodotto
di vettori che appartengono a spazi diversi. Notiamo che il prodotto diretto `e lineare
in entrambi i vettori:
(|x1 + |x1 ) (|x2 ) = |x1 |x2 + |x1 |x2
(9.11)
Linsieme di tutti i vettori della forma |x1 |x2 costituisce una base per uno spazio
vettoriale che chiameremo V1 V2 . Notiamo che non ogni vettore di questo spazio
si pu`o scrivere come un prodotto diretto di due vettori. Per esempio
| = |x1 |x2 + |x1 |x2 = |1 |2
(9.12)
164
(9.14)
(9.15)
Osserviamo anche che il prodotto diretto di due spazi `e cosa diversa dalla somma
diretta per cui vale invece
dim(V1 V2 ) = dimV1 + dimV2
(9.16)
(9.17)
(9.18)
(i)
Estenderemo adesso gli operatori Xi operanti sugli stati di particella singola ad operatori che agiscono sullo spazio prodotto tensoriale. Questi nuovi operatori saranno
denotati da
(1)(2)
Xi
(9.19)
Un modo per definire questi operatori `e di richiedere che ad esempio
(1)(2)
X1
(9.20)
X1
(1)
(9.21)
(1)(2)
Cio`e X1
agisce di fatto solo sul primo ket. Pi`
u generalmente, dati due operatori
A(1) e B (2) che agiscono rispettivamente in V1 e V2 , possiamo definire il loro prodotto
diretto come
(A(1) B (2) )|x1 |x2 = (A(1) |x1 ) (B (2) |x2 )
(9.22)
Dunque potremo scrivere
(1)(2)
X1
(1)
= X1 I (2)
(9.23)
(2)
(9.24)
P2
= I (1) P2
(9.25)
(9.26)
e
(1)(2)
(A1
(1)(2) 2
(1)
(2)
(1)
(2)
+ A2
(9.27)
Questa relazione `e ovvia, dato che i due operatori commutano. Sempre in modo
analogo si dimostra che
(1)(2)
[Xi
(1)(2)
, Pj
(1)(2)
[Xi
/ ij I (1) I (2) = ih
/ ij I (1)(2)
] = ih
(1)(2)
, Xj
(1)(2)
] = [Pi
(1)(2)
, Pj
]=0
(9.28)
(9.29)
Dovrebbe essere chiaro a questo punto che gli spazi V1 2 e V1 V2 coincidono, che
(1)(2)
|x1 |x2 `e lo stesso che |x1 , x2 e che gli operatori Xi
coincidono con Xi .
Infatti |x1 |x2 e |x1 , x2 sono entrambi in corrispondenza uno a uno con i punti
del piano (x1 , x2 ), e gli operatori hanno le stesse regole di commutazione. Quindi
(1)(2)
Xi
(1)(2)
= Xi ,
Pi
= Pi
(9.30)
(9.31)
Nel seguito useremo quasi sempre la notazione a destra delle precedenti equazioni,
ma il concetto di prodotto diretto `e sia importante che utile.
Esiste un modo per visualizzare lidea di prodotto diretto di spazi vettoriali,
facendo uso direttamente della base delle coordinate. Consideriamo un operatore
1 che agisce in V1 con autofunzioni non degeneri
1 (x1 ) = 1 (x1 ) = x1 |1
(9.32)
(9.33)
(9.34)
c2 (
x1 )2 (x2 )
2
166
(9.35)
I coefficienti dellespansione dipendono ovviamente da x1 e possiamo dunque espanderli sulla base 1 (x1 ) ottenendo
(x1 , x2 ) =
c1 ,2 1 (x1 )2 (x2 ) =
1 ,2
c1 ,2 x1 |1 x2 |2
(9.36)
1 ,2
c1 ,2 ( x1 | x2 |)(|1 |2 )
(9.37)
1 ,2
Da questa espressione vediamo che il nostro vettore originale | pu`o scriversi come
| =
c1 ,2 (|1 |2 )
(9.38)
1 ,2
9.2
Equazione di Schr
odinger per due particelle
1 2
1 2
P1 +
P + V (X1 , X2 ) | = H|
2m1
2m2 2
(9.39)
(9.40)
H = H1 + H2
(9.41)
In questo caso
con
1 2
P + Vi (Xi ), i = 1, 2
(9.42)
2mi i
Classicamente le due particelle descritte dalle due hamiltoniane si evolvono in modo del tutto indipendente e le loro energie sono separatamente conservate, mentre
lenergia totale del sistema `e data da E = E1 + E2 . Consideriamo dunque uno stato
stazionario
Et
i
(9.43)
|(t) = |E e /h
Hi =
con
H|E = (H1 (X1 , P1 ) + H2 (X2 , P2 ))|E = E|E
167
(9.44)
(9.45)
segue che si possono trovare autostati simultanei del tipo prodotto diretto
|E1 , E2 = |E1 |E2
(9.46)
con
(1)
H1 |E1
= E1 |E1
(2)
H2 |E2
= E2 |E2
(9.47)
(9.48)
E = E1 + E2
(9.49)
con
Ovviamente |E1 |E2 ci fornisce una base in V1 V2 e si ha
|(t) = |E1 e
E2 t
E1 t
i
/h |E e
/h
2
(9.50)
Si possono paragonare i risultati ottenuti in questo modo con quelli ottenibili con
il metodo standard di separazione delle variabili. In questo caso, nello spazio delle
coordinate avremmo scritto lequazione di Schrodinger stazionaria nella forma
/h2 2
/h2 2
+ V1 (x1 )
+ V2 (x2 ) E (x1 , x2 ) = E(x1 , x2 )
2m1 x21
2m2 x22
(9.51)
con
E (x1 , x2 ) = x1 , x2 |E
(9.52)
(9.53)
Sostituendo si trova
/h2 2
+ V1 (x1 ) E1 (x1 ) E2 (x2 ) +
2m1 x21
+
/h2 2
+ V1 (x1 ) E1 (x1 ) +
E1 (x1 )
2m1 x21
+
/h2 2
1
+ V2 (x2 ) E2 (x2 ) = E
E2 (x2 )
2m2 x22
(9.55)
(9.56)
f2 (x2 ) = E2
(9.57)
con
E = E1 + E2
(9.58)
(9.59)
(9.60)
Questo risultato coincide con quanto trovato precedentemente se valutato nella base
|x1 , x2 = |x1 |x2 .
Osserviamo che una volta trovate le soluzioni fattorizzate gli autostati pi`
u generali sono
|E =
cE1 ,E2 E,E1 +E2 |E1 |E2
(9.61)
E1 ,E2
E (x1 , x2 ) =
(9.62)
E1 ,E2
(9.63)
In generale non si pu`o fare molto, ma ci sono circostanze in cui la teoria pu`o risultare
separabile se espressa in altre coordinate. Un esempio `e il caso in cui il potenziale
dipenda dalla coordinata relativa x1 x2 :
V (x1 , x2 ) = V (x1 x2 )
169
(9.64)
(9.65)
(9.66)
si vede subito che gli impulsi canonici associati alle nuove variabili sono
pCM = p1 + p2
(9.67)
m2 p1 m1 p2
p=
(9.68)
m1 + m2
Dato che queste variabili sono canoniche e cartesiane la regola di quantizzazione1 `e
/,
[XCM , PCM ] = ih
/I
[X, P ] = ih
(9.69)
con tutti gli altri commutatori nulli. Lhamiltoniana classica, nelle variabili del
centro di massa e relativa `e semplicemente
H=
p2CM
p2
+
+ V (x)
2M
2
(9.70)
con
m1 m2
m1 + m2
la massa totale e la massa ridotta. Quindi lhamiltoniana quantistica `e
M = m1 + m2 ,
(9.71)
2
P2
PCM
+
+ V (X)
(9.72)
2M
2
Come si vede lhamiltoniana si separa in una parte libera del centro di massa pi`
u
una parte interagente in termini delle variabili relative. Quindi le autofunzioni
dellenergia si fattorizzano nella forma
pCM xCM
i
1
/h
Erel (x)
E (xCM , x) =
(9.73)
e
/ )1/2
(2h
H=
p2CM
+ Erel
(9.74)
2M
Ovviamente tutta la dinamica `e contenuta in Erel (x) che `e lautofunzione dellenergia per una particella di massa ridotta e soggetta al potenziale V (x). Il moto del
centro di massa sar`a descritto da unonda piana che pu`o essere ignorata se lavoriamo
nel sistema del centro di massa.
Tutti i risultati sin qui trovati si generalizzano facilmente al caso di N particelle
in una dimensione. In particolare la tecnica degli spazi per N particelle ottenuti come prodotto diretto di spazi di singola particella. La parte che corrisponde
alla separabilit`a dellhamiltoniana va invece esaminata caso per caso. In particolare, come abbiamo visto, se si hanno potenziali quadratici si pu`o sempre ridurre il
pronlema a N oscillatori armonici disaccoppiati.
E=
170
9.3
Pi`
u particelle in pi`
u dimensioni
1 2 1
p + m 2 x 2 =
2m
2
i=1
1 2 1
p + m 2 x2i
2m i 2
(9.75)
/h ni +
E = E1 + E2 + E3 =
i=1
1
2
= /h n +
3
2
(9.76)
n=
ni ,
ni = 0, 1, 2,
(9.77)
i=1
E (x) =
Ei (xi )
(9.78)
i=1
9.4
9.4.1
Particelle identiche
Il caso classico
Definiremo particelle identiche quelle particelle che siano delle repliche esatte le une
delle altre per quanto concerne le loro caratteristiche intrinseche, cio`e massa, spin,
momento magnetico, ecc. Per esempio due elettroni sono da considerarsi come identici. Ovviamente non ci riferiamo alle loro caratteristiche contingenti quali la loro
posizione o il loro impulso. Questa definizione rimane valida sia nel caso classico
che in quello quantistico, ma le implicazioni sono enormemente diverse nei due casi.
Classicamente `e infatti possibile, almeno in linea di principio, assegnare una descrizione spazio-temporale completa di ciascuna particella del sistema. Pertanto anche particelle identiche possono essere identificate dalla loro storia spazio-temporale.
` come se potessimo assegnare a ognuna un segnaposto che le segue in tutta la loro
E
evoluzione. Dunque a livello classico non c`e poi molta distinzione tra particelle
171
t=T
t=0
palla
palla
palla
palla
1
2
1
2
in
in
in
in
buca
buca
buca
buca
3
4
4
3
t=T
t=T
(9.79)
distinguere due particelle identiche dal fatto che le loro storie spazio-temporali non
sono identiche. Daltra parte, in meccanica quantistica non `e possibile ricostruire
la storia spazio-temporale di una particella in modo completo e pertanto due configurazioni che differiscono per lo scambio di due particelle identiche devono essere
trattate come la stessa configurazione
9.4.2
(9.81)
(9.82)
(9.83)
(9.84)
Richiedendo la (9.82) si ha
da cui
= ,
(9.85)
Segue dunque
2 = 1 = 1
2`
(9.86)
173
= +,
(9.87)
= 1,
= ,
(9.88)
Una data specie di particelle deve necessariamente adeguarsi a una e una sola di
queste due possibilit`a. Se cos` non fosse sarebbe possibile costruire un vettore del
tipo |a, b, S +|a, b, A che per`o non ha propriet`a di simmetria definita rispetto allo
scambio a b. Le particelle con vettori di stato simmetrici sono dette bosoni,
mentre le particelle con vettori di stato antisimmetrici sono dette fermioni.
Esempi di bosoni sono i fotoni, i gravitoni, i pioni. Esempi di fermioni sono gli
` uno dei risultati pi`
elettroni, i protoni, i neutroni, i quark. E
u importanti della
teoria quantistica dei campi il Teorema spin-statistica che asserisce che i bosoni
hanno spin intero, mentre i fermioni hanno spin semintero (vedi in seguito per lo
spin).
Dunque se misuriamo le posizioni di due bosoni con risultati x1 = a e x2 = b,
dopo la misura lo stato del sistema sar`a certamente
| = |a, b, S = |a, b + |b, a
(9.89)
Questo risultato vale per la misura di qualunque osservabile, se misuriamo ottenendo come risultati 1 e 2 , il vettore di stato dopo la misura sar`a |1 , 2 , S o
|1 , 2 , A a seconda che si abbiano due bosoni o due fermioni.
