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Notti
Mario Negri ordinario di Civilt egee nellUniversit IULM di Milano. Formatosi come glottologo alla Scuola milanese di Vittore Pisani, da tempo
ha individuata nel Mediterraneo del II millennio larea privilegiata del suo
interesse scientifico.
Erika Notti ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Letterature comparate presso lUniversit IULM di Milano. Ha individuato come oggetto di ricerca privilegiato il mito, le sue forme, funzioni e modalit di rappresentazione
e trasmissione nella storia delle culture egee e dellIndeuropa, selezionando
altres un interesse per la riflessione sul linguaggio e sulla scrittura, in special
modo in prospettiva antropologica e storico-culturale. Nellambito dellattivit di ricerca post dottorato, si occupa attualmente dellanalisi delle varianti
epigrafiche del segnario della lineare A. Sempre presso Arcipelago Edizioni ha
pubblicato Lo spazio circolare nelle culture dellIndeuropa e Atlantide.
Omero
Il cielo e il mare
ISBN 978-88-7695-472-6
15,00
(IVA ASSOLTA DALLEDITORE)
9 788876 954726
A RCIPELAGO
A RCIPELAGO
EDIZIONI EDIZIONI
33
UniverSit iULM
oMero
iL CieLo e iL Mare
Milano 2012
ISBN 978-88-7695-472-6
Tutti i diritti riservati
Ristampe:
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2018
2017
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2016
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2013
1
2012
vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non
autorizzata.
INDICE
Introduzione
Audentes fortuna iuvat
di Erika Notti . . . . . .
............................
Capitolo 1
OMERO E IL CIELO.
Astronomia e geometria dei tempi eroici
di Leonardo Magini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17
Capitolo 2
OMERO E IL MARE
di Mario Negri ed Erika Notti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Capitolo 3
LE LORO NAVI
di Erika Notti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Erika Notti
INtRODuzIONE
anni, egli andava poi girando come garzone mugnaio. Scontento della sua
sorte, purtroppo il giovane si era dato presto al bere, ma non aveva dimenticato il suo Omero; e quella sera ci recit non meno di cento versi di questo
poeta, scandendoli con pieno pathos. Sebbene non capissi una parola, quella
lingua melodiosa mi fece unimpressione profonda e mi fece versare calde
lacrime per la mia sorte infelice. tre volte egli dovette ripetermi i versi divini, e io lo ricompensai con tre bicchieri di acquavite che pagai volentieri
con i pochi pfennige che costituivano tutto il mio avere. Da quel momento
non cessai di pregare Dio perch nella sua grazia mi accordasse la fortuna
di imparare il greco [p. 10]. Cito da H. Schliemann, Kein Troja ohne
Homer, Glock und Lutz Verlag, Nrnberg, 1960; trad. it., La scoperta di
Troia (a c. di Wieland Schmied), torino, Einaudi, 2005.
2
C. W. Ceram, Civilt sepolte: il romanzo dellarcheologia, torino,
Einaudi, 2005, pp. 31, 43.
