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ADAMANTIUS

Annuario di Letteratura Cristiana Antica


e di Studi Giudeoellenistici

Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su


“Origene e la tradizione alessandrina”

Journal of the Italian Research Group on


“Origen and the Alexandrian Tradition”

23
2017
Origene di Alessandria interprete della Genesi
Adamantius

Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su


“Origene e la tradizione alessandrina”
*
Journal of the Italian Research Group on
“Origen and the Alexandrian Tradition”

23
(2017)
Adamantius
Rivista del Gruppo Italiano di Ricerca su
“Origene e la tradizione alessandrina”
Journal of the Italian Research Group on
“Origen and the Alexandrian Tradition”

Comitato Scientiico
Scientiic Committee
Gilles Dorival (Aix-en-Provence / Marseilles),
Giovanni Filoramo (Torino), Alain Le Boulluec (Paris), Christoph Markschies (Berlin),
Claudio Moreschini (Pisa), Enrico Norelli (Genève), David T. Runia (Melbourne),
Guy Gedaliahu Stroumsa (Oxford / Jerusalem),
Robert Louis Wilken (Charlottesville, Virginia)

Comitato di Redazione
Editorial Board
Roberto Alciati, Osvalda Andrei, Guido Bendinelli, Paola Buzi,
Antonio Cacciari ( icedirettore), Francesca Cala i, Al erto Camplani (direttore scienti co),
Tessa Canella, Nathan Carlig, Francesca Cocchini, Chiara Faraggiana di Sarzana, Emiliano Fiori,
Mariachiara Giorda, Leonardo Lugaresi, Valentina Marchetto, Angela Maria Mazzanti, Adele Monaci,
Andrea Nicolotti, Domenico Pazzini, Lorenzo Perrone (direttore responsabile), Francesco Pieri,
Teresa Piscitelli, Emanuela Prinzivalli, Marco Rizzi, Pietro Rosa, Agostino Soldati, Stefano Tampellini,
Daniele Tripaldi (segretario), Andrea Villani, Claudio Zamagni

Corrispondenti esteri
Foreign correspondents
Cristian Badilita (Romania), Marie-Odile Boulnois (France),
Harald Buchinger (Austria), Dmitrij Bumazhnov (Russia), Augustine Casiday (United Kingdom),
Tinatin Dolidze (Georgia), Samuel Fernández (Chile), Michael Ghattas (Egypt),
Anders-Christian Jacobsen (Denmark), Adam Kamesar (U.S.A.), Aryeh Kofsky (Israel),
Johan Leemans (Belgium), José Pablo Martín (Argentina), Joseph O’Leary (Japan),
Anne Pasquier (Canada), István Perczel (Hungary), Henryk Pietras (Poland),
Jana Plátová (Czech Republic), Jean-Michel Roessli (Switzerland),
Riemer Roukema (he Netherlands), Samuel Ru enson (S eden),
Anna Tzvetkova (Bulgaria), Martin Wallra (German )

La redazione di Adamantius è presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica, Alma Mater Studiorum –
Università di Bologna, Via Zamboni 32, I-40126 Bologna (tel. 0512098517, fax 051228172). Per ogni comunicazione
si prega di rivolgersi al Prof. Alberto Camplani (e-mail: alberto.camplani@uniroma1.it) o al Prof. Antonio Cacciari
(e-mail antonio.cacciari uni o.it). Il notiziario segnaler tutte le informazioni per enute che riguardino speci ca-
mente il campo di ricerca del gruppo, registrando in maniera sistematica le pubblicazioni attinenti ad esso. Si prega
d’inviare dissertazioni, libri e articoli per recensione all’indirizzo sopra indicato.
Indice

Le””era del dire””ore 5


F. G í B , Jo“é Pablo Mar”ρn (1938-2016) 5
E. P , Manlio Simone””i (2 maggio 1926 – 1 novembre 2017) 6
1. Contributi
1.1. Sezioni monograiche
1.1.1 Origene di Alessandria interprete della Genesi / Origen of Alexandria Commen”a”or on ”he Book of Genesis
E P , In”roduc”ion 10
M S , Quan”o cono“ciamo dell in”er‘re”azione origeniana della Genesi? 13
G D , Origène dan“ la chaςne “ur la Genè“e 21
K M , Origene“ kommen”ier” da“ Buch Gene“i“. Probleme der Zu“chreibung und der Edi”ion 32
G L , Die“ una. Lin”er‘re”azione origeniana di Gen 1,1-5 45
G S G , Tra e“ege“i biblica e ‘la”oni“mo: la rile““ione di Origene “u Gen 1, 26–27, 2, 7 e 3,
21. Una ri“‘o“”a alla “ida dell an”ro‘ologia gno“”ica? 85
E P , Adam and ”he Soul of Chri“” in Origen“ Commen”ary on Gene“i“. A Po““ible Recon-
“”ruc”ion 119
A T -G , L e“ege“i origeniana del “acrificio di I“acco in confron”o con l e“ege“i rabbinica 130
F C , Genesi nel Commento a Romani di Origene 138
L P , L u“o della Genesi nelle ul”ime o‘ere di Origene: un ri“con”ro “u Contro Celso e Omelie sui
Salmi 147
S F , La Genesi e la ine. Ra‘‘or”o ”ra ‘ro”ologia ed e“ca”ologia nel De principiis 167
1.1.2 La co“”ruzione cul”urale dell al”eri”à religio“a nel Medi”erraneo ”ardo an”ico (“ec. IV-IX)
F F ,L L ,G M , In”roduzione 181
E Z , La cri“i del ‘oli”ei“mo greco: religione e ‘oli”ica 185
R D S , Punici chri“”iani : una ricerca ‘o““ibile? 198
D T , Lu“o della danza nella co“”ruzione dell al”eri”à religio“a nella Tarda An”ichi”à 205
L D , Difu“ione del cri“”iane“imo e fenomeni di ibridazione cul”urale dalla ”arda an”ichi”à al medioevo
in Euro‘a Occiden”ale 215
V M , In ‘rinci‘io era l ere“ia. E‘ifanio, gli Alogi e la co“”ruzione dell iden”i”à cri“”iana 224
M L , Un e“em‘io di ra‘‘re“en”azione media”a: l immagine del dona”i“mo nel sermo xlvi di
Ago“”ino 236
G M , «Eran” au”em ambo iu“”i an”e Deum» (Lc 1,6). Girolamo e laccu“a di origeni“mo con”ro
Pelagio 247
A O , Lal”eri”à religio“a in Armenia alla me”à del V “ecolo do‘o Cri“”o: il ca“o di Eznik di
Kołb 255
N òZ , La Per“ia nelle S”orie di Agazia: co“”ruzione dellal”eri”à e ‘olemica in”erna 263
P D , Diale””ica del confron”o “cienza/fede nel mondo iranico di e”à ”ardoan”ica 278
L L , Lal”eri”à nella “coni””a: Per“iani, Ebrei e Cri“”iani nel raccon”o di S”ra”eghio 290
F F , Lal”ro alla ine del mondo: ra‘‘re“en”azione e inclu“ione dell al”eri”à religio“a nei drammi
e“ca”ologici mu“ulmani e cri“”iani (VII-IX “ec.) 300
F A , Im‘eri e fedi a confron”o: la corri“‘ondenza fra Leone III e Umar II (VIII “ecolo) 310
P L S , Mar”irio e ra‘‘re“aglia nellArabia meridionale dei “ecoli V e VI: uno “guardo “ino””ico ”ra fon”i
i“lamiche e cri“”iane 318
A B , Il Gadla Az’ir 341
1.2. Ar”icoli
A A , Vangelo secondo Tommaso, logion 40: ”racce di conli””i ”ra gru‘‘i di “eguaci di Ge“ù 381
C B –S P , Una ci”azione della LXX in un e‘igrafe di Eubea del II “ecolo d.C.
392
P C , Pen“ar y e“cribir de“de un ‘aradigma de la relacionalidad. El Comen”ario al Evangelio de Juan
de Orρgene“ 405
F S , Gu“”ar y ‘ar”ici‘ar del Logo“ en Orρgene“: Acercamien”o“ al gu“”o como “en”ido e“‘iri”ual
416
1.3. Note e Rassegne
P ł P –E W , A Mona“”ic Origin of ”he Nag Hammadi Codice“? 432
M C , Un ”e“”o ri”rova”o: i Gesta Clementis a””ribui”i al ve“covo E“ichio di Salona (405-426) 459
M A B , Lin”er‘re”azione del Can”ico dei can”ici a””raver“o l E‘i”ome di Proco‘io di
A ( 7)
Gaza (CChr.SG 67) 463
F S , Filologia come ideologia. Un ’uindicennio di “”udi “u Era“mo edi”ore di Gerolamo 500
2. Notiziario
2.1. Riunioni del Gru‘‘o 518
2.2. No”izie “u ”e“i e a””ivi”à dida””iche 523
F. M , Modali”à di le””ura ed e“ege“i dei ”e“”i nel “econdo “ecolo ”ra cri“”iani e ‘agani (M. R ), 220.
F. B , Il libro a‘er”o. Indagine “ulla ricezione valen”iniana della ”radizione enochica (G. L ), 221.
G.C , Gli Excerpta ex heodoto di Clemente Alessandrino. Introduzione, testo, traduzione e com-
mento (M.V. C ), 222. S. G ,Π ὸ αί: i frammen”i di Eracli”o di Efe“o in Clemen”e dAle“-
sandria (A. Cacciari), 228. A. P , Le légi“la”eur incer”ain. Recherche“ “ur la con”ribu”ion a“cé”i’ue de Ba“ile
de Césarée (O. M ), 229. M. M , La ”radizione mano“cri””a dell Orazione 19 di Gregorio di
Nazianzo (A. C ) 532. M. R , E‘ifanio di Salamina: il Panarion. Condanna delle ere“ie e confu”azio-
ne della dottrina origeniana (T. P ), 200. F. R , No”e cri”iche al IV libro dell Apocritico di Maca-
rio di Magnesia (A. C ), 202. D.E. A , Hagiographica et dogmatica. E“”udio “obre el cri“”iani“mo
chi‘rio”a del “iglo V al VII en la con“olidación de la au”ocefalρa, (Ph. B ), 203. M. F , Clemente
e Origene dAle““andria allalba della Riforma. Filologia ed ermeneu”ica della ”radizione ‘a”ri“”ica greca nel XVI
“ecolo (G. L ) 210. A. A , Il me”odi“mo in I”alia dall Uni”à al ca“o Buonaiu”i . Proilo “”orico-reli-
gioso (G. L ) 211.
3. Re‘er”orio bibliograico
3.1. Pubblicazioni recen”i “u Origene e la ”radizione ale““andrina (a cura di L. P e V. M ) 211
0. Bibliograie, re‘er”ori e ra““egne; ‘roili di “”udio“i, 211; 1. Mi“cellanee e “”udi di cara””ere generale, 212; 2.
Elleni“mo e cul”ura ale““andrina, 223; 0. Giudai“mo elleni“”ico, 228; 1. LXX, 230; 2. Aristobulo, 231; 3. Lettera
di Aristea, 231; 7. Filone Alessandrino (1. Bibliograie, ra““egne, re‘er”ori, 231; 2. Edizioni e ”raduzioni, 232; 0.
Mi“cellanee e raccol”e, 232; 1. Studi, 562); 8. Pseudo-Filone, 239; 9. Flavio Giu“e‘‘e (1. Bibliograie, ra““egne,
repertori, 270; 2. Edizioni e ”raduzioni, 270; 0. Mi“cellanee e raccol”e, 270; 1. Studi, 570); 10. Cristianesimo ales-
sandrino e ambiente egiziano (1. Il con”e“”o religio“o egiziano, 270; 2. Il periodo delle origini, 271; 0. Gno“”ici“mo,
erme”i“mo e manichei“mo, 272; 1. La chie“a ale““andrina: i“”i”uzioni, do””rine, ri”i, ‘er“onaggi e e‘i“odi “”orici,
280; 2. Il monache“imo, 282); 11. Clemente Alessandrino, 281; 12. Origene (1. Bibliograie, ra““egne, re‘er”ori,
290; 2. Edizioni e ”raduzioni, 291; 0. Mi“cellanee e raccol”e, 291; 1. Studi, 291); 13. Lorigeni“mo e la for”una di
Origene, 301; 11. Dionigi Alessandrino, 301; 18. Ario, 302; 19. Eu“ebio di Ce“area, 302; 20. Atanasio, 307; 21. I
Padri Ca‘‘adoci, 307 (1. Basilio di Cesarea, 308; 2. Gregorio di Nazianzo, 309; 0. Gregorio di Ni““a, 309); 22.
Ambrogio di Milano, 311; 20. Didimo il Cieco, 312; 21. Evagrio, 310; 22. Ruino di A’uileia, 310; 23. Teoilo di
Alessandria, 310; 27; Sinesio di Cirene, 310; 28. Gerolamo, 311; 29. Agostino, 312; 00. Isidoro di Pelusio, 318; 01.
Cirillo Alessandrino, 318; 02. Nonno di Panopoli, 319; 00. Pseudo-Dionigi Areopagita, 320; 01. Co“ma Indico-
pleuste, 320; 02. Giovanni Filo‘ono, 320; 03. Massimo il Confessore, 320.
3.2. Segnalazioni di ar”icoli e libri 622
G. B , F. C , A. C , M. C , M. Fé , J.-N. G , D. K , R. P , D. P , M.
R , R. S , S. W , M. Z
4. Comunicazioni
4.1. Congre““i, “eminari e conferenze 650
4.1.1. Congre““i: cronache 650
4.1.2. Seminari: cronache 657
5. Indici
5.1. Indice delle o‘ere di Origene (T. I ) 659
5.2. Indice degli au”ori moderni (M. A ) 666
6. Indirizzario
6.1. Elenco dei membri del Gru‘‘o 681
6.2. Elenco dei collabora”ori 685
7. Libri e ‘eriodici ricevu”i 687
8. Pubblicazioni del Gru‘‘o 690
Annuncio «Adaman”iu“» 24 (2018) 693

4
Dies una
L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
ricapitolazione del sistema mistico-speculativo di Origene
di
Gaetano Lettieri

«Terra autem stupida quadam erat admiratione»1


La prima delle Omelie sulla Genesi (=HGn) di Origene è dedicata ad un’esegesi, inevitabilmente somma-
ria, del primo capitolo del testo biblico. Questo saggio, concentrandosi sull’interpretazione origeniana
di Gen 1,1-2, si limiterà ad analizzare soltanto le prime pagine dell’omelia, rapide e criptiche, ove le idee
di Origene sono inoltre mediate dalla traduzione di Ru no, forse censoria, comun ue sempli catrice
dell’originale greco oggi perduto2, seppure capace di restituirci, insieme con profonde di colt , lampi di
altissima rilevanza speculativa. Perché una scelta così micrologica? Perché nella rapidissima interpreta-
zione di uesti primi ersetti si nasconde, contratto, il senso profondo, il principio genetico e riuni cante
di tutto il sistema teologico origeniano – da un punto di vista trinitario ed economico, protologico ed
escatologico –, interpretazione che è ricapitolata nella potentissima interpretazione della creativa dies
una ( L ) radicata in principio, la cui menzione chiude il uinto paragrafo del primo capitolo
dell’omelia. Perduto il suo Commentario sulla Genesi, cui Origene rinvia più volte come luogo privilegiato
del suo approfondimento esegetico e teologico3, l’“essoterica” HGen 1 assume, pertanto, una rilevanza
singolarissima, perché, se interpretata in connessione con le più sistematiche e ardite opere di Origene
per enute, consente di gettare uanto meno uno sguardo sulla grandiosa interpretazione della creazione
primordiale e atemporale di Dio, nella uale, come edremo, inizio e ne dell uni erso si ri elano coinci-
denti, ricapitolando nell’atto creativo del Figlio la sua stessa opera redentiva.
Il primo capitolo dellomelia accumula, infatti, note olissimi punti-chia e della teologia origeniana, sem-
pre esegeticamente dedotta: a) l’interpretazione dell’«in principio», che rinvia a un principium ontologico
e non temporale, identi ca ile con la Sapienza del Figlio Logos; b) l’interpretazione intellettuale del cielo
primordiale, connessa alla creazione dell’uomo ad immagine di Gen 1,23-27, identi cato con l uomo
celeste ( ) di 1 Cor 12,17, uindi con la totalit dei logikoi preesistenti; c) la men-
zione, niente a atto approfondita, della terra primordiale, de nita dal testo sacro in isi ilis et incompo-
sita , che comun ue non iene in alcun modo connessa a una primordiale creazione di corpi spirituali;
d) l’interpretazione della «lux» che Dio crea4 e fa risplendere come sostanza spirituale delle intelligenze
primordiali, uindi il suo denominarla giorno (dies) , in uanto con ertite e (ri)unite al Figlio; e) l inter-
pretazione delle intelligenze decadute uali tene re (tenebrae)», separate dalla luce e denominate da Dio
«notte (nox) , uindi il loro rapporto con l a isso (abyssus)», connesso con l’esistenza del diavolo e dei
demonii; f) la trattazione del rapporto tra Spirito di Dio e ac ue primordiali, identi cate con la chiesa in-
tellegi ile partecipe della natura di Dio, contrapposti alla diade tene re a isso, cio intelligenze decadute
dia olo; g) l insistenza sull unit assoluta, uindi non ordinale, del giorno iniziale della creazione, «dies
una» restituita come precosmica e pretemporale.
Emergono immediatamente alcune profonde uestioni, di colt , aporie, persino. a) Cosa sar mai un
atemporale creato uale pu essere il rapporto di uesta creatura eternizzata con Dio, da una parte, e
con la creazione temporale, dall altra Com possi ile pensare creature tratte dal nulla senza tempo )
Inoltre, se la prima, unica creazione restituita come perfetto esito della creazione operata dal Verbum

1
O , in C , In Platonis Timaeum Commentarius, [II, De silua] 276; il testo è citato nell’ed. J.H. W ,
P.J. J , Plato Latinus. Timaeus a Calcidio translatus commentarioque instructus, London-Leiden 1962, 19752.
2
Non di uest a iso L. D , Introduction, in Origène, Homeliés sur la Genèse (SC 7bis, Paris 1945, 19853,
9-22, in particolare, 21-22, a mio a iso troppo ottimista sulla piena fedelt della traduzione di Ru no al dettato ori-
geniano.
3
Cf. Origene, Prin I 2,6 (ove la redazione del CGn risulta essere ancora in corso); I 3,3; II 3,6; CC VI 51; VI 60; si
citerà l’ed. di H. C – M. S , Origène, Traité des Principes (SC 252-253; 268-269; 312), Paris 1978-1984.
4
Luce creata ( ) de nita la luce di Gen 1,3, in Origene, CC VI 49.

Adamantius 23 (2017) 45-84


A ( 7)
Salvator, come mai essa articolata tramite una polarit dialettica, uella di coelum et terra , e iden-
temente pensata come asimmetrica Come pu l uno, il principale, uindi perfetto creato, che partecipa
dell atemporale perfezione dell irradiazione creati a di Dio, presentarsi come due di ersi, o e l uno (il
cielo) su ordinato all altro (la terra) c) In ne, la prima, unica creazione, il cielo terra, pare per di pi
slittare erso una polarit ancora pi dualistica uella tra luce giorno e tene ra notte, che Dio di ide,
pronunciando il suo «Fiat lux». La luce viene creata separandola dalle tenebre, che parrebbero pertanto,
almeno ontologicamente, preesisterle. E ene, mentre con lux indicata, come si e ince dai paragra
successi i, la capacit propria del cielo natura spirituale o intellettuale di ri ettere la natura del Figlio
Luce, partecipata nello Spirito dalla sua premondana chiesa creata, con tene rae indicata la natura
maligna delle creature decadute, che poggiano sull a isso del dia olo e dei demonii. Come mai, allora,
l’atto sovratemporale e del tutto unitario di Dio si scinde in una dualistica opposizione tra buoni e cattivi,
angeli e demonii Come pu la caduta essere latente nelleternizzata dies una Il non essere non mina
intimamente la perfezione eterna dell unico giorno di ino, non ottene ra il fulgore creati o dell essere
assoluto?
Per cercare uanto meno di a ozzare alcune risposte a uesti interrogati i, considerando la natura secca
e per molti aspetti reticente del testo origeniano, comun ue condizionato dal genere letterario dellomelia
che certo non consente un pieno approfondimento della materia trattata, sar necessario ricorrere ai testi
maggiori a noi pervenuti.

–M

Preliminarmente, comun ue, da rile are la sorprendente natura assertoria, persino categorica di alcune
tesi avanzate da Origene in apertura della I delle HGen, tanto più in un testo non dedicato alla ricerca
teologica, ma alledi cazione spirituale. E identemente, per Origene non possi ile educare gli stessi
semplici a divenire spirituali, senza presupporre e dichiarare determinate verità ultime, speculative, in
e etti arditissime, che de ono essere, uanto meno in maniera prudentemente contratta o allusi a, testi-
moniate anche nella predicazione ecclesiale: donde, il ricorrervi di parva aliqua et rara de secretioribus
mysteriis… scintillae quaedam spiritalis intellegentiae5. Si pensi, ad esempio, all interpretazione della dies
una come ambito di una creazione sovratemporale, che induce ad ipotizzare una creazione eterna del cielo
logico (identi cato con la sostanza spirituale propria di mens mentes) dalla terra come materia informe
della creaturalit . In e etti, Origene sta ui ricapitolando, a partire da Gen 1,1-5 letto attraverso Gv 1,1-
0, i fondamenti ontologici del suo sistema teologico6, che egli considera ri elati dalla Scrittura. E ene,
Origene pensatore speculativo (impegnato a restituire l’assoluta coerenza logica della creazione e della
ri elazione scritturistica ed ecclesiastica) non pu identi care i fondamenti del suo sistema teologico con
incerte ipotesi logiche prospettate come scolastico esercizio per l’intelligenza alla ricerca della verità, ma
appunto li postula come «principia» non ipotetici, evidenze certe a livello rivelativo e razionale: essi sono
preesistenza degli intelletti creati, loro piena partecipazione all’intimità della vita trinitaria, libertà della

5
Aperiuntur enim interdum et his, qui imbuuntur, parva aliqua et rara de secretioribus mysteriis, ut desiderium conci-
piant maiorum; neque enim desiderari quid potest, si penitus ignoretur. Et ideo incipientibus et primis in eruditionibus
positis sicut non sunt ad subitum cuncta pandenda, ita neque penitus abscondenda sunt spiritalia et mystica, sed, ut ait
sermo divinus, ‘faciendae’ sunt iis ‘distinctiones argenti’ et scintillae quaedam spiritalis intelligentiae animis eorum ini-
ciendae sunt, ut gustum quodammodo desiderandae dulcedinis sumant, ne, ut diximus, si penitus ignoretur, nec omnino
desideretur (CCt II 8,35-36); si utilizza l’ed. di L. B é – H. C – M. B , Origène. Commentaire sur le
Cantique des Cantiques (SC 7 - 7 ), Paris 1989.
6
Sulla natura sostanzialmente sistematica della teologia origeniana, oggi spesso messa in uestione, rimando alla
notevolissima III parte del volume di J. D é , Origène. Le Génie du Christianisme, Paris 1948, tr. it. Origène. Il
Genio del cristianesimo, Roma 1991, 251-342; ma anche 366-367, ove se è ribadita la sistematicità della sua teologia,
uesta comun ue restituita, a mio a iso contraddittoriamente e con ricaduta in una prospetti a criptoconfessionale,
come «ipotesi esplicativa» (366), sicché si troverebbero in Origene, «ad un tempo, i due aspetti che costituiscono il vero
teologo lo sforzo di sistematizzazione da una parte – ed al tempo stesso il ri uto di deformare la erit ri elata per pie-
garla alle esigenze del sistema, che signi chere e accettare una certa incoerenza (037). Mi pare, piuttosto, e idente
il circolo vizioso dell’argomento di Dani lou, che postula l attingi ilt di una erit ri elata (come attinta e de nita )
distinta dallo sforzo di teologia sistematica, impegnata in realt proprio ad e idenziare la erit della ri elazione.

46
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
creatura, caduta pressocché universale dal pleroma divino e conseguente creazione del cosmo materiale,
successione dei mondi, apocatastasi, giustizia perfetta e ont immensa di Dio, uni ersalit del suo amo-
re, relati izzazione della corporeit . Tutte ueste e idenze, seppure non de ni ili come erit dogmati-
che apertamente ri elate dalla Scrittura e uni ersalmente riconosciute dalla chiesa, non possono essere
certo considerate come ipotesi a anzate , perch rinunciando a una sola di esse, la coerenza
razionale della ri elazione di Dio, uindi la sua credi ilit sare ero pregiudicate. Spinto da una potente
esigenza di testimonianza e insegnamento spirituale, Origene è un teologo mistico-speculativo, non un
grammatico o un losofo scolastico, che si compiace dell accumulazione di ra nate ipotesi lologiche o
di congetture razionali. Se il principium è il Figlio che è Logos-Sophia, la conoscenza del Figlio, rivelata
dalla Scrittura, do r essere conoscenza razionale profonda della sua a issale erit , erso la uale la
mente dell’uomo dev’essere spinta. Il metodo zetetico origeniano7, pertanto, non pu essere a atto confuso

7
Per una chiara teorizzazione del metodo zetetico, cf. Prin I 6,1, ove si mostra chiaramente come l’insistenza sulla
natura pi ipotetico-critica che de nitoria di alcune asserzioni teologiche assuma in primo luogo una funzione strate-
gica di giusti cazione e difesa della loro arditezza e di cile profondit , che soltanto dopo un lungo esercizio razionale
possono essere attinte dall intelligenza. Riferendosi alle uestioni altissime relati e alla ne escatologica, uindi all i-
nizio protologico (punti fermi del suo sistema teologico, niente a atto sottoposti a relati izzazione o ad aporeticit ),
a erma Origene ae e etiam no in oc oco commonet o a aec tam a a et i ci ia inte e en a i i i e
est qui legendi horum et talia cognoscendi desiderium ceperit, perfectum et eruditum sensum debet adhibere; ne forte si aut
n m m in i cemo i ae tioni a it ana ae am aec i i et e a i eant a t i iam aei ica-
t m et ae ent m in a ii anim m e it ae etica aec et cont a i em ecc e ia ticam tet non tam atione con incen
am animi i aei icio einien ae i em etiam a no i c m ma no met et ca te a ic nt i c tienti
ma i et e t actanti am o ce to ac einito tat enti n icat m nam e a no i in e io i et ae
sint de quibus manifesto dogmate terminandum sit; quod et pro viribus fecisse nos puto, cum de trinitate loqueremur; de
i e o i tan i ecie ma i am einien i o t o m e e cem . Si noti, metus et cautela non signi cano
a atto rinuncia all attingimento di erit teologiche di cili e profonde, ma sono il presupposto di un attento appro-
fondimento razionale, oltre che l a ermazione di una necessaria, metodica prudenza nellesposizione. Sul rischio di
comunicare a intelligenze ancora immature i misteri pi profondi della dottrina di ina, in uesto caso identi cati
proprio con la dottrina della preesistenza, in particolare con la conoscenza che sono state libere cause primordiali a
determinare i di ersi destini storici degli intelletti, cf. CIo II 192; e 2-8; in particolare uanto alle cause di ueste
situazioni storiche di erenti , dato comprenderle soltanto a uei pochi ( ) che con
molta attenzione hanno indagato ( ) sulle circostanze che precedono e accompagnano
la nascita di ciascuno, interpretandole con criteri di giudizio grandiosi e uasi ine a ili (
), aperti a uelli che hanno la mentalit di Cristo ( )
per conoscere ( ) i doni loro elargiti da Dio. E poich considerazioni si atte sono tali da tur are ( ) chi
le imposta ens , senza per approfondirle ( ), parlando di simili uestioni noi ci esponiamo a un peri-
colo ( ), in uanto gi un rischio ( ) parlarne e tentarne una spiegazione, anche
se conforme alla erit ( ) un rischio, perch colui che amministra i misteri di Dio de e anche scegliere
il momento opportuno per parlare di tali dottrine ( ), per
non urtare chi ascolta ( ) de e porre mente alla giusta misura rendendosi conto di
ci che troppo o troppo poco ( ), di ci che, tenuto conto delle
circostanze, a contro la retta ragione ( , ); de e in ne, pi ac-
curatamente ancora, chiedersi se coloro ai uali si dicono ueste cose sono compagni di ser izio a Dio o sono in ece
al ser izio di ualcun altro che non il Signore dei Signori ( 3-7; si cita led. di E. P , Origenes Werke IV
GCS 10 , Leipzig-Berlin 1900; uindi la tr. it. di E. C , Origene. Commento al Vangelo di Giovanni, Torino 1968).
La fre uente insistenza origeniana sulla dimensione spesso aporetica della ricerca teologica de essere interpretata
non soltanto come pro isorio, seppure necessario momento di analisi delle di colt razionali, nelle uali incorre la
mente che cerca di risalire al mistero divino, ma anche come strategico accorgimento pedagogico, che impedisce con-
clusioni a rettate, preparando con prudenza la maturazione dell intelligenza, comun ue chiamata a compiere un salto
mistico-intellettuale, che, riser ato agli indi idui spiritualmente maturi, consenta loro di attingere una pi profonda
conoscenza di Dio e delle verità abissali del principio, che è il Figlio stesso nella sua eterna attività creativa e redentiva
di mediazione ontologica. Come autore olissima a ermazione della natura zetetica del pi profondo ricercare teolo-
gico origeniano, cf. la conclusione di P. H , Origène (185-253/254) et origénisme, in ictionnai e e a o o ie
chrétienne, Pr face de J. D , Paris 1998, 302-311, in particolare, 310 Peut- tre faut-il insister en terminant sur
le fait ue les s st mations d Orig ne ou de son disciple agre nont amais eu pour ut d di er un corps de doctrine
d nitif et g . Elles furent a ant tout des appels lesprit de li re recherce, des exercises spirituels destin s le er le-
sprit un point de ue sup rieur, des exhortations l audace intellectuelle . Giudico uest assolutizzazione del metodo

