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SCRITTORI CRISTIANI ANTICHI N.

4
FRAMMENTI GNOSTICI
a cara di E R N E S T O B U O N A I U T I
ROMA - LIBRERIA DI CULTURA - J923
2 MIGLIAIO
FRAMMENTI GNOSTICI
Intfodttzione, traduzione e commento
a cura di
ERNESTO BUONAIUTI
Professore di Storia del Cristianesimo nella R, Universit di Roma
2 MIGLIAIO
ROMA - LIBRERIA DI CULTURA - *923
Con approvazione ecclesiastica
PEOPKIET LETTERAKIA
INTRODUZIONE
Tutto voi conosciute ;
neesimo voi conoscsi.
Lo gnostico Basiliclo.
Olliunque si ponga a esplorare ie doitrine
degli gnostici, dei valentiniani, degli ofti, si
trova in unatmosfera di eccitamento febbrile o
crede dessere capitato in ima casa di salute, in
mezzo ad una schiera di allucinati, intenti a
contemplare, smarriti, il formicolio delle loro
idee evanescenti e a fissare nel vuoto le loro
pupille sovreccitate . Cosi scrisse una volta Ip
polito Taine {Essais de crtiq^ue et d'iiistoirej
p. 292).
Potremmo forse domandarci se questo mudo
sbrigativo di giudicare il grande fenomeno gno
stico non derivi dal malvezzo, pi o meno con
sapevole, di proiettare sul passato le nostre con
suetudini di pensiero e i nostri metodi di ricerca.
Nell^poca del metodo sperimentale, la cosmolo
gia e la psicologia dello gnosticismo debbono ne
cessariamente apparire come il parto di fantasie
malate; ma se noi, com dovere di studiosi, ci
trasferiamo nellepoca in cui lo gnosticismo fior
e rifletiamo che l immaginazione fu allora la
pi seguita facolt nello sforzo di spiegare i
problemi dell universo, ci dovremo convincere
che la speculazione gnostica rappresent uno dei
tentativi pi singolari di sistemazione delle idee
filosofiche e religiose nellet imperiale.
Purtroppo non agevole compito evocare
dalloblio le anime di questi sognatori, che con
sumarono la loro vita dietro il miraggio di con
ciliare la rivelazione cristiana con una loro ari
stocratica cultura deccezione. Degli scritti gno
stici originali daltro canto solo scarsi frammenti
sono pervenuti fino a noi. Negli scriptoria me
dievali loperoso amanuense aveva ben altro da
fare che ricopiare le opere, su cui era caduta,
inesorabile, la condanna ecclesiastica. Di pi, gli
gnostici erano una categoria di gente che odiava
cordialmente il 'profanum vulgua e non era per
niente ansiosa di dare ampia circolazione alle#
proprie idee.
Gi-li scrittori ecclesiastici per i quali durante
due secoli, pu dirsi, lo gnosticismo fu lincubo
pi assillante e pi minaccioso, non sempre espo
sero completamente i sistemi che volevano con
futare, e pi di una volta furono indotti dallo
spirito polemico ad insistere sui lati teorici di
avversari tanto temuti. Infine la critica moderna,
se ha indagato con acume fecondo il problema
delle fonti per la storia dello gnosticismo, ha
anche reso, con le sue ipotesi, pi compii
cato e imbarazzante il problema della genesi o
della essenza del movimento gnostico. Mentre
alcuni infatti vedono in questo la manifestazione
pi tipica, paradossale pu dirsi, del processo di
ellenizzazione a cui soggiacque la propa
ganda cristiana tra il secondo e il quarto secolo,
altri, e sono oggi nel campo critico il maggior
numero, scorgono nello gnosticismo la manife
stazione saliente di un processo di orientaliz-
zazione >, subito dalla cultura greco-romana da
prima che apparisse il cristianesimo, che nel giro
dei primi tre secoli ebbe con la propaganda cri
stiana contatti e interferenze notevoli.
Il vocabolo yvcoCTTixc; si trova raramente negli
antichi autori greci e mai ha il significato che
gli fu assegnato posteriormente, nell epoca cri
stiana : significa infatti semplicemente dotato di
facolt conoscitiva^ e non designa mai n una
setta n un individuo il quale pretenda di pos
sedere una scienza superiore. Molto pi frequente
invece il vocabolo nel significato gene
rico di conoscenza. Ma gi Platone, e prima di
lui Pitagora, intendono yva)(yi<; nel valore tecnico
di contemplazione e di studio dellinfinito e del-
lEterno. Pitagora, che distingue cos nettamente
{[LI] stvai 7rp<; n(kvxc(.c, n<kvTO(. pY)[jLaTa) fra una scienza
esoterica ed una scienza essoterica chiamava la
parte speculativa e trascendentale della filosofia
7riCTT^(XY) o y v w c t k ; t c o v o v t c o v (Diog. Laer. YIII) e
Platone la chiama pi esplicitamente yvwc7t<; o
5
l7riori:7]{jL7)- Twv X7)0wv xal 6vt co<; ovt cv (Rep. YI)
Ora si sa che per Platone le realt vere sono
le idee, sul modello delle quali sono state fog
giate le realt fenomeniche. Anche per gli gno
stici la conoscenza del mondo soprasensibile
la pi alta aspirazione della vita umana, la ma
niera di affrancare lo spirito dal servaggio mor
tifcante del corpo (aco,ua-a'^[j!,a), la via per ginn
gere a tornare in quel xa[j.o? vot jt g da cui
emigrammo, per un fatale e misterioso fallo
iniziale.
Nella terminologia delle religioni misterio-
sofiche il vocabolo j v Sgl c, assume un significato
anche religiosamente tecnico. TvccrLc;, senza spe
cificativo, la yvcoaig 0sou, quella gnosi che af
franca dalla azione malefica del destino (slfjiap-
(JLSVT)), che fa delluomo un ' essere super-ilico
(uXt] materia) e super-psichico, puramente e in
tegralmente spirituale (7TVU(JiaTixo?). Gnostico di
viene cosi un appellativo di scuola e di setta,
e adoperato al principio per indicare un deter
minato gruppo di pensatri cristiani del secondo
secolo (Ireneo, Advrsus Haereses, V 11, 1), pass
ben presto (gi nello stesso Ireneo di Lione) a
indicare, nel sostantivato gnosticismo, quasi per
antonomasia, quella corrente di pensiero filo-
sofcc-religioso, che fra il secondo e il quarto
secolo, attigendo elementi dalla coltura cosmo
logica ed astrologica del tempo, come dalle dot
trine religiose orientali e misterosofiche, cerc
- 6
di arricchire e interpretare la predicazione cri
stiana,, sforzandosi cosi di soddisfare nel mede
simo tempo le tendenze sincretisticke del mondo
colto, come la necessit per il cristianesimo di
raggiungere una pi alta ed organica sistema
zione teoretica e rituale .
Pochi problemi di storia del cristianesimo
rivelano come il problema gnostico la trasfor
mazione operata nel modo di risolverlo dall a-
nalisi minuta e coscienziosa delle fonti, secondo
i metodi critici. Si pu dire che per lunghissimi
secoli lo gnosticismo stato considerato dalla
tradizione cristiana quel che l aveva dipinto, at
tingendo dagli eresiologi anteriori, Teodoreto
di Ciro a mezzo il secolo Y, niella sua : AlpTtx7j<;
}caxo[j(,u0ia<; iTtiTOfjL-iQ (compendio delle favole ere
ticali) : una mostruosa aberrazione cio, suscitata
dal demonio per insidiare la vita e la purit
della chiesa. Lenain de Tillemont (.1637-1698)
nel 11 volume delle sue Mmoires pour servir
VJiistoire ecclsiastique, riproduce i giudizi di
Ireneo e di Epifanio, senza alcuna seria valu-,
tazione. Allo stesso eruditissimo Beausobre {Ki-
stoire de Maniche et du manichisme, Amsterdam,
1739) come al Mosheim De rebus cristianorum
ante Gostantinum Magnum commentarii^ (1753),
capita di parlare dello gnosticismo con scarso
discernimento del valore delle fonti. L insigne
studioso Jacques Matter, pubblicando a Parigi
nel 1828 la sua Histoire critigue du gnosticisme
et de son influenee sur les sectes religieuses et
pMlosopMques des six premiers sicles de V re
chrtienne tentaya la riabilitazione degli gnostici
ma la critica delle fonti gli faceva ancora, pu
dirsi, difetto. Il ritrovamento del testo presso
ch completo dei PJiilosopiumena di Ippoli'.o nel
1851, provocava veramente l indagine critica
intorno al materiale di studio per la conoscenza
dello gnosticismo, in cui si sono esercitati nel
lultimo cinquantennio pressoch tutti gli stu
diosi delle origini cristiane. Possiamo distin
guere le fonti per la conoscenza dello gnostici
smo in due categorie : a) fonti gnostiche auten
tiche o presunte, ed apocrife ; h) fonti antigno-
stiche.
A) FOiNTI GNOSTICHE
I. Gnostici della leggenda (v. A. Harnack, Qe^
scMchte der altchristlichen Litteratur T, 14B-201 ;
II, 1, 289-311 ; 533-541 ; 2, 193-196). Possono
chiamarsi una volta per sempre gnostici della
leggenda un gruppo di eretici , che vissuti
nel periodo che prepar la genesi della vera
gnosi, si staccarono dal pensiero e dalla prassi
della comunit cristiana, offrendo il modo ad
eretici posteriori di attribuire ad essi idee
e opere di cui certamente non furono affatto
responsabili. Sono Simone Mago, Llenandro,
Oleobio, Tebuti, Dositeo, Oerinto, Nicola, Clau
dio. Ad essi vengono assegnate da scrittori ec
clesiastici posteriori alcune opere di cui posse
diamo qualche frammento in forma di citazione,
ma che indubbiamente non appartengono agli
autori di cui recano il nome.
A Simone Mago, Ippolito (Phil. (1) VI, 7-20;
X, 12; IV. 5) attribuisce, riportandone dei tratti,
una A/Tocpadi? jxsyXT) un grande annuncio che
avrebbe rappresentato il testo sacro della setta
dei simoniani. Ma che un tale scritto, lungi dal
rappresentare una composizione autentica del
Simone a noi noto attraverso gli Atti degli A-
postoli, non sia n pure una produzione gno
stica del secondo secolo, appare dal fatto che
cosi lo pseudo-OIementine, come Ireneo ne igno
rano lesistenza.
Di Dositeo attesta incidentalmente il patriar
ca Fozio che contraffece e adulter in mille
modi r Ottateuco nosaico, lasciando in eredit
ai suoi seguaci libri pieni di fatuit e di stol
tezze (Bibliotheca cod. 230: Ss xal ttoi-
Aaic; voSsia^ t t jv Mcocra'ix'^v OxTaTSU^^ov xa-
Tajci^STjXsiSaac; xal sTsp' Tiva cruyYpaH'tJ'-aTa ^copdc -rs
XXxoTa. . . . auvTsrayc^; TOt<; 7Ci0o(xvoi<; xa-
9
(1) Con questa abbreviazione sar sempre indicata
lopera Kar Tcaarwv alpaetv nota comune
mente sotto il titolo di Phi losophumena (Ed. Wendland,
nei Griechischen christlischen Schriftsteller der drei
ersten lahrhunderte ).
TXiTTsv.) Di Cerinto, Ireneo di Lione (Adv. Haer.
(1) I I I 11, 1) conosce dei BiBXia uicp Totl) xar
lc0vv7]v uavysXLOu xoci TzoxaXfpex;.
Infine da Filastrio (33) e da Epifanio (h. 25-
26) sono attribuiti ai Nicolaiti e al fondatore
loro Nicola 1) Bcpta 0v(xaT0<; tou laXSapawO ;
2) iin EuayyXLov TsXsLcacrscai; ; 3) visioni e pro
fezie di un immaginario Barcobba ; 4) libri sotto
il nome di una mitica Noria e tradizioni sotto
il nome di Mattia.
II. Grani maestri della gnosi. In questa catego
ria possono essere compresi i veri capiscuola del
movimento gnostico, e i loro immediati disce
poli, vissuti tutti fra gli inizi del secondo se
colo e gli ultimi suoi decenni. rSono Basilide e
il suo figliolo Isidoro, Carpocrate il figlio E-
pifane, Valentino e i suoi scolari Eracleone, To
lomeo, Marco, Teodoto, Alessandro, Teotimo, in
fine Bardesane, Cerdone e Marcione, il cui in
segnamento per va collocato in una zona a
parte.
Di Basilide sono ricordati un vangelo (Ori-
gene, in Lue. I), molto probabilmente un cen
tone ricavato dai vangeli canonici e ventiquattro
10
(1) Cos citeremo sempre la grande opera di Ire
neo di Lione ''EXs^xog y.o vaTpo-v] <j>uvSov[ji,ou
ceco? nota sotto il titolo delH antichissima versine
latina, adoersAS Haereses.
libri esegetici- (E^7)y7]T(.x) sullo stesso (citati
negli Acta ArcJielai, -55). Isidoro compose trat
tati etici e antropologici : Clemente Alessandrino
ci lia conservato frammenti degli H6ix (^/ro-
mateis, (1) III, 1. 1), dei suoi E^Y)Y'/]Tix tou Tupo-
cpTjTou Tlapxcp (Ib. VI, 6, 53) e del suo scritto
ITspt 7rpo(j9uou<; (Ib. II, 20, 113'. La lette
ratura dei carpocraziani comprende i EDyyptx-
jiaTa e gli incantesimi della setta, che Ireneo
{Adv Haer I, 25) ha conosciuto, e il IIspl Sixaio-
cuv'/]? di Epifane, il precoce figlio di Carpocrate,
del quale Clemente Alessandrino [Strom. III, 2.
5-10) riporta dei frammenti.
Di tutti gli gnostici del secondo secolo Va
lentino fu, senza dubbio, il pi grande e il pi si
gnificativo.' L sua attivit letteraria deve es
sere stata quanto-mai intensa. Ippolito ci ha
tramandato un brano di un suo salmo, e tutte
le cosi dette Odi di Salomone, solo da pochi
anni tornate alla luce in una versione si
riaca, rinvenuta dal E.eadel Harris, potrebbero
ritenersi, con probabilit, una sua squisita com
posizione poetica. Clemente Alessandrino ci ha
poi conservato preziosi frammenti di lettere -ed
I l
(l) Avverto una volta per sempre che nelle cita
zioni degli Stromata di Clemente Alessandrino, ado
pero ledizione di Otto Sthlin nella raccolta Berlinese
Die griecliischen christlichen SchriCtsteller der-ersten
drei lhrhunjerte .
omelie valentiniane i8ir. II, 8, 36 brano di
una letteria ad Agatopodo ; IV, 13, 89 brano di
unomelia sullamioizia). Ireneo (adv. Haer III,
11, 9) nomina un Evangelium Veritatis in uso
presso i valentiniani. Infine Tertulliano {Adv.
Valentinianos 2) una Sophia Valentini che po
trebbe essere il titolo di uno scritto dello gno*
stico, e che Carlo Schmidt credo di aver ritro
vato nella So<pioc XpKJTO del papiro copto
Reinhardt, acquistato nel 1896 dal museo di
Berlino e proveniente da Achmin.
I discepoli di Valentino furono legione,
parecchi di essi spiegarono una rimarchevole
attivit letteraria. Gli scrittori ecclesiastici li
ripartiscono in due scuole, che chiamano It a
lica luna, Orientale laltra. Alla prima appar
tengono Secondo, Tolomeo, Eracleone, Teotimo,
Alessandro, Marco ed altri minori ; alla seconda
Teodoto, Bardesane, Fiorino, Armonio, Ambro
gio ecc.
Epifanio (ITavaptov, haeresis 33, 3-7) ci ha
conservato nel suo testo integrale una interes
santissima lettera di Tolomeo alla SsX(pyj xaXTj
<E>Xct>pa, sul valore della legge mosaica nello svi
luppo storico dellesperienza e delia legislazione
religiosa. Nel suo commento giovanneo Origene
ci ha conservato copiosi frammenti degli *Ttuo-
^v^[xaTa di Eracleone sul medesimo vangelo spi
rituale, il pi antico saggio forse di esegsi
neotestamentaria. Nel De Carne Ghristi (l7 e
12
IS
SO) Ter tulliano accenna di volo a uno scritto
dello gnostico Alessandro, dal titolo Syllogismi.
E nQlVadversus Valentinianos (4) ricorda un la
voro di Teotimo circa imagines legis . Della
produzione teologica del ramo orientale della
scuola valentiniana sussistono gli JEcocerpta ex
scriptis Theodoti (x tcv soStou xal va-
xaXoi)(jiv7]^ SiSa<TxaXia<; xair toiIx; OuaXsvTi-
vou xpvoui; s7TtT0(jiat) conservati come ottavo libro
degli Stremati di Clemente Alessandrino e al
cuni scritti di. Bardesane, il padre della lette
ratura cristiana siriaca. Poeta squisito, egli com
pose numerosi inni, alcuni dei quali si sono
conservati negli atti apocrifi di Tommaso, e
ispir il contenuto di un dialogo Trspl st[xap[ji-
vv}?, che compilato dal suo discepolo Filippo,
possediamo in siriaco sotto il titolo libro delle
leggi dei paesi.
Marcione, terzo grande e indipendente rap
presentante del movimento gnostico nel secondo
secolo, si foggi un suo speciale canone del
Nuovo Testamento : EuayYsXiov (Il vangelo di
Luca, opportunamente manipolato) At coct t oXixv
(10 lettere di Paolo, con 1 esclusione delle Pa
storali e di quella agli Ebrei). E a giustificazione
del proprio testo canonico, compose un grande sag
gio AvTiSasi?, id est - spiega Tertulliano a cui
dobbiamo tutte queste informazioni - contrariae
oppositiones, quae conantur discordiam evan
geli! cum lege committere, ut ex diversitate
sententiarum utriusqu'e instrumenti diversita-
tem quoque argiimententiir deorum {Adv. Mar-
cionem^ I 19). Uno scolavo di Marcione, Apelle,
volle rincarare la dose, e, secondo una testimo
nianza di SantAmbrogio {De Paradiso Y, 28),
compil uno scritto SuXXoyio-^xoi per dimostrare
che i libri mosaici, per le . falsit che conten
gono, non possono pretendere unorigine divina.
Secondo una sarcastica allusione di Tertulliano
(De praescriptione liaereticorum, 30) Apelle, sug
gestionato a E-oma da una presunta veggente
di nome Filomena, avrebbe registrato in uno
scritto speciale le sue manifestazioni (Ootvs-
pcaei?).
III. Gii epigoni dello gnosticismo Con questo
appellativo vogliamo indicare gli -gnostici della
terza e della quarta generazione, che continua
rono fra il tramonto del secondo secolo e i primi
decenni del terzo, la tradizione dottrinale e rituale
dei grandi maestri. Figure di secondaria impor
tanza, confuse nel novero di speciali raggrup
pamenti ereticali, che vengono assumendo sem
pre pi nettamente una posizione di ostilit
alla comunit ortodossa, non sempre riuscirono
a conservare inalterati i caratteri del primitivo
insegnamento gnostico. Attraverso la trasmissione
dai maestri ai discepoli, nel pullulare e fermen
tare della speculazione come nello sviluppo della
liturgia, la. gnosi di questi tardi rampolli di
u -
V a l e n t i n o e di Basilicle si complica e si me
scola a elementi derivati e avventizi, che i p a
dri polemisti scambiarono spesso e volentieri
per postulati essenziali della tradizione -da essi
combattuta. Analizzando specialmente i docu
menti superstiti della gnosi nel terzo secolo^
necessario ""con grande cautela sceverare i vari
strati di riflessione teologica e di organ^izzazione
rituale die in essi hanno lasciato la loro mal
dissimulata traccia.
Come una fungaia in un terreno acquitrinoso,
si sviluppata la letteratura gnostica in seno
alle innumerevoli conventicole rampollate dal
ceppo delle grandi scuole gnostiche del secondo
secolo.
Per amor di chiarezza, noi possiamo ulte*
riormente ripartire la letteratura degli epigoni
dello .gnosticismo in una triplice categoria a) o-
pere gnostiche da cui attinse Ireneo nel redi
gere alcune parti della sua grande opera con
tro la mentita gnosi ; 1)) scritti gnostici utilizzati
per la prima, volta da Ippolito romano nei PM-
losopTiumena, c) scritti gnostici del I I I secolo,
pervenuti fino a noi in versione copta del Y
{Pistis 8ophia e libri di leu).
a) Tra i capi 29-31 del l* libro VAdv. Hae-
reses dipende da fonti autentiche gnostiche, ve
nerate dal gruppo dei Barbeliani . Ora il si
stema gnostico ivi descritto offre sintomatici
parallelismi eoi contenuto di uno scritto gno
15
stico, l EocvYeXiov xaT Mapi[>i o A7uxpu90v
Iwvvou che insieme ad una So^ta Itjctou XpiaTOu
e una IIp^K; IlTpoi) stato ritrovato recente
mente in una versione copta, nel papiro Bein-
hardt, gi menzionato. Di questo papiro non
stato ancora pubblicato il testo completo. Solo
una parziale illustrazione e alcuni spccimina
utili per il confronto appunto con Ireneo,
ne ha dato Carlo Schmidt nei Sitzungs-
berichte der preussische Akademie der wis-
senschaften del 1896. Ledizione completa del
testo deve occupare il secondo volume dei Kop-
tisch-gnostische Schriften che cura lo Schmidt
nella raccolta dei Griechischen christlichen
Schriftsteller der drei ersten Jahrhunderte . -
>) Nove principali fonti gnostiche sono
adoperate dai PMlosophumena :
1 il trattato degli gnostici naasseni (V,
6 ; 1 ; X , 9):
2 il trattato in cui registrato linsegna
mento dello gnostico arabo Monoimo,, il quale
offre col precedente singolari rassomiglianze
(Vni, 12-15 ; X, 17) ;
3 il trattato usato dai Perati (V, 12-18 ;
X, 10);
La parafrasi di Seth, libro canonico dei
Sethiani (7, 19:22; X, 11) ;
5 il libro intitolato da Baruch, in cui lo
gnostico Giustino ha consegnato il suo' pensiero
(V, 23-27 ; X, 16) :
16
- 17
6 L ATucpacLi; fxsyXT] di Simone Mgo
(VI, 9-20; X, 12);
7 un trattato Yalentiniano (VI, 29-37 ;
X, 13);
8 un trattato basilidiano (VII, 20-27 ;
X, 14);
9 trattato doceta (Vili, 8-11 ; X, 16).
e) Un codice copto, clie il Museo Britan
nico (Add. 5114) acquist dal Dr. Asher negli
ultimi anni del secolo XVIII, contiene unam
pia opera gnostica, dal titolo Pistis jSopMa, la
quale , espone in forma di dialoghi fra il Sal
vatore risorto e i suoi discepoli, i casi del-
leone SopMa, e la genesi delluniverso sensi
bile dal mondo soprannaturale. 0. G. "Woide
diede per primo contezza sommaria del codice
nella sua Appendix ad editionem N. T. graeci
(Oxonii, 1799). Nel 1748 Maurizio Schwartze
ne iniziava una ricognizione critica e prepa
rava una versione latina del testo. La morte
gli imped di pubblicare il lavoro, che vide
per la luce nel 1857, per cura di J. Petermann,
Pistis SopMa, opus gnosticum Valentino adjudi-
catum^ Berolini 1851.
Un codice, papiraceo copto della Bodleiana
di Oxford, noto dal nome del suo primo posses
sore, il viaggiatore Griacomo Bruce, contiene
altri frammenti gnostici che, dop affrettate i l
lustrazioni dellAmlinau, hanno trovato in Carlo
Schmidt nn critico accurato e un traduttore
fedele {GnostiscJie Sehriften in Koptiscier Sprache^
nella raccolta dei T.exte und Untersuchungeil
VI, 2, e poi in traduzione, completa insieme
alla Pistis Spliia, nel P volnme della gi men
zionata raccolta di KoptiseJi-gmsUscie Sehriften).
Sul tempo di redazione e sul^ luogo di ori
gine della Pistis Sophia A. Harnack ha fissato
alcuni dati, die controllati e. accolti anche dallo
Schmidt, possono ritenersi definitivi. Lopera
stata redatta in tempo di persecuzioni (p. 277
del testo copto in Schwartze), quindi prima
della pace costantiniana. Daltro canto i quattro
vangeli e le lettere paoline rappresentano di gi,
per lo scrittore, scritti canonici e il Vecchio
Testamento da lui considerato come uno sta
dio preparatorio, ma autentico, alla piena luce
del Nuovo. Uno gnosticismo cosi accomodante
non pu essere anteriore al principio del terzo
secolo. Tale datazione viene confeimata dalla
circostanza che la Pistis Sophia considera come
testo canonico le odi di Salomone, delle quali
ne riporta cinque, commentandole, vale a dire
una composizione gnostica del secondo secolo,
che deve quindi aver traversato parecchi decenni
prima di assurgere ad una dignit cosi elevata.
Possiamo circoscrivere lepoca di origine anche
pi strettamente. A p. 311 il Salvatore (crcoT-i^p)
dice a Maria in mezzo ai discepoli ((;,a0-/]TaL) : se
oggi un re, che un uomo del mondo, d un
. 18 ~
dono agli uomini suoi pari e perdona anche agli
omicidi (<povL<;) e ai pederasti e rimette le altre
gravissime colpe meritevoli di morte, se dunque
stato lecito a lui, che pure uomo di questo
mondo, far ci, quanto pi possiedono lineffa
bile e il primo Mistero, Signori di tutte le cose,
il potere di intervenire in tutte le cose, come
loro piaccia, e di perdonare a chiunque abbia
ricevuto i misteri . Tale inciso rivela lesistenza
di leggi gravissime emanate, fra laltro, contro
i vizi contro natura, e l uso sovrano di rispar
miare ai rei il supremo supplizio. Ora noi sap
piamo da Aurelio Vittore {De Caes. 28) che lim
peratore Filippo l x^Lrabo (224-249) usum viri-
lis scorti removendum honestissime consultavit
e da Lampridio (AZ. Sev. 24-39) che Alessandro
Severo (221-235) aveva gi progettato una legge
di questo genere.
Nessun dubbio quindi pu cadere sull asse
gnazione della Pistis Sophia alla seconda met
del I I P secolo. Circa poi il luogo di provenienza,
la stessa conservazione della versione copta, il
calendario adoperato, le immagini e le allusioni,
fanno concordemente pensare allEgitto, dove la
propaganda gnostica ha trovato sempre il ter-
ren pi fertile, La parte eminente che nella Pistis
Sophia ha Maria con le sue interrogazioni, ren
dono oltremodo probabile 1 ipotesi che noi ab
biamo qui quel libro gnostico intitolato pie-
- 19
cole questioni di Maria pcoTscjst^ Mapiac (xi-
xpaL che Epifanio (h. 26-8) dice usate dagli
Gnostici per antonomasia.
Lo scritto del papiro Bruciano, di natura
composita;, suddiviso dallo Schmidt, che vi r i
conosce due mutili codici diversi, in molteplici
dccumenti. Il grosso del testo costituito dal
libro del grande xam [xucjT-^piov Xyo<; che lo
Schmidt, in base principalmente a criteri in
terni, identifica con i due libri di Jeu, che la
Pistis Sophia ricorda ripetutamente (245 e 354),
assegnandone la data presso a poco al mede
simo periodo. La seconda opera gnostica conte
nuta nel medesimo codice papiraceo, si rivela
come uno scritto ufficiale del gruppo gnostico
dei sethiani-arcontici. Vi si parla infatti di Mar-
sane, che Epifanio (h 40, 7) ricorda come un
profeta arcontico ; e di Nicoteo, che Porfirio,
nella vita di Plotino (16) attesta essere stalo un
personaggio eminente nel gruppo degli gnostici
sethiani di Roma, che Plotino combatt nella
sua permanenza col. (Gf. Ilp(; t o<;
nelle Enneadi, i l , 9, ). Per quanto riguarda la
data di questa seconda opera, lo Schmidt, dopo
avere indicato nel 1892 _ gli ultimi decenni del
I I secolo, inclina oggi ad assegnare la prima
met del I I I secolo, per i rapporti specialmente
che la gnosi di questo scritto rivela con la gnosi
pi antica dei documenti del papiro berlinese.
20
21
B) FONTI ANTIGNOSTICHE
Per due secoli, il H e il IH lo gnosticismo
stato il vero incubo degli scrittori ecclesia
stici. Si comprende quindi come le sue confu
tazioni fossero allordine del giorno. Anche pi
tardi, quando altre polemiche teologiche assor
birono r interesse della societ credente e un
nuovo compito si imponeva ai difensori delFor-
todossia, i polemisti ecclesiastici non tralascia
rono di ricordare 1 eresia gnostica, e di con
futarla, sulle orme dei loro predecessori.
In quel prezioso archivio della chiesa pre*
costantiniana che la sua storia ecclesiastica,
Eusebio di Cesarea non si lascia sfuggire unoc
casione di ricordare, con le dovute parole di
lode, i nomi degli espugnatori della gnosi dia
blica. E per parecchi di questi questa la sola
menzione superstite del loro lavoro. Sono cosi
perduti gli scritti di. Agrippa Castore, di Ege-
sppo, di Eodone, di Filippo, di Modesto, di E-
raclito, di Massimo, che studi a lungo il pro
blema pi agitato dagli eretici : donde il male
e quale la genesi e la natura, creata o increata,
della materia ? Tcspl tou ttGsv xaxia xal TTspi
TO) YV7)T7)V uTuap^siv TY)v uXvjv, [IL. E. V. 2 sgg.).
Ma le opere dei grandi rappresentanti della
tradizione ecclesiastica contro la falsa gnosi sono
pervenute pressocli al completo fino a noi. Que
sti rappresentanti sono : Ireneo, Tertulliano e
10 pseudo Tertulliano, Ippolito, Epifanio, Fila-
strio, Teodoreto.
Ireneo, nato veiso il lO in Asia Minore,
emigr nella Gallia meridionale con una di
i[uelle colonie che frequenti si trasferivano nel
secondo secolo dall i^natolia sulle sponde del
iiodano. Fu prete nella chiesa di Lione e tra
11 177 e il 178 venne a Roma a perorare^ presso
Papa Eleuterio (Eus. H. B. V, 4, 2) la causa dei
niontanisti. Successe a Fotino nella cattedra
vescovile lionese e mori forse martire (lo attesta
S. Girolamo, Gom. in Is. 6^!:, 4) agli albori del
terzo secolo. Il principale scritto di Ireneo
appunto lo smascheramento e confutazione
della falsa gnosi varpoTrT] tt)<; i|;u-
Sovu^ou yvcoascoc; (A.dversiis Eaereses) in 5 libri,
giuntici integralmente solo in una versione la
tina, senza dubbio antichissima, e solo a fram
menti nelloriginale greco, attraverso le citazioni
(li Ippolito, di Eusebio e di Epifanio (Edd,
Massuet in Migne, P. G. YII; Stieren ; Harvey).