Notiamo che per due fermioni si ha
|, , A = |, |, = 0
(9.90)
(9.91)
Questa `e zero se
1 = 2
e s1 = s2
(9.92)
Pertanto due elettroni possono stare nello stesso stato orbitale, 1 = 2 , purche gli
spin siano diversi, s1 = s2 .
174
9.5
Gli spazi di Hilbert bosonici e fermionici sono sottospazi dello spazio a N particelle.
Nel caso particolare di due particelle si ha
V1 V2 = VA VS
(9.93)
Questa `e una banale conseguenza del fatto che un tensore a due indici si pu`o
decomporre univocamente in parte simmetrica e parte antisimmetrica:
1
1
|1 |2 = (|1 |2 + |2 |1 ) + (|1 |2 |2 |1 )
2
2
(9.94)
Consideriamo adesso la normalizzazione. Per lo stato simmetrico di due particelle, con 1 = 2 la corretta normalizzazione `e
1
|1 , 2 ; S = (|1 , 2 + |2 , 1 )
2
(9.95)
Mentre per 1 = 2 lo stato |, , S `e gi`a correttamente normalizzato. Consideriamo adesso un vettore di stato del settore bosonico |S VS . In questa base la
probabilit`a assoluta di misurare per le nostre particelle i valori 1 e 2 `e data da
PS (1 , 2 ) = | 1 , 2 , S|S |2
(9.96)
1 = S |S =
PS (1 , 2 )
(9.97)
distinti
distinti
(9.98)
max
(9.99)
2 =min 1 =min
distinti
+
1 =2
175
1
2
1 =2
(9.100)
(9.101)
PS (x1 , x2 ) = | x1 , x2 , S|S |2
(9.102)
e
e normalizzazione
dx1 dx2
(9.103)
2
In questo caso adottiamo la forma (9.100), con lulteriore osservazione che il contributo a x1 = x2 `e infinitesimo ai fini della doppia integrazione. A volte si preferisce
ridefinire la funzione donda come
1=
PS (x1 , x2 )
1
S (x1 , x2 ) = x1 , x2 , S|S
2
(9.104)
(9.105)
(9.106)
e
1
1
S (x1 , x2 ) = x1 , x2 , S|S = ( x1 , x2 | + x2 , x1 |)|S = x1 , x2 |S
2
2
(9.107)
(9.108)
(9.109)
S (x1 , x2 ) =
176
9.6
1
PS/A = 2|S/A (x1 , x2 )|2 = 2 (3 (x1 )4 (x2 ) 3 (x2 )4 (x1 )) =
2
2
2
= |3 (x1 )| |4 (x2 )| + |3 (x2 )|2 |4 (x1 )|2
(3 (x1 )4 (x1 )4 (x2 )3 (x2 ) + 4 (x1 )3 (x1 )3 (x2 )4 (x2 )) (9.118)
Se le due particelle fossero distinguibili e facessimo la misura cercando la probabilit`a che una delle due sia in n = 3 e laltra in n = 4 non cercando di identificare
le particelle, la probabilit`a sarebbe
PD (x1 , x2 ) = |3 (x1 )|2 |4 (x2 )|2 + |3 (x2 )|2 |4 (x1 )|2
177
(9.119)
(9.121)
con
N = n1 + n2 + n3
(9.122)
(9.124)
(9.125)
Quindi, la contaminazione dovuta al fatto che elettroni con spin diverso sono da
considerarsi distinguibili porta a una distribuzione inferiore a quella per due particelle distinguibili. La conclusione sarebbe che si hanno fermioni identici ma con
contaminazione di coppie non identiche e questo ci permetterebbe di concludere che
esiste un numero quantico nascosto (lo spin).
Tutto questo si generalizza facilmente al caso di pi`
u particelle con il risultato
che esistono solo due classi di particelle, quelle con funzione donda completamente
simmetrica (bosoni) e quelle con funzioni donda completamente antisimmetrica
(fermioni). La funzione donda per i fermioni si esprime facilmente in termini del
determinante di Slater. Per esempio per tre fermioni in tre stati quantici n1 , n2 , n3
la funzione donda correttamente normalizzata `e
n1 (x1 ) n2 (x1 ) n3 (x1 )
1
(9.126)
9.7
(9.127)
Quando si pu`
o ignorare la simmetrizzazione o
lantisimmetrizzazione della funzione donda?
Considerando due particelle identiche molto ben separate spazialmente ci aspetteremmo anche nel caso quantistico di poterle pensare come particelle distinte e
quindi di poter ignorare la simmetrizzazione o lantisimmetrizzazione della funzione
donda. Per esemplificare consideriamo due particelle identiche entrambe descritte
da un pacchetto gaussiano, uno centrato sulla terra, T (xT ), e laltro centrato sulla
luna, L (xL ). Se le due particelle fossero distinguibili, e lhamiltoniana che descrive
il sistema non contiene interazioni tra queste particelle, la loro funzione donda
sarebbe
(xL , xT ) = T (xT )L (xL )
(9.128)
e le probabilit`a di osservare la prima particella sulla terra e la seconda sulla luna
sarebbero rispettivamente
P (xT ) =
(9.129)
P (xL ) =
(9.130)
179
Nel caso in cui le due particelle siano bosoni (ma lo stesso argomento vale anche
per due fermioni) la funzione donda corretta si ottiene simmetrizzando le funzioni
donda di particella singola
1
S (xT , xL ) = [T (xT )L (xL ) + L (xT )T (xL )]
2
(9.131)
e si avr`a
P (xT ) = 2
= |T (xT )|2
+ |L (xT )|2
+ T (xT )L (xT )
+ L (xT )T (xT )
(9.132)
(9.133)
Osserviamo che tutto questo ha senso se la particella sulla luna e quella sulla
terra rimangono ben separate per tutti i valori di interesse del tempo, altrimenti
largomento cade non appena le funzioni donda hanno un overlapping apprezzabile.
Per esempio se considerassimo due bosoni che a t = 0 sono centrati uno in x = a
e laltro in x = b, potremmo distinguerli allistante iniziale, ma in questo caso si
avrebbe uno sparpagliamento delle funzioni donda in un tempo piccolissimo e quindi
non potremmo pi`
u distinguere le due particelle. Unaltra osservazione `e che quando
si parla di sovrapposizione di funzioni donda ci stiamo sempre riferendo a uno spazio
particolare. Nellesempio precedente le due funzioni non hanno sovrapposizione
nello spazio delle configurazioni, ma lhanno nello spazio degli impulsi, e quindi in
questo spazio non possiamo ignorare la simmetrizzazione. Se invece consideriamo
due particelle con pacchetti centrati uno a un impulso piccolo e laltro a impulso
grande si pu`o ignorare la simmetrizzazione nello spazio degli impulsi ma non in
quello delle coordinate.
180
Capitolo 10
Simmetrie
Nel caso classico le simmetrie dellhamiltoniana hanno due importanti conseguenze:
Se la simmetria `e generata da una variabile dinamica g(q, p), questa variabile
`e una costante del moto
Ogni trasformazione canonica che lascia lhamiltoniana invariata mappa le
soluzioni dellequazioni del moto in altre soluzioni. Detto in altri termini, due
esperimenti che differiscono per una tale trasformazione portano agli stessi
risultati fisici.
In questo capitolo vogliamo mostrare come queste conseguenze si trasformano nel
caso quantistico.
10.1
Dalla nostra discussione sui postulati dovrebbe essere chiaro che, nel caso quantistico, il ruolo delle variabili classiche `e giocato dai valori di aspettazione dei corrispondenti operatori. Definiremo quindi la trasformazione corrispondente a una
traslazione come (esemplifichiamo sempre nel caso unidimensionale). :
X X + ,
P P
(10.1)
|P | = |P |
(10.2)
(10.3)
(10.4)
(10.5)
T ( )T ( ) = I
(10.6)
Dal punto di vista passivo segue perche le regole di commutazione canoniche tra gli
operatori X e P non devono cambiare per effetto della traslazione e questo richiede
che la trasformazione sia unitaria. Consideriamo infatti due generici operatori A e
B e i loro trasformati secondo una trasformazione U :
A A = U AU,
B = U BU
(10.7)
(10.9)
= T ( )| = T ( )
dx|x x| dx =
ei g(x) |x +
x| dx =
ei g(x ) |x x | dx
(10.10)
(10.11)
(10.12)
e quindi
|P |
=
=
=
=
=
/
(x) ih
d
dx
(x)dx =
d
/
(x )ei g(x ) ih
ei g(x ) (x )dx =
dx
d
/
+ /hg (x ) (x )dx =
(x ) ih
dx
d
/
(x ) ih
+ /hg (x ) (x )dx =
dx
|P | + /h |g (X)|
(10.13)
Vediamo che la funzione g(x) deve essere una costante, e quindi il fattore di fase ei g
si pu`o riassorbire nella definizione dello stato. Pertanto
x|T ( )| = (x) = (x ) = x |
(10.14)
o anche
T ( )|x = |x +
x|T ( ) = x |
(10.15)
2
(10.16)
(10.17)
()
x
(10.18)
x|T ( )| = (x )
(10.19)
Inoltre da
segue
x| I i G | = (x) x|G| = (x)
/h
/h
Dunque
/
x|G| = ih
d(x)
dx
d(x)
dx
(10.20)
(10.21)
da cui
G=P
(10.22)
T( ) I i P
/h
(10.23)
T (a) = lim
a
I i
P
/hN
T ( ) = lim
i=1
Pa
i
/h
=e
(10.24)
N
i=1
184
(1 ax/N )
(10.25)
dato che una traslazione di a + si pu`o ottenere con una traslazione di a seguita da
una traslazione di . Pertanto
lim T (a + ) = lim 1 i P
0
0
/h
da cui
lim
T (a + ) T (a)
i
= P T (a)
/h
(10.26)
(10.27)
dT (a)
i
= P T (a)
/h
da
(10.28)
(10.29)
infinitesimo
|T ( )HT ( )| | 1 + i
= |H| + i
/h
(10.30)
P
/h
H 1i
P
/h
| =
(10.31)
da cui
|[P, H]| = 0
(10.32)
(10.33)
(10.34)
= X + i [G, X] = X + I
/h
185
(10.35)
Dunque
/
[G, X] = ih
(10.36)
[G, P ] = 0
(10.37)
ed analogamente
Dalla prima di queste equazioni segue
G = P + f (X)
(10.38)
(10.39)
In questo caso si definisce un sistema invariante per traslazioni quando lhamiltoniana commuta con il generatore delle traslazioni, cio`e
[T ( ), H] = 0 T ( )HT ( ) = H
(10.40)
[P, H] = 0
(10.41)
d
P =0
(10.42)
dt
In questa formulazione la corrispondenza classica `e particolarmente evidente perche
ogni osservabile funzione delle X e delle P si trasforma in accordo a
+ = T ( )T ( )
(10.43)
= i [, P ]
/h
(10.44)
(10.45)
o anche
Nel caso classico si ha
d
d
/
= ih
|A| = |[A, H]| = 0
dt
dt
186
(10.46)
(10.47)
allora al tempo t si ha
A|, t = A(U (t)|, 0 ) = U (t)A|, 0 = (U (t)|, 0 ) = |, t
(10.48)
Pa
d
/h | = ea dx (x) =
n=0
10.2
(a)n dn (x)
= (x a)
n!
dxn
(10.49)
(10.50)
U(t) |(0)
T(a)
U(t)
A
U(t)
B
|(0)
T(a)
T(a) |(0)
187
p
e
H=
1
ee ep
1
|Pe |2 +
|Pp |2 +
+ ee V (Re ) + ep V (Rp )
2me
2mp
4|Re Rp |
(10.51)
(10.52)
Mentre i primi tre termini, che riguardano linterazione tra il protone e lelettrone
sono invarianti, cosi non `e per la parte di potenziale. Infatti se traslassimo solo
latomo di idrogeno e non il condensatore si farebbe uno esperimento diverso. Per
188
ripetere lo stesso esperimento in un posto diverso occorre non solo traslare latomo di
idrogeno ma anche il condensatore. Formalmente questo si pu`o vedere descrivendo
il condensatore in termini delle cariche depositate sulle placche.
Tutta questa discussione si estende in maniera ovvia al caso di pi`
u dimensioni.