3
G. Cervetti-L. Godart, Loro di Troia: la vera storia del tesoro scoperto da Schliemann, torino, Einaudi, 1996.
4
H. Schliemann, Selbstbiographie, Leipzig, Brockhaus, 1939.
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11
12
Prestando fede allIliade, come al Vangelo,12 giunge in turchia e individua lubicazione di troia sul colle di Hissarlik, a
circa 5 chilometri dal mare, a nord del villaggio di Burnabaschi, cui allora volgeva lattenzione la maggior parte degli eruditi. lagosto del 1872 quando riporta alla luce le antiche
mura dellacropoli, che immediatamente identifica con la Pergamo di troia. Circa nove mesi pi tardi rinviene il tesoro
di Priamo, alla profondit di otto-nove metri, su di uno strato
di ceneri lasciato da un incendio: vi sono reperti in oro, argento,
rame, ambra e bronzo, splendidi diademi, collane, orecchini,
anelli, braccialetti, armi e recipienti.13 Ai rinvenimenti di troia
12
Mi pareva che il modo migliore di raggiungere il mio scopo fosse
di seguire lo stesso percorso sul quale Achille ed Ettore, secondo Omero,
fecero di corsa tre giri attorno alla citt Dopo unora di cammino molto
faticoso arrivai sul lato sud-est del colle sul quale si crede di avere ritrovato
Pergamo, a un ripido scoscendimento alto circa 150 metri che i due eroi
avrebbero dovuto discendere per arrivare allo Scamandro e fare il giro intorno alla citt. Lasciai la guida e il cavallo sullaltura e scesi nel burrone,
che cade allinizio con una pendenza di circa 45 gradi e poi di 65 gradi,
tanto che mi vidi costretto a scivolare carponi allindietro. Mi occorse quasi
un quarto dora per arrivare in fondo e mi convinsi cos che nessun essere
vivente, neppure una capra, pu discendere di corsa su una pendenza di 65
gradi, e che Omero, cos preciso nella sua descrizione del luogo, non ha affatto pensato che Ettore e Achille nel loro giro attorno alla citt avessero disceso di corsa per tre volte questa scarpata, che sarebbe assolutamente
impossibile; H. Schliemann 2005, p. 85, pp. 67-68.
13
Lavvenimento fu drammatico; e ancora oggi, quando se ne legge il
racconto si rimane col fiato sospeso. Era una calda mattinata e Schliemann
sorvegliava [con la seconda moglie, la greca Sophia, che laveva affiancato
e sostenuto durante le sue ricerche] gli ultimi scavi, sempre con molta attenzione ... Avevano raggiunto 28 piedi di profondit lungo la muraglia che
egli attribuiva al palazzo di Priamo. Lo sguardo di Schliemann fu subitamente attratto da qualcosa che colp la sua fantasia e lo spinse a prendere
subito dei provvedimenti. E chiss mai che cosa avrebbero fatto i suoi disonesti operai se avessero visto per primi ci di cui egli si accorse. Schlie-
13
14
gli scavi intrapresi nella patria degli Eroi, Schliemann consegue cos il fine della propria ricerca, persuadendo lopinione
pubblica dellattendibilit storica delle vicende narrate da
Omero.
Possa questa indagine col piccone e la pala dimostrare
sempre meglio che gli eventi narrati nei divini poemi omerici
non sono racconti mitologici, ma si fondano su fatti reali, e
possa quindi mediante questa dimostrazione diffondere e intensificare in tutti lamore per il nobile studio degli splendidi
classici greci e soprattutto di Omero, il sole radioso di tutte le
letterature.14 Larcheologo dilettante aveva convinto il
mondo intero della storicit del mondo narrato da Omero,15 respingendo i dogmatismi della scienza ufficiale, che a lungo
aveva sdegnosamente ignorato il valore documentario del mito.
Con un atto di fede filologica, Schliemann aveva inaugurato
una nuova prospettiva di indagine, volta a riscoprire, attraverso
la dimostrazione empirica dei fatti, le remote verit serbate
dalla tradizione. Accanto ai beni materiali, gli inestimabili te-
15
16
OMERO E il MARE
1. Di giORNO E Di NOttE
Nel mondo omerico il sole a cadenzare la maggior parte
delle attivit umane (e, per riflesso antropomorfico, anche divine). Allalba i protagonisti dei o eroi si alzano, si spostano,
mangiano, combattono. Al tramonto inizia il tempo del riposo,
anche se, com del resto naturale, in modo meno netto di
quanto non avvenga simmetricamente allalba (Il., i, 475 ss.,
601 ss.; Od., ii, 1 ss., iV, 306 ss. ecc.). il tramonto segna il momento in cui conviene levarsi da tavola, libare agli dei, e poi
prepararsi alla notte. Ma ancora c tempo per banchettare (Od.,
iii, 385 ss.). Soprattutto, ammesso ascoltare anche di notte
canti e racconti:1
Questa una notte assai lunga, indicibile: non ancora tempo
per dormire nella gran sala. tu dimmi le imprese meravigliose.
Per pura elezione estetica degli autori le citazioni sono tratte dalle
traduzioni di Aurelio Privitera (Odissea) e Rosa Calzecchi Onesti (Iliade).