Il prete cartaginese Tertulliano, nato verso
la met del I I secolo di cui fertiir vixisse
usque ad decrepitam aetatem (Grir. de vir. ini.
53) esercit a pi riprese il suo pungente e in
stancabile ardore polemico contro le scuole gno
stiche. Scrisse cosi cinque libri Adversu Mar-
ciohem, uno Adversus Valentinianos^ combatt in
22
un opera che non possediamo pi i seguaci di
Apelle. E adoperando argomenti originali, die
divennero poi fondamentali nella tradizione ec
clesiastica,. sollev contro il pensiero gnostico una
netta pregiudiziale, col suo De Praescriptione
haereticorum. Come noto, la legge delie dodici
tavole stabiliva che chiunque avesse tenuto per
un biennio luso di un fondo^ o per un anno
luso di un qualsiasi altro, oggetto, ne diveniva,
per questo stesso, legittimo proprietario. Tale
maniera dacquisto si Gha,msiYa, usucapio ed era
riservata ai cittadini romani. Fu poi necessario
autorizzare un procedimento affine per i fondi
provinciali, per i quali non vigeva il diritto
quiritario, e i peregrini che non erano capaci
di dominium - Fu perci permesso a chiunque
avesse preso regolare possesso di un fondo pro
vinciale e lo occupasse da un decennio, di r e
spingere in linea pregiudiziale qualsiasi reclamo
dell antico proprietario, in virt della longae
possessionis praescriptio . Con mossa geniale,
Tertulliano applica nel dominio teologico que
sto espediente procedurale agli eretici che mossi
dall evangelico quaerite et invenietis son
partiti alla ricerca di una pi alta elaborazione
intellettuale dellannuncio cristiano, e contesta il
diritto di deformare la dottrina tradizionale,
che la comunit ortodossa ha ormai da tempo
in suo diretto e incontestato possesso. lecito
cercare, finch non si sia trovato ; ma quando
23
si giunti al possesso della regula fidai
l invito evangelico alla ricerca non pi ap
plicabile : ' cedat curiositas fdei, cedat gloria
saluti :. . . adversus regulam, nih.il scire. omnia
scire est (14). Si lascino dunque da parte i
filosofi e le loro vane speculazioni ; nulla di co
mune fra il Vangelo e PAccademia. Ipsae
haereses a philosophia subornantur. Inde aeones,
et foj'mae nescio quae, et trinitas hominis apud
Valentinum : platonicus fuerat. Inde Marcionis
deus melor de tranquillitate : a stoicis venerat.
Et ut anima interire dicatur, ab epicureis ob-
servatur. Et ut camis restitutio negetur, de una
omnium pbilosopliorum schola sumitur ; et ubi
materia cum Deo aequatur, Zenonis disciplina
est ; et ubi aliquid de igneo Deo allegatur, Hera-
clitus intervenit. Eadem materia apud haereticos
et pbiiosophos volitatur, idem retractatus impli-
cantur. Unde malum et quare ? et unde homo
et quomodo ? et quod proxime Valentinus pro-
posuit, unde Deus? Scilicet de enthymesi et
ectromate. Miserum Aristotelem ! qui illis dia-
lecticam instituit, arfcificem struendi et destru-
endi, versipellem in sententiis, coactam in con-
jecturis, duram in argumentis, operariam con-
tentionum, molestam etiam sibi ipsi, omnia re-
tractantem, ne quid omnino tractaverit . . . Quid
ergo Athenis et Hierosolymis ? Quid academiae
et ecclesiae ? quid baereticis et christianis ? No
stra institutio de porticu Salomonis est, qui et
24
ipse tradiderat (Sap. I, 1) dominum in simpli-
citate cordis esse quaerendiim : viderint qui stoi-
cum et platonicum et dialecticum christianis-
mum protulerunt. Nobis curiositate opus non
est, post Ghristum lesum, nec inquisitione, post
Evangelinm. Oum credimus, nihil desideramus
ultra credere. Hoc enim prius credimus, non esse
quod ultra credere debeamus (7,. 8).
I codici tertullianei recano di solito in ap
pendice al De Praescriptione Tiaereticorum uno
schematico Ubellus adversus omnes haereses^ che
espone" in succinto le opinioni ereticali, da Do-
siteo a Prassea. Lo scritto va indubbiamente a
torto sotto il nome di Tertulliano. Redatto forse
da Yittorino di Pettau agli inizi del IV secolo,
ha servito di base alla critica moderna per la
ricostruzione di un trattatello-^perduto di Ippo
lito. (Edd. P. L. I-XI nuova edizione promessa
nel Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum lati
norum di Vienna). '
Ippolito Romano, il pi insigne scrittore cri
stiano precostanti ni ano dopo Origene, il terzo
grande rappresentante della campagna antigno-
stica. La sua statua, ritrovata nel 1851, mutila,
nei cimitero della Tiburtina, e attualmente con
servata al Museo Lateranense, reca, sui fianchi
della cattedra, un elenco, incompleto, dei suoi
numerosi scritti. Il ritrovamento dei FMlosophu-
mena ci ha ridato i materiali necessari per la
fissazione della sua non agevole biografa. Vis-
25
suto a Roma fra il tramonto del secondo secolo
e i primi decenni del terzo, si lev contro Papa
Callisto (217-222) e si pose a capo di un partito
scismatico, quando Callisto attenu la ligi dezza
delletica pubblica cristiana, riammettendo alla
comunione ecclesiastica i rei di fornicazione;
autorizzando i matrimoni fra i cristiani di di
verso rango sociale ; riaccogliendo nelle file or
todosse i traviati dalPeresia. Ippolito inoltre rim
proverava a Callisto d.i patrocinare una dottrina
del Logos che non poneva una suJSiciente di
stinzione tra Padre e Verbo, si da' finire con
lattribuire tutta lopera' redentrice, la passione
compresa, al primo anzich al secondo. Nel 235
Ippolito era esiliato in Sardegna insieme al Ve
scovo Ponziano, secondo successore di Callisto.
Entrambi morirono col e le loro salme vene
rate furono trasportate a E,oma nell agosto '
del 237.
Fra le opere di Origene tradito in molti
manoscritti il primo libro di una confuta
zione di tutte le eresie ywar Tcacrcov aipaecov
Xsy)C0?5 che testimonia da s contro simile a t
tribuzione, non potendo essere il dottissimo
prete Alessandrino autore di uno scritto, nella'
cui prefazione lo scrivente si attribuisce la di
gnit vescovile Nel 184:2 Minoide
Minas riportava dal monte Athos a Parigi un
codice del secolo XIV, contenente i libri IV-X
delia medesima., confutazione, E poich come ha
sagacemente mosfcrato il DAls, noi abbiamo
forse-nel IV libr.o anche il I l - e - i l I I I della
. grossa opera, noi possiamo ritenere ormai di
possedere-integralmente lo scritto teologicamente
pi importante del prete romano, ohe capitan
lo sicisma contro Callisto. Il testo completo fa
pubblicato dal Miller nel 1851, ancora sotto il
nome di Origene. Ma i lavori del Dollinger e
Yolkmar dimostrarono in maniera perentoria
che il vero autore dell IXsyxi; Ippolito E-o-
mano e che T opera precisamente quel Xa^-
pLvSOi; che Fozio conobbe (Bibliotlieca, cd. 48).
Poich nel corso della esposizione Ippolito ac
cenna ai primi quattro libri con le parole v
'zoq <pLXcro(poi)^vo!.(; (sottinteso SyfxacTL, XI,. 9
nelPenunciazione cio delle dottrine filosoJS.che),
si applicato molto impropriamente a tutto lo
scritto il titolo generico di <I>iXo(yo.cpo[i,va. In
realt il piano del lavoro ardito e grandioso,
Ippolito si propone di confutare gli eretici pro
vando che essi hanno ricevuto le loro strane
dottrine, non dalla Sacra Scrittura o dalla tra
dizione, bens dalla sapienza dei pagani (x
'EXXiqvcov CToqjLaj;). Per questo i primi quattro li,
bri tracciano un quadro della sapienza classica-
mentre gli ultimi sei espongono e confutano i
sistemi ereticali (Edd., oltre quella del Migne,
fra le opere di Origene, vanno ricordate quella
Dunker-Schneidewin, G-ottingae, 1856 ; abbiamo
gi citato la nuova edizione del Wendand),
27
I PMlosophumena non furono l unica opera
con cui Ippolito contribu alla polemica anti-
gnostica. Se questi furono la manifestazione della
sua maturit teologica, giunta ad una conce
zione grandiosa della gnosi e ad una valuta
zione sistematica dei suoi presupposti, uno
scritto giovanile aveva gi in brevi tratti ten
tato una esposizione ed una confutazione strin
gata dei principali sistemi ereticali. A un tale
scritto allude lo stesso Ippolito nel proemio dei
suoi PTiilosophumena, ricordando di aver gi
mostrato, con prudenza ed accortezza, di cono
scere Peresia, nella fiduciosa illusione che, ti
morosi di pi aperto svergognamento, gli atei
gnostici abbandonassero il loro sbagliato sen
tiero e desistessero dal loro insano proposito.
Eusebio di Cesarea accenna forse a questo se
condo trattato ippolitiano, menzionando . (H. E.
VI, 22), fra le opere del prete romano un up?
LuLGOiq 'vc, txlpGeiQ. Fozio ad ogni modo ci at
testa in maniera indubbia di aver conosciuto
nn opuscolo contro 32 eresie, da Dositeo a
Noeto, che Ippolito avrebbe composto utiliz
zando gli insegnamenti di Ireneo : veyvccrOT]
(3t.(3>.LSpLov *lTC7roXTOU* (jLaOYjTT)? Ss Etpsvaioi)
'ItctcXuto(;. Hv S t o ovTayjjia xaT aipaecov
pyJ]V TcoiojJLsvov Aocri.0avoi; xocl Notq-
Tiavcov SiaXa(jL(3vov (Bibl. 121). La mole e la
trama dei FililosopTiumena non consentono di
- 28
ravvisarli in q^uesto (3i^Ai5ptov, die noi quindi
dobbiamo considerare come perduto.
Dopo Ippolito la polemica antignostica perde
dintensit ; e quando ' essa viene ripresa al tra
monto del IV secolo, ha un valore pi retro
spettivo, che di attualit.
Epifanio vescovo di Salamina nell Isola di
Cipro, era, come si sa, un implacabile caccia-
tore di eresie. In giovent, visitando 1 Egitto
per istruirsi, ebbe occasione dincontrarsi, oltre
che con dei monaci insigni, con dei tardi ma
ostinati rampolli della gnosi valentiniana. E
quando varso il 374 si accinse a racchiudere
nella sua cassettina per medicine, Ilavpiov,
la confutazione di 80 efesie (simboleggiate dalle
80 concubine del Cantico dei cantici VI, 7), non
manc di attingere alle opere degli eresiologi
anteriori, per confutare, oltre 20 sistemi pre
cristiani, anche le molteplici scuole gnostiche,
pur avendo particolarmente di mira gli errori
pi in voga al suo tempo, che egli riassume
sotto l etichetta dellorigenismo. Lopera di Epi
fanio, preziosissima come raccolta di fonti, ri
vela la sconfinata credulit dellautore (Migne,
P. G-. XLI-XLII ; ed Dindorf, Lipsiae 1860 ;
oggi K. Holl ha iniziato del Panarion una
nuova edizione nella raccolta berlinese degli
scrittori cristiani dei primi tre secoli).
A dieci anni di distanza da Epifanio, utiliz
zando probabilmente le medesime fonti che
29
questi aveva adoperato, Pilastrio vescovo di
Breccia offriva alla chiesa latina nn equivalente
molto ridotto del Panarion. Il suo Biversarum
liaereseon liber enumera e confuta 156 eresie, 28
anteriori al cristianesimo, 128 cristiane (Migne,
P. L. XII, e poi ed. del Marx nel Corpus SS.
Eccll. Latt. 38, Vindobonae, 1898).
Infre il dottissimo Teodoreto di Ciro, nato
verso il 386 ad Antiochia, morto verso il 458,
componeva dopo il Concilio Calcedonese del
451 una atpsTLXTj^; xaxo[jiu6La(; l7r!.T0(jLYj compen
dio delle favole ereticali in 4 libri tessendo
una concisa storia delle eresie, a partire da
Simon Mago (Migne P. G. LXXXIII).
Di queste fonti antignostiche la critica mo
derna ha cercato di fissare i rapporti scambie
voli e di stabilire il valore. Come nella solu
zione di un problema matematico, la critica ha
cercato di utilizzare queste opere superstiti della
polemica ecclesiastica antignostica per la rico
struzione delie fonti perdute, e precisamente
per rintracciare il crvrayaa di Ippolito e il trat
tato contro.leresie che Giustino confessa di aver
redatto fin dai suoi tempi. Nella prima apologia
infatti che questi diresse ad Antonino Pio d
ai suoi figli adottivi Marco Aurelio e Lucio
Vero, verso il 150, al o. 26, dopo aver ricordato
il diverso trattamento fatto dalle autorit poli
tiche romane ai cristiani ortodossi e ai dissi
denti, detto : sct l S xal atSvTayfxa xaT
- 30
Tcaacov ' ToSv YyV'-/)M.ivcov aLpcrsQv (juvirsTaYjjivov, ^
zi BouXsaOs zD'zxjyjXv, Sccro^sv : noi abbiamo com
posto un trattato contro tutte le eresie esistenti,
e se Yoi vorrete leggerlo, ve lo faremo recapi
tare. Come il pi^XtSpiov di Ippolito questo cuv-
Taypia di Giustino non ci pervenuto. ISarebbe
p e r caso possibile- ricavarlo dagli scritti degli
eresiologi posteriori ?
Le indagini storico-letterarie della critica
moderna intorno alle fonti di cui disponiamo
per la conoscenza dello gnosticismo, dall opera
classica del Lipsius del 1855, attraverso i nu
merosi saggi di A. Harnack, cbe sul terreno
della letteratura gnostica faceva le sue prime
armi, e le antitetiche analisi di P. Hilgenfeld
e J. Kunze, fino agli studi riassuntivi del De
Faye, hanno prevalentemente mirato alla riso
luzione di questo problema.
Si pu fare il bilancio di questo mezzo se
colo di ricerche, fissando le seguenti conclu
sioni :
1 - Lo pseudo-Tertulliano, Epifanio, Fi-
lastrio, ci forniscono elementi sicuri per le ri-
costruzione del perduto crv'rayfxa di Ippolito :
2 - E impresa impossibile risalire da Ireneo
e da Ippolito al perduto auvrayn-Q' Giustino;
3 - La tradizione ecclesiastica relativa allo
gnosticismo non risale al di l del decennio
170-180 : verso questo tempo Ippolito stato
uditore di Ireneo e ha raccolto dati e impressioni
31
che costituiranno il materiale del suo
pLov antignostico ;
4 - Ireneo e Ippolito esprimono cosi quel
che si sapeva e si pensava della gnosi nei cir
coli ortodossi verso il 180, 50 anni cio dopo
il fiorire dei grandi gnostici ;
5 - In questo lasso di tempo le correnti
gnostiche hanno avuto agio di alterarsi nei
contatti scambievoli e di deformarsi sotto lo
stimolo di fattori avventizi. Gli scrittori eccle
siastici, preoccupati di porre un argine al di
lagare della gnosi dissolvitrice, non badano
tanto per il sottile a fare la cernita, nello gno
sticismo che fiorisce intorno a loro, tra quello
che pu essere stato 1 insegnamento autentico
dei corifei e quel che deformazione e adatta
mento dei discepoli. Mediante il controllo sui
frammenti superstiti di scritti gnostici originali,
noi dobbiamo riportare la testimonianza patri
stica al suo genuino valore e al suo reale signi
ficato.
- 32
g) LA NATURA DELLO GNOSTICISMO
Ma ben pi rimarchevoli per ampiezza di
materiali indagatf, per importanza di conclu
sioni assodate, le ricerche compiute negli ultimi
decenni intorno, alle dottrine centrali della
gnosi, ai loro precedenti, ai loro centri di pr-
venienza, ai loro caratteri teorici, alle loro in
terferenze pratiche.
Dal tempo del Mosheim non si mancato
di parlare del carattere orientalistico della gnosi.
Il Matter, come il G-iseler, come il Neander
avevano studiato lapparizione e lo sviluppo del
fenomeno gnostico ponendosi dallangolo visuale
della s u a . derivazione dalla mistica popolare orien
tale. Verso il 1835 Cristiano Baur raccoglieva
un materiale imponente dalla storia comparata
delle religioni, in servizio di una illustrazione
esauriente della gnosi. Pi tardi la valutazione
della critica sembr sensibilmente spostar^. Nel
1880 lo Joel sosteneva che le idee essenziali
della speculazione gnostica si ritrovavano tutte
nella filosofa greca, e particolarmente in Pla
tone. Il Weingarten sembrava aderire a simile
pregiudiziale, non trascurando per di segna
lare gli apporti considerevoli che allo stato
danimo e agli orientamenti concettuali soggia
centi al movimento gnostico, doveva aver arre
cato la misteriosofia ellenistica. Infine Adolfo
Harnack, pur riconoscendo la disseminazione
di un complesso sincretismo a tinte orientali
stiche nellambiente in cui fior la gnosi, non
ha mai cessato di scorgere in essa* prevalente
mente un processo di < ellenizzazione acuta del
cristianesimo . Le ricerche di questi ultimi anni
hanno portato a un rifiorire gagliardo delle pri
mitive ipotesi. I lavori del Kessler, del Brandt,
33
dellAnz, dopo aver mirato a porre la dottrina
capitale della gnosi nella visione della salita
delle anime dalla servit dell'universo cosmico
attraverso la serie degli eoni ostili (Arconti,
spiriti planetari) al Dio altissimo, alleterna e
inalterabile libert del Pleroma, ne ricercavano
nelle concezioni cosmico-astrologiche babilonesi
i presupposti e la derivazione.
Carlo Sohmidt, il benemerito editore dei do
cumenti gnostici copti, in un saggio dove rie
vocava i rapporti di Plotino e della sua scuola
con lo gnosticismo, attestati dalle Enneadi e
dalla biografa plotiniana redatta da Porfirio,
sentenziava in forma sintetica ; il neoplato-
nismo presuppone la filosofia greca, lo gnosti
cismo presuppone lo spirito la mitologia orien
tali, il cristianesismo presuppone lo spirito del
giudaismo. Panteismo, dualismo e monoteismo
sono le ultime radici di questi tre sistemi i
quali escludono alla loro base ogni compro
messo ed ogni reciproco livellamento .
Ma il pi serio, il pi ricco tentativo che
sia stato compiuto per rintracciare nel sincre
tismo orientale e specialmente nel mondo della
religiosit babilonese i filoni di tradizione e di
pensiero da cui rampollarono la bizzarra teodi-
eea e la fantastica antropologia gnostica,
quello di W. Bousset, il cui volume sui pro
blemi capitali dello gnosticismo, apparso nel
1907, segnava innegabilmente una pietra mi
^ 34
35
liare nello sviluppo di queste ricerclie, e poteva
essere considerato come il massimo sforzo rea
lizzato per porre fuori discussione la dipendenza
della gnosi, non gi dalle correnti mistiche della
speculazione ellenistica, applicate allesperienza
escatologica cristiana, bens dalle tendenze del
sincretismo orientalistico. Il Bousset affermava
con particolare insistenza e imponente copia di
parallelismi il fondamentale dualismo della gnosi
e cercava laboriosamente di circoscrivere la dot
trina soteriologica gnostica, alla luce delle con
cezioni affini dei sistemi orientali, che della
gnosi si rivelano come verosimili propulsori e
probabili propaggini.
Le indagini di questi ultimi ann,i si sono
tutte, pi o meno, svolte sul solco tracciato
dagli Kauft'prbleme der Gnosis del Bousset, fi.no
alle recentissime ipotesi del Heitzenstein, il quale
prendendo direttapaente lo spunto dal loro sesto
capitolo, consacrato alla figura del salvatore
gnostico, dopo avre con tanto acume segnalato
i punti di contatta fra gli usi idiomatici e 1
immagini familiari della primitiva mistica cri
stiana con le concezioni della misteriosofia, si
accinto test, merc la testimonianza problema
tica delle fonti sincretistiche pervenutci dai
lontani ritrovamenti di Turfan, a stabilire, con
analisi eccezionalmente avventurosa, la esistenza
di un mito soteriologico iranico, che penetrato
nelle concezioni religiose dei popoli venuti a
contatto con l Iran, aiuterebbe a spiegare, non
solamente la soteriologia gnostica, ma in genere
tutta la cristologia della iniziale propaganda
evangelica.
Ma smarritasi nella segij^lazione di riavvi-
cinamenti labili e di parallelismi ingannevoli,
la critica corre rischio cosi di porsi nella im
possibilit assoluta di cogliere i tratti differen
ziali dello gnosticismo e di intenderne la fun
zione specifica nel cristianesimo antico. E la
maniera pi salda ed efficace di ricondurla alla
consapevolezza delle sue reali capacit e del suo
logico compito quella di risalire alle fonti ge
nuine della propaganda gnostica, di riesumare
i frammenti superstiti, in cui i pi insigni suoi
rappresentanti consegnarono i capisaldi della
loro dottrina, e di ricavare da essi la fisiono
mia originaria del Ipro contrastato insegnamento.
86
37
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
A) Ctica delle Fonti.
Gli avanzi della copiosa letteratura gnosLic' si pos
sono ritrovare nel loro lesto originale nella edizione di
Ireneo curata dallo Stieren (I, 901-971) e nella
geschichte des Urehri st entums di A. Hilgenfeld (Leip
zig, 1884).
Dei documenti pi tardivi dello gnosticismo conser
vati in copto, dopo l edizione dello Schwarlze e del
Petermann (Gotha, 1851), occorre oggi consultare
quella dello Schmidt, nella raccolta Die griechischen
christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhun-
derte {Koptisch-gnostische Sch?'iften, B. L Berlin,
1905).
Sulla letteratura gnostica, in generale, v. A. Har-
nack, Geschicie d e f altchrisilichen Li t t e r at ur bis
Eusebiusy I, 143-201.
Sulla critica delle fonti della polemica a'ntignostica
nei padri del l i , del III e IV secolo, v. G. Volkmar,
Die Quellen der Ket zergesehi cht e bis zum Ni cnum,
Leipzig, 1855; R. A. Lipsius, Zur QuelLenkritik des
Epiphanios, Wien, 1865 ; R. A. Lipsius, Die QueVen
der ltesten Ket zergesehichte, Leipzig, 1875 ; A.
nack, Zur Qml l enkri t i k des Gnostieismusy Leipzig,
1873 ; H. Sthelin^ Die Gnostisehen Quellen HippolytSy
Leipzig, 1890 ; J. Kunze, De hist ori ae gnosti cismi f on*
tibus novae questiones c.riticae^ Lipsiae^ 1894 ; E. De
Faye, Introduction l* iude du gnostieisme, nella
Revue de lhstoire des Religions, 1903, nn. 45 e 46;
E. Buonaiuti, Lo gnosticismo, Roma, 1907.
38 -
B) Intorno all^essenza della gnosi*
J. L. von Mosheim, De rebus Chri si i anorum ante
Const ant inum Magnum commentariiy Helmstadt, 1758',
A. Neander, Genetisehe Ent wi ekel ung der vornehmsten
gnostischen Systeme, Berlin, IBIS; J. Matter, Hes^otre
ori t ique du gnostieismef Paris, 1828 ; F. G. Baur, Di e
chri stl i che Gnosis oder di e christliche Rel i gi onsphi -
Losophie in ihres geschichtlichen Entwiekelung, Tbin-
gen, 1835 ; W. Moller, Geschichte der Kosmologie in
de f griechischen Ki rc he bi t a u f Origenes, Halle, 1860;
T. Mansel, The gnostic Haeresies, Ed. Lightfoot, Lon
don, 1875 ; A. Harnack, Lehrbuch der Dogmengesehi-
chte^ 1^ Freiburg, 1894, 211-271 ; H. Weingarten, Die
Umwandlung der ursprungli chen christliehen Gemein-
deorganisation z ur katholischen Ki rche, nella Hi-
storiche Zeitschrift, 1880, 441-^67; M. Bl ieke
in die Religionsgeschichte zu Anf ang des zweiten chri-
stlichen Jahrhundert , Bresiau, 1880 ; Koffmann, Die
Gnosis nach i hrer Tendenx und Organisation, Bre
siau, 1881; K. Kessler, Ueber Gnosis und altbabylo-
nische Religion, nelle Abhandlungen des fnften O-
rientalischen Kongresses , Berlin, 1882, 288-305; W.
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A. Dieterich Abraxas. Studien zur Religionsge
schichte des spteren Alcertums, Leipzig, 1891; G.
Anrich, Das antike Myi t eri enwesen in seinem Ei n-
Jluss auf das Chri st ent um, Gttingen, 1894; G. Wcb-
bermin, Religionsgesehichtliche St udi en z ur Fr age de r
Beeinftussung des Urchrist^ntums durch das ai di ke
Myst eri enwesen, Berlin, 1896 ; W. Anz, Zur f r a g e
nach dem Ursprung des Gnosticismus, Leipzig, 1897;
M. Friedlnder, Der vorchristliche j i i di sehe Gnostici-
S771MS, Gttingen, 1898 ; E. H. Schmitt, Gnosisy
Leipzig, 1903 ; W. Bousset, Hauptprobleme der Gno-
siSj Grltingen, 1907 e art. Gno^is nella Reai. Enc.
f. d. class. Alt. F. 1, 1503-1533 ; C. Schmidt, Di e
Plotin's St el lung' zum GnosUcismus und Icirahlichen
Christentums, Leipzig, 1900; K. Liechtenhan, Di e Offer-
barung i m GnosUcismus, Gltingen, 1901 ; R. Reit-
zenstein, Poi mandres, Leipzig, 1904; Di e hel l enist i -
bche Myst eri enrel i gi onen, 2, Leipzig, 1920; E, De
Faye, Gnostiques et Gnosticisme. Elude critigue des
documents du gnosticisme chrtin aux II et III si -
cles, Paris, 1913; R. Reitzenstein, Die Gttin Psy~
che in der hellenistisclien und friihohrisilichen Li t e-
raiur, nei Sitzungsberichte der heidelberger Akade-
mie der Wissenschaften del 1917; Das man'iische
Biich der Herrn der Grosse und die EcangelieniXber-
lieferung negli stessi atti accademici del 1919 ; Das
iranische Er mngsmyst eri um. Religiongeschichtliclie
Untersuchungen,BQnn, 1921 (un riassunto delle conclu
sioni di questo saggio dato dal Reitzenstein medesimo
nella Zeitschrift fiir die neutestamentliche Wi ssen-
schaft del 1921).
39 ~
I TESTI ORIGINALI GNOSTICI
I grandi maestri della gnosi
Pieno sempre dellidea ohe la storia della
Chiesa il campo della lotta incessante fra il
Logos e il demonio, Eusebio osserva al c. 7. del
L. I I P della sua storia ecclesiastica che, risplen
dendo ormai dovunque, come altrettanti astri,
le comunit cristiane, il nemico irreconciliabile
della verit e della salvezza degli u'omini, pens
di affliggerle, oltre che con le persecuzioni este
riori, anche con i dissensi interni e suscit come
un serpente a due teste e a due lingue, due disce
poli di Monandro, Saturnino Antiocheno e Ba-
silide Alessandrino, che costituirono luno in
Siria, laltro in Egitto, due perniciose scuole di
eretici. E soggiunge che molti difesero allora la
verit, tra cui va segnalato Agrippa Castore, il
quale pose in luce meridiana le aberrazioni di
Basilide, che, simile a Pitagora, prescriveva fra
laltro ai suoi seguaci un silenzio quinquennale.
Quando dopo le vittorie di Costantino su
Massenzio e di Licinio su Massimino, che a lui
apparivano come il trionfo definitivo del cri
stianesimo sul paganesimo, Eusebio raccoglieva
nella sua grande opera la biblioteca apologetica
della societ cristiana nei primi tre secoli, lo
gnosticismo, definitivamente oltrepassato da altre
controversie e da nuove preoccupazioni teolo
giche, aveva gi smarrito, nella memoria lette
raria del cristianesimo colto, i suoi precisi e
genuini connotati. Ohi si affidi,'per ricostruirne
la genesi e lo sviluppo, alle pure testimonianze
dei polemisti ecclesiastici, si espone fatalmente
al rischio dei pi grossolani equivoci e delle pi
aperte deformazioni. Lo gnosticismo dellet sua
aurea, del secondo secolo, cio, occorre studiarlo
unicamente sui frammenti sporadici dei suoi pi
insigni rappresentanti, Basilide ed Isidoro, Qar-
pocrate ed Epifane, Valentino, Eracleone, To
lomeo, Marco, Teodoto, Marcione.
42
BASILIDE ED ISIDORO
Per assegnare il limite cronologico alla t t i
vit di questi due insigni rappresentanti del
pensiero gnostico, noi non possediamo dato pi
attendibile che quello fornitoci da Clemente
Alessandrino, il quale nel L. VII dei suoi Stre
mata (17-106), dopo aver rapidamente accen
nato alla predicazione cristiana sotto Nerone,
continua: Pi tardi, verso i tempi delFimpe*
ratore Adriano (117-128) apparvero coloro che
escogitarono -i sistemi ereticali e vissero fino al
lepoca di Antonino seniore (138-161), come Ba-
silide . Verso questa seconda data deve collo
carsi anche Fattivit letteraria di Isidoro, figlio
e scolaro di Basilide.
I passi di Basilide e di Isidoro, superstiti
nelle citazioni degli scrittori di chiesa, sono re-
Jativamente numerosi. Li ha conservati quasi
tutti Clemente Alessandrino, il dottissimo suc
cessore di Panteno nella Direzione del SiSaaxa-
Xsiov cristiano di Alessandria, il quale, mirando
fra gli ultimi anni del secondo secolo e i primi
dei terzo a raggiungere una piena e stabile ar
monia del sapere profano e della credenza reli
giosa, riprendeva in esame il programma degli
gnostici di cinquantanni prima, e registrava
nei suoi eruditissimi Tappeti l eco diretto
dalle loro teorie. Non meno di dodici sono i
passi di Basilide e di Isidoro conservatici da
Clemente o alla' lettera o nel loro contenuto,
riassunto (Stromata, II. 3.10; 6.27; 8.36; 20.11:^;
I I P 1.; IV. 12.81; 12.86; 24.158; 26.163; V.