Per esempio, loperatore di traslazione in pi`
u dimensioni `e
T (a) = e
aP
/h
(10.53)
(10.54)
10.3
I i H(t1 ) |0
(10.55)
/h
Se adesso prepariamo lo stesso stato a t = t2 , |(t2 ) = |0 , al tempo t2 + avremo
|(t2 + ) =
I i H(t2 ) |0
(10.56)
/h
Ma per lomogeneit`a del tempo due vettori a t1 + e t2 + devono coincidere
|(t1 + ) = |(t2 + )
(10.57)
H(t1 ) = H(t2 )
(10.58)
da cui segue
Vale a dire che H non deve dipendere esplicitamente dal tempo.
operatore il teorema di Ehrenfest richiede che
d
/
H = [H, H] = 0
ih
dt
dunque
d
H =0
dt
Segue dunque la conservazione dellenergia.
189
Per un tale
(10.59)
(10.60)
10.4
p p
(10.61)
(10.62)
Quindi
| =
dx|x x| =
dx| x x| =
|x x|
(10.63)
da cui
x|| (x) = (x)
(10.64)
x|p =
/
2h
Avremo
x||p =
1
/
2h
px
e /h
i
px
i
e /h = x| p
(10.65)
(10.66)
cio`e
|p = | p
(10.67)
190
(10.68)
Gli autovettori di con autovalori 1 sono detti avere parit`a pari o dispari rispettivamente. Quindi nella base delle coordinate
autovettori pari :
autovettori dispari :
(x) = (x)
(x) = (x)
(10.69)
Nellinterpretazione passiva
X = X,
P = P
(10.70)
(10.71)
10.5
Classicamente leffetto di una rotazione nel piano `e quello di trasformare le coordinate secondo la legge
x
y
x
=
y
cos sin
sin cos
x
y
(10.72)
Indichiamo questa rotazione con il simbolo R(). Richiederemo che i vettori di stato
si trasformino in accordo alla legge
U (R()) :
| =|R = U (R())|
(10.73)
R
R
=
=
X cos Y sin
X sin + Y cos
(10.74)
e analoghe per i valori di aspettazione dellimpulso. Procedendo come nel caso delle
traslazioni si vede che
U (R)|x, y = |x cos y sin , x sin + y cos
191
(10.75)
anche questa volta senza fattori di fase per avere le corrette rotazioni sugli impulsi. Per costruire esplicitamente U (R) consideriamo una rotazione di un angolo
infinitesimo = . Porremo
U (R( )) = I i Lz
/h
(10.76)
U (R( ))|x, y = |x y, x + y
(10.77)
e inoltre si avr`a
Pertanto
U (R( ))|
dxdy|x, y x + y, y x|
dxdy|x y, x + y x, y| =
(10.78)
da cui
x, y|U (R( ))| = (x + y, y x)
(10.79)
R( ) (x, y) = (x + y, y x)
(10.80)
o
Segue dunque
x, y| I i Lz | = (x, y) i x, y|Lz | = (x, y) +
/h
/h
da cui
/ x
x, y|Lz | = ih
y
y
x
(x, y)
x
x
y
(x, y)
(10.81)
(10.82)
(10.83)
x2 + y 2 ,
192
= arctan
y
x
(10.85)
si ha2
1
x2 + y 2
+y
x
y
Pertanto
/
, |Lz | = ih
Pertanto
U (R()) = e
da cui
y
y
x
(, )
Lz
/h = e
U (R())(, ) = e (, ) = (, )
(10.86)
(10.87)
(10.88)
(10.89)
(10.90)
Dal punto di vista passivo avremmo dovuto richiedere, per trasformazioni infinitesime
U (R)XU (R) = X Y, U (R)Y U (R) = X + Y
(10.91)
e analoghe per gli impulsi. Dallespressione di U (( )) segue
i [Lz , X] = Y,
/h
i [Lz , Y ] = X
/h
(10.92)
o
/ Y,
[X, Lz ] = ih
/X
[Y, Lz ] = +ih
(10.93)
(10.94)
[Lz , H] = 0
(10.95)
segue
e quindi
d
Lz = 0
(10.96)
dt
Dunque ogni esperimento e il suo ruotato daranno identici risultati se il sistema `e
invariante per rotazioni nel piano.
Abbiamo visto che (X, Y ) e (Px , Py ) si trasformano come vettori nel piano
rispetto alla trasformazione unitaria U (R) Ogni operatore della forma
V = Vx i + Vy j
2
(10.97)
Per ricavare le seguenti formule si fa uso della nota regola catena. Per esempio: / =
x/ /x + y/ /y
193
con la propriet`a
U (R)Vi U (R) =
Rij Vj
(10.98)
j=1,2
con
cos sin
sin cos
sar`a chiamato un operatore vettoriale.
R=
10.5.1
(10.99)
z| z
(10.100)
si studia pi`
u facilmente nella base delle coordinate polari
z (, )
/
ih
= z z (, )
da cui
z
i
z (, ) = R()e /h
(10.101)
(10.102)
dove R() `e una funzione arbitraria normalizzabile nella base polare. Notiamo che
in questa base
dxdy = dd
(10.103)
e quindi dovremo avere
|R()|2 d <
(10.104)
Notiamo che a differenza delle autofunzioni dellimpulso in cui gli autovalori dovevano essere reali per avere una funzione non divergente allinfinito, nel caso in esame
gli estremi angolari sono finiti, (0, 2) e pertanto questo argomento non si applica.
Daltra parte loperatore Lz dovr`a essere hermitiano sulle funzioni di tipo (10.102).
Quindi la condizione da imporre `e
1 |Lz |2
= 2 |Lz |1
(10.105)
1 (, )
=
0
=
0
/
1 (, ) ih
=
0
/
ih
= 2 |Lz |1
/
ih
2 (, )dd =
(2 1 )dd
/
+ ih
0
dd =
2 (, )
[2 1 ]2
0 d
194
/
2 ih
1 dd =
(10.106)
Da cui
[2 1 ]2
0 = 0
(10.107)
(, 0) = (, 2)ei
(10.108)
2 z
= 2m,
/h
e infine
z
m = 0, 1, 2,
(10.110)
+m
2
(10.111)
/h
Ovviamente il fattore exp(i) pu`o essere riassorbito nella normalizzazione e quindi
m (, ) = R()eim
(10.112)
(10.113)
con la normalizzazione
2
0
m ()m () =
1
2
ei(m m) = mm
(10.114)
(10.115)
195
(10.116)
1
P (2) = ,
6
P (2) =
1
6
(10.117)
Dato che il problema `e fattorizzato nella parte radiale e nella parte angolare si pu`o
considerare la sola parte angolare e decomporre la parte angolare sulla base degli
autovalori di Lz
() = cos2 = | =
|m m| =
m
con
m =
0
Usando
m ()m
(10.118)
m ()()d
=
0
m () cos2 d
1
cos = (ei + ei )
2
(10.119)
(10.120)
segue subito
1
1
1
2, 2 =
2, 2 =
2
(10.121)
2
4
4
Il vettore di stato originale decomposto nella base degli autostati di Lz `e dunque
0 =
1
1
1
|2 + |0 + | 2
4
2
4
(10.122)
e normalizzando
2
1
|0 + | 2
(10.123)
3
6
` da notare che il tutto si ottiene
da cui si ottengono le probabilit`a desiderate. E
pi`
u semplicemente usando lespressione di cos in termini di esponenziali complessi
nella funzione originale
1
| = |2 +
6
(, ) = R()
1 +2i 1 1 2i
e
+ + e
4
2 4
(10.124)
10.5.2
Consideriamo adesso una particella nel piano che interagisca con un potenziale che
dipenda solo dalla coordinata radiale
V () = V (
196
x2 + y 2 )
(10.125)
2
2
+
x2 y 2
+ V ( x2 + y 2 ) E (x, y) = E(x, y)
(10.126)
= cos
sin
x
= sin
+ cos
y
(10.127)
e con un po di calcoli
2
2
2
1
1 2
+
=
+
+
x2 y 2
2 2 2
(10.128)
Per cui si ha
/h2
2
1
1 2
+
+
2 2 2
+ V () E (, ) = EE (, )
(10.129)
(10.130)
e usando la (10.113)
/h2
2
1
1
+
2 m2
2
+ V () RE,m () = ERE,m ()
(10.131)
Evidentemente, cambiando il potenziale, solo la parte radiale della funzione donda viene modificata, mentre la parte angolare rimane la stessa. Possiamo anche
mostrare come il problema si riduca al caso di una particella unidimensionale con
potenziale modificato. Notiamo innanzitutto che la condizione di normalizzazione
per la R() coinvolge lintegrale
d|R()|2
Conviene dunque definire
1
RE,m () = E,m ()
Qui useremo per indicare la massa per non confonderla con lautovalore di Lz
197
(10.132)
(10.133)
d|E,m ()|2
(10.134)
Si ha poi
2
R() =
2
1
+
3
2
1
3 1
4 5
1
1 2
+
2
3
(10.135)
2
m2 1/4
2
2
+ V () E,m () = EE,m ()
(10.136)
(10.137)
Questo, insieme con il fatto che la regione per < 0 non `e permessa, pu`o essere interpretato come se ci fosse una barriera di potenziale infinita nellorigine. Inoltre per
> 0 il potenziale si modifica con laggiunta di un termine di potenziale centrifugo
repulsivo
/h2
1
V() = V () +
m2
(10.138)
2
2
4
Infatti lultimo termine, a parte il fattore 1/4 che deriva da problemi di riordinamento e che comunque `e trascurabile nel limite classico di grandi m, si interpreta
come
L2z
(10.139)
22
Se si considera una particella in moto su una circonferenza nel piano, il suo momento
angolare `e dato da
Lz = p = v = 2
(10.140)
e sostituendo
1
L2z
= 2 2
2
2
2
198
(10.141)
10.6
Procediamo come nel caso bidimensionale. La rotazione delle coordinate nel caso
classico `e definita tramite la relazione
xi xi =
Rij xj
(10.142)
x2i
(10.143)
Rij Rkj = ik
(10.144)
RRT = I
(10.145)
j=1,2,3
x2i
i=1
i=1
segue
3
j=1
o in termini di matrici 3 3:
La trasformazione sui vettori di stato `e definita in termini di un operatore unitario
U (R):
R : | U (R)| |R
(10.146)
con la condizione
R |Xi |R =
Rij |Xj |
(10.147)
j=1
che `e equivalente a
3
U (R)|xi = |
Rij xj
(10.148)
j=1
Lx = Y Pz ZPy
U (Ry ) = I i Ly ,
/h
Ly = ZPx XPz
U (Rz ) = I i Lz ,
/h
Lz = XPy Y Px
(10.149)
Inoltre
R (x) = (R1 x)
(10.150)
dove in questo caso abbiamo indicato il vettore x con la notazione compatta matriciale
x
x = y
(10.151)
z
199
/
[Li , Xj ] = ih
ijk Xk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.152)
k=1
dove
ijk
Dalla relazione
(10.153)
U (R)Xi U (R) =
Rij Xj
(10.154)
j=1
Rik = ik +
(10.155)
L
L
i
i
/h X + i
e /h Xi e
i
/h
e quindi
cjik j Xk
j [Lj , Xi ] = Xi +
j
(10.156)
cjik =
(10.157)
ijk
e
ijk j
Rij = ij +
(10.158)
Pi`
u in generale un operatore V che soddisfa la (10.154) viene chiamato un operatore vettoriale. Segue anche che un operatore vettoriale soddisfa le regole di
commutazione (10.152) con il momento angolare.
Si vede anche facilmente che4
/
[Li , Lj ] = ih
ijk Lk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.159)
(10.160)
si trova che commuta con tutte le componenti del momento angolare. Per esempio:
[L 2 , Lx ] = [L2x + L2y + L2z , Lx ] = [L2y + L2z , Lx ] =
= Ly [Ly , Lx ] + [Ly , Lx ]Ly + Lz [Lz , Lx ] + [Lz , Lx ]Lz = 0
(10.161)
Quindi
[L 2 , Li ] = 0,
4
i = 1, 2, 3
(10.162)
200
(10.163)
e in particolare
[L 2 , H] = 0
(10.164)
Poiche le tre componenti del momento angolare non commutano tra loro, non `e
possibile trovare una base in cui si diagonalizzano simultaneamente. Sar`a per`o
possibile trovare una base in cui sono diagonali L 2 e una delle componenti del
momento angolare, per esempio Lz . Inoltre se il sistema `e invariante per rotazioni
oltre ai due precedenti operatori si potr`a diagonalizzare anche H.
