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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’ORIENTALE”

ANNALI

VOLUME
71

NAPOLI 2011
UNI VER S IT À DEGLI ST UDI DI NAP OLI “ L’OR IENT ALE”

ANNALI

Sezione orientale
AION (or)

D IPARTIMENTO A SIA, A FRICA E M EDITERRANEO


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Rollinger (Universität Innsbruck), Adriano Rossi (Università degli studi di Napoli
“L’Orientale”), Maurizio Tosi (Università di Bologna), Roberto Tottoli (Università degli
studi di Napoli “L’Orientale”), Wang Xiaoming (Shanghai University – East China
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ISSN 0393-3180

© Università degli studi di Napoli “L’Orientale”


Autorizzazione del Tribunale di Napoli B. 434/63 del 16-1-1964
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “L’ORIENTALE”

ANNALI

VOLUME
71

NAPOLI 2011
INDICE

Articoli PAG.

FRANCESCA BELLINO, Manoscritti e testimonianze orali del Nord Africa: la spedizione


contro il re al-Ġiṭrīf nel Wādī al-Saysabān  1
KHALID SINDAWI, The Abbasid Vizier ‘Alī b. Yaqṭīn (124-182/741-798). The Man
and His Role in Early Šī‘ite History  41
PELIN ŞAHIN TEKINALP, Mount Vesuvius in Ottoman Wall Paintings in the Context
of Ottoman-Italian Relations  61
MARIA RITA CASTALDI, La valenza in accadico ed ebraico biblico: alternanza sintat-
tica e derivazione causativa  69
GIANCARLO TOLONI, Ahiqar nel libro di Tobia  87
DORIS METH SRINIVASAN, Childbirth, Childhood and the Magico-Religious World
of Transformations  115
ANNA MARIA QUAGLIOTTI, Siddhārtha’s Cutting of his Hair: Interpretations and its
Meaning  137
GIULIA RAMPOLLA, Figli della globalizzazione: gli scrittori cinesi post-Ottanta tra
web, seduzioni commerciali e aspirazioni letterarie  149

Note e Discussioni
KRISHNA DEL TOSO, The Wolf’s Footprints: Indian Materialism in Perspective. An
Annotated Conversation with Ramkrishna Bhattacharya  183
GIUSEPPE FERRARO, A proposito di una recente interpretazione di Pramāṇasamuccaya
5.46  205
UBALDO IACCARINO, Le attività marittimo-commerciali di Cina e Giappone nei se-
coli XVI-XIX. A proposito di tre libri recenti  215
Recensioni
Juan Pedro Monferrer-Sala, Angel Urbán (a c.), Sacred text. Explorations in lexi-
cography (Riccardo Contini)  227
Fabian Käs, Die Mineralien in der arabischen Pharmakognosie. Eine Konkordanz
zur mineralischen Materia medica der klassischen arabischen Heilmittelkun-
de nebst überlieferungsgeschichtlichen Studien (Francesca Bellino)  232
Werner Diem, Arabische Briefe aus dem 10.-16. Jahrundert (Francesca Bellino)  234
Peter Behnsted, Manfred Woidich (eds.), Wortatlas der arabischen Dialekte. Band I:
Mensch, Natur, Fauna und Flora. Band II: Materielle Kultur (Francesca Bellino) 235
Beatrice Gruendler with the Assistance of Michael Cooperson (ed.), Classical Ara-
bic Humanities in their Own Terms. Festschrift for Wolfhart Heinrichs on his
65th Birthday Presented by His Students and Colleagues (Francesca Bellino)  237
Jérémie Schiettecatte, D’Aden à Zafar. Villes d’Arabie du Sud Préislamique (Romolo
Loreto)  239
Nina Ergin (a c.), Bathing Culture of Anatolian Civilizations: Architecture, History,
and Imagination (Valentina Laviola)  241
Rosa Maria Cimino, Leggende e fasti della corte dei “Grandi re”. Dipinti murali
di Udaipur, Rajasthan (Stefania Cavaliere)  244
Anne O’Keeffe, Michael McCarthy (eds.), The Routledge Handbook of Corpus
Linguistics (Patrizia Zotti)  248

Necrologi  253

Giovanni Maria D’Erme (Natalia L. Tornesello)