1
96
2
3
97
denza i viaggi per mare. in questa specifica attivit ovviamente rappresentata soprattutto nellOdissea infatti non sembra, almeno a nostro giudizio, possibile cogliere delle
significative coerenze fra i contesti in cui viene scelta la navigazione notturna rispetto a quella diurna (fatti salvi i casi di
partenze furtive: per tutti, quella di telemaco per Pilo in Od.,
ii, 388 ss.). in tutta lOdissea lunico luogo in cui si nega lopportunit di navigare di notte in Xii, 279 ss.: ma chi lo afferma il peggiore dei compagni di Odisseo, lo sciagurato
Euriloco. Non abbiamo, sempre a nostro vedere, a disposizione
una buona spiegazione di questo fatto, anche se, come ognuno
che, realizzando laugurio di Nikos Kazantzakis, abbia navigato
per lEgeo ben sa, i venti etesii in estate e cio nel tempo allora per navigare, vd. oltre sogliono cedere al tramonto, e rinfrescare al mattino (ovviamente, queste sono le caratteristiche
della meteorologia di oggi). Comunque sia per da spiegarsi il
fatto, resta che la possibilit di navigare di notte nel mondo
omerico non in dubbio. il che apre il tema del problema dellorientamento.
2. ORiENtAMENti
i diversi tipi di navigazione (ai tempi di Omero non meno
che ai nostri, quanto almeno ai problemi posti) danno per la
loro natura luogo a soluzioni diverse. Per la navigazione a vista
(o costiera) diurna, lorientamento fatto soprattutto sulla base
dellosservazione di punti cospicui sulla costa: ne d lesempio
migliore la navigazione lungo la costa occidentale del Peloponneso, nel viaggio che riporta telemaco da Pilo a itaca (Od., XV,
282 ss.):
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tutti sanno che il sole percorre il suo cammino nel cielo sorgendo a levante (per il punto di osservazione di un greco,
questo il significato di Anatolia), calando a ponente, e culminando a mezzogiorno. Crediamo ragionevole supporre che
Omero ben sapesse che il mezzod lora in cui lombra di un
palo infisso in terra pi breve,6 e che andando verso la sera le
ombre si allungano: maioresque cadunt umbrae ... Ed altres
verisimile che altrettanto ben gi fosse noto allora che, andando
verso lestate, quellombra di mezzod sempre pi breve, fino
a giungere al suo punto minimo, quando il Sole raggiunge il
suo punto pi alto nel corso dellanno (che il tempo che noi
chiamiamo solstizio destate, e che oggi cade il 21 giugno).
E forse ancora non troppo audace pensare che anche si sapesse che la direzione di quellombra, giunta nel momento di
minor lunghezza, indica il nord,7 e che il Sole sorge esattamente
la scoperta della retta altezza che consente di determinare contestualmente latitudine e longitudine stata fatta dal capitano della Marina
statunitense th. H. Summer, che ne pubblic la notizia nel 1843. Solo per
nel 1874 fu scoperto il sistema a tuttoggi in uso da parte del comandante
M. Saint-Hilaire. Mentre la determinazione della latitudine con meridiana
di Sole e con osservazione di Polare (vd. oltre) in effetti un metodo assolutamente affidabile, la longitudine anche dopo la costruzione di cronometri marini affidabili determinata con losservazione della meridiana di
Sole poneva comunque problemi (tanto vero che in molti manuali di navigazione astronomica non viene neppur presa in esame). Sulla materia pu
essere consultato il Manuale dellUfficiale di Rotta dellistituto idrografico
della Marina, genova 2006, o lottimo Manuale di navigazione astronomica semplificata di F. Di Franco (Milano, Mursia, 1997). Sul problema
della longitudine si segnala D. Sobel, Longitudine, Milano, BUR, 19992006 (ed. it. di D. S., Longitudine, Walker Publishing Company inc.,
U.S.A., 1995).
6
luso dellombra per misurare altezze di oggetti attribuito a talete.
7
Va ricordato il sistema indiano per tracciare la congiunzione EstOvest grazie allosservazione delle ombre di due paletti infissi sul tracciato
di una conferenza: vd. al cap. 1, pp. 47-8.