10.6.1
1
L
/h
(10.165)
ijk Jk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.166)
Jz |, m = m|, m
(10.167)
tale che
J = Jx iJy
(10.168)
J = J
(10.169)
201
Notiamo che
[Jz , J ] = [Jz , Jx iJy ] = iJy Jx = J
(10.170)
(10.171)
[J 2 , J ] = 0
(10.172)
e inoltre
e
Pertanto J si comportano come operatori di creazione e distruzione degli autovalori
di Jz , mentre lasciano invariati gli autovalori di J 2 . Infatti
Jz (J |, m ) = (J Jz J )|, m = J (m 1)|, m
(10.173)
da cui
Jz (J |, m ) = (m 1)(J |, m )
(10.174)
(10.175)
(10.176)
[Jz , J ] = J ,
J+ J = J 2 Jz2 + Jz ,
J+ |, m = N+ |, m + 1 ,
[J+ , J ] = 2Jz
(10.179)
J J+ = J 2 Jz2 Jz
(10.180)
J |, m = N |, m 1
(10.181)
Vediamo che gli operatori in (10.180) sono diagonali nella base considerata e che i
loro elementi di matrice sono
, m|J+ J |, m = ( m2 + m)
, m|J J+ |, m = ( m2 m)
(10.182)
Daltra parte si ha
, m|J+ J |, m =
, m|J+ |, m
| , m|J+ |, m |2 0
, m |J |, m =
202
(10.183)
(10.184)
1/2
- 1/2 - (1/4+ )
1
+
4
(10.186)
1/2
- 1/2 + (1/4+ )
1/2
1/2 - (1/4+ )
1/2
1/2 + (1/4+ )
Figura 10.4: Le soluzioni delle condizioni 1) (pallini grigi) e 2) (pallini neri) del
testo.
Dato che `e positivo si vede facilmente dalla Figura 10.4 che le due condizioni
sono soddisfatte per m compreso nellintervallo
1
1
1
+m +
4
2
1
+
4
(10.187)
(10.188)
1/4 + dovr`a
J+ |, j = 0
(10.189)
, j|J J+ |, m = j 2 j = 0
(10.190)
= j(j + 1)
(10.191)
In corrispondenza avremo
da cui
203
Da questa troviamo
Si ha dunque
che ha due soluzioni
(10.192)
J |, j = 0
(10.193)
, j|J+ J |, j = j 2 + j = 0
(10.194)
= j(j 1) = j(j + 1)
(10.195)
j = j,
j = j + 1
(10.196)
(10.198)
(10.199)
e segue che
Dunque vediamo che lautovalore di Jz pu`o assumere sia valori interi che seminteri.
Ci si pu`o chiedere perche nel caso bidimensionale avevamo trovato solo valori interi.
Questo `e dovuto al fatto che in tal caso abbiamo quantizzato nello spazio delle
configurazioni ed abbiamo richiesto che la funzione donda ritorni allo stesso valore
dopo una rotazione di 2. Per casi pi`
u generali in cui la funzione donda non `e
semplicemente una funzione a valori complessi, ma una funzione a valori vettoriali
(basta pensare al campo elettromagnetico), la situazione `e pi`
u complicata, perche
nella rotazione non basta calcolare la funzione nel punto ruotato, ma essa stessa pu`o
subire una rotazione. In tal caso loperatore di momento angolare si divide in due
parti (vedi nel seguito), una parte di momento orbitale, che agisce sulle coordinate,
e una parte che agisce invece sulle componenti della funzione donda (parte di spin.
` solo sulla parte orbitale che `e richiesta la condizione che la funzione ritorni in se
E
dopo 2 e quindi il momento orbitale potr`a avere solo valori interi, mentre la parte
di spin (o intrinseca) potr`a avere anche valori seminteri.
Ritorniamo alle (10.182)
, m|J J+ |, m = m2 m = j(j + 1) m(m + 1)
5
(10.200)
Allo stesso risultato si sarebbe arrivati notando che da = j(j + 1) segue 1/4 + = (j + 1/2)2
da cui i due limiti nella (10.187) diventano j
204
da cui
| j, m |J+ |j, m |2 = j(j + 1) m(m + 1)
(10.201)
(10.202)
(10.203)
e analogamente
In genere viene adottata una convenzione sulle fasi tale che gli elementi di matrice
di Jx siano reali. Di conseguenza gli elementi di matrice di J si prendono reali e
j, m + 1|J+ |j, m =
j(j + 1) m(m + 1)
j, m 1|J |j, m =
j(j + 1) m(m 1)
(10.204)
Segue
J |j, m =
(10.205)
Cos` come abbiamo fatto per loscillatore armonico si possono costruire tutti gli stati
a partire, per esempio, dallo stato di peso pi`
u elevato, cio`e lo stato con m = j. Si
ha
J |j, j = 2j|j, j 1
(10.206)
da cui
J2 |j, j =
J3 |j, j =
2j
2jJ |j, j 1 =
2j
2(2j 1)|j, j 2
(10.207)
Questo suggerisce
Jk |j, j =
k!(2j)!
|j, jk (10.209)
(2j k)!
(k + 1)(2j k)|j, j k 1
(10.210)
(j + m)!
J jm |j, j
(2j)!(j m)!
(10.211)
(j + m)!
J jm |j, j
(2j)!(j m)! +
(10.212)
Queste formule hanno la stessa utilit`a delle analoghe relazioni trovate per loscillatore
armonico. Infatti a partire da queste `e facile, nel caso del momento orbitale, trovare
le autofunzioni nello spazio delle configurazioni.
205
10.6.2
Per studiare il problema delle autofunzioni del momento angolare `e conveniente passare a coordinate polari, cos` come abbiamo fatto nel caso bidimensionale. Usando
le coordinate come illustrato in Figura 10.5 si ha
x = r sin cos
y = r sin sin
z = r cos
(10.213)
e le relazioni inverse
y
Figura 10.5: Il sistema di coordinate polari usato nel testo.
r =
x2 + y 2 + z 2
= arctan
= arctan
206
y
x
x2 + y 2
z
(10.214)
1 sin
= sin cos + cos cos
x
r r
r sin
1 cos
= sin sin + cos sin +
y
r r
r sin
= cos sin
z
r r
(10.215)
/ /xi ) si trova
Usando le (10.149) nello spazio delle coordinate (Pi ih
cos
+
tan
sin
= i cos
tan
= i
Jx = i sin
Jy
Jz
(10.216)
1
sin
sin
1 2
sin2 2
(10.217)
Osserviamo che gli operatori di momento angolare non dipendono dalla variabile
radiale, ma solo dalle variabili angolari. Pertanto nel valutare le autofunzioni di Jz
e di J 2 potremo ignorare la variabile radiale. Scriveremo dunque le autofunzioni
nella base delle coordinate come (indicando con invece che con j lautovalore del
momento orbitale)
x| , m , | , m = Y m (, )
(10.218)
Le funzioni Y m (, ) sono chiamate armoniche sferiche. Consideriamo allora
lautofunzione di peso massimo Y (, ) che soddisfer`a
J 2 Y (, ) = ( + 1)Y (, )
(10.219)
Jz Y (, ) = Y (, )
(10.220)
(10.221)
(10.222)
Notiamo anche che questa equazione, insieme a quella per Jz , `e equivalente allequazione agli autovalori per J 2 . Infatti da
J 2 = Jz2 + Jz + J J+
(10.223)
tan
J = ei
Pertanto
0 = J+ Y (, ) = ei
tan
(10.224)
Y (, )
(10.225)
F () = 0
(10.226)
d
sin
d sin sin
F () = cos
da cui
dF ()
d sin
=
F ()
sin
(10.227)
F () = c(sin )
(10.228)
Y (, ) = c(sin ) ei
(10.229)
+1
22 +1 ( !)2
(2 + 1)!
(10.230)
Pertanto
(2 + 1)!
1
c = (1)
(10.231)
2 !
4
dove la fase `e stata scelta in modo che la Y 0 (0, 0) risulti reale e positiva.Una volta
ricavata larmonica sferica di peso massimo si possono ricavare le altre applicando
loperatore J Notiamo che in generale si ha
J eim f () = ei(m 1)
cos
d
+m
f () =
d
sin
d
[(sin )m f ()] =
d
d
= ei(m 1) (sin )1m
[(sin )m f ()]
d cos
= ei(m 1) (sin )m
208
(10.232)
da cui
Jk eim f () = ei(m k) (sin )km
dk
[(sin )m f ()]
k
d(cos )
(10.233)
( + m)!
J m Y (, )
(2 )!( m)!
(10.234)
e infine
d m
( + m)!
eim (sin )m
(sin )2
(2 )!( m)!
d(cos ) m
(10.235)
Lespressione precedente vale per m 0. Per autovalori negativi di Jz si definisce
Y m (, ) = (1)
(2 + 1)! 1
4
2 !
Y ,m (, ) = (1)m (Y m (, ))
(10.236)
(2 + 1)( m)!
(1)m eim P m (cos )
4( + m)!
(10.237)
Diamo qui di seguito alcune propriet`a dei polinomi di Legendre e delle armoniche
sferiche.
Polinomi di Legendre:
P (w) =
d
(w2 1)
2 ! dw
(10.238)
d|m|
P (w),
dw|m|
|m| = 0, 1, ,
(10.239)
(10.240)
(, ) = mm
(10.241)
(10.242)
Y m ( , + ) = (1) Y m (, ) (parit`a)
(10.243)
1
Y00 (, ) =
4
(10.244)
Y1,0 (, ) =
3
cos ,
4
Y1,1 (, ) =
3
sin ei
8
(10.245)
Completezza
Y m ( , )Y m (, ) =
=0 m=
10.6.3
1
( )( ) ( ) (10.246)
sin
1
|p| 2 + V (r),
2
r = |x|
(10.247)
(10.248)
(10.249)
come segue da
Pertanto potremo diagonalizzare simultaneamente |L| 2 , Lz e H. Lequazione di
Schrodinger stazionaria `e data da
/h2 2
+ V (r) E (x) = EE (x)
2
(10.250)
1
+
r r
210
/
= ih
1
r
r r
(10.251)
che ha la propriet`a
/
[r, Pr ] = ih
(10.252)
(10.253)
r0
d3 r(Pr )
(10.254)
richiede che
/
0 = ih
/
= ih
/
= ih
/
= +ih
1 d(r) 1 d(r )
+
=
r dr
r dr
0
d(r) d(r )
+
r =
d
dr r
dr
dr
0
d
/ d|r|2 =
d
dr (|r|2 ) = ih
dr
0
0
d
r2 dr
d(|r|2 )r=0
(10.255)
ijk Xj Pk
(10.256)
dato che non ci sono ambiguit`a nellordine dei prodotti (le coordinate e gli impulsi
compaiono sempre con indici diversi). Pertanto
|L| 2 =
ijk Xj Pk i m X
Pm =
(j km jm k )Xj Pk X Pm
(10.257)
jk m
ijk m
= (j km jm k )
(10.258)
Pertanto
|L| 2 =
(Xj Pk Xj Pk Xj Pk Xk Pj ) =
jk
/ jk )Pk Xj (Xk Pk ih
/ kk )Pj ] =
[Xj (Xj Pk ih
=
jk
/ X P + 3ih
/X P
= |X| 2 |P |,2 ih
/ jk )Pk =
Xj (Pj Xk + ih
jk
/X P
= |X| 2 |P |,2 (X P )2 + ih
211
(10.259)
Notiamo che si ha
/ x
X P = ih
+y
+z
x
y
z
/r
= ih
(10.260)
dove si `e fatto uso delle equazioni (10.213) e (10.215). Segue dalla (10.251)
/r
rPr = ih
/ = X P ih
/
ih
r
(10.261)
Si ottiene allora
/ ) = |X| 2 |P |,2 (rPr + ih
/ )rPr =
|L| 2 = |X| 2 |P |,2 (X P )((X P ) ih
/ )Pr ih
/ rPr = |X| 2 |P |,2 |X| 2 Pr2
= |X| 2 |P |,2 r(rPr ih
(10.262)
Dunque possiamo scrivere il quadrato delloperatore dimpulso nella forma
|P | 2 = Pr2 +
da cui
H=
1
|X| 2
|L| 2
1 2
1
Pr +
|L| 2 + V (r)
2
2
2|X|
(10.263)
(10.264)
con
/h2 2
1 1
r
r=
r
(10.265)
r r r r
r r2
Con questa forma dellhamiltoniana si effettua facilmente la separazione delle variabili angolari da quelle radiali. Ponendo
Pr2
/2
= h
E m (r, , ) = Y m (, )E (r)
(10.266)
si trova
/h2 1 d2 (rE, (r))
+
2 r
dr2
/h2 ( + 1)
+ V (r) E (r) = EE (r)
2r2
(10.267)
e introducendo
yE (r) = rE (r)
(10.268)
segue
/h2 d2 yE, (r)
+
2 dr2
/h2 ( + 1)
+ V (r) yE (r) = EyE (r)
2r2
(10.269)
Dunque, come nel caso bidimensionale abbiamo riportato il problema ad un problema unidimensionale nella variabile radiale. Inoltre la funzione ryE (r) soddisfa
lequazione di Schrodinger unidimensionale con un potenziale modificato
/h2 ( + 1)
V (r) V (r) +
2r2
212
(10.270)
Come vedremo in un momento il secondo termine corrisponde al potenziale centrifugo ed `e un termine repulsivo (per = 0). Notiamo anche che poich`e lhamiltoniana
originaria era hermitiana anche lespressione che abbiamo trovato in termini dellimpulso radiale deve soddisfare la stessa propriet`a. Questo significa che sullo spazio
delle soluzioni deve essere soddisfatta la (10.253), che in termini della yE (r) significa
yE (0) = 0
(10.271)
(10.272)
e lenergia `e data da
1
1
E = r 2 + r2 2 + V (r)
2
2
In queste coordinate il momento angolare della particella `e dato da
|L| = r2
(10.273)
(10.274)
e quindi
1
|L| 2
E = r 2 + V (r) +
(10.275)
2
2r2
Per precisare meglio le condizioni allorigine assumiamo che landamento della
yE sia del tipo
yE (r) rs
(10.276)
con s > 0. Assumiamo inoltre che allorigine V (r) abbia al pi`
u una singolarit`a di
tipo 1/r. Allora il termine dominante nellequazione `e il potenziale centrifugo e
potremo scrivere
/h2 d2 yE, (r) /h2 ( + 1)
+
yE (r) = 0
(10.277)
2 dr2
2r2
da cui
s(s 1) = ( + 1)
(10.278)
Questa equazione ha due soluzioni
s = + 1,
s=
(10.279)
(10.280)
Vediamo anche che al crescere di , cio`e del momento angolare, la funzione donda `e
sempre pi`
u schiacciata nellorigine, cio`e la probabilit`a di trovare la particella nellorigine `e sempre pi`
u piccola. Questo corrisponde al fatto classico che al crescere del
momento angolare la particella sta pi`
u lontana dallorigine.