Alessandro de Maigret (Romolo Loreto)
Luciano Petech (Giacomella Orofino)

Libri ricevuti  299


GIANCARLO TOLONI

Ahiqar nel libro di Tobia

Anche in un primo approccio letterario al libro di Tobia non è possibile


prescindere da un confronto con la Storia di Ahiqar, racconto autorevole, mol-
to noto e apprezzato nella stessa area vicino-orientale, del quale l’autore pre-
suppone la conoscenza.1 Egli stesso, del resto, ne cita espressamente il prota-
gonista, facendone, attraverso varie trasposizioni e adattamenti, un attore
significativo all’interno della vicenda di Tobi.

1. IL PROBLEMA LETTERARIO

Il problema di un possibile rapporto fra i due scritti ha costituito a lungo


una vexata quaestio per la critica, che si è trovata talora ad ammettere una ge-
nerica influenza di Ahiqar su Tobia, pur nell’impossibilità di individuare più
distintamente il reale contributo di questo precedente letterario e di valutare la
plausibilità di una dipendenza del racconto biblico. In effetti, se è certo che
l’agiografo si servì del racconto popolare su Ahiqar (Charlesworth et al. 1981:
76), le posizioni degli studiosi oscillano fra chi ritiene che egli abbozzò la vi-
cenda di Tobi su quell’archetipo (Dancy 1972: 6) e chi preferisce credere che
l’autore sfruttò abilmente la conoscenza della storia di Ahiqar da parte dei suoi
destinatari (Greenfield 1981: 331), data la grande diffusione che essa aveva
nel Vicino Oriente antico, «per accrescere il prestigio del protagonista» della
sua opera (Virgulin 1995: 15), facendone un suo parente. Questa seconda linea
————
1
Questo contributo è un esito del Progetto di ricerca FIRB ‘Il romanzo e i proverbi del saggio
Ahiqar d’Assiria: origini, versioni primarie e secondarie, mutazioni e diffusione di un’opera
letteraria dalla Mesopotamia antica in Oriente e Occidente’ (Coordinatore Scientifico: Prof.
Frederick M. Fales; Responsabili di Unità: Proff. Riccardo Contini e Fabrizio A. Pennacchiet-
ti). Nell’articolo i nomi propri semitici vengono riportati in traslitterazione, con qualche adat-
tamento fonetico; quello del saggio assiro, invece, per comodità è trascritto con la forma priva
di segni diacritici e di uso corrente (Ahiqar), sebbene quella corretta sia ʾAḥîqār. Le traduzioni
dei testi esaminati, in assenza di altra indicazione, sono da attribuirsi all’autore.