5
100
a Est e tramonta esattamente a Ovest solo in due momenti dellanno, e precisamente agli equinozi. in ogni altro giorno dellanno laurora e il tramonto sono spostati rispetto ai due punti
cardinali, e questo spostamento (che tecnicamente si chiama
amplitudine) aumenta via via avvicinandosi la data dei due
solstizi.8 Ora, poich il solstizio destate era, gi ai tempi di
Esiodo,9 al centro del periodo considerato propizio per la navigazione, lorientamento Est-Ovest per un marinaio greco non
doveva coincidere con i punti in cui vedeva sorgere e tramontare il Sole, ma se ne scostava anche sensibilmente: per esempio, alla latitudine di itaca (38 30 N circa) il Sole al solstizio
destate del 2011 sorto ca. a 60 (rispetto allEst che si trova
a 90), e tramontato ca. a 300 (rispetto ai 270 dellOvest).10
Questa considerazione pu forse corroborare lidea, gi di Strabone, che lo , indicato da Odisseo come la direzione verso
cui si trova itaca, in uno dei passi pi difficili dal punto di vista
geografico proposto dallOdissea
101
7 4 !
, $ 3 3 ,
(iX, 25-6)11
non sia il ponente, dove invece si trova, rispetto a quella, Cefalonia (fig. 22), secondo ogni verisimiglianza la omerica,
bens il luogo del cielo oscuro: dunque, visto da terra, quel
punto a mezzo fra Ovest e Nord in cui, destate, appunto tramontava il Sole.
Che lorientamento diurno fosse fatto sul Sole non naturalmente dubbio: tanto che, quando Odisseo con la sola nave
superstite della sua piccola flotta giunge allisola Eea, per significare di aver perso ogni riferimento dice
o amici, non sappiamo dov loccidente e laurora,
dove va sotto terra il sole che d luce ai mortali,
e dove risorge ...
(Od., X 190-92)12
Anche i venti, per, possono dare indicazioni sullorientamento (bench alla loro volta ne dipendano). Nel mondo ome-
11
A. Privitera traduce: Bassa nel mare essa giace, ultima / verso occidente - le altre a parte, verso laurora e il sole. Su questo tormentatissimo
passo vd., oltre al commento nelled. Valla, a. l., M. Negri, Sul mare color
del vino, Milano, Arcipelago, 2008, pp. 60-3. Non impossibile che laggettivo cqamalV stia alla base dellepiteto virgiliano humilis detto della
costa laziale (Aen. iii, 522-3). Onde Dante (Inf., i, 106). Ma i tre epiteti,
ancorch correlati tanto dalletimologia, quanto dallimitazione poetica,
hanno valori completamente diversi.
12
Echi in Orazio: O fortes peioraque passi / mecum saepe viri ... (Odi,
i, 7, 31-2)? Un altro interessante riferimento ai moti del Sole in Od., XV,
404, dove lisola Siria collocata O r,
3: vd. anche al cap. 1, p. 41.
102
(Nord)
ZEFIRO (Ovest)
EURO (Est)
NOTO (Sud)
Ma non va dimenticato che, almeno nella meteorologia attuale del Mediterraneo, i venti dominanti tendono a provenire
piuttosto da direzioni intermedie rispetto ai punti cardinali,
dando cos luogo alla partizione di otto venti delle rose pi antiche: cos il grecale soffia da NE, lo Scirocco da SE, il libeccio
da SW e il Maestrale da NW. Soprattutto i venti dei quadranti
settentrionali vengono fortemente influenzati dallandamento
della costa (compresi i canali fra le isole), e assumono direzioni
e nomi specifici delle diverse zone marine in cui spirano (mistral
nel golfo del leone, bora a trieste, meltemi nellEgeo).14 Non
pensiamo dunque di scostarci molto dal vero coniugando
13
la provenienza trace di Zefiro e Borea in Il. iX, 5, perfettamente compatibile con la troade come punto di osservazione.
14
Sulla materia vd. p. es. R. Ritossa, Meteorologia del Mediterraneo
per i naviganti, Verona, il Frangente, 2008 (ed. it. di Mediterranean Weather Handbook for Sailors, St ives, imray laurie Norie & Wilson ltd, s.d.).
Sulle rose dei venti nellantichit S. Medas, De Rebus Nauticis. Larte della
navigazione nel mondo antico, Roma, lErma, 2004, pp. 48-62.