1.3; 11.75; VI. 6.55): ad essi possiamo aggiun
gerne qualche altro, ricavato dalle citazioni di
Origene e degli Acta Archelai. Li registreremo
e li esamineremo qui secondo una disposizione
logica che ci consenta di raffigurarci la fisio
nomia autentica del sistema basilidiano, senza
chiedere che informazioni supplementari agli ap
prezzamenti che troviamo negli scrittori eccle
siastici.
48
E poich a base di ogni pratica e di ogni
dottrina religiosa sta il fatto fondamentale
della fede, vediamo come Basilide concepiva
Patto di fede. Abbiamo quattro riferimenti di
Clemente che ci illuminano su questo punto. Il
primo racchiude una vera definizione della fede,
consona perfettamente a quella della lettera agli
Ebrei (XI. 1): i seguaci dunque di Basilide
definiscono la fede come ladesione dellanima
ad una di quelle realt che non colpiscono le
facolt sensibili, non essendo presenti (II. 6-27).
Il secondo accenna alla natura della elezione
come ad un dono soprannaturale : Basilide
concep lelezione come straniera al mondo, per
ch di natura supercosmica (IV. 26.163). Il
terzo racchiude tutta unargomentazione ad ho
minem di Clemente, la quale ci fa intendere
come i Basilidiani facevano della fede una reale
entit^ deposta nel nostro spirito dal volere be
nevolo del Padre, in virt della quale noi siamo
capaci di assurgere naturalmente alla compren
sione del mondo divino ; in realt, se con
sentito di toccare intellettualmente Iddio per
virt di natura, come opina Basilide, il quale
sostiene che la forma pi alta di conoscenza
costituisce appunto la fede, il regno, la capacit
creativa della bellezza, e quindi una sostanza
degna e congiunta del Creatore, allora converr
che si definisca, la fede, come una essenza, e
non gi una capacit, una natura, un ipostasi,
44 ~
splendore illimitato di una creatura impareg
giabile, non pi ragionevole-adesione di unanima
libera (1). Divengono cosi sterili e vani i pre
cetti tanto del Vecchio come del Nuovo Testa
mento, attuandosi naturalmente la salvezza di
cbi destinato a salvarsi, come vuole Valen
tino, e -si credenti ed eletti pure per virt di
natura, come ritiene Basilide. Era dunque pos
sibile, indipendentemente dalla venuta del Sal
vatore, che col tempo, in un momento deter
minato, potesse giungere la natura al meriggio
del suo splendore. Ma se costoro diranno neces
saria la presenza al mondo del Signore, svani
scono senzaltro dalle loro mani tutte le pre
tese propriet della natura: poich in tale ipo
tesi, non per virt di natura, bens per merito
della dottrina, della purificazione interiore, della
rettitudine delle opere, si compie e si realizza
lelezione (V., 1. 3). Da questo tratto, che
reso difficile dalla presenza indubbia di incidi
basilidiani che Clemente tenta di porre in con
tradizione luno contro laltro, appare la con
cezione che Basilide proponeva della fede come
una reale entit, vivente nello spirito degli eletti
e dei predestinati. Come gli uomini recano, se
condo Basilide, dal loro viaggio ultra-mondano,
45
(1) Interpreto il passo, di ardua restituzione paleo
grafica, secondo le plausibili congetture del Potter e
dello Sthlin.
gli spiriti concreti delle passioni, recano anche,
dal dominio beato del Padre, la creatura sovrana
della fede. Il quarto riferimento di Clemente
alla dottrina di Basilide intorno alla fede ci
conferma in questa interpretazione : I seguaci
di Basilide ritengono naturale la fede, in quanto
la collocano nelPatto stesso della elezione, ca
pace di percepire le realt conoscibili in virt
di una intuizione mentale, indipendentemente
da ogni dimostrazione. Dicono inoltre i seguaci
di Basilide ohe la elezione e la fede sono con
nesse, secondo ciascun intervallo (3.), e che daltra
parte la fede cosmica di tutta la natura sorta
per conseguenza della divina elezione, e a cia
scuno conferito il dono della fede, in propor
zione della sua speranza (II 3. 10.) (2).
Ma in quale sfera di credenze, secondo Ba
silide, si esercita la fede, che gli eletti portano
46
(1) Poicli Stdaxvjiia vocabolo usi latissimo dagli
astrologhi ed indica i periodi dei movimenti siderei
uoi dobbiamo pensare che il destino delleletto e del
credente fosse, secndo Basilide, posto in armonia con
particolari circostanze astrali.
(2) Clemente Alessandrino combatte la concezione
Basilidiaha delia fede, come quella che distrugge ogni
sua spontaneit e quindi ogni suo merito. Ma non
annulla per questo il colore gnoseologico deUatto
centrale della vita religiosa. Nel quinto libro degli
St romat a (3, 13) riprende per suo conto 1*argomento
osservando: Colui che spera, come colui che crede,
nella loro anima in virt di un infallibile de
creto del Padre non generato ? La risposta al
problema non agevole. Parecchi critici di va
lore, quali il Bousset e il Hilgenfeld, sosten
gono che pi marcatamente di tutti gli altri
sistemi gnostici, il sistema Basilidiano fu dua
lista, fa anzi una vera anticipazione del sistema
manicheo, coordinando gi nei primi decenni
del secondo secolo quelle correnti dualistiche
persiane che dovevano trovare in Mani il loro
espositore pi organico e sediicente, pi di un
secolo dopo. . Per procedere con la maggiore
chiarezza possibile vediamo di farci unidea del
processo logico, che ha. guidato la formazione
del pensiero basilidiano. Il problma che col
pisce pi profondamente Basilide, come gli altri
gnostici, sembra essere stato il . problema del
male e del dolore. Quale rapporto intercede fra
47
scorge, con lintlligenza, le realt conoscibili e gli
eventi futuri. Quando parliamo della giustizia, del
lonest, della verit stessa, parliamo di cose che mai
vedemmo con le nostre pupille, bens solamente con
la nostra intelligenza. E il Verbo di Dio ha detto:
Io sono la verit (G-iov. XIV. 6). Con lintelligenza
dunque da conteniplarsi il Verbo. Ma quali mai
frlosof chiamerai tu autentici, domanda Platone?
(Rep. V.) Quelli che si indugiano volentieri nella
contemplazione della verit. Ora il medesimo Platone
nel Fedro si spieg, asserendo che la verit lidea
e la riflessione di Dio. Il che i barbari espressero con
le parole: Il Verbo di Dio .
la sofferenza fisica e psichica e la responsabilit
etica? Di tale problema Basilide scorge una
esemplificazione pi tormentosa nel martirio.
Come mai i virtuosi per eccellenza, gli eletti,
possono essere esposti, nonostante la loro altezza
morale, alle rappresaglie decretate dal potere co
stituito ? Clemente Alessandrino ci conserva, per
fortuna in una citazione testuale, la risposta di
Basilide : Nel vigesimo terzo libro dei suoi
Esegetici, egli cosi parla dei puniti coi martirio ;
Io dico che quanti son colpiti da quelle che son
chiamate tribolazioni, effettivamente rei non
sospetti di altre cadute, sono. condotti a questo
bene, per bont di colui che conduce, tratti fal
samente in causa per altre ragioni, (1) onde non
soffrano come cpndannati per male fatte patenti,
n ricoperti di vituperio, come (potrebbero es
serlo) ladultero o lomicida, bensi come cristiani
ritrovati naturalmente tali, il che li sollever
in modo da non far quasi sentir loro il dolore.
E se alcuno completamente immune di colpa
sia tratto al patire, caso veramente raro, n pur
48
(l ) Il lesto di difficile interpretazione. I codici
recano concordemente la lezione : 'foy Tcepi-
uyvroq tXXa cXXwv vrcat; yxaXofjievo?. Lo Schwartz
propone di correggere r 8vT<0(; in o SsvTtx;; lo Stahlin,
pi verosimilmente, di cambiarlo in <{;su5(;, e in tal
modo il passo corrisponde convenientemente alla con
cezione basilidiana della metempsicosi e dei cicli an
teriori della vita e delle azioni umane.
questi soffrir a norma del divisamento del po
tere costituito, ma soffrir come solita soffrire
let infantile, clie pur sembrava non aver mai
peccato. E poco dopo nuovamente dice : Come
dunque la et infantile, che.mai pecc in an
tecedenza, che nulla di peccaminoso ha in re
alt commesso, ma ha in se una diuturna ere
dit di peccato, quando soggiaccia al dolore,
ne ricava vantaggio, lucrando molti ardui beni,
cosi, se liniziato, in nulla attualmente colpe
vole, patisca 0 abbia patito, soffri, non diver
samente dal fanciullo, avendo in s la capacit
di peccare, ma non cogliendo loccasione del
peccato, non pecc egli ; ma non e da tenerglisi
conto, se non pecc. Poich come ' chi vuole
commettere adulterio, adultero, pur se non
raggiunge il suo intento, e chi vuol commet
tere omicidio, omicida, pur non "potendo uc
cidere, cosi colui,che dico immune'di colpa, se
lo veda soffrire, pur se di nulla che sia male
possa ritenersi autore, lo dir malvagio, per la
volont di mal fare. Perch tutto mi farete dire
fuorch che la Provvidenza sia cattiva. E poco
dopo dice apertamente anche del Signore come
di semplice uomo: Se poi, lasciati da parte tutti
questi discorsi, ti proporrai di confondermi, ri
cordando determinati individui, come ad esempio
dicendo: il tale dunque pecc, perch il tale
soffr, se permetterai, risponder : non pecc, ma
era simile al fanciullo che soffre. E se ancora
49
tu voglia- stringere di pi il tuo discorso, ri
sponder : qualunque uomo tu voglia nominare
uomo, e giusto (soltanto) Iddio. Nessuno
infatti, come disse un tale (Giobbe XIV) :
mondo dal sudiciume (IV. 12-81 e ss.). Come
si vede, Clemente scorge nelle ultime parole
di Basilide unallusione al Cristo, che era
lontanissima forse dalla intenzione dello' gno
stico. Il Cristo troppo in alto nella specula
zione mistica della gnosi, per poter supporre
cbe Basilide attribuisca anche alla sua passione
un significato espiatorio di colpe o di attitudini
alla colpa, personali. (1) Clemente inoltre cir
coscrive di troppo la portata delle considera
zioni basilidiane, supponendo che esse siano sug
gerite unicamente dallo spettacolo del martirio,
e non pi tosto dallo spettacolo delPinfnito e
innumerevole dolore che nel mondo. Il dotto
scrittore Alessandrino contrappone alla desolata
conclusione dello gnostico un argomento ad ho
minem: se il martirio fosse unicamente lespia
zione di antecedenti pene, si dovrebbe dire
che anche la fede e linsegnamento religioso
sono cooperatori e strumenti del dolore. Cle^
50
(1) Tutti gli gnostici sono doceti e quindi non am
mettono la realt delle passioni. Nel caso nostro, noi
sappiamo da Clemente (Str. I 21, 146) che i basili-
diani celebravano il battesimo di Ges (^K^iavs'.a) con
una speciale solennit, trascorrendo tutta la notte an
tecedente in pie letture.
mente non risolve cos la formidabile difficolt
contro la Provvidenza che Basilide si era pro
posto. Come anche interpreta alquanto arbitra
riamente il pensiero basilidiano, quando afferma
che ammettendo un male e un peccato che
svolgono fatalmente il loro predominio e meri
tano la pena, Basilide ha finito col divinizzare
il demonio (OSLa^cov t v SLa^oXov). Appare in
fine verosimile che laccusa mossa ai basilidiani
di togliere merito iis qui usque ad mortem
certant pr veritate, ut confiteantur coram ho-
minibus Jesum (Origene, Comm. in Mt. 38)
sia nata dalFaver frainteso e deformato lopi
nione secondo la quale ogni dolore, martirio
compreso, lespiazione di- colpe perdonali re
mote, o della semplice inclinazione a peccare.
Indiscutibile appare pi tosto la credenza
basilidiana nella metempsicosi. Commentando
Eom. VII, Origene dice (il testo si conserva solo
nella versione latina di Rufino): N^n rilevando
come tutto ci dovesse essere inteso della legge
naturale, Basilide stravolse la parola apostolica
a significare stolide ed empie favole, e preci
samente alla credenza pitagorica, secondo la
quale le anime passano di corpo in corpo. Tale
credenza, egli si sforza di ricavare dalla sen
tenza dellapostolo, con queste parole : l apostolo
disse : io vivevo un tempo senza legge, vale a
dire, prima di scendere in questo corpo, vissi
in quella foggia di organismo che non era sot
- 51
toposta a legge, e precisamente nella forma di
un quadrupede o di un uccello .
Che cosa pensare infine del dualismo basi-
Jidiano? Il passo pi invocato dai suoi asser
tori contenuto negli A et disputationis Ar~
chelai episcopi Mesopotamiae et Manetis here-
siarchae (1), e suona cos (c. 55): Ci fu tra i
persiani (2) un tal predicatore di nome Basilide
pi antico (di Mani), vissuto non molto tempo
pi tardi dei nostri apostoli, il quale, essendo
inesauribile in risorse e avendo constatato che
a quel tempo tutte le possibili ipotesi erano
state escogitate, volle proclamare il medesimo
dualismo caro a Sciziano (3). Ma nulla essendo
in grado di dire che fosse originale, si sforz
52
(1) Questopera, conservata solainenle in una ver
sione latina della fine del quarto secolo, fu scrilla,
probabilmente in greco, da Egemonio, nella prima
met del medesimo secolo, e fa il resoconto di una
i mmagi nar i a disputa tra Archelao vescovo di Garcar
nella Mesopoiamia e Mani. Il testo fu edito la prima
volta dallo Zaccagni, nel 1698 (Cjllectanea Monumen.
veterum). Di recente il Traube venne in possesso di
un codice pi completo dellopepa, che affid allo stu
dio del Beeson, il quale ha potuto cos dare unedi
zione molto migliore del prezioso scritto, nella rac
colta berlinese degli scrittori greci dei primi tre se
coli.
(2) Si noti subito la inesattezza dello scrittore. Ba
silide non fu mai propagandista in Persia.
(3) Il presunto maestro di Mini.
di cambiare la terminologia si clie i suoi libri
rigurgitano di oscurit inafferrabili. Esiste su
perstite un decimo terzo libro dei suoi trattati,
di cui ecco linizio ; in procinto di stendere
il decimoterzo libro dei nostri trattati, la pa
rola salutare soccorre offrendoci un opportuno e
profittevole spunto. Mediante la parabola del
ricco e del povero, (Le. XYI, 20), esso addita
le scaturigini della natura priva di radice e di
collocazione spaziale, che sopravviene sulle cose.
E poco dopo, interposte un cinquecento parole,
Basilide torna sulFargomento, esclamando:
Usciamo dunque da simile stolta e curiosa in
costanza ! Indaghiamo pi tosto quel che anche
i barbari specularono intorno al bene e al male
e a quali conclusioni pervennero sullargomento.
Alcuni di loro sostennero che due sono i pri)i-
cipi della realt, e alluno e allaltro riporta
rono rispettivamente il bene e il male, asserendo
che essi [non avevano principio, non avevano
generazione, che in altri termini esisterono agli
inizi delle cose la luce e le tenebre, aventi in
s la ragione della propria esistenza. Queste due
realt, dotate della propria sussistenza, trascor
revano ciascuna la propria vita, la vita prescelta
e appropriata. A ciascuno infatti caro quel
che proprio, e nulla appare a se stesso, male.
Ma dopo che luna e laltra pervennero alla co
noscenza reciproca, e le tenebre ebbero intra
visto la luce, come sotto lo stimolo dellavida
53 -
concupiscenza del meglio, cominciarono ad inse
guirla e ad ardere dalla brama di accoppiarsi
ad essa, di parteciparne (1). Tale inquietudine
colpi solamente le tenebre, la luce invece, in
capace di ricavare alcunch dalle tenebre, non
era mossa da alcuna vaghezza di esse, ma sola
mente subi la libidine della contemplazione. E
riguard nelle tenebre, come attraverso uno
specchio. Sicch pervenne alle tenebre unica
mente unindicazione e precisamente il colore
della luce, mentre la luce, per proprio conto,
non fece che guardare e ritrarsi, senza assor
bire alcun elemento dalle tenebre. Le tenebre
dal canto loro ricavarono dalla luce una vista
fugace, lindicazione e il colore della materia,
nel quale erano apparse ad essa antitetiche. E
poich inferiori per natura avevano ricavato
dalla natura superiore non gi una vera luce,
ma solamente unapparenza e un indicazione
della luce, cosi pure solamente unapparenza e
unindicazione del bene riuscirono ad attirare,
mediante una appropriazione indebita. Per questo
non esiste la compiuta bont in questo mondo,
e il bene che vi si ritrova in quantit misere
volmente esigua, perch scarso fu pure il con
tingente di bont, che inizialmente fu incor-
64
(1) Qui finiva la citazione nel codice utilizzato dallo
Zaccagni. Il endice del Traube ha una citazione pi
ampia.
porato. E pur tuttavia mediante questo sottile
elemento di luce, diciamo meglio, in virt di
questa tal quale apparenza di luce, le creature
furono in grado di generare una somiglia^nza
aspirante a quel connubio che avevano realiz
zato con la luce .
E innegabile che sorprendenti affinit cor
rono fra questo mito cosmogonico esposto dal
frammento basilidiano, e la cosmogonia duali
stica manichea (1). Ma prima di definire peren-
55
(1) La possiamo, in base ai testi ricuperati, di cui
P. Alfaric ha fatto une raccolta cosi diligente [Les
cri t ures maniehennes, Paris, 1918), e F. Gumont una
analisi cos sagace {Recherhes sur le Maniehi sme,
I" Bruxelles, 1908), tratteggiare a questo modo: Pri
ma che luniverso visibile avesse origine sussistevano
due supremi principi: luno buono, laltro perverso.
La dimora del primo, del Padre della Giandezza, era
nella regione della Luce. Egli si moltiplicava in cinque
ipostasi: l^intelligenza, la ragione, il pensiero, la ri
flessione, la volont. La dimora del sovrano delle te
nebre era invece nella terra oscura e le sue ipostasi
erano il fumo, il fuoco, il vento, l acqua, l abisso.
Il sovrano delle tenebre concep vaghezza della terra
luminosa. Le cinque ipostasi celestiali tremarono al-
rimminenza dell assalto. Il Padre della G-randezza
pens : dei miei cinque mondi, fatti per la gioia e per
la pace, nessuno mander alla guerra. Io stesso af
fronter lavversario. Evoc allora la Madre della Vita
e quesla a sua volta letereo Uomo primordiale. Il
quale si copri da prima con la soave brezza mattu
tina; si avvilupp di luce come in un mantello sci n-
toriamente per dualista il sistema di Basilide,
noi dobbiamo tenere nel debito conto alcune
circostanze. Innanzi tutto non abbiamo diritto
di escludere dalla citazione degli Acta Arohelai
qualsiasi intenzionale deformazione. Egemonio
dominato in maniera visibile dalla preoccu
pazione di mostrare che la predicazione di Mani
non nuova. Non difficile che questa preoc
cupazione Pabbia tratto ad adattare il fram-
56 ~
tillante; gett sulla luce la fluidit delle acque; im
pugn il fuoco come una lencia; e si precipito dal
lalto della regione luminosa, alla difesa della sua mi
nacciala frontiera. Lo precedeva un angelo, recante
nella destra la corona della vittoria. Luomo primor
diale proiettava dinanzi a s la sua luce e, scorgen
dola, il sovrano delie tenebre pens; Ec'^o, quel -che
andavo cercando lontano, lo trover presso di me. Si
arm anchegli dei suoi cinque elementi e affront
luomo primordiale. In procinto- di essere sopraffatto
questi, simile a chi volendo sopprimere un nemico
gli dona un doli:e avvelenato, pens di darsi coni suoi
cinque figli, in pasto al vincitore. Ma male glie ne in
colse. Quando i figli delle Tenebre ne ebbero assapo
rato, i cinque dei luminosi che avevano combattuto
con luomo primordiale smarrirono lintelligenza. Luo
mo primordiale per ricuper presto la ragione e per
sette volte lev al Padre della Grandezza unaccorata
preghiera. Mosso a piet, il Padre evoca lo Spirito
Vivente e questi vola ad anrancare il prigioniero della
Tenebre. Lo chiama a nome, lo trae con. la destra
fuori della sua prigione, e si accinge poi a riscattare
tutti gli elementi di luce che la vittoria del sovrano
delle Tenebre aveva trascinato,neHabisso. tal fine
57
mento basilidiano in modo da renderlo pi vi
cino aHinsegnamento manicheo. I n secondo
luogo,. a pensarci bene, Taffinit tra la cosmo-
gonogia basilidiana e quella manichea appare
pi formale che sostanziale. Le immagini sono
concordi, il contenuto diverso. Per Mani, luce
e tenebre sono due poteri equipollenti : essi lot
tano ad armi pari, tanto varo che la luce ha
la peggib nel duello con le tenebre. Per Basi
10 Spirito Vivente comanda a tre dei suoi jBglL che.
luno uccida, laltro scuoi gli arconti figli delie tenebre,
11 terzo li conduca alla Madre della Vita. La Madre
della Vita distende il firmamento con le loro pelli, ne
fa dodici cieli. Sono poi gettate le loro carcasse sulla
dimora delle tenebre, ne nascono otto terre. Non era
cosi esaurita la quantit di luce che gli arconti tene
vano ancora avvinta. Manifestando loro le sue forme
raggianti. Io Spirito Vivente li costringe a restituirne
una nuova porzione, per formare due vascelli lumi
nosi, il sole e la luna, destinati a traghettare la luce
adagio adagio affrancata dai vincoli del sovrano tene
broso, e tutte le stelle. Dopo ci un terzo essere re
dentore, il Messaggero, imprime a tutta la macchina
cosmica, cosi formata, il suo ritmico movimento e il
silenzioso proces.so di reintegrazione della luce ha
principio.
Quando il sovrano delle tenebre vide limmenso
piano concepito ed attuato per strappargli gli elementi
di luce che la vittoria sull Uomo primordiale ed i
cinque suoi elementi, gli aveva procacciato, concep
profondi sentimenti di irritazione e di gelosia, i quali
gli suggerirono di foggiare i corpi umani e in e s s i l e
forme dei due sessi, la maschile e la femminile, onde
lide le tenebre sono inesorabilmente inferiori, e
il po di bene che nel mondo, esprime lo
sforzo che esse hanno compiuto per emulare
l apparizione momentanea della luce, che ha per
un attimo brillato dinanzi ai loro occhi attoLiti
e cupidi. Nessuno contesta il fatto che la spe
culazione gnostica abbia cercato elementi anche
fra i barbari e che quindi anche infiltrazioni
persiane dualistiche abbiano fatto apparizione
nei tentativi sincretistici della gnosi basilidiana.
58
contraffare i due grandi vascelli luminosi, che sono
il sole e la luna. Affinch, come questi in un processo
di riscatto cosmico in cui tutta la ragione delluni
verso, servono al trasporto della luce affrancata verso
la sua primitiva sede, cosi i sess/, vascelli nefandi di
oscurit, servissero a tenere indefinitLmente prigio
niera la luce e a farla senza posa trasmigrare attra
verso lesistenza del male e del dolore. Come quando
un gioielliere, ritraendo la forma di un elefante bianco
lincide su di un camncieo, cos il sovrano delle tenebre
ricapitol nellorganismo umano le fattezze del cosmo
Imprigion letere puro nella citt delle ossa, suscit
il pensiero oscuro e vi piant un albero di morte-
Imprigion poi il vento mirabile nella citt dei nervi
suscit il sentimento oscuro e vi piant un albero
di morte. Imprigion lacqua monda nella citt della
carne, suscit rmlelligenza oscura e vi piant un
albero di morte. Imprigion il fuoco celeste nella citt
della pelle, suscit il ragionamento oscuro e vi piant
un albero di morte. I cinque alberi mortiferi piantati dal
sovrano delle tenebre si espandono nei misero orga
nismo deiruomo. Lalbero del pensiero oscuro preme
dentro la citt delle vene; il suo frutto lodio. Lal -
ISTeirimmenso sforzo ohe la coltura orientale
compie nei primi secoli d-ellimpero per soggio
gare rOccidente, qualcuno pot essere in dubbio
per qualche momento su chi era destinato al
successo, la Palestina o la Persia. Ma quel che
non 0 lecito sostenere, che Basilide sia stato
un dualista rigido e consapevole come Mani,
Tanto pi che noi non dobbiamo dimenticare
che l aver posto degli esseri intermediari fra il
Padre ingenerato e la materia, esseri forniti di
59 -
bere del sentimento oscuro spinge dentro la citt dei
nervi: il suo frutto liracondia. Lalbero della rifles
sione oscura stimola dentro la citt delle vene; il suo
frutto la lussuria. Lalbero dellintelletto oscuro cre
sce nella citt della carne: il suo frutto la collera.
Lalbero dei ragionamento oscuro sospinge la citt
della pelle; il suo frutto la fatuit. Luomo cosi
come stretto in un cesto, intessuo di serpenti, che con
la testa verso di lui emettono il loro alito velenoso.
Per questo la Madre della Vita, 1 Uomo primordiale,
lo Spirito Vivente, il Messaggero, vollero, continuando
la loro opera misericordiosa, invocare per lui un nuovo
salvatore. E questo fu Ges. Ges il luminoso e il
sapiente dest linconsapevole Adamo, e gli addit il
lungo, martirio della luce nel mondo, esposta agli ar
tigli delle belve e ai denti dei ghiottoni, mescolata a
quanto esiste, chiusa nel lezzo delle tenebre. Illumi
nato dalla grande rivelazione, Adamo si guarda in
torno e scoppia in singhiozzi. Leva come fiera rug
gente la sua voce, si strappa i capelli e grida : male
dizione a colui che ha formato il mo corpo, che ha
cos fatto schiava la mia anima di luce, agli arconti
tenebrosi che lhanno trascinata in ceppi .
attivit e poteri autonomi, pu aver indotto in
errore gli scrittori ecclesiastici e pu aver fatto
loro pensare che gli gnostici, o alcuni fra essi,
negavano lunit di Dio.
tipico a questo proposito un altro fram
mento basilidiano, sempre conservatoci da Cle
mente (Str. IL 8. 36) a commento del motto
sapienziale: p^v] go(^[olc,^ 9pO(; xupiou, principio
della Sapienza il timor del Signore : I seguaci
di Basilide commentando il motto, dicono che
10 stesso Arconte (1) supremo, avendo percepito
la voce dello spirito serviente, fu colto da stu
pore allimprovviso udire e vedere, avendo l an
nuncio della buona novella superato ogni aspet
tativa, e tale stupore fu detto timore, inizio di
ogni sapienza, cosi di quella che riconosce le
affinit, come di quella che perfeziona, come di
quella che reintegra. Avendo ripartito non solo
11 mondo, ma anche lelezione, alla fine Colui,
che sopra tutto, i n v i a .. Basilide evidente
mente non concepisce luniverso come il terreno
60
(l) Secondo la testimonianza di Ireneo, (Arfo. Haer.
I. 23) i basilidiani sostenevano che gli angeli i quali
sostengono (Teodoreto intende abitano ) il cielo ul-
tinno, quello precisamente che da noi veduto, fog
giarono quanto nel cosmo e si ripartirono il dominio
di quanto sulla terra. Arconte di tutti loro quegli
il quale figura come Dio degli Ebrei. E poich esso
volie sottoporre alla razza prediletta, agli ebrei, tutte
le altre genti, gli altri angeli si coalizzarono contro
di lui -
della lotta di due avversari di pari energia. Lo
concepisce pi tosto come un poema d.i una mani
festazione divina, contro cui rileva impotente la
emulazione e l invidia di esseri inferiori. Ma
quel parlare di un arconte supremo che prova
stupore alle opere del Padre, doveva far pensare
e dire ad avversari non imparziali che egli era
un dualista. Clemente stesso assevera (Str, VII
X, 7, 4) ; E nuovamente Mos, non permet
tendo che altari e delubri si costruissero in molti
luoghi, ma un solo tempio innalzando a Dio,
annunci mnogenito il mondo, come pur dice Ba-
silide, e -luno solo Dio, come non pare per a
Basilide . Mentre lo stesso Clemente registra
altrove (IV. 12. 86) un tratto basilidiano di sa
pore monoteistico, in quanto accenna allunit
fondamentale della provvindenza suprema, pure
attraverso la variet delle sue manifestazioni:
Come dic'e lo stesso Basilide, abbiamo conce
pito una parte del cosi detto volere di Dio,
come quella che ama il tutto, onde tutto con
servi la ragione, lordine, la proporzione nel tutto ;
laltra parte data dal desiderio di nulla, la
terza dalla incapacit di odiare.
Di straordinario interesse, tali da porci dun
colpo in grado di intuire la base della specula
zione gnostica, la scaturigine forse di tutto il
sistema basilidiano e il programma sincretistico
cui esso mirava, sono i frammenti dei basili-
diani relativi alle concezioni antropologiche.
61
Informa sempre. Clemente (TI, 20, 112) : I
seguaci di Basilide sono soliti chiamare le pas
sioni appendici , ritenendoli spiriti per es
senza, aggiunti allanima razionale a causa di
un turbamento e di una confusione iniziali ,
Simile antropologia non retaggio esclusivo
dei basilidiani, lapplicazione alla psicologia
della concezione cosmica accreditata nei primi
secoli del cristianesimo fra le persone colte. Bi
sogna portarci per comprenderla, fuori del nostro
modo abituale di concepire il mondo fsico ed
astronomico, secondo il sistema copernicano. Gli
uomini colti nel secondo secolo sono imbevuti
dalle idee di Ipparco {160-125 av. Or.) e di To
lomeo (II sec. d. Or.).