AION, 71/1-4 (2011), 87-114


88 G. Toloni

interpretativa attualmente raccoglie un ampio consenso;2 nondimeno, è anche


probabile che l’autore, presentando Tobi «come un Achikar ebreo» (ibidem),
abbia voluto riproporre nella cultura ebraica l’insegnamento morale di Ahiqar.
Tuttavia il rapporto di analogia o di dipendenza fra i due scritti va indivi-
duato più probabilmente a partire dalla figura dei rispettivi protagonisti, che
emerge dall’analisi di qualche pericope specifica, dato che la prospettiva gene-
rale delle due opere è molto diversa; del resto, è lo stesso autore a suggerire
questo confronto ideale fra i due personaggi.
Il libro di Ahiqar presenta vari problemi di carattere filologico e linguisti-
co, che non si possono trascurare; inoltre esso attualmente è al centro dell’at-
tenzione degli orientalisti, che ne studiano soprattutto la versione aramaica ri-
trovata ad Elefantina, databile al V secolo a.C., i cui 11 frammenti, restituiti
negli scavi della missione archeologica tedesca del 1907-1908, costituiscono il
testimonium del testo più antico e autorevole.3 Il confronto con Tobia si pre-
senta quindi significativo, oltre che sul piano storico-critico, anche su quello
prettamente linguistico. Lo conferma la pubblicazione4 dei frammenti di quat-
tro manoscritti aramaici – 4QTob ara-d (4Q196-199) – e di un quinto ebraico –
4QTob hebre (4Q200) – del libro biblico, ritrovati a Qumran e databili paleo-
graficamente fra l’inizio del I sec. a.C. e la prima metà del I sec. d.C. (cfr. Fi-
tzmyer 1995a: 656-57; 2003: 11), indizio di un probabile originale aramaico
(cfr. Id. 1995a: 671)5 che parrebbe risalire a un’epoca di poco anteriore ai ma-
noscritti.6 Del resto, la loro forma testuale riflette da vicino la Vorlage semiti-
————
2
Per una rassegna dei critici che condividono quest’interpretazione cfr. anche Moore (1996: 12,
n. 18).
3
Sulle antecedenze del testo assiro-aramaico di Elefantina e sulle varie fasi della sua pubblica-
zione si veda l’importante contributo di Fales (1994: 39-47). L’edizione critica a cui si fa rife-
rimento è quella di Porten, Yardeni (1993: 22-57), a cui si affianca ora la bella traduzione ita-
liana di Contini (2005a: 113-39), che pur fondandosi su questo testo si avvale anche
dell’esame autoptico del papiro di Berlino P 13446.
4
I frammenti, ritrovati nel 1952 a Qumran nella grotta 4, e affidati a J.T. Milik per la cataloga-
zione e la decifrazione, alla fine del 1991 furono assegnati dall’Israel Antiquities Authority a
J.A. Fitzmyer che ne curò la pubblicazione (Fitzmyer 1995b: 1-76, tavv. I-X). Una prima edi-
zione era apparsa nel 1994 (Beyer 1994: 134-47) – ma vi si ricomponevano i frammenti se-
condo l’ordine del racconto nei LXXS e nella VL, cioè secondo il GII – mescolando così quelli
ebraici con quelli aramaici. Del 1997 è l’edizione di García Martínez, Tigchelaar (1997: 382-
99), affine a quella di Fitzmyer (l’editio princeps), a cui qui si farà riferimento. Sul valore cri-
tico dei frammenti cfr. Fitzmyer (2000a: 418-25; 2000c: 948b-50a).
5
Sul problema della lingua originale di Tobia rimando al mio studio filologico-linguistico (To-
loni 2004: 85-157), in favore dell’aramaico; cfr. anche Fitzmyer (2003: 18-27). Circa la data-
zione di Tobia cfr. Toloni (2004: 155-57; 2005: 146), in linea con Fitzmyer (2003: 52), che
propone una data compresa tra il 225 e il 175 a.C. e prossima alla fine di questo periodo; la
maggior parte dei commentatori moderni propende similmente per una datazione bassa,
all’inizio del II sec. a.C. (cfr. Virgulin 1995: 18; Nowell 1997: 21; Vílchez Líndez 2004: 17).
6
Un’eccellente traduzione dei frammenti qumranici è proposta in García Martínez (1996: 480-
87), l’edizione maggiore quanto al numero dei manoscritti su cui si fonda (270 tra testi com-
Ahiqar nel libro di Tobia 89