103
lesame dei passi odisseici interessati a una non sporadica esperienza in vivo ritenendo che sotto il nome omerico di
si celi quello che noi oggi chiamiamo con il nome turco che
ha sostituito il classico meltemi (figg. 23,24). Questo
vento, che ruota da NE a NW a seconda della direzione dei canali in cui precipita, impetuoso, spesso raggiungendo forza
di burrasca, destate dunque nel tempo della navigazione antica e cos perde le navi (non quelle di oggi, naturalmente,
ancorch possa anche ostacolare la navigazione dei grandi traghetti) nel Mediterraneo meridionale, verso Creta e oltre,
quando queste perdono la protezione del Capo Malea, e cio
del Peloponneso (Od., iii, 286 ss., iV, 514 ss., iX, 67 ss. ecc.).
Ma questi venti, che di norma non sollevano molto il mare, e
tendono a calare la sera, erano anche il grande motore eolico
delle circolazioni commerciali fra le sponde del Mediterraneo
orientale: ne qui memoria nella navigazione da Creta allEgitto (Od., XiV, 252 ss.), e dalla Fenicia alla libia (cio
allAfrica: XiV, 290 ss.). E, se non ancora una volta il nostro
soggiacere al genius loci che spira dallOdissea, vorremmo solo
rilevare che lo Zefiro che solo Eolo fa spirare per ricondurre
Odisseo in patria dallisola Eolia il vento che, provenendo da
ponente, lesperienza marinara poteva conoscere come quello
propizio per tornare a itaca e alle isole ionie per quella nave
che lavesse lasciate a levante (Od., X, 25). Quanto al suo regime, nonostante Petrarca
Zefiro torna e l bel tempo rimena15
15
Canzoniere, 310, 1. Cfr. p. es. Par. Xii, 46-8; lucr., Nat., V, 736.
NellEneide Zefiro ricordato tre volte: in i, 131 e ii, 417, come vento impetuoso e burrascoso; in iii, 120, invece come benigno. Col nome di Favonius in Orazio segna la fine dellinverno e linizio del tempo navigabile
(Odi i, 4; e il Noto in i, 7, vv. 15-7, porta il sereno).
104
105
mentre, come sopra si legge, nel notturno dellOdissea mancano le iadi, compagne nel cielo delle Pleiadi, Orione citato
solo in relazione allOrsa e, soprattutto, appare Boote, la cui
stella pi luminosa, Arturo, riveste grande rilievo nei calendari
antichi.18
Ma cosa guardava esattamente Odisseo? Probabilmente non
la Polare, come facciamo noi (che al suo tempo19 era meno
vicina al Nord di quanto non lo sia ora, ancorch la tradizione
voglia che talete esortasse i naviganti a utilizzare per orientarsi
la stella fenicia, cio appunto la Polare), ma almeno ci sembra, nonostante Janni,20 lipotesi migliore un polo Nord cee Boote si volge, e Cinosura
vacilla; e lOrsa anche impallidir
Oblia la Notte tutte le sue stelle (vv. 469-75).
106
leste, situato fra le due Orse e attorno al quale esse ruotavano, che, per una navigazione per parallelo21 approssimanistra, ci che gli assicura una rotta molto approssimativamente per est
(p. 67).
21
Ai tempi di Omero (vd. ad n. (19)) la Polare distava circa 4 dal
Polo settentrionale (rispetto alla posizione attuale, che a poco meno di
1), e cos competeva con thuban ( Draconis) per il ruolo di astro indicatore del settentrione (Ov., Met. ii, 173). lidea del ruotare delle Orse attorno
a un punto cio il Nord torna, dopo Omero, in Arato, Phaen., 26-7. Ovidio (Met. Xiii, 292-4) riprende la descrizione del cielo nella versione iliadica:
Oceanum et terras cumque alto sidera caelo
Pleiadasque Hyadasque inmunemque aequoris Arcton
diversosque orbes nitidumque Orionis ensem.