Suppongono cio che la terra circondata
dalla volta celeste, costituisca il centro immo
bile delluniverso. Sette astri vaganti le si muo
vono intorno. Lanima delluomo scesa dalla
sfera suprema, ma percorrendo il cammino degli
astri, ha sorbito qualit impure, che costitui
scono nel loro insieme come un nvsj^x,
uno spirito contraffatto, che grava sul nostro
essere spirituale e ne debilita le capacit. An
cora agli inizi del secolo lY, Arnobio scriveva :
nel nostro precipitare verso i corpi e nel lav
vicinarci al mondo umano, accade che si ap
prendano a noi degli influssi dai cerchi cosmici,
per cui incliniamo prepotentemente al male,
spendiamo le nostre energie in mal fare, riboi-
- 62
liamo nelle cupidigie e nellira, ci avvoltoliamo,
miserabili, nei connubi della pubblica prostitu
zione {Adv. Gentes II). Servio, lo scoliaste di
Virgilio, commentando l Eneide al v. 714 del
L. VI, scrive, verso il tramonto del medesimo
secolo : i filosofi, insegnano clie lanima, scen
dendo nei mondi inferiori, perda qualcosa nei
singoli cerchi astrali. Per cui anche gli astro-
logi suppongono che cosi lanima nostra come
il nostro corpo siano misteriosamente collegati
alla potenza dei singoli numi. Onde appare che
attraverso il loro viaggio di discesa le anime
contraggono la molle inerzia di Saturno, la fo
cosa iracondia di Marte, la lussuria acre di Ve
nere, la famelica avidit di Mercurio,' lambizione
di Giove, qualit coteste che suscitano il perturba
mento nellanima, e le impediscono di usare del
vigore e delle forze proprie . Ma Pesposizione
pi precisa di questa teoria si ritrova in Ma-
crobio, il neoplatonico del quarto secolo cadente,
il quale nell In Somnium Scipionis (1 l i e 12)
ci d una descrizione del viaggio dell anima
dalla sfera fssa alla terra, che serve di esau
riente commento allantropologia basilidiana :
Vi son di quelli che dividono l universo in
due parti, ponendo nelliina il cielo, che si chiama
sfera immobile e fssa (7rXocv% CT^paipa); nellal
tra, interposta fra essa e la terra, e la terra
stessa compresa, le sette sfere mobili (TcXav'^Tat
cjTspe?). Secondo costoro, che sembran di tanto
63 -
pi vicini al vero, le anime beate, immuni da
nn qualsiasi contagio col corpo, occupano il
cielo. Ma quella di loro che sia presa da va
ghezza del corpo e, riguardando da quella altis
sima e indefettibile luce, sia mo5?sa dal latente
desiderio di quella che quaggi vita chiamiamo,
adagio adagio, t ratta del gravame della stessa
riflessione terrena, scende verso le regioni infe^
riori. In ciascuna delle sfere che soggiacciono
al cielo si riveste di uneterea circonvoluzione,
onde possa progressivamente acconciarsi al con
tatto di questo argilloso indumento. Sotto la
pressione di un tal gravame l anima scesa dallo
zodiaco e dalla via lattea alle sottostanti sfere,
in ciascuna di esse non solamente si ravvolge
nella virt del luminoso corpo, ma contrae in
pari tempo i singoli moti che svolger nella
zione : nella sfera di Saturno contrae la capa
cit raziocinativa e lintelligenza, in quella di
Giove la forza dellattivit, in quella di Marte
lardore del coraggio, in quella del Sole la na
tura senziente e cogitante, in quella di Venere
l istinto del desiderio, in quella di Mercurio la
capacit dellespressione, in quella della Luna
l attitudine allo sviluppo corporeo . Avvenuta
la morte, 1 anima intraprende il viaggio di
ritorno verso la sfera fssa da cui part un giorno
e percorrendo in senso inverso la traiettoria at
traverso i mondi planetari, rilascia quelle ap
pendici spirituali, che avevavo costituito l i n
- 6 4 -
gombrante fardello della sua cos detta vita nei
mondo. Allora, com detto nel Poimandres (2)
la passione e la cupidigia si perdono nella na
tura irragionevole. E cosi quanto rimane del
l uomo si precipita in alto, attraverso larmo
nico collegamento del tutto. Alla prima zona
(Luna) lascia la capacit di crescere e di decre
scere; alla seconda (Mercurio) Pindustre arte del
male, divenuta impotente ; alla terza (Venere)
la stolida illusione dei desideri ; alla quarta (Sole)
leffimera vanit del comando, alla quinta (Marte)
lempia audacia e la petulante temerit ; alla
sesta (Griove) listerilito attaccamento perver
titore alle ricchezze ; alla settima (Saturno)
la. insidiosa menzogna. Denudata allora di
tutte le opere contratte dalla armonia co
smica, perviene (lanima) nellottava natura,
ricca solo della sua energia primigenia e. unita
al . coro dei presenti, scioglie un inno di lode e'
di ringraziamento al Padre . (1) I basilidiani
65
(1) Nei capi 111 e 131-133 della Pistis Sopliia
sono distinti i vari elementi deiruomo, la virt divina,
lanima, il corpo, lo spirito imitato, rvTtti.i(ji.ov xvsufxa.
La formazione di questultimo ha dei punti di contatto
con la dottrina delle appendici in Basilide : me
scolano insieme i cinque grandi arconti della grande
s[jiapiJisvY] la feccia, la dividono, e ne fanno diverse a-
nime, affinch ciascuno degli arconti degli eoni, cia
scuno di essi, la sua parte neHanima ponga... E i
cinque-grandi arconti della grande sEiaapiavyj e larconte
non si dissimulavano la difficolt che dalla dot
trina delle appendici spirituali poteva elevarsi
contro la libert dellumana azione. Isidoro, figlio
di Basilide, aveva scritto intorno allanima
concresciuta (Trepl Trpoacpuou? intiero
libro, in cui sembra si fosse sforzato di dimo
strare come anche avendo acquisito durante la
calata nel mondo perversi ospiti, l anima umana
- 66 ,
del disco solare e l arconte del disco lunare soffiano
in mezzo, dentro ad ogni anima, e sorge fuori da essa
una parte della virt . Non va forse trascurala, a pro
posito di questa antropologia cosmico-astrale, la con
cezione psicologica e pedagogica di Porfirio {De Ab-
stin. 1 31): dobbiamo spogliarci di molte tuniche:
di questa visibile e carnale, di quelle poi delle quali
fummo internamente rivestili, e seguono immediata
mente alle tuniche cutanee e carnee, affinch cosi li
beri e nudi possiamo entrare nello stadio, per concor
rere alle olimpiadi dellanima. La prima cosa che dob
biamo fare lo spogliarci : altrimenti non sar pos
sibile il combattere. E poich delle vesti che ci rico
prono altre ci sono state sovrapposte esternamente,
altre interiormente, dovremo far ricorso a una duplice
foggia di spogliarci, mediante cio atti esterni e me
diante atti segreti. Il non mangiare infatti e il non
ricevere il danaro offerto cosa visibile ed esterior
mente manifesta: cosa segreta invece e invisibile
soffocare gli appetiti .
Sulle varie specificazioni della concezione antro
pologica che ritroviamo nel sistema basilidiano, la pi
ampia ed erudita indagine quella di W. Bousset :
Die Himmlsreise cler SeelSj in Archiv fr Religions-
wissenschaft > IV (1901) p. 160. e ss.
conservava legemonia nella esplicazione delle-
nergie vitali e fosse quindi responsabile dei suoi
misfatti. Clemente ne riporta un frammento :
{Str. IL 20. 113): Lo stesso Isidoro, figlio di
Basilide, nel suo libro dellanima concresciuta,
trattando di questa dottrina, quasi rimprove
rando s stesso, scrive testualmente : in realt
se avrai lasciato da alcuno supporre che lanima
non semplice, ma in forza delle appendici di
viene una cosa stessa con le passioni degli es
seri" inferiori^ tutti gli scellerati fra gli uomini
avranno buon pretesto per proclamare: fui co
stretto, fui trascinato, nolente compii l azione,
non volendo operai, mentre pur ciascuno domina
le proprie malvagie cupidigie ed ( reo) di non
aver lottato contro la violenza delle appendici.
Occorre che noi, innalzati a pi alto livello in
virti della capacit raziocinativa, appariamo
trionfatori della natura inferiore, giacente in
noi (1) .
Abbiamo lasciati per ultimi tre frammeati
ba'silidiani che ci mostrano sul vivo come nella
tradizione patristica non appaiono in tutta la
loro luce alcuni speciali caratteri delle dottrine
gnostiche. Il primo riguarda il matrimonio e il
celibato e ci fa vedere come, completando quel
67
(1) E Clemente postilla; Cos anche Isidoro sup
pone in noi lesistenza di due anime, come Pitagora .
(Gf. Teodoreto, Haer Fab. I. 4).
- e s
che risulta in qualche modo dagli scrittori ec
clesiastici, Basii ide e Isidoro hanno predicato,
in armonia con le stesse correnti ascetiche
dei primi secoli, V ideale della continenza. Si
t ratta di un commento isidoriano al c. XIX
(10 e ss.) del Vangelo di Matteo ed conservato
da Clemente in quel libro terzo (1. 1 - 3) degli
Stremati, che appunto consacrato tutto al ma
trimonio cristiano : I seguaci di Basilide dicono
che avendo gli apostoli formulato la domanda
se non fosse stato meglio non sposare, il Signore
rispose : non tut t i son capaci di comprendere
questo discorso. Vi sono eunuchi dalla nascita
e vi sono eunuchi per necessit. E spiegano cosi
la sentenza : alcuni provano fin dalla nascita
avversione per la donna i quali, approfittando
di simile temperamento naturale, fanno bene a
non prender moglie. Questi, dicono, sono eu
nuchi per natura. Eunuchi per necessit son
quegli esercitatori da circo i quali si vincono,
per accappararsi gloria, (1) mutilati per qual
siasi causa. Ma chi eunuco per necessit, non
lo per convinzione. Coloro che si fanno eu-
(1) Giovenale, Sat XI. 156:
Suspirat longo non visam tempore matrem, et ca-
sulam et notes tristis desiderat haedos, ingenui vultus
pep iagenuique pudoris, quales esse decet, quos ar-
dens purpura vestii; nec pupillares defert in balnea
raucus testicolos, nec vellendas iam praebuit alas ;
crassa nec apposito pavidus tegit inguina gutto .
nuchi in vista del B,egno eterno, adottano co
storo ed osservano simile divisamento a causa
di tutto ci che consegue al matrimonio, spa
ventati dalla preoccupazione per l acquisto di
tutto ci che necessario. E il motto meglio
sposare che ardere (intendono) come se Fapo-
stolo ( P Oor. YII 9) avesse voluto dire : non
lasciare la tua anima nel fuoco, notte e giorno
resistendo, perennemente assillato dal timore'di
precipitare gi dal tuo stato di continente poi
ch consumata nella lotta, l anima finisce col
disperarsi. Astieniti dunque (1), dice testual
mente Isidoro nella sua Morale (passando
allesortazione), dalla donna esuberante, onde tu
non sia divelto dalla grazia di Dio, e, avendo
espulso da te il fuoco della passione, prega in
serena coscienza. Quando per, continua, la tua
azione di grazia si tramuti in preghiera, e tu
69 -
(1) Veramente il codice laurenziano di Clemente ha
vxsxoi), lezione, accettata dallo Stlilin, e con simile
imperativo il significato del passo precisamente il
ccntrario a quello da noi o.[o'. tieniti per riparo an
zich astieniti. Ma ja noi sembra che tutto il contesto
e il commento con cui laccompagna Clemente esigano
che si corregga, non gi in (sopporta), come ha
Epifanio (Pan. h. 22, 4) in una citazione del passo,
bensi in Ttxou. Lvrxou appare come una variazione
di amanuense, suggerita dal proposito di parodiare la
dottrina di Isidoro, o provocata dalla presenza di vrxwv
e di vTxstv pochi incsi prima. La correzione ia dnc^ou
accettata dal Hilgenfeld.
implori ormai non gi di scendere, bensi sem
plicemente di nou cadere, sposa. Ohe se si tratta
di un povero, o di un giovane, o di uno forte
mente incline ai piaceri sensuali, che non vuole
sposare, secondo laspirazione della ragione, co
stui non s allontani mai dal fratello; vada ri
petendo : sono penetrato nella sfera delle realt
sante, nulla pi posso patire. E qualora nutra
sospetto e timore dica; Fratello, imponimi la
mano (1), affiach io non pecchi, e attinger
aiuto, cosi spirituale come sensibile. Ohe voglia
soltanto compiere il bene, e vi riuscir. Noi di
ciamo talora con le labbra: non vogliamo pec
care, ma il nostro pensiero tuffato nella colpa.
Ohi in queste condizioni, (solo) per timore non
compie quel che vorrebbe, onde non gli sia ad
debitata la punizione. La natura umana ha al
cune propriet naturali strettamente necessarie
6 ne ha altre semplicemente naturali : ha bi
sogno necessario o naturale (ad esempio) di ve
stirsi; lappagamento dellistinto ' sessuale na
turale, ma non necessario >.
70 -
(I) Non crediamo sia artificioso, segnalare la coin
cidenza per cui Isidoro pria di imposizione delle mani
fraterne a questo puato, precisamente come nel Van
gelo di Matteo, alla spiegazione di Ges sugli eunuchi
per il Regno, segue Timposizione, senza dubbio in
tenzionale, delle sue mani sul capo dei fanciulli ac
correnti. E non va dimenticata neppure la prescrizione
analoga delia lettera di Giacomo, V. 14 e ss.
La castigatezza delletica basilidiana dimo
strata da un altro frammento, citato liberamente
da Clemente {8tr. lY, 24, 153). Basilide dice
che non tutte le colpe, ohib, sono perdonate,
ma solamente le involontarie e quelle commesse
per ignoranza (1).
Infine come gravemente sia stato frainteso
rinsegnamento originale dei maestri gnostici da
qualche confutatore, appare da un passo di Isidoro,
intorno al valore della tradizione israelitica. Men
tre secondo Epifanio e Filastrio, Basilide e i suoi
seguaci giudicavano le profezie come espressioni
della scienza inferiore degli arconti, questo fram
mento isidoriano afferma esplicitamente quel che
sostenuto dagli apologisti dei primi secoli, che
cio la stessa sapienza profana costituisce un
plagio non confessato delle dottrine profetiche:
{Str. VI, 6. 53). Isidoro, figlio e discepolo di
Basilide, nel primo libro delle sue spiegazioni
al profeta Parcor scrive anche lui ( precede una
sentenza affine di Valentino) testualmente : di
cono gli Attici che alcune verit furono rivelate
a Socrate seguendolo allato un divino ispiratore ;
e Aristotele dice che t ut t i gli uomini usano di
demoni: i quali li seguono durante il loro mi-
- 71 -
(1) Onde Clemente ne lo rimprovera, osservando
che simile limitazione implica unadeguazione della
misericordia di Dio alle consuetudini umane.
grare ne] corpo (1). Cos egli accoglie una dot
trina profetica e la trapianta nei propri libri,
non confessando per la fnte donde aveva a t
tinto simile sentenza. E nel secondo libro della
medesima opera cosi a un di presso scrive: N
pensi alcuno che quanto diciamo come proprio
degli eletti sia stato predetto da alcuni filosofi.
Non infatti un loro ritrovato, ma avendolo
attinto dai profeti, lo attribuirono a chi conce
pirono come sapiente (2). E nuovamente nel me
desimo libro : A me sembra che coloro i quali
si atteggiano a filosofi..dovrebbero sapere che cosa
la quercia alata e su di essa il variopinto man
tello, tutte cose che Eerecide allegoricamente
teologizz, attingendole dalla profezia di Oam .
Registrati e collocati cosi secondo un piano
di svolgimento logico i passi superstiti di Basi
72
li) Apuleio nel De deo Socratis (c. 20, ed. Gold-
bacher, p. 23.6) accenna: credo plerosque vestrum
hoc quod commodo disci cunctanctius credere et im
pendio mirari formam daemoiiis Socra li visitatam: at
enim (secundum) Pythagoricos mirari oppido solitos,
si quis se negaret unquam vidisse daemonem satis ut
reor idoneus auctor est Aristoteles, quod si cuivis
potest evenire facultas contemplandi divinam effgiem,
cur non adprime potuerit Socrati attingere . Il Rose
riproduce il testo al n. 193 negli Aristotelis qui / e -
rebaniur librorum fragmenta. (Lipsiae, 1886, p. 156
e s,).
(2) II cod. laur. ha [] jrdcpxovTi xar aTo?
C0 9 9 . Lo Slhliu propone ragionevolmente* di soppri
mere il 11:^.
lide e di Isidoro, vediamo rapidamente quale
descrizione facciano del loro sistema gli scrittori
ecclesiastici. A prescindere dalla esposizione dei
PJiUosophumena, che utilizzando una fonte propria
testimoniano unicamente sulla situazione del
pensiero basilidiano all alba del terzo secolo
(VII, 20-27), noi dobbiamo ricordare qui quanto
dicono intorno a Basilide Ireneo (1. 24, 3-7), e
Filastrio (32, cf. Epi f 24). Innanzi tutto colpisce
la prevalenza degli elementi cosmogonici nella
descrizione di Ireneo, a .preferenza degli ele
menti etici. Secondo Ireneo, il cui testo origi
nale greco conservato solo a brevissimi incisi
da Teodoreto {Haer^ Fai). I. 4) Basilide insegnava
che luniverso era sorto in virt di una deca
denza progressiva dalla purissima spiritualit
verso la materia sensibile, attraverso categorie
dialettiche prima, e lopera di angeli inferiori
poi : Dal padre ingenerato eman innanzi tutto
lIiitelletto, dallintelletto il Verbo, dal Verbo il
Sentimento, dal ^Sentimento la Sapienza e la
Forza, dalla Forza e la Sapienza le virt, i so
vrani, gli angeli. Da questi zampill il primo
cielo, e da angeli nati dalla loro coniugazione,
fu fatto un altro cielo simile al precedente,
da altri angeli, a loro voka nati quasi a loro
contrapposizione, fu foggiato un terzo cielo donde
poi un quarto , e un quinto, alla stessa maniera,
fino a trecento sessantacinque, quanti i giorni
dellanno >.
73
Spiegata cos la genesi del cosmo, Basilide,
secondo la testimonianza di Ireneo, spiegava lo
pera della Redenzione come un, piano di rista
bilimento della pace e della libert, nellordine,
fra i sovrani dei singoli mondi e fra i popoli
rispettivi, messi in scompiglio dalla prepotenza
del principe astrale che ha nel suo dominio il
popolo di Israele.
Il Padre ingenerato ed ineffabile, assistendo
alla rovina dei principi astrali e dei loro popoli,
provocato dalla loro cruenta rivalit, invi il
suo primogenito, lintelletto, che quegli il
quale vien chiamato Cristo, onde affrancasse i
credenti dalla potest dei fabbricatori del mondo.
Esso prese fra gli uomini sembianze umane
e spieg la sua potenza. Ma non subi la pas
sione, Oh un tal Simone di Cirene fu acciuf
fato a portar la croce in sua vece: ed esso fu
in virt di un errore e di ignoranza, crocifisso,
essendo stato trasfigurato nelPapparenza di Ges.
Il quale, presa l apparenza di Simono, pot irri
dere i crocefissori. Mentre egli era una virt in
corporea, Intelletto del Padre innato e se ne
torn al Padre. Chi sappia tutto ci affrancato
dai fabbricatori del mondo .
Cosi il Basilide iranaico sembra ridurre la
redenzione a un fatto puramente noetico. La co
noscenza del meccanismo che muove il mondo
e la storia, assicura allo spirito la pienezza della
vita e la salvezza.
74
75
CARPOGRATE ED EPIFANE
I dati di cui disponiamo per determinare il
tempo nel quale si svolse la propaganda sociale
e religiosa di Carpocrate e di suo figlio Epifane
sono scarsi e mal sicuri. Ireneo [adv. Haer. P .
25, 4) ci informa vagamente che una tal Mar-
cellina, venuta a B,oma ai tempi di Aniceto,
seguace delle dottrine di Carpocrate, provoc la
rovina di molti . Il vescovo di Lione deve aver
raccolto la notizia a Boma stessa, quando vi si
rec sotto il pontificato di Eleuterio (176-177) :
possiamo quindi accettarla con una certa fiducia.
Poich il Pontificato di Aniceto, in base alle
antiche liste vescovili di Homa, pu collocarsi
fra il 160 e il 155, se ne pu dedurre che l a
zione di Carpocrate, maestro di Marcellina, il
quale non sembra uscito dalFEgitto, si svolse
fra il 130 e il 150. Di suo figlio Epifane sap
piamo qualcosa di pi, merc i particolari che
Clemente Alessandrino registra a proposito di
lui a principio del terzo libro degli Stremati.
Scrivendo a meno di cinquantanni di distanza
dal tempo dei due gnostici e nella citt stessa
che era stata il teatro della loro propaganda,
inerita sufiiciente fede. Ci dice dunque che la
madre di Epifane era nativa delPisola di Cefa-
lonia (Ks9aXX7)vta); che egli aveva vissuto solo
dieciassette anni; clie dotato dintelligenza pre
cocissima, era stato educato dal padre nella fi
losofa platonica ; e clie il ricordo della sua mente
prodigiosa e della sua fine immatura aveva so-
provvissuto vivissimo, specialmente a Sama, citt
principale di Oefalonia dove ad ogni novilunio
i carpocraziani, seguaci della gnosi monadica, si
raccoglievano a sciogliere inni in suo onore (1).
La fama del giovane eccezionale era in parti
colare affidata ad unopera La giustizia (irspl
SixaiO(jiiv7)(;) di cui lo stesso Clemente conserva
{Str. 111 2, 6 - 9) un ampio frammento. Lo ri
portiamo per intiero : Dice dunque costui nella
sua opera La giustizia che la giustizia
divina un tal comuniSmo nella uguaglianza.
Un cielo uguale infatti, dogni parte esteso, ri
cinge in giro la terra intera e tutte le stelle
accende in pari tempo la notte, e il Signore del
giorno e il Padre della luce, il So^e, Dio rivers
dalPalfco sulla terra, a gioia di quanti posseg
gono occhi per vedere. E tutti in comune ve
dono, poich (Dio; non fa distinzione di ricco
e di povero, di popolo e di sovrano, di saggio
0 di ignorante, di maschio o di femmina, di li
bero 0 di schiavo. N opera diversamente con i
76 -
(l) V. su simile consuetudine della conimemora-
zione mensile Rodhe, Psyche 1 234 e s. ; Schiirer
Zeitschrift f. d. neutest. Wissenschaft 1907 p. 48
e ss. : Wi ssowa in Hermes 1902, p. 157 e ss.
bruti. A tutti ugualmente i viventi riversan
dolo dairalto in comune, compie a vantaggio di
buoni e di cattivi la giustizia, nessuno potendo
averne di pi, e nessuno riuscendo a defraudarne
il prossimo, per accaparrarsi della sua luce una
porzione doppia. Il sole per t ut t i i viventi fa
germogliare il nutrimento comune, con giustizia
a tutti ugualmente amministrata. Ed ecco clie
di fronte alla somministrazione di tutto ci che
occorre al sostentamento della vita, si trovano
in condizioni analoghe le specie animali- La
giustizia per esse il comuniSmo. Poich (1) a
norma di comuniSmo i germi sono seminati se
condo il genere rispettivo e un comune nutri
mento germoglia dalla terra a pascolo uguale
di t ut t i gli animali, in modo che nessuna legge
ne limiti il beneficio, ma per generosa elargi
zione di Colui che fa il magnifico dono, armo
nicamente il giusto sia a portata di tutti. Ma
n pure i fatti relativi alla generazione son
vincolati da una legge scritta. Grli esseri viventi
generano in ugUal modo, derivando dalla giu
stizia un innato comuniSmo. Come in egual
modo il creatore e padre di tutti, a t ut t i diede,
con la sua giustizia impartendo lunica legge,
occhio per vedere, non facendo distinzione fra
maschio e femmina, fra ragionevole ed irragio
nevole, di nessuno da nessuno, per dir tutto in
77
(l) Lo Sthlin corregge PsTtewa del codice in
una riassuntiva parola. Con un solo ordine
a tut t i elarg la vista, nelluguaglianza co
mune fra t ut t i in pari misura ripartendola.
Ma le leggi umane, impotenti a soppiantare li
gnoranza degli uomini, insegnarono a sovvertire
la vera legge. Son le leggi infatti clie si assun
sero il compito di rompere e corrodere il comu
niSmo della legge divina. Mostri cosi, postilla
Clemente, di non comprendere il detto delFapo.
stolo:- attraverso la legge conobbi il peccato
(Romani, YII. 7). Siccb, continua Clemente,
secondo Epifane^ il mio e il tuo sinsinu attra
verso le leggi, in modo che non siano pi go
duti in comune n la terra n i suoi beni, n
il matrimonio. E ribadisce Epifane : Ecco: (Dio)
fece la vita comune a tutti, ed essa, e il grane
e in pari modo tut t i gli altri frutti non si rifiu
tavano al passero e al ladro. Ma il comuniSmo
e le leggi sacre delluguaglianza, violati, gene
rarono il ladro di animali, e di frutti. Avendo
Dio dunque fatto tutto in comune per luomo ;
avendo unito in comune luomo e la donna ; tutti
i viventi similmente avendo conglutinato ; mo
str a chiare note che la giustizia sta nellugua
glianza comunistica. Ma i generati a questo
modo rinnegarono il comuniSmo che aveva pre
sieduto alla loro generazione, e circoscrissero e
individuarono il possesso, mentre natura li aveva
fatti capaci, come t ut t i gli altri viventi, del
possesso comune. E soggiunge poco dopo;
78 -
Una vigorosa e inquieta concupiscenza instill
nei masoHi per la permanenza dei generi, che
n la legge, n il costume, n alcun altro mezzo
pu soffocare ; il decreto di Dio... Ma di quanto
alla fine si oppongono a Dio Carpocrate ed E-
pifane appare da queste altre parole del trattato
di questi sulla giustizia : Per cui, come chi ab
bia detto cosa risibile, deve apprendersi la pa
rola del Legislatore : Non desidererai. Anche
pi risibile quel che segue : le cose del tuo
prossimo. Quegli stesso che infuse-la concu
piscenza, in cui l istinto della generazione,
ordina di sopprimerla, mentre in nessun esser
vivo l sopprime. Quanto poi alla clausola
la donna del tuo prossimo mirante a costringere
nella propriet il comuniSmo universale, la e-
nunci invece come la cosa pi ridicola di que
sto mondo. Cos Epifane, nel cui insegnamento
evidentemente, la predicazione paolina contro i
giudaizzanti divenuta lannuncio dellaffranca
mento assoluto, non pi da una determinata
legge positiva, bens da tutte le leggi esistenti,
manifestazione invida della volont malefica di
esseri inferiori, gelosi della sconfinata libert di
cui gdono i figli di Dio.
Ma i carpocrazjoni non erano semplicemente
dei teorici socialisti. La discussione che Ireneo
fa del loro sistema, ci fa constatare come questo
rientra nel ciclo nel pensiero gnostico. LAd-
versus Haereses parla dei carpocraziani al c. 25
79
del 1 1. (il testo greco conservato in Ippolito,
Phil. VII 32.) e ci riassume innanzi tutto in
poche parole la loro dottrina cosmogonica. Poi
l esposizione di Ireneo tocca subito della cristo
logia carpooraziana.
Sostiene inoltre Oarpocrate che G-es fu
generato da Griuseppe, ed essendo (originaria
mente) simile a tut t i gli altri uomini, ne di
venne pi giusto, perch la sua anima^ assurta
alla forza e alla purit, ricord pi abbondan
temente quanto aveva visto durante la sua cir
colazione col padre ingenerato, onde questi gli
mand una virt particolare, che lo rese capace
di sfuggire al predominio dei fabbricatori del
cosmo. Sicch, trasvolando attraverso- t utti i do
mini dellessere, e completemente affrancato r i - .
sali a lui : il simile accadr per ogni anima che
si attenga alla medesima linea di condotta. Di
cono inoltre costoro che l anima di Ges, fatta
l esperienza delle istituzioni giudaiche, fini col
sentire di averle superate, e per questo fu degna
di accogliere quelle virt dallalto, che lo abili
tarono ad annullare le passioni, innestate nel
luomo per punizione . Di fronte al problema
tremendo che affatica e affaticher la coscienza
cristiana dei primi secoli intorno al modo di
conciliare nel Cristo il divino e lumano, i car-
pocraziani adottano una singolare soluzione, ap
plicando la teoria platonica della reminiscenza.