47
A ( 7)
con un metodo aporetico. Questo è per di più del tutto contraddittorio, se assolutizzato, cioè scetticamente
loccato nell indecidi ile contraddittoriet dei suoi asserti; sicch , soltanto al di fuori della ragione, in
un am ito pratico o deistico, esso pu tro are una sua via d’uscita (si pensi alla dimensione pratica del
dialogare socratico, ne dei platonici dialoghi aporetici). A meno che esso non sia interpretato, aristoteli-
camente, come momento di passaggio alla dimostrazione apodittica, l’approdo euristico della scienza, che
sola compie e soddisfa il mo imento razionale8.
E ene, per Origene, delle di colt , am iguit , persino apparenti contraddizioni del testo sacro, si de e
trovare la soluzione, la sintesi dialettica, sicché l’aporeticità origeniana è sempre, dialetticamente, tolta
nella erit ulteriore che la spiega. Spesso l insistenza sui limiti della ragione e la produzione di una molte-
plicità di ragioni o di possibili soluzioni a problemi dichiarati irrisolubili nascondono, intenzionalmente,
una soluzione, che la pro idenza dello Spirito, uindi lo stesso maestro spirituale fanno trapelare, perch
la mente del discepolo si sforzi, si ra orzi e ascenda a un li ello ulteriore di conoscenza dialettica9. Il
progresso della conoscenza teologica e dell’esperienza spirituale coincide, pertanto, con il progresso della
conoscenza razionale, culminando in un’intelligenza mistica, che è sempre prospettata come capacità ra-
zionale di attingimento dell unit ontologica; sicch il mistico la profondit unitaria dello speculati o,
dischiusa dallo Spirito che premia gli sforzi della mente10, e niente a atto un am ito spirituale so rarazio-

zetetico in Origene teroreticamente evanescente e storicamente anacronistica, perché condizionata da una sensibilità
tutta moderna, che fa dell (ormai a usatissimo) esercizio spirituale unesperienza giocosamente critica, antidogmati-
ca, uindi – nella sua illuminata li ert autonoma – so rana e indi erente nei confronti della pretesa assoluta che la
ricerca della erit comun ue a anza.
8
Tali sono dun ue le aporie ( ) che si presentano di ueste alcune cose si de ono distruggere, altre conser-
are ( ), poich la soluzione dell aporia una scoperta (
) (Aristotele, EN 1113 ,3-8). Laporia, infatti, caratterizzata dallopposizione di due ipotesi opi-
nioni, una delle uali destinata ad essere confutata, grazie alla dimostrazione della erit dell altra l dell una
consente il dell altra tesi. Laporia, insomma, si compie nella sua soluzione ( ), che coincide con
la scoperta ( ), l identi cazione di uale, tra le due tesi antitetiche, sia uella era.
9
Contro Celso, che gi spesse olte si compiaciuto di ripetere che ien pretesa dai cristiani una fede immediata
( ) , Origene a erma il ruolo decisi o della dialet-
tica non soltanto nel processo di insegnamento apprendimento cristiano, ma nella stessa ri elazione di ina Per , dal
momento che egli cita ancora un altro passo di Platone, dove è detto che “servendosi di domande e risposte [il maestro]
illumina uelli che losofano seguendolo (
)” (Platone, Ep. 7,011 ), ediamo di mostrare, per mezzo delle Sacre Scritture, che anche il Ver o di ino
ci spinge ad usare la dialettica ( ), uando ad esempio Salomone dice
La educazione non soggetta a critica manda fuori strada ( ) (Pr 10,17), o uando
Ges , glio di Sirach, che ci ha lasciato il li ro della Sapienza, a erma La conoscenza dello stolto son parole non a-
gliate dallesame ( ) (Sir 21,18). Per conseguenza, ci sono più “dispute benevole”
(Platone, Ep. 7,011 ) fra di noi ( ), i uali a iamo appreso che il maestro del
angelo de essere capace di confutare uelli che contraddicono (
) (Tt 1,9). E se pure vi sono alcuni di carattere ozioso, che trascurano di de-
dicarsi alle letture di ine, e uindi di indagare il senso delle Scritture ( ,
) e, secondo il precetto di Ges , di chiedere a Dio la loro comprensione
( ) e di attere alle
porte chiuse ( ), ci non uol dire che la parola della Scrittura sia uota di Sapienza
( ) (CC VI,7). Si utilizza il testo sta ilito da M. B , Origène, Contre Celse
(SC 102; 103; 117; 120; 227), Paris 1938-1973, uindi la tr. it. di A. C , in Origene, Contro Celso, Torino 1971.
Si noti che il metodo dialettico e identemente nalizzato all illuminazione, a chiedere lumi sul senso profondo delle
Scritture, uindi al dischiudersi della Sapienza di ina, a chi insiste nel cercarla attra erso l argomentazione razionale.
Pertanto, la stessa sapienza umana, cio loso ca, seppure riconosciuta come imperfetta e insigni cante rispetto alla
trascendente perfezione della Sapienza di ina, dichiarata propedeutica, anzi necessaria al suo attingimento Aggiun-
giamo che non possi ile per un uomo, il uale non sia esercitato nella sapienza umana, rice ere la Sapienza di ina
e riconosciamo che ogni sapienza umana stoltezza al confronto di uella di ina (
,
) (CC VI 14).
10
Le di colt di un indagine razionale non impediscono l accesso della mente ad un piano pi profondo, grazie alla
mediazione dello Spirito, capace di ri elare uello che in un primo momento pare oscuro e nascosto Verum haec si

48
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
nale, nel uale la fede sare e chiamata a compensare l insu cienza della ragione. Sicch la dimensione
carismatica dello Spirito , da Origene, pienamente identi cata con la natura intellettuale del di ino11,
del uale la creatura partecipa inaliena ilmente, seppure secondo una modalit ontologica non assoluta,
ma relati a, perch donata, uindi a entizia e accidentale donde l aliena ilit e la progressi it della sua
partecipazione ad essa, culminante ne l intelletto mistico ( ) 12. Pertanto, non la gratuita
ulteriorit di un dono attinto per fede, ma l urgenza del progresso e dell approfondimento intellettuali ,
per Origene, il culmine dell autentica ita spirituale e cristica, nella uale la fede in erata e perfezionata.
Proprio perché prospetta una contraddizione non mediabile, il metodo aporetico, se non inserito all’in-
terno di un più generale metodo dialettico, che lo ricomprenda come suo critico momento provvisorio,
risulta essere una contraddizione in termini. Assolutizzato, non , in e etti, una methodus, perché non è
in grado di indicare una ia ( ) , ri elandosi del tutto inconcilia ile con il metodo dialettico, cioè con
il dinamismo zetetico ed euristico, comun ue sistematicamente ordinato e go ernato, del progresso in-
tellettuale origeniano. Questo, certo, può contemplare, nel suo svolgersi, elementi di crisi, contraddizioni
apparentemente o provvisoriamente non risolvibili13, ma uesti de ono essere interpretati come momenti
di passaggio, ipotesi di slancio ulteriore verso verità più profonde, postulazioni di tensioni dialettiche, delle
uali la ragione mistica in grado di attingere l unitaria soluzione speculati a – capace di o scura cer-
nere, enodare perplexa, in oluta dissol ere –, che Origene de nisce spirituale o mistica14. Sicch , come

plenius discutere libet, oportebit adtentius et diligentius cum omni metu Dei et reverentia perscrutari scripturas divinas,
si qui forte in his de talibus arcanus et reconditus sensus, si quid in absconsis et reconditis (Sancto Spiritu demonstrante
his, qui digni sunt) poterit inveniri, cum plura testimonia de hac ipsa specie fuerint congregata (Prin II 2,2). Si noti che
lespressione riferita proprio alla di cilissima uestione della materia, oggetto pri ilegiato di uesto saggio. Il mistico,
pertanto, è la pienezza attinta dall’intelligenza, che competenter ad dogmatica venitur et ad mystica atque ad divinitatis
contemplationem sincero et spiritali amore conscenditur (CCt Prol 0,13); sicch la partecipazione al di ino nello Spirito
è compimento della razionalità umana, spiritalis scilicet intelligentia et mystica (CCt I 3,13).
11
La Scrittura ha l a itudine di chiamare spirito e spirituale la realt intellegi ile, per porla in antitesi alla realt
sensi ile ( ) In
2 Cor 0,2-3, Paolo chiama lettera l interpretazione sensi ile delle Scritture e spirito l interpretazione intellettuale
( ) Inoltre come ri elato
da Gv 1,21 e 21 , Ges stesso do r essere inteso come Spirito , nella misura in cui uno lo adorer in modo intellegi i-
le e in spirito ( ) (CC VI 70).
Sanctus Spiritus subsistentia est intellectualis et proprie subsistit et extat (Prin I 1,0); sicch , ancora in riferimento a G
1,21-21, Origene a erma Et vide quam consequenter veritatem Spiritui sociavit, ut ad distinctionem quidem corporeum
“Spiritum” nominaret, ad distinctionem vero umbrae vel imaginis “veritatem” (I 1,4).
12
Chiediamo, a uesto punto, a Dio per mezzo di Cristo nello Spirito Santo di aiutarci nella spiegazione del senso
mistico [di Gv , deposto come un tesoro nella lettera (
) (CIo I 89).
13
In uesta prospetti a, rimando al magistrale saggio di L. Perrone, pu licato in uesto stesso numero. Ma cf. L.
P , La dimora di Dio nell’uomo: l’interpretazione origeniana di Gv 14,23, in L’anti-Babele. Sulla mistica degli
antichi e dei moderni, a cura di I. A – G. G – A. L , Genova 2017, 129-147: «L’interpretazione
della Legge e dei Profeti si dispiega attra erso la continua interrogazione del testo sacro con un esercizio sistematico
di uestioni (o ) In uesto sforzo di intelligenza spirituale il momento aporetico
risulta costituti o e nella crisi che si determina nel suo insorgere, nel momento in cui la Scrittura appare inaccessi ile
nel suo signi cato profondo opponendo all interprete enigmi e oscurit , la enuta del Logos ne illumina il signi cato
no al manifestarsi di una nuo a aporia (117). Preciserei soltanto che la dimensione aporetica de essere interpretata
come provvisoria, propedeutica all’avvento del Logos logos, e non come intrascendibile dimensione della conoscenza
congetturale dell’uomo: Origene non è Gregorio di Nissa.
14
Le aporie introdotte da Origene hanno anche il compito di facilitare il passaggio all interpretazione spirituale (L.
P , Metodo, in Origene. Dizionario. La cultura, il pensiero, le opere, a cura di A. M C , Roma 2000,
273-281, in particolare, 279); mi limiterei a sostituire l anche con soprattutto . Che l atto mistico origeniano coin-
cida con l attingimento dell uniti a erit intellettuale, capace di sciogliere ualsiasi am iguit , contraddizione, aporia,
del tutto chiaramente a ermato in un importante passo del CCt, in riferimento a Ct 1,2, «Mi baci con i baci della sua
occa , interpretato come passaggio mistico-intellettuale dal piano della conoscenza dianoetica dialettica (mediata da
maestri, uindi strutturato attra erso analisi e sintesi di molteplici uestioni e concetti) a uello della conoscenza noe-
tica uniti a, che attingimento diretto dell illuminazione del Ver o Dum enim incapax fuit, ut ipsius Verbi Dei caperet
meram solidamque doctrinam, necessario suscepit oscula, id est sensus, ab ore doctorum; ubi vero sponte iam coeperit

49
A ( 7)
scri e Origene in riferimento a passi scritturistici apparentemente inconcilia ili, uindi a una ri elazione
che parrebbe aporetica, non est accipiendum ista sibi esse contraria, sed uterque sensus ad unum vocandus,
et e o n e ci e et inte ect 15.
Mi pare, uesta, una rigorosa de nizione del metodo origeniano, che non pu arrestarsi all aporia o all ac-
cumulazione di diversi ipotesi; contraddizioni, lavorio della ragione su una pluralità di possibili soluzioni,
che de ono tro are una ia d uscita, condurre a una superiore sintesi dialettica. La stessa ri elazione
evangelica è interpretata, da Origene, come apparentemente aporetica litteraliter, a livello storico, ma
come profondamente armonica, dialettica, coerente spiritaliter, in ne dischiusa allo sforzo di radicale
intelligenza mistica che l’uomo spirituale persegue16. Certo, uesto non signi ca che ogni erit teologica

obscura cernere, enodare perplexa, involuta dissolvere, parabolas et aenigmata dictaque sapientium competentibus intel-
ligentiae lineis explicare, tunc iam oscula ipsius sponsi sui, id est Verbi Dei, suscepisse se credat. Ideo autem et pluraliter
oscula posuit, ut intelligamus uniuscuiusque obscuri sensus illuminationem osculum esse Verbi Dei ad animam perfectam
delatum. Et secundum hoc forte dicebat prophetica et perfecta mens: Os meum aperui et attraxi spiritum (Sal 118,131).
Os autem sponsi intelligamus virtutem dici, qua illuminat mentem et velut sermone quodam amoris ad eam facto, si
tamen capere mereatur tantae virtutis praesentiam, incognita quaeque sibi et obscura manifestat et hoc est verius pro-
piusque et sanctius osculum, quod ab sponso Dei Verbo porrigi dicitur sponsae, purae scilicet animae ac perfectae (CCt I
1,11-12). Di grande interesse l interpretazione pedagogico razionalistica della ri elazione scritturistica (di parabolae et
aenigmata dictaque sapientium), sulla uale cf. CC VII 10 i profeti parlano anche allegoricamente, a nch uelli che
non arretrano di fronte ad ardua fatica, ma sopportano ogni sforzo per amore della irt e della erit , dopo a ere cer-
cato tro ino e dopo a er tro ato possano comportarsi come la ragione richiede (
, , ) .
La ri elazione profetica i lica , pertanto, una ri elazione logica enigmaticamente articolata, nalizzata ad accrescere
il desiderio e l approfondirsi dell intelligenza, attratta e distesa dal sottrarsi del suo oggetto eritati o.
15
Prin III 1,24; in particolare, i brani biblici messi in tensione apparentemente o solo provvisoriamente aporetica,
sono 2 Tm 2,21 (che a erma la piena responsa ilit dell uomo in materia di giusti cazione) e Rom 9,21 (che pare
attribuire la causa dell’elezione esclusivamente a Dio).
16
Cf. CIo 10-27; in particolare La erit , per uanto riguarda uesti fatti, risiede nei loro signi cati intellegi ili (
), altrimenti, se non si d una spiegazione della discordanza ( ) nei resoconti
e angelici, molti perdono la fede nei angeli come se non fossero eritieri, n scritti per un ispirazione di uno Spirito
pi di ino n precisi nel ricordare i fatti. La composizione dei angeli, infatti, si dice risulta da entram i uesti elemen-
ti. Or ene, coloro che accettano i uattro angeli eppure sono con inti che la discordanza apparente (
) non si risol a con l interpretazione anagogica ( ) , saranno costretti a
cadere in aporie irrisolu ili ( ) ( 10). Anche su numerosi altri punti, se uno esamina attenta-
mente i angeli sulla loro discordanza sotto l aspetto s uisitamente storico ( ) ,
gli iene il capogiro e a uesto punto gli passa la oglia di dimostrare la erit dei angeli e allora, se non se la sente di
eliminare del tutto la fede su ci che concerne il nostro Signore, sceglie uno dei angeli a capriccio ( ) e i aderi-
sce; oppure li accetta tutti e uattro e dir che la loro erit non consiste in ci che corporeo (
) ( 11). Cf. G. L , mi tico e amento o i eniano e o no tici mo ne
“Commento a Giovanni”, in Il Commento a Giovanni di Origene: il testo e i suoi contesti, a cura di E. P , Villa
Verucchio 2002, in particolare, il par. 2.1 ie , - . Si potre e o iettare che la coerenza della
rivelazione evangelica si pone su un piano di verità incomparabile rispetto alle ipotesi razionali sollevate da un teologo;
eppure, la coerenza del vangelo è, da Origene, riportata alla coerenza di un sistema speculativo. Anzi, presupporla
e attingerla assolutamente necessario per la perfezione intellettuale dell anima (che l unione mistica con il Figlio
stesso), la conoscenza profonda ed esatta di Dio e dei misteri principali della creazione, uindi delle erit nascoste e
principali, comun ue enigmaticamente ri elate nella Scrittura Quia nec aliter potest anima ad scientiae perfectionem
venire, nisi divinae Sapientiae fuerit inspirata veritate. Igitur de Deo, id est de Patre et Filio et Spiritu Sancto, ab his viris
divino Spiritu repletis principaliter designatur; tum vero de sacramentis Filii Dei, quomodo Ver um caro factum sit, et
qua de causa usque ad formam ser i suscipiendam venerit, ut diximus, repleti divino Spiritu protulerunt. Necessario
deinde etiam de creaturis rationabilibus, tam caelestibus quam terrenis, beatioribus et inferioribus, consequens erat eos
mo ta i m en i ini e moni e oce e e et e i e entia anima m et n e i tae i e entiae o tae nt t m
deinde qui sit hic mundus et quare factus, sed et unde malitia tanta ac talis est super terras, quae utrum in terris sit tan-
tummodo an et in aliis aliquibus locis, ex divinis nos sermonibus discere necessarium fuit (Prin IV 2,7). In Prin IV 2,8,
Origene prospetta, pertanto, un sistema ri elati o a due li elli, o e uello iniziatico, riser ato ai perfetti, con i e con
uello essoterico, mediato tramite narrazioni storiche e il riferimento a realt sensi ili Cum ergo de his talibus et horum
similibus Spiritui Sancto esset intentio inluminare sanctas animas, quae se ministerio dediderant veritatis, secundo loco
habetur ille prospectus, ut propter eos, qui vel non possent vel nollent huic se labori atque industriae tradere, quo haec

50
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
sia disponibile al potere di comprensione dell’uomo17, considerato che neanche la Sapienza del Figlio
in grado di conoscere perfettamente il Padre. Se, uindi, soltanto il Padre potr a ere, persino nella ne
escatologica, una conoscenza davvero adeguata, totale, esaustiva dei misteri divini18, comun ue uesta
relati izzazione dinamica della conoscenza umana progrediente non pu essere de nita come aporetica,
né interpretata come negazione assoluta della capacità umana di attingere spiritualmente i fondamenti
ultimi della erit sal i ca, che piuttosto si ri ela come tale, proprio in uanto capace di essere compresa
totalmente, uindi sistematicamente, cio uni cata in maniera razionalmente del tutto coerente19.

tanta ac talia edoceri vel agnoscere mererentur, sicut superius diximus, involveret et occultaret sermonibus usitatis sub
praetexto historiae cuiusdam et narrationis rerum visibilium arcana mysteria. Inducitur ergo visibilis creaturae narratio
et imi omini con itio at e i ment m. Del tutto trasparente risulta il rinvio a Gen 1,1-5 (visibilis creaturae narratio)
e a Gen 1,26-27 ( imi omini con itio at e i ment m), interpretati come immagini allegoriche dei misteri divini
pi profondi dipendenti dalla Trinit di ina, uali la creazione delle intelligenze preesistenti, immagini di Dio, le cause
della loro caduta, della loro di erenziazione, della loro incorporazione all interno del mondo materiale, seconda crea-
zione di Dio, in ne la promessa della loro redenzione in Cristo.
17
Mi limito a rinviare a Prin IV 3,14.
18
Cf. CIo II 002-037; I 187. D altra parte, nel tardo CC, Origene pare più “ottimista” nel valutare la possibilità
della creatura di attingere la conoscenza profonda del Padre. In CC VI 17, sottolineando che il Figlio, e solo il Figlio,
in grado di conoscere il Padre, si a erma che comun ue egli pu ri elarne il mistero profondo a chiun ue a ia la
meritoria capacit di conoscerlo Comunicando con lui, egli allontana dal Padre uella che chiamiamo tene ra ,
nonch l a isso che chiamato la sua este e uando egli in tal modo ri ela il Padre, chiun ue ha la capacit di co-
noscerlo lo conosce ( , ,
, ,
) . Chi possiede lo Spirito, pertanto, in grado di conoscere Dio in profondit La profondit delle
idee riguardo a Dio ( ) riesce incomprensi ile a uelli che non possiedono lo Spirito,
che tutto scruta ( ) e scruta anche le profondit di Dio
( ) (1 Cor 2,10)». A partire dalla citazione del Prologo giovanneo, Origene conclude
contro Celso Noi riconosciamo che Dio accessi ile a uesto Logos e iene compreso (
), non da lui solo, ma anche da ogni uomo, a cui egli ri ela il Padre (
) (Mt 11,27)» (CC VI 32). uesto signi ca che lo
spirituale in grado di comprendere il Padre stesso Cos , gli spirituali sono in grado di attingere, nel profondo,
potenza e divinità eterne di Dio: «Dopo essersi sollevati dalle cose create del mondo alle opere invisibili di Dio, essi
non si arrestano ( ); al contrario,
dopo essersi esercitati a astanza con uelle cose ed a erle comprese, essi si ele ano no alla potenza eterna di Dio
e – in una parola – alla sua di init (
), en sapendo che Dio nel suo amore per gli uomini
ha reso manifesta la erit e ci che di lui di pu conoscere (CC VII 46).
19
Sul do ere di accrescere la propria conoscenza, sino al raggiungimento della perfetta e totale gnosi di Dio – soltanto
escatologicamente compiuta, ma gi in uesta esistenza non esclusa, e comun ue richiesta al cristiano spirituale e da
lui cercata –, impressionante è un brano di CIo Se con iene esprimersi cos , uno che ascolti tutte le parole di Dio
( ) – ammesso che ci possa riuscire a ualcuno di coloro che hanno rice u-
to lo spirito di gli adotti i ( ) – di enta glio
di Dio ( ) in modo perfetto e insupera ile ( ) e deri er tutto e in tutto com-
pletamente da Dio ( ). Lespressione tutto e in tutto va presa però con prudenza
( ), intendendola come relativa alle dottrine nel loro complesso
( ), a tutta la conoscenza e a tutti i misteri ( ), s da
dire che di enta tutto e in tutto glio di Dio chi conosce tutti i misteri, tutta la scienza e compie inoltre le opere della
carit perfetta (
, ). E edi un po se chi in tali condizioni possa adattare
a s uelle parole Conosciamo imperfettamente e imperfettamente profetizziamo (1 Cor 13,9), sì da dire anch’egli:
Siamo gli di Dio imperfettamente , per aggiungere poi uando err la perfezione, sar a olito ci che imperfetto
( ) (1 Cor 10,10), err cio il di entare gli di Dio in modo perfetto, che a olir il modo im-
perfetto di esserlo di entati ( ,
) (CIo 001-003). Lessere gli di Dio , uindi, perfezionamento dell atti it logica, totale identi cazione
con la logicità, che è la natura divina rivelata dal Figlio e in lui unitariamente partecipata, dalla «parte migliore, cioè
uella di ina ( ) ( 007), naturalmente posseduta dall uomo. na olta
dun ue rice uto il potere di di entare gli di Dio ( ), facciamo di tutto per riuscire ad
essere da Dio e ascoltare le sue parole ( );

51
A ( 7)
Valuto, allora, una prospettiva che insista eccessivamente sulla dimensione aporetica origeniana come
facile ia d uscita, im occata per scartare rispetto ai pro lemi pi profondi, in uietanti, e ersi i20 di un
pensiero radicalissimo, a anzando una riproposizione ra nata della tradizionale normalizzazione di Ori-
gene, salutato (si pensi a Gerolamo, Agostino, Bernardo, Tommaso, Erasmo stesso) come grande maestro
di esegesi e di spiritualit , ma stigmatizzato o lasciato tacitamente cadere come teologo pericoloso e fal-
lace. Interpretare le sue teorie più ardite come ipotesi non dogmatiche, ma zetetiche o persino aporeti-
camente a anzate, signi ca, infatti, ridurne la pretesa eritati a, sistematica, pericolosamente gnostica21
(certo, in senso antidualistico), a antaggio del suo integro spiritus di umile cristiano. Ritengo, al con-
trario, fallimentare separare la dimensione spirituale di Origene da uella puramente logico-razionale,
restituendo uno spiritualismo psichico, umilmente deistico (o e proprio dalle contraddizioni razionali
la fede trarre e igore), appunto relati izzatore delle radicali, arditissime dottrine maledette di Origene.
Se, al contrario, l autentico origenismo restitui ile come dottrina del progresso spirituale dell anima nel
profondo, capace di riconoscersi logos nel Logos, uindi intelletto protologicamente ed escatologicamente
sprofondato nell unione mistica con il Figlio, l aporia, che letteralmente l assenza di ia d uscita, uindi
di passaggio sal i co, corrisponde a un immo ilizzazione della del logos. Ribadisco, invece,
che l’aporia non può che essere (così come per Platone e lo stesso Aristotele) una dimensione soltanto
provvisoria, come un defectus litterae, destinato a essere tolto a partire da una visione spirituale più pro-
fonda, razionalmente dogmatica e non relati istica, n scettica, razionalmente de ole, perch nalizzata
ad essere perfezionata da spirituali salti della fede, che, nel caso di Origene, sono del tutto fuori luogo
e fuori tempo22. Per Origene, infatti, la crisi della ragione fa acillare la fede, che iene in ece compiuta
ed esaltata dall approfondimento garantito dall intelligenza mistico-speculati a, interpretata come gnosi
spirituale, protesa al superamento delle di isioni materiali, uindi delle aporie logiche, sino al raggiungi-
mento dell’unità ontologica con il Figlio.

–L

Cominciamo dalla ne del capitolo primo di HGn 1, che, fornendoci una precisazione che giudico di ca-
pitale importanza, conclude mettendo in rilievo la natura del tutto singolare del giorno iniziale della cre-
azione. L’espressione ebraica ‫ יום אחד‬iom echad , infatti, tradotta rigorosamente dai L con
(Gen 1,2), restituita da Ru no con dies una. Come gi Filone, Origene interpreta uesta denominazione
del giorno iniziale della creazione come non ordinale e relativa ad altro, ma del tutto singolare, separata,
assoluta, uindi ri elati a di un unum atemporale, trascendente tempo e mondo, per uesto sottratto alla
serie dei giorni successivi, segno delle realtà diverse, che si succedono nel tempo, di erenziandosi mate-
rialmente:
Non dixit: Dies prima, sed dixit: Dies una. Quia tempus nondum erat, antequam esset mundus. Tempus autem
esse incipit ex consequentibus diebus. Secunda namque dies et tertia et quarta et reliquae omnes tempus incipiunt
designare23.

L’unum proprio del giorno iniziale della creazione , appunto, identi cato con tutto ci che Dio crea in
initio, ove initium è interpretato ontologicamente come principium (entrambi i termini traducono ovvia-

e sforziamoci di progredire nellessere da Dio per progredire anche nell ascoltarne le parole (
, ), scoprendone e comprendendone un numero
sempre pi grande ( ), no ad accogliere in noi tutte le parole di Dio (
) ( 008). Non esiste limite prescritto in uesto processo di indiamento liale, che
la conoscenza di Dio, cui ogni creatura , dalla sua stessa natura, chiamata; ualsiasi arresto del progresso conosciti o
de essere superato, ualsiasi aporetica paralisi dell intelligenza de essere risolta, tolta (si pensi al er o ),
sicch ualsiasi pro isoria i e en a logica possa essere riportata a un’unità razionale.
20
Per una ri essione sul paradosso teologico, cf. CIo II 112-115.
21
Cf. J. D é , Origène, cit., 232-242; G. L , mi tico, cit.
22
Tra i tantissimi esempi di netta su ordinazione della fede allo sforzo di approfondimento della ragione, proprio di
coloro che penetrano con una comprensione pi distinta ( ) la ri elazione di Dio, mi
limito a rinviare a CIo 288-289; 008; III 022-021; III 029-031.
23
HGn 1,1.