ca (forse aramaica) supposta da una delle tre recensioni greche (GI-III)7 che han
trasmesso Tobia, cioè il GII (il cosiddetto «testo lungo»), tràdito principalmen-
te attraverso il codex Sinaiticus (LXXS) che è spesso confermato dalla Vetus
Latina (VL);8 invece la Vulgata (Vg) concorda per lo più col GI («testo bre-
ve»), fondato soprattutto sul codex Vaticanus, Alexandrinus e Venetus
(LXXBAV).9 Inoltre, in ambito letterario vi sono apprezzabili ripercussioni che
possono essere considerate in prospettiva narratologica, dato che anche in A-
hiqar si può ravvisare il genere del «romanzo».
Autorevoli contributi scientifici,10 apparsi in questi ultimi anni, ripropon-
gono l’importanza e la necessità di questo raffronto, ai fini di una comprensio-
ne più contestualizzata del libro biblico, situandolo nell’ambito culturale di
appartenenza, nel quale si è formato. In particolare si mira a rilevare l’apporto
di Ahiqar all’elaborazione della vicenda di Tobi – previa valutazione della fi-
sionomia di Ahiqar nel libro biblico – cogliendo le analogie e le differenze, in
rapporto anche alla probabile esistenza, già in Ahiqar, di un racconto primitivo
relativo alla disgrazia e conseguente riabilitazione di un illustre cortigiano in-
nocente, presente anche in Tobia e in Giobbe;11 esso infatti fu liberamente riu-
tilizzato sul piano narratologico nelle varie letterature vicino-orientali dagli
agiografi, che lo adattarono alla loro specifica prospettiva.
Sulla base di questi presupposti si spiega meglio l’inserzione di Ahiqar
————
pleti e frammentari). Rispetto all’originale spagnolo, l’autore ha incluso in essa anche vari
scritti qumranici di recente pubblicazione e altri finora inediti, compresi quelli di Tobia, tra-
dotti da C. Martone sulla base degli originali ebraici e aramaici, e confrontati con le varie edi-
zioni ufficiali, con le fotografie e con le microfiches.
7
Il testo greco è citato conformemente all’edizione critica di Hanhart (1983), confrontandola
con quella di Rahlfs (1971: 1002-39). Entrambe le edizioni propongono una lettura sinottica
del GI e del GII; in quella di Hanhart è riportato talora anche il GIII, ma annotandolo
nell’apparato critico del GII, dato che dal punto di vista recensionale esso è collegato a questa
forma testuale. Nella citazione delle due edizioni critiche, dopo il numero della pagina si indi-
cherà con la lettera a il testo riportato nella parte alta (cioè il GI ), con b quello in basso (GII).
Le forme testuali del greco sono descritte in Hanhart (1983: 29-36; 1984: 49-58). Una presen-
tazione generale dei vari testimonia si trova in Moore (1996: 53-64); per un loro esame sinot-
tico rimando alle edizioni di Wagner (2003) e di Weeks et al. (2004).
8
Non disponendo ancora di un’edizione critica della VL di Tobia, ci si avvarrà della collezione
di Sabatier (1743: 706-43), pubblicata anche in Brooke et al. (1940: 123-44), esaminando le
varianti dei vari testimonia e la forma testuale dei due manoscritti editi da Vattioni (1975,
1978). La VL si trova in quattro mss. – g, b, a, d – e sostiene in forma decisa il GII, se si eccet-
tua il ms. d, che si accosta in parte al GI (cfr. Id. 1970: 271). All’edizione critica sta lavorando
attualmente J.-M. Auwers (per uno Status quaestionis cfr. Id. 2005). Sui vari testimonia e for-
me testuali della VL rinvio a Wagner (2003: XXIIIa-XIVb); sul contributo critico della VL a
Tobia si veda Busto Saiz (1978: 53-69).
9
Benedettini (1950: 163-209). Sull’apporto della Vg all’analisi filologica cfr. la monografia di
Skemp (2000).
10
Si tratta degli studi di R. Contini, F.M. Fales e J.C. Greenfield, esaminati in Toloni (in st.).
11
Sul tema rimando al mio saggio monografico (Toloni 2009: spec. 13-16, 64-71).
90 G. Toloni

fra i personaggi di Tobia. In effetti è egualmente ipotizzabile – come ha pro-


posto Greenfield12– che l’autore abbia sfruttato la familiarità dei suoi lettori
con Ahiqar per meglio diffondere il suo messaggio religioso, adottando un
procedimento non lontano dalla contaminatio:13 com’è noto dalla tradizione
dei classici, con questa tecnica si riprendono gli elementi narrativi, strutturali o
tematici, di qualche celebre precedente letterario, noto ai destinatari dell’opera,
per adattarli liberamente alla specifica prospettiva del nuovo racconto.14 Que-
sta felice intuizione riporta il problema esegetico di Tobia in un ambito pret-
tamente letterario, e supera l’annosa questione della storicità della vicenda
narrata, che ha diviso a lungo gli studiosi; come tale, essa è destinata a restare
senza soluzione, dato il genere del libro. È fuori dubbio, tuttavia, che la perti-
nenza di tale interpretazione dovrà essere confermata dall’esame diretto dei
passi di Tobia in cui si evoca la vicenda di Ahiqar.
Questo è lo scopo specifico del nostro lavoro, che si svolgerà in due fasi:
ora si esamineranno anzitutto le singole menzioni di Ahiqar nel libro di Tobia
da un punto di vista filologico-linguistico; poi, in uno studio successivo si ef-
fettuerà la valutazione dei dati raccolti, raffrontando tra loro le citazioni sul
piano della critica letteraria.