Esponendo nel Fedone, nel Fedro, nel Teeteto,
80 -
una dottrina gnoseologica che riuscisse sot
trarsi al dilemma dei sofisti : - nessuna ricerca in
tellettuale possibile, perch o si conosce quel
che si cerca ed inutile ogni ulteriore indagine,
0 non si conosce, e non si pu quindi avere
neppure i l desiderio di conoscere ; e che in pari
tempo venisse ad armonizzare con la dottrina
della preesistenza e dellimmortalit; Platone
viene in sostanza a sostenere che luomo come
uno strumento musicale, carico di latenti ar
monie. Perch queste sgorghino e risuonino nel
laria, occorre che la tastiera dei sensi sia col
pita dal fatto esteriore. La vt](tl<; una sem
plice vfAvy]GrL<; di quanto si svolto durante la
Tcspicpop delle anime in grembo allo, TcvsufJia di
vino, e il passaggio si opera sotto lo stimolo
della al'(T07j(yt^. Tale parallelamente la dottrina
gnoselogica che soggiace alla cristologia dei car-
pocraziani. Cristo non fu uomo diverso dagli
altri, se non in quanto la sua ricchezza inte
riore lo port ad una pi abbondante remini
scenza delle verit e delle realt contemplate
nel periodo della preesistenza beata nel mondo
astrale e divino. Si comprende come in base a
simile presupposto i carpocraziani.non ponessero
delle barriere insuperabili fra il Cristo e i suoi se
guaci ed imitatori. Ireneo soggiunge che costoro
giunsero a un grado tale di superbia da asse
verare che verano degli uguali, che alcuni anzi
sono pi potenti di Lui, superiori anche ai suoi
81
discepoli; quali Pietro, Paolo e gli altri apo
stoli . Ireneo (25-3) continua con il riferire ohe
i carpocraziani erano dediti alla magia e vive
vano in una licenza di costumi che compromet
teva il buon nome di tutta la societ cristiana,
sola humana opinione negofcia mla et bona
dicentes . Evidentemente noi abbiamo qui uneco
della ripugnante impressione che aveva do
vuto fere la predicazione carpocraziana sulla l i
bert dftlla giustizia divina e il carattere con
tingente delle fondamentali leggi della convi
venza civile. I carpocraziani, sempre secondo la
testimonianza di Ireneo (n. 4), sostenevano che
lanima era destinata a una penosa metenso-
matosi , trasmigrazione cio di corpo in corpo,
finch non avesse compiuto tutto il ciclo delle
esperienze peccaminose, non avesse cio subito
l affronto di t ut t i i fabbricatori del mondo : solo
al termine di tanto umiliante odissea, lanima
era degna di risalire al padre, che domina sopra
gli angeli. Nel n. 5, di cui il testo greco
conservato da Teodoreto ( a l . x . P 5), Ireneo
si mostra un po esitante nel raccogliere tutte
le voci malediche che corrono sul conto dei car
pocraziani, ma soggiunge che i loro principi
inducono, a elevare i pi ragionevoli timori che
vi sia una certa base di verit in esse, dal
momento che sostengono i carpocraziani che
gli uomini si salvano in virt della fede e
dellamore, e tutto il resto indifferente. I l bene
82
e il male poggiano esclusivamente sulla valu
tazione degli uomini, perch nulla per natura
male . Infine (n. 6) Ireneo attesta che i car-
pocraziani, per riconoscersi a vicenda, usavano
cauterizzare la parte posteriore del lobo del
lorecchia destra, si chiamavano gnostici per ec
cellenza, e, particolare importantissimo, Ima-
gines quasdam quidem depictas, quasdam autem
et de reliqua materia fabricatas habent... et has
coronant, et proponunt eas cum imaginibus
mundi philosophorum, videlicet cum imagine
Pythagorae, et Platonis, et Aristotelis, et reli-
quam observationem, circa eos similiter ut gen-
te faciunt . I carpooraziani mostrano cos di
scorgere nellannuncio cristiano nullaltro che
una manifestazione dellumano pensiero, che
cerca di affrancarsi dalla stoltezza e dalla igno
ranza, in cui versa la grande massa degli uo
mini. Mentre il tipo preferito di Cristo nella
pi antica arte cristiana il tipo del buon Pa
store, questi gnostici amano rappresentare il
Cristo in atteggiamento di maestro. La statuina
del giovane docente, che nella sala cristiana
del Museo delle Terme, e che per la finezza con
cui eseguita ci fa risalire ai primi secoli del
limpero, non sarebbe per caso un avanzo di arte
carpocraziana e non sarebbe uno dei primi siggi
di rappresentazione del Cristo maestro, che fu
pi tardi uno dei motivi prediletti dellarte
cristiana ?
83
85
VALENTINO
Fra le moltepiiei scuole in cui si ramifi
cata nel secondo secolo la speculazione gnostica,
la valenfciniana quella che ha raccolto maggior
numero di proseliti, ha raggiunto pi larga
ampiezza di diffusione, ha esercitato nelPam-
bito stesso della tradizione ortodossa pi vive
ripercussioni; una pleiade di scolari, molti i l
lustri (Secondo, Tolomeo, Eracleone, Oolarbaso,
Teotimo, Alessandro, Marco, Ossionico, Teodoto^
Fiorino, Bardesane, Armonio, Ambrogio, Can
dido, Valente, Droserio) ha continuato per de
cenni lopera di propaganda del maestro, di cui
gli stessi avversari lodano il singolarissimo in
gegno. Girolamo, attingendo indubbiamente da
Origene, scrive nel suo cominento ad Osea (11
10) : Haereticorum terra foecunda est, qui a
Deo acumen sensus et ingenii, percipientes, ut
bona naturae iu Dei cui bum verterent, fecerunt
sibi ex eis idola. Nullus enim potest haeresim
struere, nisi qui ardens ingenii est et habet
dona naturae, quae a deo artifce sunt creata.
Talis fuit Valentinus, talis Marcion, quos doc-
tissimos legimus, talis Bardesanes, cuius etiam
philosophi admirantur ingenium .
Non disponiamo di molti e attendibili dati
sulla vita e la operosit di Valentino. Clemente
s e
di Alessandria (Str. VII. 17.106 e ss.) pone Ya-
lentino fra coloro che propagarono l eresia fra
il tempo delFimperatore Adriano e quello di
Antonino, aggiungendo che una tradizione lo
fa discepolo di un tal Teoda, amico e scolaro a
sua volta di Paolo- La notizia ha piuttosto sa-
])ore di anacronismo. Tertulliano nel Centra Va-
lentinianos (4) dice vagamente speraverat epi-
scopatum Valentinus, quia et ingenio poterat et
eloquio. Sed alium ex martyrii praerogativa loci
potitum indignatus, de Ecclesia authenticae re-
gulae abrupit .
L unico che ci fornisce punti di riferimento
di una certa determinatezza Ireneo. Dopo aver
stabilito un confronto fra Valentino e Policarpo
di Smime, morto nel '165, e aver definito il se
condo per un ^iOTziGT'cspoc, dc>.7j0ta(; [lpTU^ (Adv.
Haer. ITI, B. 4); dopo aver dichiarato (IV pref)
di essere in grado di combattere il sistema va-
Icntiniano con pi competenza di altri, per avere
di persona conosciuto parecchi suoi rappresen
tanti; assevera e la notizia fu da lui forse
appresa a Homa quando vi,and sotto il vesco
vato di Eleuterio che Valentino venne a
Roma al tempo di Igino (vescovo fra il 1.35 e
il 140), raggiunse il suo meriggio a tempo di
Pio (vescovo fra il 140 e il IBO), visse fino al
tempo di Aniceto , sotto il cui vescovato, come
abbiamo visto, anche Marcellina fece a Homa
propaganda di idee Oarpocraziane. Tertulliano
(De Praescr. 30), aggiunge die tanto Valentino
come Marcione, ob inqaietam semper eorum
curiositatem, qua fratres quoque vitiabant^ se
mel et iterum eiecti sunt . Ed Epifanio (h. 31,2)
sa che Valentino predic anche a Cipro. Sul
metodo e l efficacia della propaganda valenti-
niana ci d ironici ragguagli Tertulliano (Adv.
Val. a principio) : Valentiniani, frequentissi-
mum piane collegium, inter haereticos, quia
plurimum ex apostatis veritatis, et ad fabulas
facile est, et disciplina non terretur, nihil magis
curant, quam occultare quod praedicant: si ta-
men praedicant, qui occultant... Eleusinia Va-
lentinani fecerunt lenooinia, sancJa silentio
magno, sola taciturnitate coelestia. Si bona fi
de quaeras, concreto Vultu, suspenso supercilio,
altum est, aiunt. Si subtiliter tentes, per am-
biguitates bilingues communem fidem affirmant.
Si scire te subostendas, negant quidquid agno-
scunt. Si cominus cerfces, tuam simplicitatem sua
caede dispergunt. Ne discipulis quidem propriis
ante committunt, quam suos fecerint. Habent
artifcium quo prius persuadeant, quam edoceant.
Veritas autem docendo persuadet, non suadendo
docet .
Registriamo qui i frammenti superstiti del
maestro, a cui crediamo debba rivendicarsi una
composizione poetica che ci sembra riveli in ma
niera indubbia i trat t i del suo pensiero e laf
flato della sua esperienza religiosa. I frammenti
87
certamente di Valentino, conservatici t ut t i da
Clemente nei suoi Stromata, sono sei : II. 8.36 ;
20.114:; I i r 7. 59; IV 13.89; 13.90; VI 6.52.
Li riportiamo nellordine logico degli argomenti
trattati ; nellordine cio che ci sembra pi atto
a rivelarci i lineamenti del pensiero del maestro,
passando successivamente dai dati cosmogonici,
a quelli antropologici e soteriologici.
Dopo aver cercato di confutare le opinioni di
Basilide circa le cause che giustificano -le soffe
renze dei giusti nel mondo, Clemente si svolge
a ribattere, nel c. XI I I del quarto libro dei suoi
Stremati, lopinione di Valentino che, anchegli,
pensa scevdere ed esistere al mondo una razza
di uomini, naturalmente destinati alla salvezza.
Anche Valentino, non diversamente da Ba
silide, suppone un genere che naturalmente si
salva, e sostiene che questo diverso genere scende
qui a noi dallalto per effettuare la soppressione
della morte. Suppone inoltre che la genesi e la
scaturigine della morte, sia da ricercarsi in ohi
ha formato il mondo. Per cui interpreta la Scrit
tura, l dove dice Nessuno vedr la faccia del
Dio e vivr (Es. XXXII, 20) , quasi alluda
alla causa della morte. Intorno a questo Dio,
Valentino scrive oscuramente cosi: Di quanto
inferiore il ritratto alla persona viva, altret
tanto il cosmo si differenzia dalleone vivente.
Per quale ragione si fa un ritratto ? Per la maest
della persona che ha offerto lispirazione allar
88
tista, affinch il ritratto tragga lustro dal suo
nome. Poich a forma non fu trovata autenti
cata, il nome (dellEone) colm la lacuna del
l opera. Coopera alla fede delPeffettuato, anche
l invisibile di 'Dio. (Valentino) disse con ci che
il Demiurgo, chiamato Dio e Padre, immagine
e profeta del vero Dio, il pittore la Sapienza,
di cui ' opera l immagine, compiuta per la glo
ria dellinvisibile. Perch tutto ci che rampolla
dalla coppia (divina), appartiene alla pienezza,
quanto invece scaturisce dall'uno, non che
immagine e riflesso. Poich quanto appare di
esso non lanima che sorge dalla met (ne
cessaria), sopraggiunge il genere diverso, vale
a dire il soffio dello pneuma diversifcatore, che
immagine dello spirito. Insomma quanto si
dice del Demiurgo, fatto secondo l immagine,
tutto ci dicono profetizzato a modo di sim
bolo sensibile nel Genesi in rapporto alla for
mazione delluomo. Ohe anzi trasportano la so
miglianza a se stessi, asseverando che linfu
sione dello spirito diversifcatore fu ignota al
Demiurgo. Ma se la razza diversa viene quag
gi per annullare la morte, allora bisogna con
fessare che Cristo non riusc ad annullarla da
solo, a meno che non si dica che egli una
cosa sola con costoro. Che se invece si penser
che per questo appunto annull la morte, onde
la morte non colpisse gli appartenenti alla razza
diversa, non sono dnque questi emuli del De
- - 89 -
miurgo che annnllaiio la morte, i quali instil-
lano nellanima che viene dalla met, loro im
magine, la vita che viene dallalto, secondo lac
cettazione della loro dottrina, per quanto vo
gliono dire che ci si verifica attraverso la ma
dre. (Str. TV. 13.89 e Sthlin p. 287 e. s.).
^11 tratto di Valentino senza dubbio oscuro,
ma il commento di Clemente Alessandrino, at
tribuendo la formazione del cosmo a Sofia an
zich al Demiurgo, e facendo quindi del mondo
l immagine dellimmagine di Dio, invece di
chiarirlo, ha finito col renderlo indecifrabile.
Interpretando il periodo dello gnostico nel suo
senso pi naturale^, ricavando dalle stesse allu
sioni di Clemente, che aveva dinanzi a s il
testo completo dellomelia valentiniana, diluci
dazioni complementari ; noi possiamo ricostru
ire la teoria cosmogonica del maestro cosi: il
mondo simile ad un quadro, in cui un pittore
maldestro, il Demiurgo, ha cercato di ritrarre le
fattezze delleone vivente. Ma come, secondo il
precetto aristotelico (Top. VI. 2), si sogliono
apporre i homi delle persone ritratte sui qua
dri dei pittori, cosi occorre T^a il nome delleone,
perch il cosmo ricevesse lustro dalla maest di
colui di cui r^ca la sbiadita fisonomia. E come,
secondo il racconto del Genesi, un principio
femminile agli albori della creazione viene a
portare lordine nel caos della materia test
uscita dal nulla, cosi lo spirito differenziatore.
90
che im principio femminile, introduce nel
mondo umano la schiatta degli eletti, onde sia
vinta lignoranza che la morte, deposta nel
mondo stesso dal Demiurgo incapace. Solo in
virt di questa coniugazione spirituale, luomo
sar reso atto ad ascendere nel pleroma della
beatitudine infinita. ncora una volta noi tro
viamo, alla radice della speculazione gnostica,
la genesi e il destino delluomo, innestati sul
limmenso dramma del cosmo.
Linciso di Valentino sul rapporto fra l in
visibile di Dio e la fede di ci che fatto, po
trebbe forse essere una reminiscenza, non com
piutamente fedele, di Rom. P 20 : paTot auTou
7.710 xriaz(c, xcj[j.ou toIq TcoLYjfJLaciv xaSoparai.
In relazione allanima ricavata dalla met
non forse fuor di luogo ricordare che secondo
i manichei (Agostino, Contra Faustum XX. 2):
Spiritus Sancti. qui est maiestas tertia, aeris
hic omnis ambitus sedes est et diversorium . I n
fine merita speciale considerazione l appella
tivo qui attribuito al Dio supremo; ol(v . Dalla
radice sanscrita ayu, che vale vita e special-
mente lunga vita, lat<i)v greco (secondo Aristo
tele, De coelo, 1.11* atv-si v) dal significato
originario di periodo della vita umana, pas
sato a significare in Platone, la perpetuit del
tempo (Timeo). I l Nuovo Testamento, facendo
eco alla distinzione giudaica fra il periodo an
teriore al Messia e quello posteriore al Messia,
91
distingae lalov oOto? dallawv (i,XXwv e i figli del-
l uiia e dellaltra et, di questo mondo e del
lavvenire. Lidea temporale si trasforma e si
immedesima con quella spaziale. Per gli gnostici
gli eoni in seno alla divinit o subordinata-
mente ad essa, sono entit soprannaturali, tra
fisiche e metafisiche, cronologiche insieme e
spaziali, che riempiono labisso silenzioso fra
Dio e l universo, che, simili alle idee platoniche
ed ai XyoL stoici servono di modello alle realt
cosmiche, e presiedono t u t t ora ai destini fisici
e morali degli esseri. Gli eoni, si potrebbe dire,
rappresentano i cicli in cui si scompone levo
luzione delluniverso, nella sua discesa verso la
materia, nella sua lenta peregrinazione di ri
torno verso i domini dellempireo. Durante il
medesimo torno di tempo in cui i Valentiniani
si compiacevano di chiamare il Dio inconosci
bile la vivente eternit , altri scrittori scor
gevano nella perenne esistenza immutabile il
tratto saliente del divino. Ai tempi di Augusto
gi Manilio (Astronomicon I 500 e ss.) aveva
cantato che mentre :
Omnia mortali mutantur lege creata,
. . . . . manet incolumis mundus, suaque omnia
servat,
. . . . idem semper erit, quoniam semper fuit idem,
. . . . deus est, qui una mutatur in aevo :
. . . . altius nihil est.
92
Un epigrafe del 1 secolo, trovata presso
Eieusi, e pubblicata dal Dittenberger (Sylloge
Inscr. Graec. 757) dedicato alla divinit Aiwv, che
alsi (pucrst* Ostai (i,v0)v, TCoto^ ecTt, xal xai 'crTat,
px'^v, fAscT/jTa, TXo(; o u x }(0)v, [JLTa[3oX7]i; l\x-
TO^o?, Osiac, cp\)GE((; pyaTTji; atovtou.
Pi tardi, anche in alcuni circoli neoplato-
nici, aLcv il preferito appellativo per la divi
nit (1).
Ma procediamo nelFesumazione dei superstiti
frammenti Valentiniani. Dopo aver ricordato al
1. I I c. 8 la dottrina di Basilide sullo stupore
del grande Arconte dinanzi alle opere dello Spi
rito, Clemente Alessandrino soggiunge : Sembra
che anche Valentino, in una lettera, abbia avuto
qualcosa di simile nella mente. Scrive infatti :
e una specie di timor panico colse gli angeli
alla presenza di quellorganismo, quando questo
articol audacemente suoni ben superiori, in
virt di colui che aveva occultamente deposto
nel suo grembo una sementa di natura superiore
alle supposte capacit della sua costituzione
(2). Non diversamente nel ciclo delle generazioni
degli uomini cosmici, le opere delle loro mani
93
(1) Nel quarto vangelo, la beatitudine la parte
cipazione alla Zto-Jj altvio? di Dio.
(2) Veramente il cod. Laur. V. 3 ha xal 7ta^^>jcta5 <S(xs-
vov ma la correzione da noi introdotta nel testo in
7ia^^y](3ca^|jisvos gi suggerita dal Wilamcwitz, sembra
dargli senso pi scorrevole.
divennero causa di terrore per coloro che le
avevano foggiate; quali statue, immagini, quanto
insomma le mani degli uomini compiono nel
nome di Dio. I n realt, foggiato in nome del
luomo, Adamo suscit il terrore di quellUomo
preesistente che era appiattato in lai. Onde gli
angeli, ricolmi di stupore, si affrettarono a de
turpare e deformare lopera delle loro mani. Ma
essendo unica la causa del tutto, come si mo
strer poi, costoro faranno limpressione di porre
insieme fantasmagorie musicali e portentose .
(Str. II. 8.36 Sthl. p. 132). Questo squarcio
di lettera valentiniana, mentre rivela limpor
tanza che lo gnostico assegnava allapparizione
dello spirito e quindi della parola, nelluomo, il
lumina di rimbalzo il precedente frammento.
Allinsaputa degli angeli formatori del mondo e
del corpo umano, un elemento dellideale uomo
che nel Pleroma (1) si insinua, per virt dello
spirito (sfxcpcrTjfjia), nellorganismo. Gli angeli stu
pefatti lo sentono articolare parle inattese e,
94
(1) Sulla genesi di questa concezione di un uomo
primordiale, tipo e causa della salvezza deUumanil,
il Reitzenstein, riprendendo ampliando e sottilizzando
ipotesi del Bousset, ha di recente formulato un si
stema in cui, sostenendone una derivazione iranica^
troverebbero una spiegazione plausibile tutte le idee
similari che si riscontrano nelle dottrine soteriologiche
dei popoh venati a contatto con l Iran; Das iranische
Erlsungsmysterium. Religionsgeschichtliche Unter*
suchungen. Bonn, Marcus u. Weber, 1921.
sgomenti, si danno senza indugio a scompagi
nare un essere che minaccia di divenire pi no
bile di loro. Abbiamo qui, in embrione, una
dottrina sullorigine del dolore e del male ? Pu
darsi. Ad ogni modo non va passata sotto si
lenzio l analogia evidente fra la nozione valen.
tiniana delleone Uomo, un elemento del quale
giacente nellorganismo umano, e la nozione
manichea dellUomo primordiale, che vinto
dal sovrano delle tenebre, e lascia nelle sue mani
prigionieri elementi di s e dei suoi cinque
figli (1).
Ed forse questo sforzo diabolico per scom
paginare e vincolare in eterno l essere che reca
in grembo una fiammella dell inestinguibile
fuoco divino, che richiama lopera della reden
zione. Dopo aver esposto la teoria basilidiana
dei 7cpo(japTy)[jiaTa e aver osservato che ci equi,
vale ad ammettere, come i pitagorici, due anime
nelluomo, Clemente Alessandrino (Str. 11 20.
114, Stah. p. 174) continua:
Ma anche Valentino, scrivendo ad alcuni,
si esprime allo stesso modo a proposito delle
appendici : Un solo buono, (Mt. XIX 17) la cui
presenza (2) la manifestazione, attraverso il
95
(1) V. JP. Gumont, La cosmogonie manichenne etc.
(2) Il cod. LauPi ha 7za,pp'fiai(x.i, che lo Sthlin corregge
in 7i:a^^Y]aCa. Io credo che il contesto imponga invece
la correzione in notpoucta.
figlio, e in virt del quale soltanto pu il cuore
divenire puro, espulso in antecedenza dal cuore
ogni spirito malvagio. Poich i molti spiriti che
naturalmente vi dimorano, non gli consentono
di essere puro, compiendo ciascuno di essi le
proprie gesta e attossicandolo tutti, nei pi vari
modi, con le pi sconvenienti cupidigie. Pare a
me veramente che il cuore umano sia esposto a
subire la sorte di un albergo. Questo sforac
chiato, devastato, spesso fin imbrattato di lor
dure, qjualora vi facciano dimora d.issoluta uo
mini che non ne hanno alcuna cura, col pre
testo che si tratta di propriet altrui. Allo stesso
modo il cuore ; finch non sia oggetto di cura,
immondo, miserevole albergo di innumerevoli
demoni. Ma non appena vi abbia spinto lo
sguardo il solo buono, il Padre, gi santifi
cato, brilla nella luce. Veramente beato chi pos
siede un tal cuore, poich vedr Dio .
Questo frammento di lettera troppo chiaro
nel suo significato etico e soteriologico perch
abbia bisogno di spiegazione. Valentino scrive
evidentemente a corrispondenti cristiani : il fram
mento della sua lettera si apre con una remi
niscenza neotestamentaria, e si chiude con uno
dei macarismi del discorso del Monte, secondo
la versione di Matteo (v. 8); Non stato pi
tosto segnalato il fatto che noi abbiamo anche,
in questo frammento valntiniano, una remini
scenza di Filone Alessandrino, che sembra debba
96
imporre perentoriamente una interpretazione mo
rale del passo, anzich antropogonica, come sem
brerebbe, voler suggerire invece lo Stahlin con
il lasciare Tuappvjcia a principio del frammento
e con il rimandare al 7upp'/](7t.a^[Xvo<; del fram
mento precedente. Nel suo De Somniis (IIspl tou
0O7U{J!,7CTOU(; eZvff.i Tlx; vsLpoix;), 1 23 (ed. Wen-
dland, 149) Filone osserva ed esorta : E chiaro
che un ben grande numero di sgraditi ospiti si
deve sloggiare, affinch lunico buono faccia il
suo ingresso. Sforzati dunque, o anima, di di
ventare la casa di Dio .
Se, nel pensiero di Valentino, la manife
stazione deir unico buono si effettua attraverso
il figlio, non poteva mancare al suo sistema una
cristologia adeguata. Ne rimane un brevissimo
frammento, sufficiente a farci constatare come
anche nella scuola di Valentino la preoccupa
zione di isolare il Salvatore dalla mescolanza
impura con a materia, conducesse a forme pi
0 meno pronunciate di docetismo. Invocando nel
terzo libro dei suoi Stremata .la continenza e
il dominio di se stessi, Clemente (7.59, Sfc. p.
223) scrive: Nella lettera ad Agatopodo, Va
lentino dice : tutto avendo tollerato, era padrone
di se stesso: veramente a modo divino operava
Ges. Mangiava e beveva in maniera partico
larissima, non restituendo gli alimenti. Cosi i n
signe forza di continenza era in lui, che n pure
il cibo si corrompeva nel suo organismo, poich
97
in realt non vera in lui capacit di corru
zione . i] tratto purtroppo cosi succinto che
a noi non possibile assegnare il rapporto pre
ciso che Valentino poneva fra luTrofjiov-/] e lyxpa-
Tsia in Gres. Ma non forse arrischiato pen
sare che un certo parallelismo correva fra la
cristologia valentiniana e le cristologia carpo-
craziana, sopra esposta. Sta il fatto che, non
diversamente dai carpocraziani, Valentino fa
ceva balenare dinanzi allo sguardo ansioso dei
suoi seguaci la possibilit di raggiungere, merc
la sua iniziazione, straordinari poteri spirituali.
Ricorda Clemente : In unomelia, Valentino
scrive testualmente ; Voi siete immortali e figli
della vita eterna fin dallinizio. Voleste che la
morte fosse ripartita fra voi, onde dissiparla e
dissolverla, onde' la morte morisse in voi e
per voi.
Poich, in realt, quando scomponete il
mondo, senza lasciarvi voi scompaginare, siete
i dominatori del creato, siete i superatori di
qualsiasi corrompimento. In virt degli ele
menti divini giacenti nelleletto, questi na
turalmente immortale. Il passo valentiniano r i
corda naturalmente il canto di trionfo sulla morte,
che Paolo scioglie nel c. 16 della P ai Corinzi,
e lammonimento del Poimandres (28): Come
mai, 0 uomini, potete rituffarvi nella morte, voi,
capaci dimmortalit?
Infine un ultimo passo di Valentino ci mo
98 -
stra la concezione sincretistica della verit re
ligiosa che era- adottata dalla sua scuola, come,
pu dirsi, in tutta la tradizione gnostica. Anche
questo riportalo da. Clemente Alessandrino in
quel tratto del 1. VI dei suoi Stromata che
mira a dimostrare come la buona novella ha
affratellato in un solo popolo, eletti israeliti e
gentili, ugualmente credenti in Cristo (6.52 .Stah,
p, 458) : Gri quegli che tra gli assertori del
comuniSmo (intellettuale) il capo rispettato, Va
lentino, ha scritto nella sua omelia Gli amici
(1) testualmente cosi : Molte di quelle verit
che si trovano enunciate nei libri dei popoli si
ritrovano registrate nella chiesa di Dio. Si
tratta delle parole universali che sgorgano^ dal
cuore; si tr at t a della legge scolpita nel cuore
(dellumanit). Ecco il popolo che appartiene al
diletto : il popolo che amato e che lo ama
Cos (Valentino) chiamando libri pubblici cosi
le scritture giudaiche come le opere dei filosofi,
mette in comune (in mezzo al genere umano),
la verit . Pare evidente in questo passo va-
lentiniano la reminiscenza di Rom. II. 14-15,
del tratto cio in cui Paolo accenna alla voce
della coscienza che* fa eseguire, anche ai gen-
99 r -
(1) Il breve frammento ci induce a pensare che
gli amici di cui parla Valentino son quelli che da
vicino e da lontano, consapevoli o no luno deUallro,
hanno partecipato, attraverso il tempo e lo spazio,
alla medesima luce spirituale.
tili, estranei alla legge mosaica, le opere della
legge.
Saremmo tentati, derogando una volta tanto al
nostro proposito che quello di ckiedere le prime
indicazioni sul pensiero dei singoli gnostici ai soli
loro frammenti superstiti, di cercar subito un
supplemento di informazione circa il pensiero
di Valentino, che esce sufficientemente bene il
luminato da questi sei framinenti, in Epifanio.
I l quale nella lunga trattazione consacrata nel
suo Panarion ai Yalentiniani (h. XXXI) inserisce
(7) un frammento cristologico che ha tutta
laria di essere ricavato da unopera originale del
maestro, ed presentato appunto con le parole :
?Yi aTc;. Sta di fatto ohe il passo combacia
sostanzialmente con le opinioni espresse nei fram
menti originali e' sembra, quindi, controllarne
l attendibilit. Innanzi tutto si afferma lorigine
celestiale del corpo apportato su questa terra
dal Salvatore e la Verginit immacolata di Maria
ante partum, in partu, post partum. Il tratto
spiega poi i fini dellapparizione del Cristo nel
mondo : sono, principalmente, riassunti nel piano
mirante alla salvezza della superiore rcvzza degli
pneumatici. Perch, secondo quanto viene qui
detto in sostanziale armonia con quanto gi co
nosciamo del pensiero valentiniano, il genere
umano va ripartito in tre categorie: vi leser
cito degli ilici o carnali (Tayi^a aocpxixcov, i)?axcov,
Y'/)ixcov), la schiera degli psichici (Tyji,a
100
l o l
la casta degli T:vsuiJLaTixoi. I primi sono desti
nati alla perdizione perch assioma clie
xocffT/j oaiv. upoQ LStou(; aT7](; Tcpo^oXai;. I se
condi possono salvarsi a patto di sforzarsi per
la salvezza (xa|i,TC{) xal SixaLOTrpavLa). i privi
legiati basta per raggiungere il destino beato la
yvcocjii; e gli 7:ipp'!^(xaToc t c 5 v auToSv [xucjTTjpLWV.
Anche SantAgostino, nel De Givitate Dei
(XIY), porr a base [della sua contemplazione
della storia, una distinzione nella massa dan
nata che il genere umano, fra gli eletti di
Dio, la civitas Dei, e i servi del male e del pec
cato (eivitas diaboli).
Ma duno scritto autentico di Yalentino, che
se non straordinariamente utile per la cono
scenza completa del suo pensiero teologico t r at
tandosi di unopera poetica, interessantissimo
per per la valutazione del suo ingegno ecce
zionale, siamo noi forse oggi tornati in pos
sesso, con il ritrovamento delle cosi dette Odi
di Salomone (1). Che Valentino fosse poeta oltre
che oraileta ed epistolografo risulta da due passi
di Tertulliano {De Carne Cristi^ 17 : sed remisso
Alexandro cum suis sillogismis, quos in argu-
mentationibus torquet, etiam cum psalmis Ya-
l e n t i n i , quos quasi idonei alicuius auctoris
(1) V. una ricchissima bibliograia sullargomento
in G. Kittei, Die Oden Salomos. Leipzig, Hinrichs,
1914.
ntersert ecc. 20: nobis quoque ad hanc spe-
ciem, psalmi patrocinabuntur, non . quidem
apostatae et haeretici et platonici Valentini,
ecc.) e dalle linee finali del canone muratoriano,
che ripudia il liber psalmorum quem Valen.
tinus (et Marcion) conscripserunt. > Ohe cosa so
pravvive di questa produzione poetica che deve
avere figurato ben notevolmente nello sviluppo
della antica letteratura cristiana? Ippolito ci
conserva nei suoi Philosophumena (VI 37) un
breve frammento di inno Valentiniano : ma al
solito, noi cadremmo in un anacronismo attri
buendo Jil fondatore della scuola, questo strano
e complicato squarcio poetico, che tradisce la
posteriore elaborazione del sistema.
Dobbiamo seguire altra pista. Intanto va se
gnalato il fatto che nei circoli gnostici valen-
tiniani del terzo secolo, da cui emanata lopera
mistica conosciuta sotto il nome di Pistis So-
phia godevano un grande credito certe miste
riose Odi di Salomone, che gli iniziati citano
col medesimo rispetto che i salmi davidici. Lim
postazione della scena nella Pistis Sophia
uniforme del principio alla fine. Il Salvatore ri
sorto espone ai .suoi fedeli le vicende di Sofia,
simbolo dellanima redenta, nel suo ritorno al
tesoro di luce. Ogni suo passaggio attraverso le
sfere astrali accompagnato da recitazioni di
formule, che il Signore ripete, chiedendone la
spiegazione ai suoi ascoltatori. E questi si fanno
102
avanti lun dopo l altro, interpretando le for
mule rituali e taumaturgiche, mediante citazioni
bibliche. In mezzo ai salmi di David sono ci
tate cinque odi, attribuite a Salomone, che Sa-
lome, Maria, Pietro, Tommaso,. Matteo, recitano
rispettivamente. Si conoscevano da un pezzo 18
salmi di Salomone, apocrifo giudaico composto
in Palestina ai tempi di Pompeo e della sua
compagna in Oriente. Ma delle odi di Salomone
non cerano rimaste, oltre le cinque citazioni
della Pistis Sophia, che una breve menzione
di Lattanzio e qualche indicazione schematica
nelle antiche sticometrie biblich. Nelle In-
stitutiones divinae (IV 12.3) quegli scrive :
Salomon in ode undevicesima ita dicit : Infr-
matus est uterus virginis et accepit flium, et
gravata est et facta est in multa miseratione,
mater virgo . La Synopsis sanctae Scripturae
dello pseudo-Atanasio (VI secolo) annovera ge
nericamente fra i libri sacri anche ^j;aX[j,ol xal
)St] SoXo[xo)vto? (per Sat) e la sticometri a di Ni-
ceforo (IX secolo) registra anchessa il titolo:
4'aX(xol xal Sal SoXo(i,cavTO(;. Nullaltro circa la
tradizione letteraria del documento.