52
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
mente il greco ), atto assolutamente principale, di ino e creati o il principio il Salvator, il Verbum
in principio , l’ipostasi del Figlio eternamente creatore25. L’initium, pertanto, non indica a atto un prin-
24

cipio temporale, come Origene precisa26 e come Calcidio, riferendosi a Origene, conferma27. Evidente è,
in proposito, la dipendenza da Filone28, che connette strettamente, in senso aristotelico, temporalità e

24
Quod est omnium principium nisi Dominus noster et Sal ator omnium Iesus Christus primogenitus omnis creaturae?
In hoc ergo principio, hoc est in Verbo suo, Deus coelum et terram fecit, sicut et Evangelista Iohannes in initio Evangelii
sui ait dicens: in principio erat Verbum, et Verbum erat apud Deum, et Deus erat Verbum. Hoc erat in principio apud
Deum. Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil. Non ergo hic temporale aliquod principium dicit, sed
in principio, id est in Salvatore, factum esse dicit coelum et terram et omnia, quae facta sunt (Origene, HGn 1,1; il testo
delle HGn è citato nell’ed. di W.A. B , Origenes. omi ien m e ate c in in e et n , Erster Teil: Die
Homilien zu Genesis, Exodus und Leviticus GCS 29 , Leipzig 1920). Sul rapporto tra Sapienza nigenito, Principium e
Logos, cf. Prin I 2,1-2; CIo I 109-118; II 03-07. Cf. G. L , mi tico, cit., 212-242, e C . K , Christliche
Kosmologie und kaiserzeitliche Philosophie. Die Auslegung des Schöpfungsberichtes bei Origenes, Basilius und Gregor von
Nyssa vor dem Hintergrund kaiserzeitlicher Timaeus-Interpretationen, Tübingen 2009, 240-247.
25
In proposito, decisi a l in uenza di Col 1,15-16: «Egli è immagine del Dio invisibile, il primogenito di tutta la
creazione ( , ), poich in lui sono state create tutte le
cose, uelle nei cieli e uelle sulla terra, uelle isi ili e uelle in isi ili (
, ) .
26
Cf. Prin I 2,1-0, o e si restituisce unaccezione ontologica e creati a dell initium , identi cato con la Sapienza, de-
nita, a partire da Pr 8,22, creata in uanto scaturigine di ogni realt creaturale, contenuta i idealmente Quali autem
modo intelleximus Sapientiam “initium viarum” Dei esse, et quomodo creata esse dicitur, species scilicet in se et rationes
totius praeformans et continens creaturae: hoc modo etiam Verbum Dei eam esse intellegendum est per hoc, quod ipsa
ceteris omnibus, id est universae creaturae, mysteriorum et arcanorum rationem, quae utique intra Dei Sapientiam conti-
nentur, aperiat; et per hoc Verbum dicitur, quia sit tamquam arcanorum mentis interpres; il Verbum, pertanto, è restituito
come personale atto creati o, che pone in atto le ragioni potenziali della Sapienza, di cui interprete (cf. CIo I 244).
«“Il Logos era nel principio , cio nella Sapienza, intendendo per Sapienza il sussistere della contemplazione relati a a
tutte le cose e dei concetti ( );
per Logos, invece, la comunicazione agli esseri dotati di logos di ci che contemplato (
) (CIo I 111). Il Sal atore colui che media tra la sostanza e
l atto progologico della Sapienza creata e la creazione e etti a delle creature. In CIo I 222, Origene identi ca il prin-
cipio con la denominazione ( ) scritturistica del Figlio uale Sapienza, nel uale, secondo Gv 1,1, il Figlio
uale Logos collocato Egli principio in uanto Sapienza ( ), poich infatti
scritto nei Proverbi: “Dio mi creò principio delle sue vie, in vista delle sue opere” (Pr 8,22); in uanto Logos, però, non
pi principio ( , ), poich infatti nel principio era il Logos” (Gv 1,1)». Origene,
pertanto, è erede di una tradizione interpretativa ebraica che ontologizzava il principio temporale di Gen 1,1 Si pu
a ermare che le prime parole di Gen 1,1 e t, che originariamente a e ano solo un signi cato temporale, hanno
dato ita a una serie di riletture incentrate, tra l altro, sul tentati o di speci care il senso del greco intendendo i
un vero e proprio principio tramite il uale Dio a e a prodotto l uni erso. La gura della sua Sapienza o della sua Parola
si presentano come particolarmente adatte a uesto ruolo (P. M , Alcune note sui primi versetti della Genesi (Gen
1,1-3) e la loro ricezione nel prologo giovanneo, in Nuovo Testamento: teologie in dialogo culturale. Scritti in onore di
Romano Penna nel suo 70o compleanno, a cura di N. C – G. P , Bologna 2008, 73-84, in particolare, 82).
27
Initium minime temporarium dici, neque enim tempus ullum fuisse ante mundi exornationem dieique et nocturnas
uices quibus temporis spatia dimensa sunt (C , Comm. [II, De silua 273). A dire il ero, Calcidio attri uisce
apertamente ad Origene soltanto una restituzione assai particolare dello stato informe e inconsistente della terra pri-
mordiale: Origenes asseuerat ita sibi ab Hebraeis esse persuasum quod in aliquantum sit a uera proprietate deriuata
interpretatio; fuisse enim in exemplari: Terra autem stupida uadam erat admiratione; ma prosegue sottolineando come
tutti gli interpreti della Genesi ai uali ha fatto riferimento, uindi Origene compreso, appunto interpretassero l ini-
tium» genesiaco non in senso temporale, ma ontologico-causale: unum rerum omnium initium. Eppure, che Calcidio
si stia riferendo soprattutto a Origene pare confermato da due elementi del tutto tipici del metodo e dei risultati teo-
logici origeniani, cio a) dalla dipendenza dell indagine teologica da una pre ia, attenta analisi delle di erenze tra tre
traduzioni greche del testo e raico (A uila, Simmaco, in ne uella di origine e raica riportata da Origene); ) dal
lungo excursus dedicato all’interpretazione del termine sapientia, della uale (dopo un elenco di rani eterotestamen-
tari chiamati a pro arne i molteplici signi cati) si mette in rilie o la natura am igua, simul creata e creatrice del tutto
prima e fuori del tempo, con riferimento a Pr 8,22-2, aperte indicans praeeunte diuina sapientia coelum terramque facta
eandemque diuinam sapientiam fore uniuersitatis primordium.
28
Cf., in proposito, gi Filone, Op. 15, ed. L. C , Philonis Alexandrini opera quae supersunt, vol. 1, Berlin 1986,
rist. Berlin 1962, tr. it. di C. K R , in Filone. Tutti i trattati del Commentario allegorico alla Bibbia, a cura

53
A ( 7)
movimento cosmologico29. Eppure, l’interpretazione origeniana della dies una appare ben più radicale di
uella loniana, in uanto non si limita a identi care il cielo con le idee e la sostanza intellegi ile create
nel Logos e utilizzate come prototipi della creazione materiale, ma – come vedremo più avanti – interpreta
il cielo creato prima del tempo e del mondo da Dio nel suo Logos come la totalità delle creature intellet-
tuali: oggetto della principale creazione di Dio non è il mondo, ma sono gli uomini, liberi e singolari logoi
mentes30; leterna manifestazione del di ino non cosmologica, ma antropologica (donde l insepara ile
relazione tra il Figlio Logos e il cielo logoi).
Ma una creazione pretemporale non divinizza ed eternizza le creature, restituendole come estrinsecazione
o emanazione di un intima necessit radicata nel di enire stesso di Dio (nella generazione del Figlio), che
pare contraddire la li ert dell atto creati o E identi sono di colt e arditezza di uesta prospetti a, pure
emersa all interno di un testo omiletico, tanto pi se consideriamo la chiarezza con la uale in Prin la di-
mensione ontologica della Trinit , eccedente tempo e spazio, nettamente di erenziata dalla dimensione
ontologica delle creature, sempre determinate da in tempo e spazio, uindi da un irriduci ile corporeit 31.
Inoltre, l’interpretazione della creazione eterna operata dal Figlio, testimoniataci da Prin I 4,3-5, parreb-
e essere in linea con uella loniana, in uanto sem rere e restituire la signoria eterna del Figlio nei
confronti delle creature come puramente ideale, che soltanto con la creazione nel tempo di erre e reale.
D’altra parte, in CIo la generazione dei logoi è intimamente connessa alla generazione del Logos, denomi-

di R. R , Milano 1991 A ciascuno dei giorni Mos assegn alcune parti del tutto, fatta eccezione per il primo
giorno, che egli non chiama neppure primo ( ), perch non sia conteggiato insieme agli altri, ma denomina
uno ( ), usando una de nizione esatta, poich in esso indi idua la natura e l appellati o di unit assoluta e tale
nome gli attri uisce ( ) ; cf. 23-28. Ci che Dio crea
nel giorno uno , per Filone, il mondo intellegi ile , il modello ideale delle realt create nei giorni successi i cf.
12-19; in particolare, uando concep il disegno di creare la grande citt del mondo , Dio in una prima fase ne
struttur nella propria mente i modelli ( ) secondo cui sare e stata creata, componendo i
uali port a compimento prima il mondo intellegi ile ( ) e poi, ser endosi di esso come prototipo,
uello sensi ile ( ) (19). In 21-22, il mondo intellegi ile identi cato con il Logos di ino, nel uale sono
collocate tutte le idee immateriali cf. 20; 21-22. Il cielo creato in principio da Dio , pertanto, identi cato con il
cielo incorporeo ( ) (29), il cielo intellegi ile e incorporeo ( ) (03) uesto
stato il primo ad essere creato, in uanto la migliore delle cose create ed costituito dalla sostanza pi pura (
) e per uesto moti o era destinato a di enire la
dimora eccelsa ( ) degli d i isi ili e sensi ili (27); Il mondo incorporeo era dun ue ormai portato
a compimento, con ssa collocazione nel Logos di ino (
) (03). Pertanto, da una parte il cielo rappresenta la totalit dei modelli cosmologici ideali, contenuti nel
Logos di ino, dall altra il luogo nel uale erranno a collocarsi gli d i isi ili e sensi ili, cio le creature intellettuali.
29
«Mosè dice che “in principio Dio creò il cielo e la terra”, non intendendo “principio”, come pensano certuni, in senso
cronologico, perch il tempo non esiste a prima del mondo ( ), ma nato assieme ad
esso, o dopo ( ). Il tempo infatti uno spazio intermedio determinato dal mo i-
mento del mondo ( ) e il mo imento non pu esistere prima delloggetto che iene
mosso, ma necessariamente si produce o dopo o simultaneamente» (Filone, Op. 26).
30
Da segnalare l intelligente, seppure forse troppo prudente, saggio di P.W. M , Origen’s Doctrine of Pre-Existen-
ce and the Opening Chapters of Genesis, ZAC 13 (2010) 213-219, in particolare, 220-228.
31
Cf. Prin I 2,10, ove si oppone la natura inconvertibilis et incommutabilis del Figlio, il cui bene è substantiale, alla con-
vertibilis et commutabilis natura della creatura, cui accidit etiam decidere potest dalla di ina eatitudine nella uale
opposta; I 3,4: oc ane o icim e em e e e at e i o a i ta e tem o a i i niicationi nomen a -
ci cim im icite et c m enia acci ien m e t oniam nomin m i em o m i niicatione tem o a e nt ea
autem de quibus loquimur tractatu quidem sermonis temporaliter nominantur, natura autem sui omnem intellegentiam
sensus temporalis excedunt; e IV 4,1-2: Hoc autem ipsum quod dicimus, quia numquam fuit quando non fuit, cum venia
a ien m e t am et aec i a nomina tem o a i oca i i niicantiam e nt i e t an o e n m am -
pra omne autem tempus et supra omnia saecula et supra omnem aeternitatem intellegenda sunt ea, quae de Patre et Filio
et Spiritu Sancto dicuntur. Haec enim sola Trinitas est, quae omnem sensum intellegentiae non solum temporalis, verum
etiam aeternalis excedit. Cetera vero, quae sunt extra Trinitatem, in saeculis et in temporibus metienda sunt. Hunc igitur
Filium Dei secundum hoc, quod Verbum est Deus, qui erat in principio apud Deum, nemo consequenter putabit in loco
aliquo contineri, neque secundum quod sapientia est neque secundum quod veritas est neque secundum quod vita est vel
i titia e anctiicatio e e em tio aec enim omnia non in i ent oco t a e e i e o e a i o int e o i
qui virtutis eius inoperationisque participant, haec singula intellegenda sunt.

54
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
nazione creativa del Figlio nel suo rapporto ad extra con le creature32, rispetto alla uale la denominazione
di Sapienza esprime il rapporto ad intra con il Padre33.

32
Concordo perfettamente con le conclusioni di J. D é , Origène, cit., 003-007 La isione di Origene uella
di un mondo di creature spirituali che circondano il Logos e partecipano a Lui in una sfera preesistente al cosmo
n aspetto essenziale di uesta dottrina che il mondo dei Logikoi coeterno al Logos A di erenza di Tertulliano ,
per Origene non esiste tempo in cui il Logos non sia stato Ma poich egli conser a la relazione del Logos ai Logikoi,
sono allora i Logikoi a di entare eterni uesta necessit di un mondo eterno di creature spirituali a nch Dio possa
esercitare alcuni dei suoi attri uti, uno dei punti in cui l in uenza del medioplatonismo sulla dottrina di Origene
appare in modo caratteristico . Cf. G. L , Origene e l’incarnazione eterna di Cristo. L’Eden spirituale come imma-
nenza dell’uomo nel Logos, in Gesù Cristo speranza del mondo, ed. I. S , Roma 2000, pp. 307-322. Per una limpida
a ermazione della preesistenza degli intelletti come d i, uindi della caduta, restituita come di erenza intercorsa, che
ne ha determinato lordinamento gerarchico, cf. CCt III 180,13, ove si tratta di i io e eo i a i an o e nt
et non sunt, vel multitudines coelestium ministrorum dictos esse intelligere. Ad omnes enim in initio pertinet illud, quod
scriptum est: ego dixi: dii estis et lii Excelsi omnes (Sal 81,6) Se i e entia inte ce it e oc o ait o a tem t
homines moriemini, et sicut unus de principibus cadetis (Sal 81,7) . Sul tema di attuto dellorigeniana creazione eterna
degli intelletti, cf. Prin I , ; e soprattutto I,4,3 e 5: Quas virtutes Dei [bene faciendi virtus et creandi ac providendi]
absurdum simul et impium est putare vel ad momentum aliquod aliquando fuisse otiosas… Et ideo nullum prorsus mo-
ment m enti i ote t o non i t i a eneica ene ece it n e con e en e t i e em e i ene ace et
conditionibus videlicet vel creaturis suis [...]. t e oc con e en i et o ne e con ito ne e eneic ne e
providens Deus aliquando non fuerit [...]. Semper erat in Sapientia ea quae protinus etiam substantialiter facta sunt.
Rimando, in proposito, a G. L , mi tico, cit., 235-245; F.H. K , Die Ewigkeit der geistigen Schöpfung
nach Origenes, in Reformation und Humanismus. R. Stupperich zum 65. Geburtstag, a cura di M. G – J.F.G.
G , Witten 1969, 272-297, in particolare, 285 e 296. Importantissima, in proposito, la controversa testimonianza
polemica di Antipatro di Bostra, del suo perduto trattato Contro Origene, cit. in C . K , Christliche Kosmologie
und kaiserzeitliche Philosophie, cit., 000, n. 091 Antipatro a erma che per Origene Dio non cominci a creare ne-
anche gli intelletti ( ) , essendo uesti eternamente creati. Le uestioni
della creazione eterna degli intelletti e dell interpretazione del passo di Antipatro sono state trattate con grande nezza
da C . K , Christliche Kosmologie und kaiserzeitliche Philosophie, cit., 298-000; non ne condi ido, comun ue,
l interpretazione ridutti a dell a ermazione di Antipatro (cf. 012-010), accompagnata dalla consueta ri endicazione
dello zetetico metodo teologico di Origene, che gli impedire e a ermazioni assertorie, sostituite, almeno in relazione
alle fondamentali uestioni protologiche ed escatologiche, da ipotesi sempre dialetticamente messe in discussione.
33
Cf. le due decisi e trattazioni del rapporto di intimit tra Sapienza (interpretata come del tutto unitario sistema
vivente di logoi), Logos creatore e logoi creati, in CIo I 223-225; I 243-246; I 291-292; II 17, ove il Logos-Primogenito,
che è eternamente «presso il Dio» Padre, è interpretato come primo di una serie, Dio causa di divinizzazione degli
d i che lo seguono, partecipandone All infuori del Dio-in-s , tutti uelli fatti Dio per partecipazione alla di init
di lui si de ono chiamare pi propriamente Dio e non il Dio (
). Tra uesti, di gran lunga il pi augusto
il primogenito di ogni creatura , in uanto, in irt dellessere presso Dio , per primo trasse a s la di init , di enuto
poi ministro di di inizzazione per gli altri d i che sono dopo di lui , attingendo da Dio e comunicando loro a on-
dantemente, secondo la sua ont , perch fossero di inizzati . Riporto, in uesta sede, soltanto alcune delle ripetute
a ermazioni sulla relazione insepara ile tra Logos (che nel Principio, che il Figlio come Sapienza) e ita (creata dal
Logos nel Logos stesso, che le trasmette la partecipazione alla divinità); mi limito a citare CIo I 112-115: «La vita è stata
fatta nel Logos ( ) e la ita non di ersa e distinta dal Figlio di Dio (
), perch uesti dice Io sono la ia, la erit e la ita (G 11,3). E pertanto, come la ita stata fatta
nel Logos, così il Logos era nel principio ( , ) Tutte le
cose sono state fatte secondo la Sapienza, cio secondo i tipi del complesso dei concetti logoi che sono in lui [nel Logos]
( ) Tutte le cose sono state fatte secondo le
ragioni delle cose future che Dio a e a gi da prima manifestate nella Sapienza (
). E si de e a ermare che Dio, a endo creato, per cos dire,
una Sapienza i ente, le a d il compito di trasmettere, dagli archetipi che essa contene a, agli esseri e alla materia, sia
la struttura, sia le forme e, come io ritengo, anche le sostanze ( , ,
, ,
) . Cf. il fondamentale excursus sulla vita [che è luce illuminata], in II 128-132; in particolare:
Si potre e dire che il Sal atore, anche in uanto ita, non ita per s , ma per altri, per i uali anche luce (
, ). uesta ita sopra iene al Logos (
), ma una olta sopra enuta insepara ile da lui (
) (128-129). Cf. CIo V, fr. 2. Per il rapporto di de ito e scarto di Origene rispetto alla grandiosa teologia

55
A ( 7)
allora necessario tornare a confrontarsi con Prin I 1,0-2, o e pro a ilmente la traduzione ru niana ha
sempli cato il dettato origeniano, attenuandone, almeno in parte, la radicalit . Ne emerge, comun ue,
un ricercare teologico, che passa attra erso le idenziazione di unaporia, che pare a ermare due erit
razionali contraddittorie appunto a) uella della creazione so ratemporale delle creature intellettuali,
pensate come singula34, eterni oggetti intenzionali dell amorosa olont creati a di Dio, uindi partecipi
della di ina eternit del Figlio, che in uanto Signore uono e pro idente non pu mai mancare della
creazione che signoreggia e ene ca35; e ) uella della loro temporale contingenza, espressa tramite la
di erenza cronologica tra a) il prima del loro esistere unicamente come ipotesi potenziale nel Figlio in
uanto Sapienza e ) il poi (protinus) dellessere e etti amente create dal Figlio in uanto Logos36. La solu-
zione razionale dell’aporia, che viene risolta nell’essere dialetticamente assunta a un livello speculativo più
profondo, , a mio parere, niente a atto la distinzione (razionalmente de olissima) tra un prima eterno
nel uale la Sapienza pensa le idee del cosmo ( sico )37 e un poi temporale nel uale le porta allessere,
ma c) l a ermazione dellesistenza di una contingenza creaturale eternamente posta da Dio, uindi, simul a)
da un punto di ista cronologico, coeterna con la Trinit in uanto pensata dal Figlio Sapienza e portata

pleromatica valentiniana, rimando a G. L , mi tico, cit.: vi si cerca di dimostrare come l’intera interpreta-
zione origeniana del Prologo sia in rapporto di polemica dipendenza nei confronti della grandiosa esegesi del Prologo di
Tolomeo, tra l’altro trasmessaci da Ireneo, Haer. 1,8,2-3. da segnalare, in ne, l analisi meramente letteraria e piuttosto
estrinseca, seppure attenta, ra nata e documentatissima, del commento origeniano al prologo gio anneo, di A.A.
M , La composition du prologue du Commentaire sur Jean d’Origène, Adamantius 22 (2016) 6-24: essa si ostina a
ignorare il rapporto strutturale e speculati o che uello contrae nei confronti della pionieristica esegesi alentiniana e
in particolare tolomeana; ad es., possi ile indagare il tema della primizia e della pienezza della frutti cazione,
che per Origene il prologo e il vangelo di Gv assumono nei confronti del sistema complessi o della Scrittura ( ero e
proprio organo di formazione spirituale e dei cazione), senza tenere presente la dottrina alentiniana del pleroma di-
ino come ri elazione delleterna frutti cazione spirituale, ricapitolata nel Sal atore , interpretato come o erta
liturgica di tutto il pleroma e appunto de nito Frutto comune del pleroma e Sommo Sacerdote , che
appunto raduna, redime e introduce gli spirituali decaduti nella pienezza della di init , riconciliandoli con l che
lo stesso Figlio nigenito
34
Latti it creatrice di Dio eterna, uindi eternamente orientata erso le singole creature Sine dubio omnia vel
genera vel species fuerunt semper, et fortassis etiam per singula. Verum tamen omnimodo hoc est, quod ostenditur, quod
non Deus conditor aliquando esse coeperit, cum ante non fuerit (Prin I 1,2). Di straordinario interesse una ermazione
del CC A Dio non importa soltanto, come crede Celso, di tutto l insieme ( , ,
), ens , oltre che dell insieme, di ciascun essere razionale in particolare (
) (CC IV,99). Il logikos è singolarmente amato da Dio.
35
m o moment m enti i ote t o non i t i a eneica ene ece it n e con e en e t i e em e
i ene ace et con itioni i e icet e c eat i i et ene acien o ine et me ito in i a eneicia i t te
o i entiae i en a et t e oc con e en i et o ne e con ito ne e eneic ne e o i en e a i-
quando non fuerit (Prin I 1,0). Ancora pi nette le a ermazioni di Prin I 2,10: Quemadmodum Pater non potest esse quis,
si Filius non sit, neque Dominus esse quis potest sine possessione vel servo: ita ne omnipotens quidem Deus dici potest, si
non sint in quos exerceat potentatum; et ideo ut omnipotens ostendatur Deus, omnia subsistere necesse est. Et quomodo
non videtur absurdum, ut cum non haberet aliquid ex his deus, quae eum habere dignum erat, postmodum per profectum
quendam in hoc venerit ut haberet? Quodsi numquam est quando non omnipotens fuerit, necessario subsistere oportet
etiam ea, per quae omnipotens dicitur, et semper habuerit in quibus exercuerit potentatum et quae fuerint ab ipso vel rege
vel principe moderata. Mi pare evidente come Dio come rex et princeps non possa governare eternamente su idee, ma
soltanto su soggetti intelligenti e liberi.
36
Sed rursum in hoc humana intellegentia hebetatur atque constringitur, quomodo possit intellegi semper ex quo Deus est
fuisse etiam creaturas et sine initio, ut ita dixerim, substitisse eas, quae utique sine dubio creatae esse atque a Deo factae
credendae sunt (Prin I 1,1). Cf., in tal senso, II 9,2, testo sul uale comun ue torneremo. La distinzione tra Sapienza e
Logos/Verbum, centralissima in CIo I-II, è ovviamente presente anche in Prin cf., ad esempio, I 2,7-8, o e si distingue
quomodo “via” sit et ducat ad Patrem, et quomodo “Verbum” sit arcana sapientiae ac scientiae mysteria interpretans ac
proferens rationabili creaturae… Et vide ne forte, quoniam Filius Dei, qui et Verbum eius et Sapientia dicitur et qui solus
novit Patrem, et re elat ui us ult i e t i ca ace e i i i et Sa ientiae i nt ec n m oc i m o inte e i
atque agnosci facit Deum, guram su stantiae el su sistentiae eius dicatur exprimere: id est cum in semet ipsa primum
e c i it Sa ientia ea ae e e a e t cete i e i a i i a no cit et inte e it e et aec icat i a
expressa substantiae dei”».
37
Certo, nella sua prescienza che pre ede la caduta dei logoi che uole creare, la Sapienza pensa il modello di ogni
realt creata, uindi anche uelli della seconda creazione cf., in tal senso, CCt III 13,9-18.

56
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
all’essere dal Figlio Logos prima del dispiegarsi temporale e spaziale del mondo sico, eppure, ) da un
punto di ista ontologico, o iamente non ingenita, ma neppure coeterna con la Trinit , in uanto onto-
logicamente dipendente dal suo volontario, libero atto creativo38.
Ritengo, insomma, che la distinzione dei due momenti temporalmente scanditi sia nalizzata a sotto-
lineare non la collocazione temporale della creazione intellettuale – in principio , nel uale cielo terra
sono creati, ancora non esiste tempo –, ma la sua natura eternamente contingente, in uanto dipendente
dal libero atto creativo della Trinità. La distinzione tra la trascendenza del divino “pensiero creativo” (la
causa pensata) rispetto allo stesso atto creati o (le etto operato), rappresentata tramite la distinzio-
ne temporale tra prima e poi, nalizzata, pertanto, ad esaltare la li ert amorosa delleterno passaggio
dall uno all altro, operato dal Figlio che in uanto Sapienza pensa la possi ilit potenzialit dei logoi creati
e in uanto Logos li pone realmente attualmente nellessere. uesto signi ca che ontologicamente, nel
prima della sua perfetta trascendenza ontologica, il Figlio Sapienza sta senza do er necessariamente pro-
cedere alla creazione, che soltanto poi err attuata con misericordiosa li eralit dal Figlio Logos. Negare
la dimensione pretemporale dell’atto creativo operato dal Logos signi chere e, d altra parte, introdurre
la nozione di temporalit di isi a all interno delle due denominazione fondamentali del Figlio, che ne
indicano la dialettica intradivina: a) la denominazione di Sophia, relativa all’atto teoretico del Figlio che si
india nel Padre, divenendone Immagine; b) la denominazione di Logos, relativa all’atto pratico del Figlio
che crea, i i ca, illumina e si relaziona redenti amente alle sue creature, d i creati a propria immagine.
uesta superiore o pi profonda soluzione dialettica corrisponde all a ermazione della HGn 1, relativa
alla creativa dies una sovratemporale, radicata nell’initium non cronologico, ma ontologico-creativo del
Figlio, nel uale si d un rapporto asimmetrico di intimit , di relazione di usi a, di partecipazione donata
della creatura alla perfezione di ina ed eternizzante del Creatore. Il cielo intelligente dei noes/logoi, og-
getto della creazione primordiale, pur essendo del tutto incorporeo e intimo al Logos dal uale scaturisce
eternamente, è creato dal nulla39. Esso, pertanto, partecipa soltanto accidentalmente e non sostanzialmente
della perfezione intellettuale di ina, sicch latente nelleterna creazione intellettuale la possi ilit di de-
fezione, caduta, materializzazione 40, capace comun ue di alterare amorosamente la stessa articolazione
rivelativa del Figlio, che per misericordia diviene «via», capace di raggiungere e convertire le creature
razionali nel e dal loro stesso movimento di alienazione e alterazione ontologica41. Comun ue, centralis-
sima è, nei primi due libri del CIo, l a ermazione del rapporto assolutamente intimo, di relazionalit inse-
parabile, seppure appunto asimmetrica e creativa, dei logoi intelletti con il Logos42, inseparabile dall’eterno

38
In hac igitur Sapientia, quae semper erat cum Patre, descripta semper inerat ac formata conditio, et numquam erat
an o eo m ae t a e ant aei atio a Sa ientiam non e at t oc mo o o ta i o no t a ini mitate
pium aliquid de Deo sentire videbimur, ut neque ingenitas et coaeternas Deo creaturas dicamus, neque rursum cum nihil
boni prius egerit Deus, in id ut ageret esse conversum; cum verus sit ille sermo, qui scriptus est quia omnia in sapientia
fecisti. Et si utique in Sapientia omnia acta nt c m Sa ientia em e e it ec n m aei ationem et ae o ma-
tionem semper erant in Sapientia ea, quae protinus etiam substantialiter facta sunt (Prin I 4,4-5).
39
Omnes animae atque omnes rationabiles naturae factae sunt vel creatae… quae omnes secundum propriam naturam
incorporeae sunt, sed et per hoc ipsum, quod incorporeae sunt, nihilominus factae sunt (Prin I 7,1).
40
Inmaculatum autem esse praeter Patrem et Filium et Spiritum Sanctum nulli substantialiter inest, sed sanctitas in
omni creatura accidens res est (quod autem accidit, et decidere potest), et istae virtutes contrariae inmaculatae aliquando
fuerunt, et inter illas utique fuerunt, quae adhuc inmaculatae permanent: per hoc ostenditur neque substantialiter vel
naturaliter esse aliquem inmaculatum neque substantialiter esse pollutum (Prin I 5,5).
41
Tum deinde quoniam futurum erat ut aliqui ex his, qui creati sunt, pro eo quod non naturaliter, id est substantialiter,
inesset eis bonum sed accidens, non valentes inconvertibiles et incommutabiles permanere ac semper in eisdem bonis
aequa ac moderata libratione durare, sed conversi atque mutati de statu suo deciderent, via factus est Verbum Dei ac
Sapientia (Prin I 2,1). Sulla materia soggetta per natura a cam iamento e alterazione (
) , cf. CC VI 77; Prin III 4,1.
42
Poich uesta Sapienza concepita anteriore al Logos che la manifesta, si de e intendere che il Logos è sempre “nel
principio , ale a dire nella Sapienza E cos , tutto fu fatto per mezzo di lui (G 1,3), che restava nel suo principio:
infatti Dio ha creato tutte le cose nella Sapienza (Sal 103,24), dice David. E allo scopo ancora di assumere il Logos
come dotato di una propria indi idualit circoscritta ( ), uasi fosse ita per s stesso (
), si de e parlare non solo di potenza ma anche di potenze, dal momento che spesso si
tro a lespressione uesto dice il Signore delle potenze . Si d il nome di potenze a certi esseri di ini i enti e dotati
di logos, tra i uali il pi eccelso e il migliore era Cristo, ciascuna secondo la propria indi idualit (

57
A ( 7)
e etto dei noes logoi43; infatti, nelleterna Sapienza, il Logos diviene il primo di una serie di logoi creati,
e etti ( uindi ontologicamente successi i e dipendenti, in tal senso non coeterni) coeterni del suo eterno
atto creati o, inaugurando una serie di successi i aspetti denominazioni relazionali (gi in dimensione
atemporale, il Logos è Vita che crea la vita; il Logos è Luce che illumina la luce creata accesa in lui)44. In
e etti, anche in Prin IV 1,9 apertamente a ermata la partecipazione delle sostanze create alla luce in-
tellegi ile della natura di ina, sostanzialmente identi cata con la Trinit di Padre, Figlio e Spirito Santo,
sicché le creature che ne partecipano sono apertamente dichiarate incorruttibili ed eterne45.
Ma torniamo pi direttamente all a ermazione dell initium del giorno della creazione come dies una .
uestespressione nalizzata ad a ermare la so ratemporale coincidenza tra inizio e ne, protologia
ed escatologia, attingimento di un’eterna intimità immateriale con Dio, attinta, perduta, ritrovata grazie
alla mediazione di Cristo, creatore, redentore, escatologico riuni catore della totalit della creazione ra-
zionale. In e etti, la so ratemporalit della dies una indica l assenza di tempo, muta ilit arietas ,
di ersit di ersitas defetti i. Chiarissimi due rani di Prin, che introducono importanti precisazioni
e initio m n i ac ine e i ae inte initi m ac inem ei e i inam o i entiam i en ant e
de his, quae ante mundum vel post mundum putantur… Cum ergo tanta sit mundi varietas, atque in ipsis ra-
tionabilibus animantibus sit tanta diversitas, propter quam etiam omnis reliqua varietas ac diversitas putanda
e t e titi e am ca am a iam ici o o te it a m n e tite it aeci e i int eam i m inem e
quem omnia restituenda in statum initii sui…; quod utique si consequenter dictum videtur, quam aliam, ut
diximus, causam putabimus tantae huius mundi diversitatis, nisi diversitatem ac varietatem motuum atque
prolapsuum eorum, qui ab illa initii unitate atque concordia, in qua a Deo primitus procreati sunt, deciderunt
et ab illo bonitatis statu commoti atque distracti, diversis dehinc animorum motibus ac desideriis agitati, unum
illud et indiscretum naturae suae bonum pro intentionis suae diversitate in varias deduxerunt mentium qua-
litates? (Prin II 1,1).
Quia ergo eorum, quae creanda erant, ipse extitit causa, in quo neque varietas aliqua neque permutatio neque
inpossibilitas inerat, aequales creavit omnes ac similes quos creavit, quippe cum nulla ei causa varietatis ac di-
versitatis existeret (Prin II 9,6).