Consideriamo adesso landamento a r . Se il potenziale non va a zero allinfinito diventa il termine dominante e quindi non possiamo dire niente in generale.
Supponiamo invece che rV (r) 0 per r , allora il termine dominante `e il
termine che contiene E:
/h2 d2 yE, (r)
= EyE (r)
(10.281)
2 dr2
La discussione `e come nel caso unidimensionale
E > 0. Si hanno soluzioni oscillanti.
E < 0. Si deve scegliere la soluzione esponenzialmente decrescente che corrisponde quindi a uno stato legato. Il motivo per cui anche in questo caso la
soluzione ha autovalori discreti dipende dal fatto che dovremo raccordare questa soluzione con la soluzione regolare nellorigine e questo non `e generalmente
possibile salvo per particolari valori dellenergia.
10.6.4
+
yE (r) = EyE (r)
2 dr2
2r2
Introducendo la quantit`a
k2 =
2E
/h2
(10.282)
(10.283)
e la variabile adimensionale
= kr
si ha
d2
( + 1)
+
2
d
2
(10.284)
y =y
(10.285)
+1
d
+
d
214
(10.286)
e il suo aggiunto
d =
+1
d
+
d
(10.287)
Si vede subito che lequazione per y pu`o essere riscritta nella forma
d d y = y
(10.288)
(10.289)
d d = d +1 d+1
(10.290)
d +1 d+1 (d y ) = (d y )
(10.291)
d y = c y +1
(10.292)
Daltra parte si ha
Per cui
Segue
(10.293)
y0B = cos
(10.294)
d
+1
+
d
( )
(10.295)
(10.296)
1
1
(10.297)
Pertanto
d
+
d
+1 =
+1
=
+1
1 d
+1
=
+1
1 d
e iterando
215
1 d
d
+1
0
0
d
d
2
(10.298)
(10.299)
B =
cos
(10.300)
= ()
Con le due possibilit`a
A =
sin
,
si generano le funzioni
1 d
d
A j = ()
(10.301)
cos
(10.302)
1 d
d
B n = ()
sin
sin
cos
0: j
(2 + 1)!!
: n
(10.303)
(10.304)
0: n
(2 1)!!
+1
(10.305)
(10.306)
j (kr)j (k r)r2 dr =
/h2 k 2
E=
2
(10.307)
(k k )
2k 2
(10.308)
(k k ) mm
2k 2
(10.309)
si ha
E m (r, , )E
(10.310)
La differenza tra questi due tipi di soluzione `e che nel caso precedente si diagonalizzano lenergia, il momento angolare e la sua proiezione lungo lasse z, mentre nel
secondo caso si diagonalizzano le tre componenti dellimpulso (questo assicura che
anche lenergia `e diagonale). Usando coordinate polari, londa piana si pu`o scrivere
E (r, ) =
1
eikr cos ,
3/2
/
(2h)
k=
|p|
/h
(10.311)
Questa espressione si pu`o espandere sulla base delle funzioni precedenti E m (r, , )
con il risultato
ikr
cos
e
=
i (2 + 1)j (kr)P (cos)
(10.312)
=0
217
Capitolo 11
Latomo di idrogeno
11.1
Abbiamo gi`a trattato in Sezione 9.2, nel caso unidimensionale, il moto di due corpi
soggetti a un potenziale che dipenda solo dalla distanza. Abbiamo visto che il
problema `e separabile facendo uso delle coordinate del centro di massa e relativa.
Largomento `e identico nel caso tridimensionale, per cui partendo da
H=
/h2 2
/h2 2
1
+ V (|x1 x2 |)
2m1
2m2 2
(11.1)
si ottiene
m1 x1 + m2 x2
,
m1 + m2
x = x1 x2
(11.2)
/h2 2
/h2 2
H=
+ V (|x|)
2M X 2 x
(11.3)
X=
dove
m1 m2
m1 + m2
sono la massa totale e la massa ridotta. Ponendo
M = m1 + m2 ,
(x1 , x2 , t) = CM (X)(x)e
ET t
/h
(11.4)
(11.5)
/h2 2
CM (X) = ECM CM (X)
2M X
(11.6)
/h2 2
x + V (|x|) (x) = E(x)
2
(11.7)
218
con
ET = ECM + E
(11.8)
Mentre la prima equazione fornisce il moto libero del centro di massa e quindi di
scarso interesse fisico, la seconda `e identica a una equazione di Schrodinger per
una particella singola di massa uguale alla massa ridotta e soggetta al potenziale
V (|x|).
11.2
Ze2
r
(11.9)
Quindi lequazione di Schrodinger per il moto radiale relativo sar`a (vedi la (10.269))
d2 y
dr2
( + 1) 2Ze2 2E
2
r2
/2
/h
rh
y =0
(11.10)
( + 1) 2Ze2 1 2|E|
+
2
2
/2
ah
a2/h
y =0
(11.12)
dove abbiamo preso E < 0 dato che si vuole considerare il problema degli stati
legati. Si vede che conviene scegliere
a2 =
8|E|
/h2
(11.13)
e in particolare si ha
2Ze2
= e2
2
/
ah
Z 2
e2 ,
2
/
2h |E|
Notiamo che
dim[a2 ] =
m
mE
=
=
2
2
E t
m 2
Z 2
/ 2 |E|
2h
(11.14)
(11.15)
Con e indichiamo qui la carica del protone, uguale a quella dellelettrone cambiata di segno,
pari a 1.602 1019 C
219
Dunque si trova
y
( + 1) e2 1
+
2
y =0
(11.16)
1
y y =0
4
(11.17)
Ponendo
1
y e 2
(11.18)
1
y =e 2 v
(11.19)
si ha
1
1
1
y = e 2 v +e 2 v
2
1
1
1
1
y = e 2 v e 2 v +e 2 v
4
(11.20)
da cui
( + 1)
e2
v v
v +
v =0
(11.21)
2
(11.22)
In questo modo abbiamo una funzione che ha un corretto comportamento sia nellorigine che allinfinito, se la u `e regolare nellorigine e non diverge esponenzialmente
allinfinito. Si ha
v = ( + 1) u + +1 u
v = ( + 1) 1 u + 2( + 1) +1 u + +1 u
(11.23)
u + 2( + 1)u u ( + 1)u + e2 u = 0
(11.24)
e sostituendo
A questo punto espandiamo la u in una serie di potenze in
ck k
u =
k=0
220
(11.25)
Da
u =
ck k
k1
ck+1 (k + 1)k
k=0
k=0
k(k + 1)ck+1 k
u =
(11.26)
k=0
(11.27)
(11.28)
ck
k
k:
(11.29)
(11.30)
Z 2
= +k+1
/ 2 |E|
2h
(11.31)
=
da cui
e2
Z 2 e4
/ 2 n2
2h
(11.32)
dove si `e posto
n = + k + 1 = 1, 2,
Pertanto per n fissato i possibili valori di
(11.33)
sono
= n k 1 = n 1, n 2, , 1, 0,
(11.34)
221
(2 + 1) = 2
=0
n(n 1)
+ n = n2
2
(11.35)
Z 2 Ry
n2
(11.36)
Ry =
e4
/2
2h
(11.37)
dove
(11.38)
dq
dq
dp
e p e p
d
(11.39)
(11.40)
con
Nn =
a3 (n 1)!
2n((n + )!)3
(11.41)
Una quantit`a molto conveniente da utilizzare `e il cosi detto raggio di Bohr dato
da
/h2
(11.42)
a0 = 2
e
Infatti
Et2
(E t)2
=
=
mE
m
La quantit`a a introdotta allinizio diviene
(11.43)
dim[a0 ] =
a2 =
8 Z 2 e4
4Z 2
=
n2
/h2 2h
/ 2 n2
222
e2
/h2
4Z 2 1
n2 a20
(11.44)
e quindi
2Z 1
n a0
La variabile adimensionale risulta dunque
a=
(11.45)
2Z r
n a0
(11.46)
1
a0
3/2
e a0
r
e 2a0
200 (r, , ) =
2
a0
r
1/2
r 2a
1
0 cos
e
210 (r, , ) =
32a30
a0
r
1/2
1
r 2a
0 sin ei
211 (r, , ) =
e
3
64a0
a0
1
32a30
(11.47)
1/2
(11.48)
r
2
r2 d|n,n1,0 |2 dr r2n e na0 dr
r
r
r
2
2
d 2n 2 na
2
2n1
2n
0
r e
r e na0
0=
= 2nr
e na0
dr
na0
(11.49)
(11.50)
cio`e per
r = n2 a0
(11.51)
11.2.1
Stime numeriche
Vogliamo vedere adesso i valori numerici delle quantit`a di interesse per latomo
di idrogeno. Consideriamo per cominciare le masse delle particelle espresse in eV
(electron volts). Ricordiamo che un eV `e lenergia acquistata da una particella con
carica pari ad e per attraversare una differenza di potenziale di 1 V olt. Quindi
1 eV = e 1 = 1.602 1019 J
(11.53)
Si ha (1 M eV = 106 eV )
elettrone : mc2 = 0.511 M eV ( 0.5)
protone : M c2 = 938.3 M eV ( 1000)
m
1
rapporto delle masse :
=
M eV ( 1/2000)
M
1836
(11.54)
mM
m
m+M
(11.55)
Quindi nelle stime successive approssimeremo la massa ridotta con quella dellelettrone. Consideriamo adesso il raggio di Bohr:
/h2
a0 =
me2
(11.56)
Per il suo calcolo conviene introdurre delle quantit`a intermedie quali il prodotto /hc.