Nel 1906 un critico inglese, J. Rendei Harris
riportava da una delle sue esplorazioni in Oriente
dalle vicinanze del Tigri alcuni manoscritti
siriaci, uno dei quali attese parecchio tempo
prima di essere preso in particolare esame dal
compratore. Si trattava di un manoscritto mu
103
tilo al principio e alla fine, del secolo XVI, car
taceo, di 56 fogli;, contenente 60 inni. Fu fa
cile al Rendei Harris riconoscere che i salmi
numerati nella sua raccolta con i num. 43-60
erano i gi noti 18 salmi di Salomone. Il con
fronto delle Odi numerate con i numeri 3-42
(le prime due mancano) con la citazione di Lat
tanzio e della Pistis Sophia offri subito l ar
gomento inoppugnabile clie noi avevamo final
mente le cosi dette Odi di Salomone. .
Noi non dobbiamo arrestarci qui a porre in
rilievo la squisita bellezza in questi inni reli
giosi; dobbiamo semplicemente accennare alle
ragioni che cinducono a riconoscere in questa
speciale manifestazione di misticismo cristiano
lesperienza e l ingegno di Valentino. Le di
scussioni su questo suggestivo documento sono
state laboriosissime in questi ultimi anni: la
bibliografa redatta dal Kittei nel 1914 contava
gi non meno di 165 numeri. Un risultato ac
quisito che il testo siriaco rivenuto oggi alla
luce una traduzione dal greco : il Gonnolly
specialmente ha dimostrato ci in maniera pe
rentoria. Ma l accordo non si raggiunto af
fatto per quanto concerne le origini e il carat
tere delle odi. Le ipotesi possibili al riguardo
sono state tutte, pu dirsi, proposte e vagliate.
Esse sono st a t e. infatti giudicate come giudeo
cristiane; come inizialmente giudaiche, rifuse e
trasformate in senso cristiano ; come allenistico-
104
cristiane; come animate da spirito doceta o
montanistico; come canti mistico-liturgici de
stinati alla celebrazione del rito battesimale ;
come scaturite dallambiente teologico alessan
drino. Lipotesi che si trat t i di un innario gno
stico quella che ha avuto minor numero di
patrocinatori (Gunkel, Preuschen). Noi la cre
diamo ci nonostante la pi attendibile ; noi ri
teniamo anzi che le Odi di Salomone siano ap
punto i salmi del piatonico Valentino > che Ter
tulliano dileggiava e Alessandro inseriva nei
suoi scritti, come canti di autore ispirato. In
sostanza, la considerazione di alcune appari
scenti circostanze avrebbe dovuto subito accre
ditare simile conclusione ; le odi sono adoperate
dalle conventicole valentiniane della Pistis
Sophia ; era cura costante degli immaginosi
scrittori gnostici di avvalorare le loro elucu
brazioni coi pi insigni nomi del Vecchio e del
Nuovo Testamento; le scarse tracce delle Odi nel
l antica letteratura cristiana provano che le co
munit ordodosse ne diffidarono ; infine il misti
cismo delle odi singolarmente dipendente dal
misticismo del IV Vangelo, il preferito fra i disce
poli di Valentino. Ma simili^ circostanze, che
rappresentavano, altrettanti argomenti in favore
dellorigine gnostica delle Odi, non hanno spie
gato agli occhi dei critici tutto il loro valore
probativo, perch si dimenticato; 1) che lo gno
sticismo ' innanzi tutto uno stato danimo e
105
un atteggiamento religioso, e per riconoscere
composizione letterarie che gli appartengono,
bisogna cercare espressioni mistiche pi che
enunciazioni teoriche ; 2) che la letteratura gno
stica superstite scarsissima, e quindi i possi
bili termini di confronto sono necessariamente
pochi ; 3) che le Odi sono unopera di poesia e
non di speculazione teologica; 4) che ci sono
giunte in una versione, in cui naturalmente
scomparso quel lessico che avrebbe potuto in
tuitivamente darci il senso dellispirazione gno
stica delloriginale.
Prima di procedere allesame degli argomenti
interni che inducono a restituire a Valentino
questa che deve essere stata la pi alta sua
composizione religiosa, una breve osservazione
sulle ragioni che possono spiegarne l attribuzione
a Salomone. E vecchio concetto religioso che le
rivelazioni divine si compiono attraverso i so
vrani. Tale concetto traspare nella credenza dei
popoli primitivi e nella letteratura classica,
supposto dalla stessa sentenza evangelica, che lo
rinnega, Le. x, 23 ; (jLaxpioL. oi cpSaXpiOL ot
Tco\>rzg Xyco yp jjilv oti TtoXXol 7rpo(p:/)Tai
x a l pacriXeli; 7)'9'X7jaav i Sz i v upieii; (^XsTTSTe x a l
ox eiSav. Sialomone poi ha goduto nella esti
mazione della tradizione giudaica e del cristia
nesimo primitivo tale eccezionale favore, che le
odi, recitate insieme ai salmi davidici, devono
106
essere state sollecitamente attribuite al re saggio
e aver cosi acquistato autorit ufficiale (1).
Tornando al problema della paternit del
l'innario salomonico, noi dobbiamo osservare che
essendoci noi, attraverso i Frammenti di Valen
tino, superstiti, negli Stronfiata^ formati un con
cetto del suo sistema tale da farci ritenere che
in esso gli elementi soteriologici e antropologici
erano strettamente associati, se non prevalenti,
agli elementi cosmogonici, e che la gnosi va-
lentiniana innanzi tutto un aberrante at
teggiamento di qualche gruppo cristiano, nel
quale le visuali cristiane non sono collocate
in una prossima parusia del Signore, bens nel
lattuale effettuazione del riscatto e nella im
mediata partecipazione alla paaiXeia che la
stessa fede, come abbiamo visto affermato espli
citamente da .Basilide, noi non cercheremo, per
- 107 -
(1) 'HeWAstronomicon, Manilio (I. 45) dice che nel
processo della manifestazione di s al mondo, Dio
Naturaeque dedit vires, se quae ipsa reclusit, re-
gales animos primum dignata movere, proxlrae tan-
ger\ts rerum fastigia coelo,... tura qui terapia sacris
coluerimt orane per aevura. Tale apprezzamento
del resto in armonia con rassioma, affermato dallo
stesso Manilio, che per conoscere Dio, occorre avere
affinit con lui:
Quis caelum possit, nisi coeli munere nosse, et
reperire Deum, misi qui pars ipse deorum est ?- con
l asserzione del frammento herraetico che {iaaiXs?
Twv fJtv XXcov 0 c5v aTtv sa/^axos, Ttpwxo; 1 vSpcoTvcov.
afferraare di avere riconosciuto orme valenti-
niane, nette e categoriclie formulazioni metaf
siche, ma puramente e semplicemente ^spres-
sioni di alto misticismo, proclamante lavvenuto
affrancamento dellindividuo pneumatico. Ireneo
ci descrive in un passo. saturo di pungente iro
nia (Adv. Haer. I l i , 15, 2) che gli gnostici se
ne andavano tronfi dei loro presunti doni cari
smatici e guardavano con ostentato sussiego i
profani : ritenevano ormai di essere a contatto
con la vita stessa eterna del Pleroma. Sappiamo
inoltre che lo gnostico perfetto si riteneva 6[xo-
oc7io^ col Cristo salvatore. Dopo ci, noi dob
biamo aspettarci da un cantore gnostico solo
accenti di illimitato orgoglio sulla speciale di
gnit a cui innalzato colui che appartiene
al yvo^ (pijasi aco^fjisvov, e che ormai non ha bi
sogno daltro per l esplicazione .della sua innata
vita soprannaturale, se non della yvwGK; e degli
TTipp-i^aaTa Tcav fxuGT/jpicov.
Nelle odi di Salomone evidente innanzi
tutto l importanza eccezionale assegnata alla
gnosi nellopera del riscatto pneumatico : Come
la mano scorre sullarpa e le corde'parlano, cosi
parla attraverso le mie membra lo Spirito del
Signore, e io parlo sotto l impulso del suo a-
more. Poich esso sopprime ogni elemento estra
neo ed ogni sostanza inferiore : cosi fu fin dal
principio e cosi sar fino alla fine, ch nessuno
pu atteggiarsi a suo avversario : nulla pu es
108
sere levato contro di lui. Il Signore ha mlti-
j)lioato la conoscenza di s ; la lode del suo no
me affid a me : i nostri spiriti lodano tutti il
sud santo Spirito. Poich, ecco, scatur una cor
rente di acqua yiva e divenne un fiume ampio
e impetuoso: esso afflu e sopraffece ogni cosa.
Port acqua al tempio. E i ripari dei figli de'
gli uomini non furono sufficienti a trattenerlo.
Tutti i sitibondi della terra poterono bere, la
sete universale fu cos appagata, poich dal
l Altissimo la bevanda era stata elargita. Bene
detti i ministri di questa bevanda^ ai quali
affidata V acqua dellAltissimo : essi hanno re
frigerato le labbra aride: hanno rianimato l i
stinto vitale affievolito ; le anime vicine a spe
gnersi hanno ricondotto alla piena vita; le anime
paralizzate hanno rinvigorito ; t ut t i si sono ricono
sciuti nel Signore e sono stati salvati nellacqua
deljeterna vita (Ved. odi 10, 15 e 20). I l fram
mento di Valentino sul Xa? <piX0tj(jLV0(; xal
(0v) trova un significativo riscontro nellode
3: I l Signore mi ama io non avrei saputo
amare il Signore, se egli stesso non mi avesse
amato. Ohi pu intendere 1 amore, se non chi
ama ? Io amo il diletto . . . dov il suo riposo,
ivi io sono... Io sono confuso con lui ([>looi!)c7io^),
poich l amante ha raggiunto F oggetto del suo
amore. Io amo il figlio ed io stesso diventer
figlio. Colui che aderisce allimmortale vivente,
immortale diviene. Colui che trae gioia dalla
109
vita, sar vivente . La concezione gnostica della
xXoy-y) U7ipxqi,i0(;, della predestinazione alla sal
vezza e allimmortalit, in virt degli elementi
divini deposti -n: in fondo allanima del
Si dcpopov ysvo? campeggia in tutto l innario sa
lomonico. Particolarmente eloquenti i parallelismi
clie le si possono riscontrare nelle _odi 7, 8>
15. e 17.
Eccone alcuni versetti : Il Padre della Sa
pienza il Verbo della Sapienza. Egli mi ha
creato prima chio fossi : egli sapeva quel che
io avrei fatto, venuto all esistenza. Per questo
ha avuto di me piet nella sua sconfinata mi
sericordia, mi ha concesso di pregarlo, di eredi
tare dal suo sacrificio, egli che incorruttibile
pleroma degli eoni e loro padre. Laltissimo
sar conosciuto nei suoi santi, onde arrecare il
lieto messaggio a coloro che chiudono in cuore
i cantici per la lode del Signore, che scioglie
ranno inni di gloria, sulla cetra dalle mille
corde, lungo il suo cammino. Che i veggenti
escano ad incontrarlo, che si presentino al suo
cospetto, che lodino il Signore presente. Ecco :
lodio scomparir dalla terra : sar sommerso
insieme allinvidia. Lignoranza svanita, regna,
ormai, la gnosi der Signore.
Lode XI tradisce la^ dottrina valentiniana
dell [X9uc77j(i,a t ou Sia^ppovTOf; TuvefjiaTO? 6 |jl-
TlVstTai *
Una incisione stata operata nel mio cuore,
Ilo
e il suo fiore apparso ; grazia y spun
tata : ha suscitato frut ti per il Signore. Lal
tissimo mi ha ferito col suo santo Spirito, ha
posto a nudo i miei reni dinanzi ai .suoi occhi,
mi ha ricolmato di amore. La sua incisione
divenuta la mia salvezza, io ho corso cosi lungo
i sentieri della pace e della verit. Io ho rice
vuto la sua gnosi e mi sono drizzato sulla roc
cia della verit . Non mancano nelle, odi gli
echi riconoscibili della cosmogonia valentiniana :
Egli mi ha riempito di parole di verit, per
ch io le parli : la bocca del Signore il verbo
(Xyof;) vero e la porta della sua luce. E laltis
simo (u^'t.cTTOf;) lha dato ai suoi eoni, interpreti
della sua bellezza, narratori della sua lode, con
fessori del suo consiglio, araldi del suo pensiero
(vvoLot) purificatori dei suoi servj. La sottigliezza
del Verbo ineffabile. Senza confini la sua
corsa. Quale l azione sua, tale il suo con
fine (opoc;) : poion esso luce, lo sfolgoramento
del pensiero. Per lui gli eoni si son parlati lun
laltro ed esisterono per virt del Verbo quei
che erano nel silenzio (ctlyy)). Da lui procedet
tero l amore e l armonia. E degna di rilievo
infine la duplice allusione (odi 21 e 42) al ge
sto dell orante che leva le braccia in atto di
preghiera, simbolo che si ritrova anche in mo
numenti funerari extra-cristiani, e che forse me
diante gli gnostici si introdotto nel cristianesi
mo, ponendolo in rapporto con la croce redentrice*
I l i
CM tenga nel dovuto conto la oireoafcanza
che le odi di Salomone sono una composizione
poetica, ohe non mira ad una schematica e mi
nuta esposizioi^e di teorie, bens airespressione
di un irrompente senso mistico, trover che fra
questa composizione e le immaginose frasi va-
lentiniane che Clemente ci ha conservate, cor
rono indubbie affinit.
Informazioni pi ampie sulle concezioni co
smologiche di Valentino, noi le troviamo, se
condo il solito, negli scrittori ecclesiastici. Il cjuv-
Tay(xa di Ippolito aveva in proposito una noti
zia, che lo pseudo Tertulliano con tutta prcba-
bilit ci ha conservato nella maniera pi fedele,
come dimostra fra l altro la traslitterazione dei
termini tecnici (n. 19, cf. Filastrio 38) :
L eretico Valentino divulga un ampio tes
suto di favole, di cui dar uno schematico rias
sunto. Presuppone cio un pleroma e trenta eoni
che distribuisce a coppie. Al primo posto pone
l abisso e il silenzio (1) ; da cui procede un germe,
l intelletto (^2) e la verit, donde la parola (3) e
la vita ; di qui l uomo e la chiesa ; da cui do
dici eoni, mentre dalla parola e dalla vita ne
procedono dieci. Ed ecco dunque i trenta eoni
ripartiti in una ogdoade, in una decade e in
- 112
(1) femminile.
(2) Ireneo (P 11) ha na-cpa invece di voiJv, menten^.
(3) Il lyog.
una dodecade. Lultimo eone concep vaghezza
di scoprire il primo, l abisso, e per questo tent
di risalire dalle inferiori regioni del Pleroma.
Ma le sue forze non furono da tanto. Onde, in
capace di levar lo sguardo sulla sua stupenda
grandezza, corse rischio di disciogliersi nel nulla,
se non lo avesse assicurato nel suo essere, il
termine del mondo pleromatico, pronunciando
la parola Tao. Ma l eone decaduto. Sofia, preSo
nel vortice dei suoi desideri malsani, diede ori
gine, nel torbido fermentare delle sue passioni,
alle forme della materia . . . Dalla trepidazione
e dallinquietudine nacquero le tenebre ; dal t i
more e dall ignoranza scaturirono la subdola
malignit e la perversione, dalla tristezza e dal
pianto, le fonti d acqua e i mari. Il Cristo fu
mandato dal primo padre, inviolabile nel suo
mistero, a ripristinare lequilibrio spezzato dal
folle sogno di Sofa . '
Questa esposizione dello pseudo-Tertulliano,
che concorda sostanzialmente con quella di Ire
neo (I, J.l, 1), sebbene sembri ricavare anche
qualche elemento, non comprendendolo, da quel
che Ireneo dice dei Yalentiniani del suo tempo
(I, 1-8), non contiene nulla che sia in aperto
contrasto con i dati del pensiero valentiniano,
che desumiamo dai frammenti del maestro. Il
Pleroma un insieme di ipostasi divine, distri
buite a coppia. L universo - la solidificazione
delle passioni amarissime di un essere divino.
- 113
colpevole nella sua volont di oltrepassare il li
mite fissato alle sue potenzialit. Non appare
chiaro chi opera con questa materia, sorta dalle
angoscie di un eone ribello (Sofa), ma eviden
temente si allude.al Demiurgo, che non per
forse un concetto valentiniano puro. Lordine
turbato nel Pleroma viene ristabilito da Oros,
il quale pronuncia una taumaturgica parola : lao,
-il nome cio di lahv, comera pronunciato dai
greci, che diviene il vocabolo preferito nelle
formolo-incantatorie dello gnosticismo valenti
niano e gi rappresentava, in alcune correnti
del sincretismo greco-romano, 1 appellativo mi
sterioso della divinit suprema. Nei suoi signi
ficativi sforzi per ridurre il politeismo romano
a un monoteismo solare, Macrobio registra, ad
esempio, (Sat. I, 18-19) uno pseudo oracolo di
Apollo Clario, commentato da Cornelio Labeone,
cos concepito :
Grli iniziati debbono tener celate le sacre
verit, una volta conosciutele. Ma se proprio
scarso intelletto e debole mente lo esigano,
sappi che di tutti gli dei il supremo Ino :
obbedirai dinverno a Plutone, di primavera a
Giove, destate a Sole, d autunno, al lussureg
giante lao .
114
115
ERACLEONE
Esponendo nel libro sesto della sua grande
opera contro leresie il sistema vaientiniano, Ip
polito ci d un ragguaglio di fatto (35) clie pos
siamo accogliere per g i u s t o c i dice cio che a
proposito della natura del corpo, assunto da
Gresil nella sua (pavpcacri^ nel mondo, i discepoli
e i continuatori di Valentino si erano divisi in
due correnti : alcuni, i valentiniani d Italia,
tra cui Eracleone e Tolomeo, dicevano clie il
corpo di Ges fu psichico, e che per questo nel
l istante del battesimo lo spirito discese in forma
di colomba, vale a dire il Verbo della Madre
suprema, Sofia, si pos sullo psichico e lo ridest
dai morti. Per questo detto : Colui che ridest
Cristo dai morti, dar vita anche ai'vstri oorpi
mortali, e psichici. In quanto alla terra essa sog
giacque alla maledizione. Poich scritto : Terra
sei e in terra ritornerai. Gli orientali invece, quali
Assionico e Bardesane, dicevano che il crpo
del Salvatore fu spirituale. Poich lo Spirito Santo
discese in Maria, vale a dire Sofa, e (con esso)
la potenza dellAltissimo, che la tecnica demiur
gica, affinch fosse plasmato quel che era stato
infuso dallo Spirito .
Eracleone, fra i seguaci italici di Valen
tino, il pi eminente : OuaXsvTivou oycikriq
SoxtpiwTaTO;;, lo dice Clemente Alessandrino {Str.
IV, 9). Molto scarse sono le informazioni patri
stiche intorno alla sua vita e al suo insegna
mento, se prescindiamo, come dobbiamo pre
scindere, dalla strana e inesplicabile testimo
nianza del cosi detto Praedestnatus (1), il quale
pone nientemeno in rapporto la propaganda di
Eracleone col vescovato romano di Alessandro
(tra il 110 e il 120) e la localizza in Sicilia.
Origene premette alla sua prima citazione
di Eracleone le parole : t o u OaXevrtvou Xy(X-
voi; elvai yvcapiftoi^. Ireneo accenna a lui molto
fugacemente : Filastrio (41) e lo pseiido-Tertul
liano gli dedicano brevissime notizie. L opera
di Eracleone va quindi collocata fra il 160 e il
180. Clemente Alessandrino lo cita scrivendo al
tramonto del secondo secolo e quando Origene
scrive verso il 228 il suo commento al Vangelo
di S. Griovanni, tiene dinanzi agli occhi il com
mento di Eracleone, che cinquantanni prima
116
(i) E nota sotto questo titolo unopera anonima,
che il Sirmond pubblicava nel 1633, distribuita in tre
parti; la prima consacrata ailesposizione e alla con
futazione di 90 eresie, da Simone Mago ai PredesU-
naziani; la seconda e la terza consacrate invece alla
confutazione del predestinagianismo, presentato come
dottrina agostiniana. Secondo lopinione oggi preva
lente, ne sarebbe autore un monaco che visse a Roma
verso la met del V secolo, e parteggi per le idee
pelagiane, Arnobio detto il giovane, per distinguerlo
da Arnobio di Sicca.
aveva, con gli altri gnostici, inaugurato l ese
gesi neotestamentaria.
Se le testimonianze patristiche intorno ad
Eracleone sono pi scarse e pi malsicure del
solito, i frammenti superstiti dei suoi scritti
sono, in cambio, abbastanza numerosi e per
quanto brevi, sono sufficienti a darci un idea
approssimata delle sue opinioni flosofico-reli-
giose. Abbiamo innanzi tutto un tratto di Era
cleone, di commento al passo di Luca XII, 8 ,
9, in cui il figliuolo dlluomo garantisce di.
dar testimonianza al cospetto degli angeli in
favore di colui che lo abbia in antecedenza con
fessato al cospetto degli uomini. Eracleone e-
spone intorno al martirio un apprezzamento che
deve aver contribuito ad accreditare lidea che
gli gnostici rinnegavano il dovere di confessare
pubblicamente la fede cristiana. Il tratto ne
gli Stronfiata di Clemente Alessandrino, il .quale
non esita a sottoscrivervi, fatta qualche riserva
e limitazione (IV, 9, nello Stahlin p. 280) :
Nellinterpretare questo passo, Eracleone
dice testualmente che vi una confessione la
quale si esplica nella fede e nella vita, e ve n
unaltra che si afferma con la viva voce. La
confessione orale si fa innanzi ai poteri costi
tuiti e molti, non rettamente, proclamano che
essa sia la sola' confessione che meriti questo
nome. In realt anche degli ipocriti possono
confessare a questa maniera. E del resto un si-
117
mile modo di pensare non pu applicarsi uni
versalmente poich non tutti i salvatisi fu
rono chiamati a confessare di viva voce prima
di morire, tra cui Matteo, Filippo, Tommaso,
Levi ed altri molti. La confessione verbale non
la confessione integrale, ma solamente una
confessione parziale. La confessione integrale di
uui parla (G-es) in questo passo, quella che si
attua nelle opere e negli atti che sgorgano dalla
fede in Lui. In questa confessione integrale
implicita laltra, la parziale, che si fa al co
spetto dei poteri costituiti, qualora sia necessa
rio e la ragione lo prescriva. Ohi abbia in ante
cedenza offerto la sua professione nella rettitu
dine della condotta, questi emetter agevolmente
la professione verbale. Opportunamente (il Sal
vatore) applic a quelli che confessano, la clau
sola in me e a quelli che negano, il 'sem
plice pronome me . Poich chi lo confessa a
parole, lo rinnega di fatto, se non lo confessa
con le opere. Son soli a confessare in lui coloro
ehe vivono nella confessione e nella condotta
( hEgli ha prescritto. Su essi anchEgli pronunzia
la sua confessione, avendo preso possesso^ dei
loro spiriti ed essendo da questi tenuto. Poich
egli non pu giammai rinnegare s stesso, men-
t re in realt lo rinnegano coloro che non vivono
in Lui. Nessuno pu negarlo vivendo in Lui. In-
fine la clausola al cospetto degli uomini
comprende parimenti gli eletti e gli etnici ; di
- 118 -
nanzi ai primi si svolge la confessione della
vita pubblica, dinanzi agli altri quella orale.In
realt non possono in alcun modo negarlo : lo
negano invece quanti non vivono in Lui .
Questo passo, di schiettissimo sapore paolino^
sembra voler colpire 1 ostentazione di qualche
cristiano, che credeva di aver compiuto tutto il
dovere della sua professione religiosa, procla
mandola a parole, quasi a sfida delle autorit
politiche, e non preoccupandosi di uniformare
resistenza quotidiana all ideale etico cristiano.
Ma la pi abbondante messe di incisi e ri
ferimenti eracleonici ci fornita da Origene, il
quale, per non meno di 4S volte, registra, quasi
sempre per approvarle, nelle parti pervenuteci
del suo commento a Griovanni, sentenze che
Eracleone aveva scritto, negli *T7rofxvy)fxaTa_ da
lui compilati sul vangelo spirituale. Il Brooke
ne ha curato un edizione correttissima, utiliz
zando un numero di codici sensibilmente mag
giore di quello cui non avessero fatto ricorso i
migliori editori di Origene, quali il Delarue e
il Lommatzsch. Noi cercheremo di utilizzare
questi frammenti, raggruppandoli in modo che
ci diano un idea delle varie parti del sistema
gnostico, insegnato da Eracleone ; teodicea e co
smologia, antropologia, soteriologia, ecclesiolo-
gi (1).
( 1) A.. E. Brooke, The Fragmeuls of Heracleon.
Cambridge, 1891 (Te:?ts and studies; contributions tp
119
Eraoleone definisce Dio in maniera spiritua
listica ; axpavTO(; xal xaOocp xocl paTOc; 0 sia
\jaL(;, egli dice (fr. 24). ISTelPabisso ineffabile della
vita divina, egli sembra distinguere, come il
suo maestro Valentino, una quadruplice molte
plicit di ipostasi eterne e perfette. Interpre
tando infatti misticamente i 46 anni che Saio-
mone impieg nella costruzione del tempio (Griov.
II, 20), vi -scorge unallusione allorganismo sen
sibile del Cristo, simboleggiato dal numero 6 , e
insieme agli elementi divini in lui, simboleg
giati dal numero 40 (fr. 16). Ammette ad ogni
modo in maniera indubbia che nei misteri e-
terni della divinit, antecedentemente all esi
stenza delluniverso sensibile, e allorigine delle
categorie di spazio e di tempo, si sia compiuta
una moltiplicazione di realt astratte, cui fu
estranea lopera del Verbo. Commentando in
fatti i primi versetti del Vangelo Griovanneo,
e di ci Origene lo rimprovera, Eracleone esclude
dal novero delle realt attuate mediante il Verbo.,
le divine ipostasi, che popolano l eterno vivente ;
Esponendo le parole Tutto fu fatto, me
diante il Verbo interpret nel Tutto, il mondo
e quanto in esso si contiene, eccettuando dal
Tutto, a quanto implicito nella sua asserzione.
120
biblical and patristic literature I, -i). I numeri con cui
indiciiianio 1 frammenti sono quegli stessi usati dal
Brooke, che li desume dairordine progressivo, nel
quale vengono citati da Origene.
tutto ci che distinto e superiore al mondo
e alle sue realt. Dice infatti : non furono su
scitati in virt del Verbo leterno e quanto in
esso vive, tutto ritenuto da lui anteriore al
Verbo (fr. 1);
evidente, invece, nel pensiero di Eracleone
la parte spiegata dal Verbo nella formazione del
cosmo :
Dice che fu il Verbo a offrire al Demiurgo
l occasione della genesi del cosmo, e che quindi la
clausola che gli conviene, non era : con cui o
da cui bensi in virt del quale . . . Poich il
Verbo non oper sotto lo stimolo altrui, si che
in questa maniera debba intendersi l inciso :
mediante il Verlo^ ma al contrario, sotto lo sti
molo di Questi, altri compi Fopera della forma
zione cosmica . Lazione che nella esposizione
irenaica del sistema valentiniano attribuita a
Sofia, qui attribuita al Logos, e mentre nel
secondo frammento valentiniano gli YyeXoi sem
brano essere i foggiatori delluniverso sensibile
e delle varie categorie di organismi corporei, il
filosofo ed esegeta modifica la dottrina del mae
stro, assegnando ad un unico essere superiore, il
Demiurgo, una funzione eminente nella dispo
sizione del cosmo e nel dominio degli spiriti :
un ^Demiurgo questo un po diverso da quello di
Marcione, perch pi sottoposto al Dio supremo.
Il IV Vangelo, dopo il mirabile prologo in cui
illustrata la funzione del Verbo nel movi
121 - -
mento della macchina cosmica, registra la ^ap-
TUpta del Battista intorno all opera del Cristo.
Nelle sue umili parole di soggezione alla rive
lazione messianica, Eracleone vede raffigurato
l atteggiamento del Demiurgo dinanzi al Logos-
Cristo :
Molto pi semplicemente ha interpretato
Eracleone le parole : non son degno di sciogliere
il laccio dei suoi calzari, (Giov. I, 27), come se
il Battista si proclami con ci indegno di pre
stare il pi basso servizio al Cristo. Dopo que
sta spiegazione, non inverosimilmente ha ag
giunto : non. son da tanto, che per causa mia
discenda dalla grandezza, ed assuma., a mo di
calzare, una carne di cui non son capace di dar
ragione, n di spiegare, n dominare, si da scio
gliere leconomia. Ma troppo recisamente e au
dacemente avendo Eracleone intravisto nel cal
zare il cosmo, tratto, abbastanza empiamente,
a sostenere tutto ci doversi interpretare detto
della persona raffigurata in G-iovanni. Vuole
cio che lartefice del mondo o Demiurgo, es
sendo inferiore al Cristo, riconosca ci attra
verso queste frasi : e asserzionis pi empia non
si potrebbe immaginare (fr. 1). Ma non era que
sta lunica immagine del Demiurgo che, Era
cleone scorgeva nel Vangelo giovanneo. Negli
ultimi versetti del c. IV narrato del dignita
rio di corte che, avendo avuto notizia della pre^.
senza di G-es a Cana in Galilea, ^l e a lui da
122
Cafarnao, per chiedere la guarigione del figliolo
malato : ora Eraoleone sembra ravvisare nel
personaggio di corte, il Demiurgo, perch anche
lui aveva signoria sui suoi soggetti, ma poich
il suo reame era piccolo e temporaneo, fu detto
personaggio di corte, quasi reuccio costituito
dal sovrano cattolico, su un modesto princi
pato (fr. 40).