La contrapposizione tra a) initium della primordiale creazione premondana e ) origine s iluppo tem-
porali del mondo (materiale e storico) è appunto segnalata tramite l’opposizione tra a) unum illud et

, , , ) – e il Sal atore le supera tutte


uante –, cos in irt delle nostre considerazioni precedenti, anche Cristo, in uanto Logos, si dovrà pensare come
a ente il suo esistere nel principio , cio nella Sapienza ( , , ) (CIo I 289-292). Il
Logos creatore la prima delle potenze di ine i enti e logiche, che hanno il loro Principio nella Sapienza; in tal senso,
il Logos «dio» è l’Immagine che dona, ai logoi creati, la partecipazione all immagine di Dio, uindi alla stessa di init ,
rendendoli appunto immagini e d i cf. CIo II 17-00. La dimensione della lialit , escatologicamente realizzata, co-
mun ue precosmica, gi fruita nella preesistenza dei logoi rispetto alla seconda creazione: Non enim mihi ex adventu
Salvatoris in carne sponsam dici aut ecclesiam putes, sed ab initio humani generis et ab ipsa constitutione mundi, immo,
ut Paulo duce altius mysterii huius originem repetam, ante etiam constitutionem mundi. Sic enim dicit ipse: sicut elegit
nos in Christo ante constitutionem mundi, ut essemus sancti et immaculati coram ipso, in caritate praedestinans nos
in adoptionem liorum (Ef 1,4-5) (CCt II 157,13).
43
Il Logos che nella Sapienza , uindi, anteriore in senso creati o, ontologico-causale e non cronologico, nei con-
fronti della creazione, che comun ue stata fatta nello stesso principio Il Logos è anteriore a tutto ciò che è stato
fatto nel principio ( ) Il Logos anteriore non soltanto al rmamento e
alla terra asciutta, ma anche al cielo e alla terra ( ) (CIo II 36). Il testo è
particolarmente signi cati o, perch radica sia la generazione del Logos che la creazione del cielo e della terra nello
stesso principio creati o che la Sapienza.
44
Cf. CIo II 130-131.
45
Si e o coe e te i t te inte ect a i ci i e t i inae nat ae e oc o a ientiae et anctiicationi a tici-
pant, participium sumunt, et humana anima eiusdem lucis et sapientiae participium sumit, erunt et ista unius naturae
se cum invicem uniusque substantiae; incorruptae autem sunt et inmortales coelestes virtutes: incorrupta sine dubio et
inmortalis erit etiam animae humanae substantia. Non solum autem, sed quoniam ipsa Patris et Filii et Spiritus Sancti
natura, cuius solius intellectualis lucis universa creatura participium trahit, incorrupta est et aeterna, valde et consequens
et necessarium est etiam omnem substantiam, quae aeternae illius naturae participium trahit, perdurare etiam ipsam
semper et incorruptibilem et aeternam, ut divinae bonitatis aeternitas etiam in eo intellegatur, dum aeterni sunt et hi, qui
ei eneicia con e nt (Prin IV 4,9).

58
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
indiscretum naturae suae bonum, unitas atque concordia di intelligenze tutte, per ualit ontologica, per-
fettamente aequales, e b) varietas, diversitas, gerarchiche di erenze sopra enute nella seconda creazione,
determinata dai liberi e divergenti motus permutationes delle creature razionali. Inoltre, iene con forza
ribadito l’assioma origeniano del ini escatologico come reintegrazione nell assoluta perfezione dell i-
nitium , restituito come assenza superamento di ualsiasi diversitas ontologica tra le creature, uindi
dei di erenti mo imenti temporali e spaziali delle realt mondane. uesta prospetti a perfettamente
confermata dal CIo. Origene i de nisce l apocatastasi ( ) come il ne teoretico (
) della retta ia ( ) , che le creature sono chiamate a percorrere a partire dal
principio ( ) (CIo I 91). Precisa, uindi
Allora uelli che sono giunti a Dio per il tramite del Logos che è presso di lui avranno un’attività unica (
) conoscere a fondo Dio ( ), in modo da di entare, conformati in tal
modo nella gnosi del Padre, tutti uanti esattamente un solo Figlio (
), nel modo in cui ora soltanto il Figlio conosce il Padre (
) uando di enteranno una cosa sola, come il Figlio e il Padre sono una
cosa sola ( < ) (CIo I 92-93).

Cos , alla ne di tutte le cose, il cielo degli intelletti immagini contempler il Padre direttamente, di enuti
un unica cosa con l Immagine, tutti gli di ini nel Figlio Dio
Quando uno vede il Padre e ciò che è presso il Padre come lo vede il Figlio, allora egli diventa, per così dire, al
pari del Figlio, testimone oculare del Padre ( ) e di ciò che è
presso il Padre e non concepisce pi mediante un immagine ci che riguarda colui che ri esso dell immagine
stessa. E uesto, a mio parere, il compimento nale ( ), allorché il Figlio consegnerà il
regno a Dio Padre e Dio sarà tutto in tutti (CIo 17-18).

La ne, allora, sar identica all inizio, alla partecipazione intima, nel Logos, di tutti gli intelletti, ontolo-
gicamente tutti uguali e perfetti, all atti it contemplati a del Figlio46, che Sapienza che si ina issa nella
conoscenza mistica del Padre47. Protologicamente ed escatologicamente, le di erenze di li era olont ,
uindi di meriti, non possono che essere tolte nella perfezione assoluta, che uella dell alterit creaturale
perfettamente uni cata nelleterno aderire del Figlio nell amore del Padre.
In proposito, da ero fondamentale risulta il ero e proprio trattato sulla ne escatologica in Prin I 6,1-4,
o e Origene ri adisce come necessit razionale a ermare la piena corrispondenza tra l n omni m ini
e l’unum omnium initium48, uando i e io i a ni inci ii at e i i io a n m et e n em inem
ac similitudinem reparatur49. Insomma, la perfezione creata della dies una sarà integralmente riattinta

46
Sull interpretazione a) dell initium della creazione, nascosto nella Sapienza di Dio e trascendente i tempi, e ) del-
la ne come assoluto perfezionamento dell uni ersale intelligenza immateriale, cf. Origene, CCt III 210,8: Secundum
occultorum vero scientiam (cf. Sal 7,21), initium illud, quod intelligit is, quem sapientia Dei docuerit, quod nulla possunt
tempora, nulla saecula comprehendere, medietatem vero haec, quae nunc sunt, nem vero ea, quae futura sunt, id est
perfectionem consummationemque universitatis, quae tamen ex his visibilibus intellegi possunt et conici.
47
Cf. CIo I 221-222 In modo e idente principio e ne sem rano applicarsi a itualmente a ualcosa di unito
( ) come al corpo totale
e unito dei sal ati ( ), perch Cristo ne la pietra d angolo. Cristo nigenito
infatti tutto in tutti .
48
n n m ane inem tam o onita ei e C i t m m ni e am e ocet c eat am acti ac iti
etiam inimici a em i it inem i ente c m omnes inimici su iecti erunt Christo, et cum novissimus inimicus de-
struetur mors, et cum tradetur a Christo, cui omnia su iecta sunt, regnum Deo et Patri a i to in am ta i ine e m
contem em initia Sem e enim imi i e t ini initii et i eo ic t n omni m ini ita n m omni m inte e i e et
initi m et ic t m to m n ini ita a no initio m tae i e entiae ac a ietate ae m e onitatem ei
e iectionem C i ti at e nitatem S i it Sancti in n m inem i it initio imi i e ocant (Prin I 6,1-2).
49
Quoniam sane visibilia quaedam dicit esse Paulus et temporalia, alia vero praeter haec invisibilia et aeterna, quae-
rimus quomodo haec uae identur temporalia sint: utrumne pro eo quod nihil omnino post hoc erunt in omnibus illis
t i atii ac aec i i i e io i a ni inci ii at e i i io a n m et e n em inem ac imi it inem
reparatur, an pro eo quod habitus quidem eorum uae identur transeat, non tamen etiam substantia eorum omnimodis
co m at t a i em i et i o o te i i im coni ma e c m icit Transiet enim habitus huius
mundi (1 Cor 7,01). Sed et David cum dicit: Coeli peri unt, tu autem permane is, et omnes sicut estimentum ete-
rescent, et sicut amictum mutabis eos, sicut vestimentum mutabuntur (Sal 101,27), eadem videtur ostendere. Si enim

59
A ( 7)
nell’escatologica apocatastasi universale, ove esisteranno soltanto cielo immateriale e terra primordia-
le, sicché la realtà creata potrà universalmente riattingere la propria origine eterna, divina, immutabile,
fruita nell intima partecipazione all unico initium, che è il Figlio stesso, mediatore trinitario tra la natura
spirituale e di inizzante dello Spirito e l a isso trascendente del Padre. Se, uindi, tutte le creature saranno
chiamate nel ricongiungimento con gli invisibilia et aeterna dell’initium sovratemporale a riattingere «la
vita principale»50 – uindi a trascendere tempo, mo imento spaziale, materialit discreta, di erenze on-
tologiche e gerarchiche, nei uali e attra erso i uali si dispiega la natura i e ente e mutevole del mondo
decaduto –, uale sar la loro substantia Origene a erma la mutazione profonda, l innovatio e la transmu-
tatio di i a e habitus di cielo e terra ; se, del tutto e identemente, la nis escatologica si identi cher
con l’accesso al cielo immateriale della congiunzione intima e unitaria con il Dio trinitario, cosa accadrà
alle realt corporee S aniranno O come saranno trasformate Per rispondere a ueste uestioni da ero
capitali, si deve ora passare ad indagare il primordiale, binato oggetto creato nella dies una: coelum et terra,
comun ue tenendo en fermo un presupposto ontologico in Principio, nell’unità divinizzante del Logos,
il rapporto tra coelum e terra non può in alcun modo essere dualistico. Nell’unico giorno eterno, essi sono
uno, o, meglio, sono il di enire uno dei due, in uanto rappresentano la di inizzazione perfetta di un al-
tro, cioè della creatura pure tratta dal nulla. La terra, pertanto, può essere pensata soltanto come variabile
interna del cielo, come suo limite immanente, latente, eppure tolto, uindi come materiale e contingente
potenzialità di incorporazione.

–C

Come a iamo gi rile ato, la HGn 1 si apre con l identi cazione del principium di Gen 1,1 e di Gv 1,1
con il Dominus noster et Salvator omnium Iesus Christus, primogenitus omnis creaturae; uindi in Cristo
stesso che sono creati cielo e terra: In hoc ergo principio, hoc est in Verbo suo, Deus coelum et terram fecit
(HGn 1,1).
Si gi restituita la prospetti a origeniana di un Figlio nel uale in principio, sin dall’initium, la totalità
della creazione intellettuale chiamata a partecipare delleternit di ina. Si impone pertanto unallego-
rizzazione, uindi una restituzione del tutto intelligente della nozione di coelum, chiamato a designare la
totalità dei noes/logoi, delle creature intellettuali e incorporee, create in principio dal Logos nella Sapienza,
uindi nel Figlio stesso. Ma come si spiega la creazione della terra nel Figlio Procediamo per gradi.
In Prin, Origene identi ca il cielo e la terra creati da Dio in principio con le duae generales naturae51,

mutabuntur coeli, utique non perit quod mutatur; et si habitus huius mundi transit, non omnimodis exterminatio vel
e itio tantiae mate ia i o ten it e inm tatio ae am it a itati at e habitus transformatio. Esaias quo-
que cum per prophetiam dicit quia erit coelum novum et terra nova (Is 65,17), similem sine dubio suggerit intellectum.
Innovatio namque coeli et terrae et transmutatio habitus huius mundi et inmutatio coelorum his sine dubio praeparabi-
t i e i am iam am a o ten im ite a ente a i m inem eatit ini ten nt c i etiam i i inimici
subiciendi ic nt in o ine omnia et in omni us esse dicitur Deus (1 Cor 15,25 e 28) (Prin I 6,4).
50
Commentando Rm 8,20-21, Origene interpreta la dolorosa sottomissione della creazione alla vanità come inna-
turale alienazione dall intimit con il Dio immateriale e come imprigionamento e schia it , contro il suo profondo
desiderio, nella dimensione estranea dei corpi mondani Per uale ragione, infatti, essa fare e uesto contro il suo
olere , se non perch la sua sottomissione alla anit contro natura ( ) e perch essa non ha pi la sua
condizione di ita principale ( ), che essa riprender allorch il mondo
sar distrutto ( ) ed essa sar li erata, spogliandosi della anit
dei corpi ( ;) (CIo I 178). Per la netta svalutazione della realtà corporea
e sensi ile, olatilizzatasi nella dimensione protologica ed escatologica della perfetta fruizione intellettuale del Figlio,
mi limito a rinviare a CIo I 137 Niente di sensi ile ero ( ) il sensi ile, infatti,
non falso, ma secondario, pro isorio, defetti o, rispetto alla perfezione dell intellettuale immateriale. Cf. CIo I 200:
Dalla regalit della natura principale dell nigenito sono go ernati coloro che, li eratisi mediante il Logos di tutto
ci che sensi ile, sono giunti a contemplare le cose che sono fuori del corpo, uelle che Paolo chiama in isi ili e
non percepite dagli occhi corporei ( ,
, ,
) . Cf. CCt III 13,20: Secundum occultorum vero scientiam initium illud, quod intelligit is, quem Sapien-
tia Dei docuerit, quod nulla possunt tempora, nulla saecula comprehendere.
51
Omnis igitur haec ratio hoc continet, quod duas generales naturas condiderit Deus: naturam visibilem, id est corpo-

60
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
sicch il cielo primordiale identi cato con la natura invisibilis, quae est incorporea della totalità delle
rationabiles naturae vel mentes, mentre la terra primordiale è interpretata come natura visibilis, id est
corporea, uindi come materia corporalis52.
uest indicazione parre e confermata dalla notizia anonima, assai pro a ilmente origeniana, trasmes-
saci da Calcidio, che identi ca cielo e terra con le duae species rerum omnium, restituite come due siluae,
uindi materie primordiali, rispettivamente con a) l’incorporea natura, incorporei generis intellegibilis si-
lua e con b) la substantia corporum, quam Graeci h len uocant, la silua corporea quondam informis53. La
di erenza tra le a ermazioni del Prin e l origeniana notizia di Calcidio relati a soprattutto alla nozione
di coelum, in uanto, nel primo caso uesto direttamente identi cato con la totalit delle creature ra-
zionali, mentre nel secondo caso identi cato con la materia intellegi ile, dalla uale Dio trae le creature
razionali, che tutte ne partecipano. D’altra parte, in Prin IV 1,3-9, Origene si so erma lungamente sulle-
sistenza della materia primordiale dopo a er sottolineato l assenza del termine nella Scrittura, Origene
costretto ad appoggiarsi su Sap 11,17 (Non enim deerat omnipotenti manui tuae, quae creaverat mundum
ex informi materia) – di cui comun ue si sottolinea come non sia accolto da tutti come li ro ispirato –, per
connetterlo, facendo propria l interpretazione di plurimi, a Gen 1,2 (terra autem erat invisibilis et incompo-
sita). Ne deri a l aperta identi cazione della terra con l’informis materia, uindi con la substantia corpora-
lis54. Accanto alla informis materia corporea, Origene introduce, in Prin IV 4,8, una intellectualis natura,

ream, et naturam invisibilem, quae est incorporea (Prin III 6,7); in III 6,8, la distinzione tra le due nature generali è
speci cata in relazione a Gen 1,1, uindi alla creazione di ciele e terra in principio.
52
Porro autem sicut et scriptura dicit, numero et mensura uni ersa (Sap 11,20) condidit Deus, et idcirco numerus qui-
dem recte aptabitur rationabilibus creaturis vel mentibus, ut tantae sint, quantae a providentia Dei et dispensari et regi
et contineri possint. Mensura” vero materiae corporali consequenter aptabitur; quam utique tantam a Deo creatam esse
c e en m e t antam i i ci et a o nat m m n i o e ce e aec e o nt ae in initio i e t ante omnia a
Deo creata esse aestimandum est. Quod quidem etiam in illo initio, quod Moyses latentius introducit, indicari putamus,
cum dicit: In principio fecit Deus coelum et terram (Prin II 9,1).
53
Alii scientem prophetam duas esse species rerum omnium, alteram intellegibilem, alteram sensibilem, eas uirtutes
quae utramque naturam circumplexae contineant coelum et terram cognominasse, coelum quidem incorpoream natu-
ram, terram uero, quae substantia est corporum, quam Graeci hylen uocant… Quod si facta est a Deo silua corporea
quondam informis, quam Scriptura terram uocat, non est, opinor, desperandum incorporei quoque generis fore intelle-
gibilem siluam, quae coeli nomine sit nuncupata (Calcidio, Comm. [II, De silua] 278). Quando, in Comm. II [De silua]
278, Calcidio cerca di spiegare la de nizione della terra primordiale come stupida quadam ex admiratione, pur non
citando apertamente Origene, rileva: i niicatio animae im an am imi it inem e ec a at i i em o iici et
auctoritatis sui maiestate capta stuperet. Immediatamente dopo, Calcidio introduce il riferimento alla incorporei generis
intellegibilis silua, quae coeli nomine sit nuncupata, a ancata alla silua corporea quondam informis: la tesi della duplicità
della materia, intellegibile e sensibile, pare pertanto attribuibile allo stesso Origene. Molto netto, in proposito, è P.F.
B , Ein Origeneszitat im Timaioskommentar des Calcidius, in Orig. VII, 75-90, in particolare, 78-79: «In der Tat
iederholt Calcidius ollst ndig die Auslegung des Origenes on Genesis 1,1-2a er den ganzen Verlauf der Kapitel
277-278, um sich mit esonderer Aufmerksamkeit ei der Diskussion der Bedeutung der W rter initio und coelum et
terram aufzuhalten . Per l interpretazione di uesti decisi i capitoli di Calcidio e la loro dipendenza da Origene, cf.
J.C.M. W , Calcidius on Matter. His Doctrine and Sources. A Chapter in the History of Platonism, Leiden 1965, 52-
30; sull interpretazione allegorica di cielo e terra, cf. 30-33. Per la riconduzione del passo calcidiano a Origene, cf. C .
K , Christliche Kosmologie und kaiserzeitliche Philosophie, cit., il cap. «Origenes», 224-311, in particolare, sulla
presenza di Origene nel calcidiano Comm. 229-237; e, appunto sull’interpretazione di cielo e terra come creazione delle
due nature primordiali, 249-256.
54
Sed et sicubi in alio loco scriptum forte materiae nomen est, nusquam, ut ego arbitror, hoc, de quo nunc quaerimus,
i niica e in eniet ni i tant mmo o in Sa ientia ae icit Sa omoni i ti e i e non a omni in a cto i-
tate habetur. Ibi tamen invenimus scriptum hoc modo: Non enim inquit deerat omnipotenti manui tuae, uae crea erat
mundum ex informi materia, inmittere eis multitudinem ursorum el feroces leones. Quam plurimi sane putant ipsam
e m mate iam i niica i in eo o in inci io ene i c i t m e t a o e In principio fecit deus coelum et
terram, terra autem erat invisibilis et incomposita; invisibilem namque et incompositam terram non aliud eis Moyses
quam informem materiam visus est indicare. Quodsi vere haec est materia, constat exinde inconvertibilia non esse initia
corporum (Prin IV 1,3); uest ultima a ermazione nalizzata a distinguere leterno stato informe della materia pri-
mordiale rispetto alle diverse determinazioni della materia, dipendenti da principi corporei (ad esempio gli atomi) che,
in realt , non possono essere tali, proprio perch secondari, dun ue a entizi e mute oli elementi di uali cazione.
Origene conclude, dopo una confutazione di alcune teorie siche loso che Quae omnia documento sunt quod sub-

61
A ( 7)
che pure se non apertamente de nita come materia, tale pu essere interpretata; non a caso, nello stesso
paragrafo, Origene, citando Sal 138,16 (in quo videtur mens prophetae… imperfectum Dei sensisse), con-
nesso con 1 En. 21,1 (Ambulavi usque ad inperfectum) e 2 En. 40,1 ( ni e a mate ia e e i), a erma
l’esistenza di una imperfecta materia absque qualitatibus. Se e idente l identi cazione tra l imperfectum
Dei e l’imperfecta materia corporea, informe e recetti a della ualit determinati a, mi chiedo se, conside-
rato il plurale in 2 En. 10,1, si possano riferire le espressioni imperfectum Dei e imperfecta materia anche
alla intellectualis natura, che, in IV 1,9, identi cata con uella intellectualis lux di Dio, di cui partecipa
la mens che la vede, sicché unius naturae sunt55; o e, il grado di di ersa partecipazione a uesta luce iene
presentato come ualit di erenziante – pro qualitate (IV 4,9) – della partecipazione delle menti all’unica
natura intellettuale. Se riferi ile a Origene, la notizia di Calcidio relati a a una intellegibilis silua, appunto
identi cata con l incorporea natura, troverebbe un importante riscontro in Prin III 1,2256, ove Origene
sottolinea come Dio abbia creato le singole intelligenze primordiali, traendole da un’unica luti massa,
uindi da un unica natura intellettuale, appunto de ni ile come materia. Senza dimenticare che, in CIo II
77, lo Spirito Santo prospettato come materia di ina, uindi intellegi ile, della uale engono a parteci-
pare gli intelletti spirituali o perfetti57, sicch il cielo intellegi ile unitaria e dei cante sostanza spirituale,
come Origene precisa in HGn I 2.

stantia corporalis permutabilis sit et ex omni in omnem deveniat qualitatem (IV 4,6).
55
Omnis mens, quae de intellectuali luce participat, cum omni mente, quae simili modo de intellectuali luce participat,
unius sine dubio debet esse naturae (Prin IV 4,9). È da tenere presente la variante attestata da Gerolamo, che riporta
un testo origeniano nel uale si a erma che l uomo ad immagine e Dio stesso quodam modo unius esse substantiae
(Gerolamo, Epist. 121,11). Rimando, in ne, a CC VI 64, ove Dio, di cui pure si ipotizza platonicamente la trascendenza
rispetto allessere stesso, comun ue identi cato con l immateriale essenza intelligente, partecipata dal Logos e dai
logoi Ed anche ero che Dio il Padre non partecipa dellessere ( ); se mai, ero
che egli partecipato da coloro che posseggono lo Spirito di Dio ( ,
). Ed il nostro Sal atore non partecipe della giustizia, me essendo egli la giustizia , iene
partecipato dai giusti. D altra parte, i sare e da fare un lungo discorso e di cile ad intendere, sullessenza (
) e soprattutto sullessenza propriamente detta, permanente ed incorporea (
, ), al ne di scoprire, se Dio trascende per dignit e per potenza
lessenza ( ) Platone, R. 209 e fa partecipare allessenza
coloro che rende partecipi secondo il suo Ver o del Ver o stesso (
), oppure se egli stesso essenza, uantun ue sia detto in isi ile per sua natura (
, ), nel passo in cui detto del Sal atore Egli l immagine del Dio in isi ile
(Col 1,12), do e la parola in isi ile signi ca senza corpo ( ). E
si dovrebbe anche indagare se il Figlio unigenito e primogenito di ogni creatura debba essere chiamato essenza delle
essenze, idea delle idee, principio ( ), laddo e il Dio, padre di lui,
al di sopra di tutte ueste cose ( ) .
56
Sed et illud, quod dictum est quia ex eadem massa (Rm 9,21) et ono i a et cont me iae iat non no ote it
coa ta e nam etenim nat am omni m e e icim ationa i i m anima m ic t na ti ma a iace e i o
designatur. Cum ergo una omnium sit natura rationabilium creaturarum, ex ipsa Deus secundum praecedentes merito-
m ca a ic t e na ma a i a ma it e c ea it alios uidem ad honorem, alios autem ad contumeliam
(Rm 9,21); , ,
,
,
(Prin III 1,22). Seppure ui Origene non tratti della creazione primordiale dei noes logoi, ma
della seconda creazione dei diversi asi o creature intellettuali, a partire da meriti demeriti precedenti, collocati di er-
samente all interno delle icende del mondo storico e materiale, del tutto chiara l a ermazione dell unica natura delle
intelligenze come massa, sulla uale Dio opera, distri uendo di erse forme ualit indi iduanti ( uelle dei preesistenti
atti liberi delle varie creature).
57
Io ritengo che lo Spirito Santo o ra, per cos dire, la materia dei doni di grazia concessi da Dio (
, , ) a coloro che per lui e per la partecipazione a lui
sono chiamati santi ( ) uesta materia dei doni di grazia, di
cui si detto, prodotta da Dio Padre, dispensata da Cristo e di enta sussistente nello Spirito Santo (
) (CIo II 77). Ritro iamo ui la relazione tra a) la partecipazione creaturale alla di init dello
Spirito e ) la sua dimensione donata, uindi non necessaria, accidentale o a entizia, uindi aliena ile.

62
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
–I

Comun ue, il coelum iene interpretato da Origene non come materia intellettuale informe, ma come
totalità delle intelligenze radicate nel «principium» che è il Figlio58. Infatti, HGn 1,2, identi cando il pri-
mum coelum con l’omnis spiritalis substantia, la interpreta come totalità delle mentes create, sulla uale
Dio riposa sul suo trono, trovandovi la sua eterna quies.
Cum enim omnia, quae facturus erat Deus, ex spiritu constarent et corpore, ista de causa in principio et ante
omnia coelum dicitur factum, id est omnis spiritalis substantia, super quam velut in throno quodam et sede Deus
requiescit… Et ideo illud quidem primum coelum, quod spiritale diximus, mens nostra est, quae et ipsa spiritus
est, id est spiritalis homo noster qui videt ac perspicit Deum59.

Del tutto corrispondente è, in Prin II 9,1, l’interpretazione allegorica del «cielo» primordiale di Gen 1,160.
Origene, infatti, indagando uell initium creaturae, quodcumque illud initium creantis Dei mens potuerit
intueri, precisa:
In illo ergo initio putandum est tantum numerum rationabilium creaturarum vel intellectualium, vel quoquomo-
o a e an ae nt a mente ei i im eci e e m ant m ce e o e o e it (Prin II 9,1).