Si ha
/hc = 3 108 mt sec1 1.05 1034 J sec = 3.15 1026 J mt
(11.57)
segue
/hc =
3.15 1026
MeV mt = 197 MeV fermi = 1973.3 eV
A ( 2000) (11.58)
1.6 1013
dove 1
A=108 cm. Per quanto concerne il valore della carica elettrica conviene
introdurre la costante di struttura fine2
=
e2
1
=
/hc
137.04
( 1/137)
(11.59)
/hc
e2
2`
2000 137
0.55
A
0.5 106
(11.60)
E da osservare che lespressione per la costante di struttura fine dipende dalle unit`a elettriche
scelte. In generale essa `e data da = e2 /(4 0 /hc) ed `e adimensionale. In questo corso abbiamo
scelto 0 = 1/4 in modo da avere il potenziale coulombiano nella forma pi`
u semplice V e2 /r
224
me4
mc2
=
2
/2
2h
e2
/hc
0.25 106
= 13.3 eV pi`
u accurato 13.6
1372
(11.61)
/h
/h2 e2
e =
=
= a0
mc
me2 /hc
(11.63)
/h e2
e2
=
= e = 2 a0
mc2
mc /hc
(11.64)
Per terminare, esiste un modo molto semplice per ricordare la costante di Rydberg
o, se vogliamo, lenergia dello stato fondamentale. Classicamente un elettrone `e in
equilibrio sullorbita se
mv 2
e2
=
(11.65)
r
r
da cui
1
e2
1
E = mv 2
= mv 2
(11.66)
2
r
2
Possiamo scrivere
1
1
v 2
E = mv 2 = mc2
(11.67)
2
2
c
Se assumiamo che il rapporto v/c sia dato da
v
=
(11.68)
c
n
si ottiene
2
me4
1 2 1 e2
= 2
E = mc 2
(11.69)
2
n /hc
/ n2
2h
Se si sfrutta la quantizzazione del momento angolare si ottiene, per traiettorie
circolari
/
mvr = nh
(11.70)
e moltiplicando per c
v
n2 /h
n2
/c r =
mc2 r = nh
= e = a0 n2
c
mc
(11.71)
Capitolo 12
Teoria delle perturbazioni nel caso
stazionario
12.1
(12.2)
(12.5)
i |ni
|n =
i=0
226
(12.6)
i Eni
En =
(12.7)
i=0
(H0 + H1 )
|n =
i=0
(12.8)
i,j=0
(12.9)
=
p=0 j=0
i,j=0
i
p=0 p=1 p=2 p=3 p=4
Figura 12.1: Illustrazione del cambiamento di variabili nella doppia somma effettuata
nel testo.
H0 |n +
i=0
i+1
H1 |n =
p=0
i=0
Enpj |nj
(12.10)
j=0
(12.11)
i1
H0 |n + H1 |n
Enij |nj ,
=
j=0
227
i=0
(12.12)
(12.14)
(12.15)
da cui
Se invece moltiplichiamo per m0 | con m = n si trova
m0 |H0 |n1 + m0 |H1 |n0 = En0 m0 |n1
da cui
m0 |n1 =
m0 |H1 |n0
,
0
En0 Em
m=n
(12.16)
(12.17)
|m0 m0 |n1
(12.18)
Ovviamente dobbiamo ancora calcolare il termine n0 |n1 . Daltra parte se chiediamo che al primo ordine lo stato perturbato sia normalizzato avremo
1 = ( n0 | + n1 |)(|n0 + |n1 ) 1 + n0 |n1 + n1 |n0
(12.19)
Questo implica che n0 |n1 = ia con a reale. Quindi nellespansione al primo ordine
avremo
|n = |n0 + |n1 = |n0 (1 + ia) +
|m0 m0 |n1
(12.20)
m=n
Dato che a `e una quantit`a del primo ordine nella perturbazione possiamo fissare
la fase di |n moltiplicando per ei , che cancella la fase nel primo termine e non
produce effetti sul secondo che `e gi`a del primo ordine. Quindi
|n = |n0 + |n1 = |n0 +
|m0
m=n
m0 |H1 |n0
0
En0 Em
(12.21)
(12.22)
(12.23)
| n0 |H1 |m0 |2
n0 |H1 |m0 m0 |H1 |n0
=
0
0
En0 Em
En0 Em
m=n
(12.24)
12.1.1
1 2 1
P + m 2 X 2
2m
2
(12.26)
1
(12.27)
H1 = m2 X 2
2
Ovviamente il problema `e accademico dato che la soluzione esatta si ottiene semplicemente sostituendo 2 con 2 + 2 . Ci`o non di meno il problema serve per
illustrare le caratteristiche del metodo. Al primo ordine si ha
1
En1 = n0 | m2 X 2 |n0
2
(12.28)
/h
(a + a )
2m
(12.29)
e ricordando che
X=
229
si ha
n0 |X 2 |n0 =
/h
/h
/h
n0 |(aa + a a)|n0 =
n0 |(2a a + 1)|n0 =
2m
2m
m
Per cui
En1 =
1
2
(12.30)
n+
2
1
/h n +
2 2
2
(12.31)
e
En = En0 +En1 = /h n +
1
2
1
+ 2 /h n +
2
2
2
= /h 1 +
2
2
n+
1
2
(12.32)
1
En = /h 2 + 2 n +
2
(12.33)
4
1
/h n +
4
8
2
(12.34)
12.1.2
r1
r12
r2
Figura 12.2: la cinematica per un atomo ionizzato Z 2 volte e quindi con due soli
elettroni.
230
Lhamiltoniana del sistema sar`a quella relativa a due elettroni nel campo coulombiano del nucleo pi`
u un potenziale coulombiano repulsivo tra i due elettroni. Avremo
cio`e
Ze2 Ze2
e2
V =
+
(12.35)
r1
r2
r12
La cinematica `e definita nella Figura 12.2. Assumiamo il potenziale repulsivo come
interazione
e2
H1 =
(12.36)
r12
e consideriamo lo stato fondamentale. La parte in H0 si separa nel problema di due
elettroni ciascuno nel campo coulombiano del nucleo e quindi lenergia dello stato
fondamentale imperturbato sar`a la somma delle energie dello stato fondamentale di
un atomo idrogenoide. La differenza tra un atomo di idrogeno e uno idrogenoide `e
che nel potenziale coulombiano si ha la sostituzione e2 Ze2 e dato che lenergia
dipende da e4 segue che si pu`o scrivere
En =
Z 2 e2
2a0
(12.37)
Z 2 e2
a0
(12.38)
Analogamente la funzione donda imperturbata dello stato fondamentale `e il prodotto delle autofunzioni per due atomi idrogenoidi
r1 , r2 |Esf
Z
1
= r1 |E0 r2 |E0 =
a0
Z(r1 + r2 )
3
1 Z
a0
=
e
a0
3/2
Zr1
1
e a0
Z
a0
3/2
Zr2
e a0 =
(12.39)
d3 r1 d3 r2
Introducendo le variabili
y1 =
Z
r1 ,
a0
si trova
E1 =
1 Ze2
2 a0
Z
a0
1
2
d3 y1 d3 y2
y2 =
e2
e2Z(r1 +r2 )/a0
|r1 r2 |
Z
r2
a0
e2(y1 + y2 )
5 Ze2
=
|y1 y2 |
8 a0
231
(12.40)
(12.41)
(12.42)
Pertanto
Esf
Z 2 e2
+E =
a0
1
5
8Z
(12.43)
He
Li+
Be++
12.1.3
Z
2
3
4
Esf
-108
-243.5
-433
E1
34
50.5
67.5
Esf + E 1
-74
-193
-365.5
Eexp
-78.6
-197.1
-370.0
Regole di selezione
Le regole di selezione facilitano molto il calcolo degli elementi di matrice della hamiltoniana di interazione e quindi dei calcoli perturbativi. Le regole di selezione sono
una conseguenza dellesistenza di operatori che commutano sia con H0 che con H1 .
Supponiamo che un operatore sia tale che
[, H1 ] = 0
(12.44)
a meno che 1 = 2
(12.45)
(12.46)
Il modo pi`
u semplice per capire questo risultato `e osservare che H1 non cambia gli
autovalori di . Infatti
(H1 |a, ) = H1 |a, = (H1 |a, )
(12.47)
(12.48)
[Lz , H1 ] = 0
(12.49)
allora
e
a2 , m2 |H1 |a1 , m1 = 0,
232
a meno che m1 = m2
(12.50)
Questo concetto si pu`o estendere al caso in cui H1 cambi in modo definito un numero quantico (vedremo in seguito le applicazioni nel caso del momento angolare).
Consideriamo, per esempio, la parit`a e assumiamo
H1 = X
(12.51)
H1 = H1
(12.52)
allora
Pertanto H1 cambia la parit`a di uno stato e i suoi elementi di matrice tra stati della
stessa parit`a sono nulli.
12.2
Nel caso degenere la condizione (12.25) non pu`o essere soddisfatta e la teoria perturbativa cos` come formulata precedentemente non `e valida. Se lautovalore En0 sul
quale si costruisce la teoria perturbativa `e degenere, il corrispondente autostato sar`a
indicato con
H0 |n0 , = En0 |n0 , , = 1, 2, , k
(12.53)
dove lindice numera la degenerazione. Ovviamente avremo al pi`
u k autofunzioni
di H = H0 + H1 , diciamo |n, , tali che
a |n0 ,
lim |n, =
H1 0
(12.54)
(12.56)
e consideriamo questa equazione al primo ordine perturbativo. Allora potremo scrivere (qui indicheremo con En1 lautovalore di H al primo ordine perturbativo, non
lo shift dellenergia come nella Sezione precedente)
n0 , |n0 , a
(12.57)
Quindi
n0 , |H1 |n0 , a = (En1 En0 )a
233
(12.58)
o
n0 , |H1 |n0 , (En1 En0 ) a = 0
(12.59)
12.2.1
Effetto Stark
(12.60)
H1 = eEr cos
(12.61)
o in coordinate polari
Osserviamo anche che H1 `e dispari sotto parit`a. Dato che in coordinate polari
X X corrisponde a
r r, , +
(12.62)
m
0
1 0
1 -1
1 +1
(12.63)
Ovviamente siamo nel caso degenere dato che gli autovalori dellenergia dellatomo di idrogeno
non dipendono da
234
(12.64)
2, 1, m|H1 |2, 0, 0
(12.65)
e
Ma dato che [Lz , H1 ] = 0, H1 pu`o connettere solo stati con lo stesso m e quindi
m = m = 0. Pertanto gli unici elementi di matrice non nulli sono
2, 0, 0|H1 |2, 1, 0
0
0
H1 =
0 0
0 0
2, 1, 0|H1 |2, 0, 0
(12.66)
0 0
0 0
(12.67)
0 0
0 0
con
= eE
r3 drR20 R21
(12.68)
235
autovalore +
autovalore
(12.69)
Capitolo 13
Momento angolare intrinseco o
spin
Come abbiamo visto la teoria generale del momento angolare prevede che il momento
angolare possa assumere anche valori semiinteri, ma a parte questo risultato `e ovvio
che la teoria del momento angolare non si pu`o ridurre al solo studio del momento orbitale. Infatti, in generale, la funzione donda non si ridurr`a a una funzione a valori
complessi, ma potr`a avere delle ulteriori propriet`a. Basta pensare al campo elettromagnetico. Il campo elettrico e magnetico, se calcolati in un sistema di riferimento
ruotato non cambiano solo perch`e ruotano le coordinate del punto considerato, ma
anche perche ruotano le loro componenti. Questo `e un fatto del tutto generale e che
ci conduce a separare il momento angolare in due parti, la parte orbitale, che tiene
conto della rotazione delle coordinate del punto che si sta considerando e la parte di
momento angolare intrinseco, o brevemente di spin, che tiene conto delle variazioni
che possono subire le componenti delle funzione donda. Nel caso fin qui esaminato
di una funzione donda a valori complessi, questa variazione `e nulla e si dice che lo
spin `e zero.