SullOrsa e Boote vd. ancora Ov. Met. X, 446-7. Sul contrasto a scopo
astronomico fra le due Orse Arato, Phaen., 37 per lOrsa Maggiore 42
per la Minore, e il suo uso presso i Fenici; Strab. i, 1.6 Una descrizione
di grande interesse della tecnica di navigazione per parallelo in lucano,
Phars., Viii, 167-84:
signifero quaecumque fluunt labentia caelo,
numquam stante polo miseros fallentia nautas,
sidera non sequimur, sed, qui non mergitur undis
axis inocciduus gemina clarissimus Arcto,
ille regit puppes. hic cum mihi semper in altum
surget et instabit summis minor Vrsa ceruchis,
Bosporon et Scythiae curuantem litora Pontum
spectamus. quidquid descendet ab arbore summa
Arctophylax propiorque mari Cynosura feretur,
in Syriae portus tendit ratis. inde Canopos
excipit, Australi caelo contenta uagari
stella, timens Borean: illa quoque perge sinistra
trans Pharon, in medio tanget ratis aequore Syrtim.
(Sul nome Cynosura dellOrsa Minore (cio Coda del Cane di Boote)
cfr. anche Ov., Fasti, iii, 107 ss.). in questo straordinario dal punto di
vista della storia della navigazione, beninteso passo di lucano lOrsa Minore prevale gi nettamente sulla Maggiore come punto di orientamento:
si noti limplicita affermazione secondo cui la latitudine dellosservatore
corrisponde, a un dipresso, allaltezza osservata dellOrsa Minore (dal no-
107
tiva come allora non poteva che essere, avrebbe fornite indicazioni attendibili durante il corso della notte, nellattesa, naturalmente, del Sole.
2. ROttE
Un senso di sventura imminente incalza gli Eroi, ne ottunde
il giudizio. i due Atridi capeggiano le avverse fazioni, Agamennone vuole trattenersi ancora a troia, per placare lo sdegno di
Atena con sacrifici, Menelao spinge per un immediato ritorno.
Dopo una notte di conflitti, parte degli Achei segue Menelao,
facendo rotta su tenedo (nunc, per i turchi, Bozcaada)22 dove
sacrificano (fig. 25). Di l Odisseo si stacca con alcune navi,23
e torna sulla costa della troade, per compiacere Agamennone.
gli altri, fra cui Nestore (dal quale siamo informati, insieme a
stro punto di vista, naturalmente, meglio quella della Polare): dunque, tanto
pi alta lOrsa, tanto pi la nave naviga lungo un parallelo settentrionale
e, seguendolo, giunge (tenenendola, come Odisseo, sulla sinistra) in un
punto del Mediterraneo orientale situato sulla sua stessa latitudine. questa,
appunto, la navigazione astronomica per parallelo che, in un mare chiuso
come il Mediterraneo, consente comunque di arrivare nel punto prescelto
(ovviamente, con tanta pi approssimazione, quanto pi approssimata la
stima della latitudine dellosservatore). Dal punto di vista della storia della
navigazione astronomica, si noter che questa strategia di orientamento prescinde dalla determinazione della longitudine (accettando ovviamente di
non stimare la distanza da percorrere) e, di conseguenza, pu essere svolta
con piena affidabilit sulla base dellosservazione dellaltezza del Sole al
mezzod locale (tecnica nota gi dalla fine del XV s. d.C.) e, ovviamente,
della Polare. Sulla materia rinviamo al cap. 1, pp. 54, 56.
22
Su tenedo vd. J. Angls-M. Magni, Guida ai mari di Grecia e Turchia, Bologna, Zanichelli, 1993, pp. 235-6.
23
Secondo il Catalogo (ii, 637), Odisseo conduce a troia dodici navi:
ma la sua piccola flotta si riduce nel corso del ritorno doloroso, e lEroe
giunge solo, e portato dai Feaci, a itaca.
108
109
... il navigante
che veleggi quel mar sotto lEubea ... (201-2).
110
111
tuttavia in Vii, 24, Erodoto suggerisce che la grande opera sia stata
compiuta da Serse pi per dare un segno della sua grandezza che per una
reale utilit, poich le navi avrebbero potuto essere traghettate con facilit
oltre listmo.
29
112
Nunc Psara.
Delle vicende del ritorno di Agamennone siamo informati da Od.,
iV, 512 ss., in cui si riferisce che, protetto da Era, Agamennone giunge al
Capo Malea (non meno dellAthos luogo pericoloso e funesto) e di l una
tempesta lo strascina 1gro 2p 2scati dove un tempo abitava tieste,
e dopo di lui, come per ironia della sorte, Egisto. Per lidentificazione del
quale vd. il commento della West nelled. Valla, a. l.