Analogamente, in CIo sistematica è la restituzione della totalità dei primordiali logoi creati come coelum,
in uanto partecipi della Luce di inizzante del Logos Sole, che ne caccia la tene ra informe, oscurando
gli stessi astri notturni (la luna e le stelle)61. HGn I 1 cita Gen 1,3-5, limitandosi a commentare: Deus

58
In illo ergo initio putandum est tantum numerum rationabilium creaturarum vel intellectualium, vel quoquomodo
a e an ae nt a mente ei i im eci e e m ant m ce e o e o e it (Prin II 9,1). Il primum
coelum, uello creato in principio ( ) (CIo I 93), , pertanto, identi ca ile con la ita a atto immateriale e in-
corporea issuta nella eatitudine dai santi ( ) la
vita pura» (CIo I 97), dalla uale decaduto per primo il dia olo, di enuto a isso. Si noti come alla dimensione primor-
diale della vita del tutto immateriale e incorporea sia contrapposto «ciò che viene in secondo luogo, essendo cioè molti
gli esseri di enuti in corpi ( , ) (I 93). Il dia olo, pertan-
to, di iene il principio ( ) dei molti esseri che sono in un corpo ( ) (I 98). Il dualismo prima
seconda creazione , uindi, riportato allopposizione tra l Figlio celeste e l dia olo terrestre. Fondamentale,
in proposito, CIo 101 Il dia olo genera o crea uelli che da lui deri ano non da una sposa, ma da una meretrice,
la materia ( , , , ) costoro, proni
e inchiodati alle cose sensi ili come sono, si uniscono alla meretrice, si d formare con lei un solo corpo (
, ); uelli in ece che son nati da Dio si staccano dalla meretrice, cio dalla
materia, per unirsi al Signore e formare una cosa sola con il Logos che nel principio presso Dio e con la sua Sapienza
( , ,
), che il Signore cre inizio delle sue ie, in ista delle sue opere , s da formare con lei un solo spirito (
) . Sullopposizione, dedotta da 1 Cor 11,12-20, tra gli di Dio, creati a immagine del
Figlio celeste, e gli del dia olo, cio de il Terrestre ( ) , cf. il fondamentale CIo 181-180, su cui torner .
59
HGn I 2. In HEx I 1, l intellectualis substantia iene identi cata con il principale cordis l rationabile
sensus vel quocumque modo appellari potest in nobis portio nostri illa per quam capaces esse possumus Dei.
60
Signi cati amente, il paragrafo si conclude con la citazione di Gen 1,1, uindi con il rin io alla primordiale
creazione di coelum et terra… Haec ergo sunt, quae in initio, id est ante omnia, a Deo creata esse aestimandum est
(Prin II 9,1).
61
Cf. CIo I 128-133, che commenta la de nizione gio annea di Cristo come luce del mondo contrapposta alle
tene re Il Sal atore illumina gli esseri dotati di logos e di parte dominante (
), perch il loro intelletto possa edere uelle che sono le realt proprie della sua capacit isi a
( ). Egli uindi luce del mondo intellegi ile ( ),
voglio dire delle anime dotate di logos ( ) , costituendone la parte pi eccelsa e pi no ile e per
cos dire il sole che d origine al gran giorno del Signore (
, , ) (I 131); cf. I 109; I 120; I 181. Il Sal atore, in uanto
luce del mondo, non illumina i corpi, ma l intelletto incorporeo con una potenza incorporea (
), a nch ciascuno di noi, uasi fosse illuminato da un sole (
), possa edere anche gli altri intellegi ili ( ) I perfetti sono
ammaestrati dalla luce primogenita in persona ( ) (I 131-132). Dio
illumina l intelletto di coloro che egli ritiene degni della propria illuminazione Si d a Dio l appellati o di luce per
il suo potere di illuminare gli occhi dell’intelletto» (CIo III 103 e 109). Sull illuminazione come glori cazione e

63
A ( 7)
solvit tenebras, uindi identi cando le tene re con la notte e la luce con il giorno62. Avendo interpretato
il primum coelum come la totalit della primordiale (ed escatologica ) sostanza spirituale intellettuale
(spiritalis substantia mens), evidentemente il giorno primordiale (ed apocatastatico) della creazione in-
temporale di cielo e terra interpretato come illuminazione perfetta delle intelligenze create da parte della
Luce del Logos, ove evidentemente, in principio, le dimensioni di abisso tenebroso e di notte, antitetiche
a uelle della Luce e del giorno, non possono che essere potenziali, latenti, di fatto tolte nella fruizione
eternizzante dell’assoluto giorno divino63. Risulta, pertanto, di straordinario interesse il sovrapporsi, so-
prattutto nei primi due capitoli di HGn 1 della prospetti a redenti a escatologica alla prospetti a creati a
protologica: Gen 1,3 (Et dixit Deus: Fiat lux, et facta est lux) entra, pertanto, in implicita risonanza con 2
Cor 4,6 (Quoniam Deus qui dixit: De tenebris lux splendescat, ipse illuxit in cordibus nostris ad illumina-
tionem scientiae claritatis Dei in facie Iesu Christi). L’allegoria ontologica della redenzione è circolarmente
la erit profonda della creazione, sicch la creazione del cielo primordiale iene fatta coincidere con
l’illuminazione redentiva dell’uomo, ove la distinzione tra immateriale cielo primordiale (Gen 1,1) e ma-
teriale cielo rmamento sico (Gen 1,7)64 interpretata come allegoria dell uomo immagine spirituale
intellettuale contrapposto all uomo immagine terrestre esteriore, a partire da 1 Cor 15,45-5065. Pertanto,

dei cazione cristica, cf. CIo II 002-010; sull immanenza del mundus della creazione intellettuale nel Sol Lux del
Figlio, cf. CCt II 2,13: Hic enim est ipse Sol qui et lux vera illuminans omnem hominem venientem in hunc mundum”
(Gv 1,9), et ui in hoc mundo erat, et mundus per ipsum factus est (G 1,3)»; sul meridies acceso dal Sol iustitiae,
interpretato come cordis secreta, quibus clariorem scientiae lucem a Verbo anima consequitur, cf. CCt II 1,22. Sulloppo-
sizione luce cristica tene ra del peccato, cf. CIo II 101-103. In ne, cf. Prin I 2,13: la partecipazione al bene dell’uomo è
accidentale e non sostanziale; l’uomo, cioè, non è il Bene, ma riceve il bene da Altro: la sua materialità è la sua contin-
genza e recetti it , la sua ontologica di erenza ed e entuale resistenza al possesso del ene; identico ragionamento pu
pertanto essere condotto in riferimento al rapporto tra uomo e luce.
62
Secundum spiritalem vero intelligentiam videamus, quid sit, quod, cum Deus in initio illo, quo superius diximus, fece-
rit coelum et terram i e it o e t ie et et i i e it inte me i m ci et tene a m et oca e it cem iem
et tenebras noctem (HGn 1,1).
63
In HGn I 2, ricorre l interpretazione demoniaca delle tene re e dell a isso, identi cate con le ac ue inferiori (che
sono i mamento i e t a a a i in a tene ae e e ic nt in a princeps huius mundi et adversarius draco
et angeli eius habitant. E identemente, il riferimento allesistenza primordiale del dia olo e dei demonii del tutto fuori
luogo, considerata la natura totalmente luminosa della prima creazione, che appunto si compie eternamente come
olatilizzazione delle tene re ed espulsione della notte. Pertanto, il riferimento alle potenze decadute in riferimento
alla dies una non fa che anticiparne il futuro destino di caduto, ma anche lescatologico destino di redenzione e di
partecipazione apocatastatica all unico giorno dei cante, nel uale la terra con ertita in cielo e la notte ani cata
dal giorno assoluto.
64
C m iam antea e eci et coe m n nc i mament m acit ecit enim coe m i e o icit coe m mi i
e e o ti a tem i mament m acit i e t co o e m coe m (HGn I 2).
65
Et ideo illud quidem primum coelum, quod spiritale diximus, mens nostra est, quae et ipsa spiritus est, id est spiritalis
omo no te i i et ac e icit e m t a tem co o a e coe m o i mament m icit e te io omo no te
est, qui corporaliter intuetur (HGn I 2). L’uomo spirituale, pertanto, è chiamato a passare dal cielo terreno al cielo cele-
ste, riuni candosi con le immateriali ac ue superiori, che rappresentano le intelligenze celesti che contemplano Dio
i e o a ae e nae a tici io ae a coe o e e icit n i e i e i m coe e ti e cit i e t c m
sensum suum habet in arduis et excelsis, nihil de terra, sed totum de coelestibus cogitans, uae sursum sunt, uaerens, u i
Christus est in dextra Patris (Col 3,1). Tunc enim et ipse ea laude dignus habebitur a Deo, quae hic scribitur, cum dicit: et
idit Deus, uia onum (Gen 1,8)» (HGn I 2). L’opposizione tra uomo terrestre e uomo celeste è riportata, in CIo
181-180, non allopposizione paolina tra Adamo e Cristo, ma a uella tra il Demonio e Cristo, comun ue in ertendo
lordine ri elati o di Paolo. a) In Paolo, Cristo il secondo uomo, il celeste ( ), l ulti-
mo Adamo che Spirito i i cante ( ), contrapposto ad Adamo, il primo uomo
pro eniente dalla terra ( ), principio di peccato e morte. Per Origene, in ece, Cristo
di iene la di ina Immagine protologica, mentre il Dia olo di iene la terrestre Immagine a entizia, che comun ue
err escatologicamente annientata, riconducendo ogni creatura ad essere immagine perfetta del Figlio, in lui incor-
porata. Cos , chi pecca rice e la forma e l immagine di uesto padre mal agio, dal uale pro engono, recandone im-
presso il carattere, le immagini del Terrestre . lui infatti uel primo Terrestre ( ), perch
caduto per primo dalla condizione superiore e ha desiderato una ita di ersa da uella superiore, meritando cos di
essere il principio (
) non gi della creatura e nemmeno della fattura, ma soltanto di ci che stato
plasmato col fango dal Signore Anche la nostra ipostasi principale consiste in ci che a immagine del creatore (

64
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
in HGn I 13, la trattazione della creazione dell’uomo ad immagine di Dio (Gen 1,26-27) rivela il più pro-
fondo signi cato di Gen 1,1, proprio perché il coelum primordiale identi cato con l uni ersale interior
homo invisibilis et incorporalis et incorruptus atque immortalis, sicché gli uomini perfecti quique coele-
te acti e coe i e ecti narrant gloriam Dei (Sal 18,1).
Il coelestis homo è l’ipse coelum (HGn I 2), che i e della luce di Dio, con perfetta corrispondenza con al-
cuni notevolissimi capitoli del CIo66; sicch la redenzione nale consentir di riattingere la propria celeste
sostanza primordiale di immagine di Dio – recipere formam illam, quae data ei fuerat per naturam67 –, del
Figlio eterna Immagine di Dio, che restaura l’originaria natura delle immagini create, ricreandole come
«dèi»68. Il cielo, uindi, la stessa Hierusalem caelestis, l’universale chiesa primordiale unione di tutte le
intelligenze spose, creata prima della creazione del mondo materiale, uindi ab initio, come Sposa proto-
logica ed escatologica del Figlio69.

); in ece uella che ci iene dalla colpa consi-


ste nel corpo plasmato con la pol ere della terra ( ). E cos
uando, uasi dimentichi della nostra sostanza migliore ( ), ci sottomettiamo a ci che
plasmato con la pol ere, anche la nostra parte migliore rice e l immagine del Terrestre (
). uando in ece a iamo compreso sia lelemento che fatto a immagine ( ),
sia uello che stato preso dalla pol ere della terra ( ), e ci ri olgiamo interamente
erso Colui a immagine del uale siamo stati fatti, saremo anche a somiglianza di Dio, spogliandoci interamente di
ogni a ezione non solo per ci che materiale e corporeo ( ), ma anche
per certi esseri che sono a somiglianza di Dio» (CIo 181-180).
66
Sar necessario, pertanto, intendere lespressione luce degli uomini come e ui alente a uest altra luce di ogni
essere dotato di logos ( ) , in uanto ogni essere dotato di logos, per il fatto di essere a immagine e
somiglianza di Dio, un uomo ( )
Tutti gli esseri dotati di logos si possono chiamare uomini , in uanto fatti a immagine e somiglianza di Dio (
) (CIo II 118). Proprio in uanto identi cato
con la natura logica, uindi con la primordiale intelligenza di ogni creatura, il termine uomo rappresenta il sostrato on-
tologico della sostanza indi iduale eternamente creata da Dio nella dies una , rispetto alla uale gli ordini gerarchici
della seconda creazione (distinta in angeli, uomini e demonii) devono essere interpretati come dimensioni appunto
secondarie, avventizie e provvisorie, sicché nell’apocatastasi la totalità della creatura razionale, logica, celeste, sarà
ricapitolata nell’universale uomo ad immagine: «I nomi delle potenze [angeliche] superiori non sono nomi di nature
i enti, ma piuttosto di ordini, a cui per disposizione di Dio assegnata uesta o uella natura dotata di logos. Infatti
“trono”, “principato”, “dominazione” e “potestà” non sono una specie di [essere] vivente, ma nomi di cose, sotto cui sono
classi cati uelli che sono cos denominati il soggetto di tali categorie non altro che un uomo a cui si aggiunge come
accidente l’essere “trono” o “dominazione” o “principato” o “potestà”» (CIo II 118); cf. CIo 013.
67
Si enim a ima inem ei act omo cont a nat am int en ima inem ia o i e eccat m imi i ei e ect
est, multo magis intuens imaginem Dei, ad cuius similitudinem factus est a Deo, per Verbum et per virtutem eius recipiet
[eius] formam illam, quae data ei fuerat per naturam (HGn 1,13).
68
Cf. l importante excursus di CIo II 19-24. Quindi, in CIo 224-230, la contrapposizione tra e il Diavolo, «il
Terrestre morto ( ) (229), l omicida n dal principio, principe di uesto mondo (
) (223) e Cristo redentore, il Celeste i o ( ) (229), della
cui di ina ita dell uomo secondo l immagine ( ) (221), tornano a partecipare coloro
che si con ertono dal peccato alloriginaria unione con lo Spirito, in una ita nuo a ( ) (200). Vita
divina che è espropriazione di tutte le creature, riuni cate nello Spirito, nella partecipazione al Figlio Logos Sapienza
Lo Spirito Santo o gli spiriti angelici, uando parlano ( , ), non
parlano del proprio ( ), ma attingono dal Logos di Verit e Sapienza (
) (CIo 230). La sal ezza, in tal senso, dei cazione, trasumanazione, alla uale l intera
atti it ermeneutica di Origene nalizzata A iamo esposto ueste cose per indurci a e itare con tutte le forze di
essere uomini e ad a rettarci a di entare d i (
) (233).
69
Interpretando i tre libri salomonici, come progressiva introduzione alla suprema scienza teologica, culminante nella
teologia mistica allegoricamente rivelata nel Ct, Origene descri e la pienezza della fruizione di Dio nell apocalittica
«Hierusalem caelestis» sposa del Figlio: ubi vero profecerimus et in hoc ventum fuerit, ut ecclesiae primiti orum, uae
in caelis est (Eb 12,23), sociemur atque Hierusalem caelestem discussis diligentius priscis et naturalibus causis matrem
nostram esse noscamus caelestem (Gal 4,26), tunc iam nobis etiam ipse Christus Ecclesiastes e cit et non o m in
Istrahel, sed et in Hierusalem regnare dicitur. Cum vero ad perfectionem omnium ventum fuerit et sponsa ei perfecta,
omnis dumtaxat rationalis creatura, iungetur, quia paci ca it per sanguinem suum non solum, uae in terris sunt; sed

65
A ( 7)
Si comprende, pertanto, come la cosmologia creazionistica di Origene sia, di fatto, unantropologia, unon-
tologia del soggetto, una sica del soggetto intellettuale e li ero, all interno della uale cielo e terra sono
allegoria di dimensioni dell’uomo, ne rivelano la natura ambigua di creatura divina, uindi di temporalità
eterna, movimento acquietato, a te it i entiicata, mo te icit niicata, contingenza necessaria. La lunga
trattazione morale, che pare spostare l’attenzione della HGn 1 dall’ambito protologico all’ambito antro-
pologico, in realt descri e loriginaria con gurazione umana del cielo eterno non un cosmico ordine
necessario (e le idee che lo strutturano), ma la libertà di dèi contingenti (logoi nel Logos) è il primo, eterno,
assoluto oggetto d’amore del Padre nel Figlio.

– I F
Di fatto, la relazione tra cielo e terra inscritta nel di enire del Principio, cio nel farsi tutto a tutti del
Figlio in uanto Logos70, che comunica alle creature la pienezza ontologica della propria Sapienza. Il di-
spiegarsi creati o redenti o di Dio nelle sue creature interpretato come kenotico essersi fatto tutto a tutti
( ) (che innalza la missione redenti a di Paolo, indicata in 1 Cor 9,22) culmina
nelloriginario ed escatologico ricapitolare in s l intera creazione, per consegnarla al Padre, a nch
Dio sia tutto in tutti ( ) (1 Cor 12,28). Potremmo de nire il Figlio
come il Sole che costituisce il cielo che illumina, dissipandone protologicamente, uindi storicamente
progressi amente (dopo la caduta) ed escatologicamente le tene re, prima soltanto latenti, uindi mani-
festate, in ne del tutto dissipate. uesto comporta un darsi paradossale della tene ra stessa nel Sole del
Principio, in uanto il Logos, proprio perch accoglie in s la contingenza terrena delle creature, le segue

et uae in caelis (Col 1,20), tunc Solomon tantummodo dicitur, cum tradiderit regnum Deo et Patri, cum evacuaverit
omnem principatum et potestatem. Oportet enim eum regnare, donec ponat inimicos suos sub pedibus suis et novissi-
mus inimicus destruatur mors (1 Cor 15,24-26). t ita aciicati omni at i e iecti c m e it iam e omnia
in omnibus So omon tant mmo o i e t o m aciic nomina it (CCt Prol 1,19-20). La Sposa Gerusalemme
uindi la chiesa creata a initio , uindi nel Principio e dal Principio che il Figlio, nel uale ogni creatura razionale
sar riuni cata Non enim mihi ex adventu Salvatoris in carne sponsam dici aut ecclesiam putes, sed ab initio humani
generis et ab ipsa constitutione mundi, immo, ut Paulo duce altius mysterii huius originem repetam, ante etiam constitu-
tionem mundi. Sic enim dicit ipse: Sicut elegit nos in Christo ante constitutionem mundi, ut essemus sancti et imma-
culati coram ipso, in caritate praedestinans nos in adoptionem liorum (Ef 1,4-5). Sed et in Psalmis scribitur: memento
congregationis tuae, Domine, uam congregasti a initio (Sal 73,2). Prima etenim fundamenta congregationis ecclesiae
statim ab initio sunt posita (CCt II 2,1). Cf. G. L , Tolomeo e Origene: divorzio/lettera e sizigia/Spirito, AucNos 15
(2015) 79-136, in particolare, 117-135.
70
Il Sal atore, in modo assai pi di ino che non Paolo, si fatto tutto a tutti (
), per guadagnare (cf. 1 Cor 9,22) o per rendere perfetti tutti (
) (cf. 1 Cor 12,28), e chiaramente egli si fece uomo per gli uomini e angelo per gli angeli (
) (CIo I 217); Il Sal atore, dun ue, primo e ultimo degli estremi,
non perch egli non sia anche in mezzo ( , , ),
ma per indicare che egli si fatto tutto a tutti ( , ) (CIo I 219). Il cielo, nei
uali gli eletti leggono, pertanto la totalit della creazione intellettuale nella uale il Figlio di iene, ricapitolandola
perfettamente in s Se poi ci sono, come ci sono, scritti di Dio che i santi asseriscono di leggere nelle ta olette del
cielo ( ), le lettere ( ) per mezzo delle uali ueste realt celesti ( )
possono essere lette sono gli aspetti del Figlio di Dio, distri uiti dallAlfa ia ia no all Omega (
, ). E ancora, egli il medesimo in uanto
principio e ne ( ), ma non il medesimo secondo gli aspetti (
); egli principio , infatti, in uanto Sapienza, poich infatti sta scritto Dio mi cre principio delle sue ie, in
ista delle sue opere (Pr 8,22); in uanto Logos, per , non pi principio, poich infatti nel principio era il Logos .
I suoi aspetti hanno, pertanto, un principio, ualcosa che iene in secondo luogo dopo il principio, in terzo luogo e
cos ia sino alla ne, uasi dicesse Sono principio in uanto sono Sapienza, secondo (mettiamo) in uanto sono
in isi ile , terzo in uanto sono ita , dal momento che ci che fu fatto in lui era ita (G 1,1) . uesto paradigma
( ) lessere al tempo stesso principio fondamento e ne si de e applicare al corpo totale e unito dei
sal ati ( ), perch Cristo ne la pietra d angolo (Ef 2,20). Cristo nigenito,
infatti, tutto e in tutti ( ), come principio nell uomo che ha assunto
e come ne nella sua enuta, secondo uella parole Lultimo Adamo di enne Spirito i i cante (1 Cor 12,12) (CIo
I 221-222). Cf. Prin IV 4,4-5.

66
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
nella loro alienazione, per continuare a toglierle in sé, redimendole. Questo comporta un rapporto di
immanenza della tenebra stessa, seppure come protologicamente soltanto latente o escatologicamente del
tutto superata, nella dies una del Principio il Figlio, a erma apertamente Origene, in relazione con la
tene ra e proprio per uesto non attinge l assoluta, trascendente perfezione ontologica del Padre71. Senza
la mediazione del Figlio, pertanto, la terra non potrebbe divenire eternamente cielo, così come il cielo non
potre e essere ricon ertito dal suo alienarsi in terra. D altra parte, uesta mediazione assoluta comporta
l’immanentizzazione, nell’ipostasi eternamente diveniente del Logos, del divenire contingente delle crea-
ture, uindi del loro stesso destino di caduta, di con ersione, di lento progresso erso l uni ersale e ultima
apocatastasi del tutto nell no. Per uesto, HGn 1 deve inscrivere, nella stessa eterna dies una, persino la
realt dissipata della tene ra, uindi il contingente, accidentale cadere delle creature e il loro stesso essere
sal ate eternamente (prima e dopo la caduta storica) da uesta caduta, donde la presenza amorosa, nelle-
terna assolutezza divina del Figlio, della tenebra misericordiosamente e redentivamente assunta, come
contingenza e materialità tolta delle creature.
Dobbiamo, allora, volgerci al più ostico degli elementi della dies una: la terra primordiale. Anch’essa si
ri eler come condizione, limite e stato, prima potenziale, uindi attuale, del desiderio e dell intelligenza
di tutte le creature immagini umane.

– -

Purtroppo la HGn 1 non si so erma a atto sulla de nizione della terra primordiale, creata insieme con
il coelum nell initium . Ritengo che ui Ru no a ia lasciato cadere ualche frase troppo di cile
di Origene, che altrimenti avrebbe davvero stranamente lasciato l’altro oggetto della creazione davvero
deserto , senza dedicargli la ench minima spiegazione. Siamo pertanto costretti a ricorrere ad altre
fonti, per cercare di rendere una sua interpretazione almeno plausi ile, uindi coerente con la pur concisa
identi cazione che lomelia propone del coelum primordiale come totalità dei divinizzati logoi uomini ad
immagine. Recuperando le varie traduzioni greche di Gen 1,1-2, riportateci da Calcidio, che parre ero
dipendere dalle Esaple origeniane72, possiamo de nire la terra creata in principio come mera latenza,

71
Scri e Origene in riferimento a G 1,2 Se lespressione in lui non c nessuna tene ra , si applica soltanto al Pa-
dre ( ), ualcuno potre e chiedersi in uale misura di
eminenza gliela si de a applicare ( ), dal momento che anche il Sal atore noi lo
concepiamo completamente senza peccato ( ), al punto che si potre e dire anche di lui che Dio
luce e in lui non c nessuna tene ra (1 G 1,2). La di erenza l a iamo, in parte, gi sta ilita in precedenza; con mag-
giore audacia ( ) ancora noi aggiungeremo ora a uelle considerazioni ueste altre. Se colui che non
cono e peccato , cio Cristo, gli il Padre lo fece peccato per noi (2 Cor 2,21), di lui non si potre e dire In lui non
c nessuna tene ra . Infatti, anche se Ges in una carne simile a uella del peccato (cf. Rm 8,0), soltanto al ne di
condannare il peccato, per il fatto di a ere assunto una carne simile a uella del peccato, non sar pi del tutto corretto
dire di lui: “In lui non c’è nessuna tenebra”. Aggiungeremo che “egli ha preso le nostre debolezze e si è addossato le
nostre malattie (Mt 8,17; cf. Is 20,1), cio le de olezze della nostra anima e le malattie dell io nascosto del cuore (
) (cf. 1 Pt 0,1). A causa di ueste
infermit e malattie, che ha preso da noi per addossarsele, egli confessa di a ere l anima triste e tur ata (cf. Mc 14,34;
Gv 12,27) Nessuno sospetti che diciamo ueste cose perch manchiamo di piet erso il Cristo di Dio (
) Come infatti il Padre solo possiede l immortalit
(1 Tm 3,13), giacch il Signore nostro a causa del suo amore per gli uomini ha su ito la morte a nostro antaggio, cos
l a ermazione in lui non c nessuna tene ra si pu applicare soltanto al Padre (
), perch Cristo, a causa della sua azione a fa ore degli uomini, ha preso su di s le nostre tene re (
), per annientare con la sua
potenza la nostra morte e dissipare le tene re che sono nella nostra anima (
) (CIo II 166).
72
Astipulantur his ea quae sequuntur, terra autem erat inuisi ilis et informis, hoc est silua corporea, uetus mundi
tantia i am e cta ei o iici o e tia me et o ma etiam t nc eco o et omni ca en a itate o
uero tale est, inuisibile certe habetur et informe; inanis porro et nihil propterea dicta, quia, cum sit omnium qualitatum
receptrix, propriam nullam habet ex natura. Silua ergo, ut quae cuncta quae accidunt recipiat in se, inanis appellata est, ut
quae compleri numquam posse uideatur; porro quia sit expers omnium, nihil dicta. Otiosa uero et indigesta nuncupatur

67
A ( 7)
come originario imperfetto ontologico (Agostino parlerà di est non est, di prope nihil, di mutabilitas73).
Essa è informis, inanis et nihil, in uanto in s del tutto pri a di qualitates e forme, dun ue, come traduce
Simmaco, otiosa et indigesta, in uanto incapace di agire, pura passi it , recetti it , disposta ad accogliere
forma e ordine dall altro. Ricordo come, in Prin IV 1,8, uella primordiale era de nita imperfecta materia
absque qualitatibus.
Torniamo su Prin III 3,7, o e a ermata la creazione, da parte di Dio, di duae generales naturae; se il
coelum da identi care con la natura in isi ile e incorporea partecipata dagli intelletti tutti creati ori-
ginariamente perfettamente uguali, la terra da identi care con la natura isi ile e corporea74. Ci che
caratterizza le due nature generali , comun ue, la loro indeterminata potenzialit e muta ilit , sicch la
uali cante li ert della creatura a determinare direttamente i di ersi gradi di partecipazione e perfezione
alla natura intellegi ile, uindi a costituire meriti o demeriti, che indirettamente determinano la forma-
zione uali cante di Dio, che de nisce a partire da uesti il grado di partecipazione delle stesse creature
intellettuali e li ere alla materialit sensi ile, proporzionata al loro distaccarsi dalla fruizione intellettuale
di Dio. uesto signi ca che la natura isi ile e corporea, pro a ilmente identi ca ile con la terra primor-
diale, fornisce il sostrato indeterminato sul uale Dio inter iene per determinarle tramite ualit siche
proporzionate ai di ersi atti li eri degli intelletti (nel loro di ersi cato alienarsi dalla pienezza assoluta di
Dio), sicché la «terra» parrebbe essere una dimensione puramente relativa, dipendente dal divenire libero
della natura intellettuale, uindi dal suo rimanere, cessare di essere o tornare ad essere puro coelum di Dio.
Non a caso, in Prin III 6,8, Origene cita Gen 1,1, per sottolineare come primordiali coelum e terra creati
in principio, saranno identici a uelli escatologici75.
Rilevante, in tal senso, un passo di Prin II 9,6, ove come primordiale oggetto della creazione di Dio «in
principio» è indicato unicamente l’unitario coelum intelligente, ma non la natura mutevole visibile, né la
terra. La seconda creazione di Dio, uella del mondo sensi ile, che comincia a essere descritta a partire da
Gen 1,3, uindi dal secondo giorno della creazione, piuttosto fatta dipendere dalle li ere scelte defetti e

a Symmacho; quod quidem per se nihil ualeat, otiosa, quod uero habeat opportunitatem suscipiendi ordinis ab exornante
emet eo m n m mo iente in i e ta cen et St i ae e o e a mi atione i niicatio animae im an am imi-
it inem e ec a at i i em o iici et a cto itati i maie tate ca ta t e et (Calcidio, Comm. [II, De silua] 278).
73
Cf. Agostino, Conf. 12,3,3; 11,11-10,13; 12,22; 19,28; 29,10, o e si chiarisce come la materia sensi ile informe non
pu essere caratterizzata dal tempo, perch uesto la vicissitudo caratterizzata dalla varietas di determinazioni, che
presuppongono tutte una forma. La materia uindi creata prima del tempo, come condizione ontologica delle realt
formate e determinate che si succedono nel tempo. Agostino era a conoscenza della HGn 1 origeniana, che colloca la
creazione della terra come informe nella stessa dies una precedente il tempo O iamente, sare e da approfondire, in
proposito, l’interpretazione della materia come «non essere» avanzata da Plotino.
74
Omnis igitur haec ratio hoc continet, quod duas generales naturas condiderit Deus: naturam visibilem, id est corpore-
am, et naturam invisibilem, quae est incorporea. Istae vero duae naturae diversas sui recipiunt permutationes. Illa quidem
invisibilis, quae et rationabilis est, animo propositoque mutatur pro eo quod arbitrii sui libertate donata est; et per hoc
aliquando in bonis, aliquando in contrariis invenitur. Haec vero natura corporea substantialem recipit permutationem;
unde et ad omne quodcumque moliri vel fabricari vel retractare voluerit artifex omnium deus, materiae huius habet in
omnibus famulatum, ut in quascumque vult formas vel species, prout rerum merita deposcunt, naturam corpoream tran-
smutet et transferat. Quod evidenter propheta designans ait: Deus inquit ui facit omnia et transmutat (Am 5,8)» (Prin
III,6,7). Nello splendido volume di J. Pé , o o ie co mi e et t o o ie c tienne m oi e Exam. I,1,1-4), Paris
1931, le pagine dedicate a Origene (cf. 090-117) e in particolare alla sua in uente interpretazione della creazione nelle
HGen (cf. 092-097), prendono in considerazione la rile ante esegesi delle ac ue celesti, limitandosi soltanto a citare
Gen 1,1-2. Piuttosto super ciali le pagine dedicate a Origene da P. N , Genèse 1,1-2 de Justin à Origène, in In
principio. Interprétations des premiers versets de la Genèse, Paris 1970, 31-90, in particolare, 88-92. Sul pro lema della
materia in Origene, cf. G. L , It doesn’t matter. Le metamorfosi della materia nel cristianesimo antico e nei duali-
smi teologici, in Materia. XIII Colloquio Internazionale Lessico Intellettuale Europeo – Roma 7-9 gennaio 2010, a cura di
D. G M. V , Firenze 2011, 75-173, in particolare, 126-146. Questo testo sarà pubblicato, ampliato
e approfondito, in G. L , Materia mistica. Spirito, corpi, segni nei cristianesimi delle origini, Milano 2018.
75
Iam sane illud quaerendum est, si tunc, cum erit Deus omnia in omni us (1Cor 15,28), in consummatione omnium
universa corporis natura una specie constabit, et omnis qualitas corporis illa sola erit, quae in illa inenarrabili gloria
fulgebit, quae spiritalis corporis futura esse sentienda est. Si enim recte accipimus id, quod in initio libri sui Moyses scribit
dicens: In principio fecit Deus coelum et terram (Gen 1,1), hoc esse principium totius creaturae, ad hoc principium
inem omni m con mmationem e con enit e oca i (Prin III 3,8). Torner pi a anti su uesto passo.