Ma non si chiude col Demiurgo la serie delle
figure ipercosmiche immaginate da Eracleone.
A proposito di Giov. IV, 21. Origene giudica:
Non fa un osservazione assurda Eracleone,
quando dice che con limmagine del monte raf
figurato il diavolo oppure il suo mondo, dal mo
mento che il diavolo non che una parte di
tutta la materia crassa e il mondo la vetta
delluniversale malvagit, uno squallido ospizio
di belve, a cui si prostrano quanti vissero prima
della legge e quanti etnici furono in vita : per
Gerusalemme invece deve intendersi la creazione
o il creatore, venerato dai Giudei . Sulla na
tura del diavolo, Eracleone ha occasione di spie
garsi nel commento ali invettiva di Ges con
tro i Farisei' (Giov. YIII 40 e ss.) Poich la
sua natura non sgorga dalla verit, ma da ci
che agli antipodi della verit, lerrore oio e
l ignoranza. Per cui n pot risiedere nella ve
rit n avere la verit in s, saturo della men
zogna che rampolla dalla sua natura, sostanzial
mente incapace di pronunciar giammai parola
123
di verit. Osserva inoltre che non solo esso
menaognero, ma lo anche il padre suo, inten
dendo a modo suo per padre, la sua natura,
sorta dallinganno e dalPrrore (fr. 47).
Lantropologia di Eracleone rispecchia fedel
mente la sua concezione del mondo soprasensi
bile. Al Padre della verit, natura immacolata
e invisibile, fanno riscontro gli individui pneu
matici, che sono una cosa sola con il Logos, che
confer loro la configurazione iniziale, impo
nendo e rivelando la fisionomia, la lucentezza,
lentit propria in quanto altri aveva seaiinato
(fr. 2). Costoro essendo della medesima natura
col Padre potrebbero dirsi e Origene si
mostra scandalizzato di simile conclusione
consustanziali alla natura ingenerata (fr. 24).
Il dominio del Demiurgo costituito invece
dagli psichici, i quali, come il figlio malato del
PaoriXixf; (Giov. IV, 46-54) -, sono costituiti
nella ignoranza e nella colpa . La loro anima,
se3ondo Eracleone^ non immortale, ma ha sem
plicemente la capacit di essere salvata. Il Lo
gos appunto il Salvatore, disceso fino all in
ferno, che guarisce dal male, affranca cio dai
peccati, e vivifica (fr. 40).
I figli del dievolo invece sono gli ilici, per
i quali nessuna speranza v di riscatto. Come
potrebbero mai individui tuffati nellignoranza,
nellincredulit, nella colpa, assurgere allincor
ruttibilit ?(fr. 41) Poich la materia univer
124
sale appare alla gaosi come 1 ipostatizzaz ione
della tristezza di unessere divino decaduto, gli
individui umani, che partecipano soltanto della
materia e lasciano imputridire nella materialit
linfusione dello Spirito, non possono aspirare
allimmortalit ; ma andranno, alla loro morte,
a perdersi nella materia cosmica, la quale a sua
volta svanir completamente il giorno in cui la
tristezza di Sofia non avr pi ragione di es
sere, per il compiuto riassorbimento del divino,
che passato nel mondo, in seno al pleroma
indefettibile. Perch appunto, secondo Eracleone,
sono figli del diavolo non solamente i
ma anche gli psichici che si lasciano andare,
sulla china dellignoranza e dellegoismo pecca
minoso, ad un livello etico inferiore.
Le parole di rimbrotto e di condanna del
Cristo ai giudei ostinati (Gio'v. Vi l i . 44) sono
da lui applicate, non solamente agli uomini ter
reni, figli del diavolo per natura, ma anche
agli psichici,, divenuti per la loro condotta figli
del diavolo, mntre potevano assurgere dalla
qualit ,di figli del Demiurgo, alla dignit di
figli di Dio. E spiega il suo concetto osservando
che vi sono tre generi di figliolanza : naturale, vo
lontaria, di convenienza 0 metaforica, secondo che
si figli per generazione, o per virt di ade
sione della volont a un individuo che si sceglie
per padre, o per comunanza nascente dalla qua
lit delle opere che si compiono iu armonia con
125
un modello ed un ispiratore, come appunto
detto nel Vangelo (Mt. XXIII. 16) di molti che
sono figli della geenna, delle .tenebre, del pec
cato, dei serpenti, delle vipere.
Ohi cade in tanta abbiezipne, incolpi se
stesso: la possibilit del riscatto concessa a
tutti, poich il Logos, che il Salvatore, (fr. 5)
presente dovunque lo si desideri (fr. 7). G-io-
vanni (Giov. I 29) lo addita ai giudei, chia
mandolo piv<; Tou 0SOU, quegli che annulla il
peccato del mondo. Le parole anzi del Battista
posseggono agli occhi di Eracleone un signifi
cato riposto che non va trascurato. Limmagine
deiragnello va riferita al corpo del Cristo, mentre
le parole che seguono^ con lallusione alla di
struzione del peccato, vanno riferite a ci che di
misterioso e di soprannaturale si celava e ope
rava nel corpo del Cristo.
A differenza da altri maestri gnostici, Era
cleone (fr. 12 ) sembra attribuire una piena realt
alla passione del Cristo, di cui scorge un sim
bolo nella celebrazione e nel sacrificio pasquale.
Ma afferma che l opera della salvezza com
piuta da lui mediante l illuminazione interiore
e mediante il ricuperamento degli elementi
divini che, effusi dal Padre, giacciono nel
grembo degli pneumatici. Il racconto della
Samaritana appare ad Eracleone come il vero
poema del riscatto interiore (fr. 17 e fr. 1 8 ). La
Samaritana, immagine dellindividuo pneumatico
126 -
(Giov. IV, 6 e ss.) si reca al pozzo ad attingere
acqua: si tratta di un simbolo della yita co
smica, tanto vero che servi ad abbeverare le
greggi di Giacobbe. Lacqua che d il Salvatore
invece, sx tou TTVsjxaTOi; ned Suv(jLC0(; auTou
la vita eterna, incorrotta e incorruttibile, per
manente e inesauribile. Destinata allelezione
come pneumatica, per quanto piombata nellab-
biezione, la Samaritana risponde pronta alPap-
pello del Salvatore. Lo sposo chessa ha nel
Pleroma (^v vYjp sv tw aicovi, fr. 18).
partecipe e cooperatore del suo affrancamento
Lanfora chessa lascia presso il Salvatore, per
correre ad annunciare ai suoi concittadini lav
vento della salvezizia spirituale, il simbolo della
capacit universale, etica e logica, di accogliere
la vita superiore. Il Salvatore la riempie con la
sua acqua pura, mentre la Samaritana che ap
partiene alla x7\.0Yir) annuncia alla agli
psichici cio, che la parusia del Cristo si com
piuta (fr. 27). Lo pneumatico, che rassodato
nello Spirito si fa strumento del Padre, nella
ricerca di ci che suo, e che precipitato nel
baratro della materia, non l adora pi, (fr. 23),
ha del resto una funzione limitata, poich la
nima condotta al Salvatore in virt dello Spi
rito e dallo Spirito (fr. 27). Gli uomini che im
parano da altri uomini a conoscere il Salvatore,
non a pena vengono a contatto con le sue pa
role, credono, non ;^i a ragione della testimo
127
nianza umana, bensi in virt della suggestione
diretta della verit, (fr. 38) Grli angeli servi del
Demiurgo raffigurati dai servi del [iaaiXix;; di
Giov. IV. 50, che annunciano al loro si
gnore, come dopo V apparizione del Salva
tore- la vita degli uomini abbia guadagnato in
robustezza spirituale e in sincerit (fr. 40), non
gli annunciano cosa sgradita, perch su7UiaT0<;
A7 ] ( j , Lo up y ( ; s c t t l v e nulla meglio desidera, che
lampliamento della signoria dello Spirito nel
mondo, e la consumazione della salvezza uni
versale.
Cosi il concetto eracleonico del Demiurgo s
rivela ben diverso dal concetto, quasi dualistico,
di Marcione. Nella scuola di Yalentino la sal
vezza si compie pacificamente senza rinnega
menti. Il Demiurgo, signore della creazione, non
frappone ostacoli, bensi si compiace che i suoi
figli passino nel dominio assoluto del Logos e
del Padre.
Ancora una volta, colta nei frammenti ori'
ginali dei maestri gnostici, oltre che nelle testi
monianze degli scrittori ecclesiastici, la gnosi
si rivela anche come contemplazione mistica
della salvezza interiore, pi che fastidiosa siste
mazione di teoremi cosmogonici.
- 1 2 8 -
129
TOLOMEO
Nellinsegnamento di Tolomeo e dei suoi
seguaci sembr rifiorire l insegnamento di Va
lentino dice Ireneo (F 1-3). Bd egli stesso ci
espne con larghezza di particolari, nei primi
8 capi del P libro dell Adversus Haereses, il
pensiero tolemaico, che dice di avere attinto di
rettamente dai commentari del maestro (u7roi;.v^-
[xaTa) e dalle conversazioni dirette con i suoi
seguaci.
Siamo completamente al buio sulla biografa
di Tolomeo. Ma lessere stato egli scolaro di
retto di Valentino; lavere avuto scolari che I-
reneo ha conosciuto a Roma o in G-allia dopo
il 177; ci autorizza a supporre che la sua atti
vit si svolta a Roma fra il 140 e il 170.
%
A. Harnarck (1) ha tentato di identificarlo
con quel StSocaxaXoi; cristiano di cui Griustino
parla nel preambolo della sua seconda apologia,
come martirizzato a Roma, al tempo del Pre
fetto Urbico, tra il 150 e il 152 : ma si tratta
di una congettura che nessun argomento posi
tivo suffraga, fuori dellidentit del nome.
(1) Analecta zar dltesten Geschichte des Christen-
iums in Rom. Leipzig, 1905.
Descrizioni del suo sistema si trovano, ma
molto sommarie, in Filastrio (32) e nelle pseudo
Tertulliano, Ampiamente invece ne parlano Ire
neo nel passo indicato, i PMlosophumena (FI) ed
Epifanio (h. 33), il qual ha, una volta tanto, la
felice idea di trascriverci una intiera lettera dello
gnostico a una dama cristiana di B-oma, Flora, in
torno al valore della legge mosaica (33-3 s.). E
a questo documento originale che dobbiamo do
mandare una indicazione del sistema di Tolomeo
(1). La lettera un modello di chiarezza e di
ordine, in cui l esposizione e la risoluzione del
problema sono prospettate con ottima distribu
zione delle parti, e con un senso vivissimo del.
loriginalit della rivelazione cristiana, nello
sviluppo della vita religiosa.
Lo scrittore entra subito in meias res con
riferimento alle divergenti opinioni che corre
vano al suo tempo intorno al valore e alla ge
nesi della legge mosaica:
Mia buona sorella Flora ! Come molti ab
biano accolto la legge di Mos alla cieca, non co
noscendo bene n chi Pha emanata n le prescri
130
vi) La lettera, olire a trovarsi in tutte le edizioni
di Epifanio, stata pubblicata in un testo ottimo da
A. Harnack, con l assistenza del Wilamowitz, con
opportune correzioni alla lezione dei due principali
codici-di Epifanio, il genovese e quello di Breslavia
P.tolomaeus Br i e f an die Flora 2 Ed. Bonn, 1912
(Kleine Texte ecc.).
zioni ohessa contiene', penso clie ti apparir
chiaro, non appena tu abbia conosciuto le di
vrgenti opinioni in proposito. Alcuni infatti
la proclamano bandita dal Dio padre; altri, po
stisi per via diversa, la ritengono imposta dal
suo emulo, il. malefico diavolo, a cui parimente
riportano la fabbricazione del mondo, e che de
finiscono Padre e Fattore. In realt gli uni e
gli altri sono degli allucinati. Questa legge non
n lemanazione del Dio Padre, perch eviden
temente imperfetta, n del suo avversario, perch
a ci contradicono esplicite testimonianze del
Salvatore.. Io ti dir da qual legislatore sia stata
sancita la legge mosaica; nulla per giudicando,
se non potr appoggiare le mie asserzioni alle
parole del Maestro. Poich solo a patto di se
guire la sua guida lecito intraprendere il
viaggio verso il possesso della verit.
Innanzi tutto da osservarsi che tutta la
legislazione mosaica racchiusa nel Pentateuco
mosaico non emana da un unico legislatore, cio
da Dio solo. AI contrario vi sono alciine delle
prescrizioni che sono state emanate dagli uo
mini. Anzi le parole del Salvatore ci insegnano
a suddividerla in tre parti. Luna va attribuita
a Dio stesso e reca la sua sanzione; la seconda
va assegnata a Mos (non per ci che Dio pre
scrisse per suo mezzo, ma per ci che Mos pre
scrisse partendo dalla propria iniziativa) ; la terza
infine agli anziani del popolo, dei quali appunto
- 131
risulta ohe emanarono inizialmente disposizioni
proprie.
A sua volta, quella parte che abbiamo detto
essere la legge che emana da Dio stesso, va di
stribuita in tre parti minori, nella parte cio
completamente pura, monda da ogni infiltrazione
di male, che merita di essere chiamata propria
mente legge e che il Salvatore non venne a dis
solvere, bens a compiere, non essendo incompa
tibile con la sua natura; nella parte mescolata
ad elementi inferiori di ingiustizia etica, che il
Salvatore abrog, come indegna della sua natura;
nella parte infine tipica e simbolica, emanata a
dare unimmagine preventiva di future realt
pneumatiche superiori. Questultima parte fu dal
Salvatore trapiantata dalla sfera sensibile e fe
nomenica in quella dellinvisibile e delleterno. La
prima parte costituita dal Decalogo ; la seconda,
ad esempio, della legge del taglione ; la terza
data dalle prescrizioni legali dei sacrifci, della
circoncisione, del digiuno, della Pasqua, degli
azzimi. Avendo tutto ci puro valore di immar
gine e di simbolo, fu trasformato allo sfolgorare
della verit. Nei loro elementi sensibili, nel loro
contenuto materiale, simili prescrizioni furono
soppresse; nei loro elementi pneumatici furono
mantenute e integrate, sicch, salvi restando i
nomi, ne fosse trasformata la sostanza. Ed ecco
che anche a noi il Salvatore comand di offrire
sacrifci, ma non pi di animali irragionevoli e
132
di effluvi materiali, ma di pure lodi spirituali,
di monde azioni di esaltazione e di ringrazia
mento, di caritatevole fratellanza e beneficenza
, per il prossimo. E vuole anclie che ci circonci
diamo, ma non nel prepuzio corporeo, bens nel pre
puzio metaforico del cuore. E vuole che rispet
tiamo il sabato, intendendo con ci che ci aste
niamo dalle opere malvage ; che digiuniamo, non
gi col digiuno corporale, bens con quello spi
rituale, con lastensione, cio, da ogni stoltezza.
Peraltro praticato dai nostri anche il digiuno
simbolico, in quanto giovevole allanima, se
praticato con discernimento, non fatto, cio, per
imitare altrui, per semplice forza di consuetu
dine, per ossequio a determinati giorni, come se
questi fossero proprio a ci indicati ; ma sopra
tutto ad ammonimento e a memoria del vero e
autentico digiuno, onde coloro che non sono an
cora in grado dintendere questo, ne concepiscano
lidea attraverso il digiuno sensibile. Infine che
la Pasqua e gli azzimi avessero puramente va
lore di simbolo, risulta dalle parole dellapostolo
Paolo, l dove disse (P Oor. Y, 7 e ss.) : La no
stra Pasqua fu immolata. Cristo: affinch, dice,.
siate azzimi,immuni da lievito chiama lievito
la presente malvagit e siate una nuova pasta .
Distinti cos i vari filoni e i vari strati so
vrappostisi nella legislazione mosaica ; fatta una
cernita fra le stesse prescrizioni che emanano
dal Dio, cui prest ossequio Mos ; Tolomeo pu
133
procedere senzaltro alla identificazione e alla
descrizione di questo Dio, cui va riportata, come
a naturale Signore, leconomia del Vecchio Te
stamento. Tolomeo distingue il Dio Padre per
fetto, 'ilzioc,, dal SLpoXoc: fra loro due colloca
il S'/)(JLioupy;; xal TroiYjTT]^; toj S toj 7ravT<; xc^jlou,
y.7.i ToSv v auTco, a cui appunto va riportata la
legislazione mosaica, nelle sue parti divine. Si
tratta di un Dio generato, la cui natura non
9 0 apf7La. e '^Sc, come nel Padre, ma n pure pOop
e GK'zoQ, come nel diavolo: la sua natura
media, e giustamente a lui attribuito t
(jiscrTyjTOi; 6vo(j,a. Sebbene non sia essenzialmente
yaGc;. non^ n pure Kc/.xq o Sixo^;. Pu essere
detto Lxaio<;. Qui il ragionamento di Tolo
meo non molto coerente. Se tutto quel cbe
,v di divino nella legislazione.mosaica va attri
buito a un Dio medio, come pu esservi in quella
legislazione una parte, il decalogo, perfetta in
s stessa, e . destinata a durare anche quando la
economia del demiurgo sia superata? Ma v un
altra difficolt, tanto pi grave, che non sfugge
allo stesso Tolomeo, il quale vi accenna negli
ultimi periodi della sua lettera. Poich uno solo
lessere ingenerato, e tutto ha principio da lui,
come possono il Demiurgo e il diavolo essere
derivati dal Padre? Tolomeo capisce che Flora
sar ormai ansiosa di saperlo e promette di dare
a parte le necessarie spiegazioni al riguardo,
!34
sempre attingendo allinsegnamento del Salva
tore.
Possiamo sperare di trovarle nella esposizione
che fa Ireneo del sistema dei Valentiniani se
guaci di Tolomeo? Bene o male,"la lettera a
Flora ci fa intravedere l ossatura del sistema
tolemaico : Tolomeo immagina il Dio supremo
al di fuori di ogni contatto col mondo sensibile.
In posizione subordinata, con dichiarazioni che
ricordano da vicino le idee di Eracleone, col
loca il demiurgo, e pi in basso ancora, il Si
gnore della materia, il diavolo. Come si effettua
questa decadenza e involuzione progressiva verso
il cosmo sensibile?
Dicevano dunque i seguaci di Tolomeo
attesta Ireneo (1) che nellinvisibili e inef
fabili altezze del mondo soprannaturale sta un
Eterno perfetto, preesistente ad ogni realt for
mata: lo chiamavano primo principio, primo
padre, abisso. Esso incomprensibile e invisi
bile, eterno ed ingenerato, onde viveva in una
sconfinata e imperturbabile solitudine, attraverso
i secoli immensi. Con lui e in lui era il pen
siero, che chiamano anche Grazia e Silenzio. Al
di sotto del Padre e del Silenzio si scompongono
per fenomeno di scissiparit dialettica, altre tre
135
(1) Il lesto greco deWAcloersus Haereses per
questa parte conservato nel Panarion di Epifanio,
h. 31.
coppie di eoiii, che formano cosi con la prima
Fogdoade suprema: Intelletto (vou?) Verit;
Verbo Vita; Uomo Chiesa. Il carat
tere astratto di questi esseri concettuali, nella
speculazione gnostica, mostrato dallinciso in
cui Ireneo assevera che ogni eone un divino
ermafrodito. Dalle due ultime coppie dellog-
doade rampollano la decade e la dodecade che
formano i 30 eoni del Pleroma. Ma la serenit
impertubabile del Pleroma sconvolta dal de
siderio incomposto dellultimo eone, Sofia, di
compiere un Suvarov npoi'fiiQr.. Il Padre supremo
secondo la gnosi tolemaica, noto allunico ge
nerato direttamente da lui, lintelletto: per tutti
gli altri eoni invisibile e incomprensibile. E
lintelletto si beava di questa contemplazione
privilegiata, e nel senso di effusione che accom
pagna la bont, si struggeva dal desiderio di
partecipare ai compagni del Pleroma la visione
della grandezza paterna. Il Silenzio, per volere
del Padre, gli vieta di compiere il suo progetto,
bramando che gli eoni riposassero nel desiderio
di conoscere il Padre. E infatti gli eoni vive
vano nel desiderio silenzioso di scoprire la ra
dice increata della loro essenza. Ma l ultimo
eone, Sof-a, tenta, ci nonostante, di uscire dai
suo stato di desiderio e di effettuare allinsa
puta delleone gemello, il Voluto, la sublime
ascensione verso la conoscenza diretta del Padre.
Ma male gliene incoglie : piombata in una gelida
"136 -
agonia, correrebbe riscliio di dissolversi s q
6Xt]v oatav, senza pi personalit, se non accor
resse in suo aiuto il termine sacro dellppiQTro;;
(jiYsQoc;, "Opo^;, il quale riduce a proporzioni ra
gionevoli i suoi smodati desideri e la riconferma
nellessere suo. Ma un turbamento cosi profondo,
provocato nella serenit del Pleroma dal sogno
ambizioso della Sapienza, non pu essere ripa
rato cos agevolmente. Occorre da una parte im
pedire che altri eoni seguano lesempio funesto
di Sofia: e daltra parte gli esseri ohe usciranno
dal desiderio malsano di Sofa (nel Pleroma tutto
ipostatizzato) seguiranno una loro traiettoria,
ohe esiger un lungo ciclo di secoli, prima che
larmonia del mondo divino una volta spezzata,
possa essere integralmente ristabilita. Per assol
vere il primo compito, lintelletto, dicono co
storo, suscit, secondo il piano provvidenziale
del Padre, una nuova coppia. Cristo e Spirito
Santo (concepito, alla semitica, come femminile),
onde gli eoni fossero ben confermati nella con
sapevolezza dell loro capacit e del loro de
stino (IP 5). I due nuovi eoni compiono rapi
damente questopera di istruzione e di consoli
damento morale del Pleroma, e allora il coro
completo degli eoni, per mostrare in maniera
tangibile la propria riconoscenza al Padre, di
stilla da s il meglio della propria spiri-
ritualit e della propria grandezza, e fon
dendo insieme questa quintessenza della so
~ 137
stanza pleromatica, come un frutto e un fiore
mirabile, come lastro del Pleroma, Tffre in
gloria allAbisso : ed Ges, chiamato anche
Salvatore, Cristo, Verbo, Tutto,
Frattanto lideale peccaminoso vagheggiato
dalla Sapienza, di assurgere alla diretta e intui
tiva conoscenza deliAbisso, col corteggio di pas
sioni che hanno accompagnato il suo concepi
mento e il suo fallimento (Xtcy], yvoia,
(p(3o<;) d origine al mondo extra-pleromatico.
Ancliessa, lE^'imesi, espulsa come un aborto
dal Pleroma, invasa dal desiderio accorato delle
realt superiori, sedotta da quel profluvio di im
mortalit, che il Cristo e lo Spirito Santo le
hanno lasciato per viatico alluscire dal Pleroma.
Di' nuovo, Oros deve arrestare il possibile di-
sfacimento di Acamoth in seguito al suo insano
desiderio: e deve confermarla nel suo essere,.pro
nunciando il misterioso vocabolo divino, lao. E
di nuovo le passioni e i perturbamenti psichici
che accompagnano il fallimento delle aspirazioni
conoscitive dellinfelice Acamoth, costituiscono
gli elementi onde son tratte le realt inferiori.
Questa volta, merc lopera del Demiurgo, ema
nato per primo da esse, giungiamo alla ma
teria sensibile. La quale per non rappresenta
una formazione uniforme. Nel mondo sottoposto
alla nostra osservazione occorre distinguere una
triplice categoria di realt: la realt naturale,
scaturita dalle passioni (oltre le quattro men-
--138
ziouate ricordato anche il riso, 6 vzk(<;, da cui
deriva la oxgol (pcTstvT)) ; la realt psichica, che
pu immaginarsi derivata dallatteggiamento di
Acamoth verso le realt superiori, infine la realt
pneumatica, che rappresenta il frutto delPope
razione generativa di Acamoth, in ci che essa
ha di pi alto e di pi puro, i residui cio della
rivelazione a lei fatta dal Cristo. Sono dunque
al mondo elementi divini ed elementi terreni ;
elementi destinati alla perdizione ed elementi
destinati alla trasfigurazione. Lo stesso nel ge
nere umano. Il Demiurgo che foggia luniverso,
uno strumento inconsapevole degli esseri su
periori che guidano la sua opera. Grli uomini
che partecipano a quasta infusione soprannatu
rale, gli pneumatici, sono predestinati alla sal
vezza,'attraverso la rivelazione portata dal Cristo
sulla terra ; i 5^01x01 0 ilici (da /ou?, terra, fango)
sono irrimediabilmente perduti; gli psichici
hanno nelle loro azioni il loro destino; di cia
scuno di essi potr dirsi faber suae fortunae
unusquisque est ipse . Il Salvatore, che fu un
corpo psichico, in cai ospit il*Oristo pleroma-
tico, ha manifestato in simboli tutto il mistero
delle universali realt.
La salvezza sta nel ricongiungimento dello
spirito nascosto -nelle anime degli pneumatici
con lo sposo celestiale che attende il suo ri
torno nel Pleroma. Quando tutto il seme divino
sparso nel mondo abbia raggiunto la consuma
139
zione della perfezione, allora Acamoth stessa
rientrer trionfante nel Pleroma, e consumer
le sae nozze misticlie col Salvatore, sul talamo
pleromatico ( V i l i ) . Gli psichici dal canto loro
passeranno nella regione mediana, mentre il
fuoco eli3 nelle viscere della terra, improvvi
samente ardendo, consumer rapidamente l uni
versa materia e sparir. Cos si compier il ciclo
delluniversale esistenza.
Per quanto la prolissa esposizione di Ireneo
possa contenere elementi avventizi e qualche
volta ampliati; per quanto sia necessario di
stinguere in questa esposizione della cosmogonia
valentiniano-tolemaica pi di una stratificazione
successiva di speculazione religiosa; non arduo
intravedere le linee fondamentali dellinsegna
mento valentiniauo, circa l origine delFuniverso
e il Fuo destino. Con ricca fantasia, Tolomeo
propone dei miti per dare la ragione della ge
nesi del mondo materiale. Il senso dellinadem
piuto spinge Sofia verso il Padre. Il desiderio
superbo determina uniniziale decadenza verso
la materia : la decadenza continua nella regione
mediana, si attua definitivamente nel cosmo. Il
processo del riscatto tutta la storia degli uo
mini. La reintegrazione degli elementi, pneuma
tici nel Pleroma il fine della redenzione. An
che il sistema di Mani concepir la storia degli
uomini come un processo di reintegrazione e di
ritorno della luce alla sua patria, ma, a diffe
u o -
renza del pensiero gnostico, e questo occorre
ben ripetere contro il Bousset, concepir la ge
nesi del mondo, non come una decadenza pro
gressiva del divino, bensi come una reale scon-
fitta del bene e della luce, di fronte al potere
delle tenebre e del male.
141
- 143
TEODOTO
Teodoto appartenne al ramo orientale della
scuola valentiniana. Nulla conosciamo della vita
e dfllattivit spiegata da lui. In compenso, il
cod- Laur. V. 3 degli Stronfiati di Clemente
Alessandrino porfca, dopo il libro YIII, una serie
di frammenti gnostici, intercalati o accompa
gnati da osservazioni ortodosse, i quali sono pre
sentati appunto come tratti di opere a noi al
trimenti ignote di Teodoto. Questi frammenti
sono in numero di 8 6 e sono citati comune
mente sotto il titolo di Excerpta ex Theodoto.
Si molto disputato sul carattere di questi
frammenti e sul loro rapporto con lopera di
Clemente e specialmente col suo ottavo libro,
che appare incompiuto. Secondo il von Arnim,
clie ha. dedicato allottavo libro degli Stronfiati
una speciale dissertazione, noi avremmo in questi
frammenti dei semplici appunti e degli affret
tati schemi per una nuova opera che Clemente
non riusc mai pi a scrivere. Forse tale ipotesi
non necessaria. Poich noi troviamo il fram
mento .82 di Teodoto riprodotto alla lettera da
Clemente nella interpretazione del .frammento
cosmogonico di Valentino (Str. IV 13 p. 287
dello Sch.), noi siamo indotti a pensare pi tosto
che gli excerpta conservati dal Laurenziano in
appendice agli JStromata, rappresentano appunti
presi da Clemente e utilizzati nella redazione
stessa degli Stromata, specialmente come guida
e sussidio alla intelligenza delle dottrine gno
stiche impugnate.
Passando ora brevemente in rassegna i prin
cipali di questi frammenti, ripartiti secondo il
nostro consueto modo di intendere i problemi
toccati dalla gnosi, vedremo ette Teodoto non si
discosta in sostanza dalla tradizione del maestro,
se non per un pi acuto senso dellesigenze ri
tuali della vita religiosa e per un profondo va
lore assegnato al concetto del destino.
La dottrina teodoziana intorno al mondo
della pienezza divina non diversa da quella
che Ireneo descrive a principio dVAdversus
Haereses come professata dai Tolemaici. Essendo
inconoscibile, il Padre volle essere conosciuto
dagli eoni, e attraverso la propria cognizione,
di s perfettamente consapevole, spirito di quella
scienza che nella scienza, gener l Unigenito .
Anche secondo Teodoto l unigenito ISTus bra
moso di comunicare al mondo pleromatico la
perfetta esperienza del Padre : ma la di
puO?, lo vieta (fr. 29).
Anche negli excerpta cogliamo la distinzione
nettissima fra il mondo pleromatico e il mondo
subpleromatico o regione media, divisi da un
tesmine (opo^) di cui la croce (cTaup^) il sim
bolo e la riproduzione (fr. 42) e troviamo la
144
consueta distribuzione degli eoni pleromatici in
coppie.
Nella sfera delle concezioni antropologiche
gli estratti di Teodoto tradiscono i medesimi
postulati della gnosi valentiniana, anzi, pos
siamo dire, della gnosi genericamente intesa. Al
di sopra della materia e della sostanza psichica,
nascosto in una parte del genere umano un
seme divino, uno Tuveufxa, scintilla del mondo
pleromatico, destinato allimmancabile salvezza,
(fr. 56; cf. framm. 14, 1, 2, 9, 21, 24).
Se gli pneumatici sono naturalmente desti
nati alla salvezza, che cosa rappresenta la Re
denzione del Cristo nel ciclo dellesistenza umana?