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31
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115
bientazione estiva (p. es. vd. la scena della brutta notte passata da Eumeo in Od., XiV, 457 ss., gi esaminata, o luso comune di coprirsi la notte, e non solo, con mantelli di lana: p.
es. Od., XX, 95) b) il fatto che le Pleiadi, Boote e Orione ai
tempi di Omero erano visibili contemporaneamente dalla met
di agosto alla fine di ottobre c) la necessit, per rendere, se non
verisimile, almeno per non impossibile la descrizione del viaggio stesso, di disporre di un tempo notturno il pi lungo possibile. Per esempio alla latitudine di 40 (itaca come gi si visto,
intorno ai 38 30 N) nel 2011 il Sole tramontato alle ore
17.23 ed sorto alle 06.09 intorno alla met di quel mese36
(quindi si sono avute ca. 12 ore e mezza di buio), mentre alla
fine dello stesso ottobre il tramonto stato alle 16.58 e lalba
alle 06.22. Nel primo caso, dunque, la velocit della nave di
telemaco avrebbe dovuto essere di ca. 7,1 nodi, nel secondo
di 6,8.
b) la traversata da lesbo a geresto di Nestore, Diomede e
Menelao. la distanza suppergi la stessa (ca. 86 mg, per la
rotta pi breve scelta dagli Eroi), ma Omero qui non specifica
lora della partenza. ipotizzando che si fossero, com del tutto
coerente con le abitudini del tempo, vd. sopra (e, peraltro, con
ogni buona prassi nautica, di fronte a una traversata che doveva
essere avvertita come estremamente impegnativa), mossi allalba, larrivo di notte, ma non sappiamo quanto avanzata.
Come gi aveva notato il Palmer,37 i due viaggi sono, per tempo
impiegato e distanza coperta, sostanzialmente simmetrici (e,
cos, testimoni di coerenza interna al racconto).
Ora solare al meridiano di greenwich, riferita alla latitudine di 40
N. Essendo itaca a 20 40 E, i tempi del tramonto e dellalba sono anticipati, rispetto allora Ut, di ca. 23.
37
l.R. Palmer, Minoici e Micenei, torino, 1969, pp. 9 ss.
36
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c) il viaggio di Diomede fino al golfo Argolico, su cui si affaccia tirinto (fig. 32). Nestore, riferendone, utilizza lespressione che, per la verit, potrebbe alludere
tanto al tempo occorso a Diomede per raggiungere il golfo Argolico da geresto, quanto e ora crediamo pi verisimilmente
38 indicare lintera durata del suo dalla troade.39
i tempi sono assolutamente ragionevoli, anche perch non
sappiamo quanto gli Eroi si siano trattenuti a geresto; comunque sia, questa dista da Nauplio ca. 100 mg, distanza ben percorribile in due giorni (senza, naturalmente, entrare nellinterno
del golfo Saronico come invece certamente doveva aver fatto
teucro).
Simpone, per, a questo punto un caveat. Non stiamo regredendo a una fase schliemanniana ingenua di utilizzazione
del testo omerico alla stregua di un resoconto di viaggi: semplicemente, abbiamo verificata la coerenza interna del racconto,
e se quanto ne esce in qualche misura conciliabile con la
realt e con la storia. il che ci sembra.
Com ben noto, esiste un limite di velocit non superabile
da parte di unimbarcazione immersa con la sua opera viva
nellacqua, espressa dalla formula:
V (in kn) = 2,5 lunghezza immersa (in m)
Quindi unimbarcazione di 9 metri, indipendentemente dalla
forza propulsiva degli apparati applicati, non potr comunque
superare la velocit di 7,5 nodi.40
Rispetto a quanto sostenuto in M. Negri 2010, p. 238.
Cos giustamente interpreta la West nel suo commento alled.
Valla, vol. i, p. 232.
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l. Casson, in Ships and Seamanship in the Ancient World, Princeton,
NJ, 1971, p. 283, indica per le navi del tempo velocit oscillanti, in mare
aperto, fra i 4,5 e i 6 nodi; vd. anche Medas, cit., pp. 40-8. Janni 1996, pp.
77-106, dedica un denso e dotto capitolo alla ricostruzione di una nave
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