68
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
delle creature, che inducono Dio a creare un mondo materiale gerarchicamente ordinato, attraverso il
uale collocare in di ersi gradi di formazione, progresso, perfezionamento, le intelligenze di ersamente
relazionatesi a Dio76. Insomma, la natura materiale visibile pare essere una realtà puramente relativa, una
funzione secondaria (seppure ontologicamente costitui a) del coelum intelligente. D’altra parte, la caratte-
ristica accidentale della partecipazione creaturale delle intelligenze alla divina natura intellegibile non può
che rivelare la presenza di un’alterità potenziale latente, che uella della stessa mutabilitas inerente alla
contingenza delle creature, dimensione informe che, formata successi amente dalle di erse scelte delle
creature, anzich essere tras gurata nella fruizione eternizzante dell unit con Dio, iene a ri elare la loro
caduta nella materialità, cioè nel determinarsi di una potenza di resistenza propria della loro mutevolezza
ontologica, che iene misteriosamente a contrastare la tras gurante intelligenza contemplati a di Dio.
Il peccato della li ert , dun ue, la riappropriazione della contingenza, della dipendenza ontologica,
persino del nulla dal uale la creatura deri a, a discapito della propria di ina sostanza principale – di
uell illud primum, quod ad imaginem Dei in me factum est77 –, che trova soltanto in Dio la scaturigine
della propria natura. Corporeit signi ca, allora, dipendenza ontologica, uindi passi a materialit , che,
una volta distaccatisi dalla luce divinizzante, determina l’alienante materializzarsi della mente. La nozione
di corporeit , uindi, relati a, designa uno stato di dipendenza ontologica, che, nel caso del peccato,
determina separazione dall immaterialit assoluta di Dio, uindi identi cazione sensi ile. In tal senso,
ricordo come persino il Figlio eterno fosse de nito, da Clemente, non incorporeo ( ) rispetto
al Padre, perché da lui generato e, rispetto a lui, individuato 78
corporeo, insomma, ci che deri ato da
altro, ci che non ha in s la scaturigine della sua perfezione assoluta ( uella del Figlio) o relati a ( uella
degli intelletti).
La prospetti a origeniana della relati it della materia pienamente confermata da un altro, importante
passo di Prin:
t oniam nece e e at ti co o i inte ect a em nat am ae et comm ta i i et con e ti i i e ae en-
ditur ea ipsa conditione, qua facta est (quod enim non fuit et esse coepit, ex hoc ipso naturae mutabilis designatur
et ideo nec substantialem habet vel virtutem vel malitiam, sed accidentem), quoniam ergo, ut diximus, mutabilis
et convertibilis erat natura rationabilis, ita ut pro meritis etiam diverso corporis uteretur indumento illius vel
illius qualitatis, necessario sicut diversitates praenoscebat deus futuras vel animarum vel virtutum spiritalium,
ita etiam naturam corpoream faceret, quae permutatione qualitatum in omnia, quae res posceret, conditoris
arbitrio mutaretur (Prin IV4,8).

Proprio perch tratta dal nulla, uindi contingente e accidentale nel suo rapporto al di ino intellegi i-
le, che pure la individua ontologicamente, inerisce irriducibile alla natura intellettuale creata la materia
corporea, che interpreta ile come rapporto costituti o con la mutabilitas e la convertibilitas, cioè con
mutamento e alterazione ontologica, dun ue con lessere almeno latentemente caratterizzata da tempo e
spazio. D altra parte, in un passo omesso da Ru no e riportatoci da Gerolamo in Epist. 124,14 – vi tornerò
–, Origene a anza con forza l ipotesi dell assoluta immaterialit escatologica degli intelletti. Prospetti a
aporetica Direi di no, in uanto in uesto rano ri adita il principaliter subsistere della natura intellet-

76
Hic cum in principio crearet ea, quae creare voluit, id est rationabiles naturas, nullam habuit aliam creandi causam
nisi se ipsum, id est bonitatem suam. Quia ergo eorum, quae creanda erant, ipse extitit causa, in quo neque varietas aliqua
neque permutatio neque inpossibilitas inerat, aequales creavit omnes ac similes quos creavit, quippe cum nulla ei causa
varietatis ac diversitatis existeret. Verum quoniam rationabiles ipsae creaturae, sicut frequenter ostendimus et in loco suo
nihilominus ostendemus, arbitrii liberi facultate donatae sunt, libertas unumquemque voluntatis suae vel ad profectum
per imitationem Dei provocavit vel ad defectum per neglegentiam traxit. Et haec extitit, sicut et antea iam diximus, inter
rationabiles creaturas causa diversitatis, non ex conditoris voluntate vel iudicio originem trahens sed propriae libertatis
arbitrio. Deus vero, cui iam creaturam suam pro merito dispensare iustum videbatur, diversitates mentium in unius
mundi consonantiam traxit, quo velut unam domum, in qua inesse deberent non solum vasa aurea et argentea sed et
i nea et icti ia et a ia i em a ono em a ia a tem a cont me iam (cf. 2 Tm 2,20), ex istis diversis vasis vel animis
vel mentibus adornaret. Et has causas, ut ego arbitror, mundus iste suae diversitatis accepit, dum unumquemque divina
providentia pro varietate motuum suorum vel animorum propositique dispensat (Prin II 9,6).
77
CCt II 1,4.
78
Cf. Clemente dAlessandria, c ot 10,1-0, o e tra l altro si a erma che anche l nigenito ha in ualche modo
un corpo ( ) , in uanto ha identit personale ( ), forma ( ) ed essenza ( ) propria rispetto al
Padre.

69
A ( 7)
tuale, contrapposta alla dimensione avventizia della materialità, natura secondaria sopravvenuta all’in-
telletto. Evidentemente, Origene sta cercando di pensare a) un’incorporeità protologica ed escatologica,
comun ue segnata ) da una potenziale materialit , altera ilit e mute olezza ontologica.
La terra primordiale, allora, non sarebbe da interpretare come un impensabile ricettacolo materiale, una
specie di globus sensi ile informe (come uesto potre e collocarsi in principio, cioè nella assoluta divi-
nità del Figlio che è Logos Sapienza ), ma come paradossale limite interno dell intellegi ile, um ratilit
ontologica della partecipazione creaturale alla luce intellegi ile, uindi come immateriale materialit la-
tente, non ancora determinata, perché in principio del tutto convertita nell’essere coelum eternizzante delle
intelligenze primordiali.
n fondamentale passo di Prin ci viene in soccorso:
Porro autem sicut et Scriptura dicit, numero et mensura universa (Sap 11,20) condidit Deus, et idcirco nu-
merus quidem recte aptabitur rationabilibus creaturis vel mentibus, ut tantae sint, quantae a providentia Dei
et dispensari et regi et contineri possint. Mensura vero materiae corporali consequenter aptabitur; quam utique
tantam a eo c eatam e e c e en m e t antam i i ci et a o nat m m n i o e ce e aec e o
sunt, quae in initio, id est ante omnia, a Deo creata esse aestimandum est. Quod quidem etiam in illo initio,
quod Moyses latentius introducit, indicari putamus, cum dicit: In principio fecit Deus coelum et terram. Certum
e t enim ia non e i mamento ne e e a i a e e i o coe o ac te a icat o m coe m oc et te a
quam videmus vocabula postea mutuata sunt. Verum quoniam rationabiles istae naturae, quas in initio factas
supra diximus, factae sunt cum ante non essent, hoc ipso, quia non erant et esse coeperunt, necessario converti-
biles et mutabiles substiterunt, quoniam quaecumque illa inerat substantiae earum virtus, non naturaliter ine-
at e eneicio con ito i e ecta o nt e o non e t o i m nec em ite n m e a eo at m Non
enim semper fuit, et omne quod datum est, etiam auferri et recedere potest. Recedendi autem causa in eo erit, si
non recte et probabiliter dirigatur motus animorum. Voluntarios enim et liberos motus a se conditis mentibus
c eato in it o ci icet on m in ei o i m ie et c m i o ntate o ia e a et e e i ia et a-
boris taedium in servando bono et aversio ac neglegentia meliorum initium dedit recedendi a bono (Prin II 9,2).
La terra, insomma, sare e l imperfezione ontologica, la contingenza, la mute olezza informe – varietas,
diversitas, mutabilitas – della creatura intellettuale tratta dal nulla – uindi convertibilis et mutabilis –, ma
chiamata a di inizzarsi, uindi ad essere puro cielo illuminato dalla presenza della Luce del Figlio. uesto
signi chere e che, nelleterna creazione premondana della dies una, cos come nella ne apocatastatica
con la uale tutte le creature i saranno reintegrate, si d un processo di con ersione ontologica della con-
tingenza mutevole della creatura nella necessità immobile di Dio, sicché la terra/materia è la contingenza,
la mutevolezza convertita in cielo eternizzato. La relazione tra cielo e terra primordiali, allora, dovrebbe
essere interpretata allegoricamente, translate, cio come relazione dialettica tramite la uale la di erenza
contingente e materiale della creatura mutevole, altra rispetto a Dio, è del tutto tolta nel divinizzante atto
intellettuale, uindi perfettamente con ertita nell unit della natura di ina che la ospita in s . La condizio-
ne protologica dell intimit originaria della creazione intellettuale in Dio uella della ssazione nell u-
nità, sicché nella dies una non si d alcun mo imento o di erenza ontologica. La li ert delle creature,
in ece, risulta atti a e di ersamente determinante soltanto a partire dal secondo giorno, nel uale si a ia
la creazione del mondo sico, uando la materia si dispiega, in uanto determinata, rice endo da Dio
di erse ualit siche, dipendenti dai di ersi gradi di perfezione, decisi dalle li ere scelte degli intelletti,
causae varietatis ac diversitatis, uindi scaturigine delle determinazioni materiali, che a ettano una crea-
tura alienatasi, alteratasi, moltiplicatasi, non pi unitariamente sta ilizzata ed eternizzata nella fruizione
diretta di Dio79. Se uindi il giorno uno è la partecipazione sostanziale al divino (coelum dell’intelligenza
personale) della contingenza creata (terra della sua materialità potenziale), si dà, in principio, coesistenza
tra cielo immaterialit e terra materialit , o e uesta originariamente del tutto incorporea sicch l uo-
mo protologico escatologico simul del tutto immateriale e materialmente segnato, non soltanto tramite
l’ , il principio logico dell’individuazione materiale80, ma anche perché realtà irriducibil-

79
Mi chiedo se per caso lo stare nella erit non sia ualcosa di unitario e di uniforme (
), mentre la ariet e la molteplicit sono la caratteristica di non stare
nella erit ( ) (CIo 209).
80
Cf. Prin II 10,1-3; CC V 23; VII 32.

70
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
mente contingente, uindi potenzialmente insta ile, mute ole, alterata, materializzatasi in corpo81.
La «terra» è, allora, l’ombra del «cielo» della mente, il limite contingente intrinseco alla realtà immate-
riale e di ina della creatura, la polarit defetti a interna del processo dell intelligenza li era; dun ue,
la variabile interna, la resistenza opaca della sua divinizzante autocomprensione di immagine (Leibniz la
chiamerà appercezione). Ancora, la natura materiale è l’ontologizzazione sensibile del limite interno della
natura razionale, uindi il pi o meno ontologizzato defectus dell immateriale intelligenza dei cata82. La
materia sensi ile, allora, esistente soltanto come latente, uando la terra con ertita in cielo irra-
diato dalla Luce assoluta; in ece, si determina, nell alterit e nel mo imento, uando la terra si separa
dal cielo , distaccatasi dalleternizzante e uni cante Sole assoluto del Figlio, e di iene pi o meno tene-
brosa. Questo spiega perché, in Origene, la nozione di terra sia strutturalmente ambigua, indicando sia il
naturale limite ontologico (la corporeità stessa), che il peccato antidivino. La libertà dell’intelletto, allora,
capace di olere contro natura, di distaccarsi dal Figlio scaturigine della sua natura spirituale, uindi di
rendere il suo cielo terrestre, ovvero di dare realtà alla mutevolezza, all’alterazione, alla materialità, alla
potenza di annichilimento e morte, prima latenti nella «terra» tolta nel cielo immateriale, unitariamente
sso nella contemplazione del Figlio.

7–
In proposito, una note olissima notizia di Calcidio parre e fornirci un ulteriore particolare, capace di
gettare una ualche luce sull informe, oscura natura della terra primordiale. Come si sopra e idenziato,
nell’In Platonis Timaeum Commentarius, Calcidio, riportando di erse traduzioni (deri ate molto pro a-
bilmente dalle Esaple origeniane) della terra informe di Gen 1,2, a erma
Origenes asseuerat ita sibi ab Hebraeis esse persuasum quod in aliquantum sit a uera proprietate deriuata inter-
pretatio; fuisse enim in exemplari: Terra autem stupida uadam erat admiratione83.
L’espressione stupida ex admiratione potre e essere tradotta con estatica , come testimonia Ru no, tra-
ducendo proprio un passo di Origene84. E ene, uesta straordinaria restituzione origeniana (deri ata da
interpreti e rei) della terra primordiale, informe perch estatica, attonita per lo stupore, penso confermi la
restituzione antropologica della materia prima sensibile, riconosciuta come ancora puramente potenziale
e indeterminata, perch funzione interna, seppure sospesa, addormentata, come disatti ata85, della mente
uni ersale come cielo logico che contempla la luce di ina. Non a caso, uando, in Comm. [II, De silua]
278, Calcidio cerca di spiegare la de nizione della terra primordiale come stupida quadam ex admiratione,

81
Per una ricapitolazione dell interpretazione origeniana della materia, confrontata con gli assunti plotiniani, cf. P.
C , Origène et Plotin. Comparaisons doctrinales, Paris 1991, 410-430. Interessantissima la trattazione, alle pp.
122-127, dellorigeniano .
82
Con mira ile concisione, Manlio Simonetti ha perfettamente restituito la natura relazionale della materia Il rap-
porto fra natura razionale e natura materiale iene presentato come rapporto necessario e permanente, nel senso
che uesta , per cos dire, lespressione estrinseca, esterna della muta ilit di uella . La materia iene intesa da
Origene come limite negati o, come espressione della imperfezione ( muta ilit ) degli esseri creati (M. S ,
Introduzione e commento a Origene, I principi, Torino 1938, 229, n. 32, in riferimento a Prin IV 4,8).
83
Calcidio, Comm. [II, De silua] 278.
84
on o m in atina in a no e mone e ime e e m aec m o i i ocant i e t c m o
alicuius magnae rei admiratione obstupescit animus (Ru no, tr. lat. di Origene, HNm 27,12).
85
Si potre e paragonare uesta de nizione della terra materia primordiale con uella di Al ino, Didaskalikos,
14,3, ove è descritto il risvegliarsi dell’intelletto dell’Anima del mondo, originariamente addormentata nella materia:
E anche l anima del mondo, che eterna, neppure uesta Dio crea, ma la ordina; e si dice che la crea in uesto senso
s egliando e olgendo a s l intelletto di essa ed essa stessa (
), come da un letargo e da un sonno profondo ( ), a nch , guardando
erso gli intellegi ili di Dio, accolga le idee e le forme, mirando ai pensieri di esso (
, ) . Il rapporto tra i due testi di analogia
antitetica mentre per Origene la materia si toglie estaticamente in Dio, uasi addormentandosi e dimenticandosi
di se stessa, per Albino l’Anima del mondo è risvegliata, chiamata a distaccarsi dalla materia e a convertirsi in Dio. Il
mo imento , uindi, in erso in Origene, la materia si dimentica di s , estatica in Dio; in Al ino, lAnima si dimentica
di sé, addormentandosi nella materia.

71
A ( 7)
rileva: i niicatio animae im an am imi it inem e ec a at i i em o iici et a cto itati i ma-
iestate capta stuperet.
Anche uest interpretazione sem ra attri ui ile a Origene, proprio perch poco sopra indicato come soste-
nitore di uella singolarissima traduzione di Gen 1,2. In e etti, l interpretazione della terra primordiale come
anima stupefatta e fuori di s , estatica perch catturata dalla maest del creatore, si ri ela del tutto coerente
con l’interpretazione del coelum intelligente come mens sprofondata nella contemplazione della Sapienza
di ina. Si potre e persino rile are che nel sistema origeniano lanima rappresenta il ra reddarsi dell intelli-
genza dei cata, uindi il defetti o rientrare in s , materializzandosi, determinandosi come creatura separata,
in uanto alienatasi dal di inizzante fuoco di ino86. Ebbene, nella dies una, l’intelletto delle creature non si
ancora ra reddato in anima, n materializzatosi, in uanto non si ancora distaccato dal comune Fuoco
celeste e spirituale, nel uale tutti i logoi/mentes (il coelum uni ersale) sono ancora sprofondati in Dio, alla-
gati dalla Luce divina, che separa il giorno dalla notte, dissolvendo le tenebre del peccato della creatura (po-
tenziale, incombente, ma non ancora attivo). Pertanto, la terra primordiale sarebbe stupida ex admiratione,
estaticamente contemplativa, perché tutta convertita in coelum, perci ancora del tutto informe, disatti ata,
indeterminata, cio non uali cata dalle determinazioni delle scelte difetti e delle creature, che corporeizza-
no lanima in proporzione allo uscamento della sua intelligenza, imprigionandola in con gurazioni tempo-
rali e spaziali. Se la terra una latente potenzialit dell intelletto, uella di di enire anima materializzatasi, la
sua restituzione come anima estatica sottolinea appunto il togliersi della materia informe anima ( uindi del
suo possi ile ottene rarsi, colpe ole indi idualizzarsi, fuoriuscendo dall intimit con Dio) nellatto spirituale
dell intelletto. uesto signi ca che il rapporto tra terra e coelum – creature del tutto simultanee nell’eterno
giorno uno della creazione – go ernato da un mo imento di perfetta con ersione dell inferiore nel supe-
riore, sicché la contingenza della terra tolta nellattualit perfetta del coelum intellettuale. La terra è al tempo
stesso intrinseca, eppure altra rispetto al cielo. Seppure estaticamente con ertita nella di inizzante isione di
Dio, da uesti donata all intelligenza creata, essa rappresenta il limite dell intelletto, la potenziale resistenza
latente alla sua perfezione, uindi la sua muta ilit , contingenza, alterit .
D’altra parte, la rivelazione redentiva consente di dischiudere una serie di scatole cinesi estatiche, ricapito-
lazione dellontologico inferiore nellontologico superiore materia sensi ile, contingente, che, in principio
et in ine, è unitariamente e immobilmente ricapitolata e tolta nel puro caelum delle intelligenze create, che
tutto ricapitolato nel Sole mistico87 dell’Intelligenza creatrice, principium initium che si sprofonda
nelleccedente semplicit del Padre no.
Ma, a andonando uesta traccia calcidiana, torniamo a un indagine delle opere origeniane, per eri ca-
re l ipotesi della dimensione puramente mentale e ideale, nella uale solo possi ile la collocazione della
materia primordiale:
Si e o in o i i e e t oc o mo o a i ma i i e t o i e e aete co o it a a ia nat a aete
Patrem et Filium et Spiritum Sanctum, necessitas consequentiae ac rationis coartat intellegi principaliter quidem
creatas esse rationabiles naturas, materialem vero substantiam opinione quidem et intellectu solo separari ab eis et
o i i e o t i a e ectam i e i e n m am ine i a ea e i i e e i e e o i nam e initati
incorporea vita existere recte putabitur (Prin II 2,2).

86
Rimando alla lunga trattazione di Prin II 8,3-4. In particolare: Requirendum est ne forte et nomen animae, quod gra-
ece dicitur , a refrigescendo ra reddamento , de statu diviniore ac meliore dictum sit et translatum
inde, quod ex calore illo naturali et divino refrixisse videatur, et ideo in hoc quo nunc est et statu et vocabulo sita sit…
Videndum ergo est ne forte, sicut diximus ex ipso nomine declarari, ab eo quod refrixerit a fervore iustorum et divini ignis
a tici atione i e t anima a e ata it nec tamen ami it ac tatem e tit en i e in i m tat m e o i in o
e initio it n e et o eta ta e a i i i et o ten e e c m icit Re ertere, anima mea, in re uiem tuam (Sal
114,7). i omni i i et o ten i o men e tat ac i nitate a ec inan e ecta e n nc ata e t
anima; quae si reparata fuerit et correcta, redit in hoc, ut sit mens (II 8,3).
87
Allora i giusti splenderanno come il sole i giusti splenderanno non come prima, in modo di erenziato
( ), ma saranno tutti come un unico sole ( ) . La luce dei discepoli di Ges
riller no a che tutti giungano all uomo perfetto (Ef 1,10) e di entino tutti un unico sole (
). Allora splenderanno come il sole nel regno del Padre loro
(Mt 13,43)» (CMt 0). Cf. CCt II 4,30, ove si sottolinea la dimensione estatica della mens visitata, abitata da Dio: Foris
enim est et extra corpus posita mens eius, qui longe est a corporalibus cogitationibus, longe a carnalibus desideriis, et ideo
ab his omnibus foris positum visitat Deus.

72
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
Come si gi e idenziato, la materia primordiale non fuori dell intelligenza creata, prima o dopo di
essa (come e do e ualcosa di informe e sensi ile potre e collocarsi in Principio, che è lo stesso Figlio
creatore?), ma ne rappresenta una componente interna, che soltanto astrattamente può essere separata e
ipostatizzata, dotata di una propria realt separata. ueste idenza si ri ela ui come l altra faccia della
pi nota dottrina origeniana della corporeit irriduci ile delle creature, che comun ue non a a atto
interpretata, come pure alcuni brani zetetici di Origene paiono suggerire, come irriducibilità di un corpo
sensi ile, fosse anche etereo, ens come limite intrinseco della pienezza autonoma della ita intellettuale
creata. Ritengo, pertanto, che se nell’initium e nel ini del tutto unitario, il logos, la mens creata sarà del
tutto pri a di corpo sensi ile, essa non potr che essere ancora corporea, cio materialmente a etta, do-
tata di una componente di terra. La terra primordiale, pertanto, non creata da Dio fuori dal cielo
degli intelletti, come un indeterminato informe pronto a fornire a Dio materia sensi ile per la creazione
dei corpi degli intelletti, da loro inseparabili; la materialità corporea, invece, è inseparabile dagli intelletti
stessi, costituendone il necessario limite intrinseco, dun ue irriduci ile, seppure puramente ideale (si
pensi alla nozione di ). In tal senso, ribadisco come la dottrina origeniana della creazione
primordiale sia un’antropologia speculativa e non una cosmologia, o meglio riconduca le articolazioni
dell’ordine cosmico agli atti e ai liberi movimenti delle creature personali. Coelum et terra primordiali
sono, pertanto, le polarità dialettiche costituive dell’incorporeo uomo ad immagine, nature entrambe
immateriali88, che costituiscono la sua am igua natura di eterna intelligenza creata, uindi di preesistente
divinità contingente89.