13.1
Lo spin
Dal ragionamento fatto precedentemente segue che lo spin corrisponde a una vera
e propria variabile dinamica addizionale, per cui il vettore di stato corrispondente
ad uno spin j sar`a caratterizzato da una funzione donda in una base in cui sono
diagonali le coordinate, il quadrato del momento di spin e la sua terza componente
j (r, m) = r; j, m| ,
m = j, j + 1, , j 1, j
(13.1)
Dunque la funzione donda dipende non solo dalla posizione ma anche da una ulteriore variabile discreta m che prende 2j + 1 valori. In questa base (la base j, m|) il
momento di spin agisce come una matrice (2j + 1) (2j + 1) e quindi si pu`o pensare
236
j (r, j)
j (r, j 1)
j (r, m) =
j (r, j + 1)
j (r, j)
(13.2)
+j
3
| =
d3 r |j (r, m)|2
d r |r; j, m r; j, m| =
m=j
(13.3)
m=j
P (m) =
(13.4)
Prima di procedere consideriamo i casi particolari dello spin 1/2 e dello spin 1.
Spin 1/2: Dalla teoria generale del momento angolare (vedi Sezione 10.6.1) si
ha
1 1 0
Jz =
(13.5)
2 0 1
e da
1/2, 1/2|J+ |1/2, 1/2 =
3 1 1
+ =1
4 2 2
(13.6)
3 1 1
+ =1
4 2 2
(13.7)
segue
1
1
Jx = (J+ + J ) =
2
2
e
1
i
Jy = (J+ J ) =
2
2
0 1
1 0
(13.8)
0 i
i 0
(13.9)
(13.10)
e quindi date da
x =
0 1
,
1 0
y =
0 i
,
i 0
237
z =
1 0
0 1
(13.11)
Chiaramente si ha
2 = 4J 2 = 4
e
1 3
=3
2 2
(13.12)
z2 = 1
(13.13)
(13.14)
ijk k
(13.15)
(13.16)
per esempio,
[x , y ]+ = x y + y x =
=
1
(x [z , x ] + [z , x ]x ) =
2i
1
(x z x z + z x z x ) = 0
2i
(13.17)
Pertanto
[i , j ]+ = 2ij
(13.18)
Dunque la funzione donda per lo spin 1/2 `e una funzione con due componenti
1/2 (r) =
(r, 1/2)
(r, 1/2)
+ (r)
(r)
(13.20)
la 1/2 (r) viene chiamata spinore. Le due componenti con + e vengono dette
con spin up e spin down rispettivamente. Per un vettore di stato normalizzato le
probabilit`a per spin up e spin down sono rispettivamente
P (+) =
spin 1: Si ha
d3 r |+ (r)|2 ,
P () =
1 0 0
Jz = 0 0 0
0 0 1
238
d3 r | (r)|2
(13.21)
(13.22)
e usando
j, m + 1|J+ |j, m = j, m|J |j, m + 1 =
segue
J =
e quindi
0 0 0
2 1 0 0 ,
0 1 0
j(j + 1) m(m + 1)
0 1 0
1
Jx = 1 0 1 ,
2 0 1 0
J+ =
0 1 0
2 0 0 1
0 0 0
(13.23)
0 i 0
1
Jy = i 0 i
2 0 i
0
(13.24)
(13.25)
Si ha
J2 = 12 = 2
(13.26)
i = x, y, z
( r, +1)
1 (r) = ( r, 0)
( r, 1)
(13.27)
(13.28)
(13.29)
(13.30)
[X, S] = 0
(13.31)
Dato che
la base |r; j, m si pu`o identificare con il prodotto tensoriale della base delle coordinate e della base di spin
|r; j, m = |r |j, m
(13.32)
239
(13.33)
Rij xj ei S |j, m =
= |
j
+j
= |
Rij xj
j
|j, m
j, m |ei S |j, m
(13.34)
m =j
e definendo la matrice
Dj (R)m m = j, m |ei S |j, m
(13.35)
segue
+j
|j, m Dj (R)m m
Rik xk
U (R)|r; j, m = |
k
(13.36)
m =j
d3 xU (R)|x; j, m j (x, m ) =
=
m
d3 x|
(13.37)
m ,m
Rik xk
(13.38)
si trova
1
Rik
xk , m )
d3 x |x ; j, m Dj (R)m m j (
U (R)| =
(13.39)
m ,m
Dj (R)mm j (
(13.40)
Nella base spinoriale in cui j (x) `e un vettore con 2j + 1 componenti e Dj (R) una
matrice (2j + 1) (2j + 1) si scrive
jR (x) = Dj (R)j (R1 x)
240
(13.41)
1R (x, 0) = 1 (x , 0)
(13.42)
(13.43)
Nel caso dello spin 1/2, possiamo calcolare facilmente loperatore di rotazione
D(1/2) (R) D(R). Infatti per una rotazione di un angolo attorno alla direzione
individuata dal versore n si ha
i n
in
S
D(R) = e
=e 2
(13.44)
Daltra parte
(n )2 =
ni nj i j =
ij
ni nj (ij + i
ijk k )
= |n|2 = 1
(13.45)
ij
Pertanto
(n )2k = 1,
(n )2k+1 = (n )
(13.46)
i n
e 2
=
i
k pari
1
+
k! k
i
dispari
(n ) = cos in sin
k!
2
2
(13.47)
(13.48)
| = H|
t
241
(13.49)
x; j, m| = x; j, m|H|
t
j (x, m) =
t
Hmm
m
x,
j (x, m)
(13.50)
(13.51)
dove Hmm (x, /x) `e un insieme di (2j + 1) (2j + 1) operatori differenziali nello
spazio delle coordinate e
x; j, m|H|x ; j, m = Hmm
x,
(x x )
(13.52)
j (x) = Hj (x)
t
(13.53)
(13.54)
(13.55)
13.1.1
Ricordiamo qui le equazioni del moto di una particella carica in un campo elettromagnetico. La forza totale che agisce sulla particella `e data da
e
F = eE + v B
c
1
(13.56)
242
(13.57)
(13.58)
E =
1 A
c t
e
L
= mx + A
v
c
(13.59)
(13.60)
si ottiene lhamiltoniana
e
1
p A
H = p x L =
2m
c
+ e
(13.61)
(13.65)
si ottiene
/h2 2
/
e2
eh
2
E +
A
+
i
( A)E + 2A E + eE = EE (13.66)
E
2m
2mc2
2mc
2
Per la verifica occorre ricordare che A e sono funzioni della coordinata x della particella e del
tempo. Quindi nel calcolo delle equazioni di Eulero-Lagrange appaiono le derivate dei potenziali
che ricostruiscono i campi nelle equazioni del moto
243
1
2
i (
ijk Bj xk )
ijk
1
2
ijk Bj ki
=0
(13.69)
ijk
Inoltre
A=
1
2
ijk Bj xk i
ijk
1
2
1
1
= B (r ) =
BL
/
2
2ih
jki Bj xk i
(13.70)
/h2 2
e2
e
2
+
A
B L E = EE
2m
2mc2
2mc
(13.71)
Il termine proporzionale al momento angolare orbitale ha una semplice interpretazione classica come energia di interazione con il campo magnetico di un dipolo
magnetico di momento
e
L
(13.72)
=
2mc
Questo si pu`o vedere immediatamente considerando, per esempio, il moto circolare
uniforme di una carica. In tal caso si ha una corrente pari a
e
I=
(13.73)
T
dove T `e il periodo del moto. Ma noi sappiamo che questa corrente produce un
momento magnetico pari
I
= An
(13.74)
c
dove A `e larea del circuito e n la normale uscente alla superficie piano che si appoggia
al circuito. Quindi A = r2 con r il raggio della circonferenza. Pertanto
e r2
n
c T
=
Daltra parte
|L| = mrv = mr
3
i ijk i m
(13.75)
2r
r2
= 2m
T
T
= j km jm k e
244
(13.76)
ij ijk ijm
= 2km
e quindi
e |L|
e
n=
L
(13.77)
c 2m
2mc
Usualmente si introduce una unit`a di momento magnetico il magnetone di Bohr
pari a (m massa dellelettrone)
=
B =
/
eh
= 0.927 1020 erg/gauss
2mc
(13.78)
(13.79)
(13.81)
HI = B =
e L
e
e
(p
x)
=
mcr3
mc r3
mcr3
245
/
eh
2 S L (13.84)
2mc
(13.85)
(13.86)
Infatti
[Ji ,
/
Lj Sj ] = ih
Lj Sj ] = [Li + Si ,
j
ijk Lk Sj
/
+ ih
ijk Lj Sk
=0
(13.87)
In questi casi, la base conveniente non `e quella del tipo | , m |s, sz , in cui sono
diagonali L 2 , Lz . S 2 e Sz , ma piuttosto conviene diagonalizzare L 2 , S 2 , J 2 e Jz 4 .
Infatti, in questa base lhamiltoniana precedente `e automaticamente diagonale dato
che si pu`o scrivere
a
H1 = (J 2 L 2 S 2 )
(13.88)
2
Pi`
u in generale si pone dunque il problema di passare da una base di due o pi`
u
momenti angolari che commutano tra loro a una base in cui sia diagonale la loro
somma.
13.1.2
Moto di spin
|0 (t) = H0 |0 (t) ,
t
/
ih
|(t) = H1 |(t)
t
246
(13.91)
La dinamica `e molto semplice perche in questo caso lo spazio degli stati `e bidimensionale e il generico vettore di stato pu`o essere espanso nella base
|1/2, 1/2 =
1
,
0
|1/2, 1/2 =
0
1
(13.92)
t
quindi a due equazioni disaccoppiate che si integrano immediatamente
(t) = (0)eit ,
13.2
B B
eB
=
/h
2mc
(13.94)
Consideriamo due momenti angolari commutanti tra loro J1 e J2 5 e vogliamo determinare gli autovalori relativi al quadrato ed alla terza componente del momento
angolare totale
J = J1 + J2
(13.95)
Iniziamo considerando il problema agli autovalori per
Jz = J1z + J2z
(13.96)
(13.97)
(13.98)
Questi quattro operatori commutano tra loro e non ci sono altri operatori che commutino con questi quattro. La base in cui questi operatori sono diagonali costituisce
una base ortonormale alla stregua di quelle in cui erano diagonali i due momenti
5
247
(13.99)
|j1 , j2 ; j1 , j2 = |j1 , j2 ; J = j1 + j2 , M = j1 + j2
(13.100)
e
dato che esiste un solo vettore con queste caratteristiche. Mostriamo poi che J pu`o
assumere il valore j1 + j2 1. Consideriamo gli stati con autovalore M = j1 + j2 1.
Esistono due possibili ket corrispondenti a questa possibilit`a
|j1 , j2 , m1 = j1 1, m2 = j2 ,
|j1 , j2 , m1 = j1 , m2 = j2 1
(13.101)
(13.102)
|j1 , j2 , J = j1 + j2 1, M = J
(13.103)
ma anche
soddisfa lo stesso criterio. Vediamo cosi che j1 + j2 1 `e un possibile valore per
J. Possiamo ripetere questo argomento diminuendo ogni volta di 1 il valore di J.
Arriveremo cos` ad un valore minimo Jmin . Per determinare questo valore ricordiamo
che il numero di vettori in entrambe le basi deve essere pari a (2j1 + 1)(2j2 +
1). Contiamo allora, in funzione di Jmin , il numero di vettori nella seconda base.