Per Teodoto, essa porta il destarsi dellanima
addormentata, il riaccendersi della scintilla na
scosta (fr. 3). Grli estratti sembrano confermare
il dato di Epifanio sulla divergenza fra valen-
tiniani italici e valentiniani orientali, circa la
natura del corpo di Cristo. Secondo Teodoto,
questo corpo puramente pneumatico, diretta,
immediata ed esclusiva opera dello Spirito nel
corpo della Vergine (fr. 60).
Ma la soteriologia di Teodoto assume un co
lorito particolare a causa della preoccupazione
da cui dominata del fato e della sua ef&cacia
nel processo della salvezza. Gi-li estratti ce ne
danno innanzi tutto una vera definizione meta
fsica.
Il destino non e altro ohe lo scontro di
145
molteplici e opposte potenze, invisibili ed oc
culte. che preposte al movimento degli astri,
mediante questi, reggono luniverso. Secondo
che a ciascuno degli astri tocc in sorte
di essere trascinato neHimmenso movimento
del cosmo, a ciascuno fu riservato il domi
nio su tutti i nati secondo la medesima tra
iettoria, quasi su altrettanti figli. Tratte dunque
dalle stelle fisse e dai pianeti, le invisibili virt
che ad essi presiedono, dispongono e sorvegliano
il ciclo delle generazioni. Non che gli astri pos
sano nulla al riguardo, ma stanno a rivelare
l efficacia delle virt dominatrici, non diversa-
mente dal volo degli uccelli, che non opera
tivo, bens dimostrativo. Sicch i dodici segni
dello zodiaco e i sette pianeti che li traversano,
ora procedendo daccordo, ora attrversantisi
il cammino, spuntando (e tramontan-do).... questi,
mossi per azione della virt, rivelano l orienta
mento della sostanza universa nei riguardi del
nascimento dei viventi e nel rivolgimento delle
circostanze. Poich non sono uguali le stelle o
le virt, ma alcune benefiche, altre malefiche,
ie une destre, le altre sinistre. (fr. 69-71). Preso
irrimediabilmente nella lotta degli a'voijeiv. t o u
x(7(xou. lo spirito umano non troverebbe via di
salvezza, se il Scottqp non venisse in suo soc
corso. La redenzione consiste appunto neHaf-
francamento dagli spiriti elementari del cosmo,
nella cui sudditanza fatale luomo viveva (fr.
146
72). Ormai spunt una nuova, straordinaria
stella, che rompe l incantesimo delle vecchie
posizioni astrali e sfolgorando di nuova luce,
ben diversa dalla luce cosmica, addita le nuove
vie salutari, da poi che il Signore in persona,
guid, degli uomini, disceso in terra onde tra
sferire i credenti in Cristo dai ceppi del fato
alla libert della sua Provvidenza (fr. 74). I
ministri della redenzione sono gli angeli buoni
del Salvatore, chiamati a neutralizzare lazione
nefasta della virt astrali malefiche. Langelo
pu definirsi, secondo Teodoto, la parola che an
nuncia i misteri dellessere {Xyoc, TTayysXiav
zy^cv Tou 6vto<;, fr. 25). Ciascuno di noi ha un
angelo che prega per lui, anche perch gli an
geli han bisogno di noi per consumare le nozze
mistiche nel Plerona (f. 22 e 35).
Laffrancamento dal fato compiuto nellatto
delliniziazione battesimale (fr. 78), che porta
linondazione della luce nello Spirito, linfusione
dello Spirito divino, che soffoca e spegne il
fuoco della malvagit (fr. 81).
147
149
GNOSTICI E NEOPLATONICI
La polemica clie si svolge a Roma nella se
conda met del terzo secolo fra neoplatonici
e gnostici, offre un eccezionale interesse, se con
siderata dal punto di vista dello sviluppo della
cultura. Nato a Licopoli agli albori del terzo
secolo, educato ad Alessandria alla scuola di
Ammonio Sacca insieme ad Origene, Plotino
giungeva a Roma per aprirvi scuola ai tempi
del oristianeggiante imperatore, Filippo larabo.
(2M 248). Grli scolari si affollarono ben presto
numerosi intorno a questo suggestivo interprete
della tradizione pagana, che si sforzava di spi
ritualizzare e di trasformare in un panteismo
mistico il paganesimo. Egli insegnava a Roma
da circa un ventennio, quando vide giungere
da Atene, dove era stato scolaro di Longino, un
giovane siro, Pprfirio. Questi aveva gi avuto
agio in Oriente di conoscere il cristianesimo
(Eus. H. E. TI 191), contro cui doveva scrivere
una grande e virulenta opera (il KaTa Xpt-
aTLavoiv) in 15 libri, di cui si conservano soltanto
frammenti. Egli fu il discepolo prediletto di
Plotino, il suo continuatore nella scuola dopo la
morte del maestro, leditore delle sue opere, il
suo biografo (i).
Per intendere il conflitto clie doveva divi
dere neoplatonismo e cristianesimo (non escluso
che Porfirio abbia pesato con lefficacia del sao
credito filosofico nella decisione della persecu
zione dioclezianea), tra cui pure esistevano tanti
punti di contatto dal punto di vista morale,
occorre ricordare i tratti salienti dell atteggia
mento filosofGO e religioso di Plotino e della
sua scuola. Linsegnamento neoplatonico infor
mato a principi ascetici. Come detto a prin
cipio del nXcoTivou l organizzator del neo-
platonis-mo a Roma aveva tale preoccupazione di
vivere nello sprito, soggiogando il corpo, da
vergognarsi di questo : aLcj)^uv[jLvoc; o t i v crcaua.TL
zvf\. La lettera di Porfirio alla moglie Marcella
lia suggerimenti di cos alta spiritualit, che
il caso di domandarsi seriamente se non sono
l espressione di tenaci, per quanto inconsapevoli
reminiscenze cristiane. Ma i presupposti di que
sta cosi affine valutazione dei rapporti fra ma
teria e spirito nell uomo erano profondamente
difformi. La concezione del mondo e della vita
in Plotino satura di intellettualismo ed di
- 150
(1) V. F. Bidez, Vie de Porphtjre^ le pliilosophe
noplatonicien, avec les fraginenls des traits Ttspl yaX-
ixdTcov et c/5 regressa animae, G-and, 1913, G. Schmid!,
Plotin's Stelliing zum Gnosticimus und JcTC/iliehen
C/iristentums. Leipzig 1901.
uno sconfinato ottimismo. Egli concepisce Tu-
niverso popolato di esseri divini, pure ponendo
a base della sua teologia, laffermazione dellsv
e deiryaGv come principio effettivo delle realt.
Dairuno e dal buotio emana, per un processo
fatale- di sdoppiamento dialettico il vou<;, e da
questo la anima il cosmo. L uomo
per Plotino la sintesi meravigliosa di tutto ci
che di divino nel mondo. MTfeoe Dio, e per
questo fui fatto perfetto fra tutti i viventi, suf
ficiente a nie stesso, padrone di me, di nulla
bisognoso, poich tutto in me, piante, animali,
e la natura di tutte le realt generate e molti
dei, turbe di demoni, ed anime buone e uomini
felici nella virt. Infatti n la terra soltanto
adorna di tutte le piante e di animali di ogni
genere, n fino al-mare si distese la virt del
l anima, n tutta 1 aria e 1 etere e il cielo,
privo di anima. Ma anche li tutte le anime
buone danno vita agli astri e allordinato, etern
ciclo del cielo, con la circolazione impressa
ad imitazione della mente, con sapienza, sem
pre intorno allo stesso. Poich nulla, cerca
al di fuori. Quanto in me si protende verso
il bene, ma lo raggiunge ciascun elemento se
condo la propria capacit. Tutto il cielo dipende
da quello e tutta la mia anima e gli dei che
sono nelle mie membra^ e gli animali e le piante
e quanto in me pare inanimato. Alcune realt
sembrano partecipare soltanto dellessere, altre
151
del vivere, altre in pi del sentire, alcune pos
seggono la ragione, alfere tutta la vita. Non si
pu chiedere la stessa cosa a realt inuguali.
Non appartiene alla vita il vedere., bens agli
occhi : altra la funzione della vita, essere cio
vita ed avere quel che spetta a tale natura .
Con questa concezione del mondo e delluomo
nel mondo, con questo atteggiamento mentale
che risolveva in un panteismo psichico il po
liteismo volgare, si capisce come i neoplatonici
intendessero il dovere religioso come fedelt
alle tradizioni del passato. La pi insigne ma
nifestazione della piet, dice Porfirio nella let
tera alla moglie Marcella (18), onorare il divino
secondo le tiradizioni avite ; (xYiaTO(; xapTri;
zGz^ziac;, tijxocv t 6stov xocT r TcdcTpia. E si ca
pisce pure come fra neoplatonismo da una parte
e gnosticismo e molto pi cristianesimo dalPal-
tra, il dissidio fosse insanabile : e fosse quel
dissidio stesso che nasce' perennemente nella
storia spirituale degli uomini fra coloro che pon
gono valore assoluto il vou(; e quelli che pongono
valore assoluto la perfetta ayaTcv]. Anche i cri
stiani e anche gli gnostici erano degli ottimisti.
Ma il loro ottimismo non nasceva dal presup
posto che tutto fosse divino e radioso nel mondo
e che bastasse af&darsi alla guida di quel fram
mento di anima universale che in noi, per at
tuare la propria perfezione, bens dalla fede in
un gran mistero di Redenzione, che avev^i af
152 -
francato gli uomini dal male tremendo del
mondo e aveva gareutito, con un atto damore,
la salvezza, inaugurando una nuova economia
stoi-ica. Lo <j7rouSaTo(;, luomo probo descritto ed
esaltato da Plotino, pu avere i medesimi con
notati dello 7TVUfxaTix(; gnostico, e dello yvco-
cTTixc; di Clemente Alessandrino e di Origene,
ma la genesi della loro vita morale comple
tamente diversa. Per questo non giusta l as--
serzione dello Schmidt che il neoplatonismo si
riannoda esclusivamente alla filosofia greca, lo
gnosticismo al dualismo della mitologia orien
tale, il cristianesimo al monoteismo giudaico, e
che in questi vari presupposti, sia la ragione
delle loro divergenze Si deve dire piuttosto che
fra neoplatonismo e cristianesimo (lo gnosticismo
non che la deformazione filosofica di questo)
c la differenza che data dal diverso modo di
concepire la salvezza, intellettualistico nelluno,
mistico nell altro. Per Plotino, nessuna reden
zione necessaria a chi ha in s le perfette
possibilit del vero edel bene ; per il cristiane
simo, questo secolo il male e la perfezione
nel riscatto operato da Cristo.
Un giorno fece irruzione nella scuola di Pio
tino una schiera di gnostici che cominciarono
a proporre le loro difficolt e a prospettare le
loro idee. Plotino volle conoscere la loro lette
ratura e affid ai migliori dei suoi scolari il com
pito di confutare i principali scritti. Poi egli
^ 153 -
stesso dedic un trattato speciale alla confuta
zione delle loro principali idee. Al capo IG della
sua biografa di Plotino, Porfirio ci dice ap
punto Verano nel medesimo tempo (a Roma)
numerosi cristiani ed altri molti eretici, tran
sfughi dell antica filosofia, i quali si raccoglie
vano intorno ad un tale Adelfo e ad Aquilino.
Costoro possedevano una letteratura copiosa sotto
i nomi di Alessandro il libico, Filocomo, Demo
strato, Lido, e mandavano in giro rivelazioni
sotto i nomi di Zoroastro, Zostriano, Nicoteo, i^l-
logen, Meso, e altri. Cosi essi stessi illusi, molti
traevano in inganno, asseverando die Platone
non era giunto a penetrare le profondit del
mondo intelligibile. Plotino fu costretto a de
dicare molte delle sue discussioni alla loro con
futazione. Scrisse inoltre un libro, cui noi ap
ponemmo il titolo : contro gli gnostici. Per il
rimanente, affid a noi il compito di demolire
gli avversari ; cos Amelio compose non meno
di 40 libri contro l opera di Zostriano. Io, Por
firio, dimostrai con numerose prove che l opera
da essi millantata come scritto di Zoroastro,
spuria e recente, compilata per amor di setta
onde far credere, che le loro conclusioni vadano
attribuite allantico Zoroastro . Non possediamo
pi i frammenti di letteratura gnostica qui in
dicati da Porfirio, n le confutazioni di Amelio
0 di Porfirio stesso. In cambio abbiamo lo scritto
plotinico contro gli gnostici, conservato come
154
1. 9 della II Enneade (1), ed esso offre uu sin
golare interesse, in quanto ci d leco vivo della
polemica che la forma pi alta della specula
zione pagana credeva di dover ingaggiare con
tro quelle che sembravano le conclusioni pi
originali dello gnosticismo: e possiam dire, at
traverso a questo, del cristianesimo. Plotino co
mincia col riassumere in poche ^parole la sua
dottrina del divino : Dio per lui luno e il
il bene, assoluto e inelFabile, sempre presupposto
che quando diciamo 1 uno e il bene, noi non
facciamo che sforzarci, con mezzi inadeguatis
simi, di rappresentarci in qualche maniera l u
nica realt divina, immobile ed eterna in s
stessa, che si rinfrange in due ipostasi divine,
il vou<; e la E ridicolo introdurre nei di
vino una distinzione di potenza e di atto,
di immobilit e di movimento. N pos
sibile distinguere nel divino il conoscente e il
conosciuto, il soggetto pensante e loggetto pen
sato. Nel pensiero divino e umano, che sono, in
fondo, la medesima imperitura realt, il duali
smo della conoscenza superato nell ineffabile
mistero della scambievole, perfetta interferenza.
Questa misteriosa realt divina, autocosciente
ed essenzialmente buona, riversa perennemente
e inesauribilmente da s lesistenza particolare.
155 -
(1) Plotini Enneades, praemisso Porphyrii de vita
Plotini deque ordine librorum eius libello. Ed. R.
Volkmann, Leipzig, Teubner 1883.
Luniverso con. tutte le sae multiformi manife
stazioni, non che la estrinsecazione sempre
nuova e sempre eterna del divino nel tempo.
Stolto dunque ricercare Porigine del mondo ; il
mondo non fu fatto in un istante determinato
ma era fatto ah aeterno e fino in eterno sar
fatto : n mai si dissolver e sar preda della
corruzione, poich si dissolve e corrompe sola
mente ci che ha elementi pi semplici in cui
decomporsi : o t o l v u v yvsTo, XX yvsTO xa'i
yevYjCTSTai, ocra ysvrjT XsYSTat' oS ' (pOap'i^aSTai,
5 ^ 3 5/ f/ ,/ 5 ^ \ 5 f/ 5^ \
aAA ^ ocra zyzi ziq a* o oe ziq o, oue
cp6apY)(yTai.
Ponendosi da un alto punto di vista filoso
fica, Plotino intuisce nettamente il caposaldo
fondamentale della speculazione religiosa gno
stica. II mondo per la gnosi il risultato di una
caduta iniziale pleromatica ed saturo di male :
solo la salvezza operata da una realt ugual
mente pleromatica pu compiere il ciclo della
progressiva decadenza del mondo, e riportare
alla sua fonte l anima dolorante nel cosmo. Per
mostrare la vanit della fede in una salvezza
soprannaturale, Plotino deve dimostrare che il
mondo non rivela alcuna traccia di malvagit
sostanziale : che tutto in esso rivela pi tosto
Torma meravigliosa del Bene; che la provvi
dente assistenza del Buono investe il cosmo in
tiero; che tutto intorno a noi animato; che
l uomo non superiore per costituzione spiri
156
tuale ad un astro qualsiasi della sfera celeste,
8 . olio quindi, in conclusione, Fuomo, pur tro
vandosi a disagio nel corpo, non deve bistrat
tare chi il corpo ha fatto, perch i disagi mate
riali non hanno valore per l uomo probo, ed egli
sa benissimo tollerarli, nellattesa del suo rias
sorbimento nellanima universale. Questi appunto
i motivi che Plotino svolge nel suo libro. Noi
dobbiamo, egli dice, cercare la genesi delle dif
ferenze delle anime nelle passioni o nella natura,
e non dobbiamo vilipendere gli uomini ispirati
dal divino: al contrario, accogliendo favore
volmente quel che essi ci hanno tramandato
col prestigio dell antichit, dobbiamo ritenere
quel che hanno insegnato di meglio, e precisa-
mente limmortalit dellanima, il mondo cono
scibile, il primo Dio, il dovere che l anima sfugga
il contatto del corpo, la convinzione che il di
stacco da questo non altro che il transito dal
ciclo penoso delle generazioni, alla immobile se
renit della sostanza. Questi glinsegnamenti da
inculcare agli uomini ; nulla ad essi si deve de
trarre, nulla si deve aggiungere. delittuoso
dar troppo risalto alle differenze nel mondo per
quanto riguarda la distribuzione delle ricchezze
e della felicit: l uomo probo non cura lugua
glianza in queste cose, n ritiene che colui il
quale dispone di maggiori beni di fortuna pos
segga in realt pi di chi ne ha meno, e colui
che costituito in autorit apprezza pi di un
157
privato : egli lascia tranqiiillamente queste cose
a chi le desidera. Ed pericoloso deprimere, il
mondo fsico per innalzare troppo il mondo
umano, e per annunziare al primo sciocco che ca
piti chesso figlio di Dio, che non affatto divino
quello e quegli che egli ha imparato dai padria ve
nerare e ha venerato fino a ieri, . e che egli,
senza sforzo, ha in s le ragioni di una mira
bile superiorit al mondo astrale stesso. A questo
modo si sgretola tutto ledifcio della morale
corrente e si lascia libero sfogo allegoismo in
dividuale; la fine dello Stato e della societ.
Non istruttivo a questo proposito lesempio di
Epicuro? Avendo rinnegato la provvidenza,
Epicuro fni fatalmente con linculcare il sod
disfacimento del piacere, unica cosa rimasta. Ma
l insegnamento di costoro, (gli gnostici), anche
pi temerario, bistrattando la signoria della prov
videnza stessa, e spogliando di ogni valore tutte
le leggi esistenti e le virt che secoli di espe
rienza hanno corroborato, e stimando cosa ridi
cola la razionale temperanza, onde nulla di
buono appaia sopravvanzare fra noi, sopprime
necessariamente la temperanza e quella giustizia
che, insita nelle consuetudini etiche, si sviluppa
attraverso l esercizio della ragione e l ascesi, e
mediante tutto quel che conduce luomo alla
probit. Sicch a costoro non rimane altro che
ascoltare la voce seducente d.el piacere, e curare
egoisticamente il pro|3rio interesse, prescindendo
158
completamente dal bene comune degli uomini,
a meno che non soccorra una natura migliore
dei presupposti; poich per costoro il bene non
quel che noi riteniamo tale, ma un altro.
Plotino non si dissimula come gli gnostici pos
sano ritorcere contro lui l argomento, o possano
dire che, invece, solo il loro insegnamento ca
pace di condurre gli uomini alla elevata e per
fetta vita spirituale: Ma forse diranno che
in virtii dei loro discorsi che si pu sfuggire, al
commercio del corpo e lo si pu apertamente
odiare, mentre i nostri postulati inducono pi
tosto a trattenere l anima nel corpo. Tut^o ci
mi fa pensare che noi due siamo come due in
dividui dimoranti nella medesima bella casa. Ma
l uno sta dicendo male della struttura e dallar
chitetto che l ha costruita, pur restando a dimo
rarvi. Laltro non mormora, al contrario rico
nosce che lartista ha edificato meravigliosamente,
ma questo non gli impedisce, mentre vi dimora,
di attendere ansiosamente il momento di dipar
tirsene, e di essere col dove non vi sia pi bi
sogno di domicilio. Il primo apparir forse pi
saggio e pi disposto alla partenza solo perch
giunto a dire che la casa stata costruita con
pietre inanimate e legname, e che essa molto
lontana dalla vera casa? In verit costui non sa
quanta differenza corra fra il tollerare e il non tol
lerare le realt necessarie... Il nostro dovere di re
stare, corporei, in queste case fabbricate per noi
159
dalla buona anima sorella, ricca di cosi inesausta
capat ita di fabbricare senza sforzo. 0 come co
storo osano chiamar fratelli i pi stolti fra gli
uomini e ricusano di attribuire simile appella
tivo al sole e a quanto nel cielo, e con bocca
blasfema perfino lanima del mondo escludono
dal loro consorzio? In realt, se non possiamo
congiungere col cielo, in una medesima essenza
ed origine, i malvagi, possiamo ben ricongiun
gere ad esso quanti non siano pi corpi, ma a-
nime in corpi, legati a quella specie di dimora
nellinvolucro sensibile che pi ricorda da vicino
la dimora dellanima del tutto, nel grande or
ganismo delluniverso . .
Con questa contrapposizione del senso uma
nitario cristiano e gnostico e del misticismo pan
teistico neoplatonico, si chiude il trattato di
Plotino contro la gnosi. Alla vigilia del supremo
tentativo cruento del paganesimo per soffocare
ed estirpare la nuova fede, il neoplatonismo, rav
volto nel paludamento della sua etica statolatra,
cercava di dipingere i cristiani come dei ribelli
alle pi Jiobili e alle pi sane tradizioni dei-
letica e dellesperienza religiosa.
160
161
UN CANTO GNOSTICO
Non si esagera dicendo che, per quattro quinti,
la produzione leggendaria che va sotto il nome
di letteratura apocrifa di schietta ispirazione
gnostica (1). La gnosi incorporata nei suoi rac
conti stravaganti e nelle sue rivelazioni tenden
ziose non quella delle prime generazioni di
maestri e risente prevalentemente delle elabo
razioni che linsegnamento di questi subi attra
verso la vita asHOciata dei gruppi di iniziati, fra
il tramonto del secondo secolo e il corso del
terzo. Per questo non ci permettiamo di rica-
varue tratti da inserire nella nostra collana, mi
rante sopra tutto a una rievocazione delle ge
nuine e pi antiche espressioni mistiche dello
gnosticismo.
Solo a conclusione della nostra raccolta, ri
portiamo qui un inno attribuito a Cristo, che
Leu ci Carino ha intercalato nel suo romanzo in
torno ai viaggi di S. Giovanni.
(1) V. Lart. Apochryphen des Neuoen Testa-
ments nella Realencyklopdie f i i r protestantische
Theologie und Kirche I p. 653 e ss. e le aggiunte nel
volume delle Ergmungen,
Lapostolo ed evangelista narra e registra (1).
Pi volte camminando con lu, io ebbi va
ghezza di osservare se la sua orma appariva
sulla terra, lo | vedevo infatti sollevarsi d
terra e mai la scorsi.
Questo, o fratelli, vi riferisco ad incoraggia
mento della vostra fede in lui. Che per ora oc
corre fare il silenzio intorno alle sue opere in-
signi e meravigliose, realt ineffabili, che non
soffrono, quasi, dessere narrate,ed ascoltate.
Ma prima chegli fosse catturato degli empi
giudei, dopo averci tutti raccolti, parl cosi :
Prima che io sia consegnato loro, sciogliamo
inni al Padre, e andiamo cosi incontro al de
stino. Ordinatoci pertanto di disporci in giro, l uno
tenendo strette'le mani degli altri, postosi egli
stesso nel- mezzo, disse : Rispondete Amen.
E quindi inizi il canto dicendo ;
Grloria a te o Padre!
E noi girando attorno rispondemmo ;
Amen.
Gloria a te, o Verbo; gloria a te, o Gra
zia. Amen.
Gloria a te, Santo Spirito; Gloria alla tua
Gloria. Amen.
162 -
(1) Su Lucio Carino v. le testimonianze raccolte
da T. Zahn, Acta Joannis, Erlangen, 1880, pp. 195-218.
Seguiamo il lesto dato da M. Rhodes James, in Apo-
chrypha Anecdoia, II Series, Cambridge^ 1897, p. IQ
e ss.
Te lodiamo, o Padre, te ringraziamo,
luce immune da ogni tenebra. Amen.
Mentre noi ringraziamo egli dice:
Yoglio essere salvato e voglio salvare.
Amen.
Yoglio essere sciolto e Taglio sciogliere.
Amen.
Voglio essere triturato e voglio triturare.
Amen.
Voglio nascere e voglio partorire. Amen.
Yoglio mangiare e voglio essere mangiato
Amen.
Voglio ascoltare e voglio essere ascoltato.
Amen.
Voglio essere compreso, tutto compren
dendo. Amen.
Voglio essere lavato e voglio lavare. Amen.
La grazia danza, voglio suonare ; danzate
0 voi tutti. Amen.
Voglio lamienfcarmi, battetevi il petto,
tutti. Amen.
Unogdoade canta con voi. Amen.
Il numero dodici danza [in alto. Amen.
E tutto che pu danzalre, danza. Amen.
Ohi non danza, ignora limminente evento.
Amen.
Voglio fuggire, e voglio restare. Amen.
Voglio adorare, ed essere adorato. Amen.
Voglio essere unito, e voglio unire. Amen.
Non ho case, e case posseggo, Amen,
- 1 6 3 -
Non Ilo sedi, e sedi posseggo. Amen.
Hon lio tempio, e templi posseggo. Amen.
Lampada sono per te che mi contempli.
Amen.
Speccliio sono per te clie mintendi. Amen.
Porta so|io per te che picchi. Amen.
Strada sono per te viandante.
Rispondi alla mia danza.
Scopri te stesso in me che parlo, e veduto
quel che faccio, sigilla nel silenzio i miei misteri.
0 tu che danzi, intendi il mio operato :
tua questa passione dellumanit che debbo
affrontare.
Tu non avresti in alcun modo potuto
comprendere quel che tu soffri, se io non fossi
stato inviato a te, come parola del Padre.
Tu che hai visto quel che io soffro, tu
mi hai visto come sofferente, e al vedere, inon
rimanesti impassibile, ma ne fosti fino ai pre
cordi commosso, mosso a sapere.
Mi hai come un letto : adagiati su di me.
Ohi sono io? Lo saprai quando me ne
sar andato.
Quel che ora appaio, non sono ; quel che
realmente sono, lo vedrai quando verrai.
Se tu avessi conosciuto il soffrire, avresti
avuto la capacit di non soffrire.
Conosci il soffrire e sarai in grado di non <
soffrire.
Quel che tu non fai, io tinsegner.
- 164
Io sono il tuo Dio, non del tradito.
Voglio vibrare ad un ritmo con tutte le
anime sante.
In me conosci la parola della sapienza.
Dinuovamente con me; Gloria a te, o Padre;
Gloria a te, o Verbo; Gloria a te, o Santo Spirito.
Ed ora, per quanto concerne me, se tu
vuoi sapere quel che io era.
Oon una parola, con tutto mi comportai
una volta come un fanciullo, ma in nessuna ma
niera me ne vergognai.
Saltai: tu ormai conosci tutti; e avendo
conosciuto, di : Gloria a te, o Padre. Amen.
Ed ecco, 0 fratelli, che dopo aver cos^^an-
zato con me, il Signore usci. E noi come tra
sognati ci disperdemmo per tutte le vie. N
pure io che lavevo visto, rimasi presente alla sua
Passione, mentre egli soffriva, ma me ne fuggii
al monte degli Ulivi, piangendo sullaccaduto. E
quando egli fu appeso sul legno della croce, alla
sesta ora del giorno, tenebre piombarono sopra
tutta la terra. E nostro Signore, ritto in mezzo
alla caverna, illuminandola, disse : Giovanni,
per la moltitudine che in basso a Gerusalemme,
io sono crocifsso, traftto con lancie e canne, e
con aceto e fiele sono dissetato. Ma a te parlo
e quel che dico, ascolta: Io ti ho suggerito di
salire in questa montagna, onde tu apprendessi
qul che un discepolo degno deve imparare dal
suo Maestro, e un uomo deve apprendere da Dio .
~ 165
I NDI CE
I nt r oduzi one............................................... .... . Pag 3
a) Fonti gnostiche. . .................................. ..... 8
b) Fonti antignostiche . ................................... 21
c) Natura dello gnosticismo........................ ..... 32
Indicazioni bibliografiche :
a) Critica delle fonti . * ............................. 37
b) Intorno allessenza della gnosi . . . 38
1 testi originali gnostici.
I grandi maestri della g n o s i ........................ 41
Basilide ed Isidoro . .................................. 42
Carpocrate ed Epifane. ............................. 75
Valentino.......................................... .............. 85
Eracleone.................................................... ..... 115
Tolomeo . ..................................................... 129
Teodoto .................................................... ..... 143
Gnostici e neoplatonici. . ............................. 149
Un canto gnostico................... ....................... ..... 161
COOP. TTj,^OGRAFICA EGERI A
Via S. Giacomo^. 1!6. (Gi via Degli Incurabili).
Libreria di Culturai - Roma.
SCRITTORI CRISTIANI ANTICHI
1. Lettera a Diogneto. Testo, introduzione,
traduzione e note a cura di E. B u o n a i u t i L. 3
Edizione col solo t e s t o ............................ 1,60
2. La passione delle Sante Perpetua e Felicita.
T e s t o , i n t r . t r a d . e n o t e a c u r a d i G. S o l a 3
3. Bardesane, Il dialogo delle leggi dei paesi.
Intr. trad. e note di G. Le v i d e l l a . Vi d a j 3
4. Frammenti gnostici, a cura di E. B u o n a i u t i > 8
5. Il Pastore di Erma, a c u r a d i M. M o n a c h e s i
(in corso di stampa)
6. S. Ireneo, Dimostrazione della predicazione
apostolica a cura di U. F a l d a t i (in corso
di stampa).
Usciranno in seguito :
II discorso di Taziano, a c u r a di M. F e r m i .
Tertalliano, Op. minori, a c u r a d i M. Za p p a l a .
Spicilegio di scrittori armeni, a cura di U. F a l
d a t i .
COLLEZIONE TPA^H
Testi e Ricerche di storia e letteratura religiose
a cura di A. Biamonti ed A. Pincherie.
1. Gli oracoli Sibillini giudaici. Intr. traduz. e
commento a cura di A. P i n c h e r l e . . . 32
2. Le origini della chiesa in Roma, di Gi o u g i o
LA P i a n a {in corso di stampa).
Er n e s t o B u o n a i u t i . Voci Cristiane (in corso
di stampa).
Le n z i F u r i o . S. Domnio vescovo e martire di
Sal ona............................................................. > 8
Le v i d e l l a Vi d a Gi o r g i o . Per una caratteri
stica dei Semiti............................................... 2

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