88
Per Origene, der sich auch in diesem Punkt auf die allegorische Exegese des Philon st tzt, gi t es keinen Z eifel,
da Himmel und Erde in Genesis 1,1 eide ene intelligi le Realit t ezeichnen (P.F. B , Ein Origeneszitat,
cit., 80).
89
Prospetti a antitetica rispetto a uella da me adottata uella presentata dal singolarissimo olume di P. T -
, Origen: Cosmology and Ontology of Time, Leiden-Boston 2006, che considero interpretativamente del tutto
fuor iante. Esso nega la dottrina origeniana della preesistenza dei noes logoi, interpretandone la prima creazione come
creazione «provvidenziale» delle ragioni dell’universo («providential creation ), che nella Sapienza di ina pu essere
unicamente l’ideale sostanza universale dell’umanità, determinata in individui soltanto tramite la creazione del mondo
materiale: «he narration of Moses cf. Gen 1,1-2 does not refer to an individual , ut simpl points to the creation
of the human nature itself (p. 11); hose reasons ( ) are the o ect of creation. his means that e do not ha e
creation of indi idual personal eings, far less of incorporeal personal eings. We ha e creation of logoi, that is, of re-
lations, of possi ilities, of principles and costituti e and cohesi e causes, of la s and causalities of all kinds. We ha e
creation of the principles according to hich the orld not onl ill come into eing, ut also ill e held and sus-
tained . he actual material creation exists on account of the Pro idential creation, the latter is the cause for the
existence of the former , a sustaining s stem of logoi (pp. 10-11). When Origen speaks a out an incorporeal that
as made in the eginning, he does not refer to an thing that might e taken as a personal individual being» (pp. 47-
18). he personal su stance comes into eing simultaneously ith the actual creation of a personal spatio-temporal
creature. here is su stance of human nature since the er eginning of creation, ut it is onl ith the material
creation that the notion of su stance of an indi idual person starts to make sens (p. 90). According to Origen, there
as no indi idual creaturel life in the prime al state. Life as the di ine life onl . he created things ere decora-
tions of the di ine Wisdom; the ere li ing et not a life of their o n herefore, hat li es efore the actual crea-
tion is God s Wisdom herself her od as multi-em roidered ith li ing precious stones , since the are in the
li ing od of Christ. What li es a er the actual creation are the fallen stones ha ing ac uired corporeal odies and
ha ing een su stanti cated as individual personalities» (pp. 92-93). Coerentemente con uest impostazione, Tzama-
likos non si so erma mai sull interpretazione origeniana di Gen 1,1, uindi sullesplicita a ermazione di una creazione
pretemporale, dun ue eterna delle intelligenze. Si noti come, negando la preesistenza rispetto al mondo materiale di
intelletti individuali e liberi, egli sia costretto a negare la teoria origeniana della loro caduta, sicch uesta interpreta-
ta, del tutto contraddittoriamente, come a assamento dell atto creati o di Dio, che opera la creazione seconda di
singole persone, uindi come passaggio ontologico dall assoluta perfezione della puramente logica creazione pro i-
denziale di Dio all inferiore dignit ontologica della creazione e etti a degli indi idui, posti nellessere al di fuori di
Dio. Di uesti indi idui personali non si spiega la di erenza di collocazione ontologica all interno della creazione, se
non appunto facendola dipendere dalla pro idenza creatrice di Dio allora, perch Dio ha oluto creare il Dia olo e
di erenziarlo, senza alcun suo demerito precedente, da Ges o da Paolo His conception of the Fall is not as simplistic
as a notion of pre-existing spirits, hich fell and ere clothed ith material odies (p. 90). Ne deri a l a ermazione
della natura necessariamente corporea del mondo, uindi della coincidenza della creazione delle menti indi iduali con
la creazione del mondo materiale («constructional creation cf. 09). he term orld , hene er used, implies corpo-

73
A ( 7)
–L ( )

Le interpretazioni origeniane dei riferimenti i lici alla terra ne confermano la natura relati a, mute-
vole, estatica. In Prin II 3, Origene si dedica alla più ampia trattazione a noi pervenuta sul mondo e sul

realit . It follo s then that this term cannot e used in expressions such as spiritual orld or a orld of incorporeal
rational creatures efore time . For hat is spiritual is of necessit incorporeal, hereas hat refers to the orld is of
necessit incorporeal, hereas hat refers to the orld is of necessit corporeal. Spiritual (that is, incorporeal) life is
exclusi e to the Deit . he terms world and spiritual (that is, incorporeal) are incompati ile ith each other. his is h
there is no room for expressions such as spiritual orld , hich can make no sense in this frame of thought (113);
he notion of the orld is incompati le and cannot e s uared ith that of spiritual . Origens uni erse is, and has to
be, through and through material» (367). uesto signi ca che i logoi creati nel principio da Dio non sono individui
esistenti e liberi, partecipi intimamente della divinità (come io penso), ma soltanto (non ben determinati!) astratti o
meramente potenziali principi logici della futura creazione, insepara ile dal tempo e dalla materia, all interno della
uale unicamente possi ile collocare gli indi idui reali e le loro li ere determinazioni in atto hat the o ect hich
God created “in the beginning” is the logoi, or principles, suggests that God created the solfa, not the entire music of the
cosmic drama hich as to e ol e. It is plain that music reall exists when it is played, not hen ust ritten on paper
(p. 038). Per smentire ueste sorprendenti a ermazioni, che restituiscono la preesistenza logica degli intelletti nella
Sapienza di Dio come astratta realt di carta, rinuncio a chiamare in causa una serie innumere oli di passi, nei uali
Origene a erma categoricamente l assoluta incorporeit dei noes logoi, uindi la loro appartenenza a una dimensione
primordiale di intimità con il Logos e con Dio, che, grazie alla fruizione dello Spirito, li rende a eri e propri d i. Mi
limito a rinviare a CIo I 112-120, o e nettissima l a ermazione dellesistenza di un mondo intellegi ile e immate-
riale, contrapposto a uesto mondo che ; il mondo trascendente , cos , identi cato con la Sapienza mul-
tiforme , all interno del uale si muo e l anima di Ges e tutti i discepoli (la totalit delle creature razionali, escatolo-
gicamente reintegrate nel Logos), che Cristo i riconduce; cf., inoltre, CIo II 200-201, o e esplicita l a ermazione
della caduta dalla di init ( ) , della uale protologicamente partecipa ano coloro che, con Sal 81,6 e Gv 10,34,
sono de niti d i e gli dellAltissimo . Anche Tzamalikos rin ia a CIo I 112-120 (cf. 117-118), ma proponendone
un interpretazione del tutto fuor iante, in uanto misconosce la possi ilit di accesso delle creature (che non sare e-
ro immateriali) a uesto mondo del tutto immateriale e trascendente, di fatto identi cato unicamente con il Figlio e la
Trinità. La negazione della dottrina della preesistenza individuale degli noes logoi deforma completamente, a mio a -
viso, la restituzione del sistema teologico origeniano: divengono, così, inintellegibili la dottrina origeniana della mate-
ria mute ole come relati a al grado di perfezione spirituale del singolo intelletto; la dipendenza delle storiche forme di
esistenza dei singoli dalle scelte preesistenti del loro li ero ar itrio; la de nizione della creazione del mondo materiale
come ; loriginalit della cristologia origeniana, incentrata sulla meritoria, perfetta unione mistica con il Logos
attinta dall intelletto preesistente di Cristo. Non uesto il luogo per dedicarsi a una dimostrazione dettagliata in pro-
posito. Cf., dello stesso P. T , Origen: Philosophy of History & Eschatology, Leiden-Boston 2007, in particola-
re, 287-008, o e l apocatastasi origeniana interpretata come un uni ersale riconciliazione con Dio, che comun ue
presuppone (in termini piuttosto riferi ili a Gregorio di Nissa cf. 003-007) l intrascendi ile esteriorit corporea, spa-
ziale, temporale delle creature rispetto a Dio, che edranno Dio non in Dio, ma fuori di Dio «What is in the world is
understood to be out of God and ice ersa .he hiatus hich sets the ontolog of Deit apart from that of crea-
tures is a fundamental notion of this theolog . his is expressed through the expression to-come-out-of-God, hich is
related to the anticipated eschatological perspecti e of restoration (001-002); et the ie of eternal life eing ithin
the orld (and, therefore, out of God) is once again latent. For it is not said that one ill stand either ith God or in
God it is said, next to God ( ). he di erence is no means insigni cant it underlines the ontological
relation of eternal life to the di ine realit (122). Origene, pertanto, is not a Platonist , in uanto la sua teologia
fondata su storici e enti sal i ci, che si riferiscono non ad astratte realt ideali, ma a creature irriduci ili alla trascen-
denza di Dio, in uanto caratterizzata dall a ermazione dell intrascendi ilit craturale di tempo, spazio, corpo, uindi
di storicit M contention is then that he is not a Platonist, since he primaril speaks in terms of events, and onl a er
he has done so he proceeds with dealing with moral and spiritual lessons and ideas. With regard to historical narration
comprising od , soul and spirit, it has to e said that the od is al a s there. his theolog is not a out thin ideas;
it is a out things , that is, actions and e ents ( ). Histor is not ithout a od (080). L’intera impostazione
di uesto mio saggio , e identemente, antitetica a uesta prospetti a, che mi pare non riconoscere loriginalit del
platonismo di Origene uesti fonda la sua teologia platonizzante non su idee astratte, ma su intelletti personali e di-
spiega la sua nozione di storicit , uindi la sua ri essione sugli e enti della creazione, caduta, redenzione, in termini
comun ue soprattutto intellettuali (essendo la corporeit spazio-temporale una dimensione a entizia, secondaria,
relati a allo stato dell intelletto), sicch per Origene l uni ersale, escatologica redenzione delle creature riuni cazione
d’intelletti intimi al Logos, ricondotti nella dies una eterna e del tutto inestesa (non spaziale) del Principio, uali gli nel
Figlio tornati ad essere, come in origine, privi di corpo, seppure mai privi della materialità della contingenza.

74
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
suo rapporto con l inizio e con la ne. E ene, mondo, per Origene, l insieme unitario di cielo e terra90,
donde la netta distinzione tra a) mondo come cielo terra primordiali della prima creazione, appunto da
identi care con lo stesso Figlio, Logos Sapienza, il principium, nel uale gli intelletti engono creati e a i-
tano, uindi, redenti, a iteranno91; e ) mondo ( uale totalit di mondi successi i che si succedono nello
scorrere degli eoni temporali) come cielo terra sensi ili della seconda creazione 92
, che HGn 1
colloca nel la passaggio caduta dalla a) so ratemporale dies una alla b) serie ordinale degli altri cin ue
giorni della creazione, sottolineando come soltanto in uesto am ito si dia e cominci a scorrere il tempo93.
Signi cati o il netto ri uto dellesistenza di un mondo ideale, argomentata anche attra erso il recupero
di polemici luoghi comuni stoici la era, trascendente immaterialit origeniana uella del cielo logico
degli intelletti radicati nella Sapienza.
C i m n i i ci em no i e e e o itionem i ci co ae i im ne o te a i i ae eat occa io i -
i inte e entiae a tent no ima ine a am a aeci nominant a i ma e o ti e a
nostris rationibus alienum est, mundum incorporeum dicere, in sola mentis fantasia vel cogitationum lubrico
con i tentem et omo o e Sa ato em in e e e e ancto o e i c it o ote nt a i ma e non
video (Prin II 3,6).
Infatti, in CIo I , il mondo ideale di Origene tolto nel Figlio stesso, Sapienza all interno della uale si
muo ono proprio il Sal atore, identi cato con l anima di Ges , e i eati94. Origene, pertanto, non colloca
nel Figlio le idee, ma gli stessi intelletti, misticamente uni cati al Logos, nella Sapienza l idealit non ha
nalit cosmologica, ma principalmente nalit antropologica (e soltanto secondariamente e strumen-
talmente cosmologica). Non esiste un mondo delle idee (se non astrattamente collocato nella Sapienza
come paradigma della creazione delle individuali creature intelligenti, poste nell’essere dal Logos); esiste
unicamente un mondo di menti li ere, di uomini creati come immagini di Dio, uindi come d i singolari
e personali partecipi dell’eternità.
Ma, in uesto mondo primordiale e so ratemporale, coincidente con uello escatologico, la terra
identi ca ile soltanto con contingenza interna e materialit potenziale della creatura, o fornisce gi corpi,
per uanto spirituali e rarefatti, al coelum dei logoi d i Insomma, gli intelletti hanno un corpo primordia-
le ed, e entualmente, uale tipo di corpo noto come, in Prin, uesto tema sia uello pi aporeticamente

90
Dicitur mundus etiam ista universitas, quae ex coelo constat et terra (Prin II 0,3); proprio perch uesto mondo
platonicamente immagine di uello immateriale, de ni ile mundus anche il complesso di coelum et terra oggetto
della prima creazione di Dio nella dies una».
91
Cf. CIo I 211 In irt di uesta creazione della Sapienza , tutta la creazione pot sussistere dotata di una capacit
di accogliere la di ina Sapienza secondo la uale stata creata
92
Verum de huiuscemodi opinionibus plenius in illo loco tractavimus, cum requiremus, quid esset quod In principio fecit
Deus coelum et terram. Aliud enim coelum atque alia terra indicatur esse quam illud rmamentum, quod post biduum
factum dicitur, vel arida, quae postmodum terra nominatur (Prin II 3,6).
93
Tempus esse incipit ex consequentibus diebus uelli successi i all unico giorno primordiale . Secunda namque dies
et tertia et quarta et reliquae omnes tempus incipiunt designare (HGn 1,1).
94
Cercherai se il primogenito di ogni creatura possa essere mondo ( ),
soprattutto in uanto Sapienza multiforme ( ). E in ero, poich in lui ci
sono le ragioni di ualsiasi essere, le ragioni secondo cui tutte le cose sono state fatte da Dio con sapienza, potre e
essere anchegli un mondo, tanto pi ario ( ) di uello sensi ile e superiore a esso uanto la ragione
dell’universo mondo, assolutamente immateriale com’è, supera il mondo materiale, dal momento che ciò che ordina
a mondo la materia prende il suo ordine non già dalla materia, ma dalla partecipazione al Logos e alla Sapienza. Ora
edi un po se uelle parole Io non sono di uesto mondo (G 8,23), non si possano per caso attribuire all’anima di
Ges , che in ece ha la sua cittadinanza nella totalit di uel mondo, muo endosi in esso li eramente e conducendo ad
esso coloro che di engono discepoli (
). uel mondo non ha parti che siano uaggi ,
cos come uesto nostro mondo, a en guardare, non ha parti che siano lass . Come pu infatti uesto nostro mondo
a er parti lass , dal momento che la sua creazione consiste in una caduta ( ) Infatti noi
leggiamo Prima della costituzione del mondo ( ) (G 17,21) ... . E pertanto uesto mondo
di uaggi , nella sua totalit e con tutte le cose che contiene, in una condizione di caduta (
). Fuori di uesta condizione di caduta ( ) engono a
trovarsi invece i discepoli veri di Gesù, che egli ha scelto “dal mondo”, perché non siano più “del mondo”, prendano la
loro croce e lo seguano» (CIo I 117-120).

75
A ( 7)
prospettato da Origene, per di pi mediato dalla traduzione di Ru no, tal olta apologeticamente censoria,
che, in alcuni passi, possi ile eri care tramite uella, pure polemicamente tendenziosa, di Gerolamo.
Mi limito, in uesta sede, a un capitolo riepilogati o, capace di o rirci un ilancio da ero signi cati o
sulla uestione della materia e dei corpi escatologici, oltre a una pro a della natura soltanto pro isoria
del metodo aporetico origeniano: Prin II 0,7. Esso presenta tre ipotesi sul destino nale dei corpi, uindi
dei loro rapporti con cielo e terra. I) Assenza, nel e ect ini omni m, di corpi inerenti agli intelletti in-
diati95; II) persistenza escatologica di una sostanza corporea tras gurata, di incorrutti ile materia eterea,
il cui splendore sarà proporzionato al merito delle creature96; III) collocazione dei beati o al di sopra della
sfera delle stelle sse (traduzione di Ru no)97 o (secondo la traduzione geronimiana dello stesso passo)
in un cielo ulteriore, contente l , spazio sico incorrutti ile trascendente il cielo delle stelle sse,
che verrà annientato . Come gi lucidamente indicato da Simonetti99, in realtà le tre ipotesi, in apparenza
98

prospettate come aporeticamente alternati e, non lo sono a atto, in uanto rappresentano stadi di ersi di
unescatologia progressi a, di cui soltanto la I ipotesi prospetta un compimento apocatastatico, nel uale
non i saranno pi di erenze di stati, uindi di perfezioni tra i eati, ma tutto sar ricapitolato in Cristo e
misticamente consegnato alla contemplazione del Padre. Sottolineo con forza, infatti, che ualsiasi indica-
zione escatologica prospetti una di erenza di perfezioni, di stadi di eatitudine ordinati gerarchicamente,
di (o e la diversitas risulta ontologicamente connessa con la materialità sensibile), non può essere,
in Origene, de niti a e ultima, essendo l autentico e ect ini omni m soltanto uello in cui, come in
principio, gli intelletti saranno tutti perfettamente uguali per perfezione e dignit . Signi cati a, in propo-
sito, la notazione nale del capitolo, che chiarisce ine ui oca ilmente la natura soltanto pro isoria della
III ipotesi:

Hoc ergo modo videtur quasi iter quoddam sanctorum profectibus aperiri ab illa terra ad illos coelos, ut non
tam permanere in illa terra quam habitare videantur, transituri scilicet, cum in id quoque profecerint, ad hered-
itatem regni coelorum (Prin II 3,7).

95
Dictum est enim quod vel incorporea vita agi posse putanda sit, posteaquam Christo fuerint su iecta omnia et per
Christum Deo Patri, cum erit omnia et in omnibus Deus (Prin II 0,7). La tesi corrisponde perfettamente a un impor-
tante rano origeniano omesso da Ru no, ma riportatoci da Gerolamo Si quis autem potuerit ostendere incorporalem
rationabilemque naturam, cum expoliauerit se corpore, uiuere per semet ipsam et in peiori condicione esse, quando corpo-
ribus uestiebatur, in meliori, quando illa deponit, nulli dubium est corpora non principaliter subsistere, sed per interualla
o a io mot ationa i i m c eat a m n nc ie i t i i in i ent e tiant et m c m i a e a atione
lapsuum se ad meliora correxerint, dissolui in nihil et hac semper successione uariari (Origene, Prin, secondo Gerolamo,
Epist. 124,14). Mi pare che proprio l’ipotesi dell’escatologica deposizione dei corpi sopravvenuti da parte delle anime,
create come a loro preesistenti in initio, sia privilegiata in CCt II 5,21-26, sicché reddi enim videbitur posse quod amis-
sum est, non tamen conferri id quod ex initio conditor non dedit.
96
Vel cum nihilominus Christo fuerint uni ersa su iecta et per Christum Deo, cum quo et unus Spiritus secundum hoc,
o i it nt nat ae ationa i e i nt t nc i a o e tantia co o a i o timi ac i imi i iti o-
ciata pro assumentium vel qualitate vel meritis in aetherium statum permutata (Prin II 3,7).
97
Aut certe quod eorum uae identur habitu praetereunte et omni corruptibilitate decussa atque purgata omnique
hoc mundi statu, in quo dicuntur sphaerae, supergresso atque superato, supra illam, quae dicitur,
sphaeram piorum ac beatorum statio collocatur, quasi in terra bona et terra vivorum, quam mansueti et mites hereditate
percipient (cf. Lc 8,8; Sal 23,10; Mt 2,1) c i e t coe m i o am it ma niicentio e i am i am ci c m at et
continet te am o e e coe m et inci a ite a e at in o coe o e te a ini omni m at e e ectio t ta ac
i i ima o it tatione con i te e o ci icet e i i o t co e tionem ca ti ation m a o e icti e t e ant
purgationis obtentu, expletis omnibus atque depensis, terrae illius habitaculum mereantur, hi vero, qui Verbo Dei oboe-
dientes fuerunt ac Sapientiae eius iam hinc capaces se obtemperantesque praebuerunt, coeli illius vel coelorum promereri
regna dicantur (Prin II 3,7).
98
Ecco il testo origeniano nella traduzione geronimiana: Aut certe sphaera illa, quam supra appellauimus , et
quidquid illius circulo continetur, dissoluetur in nihilum, illa uero, qua ipsa tenetur et cingitur, uocabitur terra
bona nec non et altera sphaera, quae hanc ipsam terram circumambit uertigine et dicitur coelum, in sanctorum habitacu-
lum seruabitur (Gerolamo, Epist. 124,5).
99
Le tre soluzioni del pro lema della condizione nale dei eati in realt si riducono a due, perch la terza non esclude
la seconda, di cui costituisce ampli cazione e chiarimento sul piano cosmologico. Anche la prima ipotesi potre e
essere armonizzata con le altre due, come punto nale di unascesa di cui le altre ipotesi presentere ero solo un grado
intermedio» (M. S , Introduzione e commento, cit., 232, n. 27, in riferimento a Prin II 3,7).

76
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
Il culmine della eatitudine identi cato con il passaggio dalla terra eterea del mondo sico ulteriore al
cielo regnum coelorum, che evidentemente, indicando l’intimità assoluta con il Figlio, non può più indica-
re un ulteriore luogo sico (il che aprire e la catti a in nit di una processualit sica inde nita), ma il
puro cielo intellegibile. Non a caso, in Prin II 11,6-7, Origene tornerà a descrivere il progressivo ascendere
dei eati dal paradiso terrestre, luogo di istruzione delle anime, a luoghi celesti nell aria, no a giungere,
trascendendo tutte le sfere celesti, proprio nel regnum coelorum, che identi cato con il Figlio stesso nella
sua natura divina100, che, anche in uesto caso, non pu essere interpretato come luogo sico, per uanto
possa essere ipotizzato come etereo o trascendente i cieli mondani.
Per la comprensione del rapporto tra principio ne perfetti e dimensione allegorica della relazione cielo
terra, o e uesta chiaramente indicata come luogo pro isorio e ontologicamente progressi o, sono
del massimo interesse gli ultimi due paragra del li ro III di Prin. Dopo aver con nettezza precisato la
necessaria coincidenza tra la dimensione pretemporale di coelum et terra di Gen 1,1 e la loro dimensione
escatologica101, Origene vi ribadisce la dimensione pedagogica della progressiva ascensione attraverso
terre e cieli, culminante nellentrata nell apocatastatico Regno di Cristo, identi cato comun ue con il solo
coelum, rispetto al uale la terra della suprema istruzione (ancora pensata come luogo sico) rimane
comun ue introdutti a, su ordinata, uindi imperfetta. Non a caso, il rapporto tra terra bona vivorum e
coelum ulteriore elo uentemente ra gurato dallo scarto tra legge e angelo

n e mi i i et o ic t in ac te a e ae a o i am it eo m i a C i t m a i a e ci
deberent, eruditi ab ea et instituti, ut facilius possent post institutionem legis perfectiora quaeque Christi insti-
tuta suscipere, ita etiam illa terra, sanctos quosque suscipiens, verae et aeternae legis institutionibus eos prius
imbuat et informet, quo facilius etiam coeli perfecta illa et quibus addi iam nihil potest instituta patiantur; in
quo vere erit illud, quod aeternum dicitur evangelium (Ap 14,6) et testamentum semper novum, quod num-
am ete e cet oc ita e mo o in con mmatione ac e tit tione omni m ie i tan m e t t
a atim oiciente et a cen ente mo o et o ine e eniant imo a te am i am et e itionem ae
in ea est, in qua ad meliora et illa, quibus iam addi nihil potest, instituta praeparentur. Post actores enim et
procuratores Christus Dominus, qui est rex omnium, regnum ipse suscipiet, id est post eruditionem sanctarum
virtutum eos, qui eum capere possunt secundum quod Sapientia est, ipse instruet, regnans in eis tamdiu usque-
o eo etiam at i iciat i i i i it omnia i e t t c m ca ace ei e int e ecti it ei e omnia
in omnibus. Tunc ergo consequenter etiam natura corporea illum summum et cui addi iam nihil possit recipiet
statum (Prin III,6,8-9).

Il passaggio escatologico al coelum intellegibile dell’aeternum evangelium è interpretato come ritorno


all intimit con la Sapienza, che permetter alle creature intellettuali, distaccatesi ormai da ualsiasi resi-
duo terrestre, di divenire capaci di accogliere Dio in loro stesse102. La terra bona vivorum, luogo culminan-
te dell’educazione progressiva dell’umanità, risulta pertanto come dimensione ancora provvisoria e pro-
trettica del passaggio, che conduce a un eccedente divenire cielo, indiarsi nell’universale partecipazione
al Figlio. Penetrati nel cielo del Principio, la natura corporea ritorna al suo culmine estatico, nel uale si
perfeziona fuoriuscendo dal tempo e dallo spazio, idealizzandosi, togliendosi nel coelum delle intelligenze
dei cate, riattingendo, uindi, una dimensione puramente latente e potenziale.
uesto signi ca che la terra bona vivorum non pu essere identi cata con la terra informe creata in prin-
cipio, di Gen 1,1-2. La prima relati a a una corporeit , per uanto smaterializzatasi e tras guratasi, an-
cora persistente, connessa a una dimensione ancora imperfetta dell intelligenza dei eati proprio perch

100
Et ita per ordinem digredietur singula, sequens eum, qui penetravit coelos, Iesum Filium Dei (Eb 4,14) dicentem:
Volo ut ubi ego sum, et isti mecum sint (Gv 17,21) Nec ultra intellegamus eum in ea exiguitate, in qua nobis propter
no e ect e t i e t non in i a ci c m c i tione am in no t o co o e in te i o it inte omine a it o e t
in uno aliquo circumsaeptus loco putetur (Prin II 11,6).
101
Si enim recte accipimus id, quod in initio libri sui Moyses scribit dicens: In principio fecit Deus coelum et terram, hoc
esse principium totius creaturae, ad hoc principium inem omni m con mmationem e con enit e oca i i e t t i
coelum atque illa terra habitatio et requies sit piorum (Prin III 6,7).
102
Con l intellegi ile coelum escatologico, nel uale identi cato lo stesso regno di Cristo Christus Dominus, qui est
rex omnium, regnum ipse suscipiet, id est post eruditionem sanctarum virtutum eos, qui eum capere possunt secundum
quod Sapientia est, ipse instruet, regnans in eis tamdiu usquequo eos etiam Patri subiciat ui si i su didit omnia, id est
t c m ca ace ei e int e ecti it ei Deus omnia in omni us (1 Cor 15,27-28)» (Prin III 6,9).

77
A ( 7)
ancora educati da potenze e tutori, e non dal Figlio stesso, proprio perché chiamati a slanciarsi verso un
eccesso di intelligenza, essi progrediscono nel tempo, uindi continuano ad occupare uno spazio percor-
ri ile, ancora lie emente appesantiti da una materialit residua che ela la loro intelligenza. Per uesto,
essi non sono ancora in grado di attingere la fruizione so ratemporale, uindi del tutto immateriale (sen-
za alterazione, senza mo imento, senza tempo) del angelo eterno, che l ingresso nella stessa Sapienza
eterna del Figlio, ove si torna ad essere dèi in Dio.
Sull ipotesi dell assoluta incorporeit (non incompati ile con una corporeit relati a o potenziale) degli
intelletti primordiali, è di grande rilevanza un brano del CC:

Noi sappiamo che l anima, la uale per sua natura incorporea e in isi ile (
), ha isogno, uando si tro a in ualsiasi luogo corporeo, di un corpo appro-
priato per sua natura a uesto luogo (
) (CC VII 32).

Sem ra possi ile concludere che il corpo ser a unicamente uando l anima in un luogo sico, materiale,
uindi in una determinazione spaziale e temporale del cosmo, Ma se l anima intelletto che in Dio, ha
bisogno di corpo cosmicamente determinato? Vi è luogo cosmico in Dio e nell’eterna partecipazione alla
sua intimit Possiamo pensare una creatura che per la sua componente principale ( uella logica) tutta
in Dio, per unaltra sua componente ( uella materiale sensi ile) fuori di Dio, in un determinato luogo
corporeo con un corpo ad esso adeguato? O, piuttosto, non è molto più logico pensare che il corpo e il luo-
go corporeo, adeguato all anima perfettamente e so ratemporalmente indiata, siano piuttosto da pensare
come tolti in essa, come latente potenzialit di mo imento e alterazione ontologica, uindi di incorporazio-
ne e determinazione nell’avventizio cosmo materiale della seconda creazione, insomma come immanente
limite potenziale, non ancora (protologicamente) o non più (escatologicamente) determinato o attuato?
Tanto più, se torniamo a leggere Prin II 1,1 e IV 1,3, ediamo Origene rilanciare l ipotesi loso ca – che
err sistematicamente approfondita da Gregorio di Nissa – della materia come mero complesso di ua-
lit , tolte le uali il suo sostrato ontologico si ri ela inesistente, sicch la materia non pu esistere senza
ualit 103. ueste engono da Origene identi cate con caldo, freddo, secco e umido, in II 1,1104, e con
durezza, mollezza e, appunto, calore, freddo, umidit e aridit in IV 1,7105. Pri e di ueste ualit , per di
pi composte in di ersa uantit come elementi di determinazione, la materia non esiste. E ene, come
pensare, nelleterna, del tutto unitaria, di inizzante fruizione intellettuale del Logos, la presenza di durezza
o mollezza, umidit o aridit Da ero, le ualit sensi ili paiono essere pensa ili soltanto all interno del-
la seconda creazione, uando esse engono a determinare l indi iduazione dei di ersi corpi, corrispon-
denti al di erso grado di alienazione delle creature. Del tutto contraddittoria, infatti, appare la tesi di una
pluralit di corpi celesti primordiali, perch essi comun ue do re ero essere al tempo stesso composti
dallo stesso rapporto di ualit ed essere indi idualmente di erenziati, a meno che non pensare a un uni-
ca corporeità celeste compatta e universalmente partecipata, analogamente all’unico Logos perfettamente
e identicamente partecipato da tutte le intelligenze in dimensione protologica ed escatologica. Ma, allora,
uale pu essere lo status ontologico della terra nella dies una Del tutto pri a di ualit , essa forse inesi-
stente? Torniamo all’unica ipotesi possibile: essa, è, appunto, un essere che non è, un quasi nulla, l’essere as-
solutamente informe, che pu essere pensato unicamente come materialit irtuale della realt sensi ile,

103
Per uesto, i loso nomen mate iae i e t o inci a ite mate iam i niicat inte inci ia tat e e non o-
tuerunt. Neque enim cum materiam subiciunt omni corpori per omnia convertibilem substantiam vel commutabilem vel
divisibilem, extra qualitates eam secundum proprietatem suam subicient… Quae omnia documento sunt quod substantia
corporalis permutabilis sit et ex omni in omnem deveniat qualitatem (Prin IV 4,6). Haec tamen materia quamvis, ut supra
diximus, secundum suam propriam rationem sine qualitatibus sit, numquam tamen subsistere extra qualitates invenitur
(II 1,4).
104
Qualitates autem quattuor dicimus: calidam, frigidam, aridam, humidam. Quae quattuor qualitates , id est ma-
teriae, insertae (quae materia propria ratione extra has esse invenitur quas supra diximus qualitates) diversas corporum
ecie e ci nt (Prin II 1,4).
105
Verumtamen illud scire oportet, quoniam numquam substantia sine qualitate subsistit, sed intellectu solo discernitur
hoc, quod subiacet corporibus et capax est qualitatis, esse materia. Quidam ergo altius de his volentes inquirere, ausi sunt
dicere nihil aliud esse naturam corpoream quam qualitates. Si enim duritia et mollities, calidum et frigidum, humidum

78
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
latente principio della contingenza, uindi dell aliena ilit ontologica, in principio esistente soltanto come
estatica, tolta in altro, nella perfetta partecipazione delle intelligenze alla pienezza di inizzante del Logos.
La materia sensibile, la natura corporea è, insomma, dispiegamento spaziale e temporale di diversitas e per-
mutatio ontologiche106; per uesto, del tutto pro lematica la sua esistenza, nellam ito dell unitaria, identica
ed eternizzante partecipazione intellettuale e mistico-unitiva dei logoi all’assoluta immaterialità del Logos
nella Sapienza. Lunica soluzione , appunto, riconoscere, intrinseca e latente nella dimensione assolutamen-
te perfetta del mistico coelum sovratemporale, la presenza del tutto smaterializzata della materia, ricondotta
al suo principio ideale (comun ue di ersamente identi cato in ogni singola mens), uindi la sua riduzione a
pura potenzialità della mutabilitas, che l irriduci ile contingenza di ogni singola creatura. In e etti, uesto
riconoscimento dell irriduci ile esistenza primordiale ed escatologica della materia terra, come principio
potenziale latente nel coelum, non aporeticamente incompati ile con la ermazione dellassoluta incorpo-
reit degli intelletti assolutamente cristi cati in principio e in ine, che è, con assoluta nettezza, argomentata
nell ipotesi a ermata in Prin II 0,0, sicch , uando Cristo nel e ect ini 107 consegnerà in principio (cioè
in uanto Sapienza, nella uale il Logos e il coelum della totalità dei logoi saranno unitariamente reintegrati)
il suo regno al Padre, ut tunc etiam usus corporum cesset. Si autem cessat, in nihilum redit sicut et antea non
erat. D’altra parte, ne inci io ne a ine, della dies una, cio in Cristo eterno, Dio crea anche la terra , che
partecipa delleternit stessa, uindi dell identica unione mistica con Dio, cui tutte le perfette intelligenze
spirituale accedono. Nel cristi cato coelum del regno, la terra primordiale sussiste come intrascendibile di-
mensione della contingenza creaturale, uindi come sua latente, potenziale, seppure estaticamente ssata,
mute olezza, alterit , defetti ilit , materialit . E identemente, essa rappresenta la muta ilit della materia,
uindi il relativo, ciò che dipende da altro, il tollendum intogli ile per la creatura dei cata; la terra è la latente
dipendenza dell imperfezione rispetto al perfetto assoluto; la terra è l’interna, irriducibile resistenza onto-lo-
gica alla purezza dell’intelligenza; la terra materia che, nelleternit della fruizione in principio in perfecto
ine della Sapienza, passa del tutto in altro, tolta estatica nel coelum108.