2. LE MENZIONI DIRETTE DI AHIQAR IN TOBIA

Ahiqar è espressamente citato in Tb 1,21-22; 2,10; 11,18; 14,10, dove le


vicissitudini del saggio primo ministro assiro sono semplicemente evocate e
ricontestualizzate sullo sfondo di quelle di Tobi. Inoltre l’influsso del libro di
Ahiqar traspare, sia pure in forma indiretta, in Tb 4,17 (solo nel GI), dove però
non si cita il protagonista della Storia di Ahiqar, ma si allude ad una delle
Massime/Proverbi di Ahiqar; e, secondo alcune versioni, anche in 14,15, ma
probabilmente per un errore che risale alle fasi della trasmissione testuale. In-
vece, la prima e l’ultima delle menzioni dirette contengono importanti infor-
mazioni; esse assumono un rilievo particolare anche dal punto di vista narrato-
logico, poiché si trovano rispettivamente all’inizio e alla fine di Tobia, cioè
nella cornice dell’opera, che inquadra nei suoi lineamenti essenziali la vicenda
di Tobi. Del resto, come si è visto, proprio in questi passi la critica attualmente
tende a riconoscere le tracce del racconto originario, presente anche in Giobbe
e in altri testi del Vicino Oriente antico. Quindi 1,21-22; 14,10 sono privilegia-
ti nell’esame testuale con l’approfondimento dell’analisi filologica dei com-
plessi problemi critici che presentano.

————
12
Greenfield (1981: 331): «the author of Tobit assumed familiarity with the details of the Ahiqar
story on the part of his readers».
13
Così anche Fales (1994: 154).
14
Così, per es., si è visto (Toloni 2007: 5-36) a proposito dell’Odissea.
Ahiqar nel libro di Tobia 91

2.1. Ahiqar alla corte assira (1,21-22)

Le sventure di Tobi hanno termine con la morte di Sennacherib (v. 21).


Esse erano cominciate con la sua decisione di dare sepoltura ai giustiziati con-
travvenendo al divieto del re. Sospettato e tenuto d’occhio, egli è costretto a
nascondersi; ma nonostante le sue cautele viene colto in flagrante; perciò fug-
ge dalla sua città e subisce la confisca di tutti i beni. Non passano quaranta
giorni15 dall’inizio della latitanza16 di Tobi da Ninive, che due figli di Senna-
cherib (Adrammelek e Šarezer) 17 si macchiano di parricidio, probabilmente
per vendicarsi di essere stati esclusi nella successione al trono di Babilonia,
per il quale Sennacherib aveva scelto invece Esarhaddon, il loro fratello più
giovane. I due, poi, fuggono verso le montagne dell’Ararat, la cosiddetta Ar-
menia inferiore (l’antico territorio di Urartu), nella Mesopotamia del Nord (cfr.
Priero 1963: 53a-b, n. a 1,21-2,1a).
Con l’avvento del nuovo re, Esarhaddon – detto Sacherdonos18 nelle ver-
sioni greche – si ha una diversa politica verso gli Israeliti deportati in Assiria.