Dovremo avere
j1 +j2
(2j1 + 1)(2j2 + 1) =
j1 +j2
(2J + 1) =
J=Jmin
j1 +j2
J=1
J=1
(2J + 1) =
J=1
Jmin 1
= 2
Jmin 1
(2J + 1)
+ (j1 + j2 ) (Jmin 1) =
J=1
(13.104)
da cui
2
= (j1 j2 )2 Jmin = |j1 j2 |
Jmin
(13.105)
(13.106)
13.2.1
Coefficienti di Clebsch-Gordan
|j1 , j2 ; m1 , m2 j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
(13.107)
m1 ,m2
I coefficienti
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
(13.108)
si chiamano i coefficienti di Clebsch-Gordan. Per quanto dimostrato precedentemente questi sono diversi da zero solo quando sono soddisfatte le condizioni:
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M = 0, se |j1 j2 | J j1 + j2
(13.109)
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M = 0, se M = m1 + m2
(13.110)
(13.111)
(13.112)
(13.113)
|,
(13.114)
|0, 0
|1, 1
|1, 0
(13.115)
Si ha allora6
|1, 1 = |+, +
6
249
(13.116)
Quindi
J |1, 1 =
2 0|1, 0
(13.117)
3 1
+ (|, + + |+, )
4 4
(13.118)
e
(J1 + J2 )|+, + ) =
e si trova
1
|1, 0 = (|, + + |+, )
2
(13.119)
Applicando ancora J
1
=
2
1
2|1, 1 = (J1 + J2 )(|, + + |+, ) =
2
3 1
+ (|, + |, ) = 2|,
4 4
J |1, 0 =
(13.120)
(13.121)
Laltro stato che rimane da determinare |0, 0 (singoletto) si trova osservando che ci
sono solo due modi di ottenere M = 0 e quindi
|0, 0 = |+, + |, +
(13.122)
(13.123)
+ =0
(13.124)
1
singoletto |0, 0 = (|+, |, + )
2
(13.125)
Pertanto
tripletto
|1, 1 = |+, +
1
|1, 0 = (|+, + |, + )
2
|1, 1 = |,
(13.126)
(13.127)
e come per lo spin 1/2 i due coefficienti sono fissati da normalizzazione e ortogonalit`a con i termini aventi J = j1 + j2 . Applicando ancora J si determina la
catena |j1 , j2 ; j1 + j2 1, M . Si passa poi alla catena successiva in cui si hanno
pi`
u possibilit`a, ma anche pi`
u condizioni di ortogonalit`a. Cosi procedendo si possono
determinare tutti i coefficienti di Clebsch-Gordan, a meno di fasi che restano indeterminate a causa delle condizioni di normalizzazione. Queste vengono fissate dalla
condizione di prenderli tutti reali.
Lequazione (13.107) ci permette di determinare una relazione di ricorrenza per i
Clebsch-Gordan che di fatto riassume il procedimento sopra illustrato. Applicando
ad ambo i lati di questa equazione loperatore J si ottiene
J |j1 , j2 ; J, M = (J1 + J2 )
|j1 , j2 ; m1 , m2 j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
m1 ,m2
(13.128)
da cui
J(J + 1) M (M 1)|j1 , j2 ; J, M 1 =
=
+
m1 ,m2
13.3
(13.129)
Operatori tensoriali
Rij Vj
(13.130)
ijk j Vk
(13.131)
jk
Ricordando che
U (R) 1 i J
251
(13.132)
segue facilmente
[Ji , Vj ] = i
ijk Vk
(13.133)
Quindi gli operatori vettoriali si possono caratterizzare in base alle loro regole di
commutazione con gli operatori di momento angolare. A partire da vettori si possono
costruire per prodotto tensoriale dei tensori; per esempio in termini di coordinate le
quantit`a xi xj formano un tensore doppio simmetrico. Ci si pu`o chiedere se si possono
definire simili quantit`a a livello operatoriale. Osserviamo che esiste una stretta
relazione tra coordinate e armoniche sferiche. Per esempio, si possono riesprimere
le armoniche sferiche con = 1 in termini delle coordinate cartesiane. Si ha
Y10 =
3 z
,
4 r
3 x iy
4 2r
Y11 =
(13.134)
Quindi un vettore corrisponde a uno spin 1. Lo stesso vale per le armoniche sferiche
con superiori. Per esempio il tensore doppio xi xj `e associato con Y2m
15 (x iy)2
32
r2
Y22 =
(13.135)
n| , m
m
, m |U (R1 )| , m
(13.137)
Definendo
D (R)m m =
, m |U (R)| , m
(13.138)
si ottiene
Y ,m (, )D (R1 )m m
Y ,m ( , ) =
(13.139)
La matrice D (R) non `e altro che il rappresentativo della rotazione U (R) nel sottospazio di momento angolare , o come si dice la rappresentazione di spin . In
considerazione della relazione esistente tra le armoniche sferiche e i tensori cartesiani,
sembra naturale definire degli operatori, tensori sferici, tali che
+j
(R)Tm(j) U (R)
(j)
j
1
Tm D m
m (R )
(13.140)
m =j
U (R)Tm(j) U (R)
(j)
j
Tm D m
m (R)
=
m =j
252
(13.141)
(1 i
J)Tm(j) (1
(j)
+ i J) =
Tm j, m |(1 i J)|j, m
(13.142)
m =j
da cui
+j
J, Tm(j) ]
(j)
Tm j, m | J)|j, m
(13.143)
m =j
[J , Tm(j) ] =
(j)
(13.144)
(j)
Un operatore sferico Tm `
e anche detto un operatore di spin j. Il
motivo `e che applicato a uno stato ne altera il momento angolare in modo definito.
Precisamente consideriamo
Jz (Tm(j) |j , m ) = Tm(j) (Jz + m)|j , m = (m + m )Tm(j) |j , m
(13.145)
(j)
dove caratterizza gli altri numeri quantici dello stato. Quindi lo stato Tm |j , m
`e un autostato di Jz con autovalore m + m . Come conseguenza si ha la regola di
selezione
, j , m |Tq(k) |, j, m = 0 a meno che m = m + q
13.3.1
(13.146)
Il teorema di Wigner-Eckart
Siamo ora in grado di dimostrare un teorema di grande utilit`a nella pratica, il teorema di Wigner-Eckart:
Gli elementi di matrice di un operatore sferico soddisfano la relazione:
(k)
,j ,m
|Tq(k) |, j, m
= j, k; m, q|j, k; J = j , M = m
, j ||Tq ||, j
2j + 1
(13.147)
solo se |j k| j j + k
(13.148)
(13.150)
Se confrontiamo questa equazione con la (13.129), che riportiamo qua sotto per
comodit`a (per il confronto occorre sostituire nella seguente equazione ):
J(J + 1) M (M 1) j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M 1 =
=
(13.151)
vediamo subito che queste equazioni soddisfatte dai Clebsch-Gordan e dagli elementi
(k)
di matrice di Tq sono formalmente identiche con le sostituzioni
m M, j J, j j1 , m m1 k j2 , q m2
(13.152)
Dato che entrambe sono equazioni lineari omogenee esse ammettono la stessa soluzione
a meno di un coefficiente moltiplicativo che non pu`o dipendere da m, m e q, visto che
la ricorrenza `e proprio in questi indici. In particolare vediamo che la corrispondenza
`e
(k)
j1 , j2 ; m1 , m2 1|j1 , j2 ; J, M , j , m |Tq1 |, j, m
(13.153)
e quindi si ricava che
(k)
(13.155)
= RE Y m
254
(13.156)
Avremo
(1)
E2 , 2 , m2 |Rm
|E1 , 1 , m1 =
d3 rRE
(r)Y 2 m2 (, ) rY1m (, )RE1 1 (r)Y 1 m1 (, )
2 2
(13.157)
che si pu`o riscrivere nella forma
r2 drRE
rRE1
2 2
2 , m2 |1, 1 ; m, m1
(13.158)
Infatti lintegrale delle tre armoniche sferiche non `e altro che il relativo ClebschGordan.
Un risultato importante, che daremo senza dimostrazione, `e relativo al prodotto
di due operatori tensoriali. In una base cartesiana il prodotto di due tensori `e un
tensore di rango pari alla somma dei ranghi. Nella base sferica vale un risultato
analogo purche si prendano combinazioni lineari pesate con i Clebsch-Gordan. Si
ha che
2)
Tq(k) =
k1 , k2 ; q1 , q2 |k1 , k2 ; k, q Xq(k1 1 ) Yq(k
(13.159)
2
q1 ,q2
255
Capitolo 14
Teoria delle perturbazioni
dipendenti dal tempo
Fino a questo momento abbiamo considerato problemi in cui lhamiltoniana non
dipende esplicitamente dal tempo. Ci sono per`o molti problemi che possono essere
descritti da una perturbazione che ne dipende:
H(t) = H0 + H1 (t)
(14.1)
con H0 indipendente dal tempo. Mentre nel caso stazionario si `e interessati agli
autovalori dellhamiltoniana totale, in questo caso la questione che ci si pone `e piuttosto la seguente: Se il sistema si trova nellautostato |i0 di H0 quale `e lampiezza
di probabilit`
a (o la probabilit`
a) di trovarlo nello stato |f 0 ad un tempo t = 0 e per
f = i? Questo tipo di problema nasce generalmente nei problemi di tipo diffusione
(o scattering) in cui si parte da uno stato iniziale preparato in un autostato di H0 .
Successivamente si perturba il sistema, per esempio facendo scatterare il sistema su
un bersaglio e infine si osserva come `e cambiato lo stato quando ormai siamo fuori
della regione di influenza del bersaglio. Dunque per rispondere a questo problema
osserviamo, per iniziare, che allordine zero uno stato stazionario si evolve secondo
la legge
Ei0 t
i
/h |i0
|i0 e
(14.2)
Pertanto la probabilit`a di trovare lo stato in un autostato diverso da quello iniziale
`e nulla. Cerchiamo adesso di risolvere lequazione di Schrodinger al primo ordine
perturbativo. Avremo
/ | = (H0 + H1 (t))|
ih
(14.3)
Possiamo espandere lo stato in autostati di H0
cn (t)|n0
|(t) =
n
256
(14.4)
Come gi`a detto conosciamo levoluzione temporale degli autostati di H0 , cio`e se non
fosse per H1 (t) si avrebbe
En0 t
i
/h c (0)
cn (t) = e
(14.5)
n
Poniamo allora
|(t) =
dn (t) e
En0 t
/h |n0
(14.6)
con dn (t) allordine zero uguale a cn (t) e dn (0) = cn (0). Lequazione del moto diventa
/ H0 H1 (t) |(t) =
ih
t
En0 t
i
/h |n0 = 0 (14.7)
/ dn (t) H1 (t)dn (t) e
ih
n
si trova
/ df (t) =
ih
Ef 0 t
+i
/h
f 0 |e
(14.8)
(14.9)
con
Ef 0 En0
(14.10)
/h
Supponiamo adesso che al tempo t = 0 il sistema si trovi in un autostato di H0 :
f n =
|(0) = |i0
(14.11)
cn (0) = dn (0) = ni
(14.12)
dn (t) = 0
(14.13)
Pertanto
Allordine zero si ha
i
/h
257
(14.15)
14.1
Consideriamo una semplice applicazione con H1 (t) una funzione periodica. Questo
`e il caso di un atomo in interazione con una radiazione monocromatica di frequenza
. Quindi porremo1
H1 (t) = H1 eit
(14.16)
Considereremo anche come istante iniziale e chiederemo la probabilit`a di transizione al tempo t = +. A questo scopo iniziamo prendendo la perturbazione
diversa da zero nellintervallo (T /2, +T /2) con T che faremo tendere allinfinito.
Si ha allora (per i = f )
i
df =
/h
+T /2
sin(f i )T /2
i
f 0 |H1 |i0 e+i(f i )t dt = f 0 |H1 |i0
/h
(f i )/2
T /2
(14.17)
Ricordando la (3.421) vediamo che nel limite T il secondo membro ci fornisce
una rappresentazione della delta di Dirac, quindi
2i 0
f |H1 |i0 (f i )
(14.18)
df =
/h
Il significato della funzione delta nel limite corrisponde alla conservazione dellenergia, dato che londa fornisce al sistema una energia pari a /h. Che la conservazione
dellenergia si abbia solo nel limite `e una conseguenza della relazione di indeterminazione tempo-energia discussa precedentemente. La probabilit`a per la transizione
i f si ottiene prendendo il modulo quadro di df :
Pif = |df |2 =
4 2 0
0 2 2
2 | f |H1 |i | (f i )
/h
(14.19)
Daltra parte il quadrato di una funzione delta non ha significato. Un modo per
definirlo `e di prendere il prodotto della delta per il suo valore prima del limite
T , cio`e2
2 lim (f i )
T
1
2
+T /2
T /2
1
e+i(f i )t dt = lim (f i )
T
2
+T /2
dt =
T /2
T
(f i )
(14.20)
T 2
Questa `e una quantit`a divergente ma ci permette di definire la probabilit`a di transizione per unit`a di tempo come (Regola aurea di Fermi)
= lim
2
Pif
= 2 | f 0 |H1 |i0 |2 (f i )
T T
/h
Rif = lim
1
(14.21)
H1 (t) dovrebbe essere un operatore hermitiano, quindi funzione solo di seni e coseni, ma il
problema si pu`o riportare a combinazioni lineari di termini del tipo considerato
2
In modo equivalente si pu`o considerare il modulo quadro della (14.17) e usare
lima sin2 (ax)/(ax2 ) = (x)
258