et aridum qualitas est, his autem vel ceteris huiusmodi amputatis nihil aliud intellegitur subiacere, videbuntur qualitates
esse omnia (Prin IV 4,7).
106
Mundi diversitas sine corporibus subsistere non potest, naturae corporeae discutere rationem. Ex rebus ipsis apparet
quod diversam variamque permutationem recipiat natura corporea, ita ut possit ex omnibus in omnia transformari (Prin
II 1,4).
107
n e tit tione omni m c m a e ect m inem ni e a e enient omni m con mmatio c m iam non in
saeculo sunt omnia, sed omnia et in omni us Deus (1 Cor 15,28) (Prin II 3,5).
108
Rivelativa, in HGn 1,13, l’interpretazione di Is 66,1, Coelum mihi sedes, terra autem scabellum pedum meorum. Se
infatti il cielo trono di Dio identi cato con la conversatio degli uomini celesti, la terra sga ello indicata come luogo
soltanto pro isorio di passaggio, che nell unitaria, immuta ile perfezione della dies una, non può che essere già uni-
versalmente compiuto, sicché la terra vi è pensabile unicamente come già del tutto convertita in coelum, passata in esso:
Quod enim dicit: coelum mihi sedes, ita digne de Deo intelligitur, ut sciamus quia in his, quorum in coelis est conversatio,
Deus requiescit et residet. In his autem, qui adhuc terrenum propositum gerunt, ultima pars eius providentiae invenitur,
o in e m a e atione i a ite in icat i i i o te t i m ac e i e i m m e int e ci coe e te
e ectione itae et inte ect a tit ine e ci nt etiam i i e e ei acti i o mi itia et con e atione coe e te.
Ritengo, pertanto, sia da radicalizzare e sistematizzare l a ermazione di N , Genèse 1,1-2 de Justin à Origène, cit.,
91 Orig ne se repr sente cette Terre comme une tape pr paratoire au Ciel , proprio perch uesta relazione
è da collocare nello stesso primo giorno sovratemporale della creazione, ove la Terra è tutta estaticamente tolta nel
cielo. Questa dimensione dialettica e conversiva dell’interpretazione origeniana della creativa dies una, che descrive il
protologico di enire perfetto e dio del logos uomo ad immagine del Figlio Logos, è stata evidenziata da E. L , Il
cielo è il mio trono: Isaia 40,12 e 66,1 nella tradizione testimoniaria, Roma 1980, in particolare, 33-37, o e, in riferimento
a Origene, si sottolinea come la tripartizione tra ac ua, terra, cielo corrisponda alla dinamica, ascensi a tripartizione
antropologica tra semplici, progredienti, perfetti. Si potre e a anzare l ipotesi, del tutto azzardata perch pri a di
appoggi testuali, che la totalit di uesta materia estaticamente fuoriuscita da se stessa possa ac uisire l unica forma
assolutamente tras gurata di un uni ersale luce sica unitaria, di un unico glorioso glo o luminoso, magari prenden-
do spunto da Prin III 6,8: Iam sane illud quaerendum est, si tunc, cum erit Deus omnia in omnibus, in consummatione
omnium universa corporis natura una specie constabit, et omnis qualitas corporis illa sola erit, quae in illa inenarrabili
gloria fulgebit, quae spiritalis corporis futura esse sentienda est. Notevolissimo, in proposito, il passo segnalato da Ge-
rolamo, Epist. 121,10, del tutto espunto da Ru no, colloca ile alla ne della lunga trattazione sul destino escatologico
dei corpi, che chiude il libro III di Prin (in particolare III 6,9): Et post disputationem longissimam, qua omnem naturam
corpoream in spiritalia corpora et tenuia dicit esse mutandam cunctamque substantiam in unum corpus mundissimum et

79
A ( 7)
–P ,

Risulta del tutto evidente come, in Gen 1,1-2, Origene eda ri elati le tre , i tre principia della realtà,
già sistematicamente connessi. Mediatore di dottrine stoiche (il cosmo come sistema divino del cielo e
della terra)109 e medioplatoniche (le tre desunte dallesegesi del Timeo)110. Ebbene, in Gen 1,1-2, pos-
siamo identi care i tre principia origeniani111: a) Dio Trinità, nel Principio, cioè nel Figlio che è Logos
nella Sapienza, eterno creatore ) del cielo, della totalità dei logikoi mentes e c) della terra, della materia
della uale essi sono eventualmente costituiti. Principio, cielo e terra sono, di fatto, i tre principia che strut-
turano l’intero Prin, in maniera assai limpida nei primi due li ri. Comprendiamo, pertanto, perch Gen 1
enga indicato da Origene come uno dei uattro testi supremi, perch a issalmente mistico-speculati i,
dell’intero Antico Testamento, la cui struttura cristologica è pienamente disvelata dal Prologo giovanneo.
In proposito, è del massimo interesse un testo di CIo, ove Origene mette in rilievo l’identità tra a) il vangelo
spirituale – cio interpretato come sal i co sistema ri elati o di tipo logico112 –, capace di dischiudere l’in-

omni splendore purius convertendam et talem, qualem nunc humana mens non potest cogitare, ad extremum intulit: Et
erit Deus omnia in omnibus, ut universa natura corporea, redigatur in eam substantiam, quae omnibus melior est, in di-
vinam videlicet, qua nulla est melior (III 3,9). D altra parte, uesto signi chere e ancora pensare la materia come sus-
sistente indipendentemente dal singolo intelletto e non come sua intrinseca variabile secondaria. Questa dimensione
eternamente estatica, conversiva della terra nel cielo della teoresi divinizzante del Figlio, è stata mirabilmente espressa
da J. D é , Origène, cit. Bisogna dun ue rappresentarsi lo spirito creato come un dio in perpetuo di enire. La
sua esistenza perci una crescita continua, attra erso la uale non si arresta mai allo stadio in cui arri ato, ma, per
la sua libertà, si apre perpetuamente a delle grazie nuove. Esso è pura azione di grazia. Ma se cessa di restare aperto
alla grazia, o se uole fermarsi ad uno stadio particolare, o se per stanchezza e timore dello sforzo si arresta e smette di
aprirsi a dei nuo i eni; o ancora, se non continua a rimanere interamente ri olto erso Dio, ma uole essere su ciente
a se stesso, in uel momento di iene una natura, una , una realt determinata . Lo spirito progresso e il male
, per de nizione, ri uto del progresso (223).
109
Cf. Crisippo, in Sto . 1,184, ed. I. H.F.A. A , Stoicorum Veterum Fragmenta, Leipzig 1902, n. 227 Cri-
sippo a erma che il cosmo il sistema formato dal cielo, dalla terra e dalle rispetti e nature; oppure che il sistema
formato dagli d i e dagli uomini e dai prodotti degli uni e degli altri. C unaltra de nizione il cosmo dio grazie al
uale si realizza la perfezione dellordine cosmico (
.
, ) .
110
Impressionante è la corrispondenza della struttura di Prin con il sistema ontologico, teologicamente fondato, pro-
spettato dal medioplatonico Al ino Parliamo dei principi e delle dottrine teologiche (
) e, partendo dall alto, dei primi principi, proseguiremo e ricercheremo
lorigine del mondo e concluderemo con lorigine della natura e dell uomo (
, ) .
Oltre alla materia, che funge da principio primo, Platone assume anche i seguenti altri principi la causa esemplare,
cio il principio costituito dalle idee, e Dio, padre e causa di tutte le cose ( ,
, , ,
) (Al ino, Intr. 8,1 e 9,1).
111
Sull interpretazione am igua dellespressione principia, per alcuni (Koetschau, Schnitzer) interpreta ile come ri-
ferita ai fondamentali insegnamenti della fede cristiana i licamente dedotti, per altri (Koch, on I anka, Daniélou),
come riferita ai fondamenti ontologici ricercati dalla loso a, e per unassunzione in tal senso sintetica del termine, cf.
M. S , Introduzione e commento, cit., 27-28, che comun ue rimanda al rano di Al ino sopra citato. Ru no
stesso, nella sua prefazione, insiste comun ue sia sul rapporto di Prin con i modelli loso ci pagani (o iamente
restituiti come ipotesi incerte tolte nella superiore sapienza rivelata), sia sulla loro natura di summa della rivelazione
cristiana: De rebus enim ibi talibus disputat, in quibus philosophi omni sua aetate consumpta inuenire potuerunt nihil.
ic e o no te ant m ot it i e it t c eato i i em et c eat a m ationem am i i a im ietatem t a e nt a
pietatem iste conuerteret (Ru no, Prin 1 praef.).
112
Il angelo , dun ue, una trattazione che comprende l annunzio di cose che, a moti o dell utilit salutare arre-
cata, allietano razionalmente colui che ascolta, o e egli accetti uanto annunziato (
,
) . Ciascun angelo, infatti, essendo un sistema di annunzi utili per colui che crede e non ne tra i-
sa il senso, sistema che arreca utilit per la sal ezza, allieta razionalmente, insegnando la enuta sal i ca tra gli uomini
di Ges Cristo, del primogenito di ogni creatura ( ,
, ,

80
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
tero Antico Testamento come angelo, uindi come sistema ri elati o – in uanto si pu a ermare che
tutta la Scrittura di ina angelo ( ) 113 –, b) «il sistema» complessivo
della realt ontologica, articolato in cielo terra immateriali e materiali, c) uindi la natura sistematica dell in-
telligenza spirituale e mistica della ri elazione di ina, che manifesta la Sapienza come eterno sistema dei
teoremi»114, nel uale sono principaliter presenti i modelli dell’eterna creazione del cielo e della terra:
uando si dice che uesto angelo sar predicato in tutto il mondo, noi prendiamo tali parole nel senso che
il angelo annunziato in tutto il mondo, cio non soltanto sulla super cie terrestre, ma in tutto il sistema
composto di cielo e terra o cieli e terra (
,
) (CIo I 87).
Identi care il sistema della ri elazione, della erit e della realt , come dischiusi dall a ento del Figlio,
signi ca comun ue ricondurre il tutto al Figlio come sua unitaria , appunto della ri elazione, della
erit , della realt . Ma il Figlio come Principio tale in uanto ri elatore del mondo eterno della Sapienza,
che porta allessere come primordiale mondo creato (il sistema immateriale di cielo terra), manifestazione
della totalit delle ragioni sistematicamente presenti nella Sapienza, scaturigine della creazione del cielo
intellettuale e della terra in lui estaticamente convertita115. Cielo e terra nel Principio sono, pertanto, i

) (CIo I 27-28). Chiaramente,


la enuta del Figlio interpreta ile anche in senso protologico ed escatologico, come eterna e perfetta illuminazione
divinizzante del Logos donata ai logoi.
113
CIo I 85. Il Nuovo Testamento, in particolare lo spirituale Gv, è il vangelo che illumina l’intero Antico Testamento,
rendendolo esso stesso vangelo tramite l’interpretazione allegorica e spirituale, sistematicamente cristologica: «Pri-
ma di uel angelo che si attu in irt della enuta di Cristo, niente di ci che era anticamente era angelo (
). Il angelo, che la Nuo a Alleanza, a endoci li erati dalla etust della lettera, con la
luce della conoscenza fece risplendere ( ) come presente in tutte le Scritture la no-
it dello Spirito, propria della Nuo a Alleanza, che non in ecchia mai (
, , ). Era uindi con eniente che
il nome di angelo per eccellenza ( ) fosse riser ato al angelo che rende e etti o (
) uel angelo che si ritiene presente anche nellAntica Alleanza (
) (CIo I 03). Il angelo in atto, spiritualmente e cace o produtti o, attua lo stesso angelo in potenza
dell’antica rivelazione.
114
«Possiamo intendere l’espressione “Nel principio era il Logos anche in uesto senso, che tutte le cose sono fatte se-
condo la Sapienza, cio secondo i tipi deri anti dal sistema dei concetti che sono in lui nel Logos, in uanto ri elati o
della Sapienza ( ) (CIo
I 110); In uanto Sapienza, il Figlio ha in s un sistema di teoremi ( ,
) (CIo II 123); Chi in grado di concepire come i ente e per cos dire animata un ipostasi incorporea di
teoremi multiformi, che contengono le ragioni di tutti gli esseri (
), conoscer uesta Sophia di
Dio trascendente ogni creatura, uella Sapienza che a uon diritto dice di s Dio mi cre principio delle sue ie, in
vista delle sue opere” (Pr 8,22). In irt di uesta creazione, tutta la creazione pot sussistere, dotata di una capacit di
accogliere la di ina Sapienza, secondo la uale stata creata ( ,
, ) (CIo I 211). del tutto e idente come ui Origene intenda tutta
la creazione unicamente nel senso di prima creazione , uella delle creature intellettuali cielo , rispetto alle uali
la terra sensi ile, in uanto incapace di partecipare di Dio e di accogliere la Sapienza, non esiste ancora, sicch terra
pu essere interpretata come creazione primordiale di Dio unicamente come scaturigine ontologica, funzione interna,
limite latente della creatura intellettuale creata dal nulla. Il Figlio, proprio in uanto Logos e Sapienza, uindi sistema
unitario di erit Se la Verit una ( ), chiaro che isogna ragione olmente concepire come unica
anche la Sapienza, che della Verit la condizione ( ) e la dimostrazione ( ), in uanto la sapien-
za che è ritenuta tale ma non possiede la verità, non si può neppure chiamare, correttamente parlando, sapienza. Ma se
una la Verit e una la Sapienza, de essere uno anche il Logos che annunzia la Verit , spiega e manifesta (
) la Sapienza a coloro che le possono rice ere (CIo II 40).
115
Cf. il gi citato CIo I 117 Cercherai se il primogenito di ogni creatura possa essere mondo (
), soprattutto in uanto Sapienza multiforme ( ).
E in ero, poich in lui ci sono le ragioni di ualsiasi essere, le ragioni di ualsiasi essere, le ragioni secondo cui tutte
le cose sono state fatte da Dio con sapienza, potre e essere anchegli un mondo, tanto pi ario ( ) di
uello sensi ile e superiore a esso uanto la ragione dell uni erso mondo, assolutamente immateriale com , supera il

81
A ( 7)
principi assoluti di tutto il reale, ri elati i del Figlio Sapienza e Logos, Mondo divino che crea in se stesso,
eternamente, nella dies una, un mondo divino.

C
Ricapitolo sinteticamente le tesi di uesto saggio.
I – Dies una in Principio. Origene interpreta Gen 1,1-5 come rivelazione della creazione eterna di coelum
et terra, nella dies una sovratemporale, che avviene in Principio, cio nella stessa eterna Sapienza del Figlio
creatore. Il luogo della creazione primordiale , uindi, la stessa intimit di Dio, il di enire Logos del
Figlio Sapienza Principio, che crea eternamente in se stesso la ita dei logoi logikoi.
II – Coelum. L’unico giorno coincide con la protologica, eterna accensione divina del «coelum» primor-
diale, cioè della totalità delle intelligenze celesti, precosmiche. Questi noes/logoi individuali sono creati
in principio tutti uguali nell intimit del Figlio, nell unitaria ita dello Spirito sopra enuta nel Logos e
divenuta inseparabile da lui», chiamati a partecipare all’identica e immutabile vita intratrinitaria, che sca-
turisce dalleternizzante contemplazione liale del Padre. Il coelum è luce creata eternizzata, perché illumi-
nata dalla Luce divina del Logos Sole, il corpo mistico di ipostasi logiche, di d i creati ad immagine del
Figlio Immagine. La creazione del coelum in principio non , uindi, un ipotesi zetetica, ma il postulato
razionalmente necessario, sul uale di fatto fondato l intero sistema teologico origeniano.
III – Terra. In Principio, uindi nelleterna intimit di ina del Figlio, non i pu essere spazio ontologico per
una terra pensata come materia corporea separata, ricettacolo informe della sostanza sensi ile, pronta ad
essere plasmata successi amente, uindi temporalmente, dal Creatore; e mai Origene descri e un corpo gi
indi iduato, inerente ai singoli celesti intelletti d i in dimensione pretemporale. In Principio, cioè nel Figlio,
nella Sapienza che si ri ela come Logos creatore di logoi, c’è solo luce immateriale nella Luce immateriale. La
terra è, allora, interpretabile come intrinseca al coelum, in uanto a) sua origine defetti a e ) sua possi ilit
defetti a. La materia il limite creaturale estaticamente dimenticato in Principio, cio nella Sapienza. La terra
primordiale è defectus tolto: al tempo stesso, a) traccia o indicazione della sua origine contingente (il coelum
tratto dal nulla dalla li era iniziati a di Dio); e ) sua potenziale, latente irtualit defetti a, che in dimen-
sione primordiale è del tutto estatica – stupida quadam erat ex admiratione –, cioè indeterminata, non anco-
ra atti a nel manifestare e uali care il grado di alienazione degli intelletti li eri, che decadranno. La materia
pu , insomma, essere de nita come la mutabilitas diversitas della partecipazione alla Sapienza da parte dei
noes, uindi la sua alterabilità essa marca irriduci ilmente l intrascendi ile di erenza tra Creatore e creatura
e accidentalit , uindi precariet della partecipazione a Dio delle menti create. Se il coelum primordiale è
divina intelligenza in atto, la terra primordiale è la materia sensibile in potenza, l’alterità temporale latente,
in principio convertita e tolta nel coelum, in lui disattivata come sua eventuale variabile secondaria, ridotta a
essere inanis et nihil (per citare due delle traduzioni di Gen 1,2 indicate da Calcidio e pro a ilmente dipen-
denti da Origene), o prope nihil (per dirla con Agostino). In ne, tutte le descrizione origeniane della terra
sica ultraterrena ne segnalano uesta dimensione pro isoria di passaggio, di allegoria ontologica, di rin io
all’alterità del cielo immateriale. La terra la defetti ilit della creatura che passa in coelum, divinizzandosi.
La relazione primordiale tra terra e coelum segnalerebbe, pertanto, l’eterno, divinizzante passaggio, l’essere
tolto della mutabilitas diversitas creaturale nell’immutabile e identitaria unità eterna del Logos divino, della
uale, ench creati, i logikoi comun ue partecipano per natura116.

mondo materiale, dal momento che ciò che ordina a mondo la materia prende il suo ordine non già dalla materia, ma
dalla partecipazione al Logos e alla Sapienza (
) .
116
Di grande interesse HEx 9,2, o e, trattando del ta ernacolo del Tempio, reinterpretato a partire da Lc 13,9 e 2 Cor
5,2, Origene sottolinea come esso sia immagine di un aeternum tabernaculum, quod de caelo est: Nondum tibi ex his om-
nibus iter aperitur, quo derelicta terra sequens propheticum et apostolicum sensum et – quod omnium maius est – sequens
e m C i ti tota mente et toto en a cen a a coe m at e i i aete ni ta e nac i ma niicentiam ae a c i
i a e o en a m at in te i ». La terra dev’essere, pertanto, derelicta, abbandonata, per entrare nel coelum
eterno e immateriale, trovando nel tabernacolo eterno il luogo (che è il Verbo stesso) della presenza assoluta di Dio.
Sicch , Sancta sanctorum, in quae semel tantummodo intratur, ad coelum esse transitum puto… ubi et mundis corde ap-
parere poterit Deus, vel quia Dominus dicit: Ecce, regnum Dei intra vos est (Lc 17,21) (HEx 9,1). Se il Sancta Sanctorum

82
G L Dies una. L’allegoria di «coelum et terra in Principio»
IV – Fiat lux et Deus solvit tenebras. Nella dies una della prima creazione, assente ualsiasi articolazione
gerarchica della creazione, tanto meno una di erenza tra angeli e demonii. Soltanto la seconda creazio-
ne caratterizzata da di erenza, spazialit , corporeit , tempo le determinate realt materiali che i si
con gurano sono, pertanto, secondarie, pro isorie, uindi protologicamente defetti e, eppure tenden-
zialmente regressive. Le tenebrae in Principio sono, perciò, ancora soltanto latenti (contingenza tolta, ma-
terialit estatica, di erenza potenziale), mentre nel coincidente, eterno e ect ini sono già dissipate,
non dando spazio o annientando ualsiasi peccato, ualsiasi materialit corporea separata, ualsiasi tem-
porale di erenza, tolte nell unit perfetta tra Dio e creature, nel Figlio riaccolte in s e tutte perfettamente
dei cate. Comun ue, soltanto la li ert della creatura pu distaccarsi dalla Luce, con ertendo l ipostasi
della mente al defectus della sua contingenza, della sua mute olezza e di erenza ontologiche, separandosi
da Dio e alienandosi in se stessa, uindi ottene randosi, materializzandosi. Il protologico iat divino
di iene, allora, grazie alla mediazione di Cristo, lescatologica con ersione all unitaria ed eternizzante luce
dei cante dalle tene re e dalla molteplicit temporale spaziale della seconda creazione caduta.
V – Coelum est mens/homo spiritalis. Il racconto della creazione primordiale una metafora cosmologica
del movimento conversivo dell’uomo ad immagine, che da terrestre diviene celeste, da contingenza tratta
dal nulla di iene uomo ad immagine, cio mente partecipe dell intimit relazionale di Dio. Per uesto,
«cielo» e «terra» sono atti e dimensioni interiori della coscienza libera, che è la prima, elettiva, eterna
creazione di Dio, rispetto alla uale la creazione cosmologica seconda, pro isoria e strumentale. Il Dio
biblico, personale e libero, non può che rivelarsi come intima donazione di personalità e libertà alle sue
immagini: nella mediazione cristologica, la cosmologia è ombra o littera dell’antropologia mistica.
VI – Materia et libertas. La materia è la latente ombra della mente, il potenziale oscurarsi della sua autoco-
scienza. In Principio, protologico ed escatologico, cio nella Luce del Figlio, la materia distratta in altro,
smaterializzata, del tutto con ertita in luce mentale. Al contrario, i luoghi sici sono li elli ontologici
sopra enuti e pro isori, interpretati come proiezioni di stadi mentali defetti i, oscurati, appunto. La
li ert degli intelletti ha causato, secondo modalit di erenti, uesta caduta dalla luce alla tene ra, uindi
dall immateriale al materiale corporeo determinato. Ma che relazione ha, allora, la li ert con la defetti-
it della materia, se uesta interpretata come scaturigine contingente delle creature tratta dal nulla La
li ert ha un rapporto costituti o con la contingenza, con la possi ilit di di erire il proprio partecipare
alla perfezione di ina, proprio perch la creatura li era accidentalmente (per dipendenza ontologica) e
non necessariamente (per pienezza ontologica) chiamata alla partecipazione alla natura divina. La libertà
di peccare , uindi, connessa con l imperfezione ontologica della partecipazione della creatura allessere,
uindi con la sua latente materialit , contingente potenza di di erenza, muta ilit , alienazione. Detto
altrimenti, la materia l altra faccia della li ert , il suo lato oscuro, l imperfezione ontologica che la rende
possi ile, ma dalla uale, paradossalmente, tolta, se con ertita in amore puro della Luce dei cante, nella
uale l ipostasi principale del logos tro a in ne la sua mistica e originaria unit . Per uesto, Origene de-
nisce la materia come non era , ma negando che sia falsa 117 non falsa, perch ontologicamente
inseparabile dalla natura intellettuale della creatura, come sua traccia di contingenza; non è vera, perché,
soltanto nella conversione nella Luce assolutamente immateriale di Dio, la creatura che è mente trova la
sua autentica identi cazione ontologica.
VII – Spiritus ultra litteram. Il metodo teologico origeniano , uindi, zetetico, progressi o, dialettico, ma
non aporetico le di colt razionali non possono rimanere contraddizioni irrisolte, ma sono litterae logi-
che che chiamano, gi in uesta ita, a uno sforzo spirituale d’intelligenza ulteriore, capace di convertire
la terra dell’aporia nel “cielo” del suo unitario scioglimento mistico-speculativo. Il processo di crescita
intellettuale, che procede dissipando tenebre e sciogliendo aporie, replica, a livello conoscitivo temporale
e progressi o, il primordiale eterno di enire cielo della terra , uindi uomo celeste spirituale interiore
dell uomo terreno carnale esteriore.

è il coelum, il regno dove Dio è presente, uindi il Figlio stesso, come approdo eterno del transitus, la terra, è il luogo
dal uale fuoriuscire, il punto di a io di un processo di traslazione conosciti a e ontologica.
117
Cristo, in uanto luce del mondo, luce era, in contrapposizione a uella sensi ile, dal momento che niente di
sensi ile ero ( ). Tutta ia, dire che il sensi ile non ero, non uol dire che esso
sia falso ( , ) (CIo I 167).

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A ( 7)
VIII – Omnia in Principio. La coerente verità spirituale del sistema teologico origeniano è contratta nell’in-
terpretazione della dies una della creazione. L’unico giorno rivela l’eterno principium initium, identico al
e ect ini omni m delleterna apocatastasi, uindi lorigine e il destino di indiamento che riuni ca,
nella mediazione del Logos Sal atore, la totalit della creatura intellettuale e li era nelleterna Sapienza
di Dio, a iene il farsi cielo della terra , il di enire pura luce logica della contingenza creata, depurata
dall’avvenuta tenebra del peccato (latente in principio, avvenuta in ine), nella riconduzione della sua ma-
terialità a mera potenziale mutevolezza, dimentica di sé, stupida ex admiratione, perch (su ito e in ne)
eternamente convertita e tolta in divinizzante teoresi. Il Principio, pertanto, si fa tutto a tutti e per tutti,
di iene Sole del cielo in terra, per ricon ertire la terra in cielo.
I – Principia. La straordinaria rilevanza dell’esegesi origeniana di Gen 1,1-5 e, in particolare, di Gen
1,1-2, confermata dalla coincidenza tra Principium, coelum, terra e i tre principia medioplatonici, ad
esempio formalizzati con assoluta chiarezza da Al ino e comun ue e identi come oggetto capitale e strut-
turale di Prin. Il Principium è il Dio trinitario, il Figlio (Dio, Logos nella Sapienza) che ri ela il Padre (il
Dio) nello Spirito (la natura di ina o i doni di grazia partecipati dai logoi d i); il coelum è la realtà ideale
soggettivizzata, interpretata come corpo mistico di logoi logikoi; la terra l informe materia primordiale,
chiamata ad essere ordinata nel cosmo della seconda creazione (della caduta), per poi essere ricapitolata
e tolta nel coelum riconvertito in Principio. La teologia di Origene si rivela, pertanto, governata da una
precisa assiomatica e sistematica teologica, capace di armonizzare rivelazione biblica (la rivelazione delle
in Gen 1,1-2) e indagine loso ca, uindi razionalit umana, riportata alla sua autentica scaturigine
divina, cristologicamente dialettica118: il Figlio è Logos nella Sapienza Principio, eterno creatore e redento-
re del cielo, protologicamente ed escatologicamente con ertito dalla terra, grazie all u i ua incarnazione
di Cristo, assoluto mediatore dialettico, di enuto tutto a tutti , per con ertire la totalit dell alterit deri-
vata nella semplicità originaria dell’essere in Principio nel Padre.

Gaetano Lettieri
Dipartimento di Storia culture religioni
Sapienza ni ersit di Roma
gaetano.lettieri@uniroma1.it

Abstract. he essa o ers an in-depth anal sis of the highl allegorical exegesis of Gen 1,1-2 pro ided Origen,
connecting the rich (e en though concise) statements of the 1th omi on ene i rst chapters ith Origens theo-
logical s stem as de elopped in his ma or extant orks. his anal sis highlights the identi cation of the logical orld s
eternal creation, hich the Son e okes creating hea en and earth in dies una, namel the one and onl precosmic
da to e di erted a a from the ordinal serie of the other da s in the material creation. In dies una, the heaven stands
for the intelligi le nature of the logoi, hich are protologicall con erted in the contemplation of God s a solute light;
instead, the earth is the merel potential presence of matter, interpreted as the contingenc of the creature, hich
is dra n ex nihilo, and ecstaticall li ed up the union ith the Logos. he matter earth is determined through
the logoi s free parting from the Logos, ith hich e er ill shall ho e er e reunited in the apocatastasis, irtue
of its logical nature.

Keywords. Origen; Origens S stem; Eternal Creation; Matter; Allegor ; Freedom.

118
In materia, rilevante è l’indagine di J.S. O L , Christianisme et philosophie chez Origène, Paris 2011.

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