————
15
Secondo il GII (Hanhart 1983: 69b; Rahlfs 1971: 1005b) le versioni discordano sul computo di
questo lasso di tempo, calcolato in 50 giorni nel GI; 45 nella VL (v. 24) e nella Vg (v. 24); 55
nella versione etiopica e in alcuni manoscritti del GI (Hanhart 1983: 69a; 69a.b, apparato criti-
co I.II, nn. al v. 21; Rahlfs 1971: 1005a). Migliore la lezione dei LXXS – accolta nel GII –, con-
fermata anche dal testo di 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 3, secondo l’integrazione critica ywmyn
ʾ[rbʿyn], «qu[aranta] giorni», proposta da Fitzmyer (1995b: 8); Beyer (1994: 135); García Martí-
nez, Tigchelaar (1997: 384). Cfr. anche Fitzmyer (2003: 120-21).
16
Sulla base della VL, dove si legge dum laterem (v. 24), «mentre stavo nascosto» (Sabatier
1743: 712a.712b, n. al v. 24), presupponendo quindi die/laqon invece di dih=lqon, «trascorsero», del
GI.II (Hanhart 1983: 69a.b; Rahlfs 1971: 1005a.b). Per altri tale periodo decorre «dalla confisca
dei beni», o, ma poco probabilmente, «dalla fuga del re dalla Giudea» (701 a.C.), secondo 2Re
19,36. Moore (1996: 121, n. al v. 21) ritiene che, se il resoconto possiede almeno un nucleo di
«storicità», la morte di Sennacherib (681 a .C.) deve essere avvenuta un paio di mesi dopo la
confisca delle proprietà di Tobi. Per la Cronaca babilonese, III 34-37, i 40 o 50 giorni sono
quelli che intercorrono tra la morte di Sennacherib (20 tebet = dicembre-gennaio) e
l’insediamento di Esarhaddon (2 adar = febbraio-marzo), che sono appunto separati da un in-
tervallo di tale durata. Cfr. anche Priero (1963: 53a-b, n. a 1,21-2,1a).
17
I nomi dei due assassini si trovano solo nei testi ebraici medievali di Fagius (Walton 1657: sez. I,
38, parte I, col. I: ʾadrammelek wešarʾeṣer[v. 23]) e di Münster (ibid.: parte II, col. I:
lʾadrammelek wešarʾeṣer [v. 23]); sono ripresi dal TM di 2Re 19,37 (we ʾadrammelek weśareṣer;
Elliger, Rudolph 1984: 661). Del resto essi sono taciuti nello stesso resoconto della rivolta fatta
da Esarhaddon (Pritchard 1969: 289-90). Sui testimonia medievali rinvio a Stuckenbruck, We-
eks (2005: 71-86, spec. 72-78).
18
Hanhart (1983: 71a.b, e ibid.: apparato critico I, n. al v. 22); Rahlfs (1971: 1005a.b). Nella VL (v.
24) si ha Archedonassar (Sabatier 1743: 712a); nella Vg (v. 25) non figura (Benedettini 1950:
172a; Weber 1983: 677b). Sulle confuse traslitterazioni del nome di questo re (cfr. Fitzmyer
2003: 122) è illuminante 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 8, dove si legge ʾsrḥdwn, cioè Esaraddon
(Id. 1995b: 8; Beyer 1994: 135; García Martínez, Tigchelaar 1997: 384).
92 G. Toloni

Questo spiega il ritorno di Tobi a Ninive.19 La sua situazione economica rima-


ne comunque molto precaria, e impone alla moglie Anna di lavorare fuori casa
per il sostentamento familiare. A questo punto entra in scena Ahiqar.20 Tobi
stesso spiega che costui era «figlio di Anael» (v. 21) suo fratello,21 che rivesti-
va cariche prestigiose nella corte assira e aveva forte influenza sul re: era in-
fatti il sovrintendente generale, perciò aveva giurisdizione su «tutte le finanze
del regno» e «autorità su tutta l’amministrazione» (v. 21). Perciò, grazie alla
mediazione di Ahiqar – che, in ragione della parentela con Tobi, interpone
«buoni uffici» in suo favore presso Esarhaddon –, egli può «ritornare a Nini-
ve» (v. 22), e in un secondo tempo (2,1) a casa, con la moglie e il figlio. In
questo passo Tobi dà tre importanti indicazioni sulla figura di Ahiqar, per la
valutazione delle quali si dovrà tener conto delle varie forme testuali pervenu-
teci, compresa la VL22 e – di singolare importanza in questo caso – il testo
qumranico, dove il passo è conservato unicamente nel primo dei cinque mano-
scritti (4QTob ara [4Q196]).23 Anzitutto Tobi precisa la tipologia delle cariche
che costui riveste presso la corte assira. Nel GII si legge: «Infatti Ahiqar era
capo coppiere e gran cancelliere, capo dell’amministrazione e sovrintendente
della contabilità». 24 Il confronto con 4QTob ara (4Q196), fr. 2, rr. 7-8 (Fi-
————
19
La Vg, in 1,25, aggiunge omnisque facultas eius restituta est ei, implicando così la restituzione di
tutte le sostanze confiscate prima (Benedettini 1950: 172a; Weber 1983: 677b).
20
Anche in questo caso, contro le varie traslitterazioni del nome del saggio assiro nelle versioni
antiche – GI:’Axia/xaron; GII: ’Axi/xaron; VL: Achicarum; Vg: non figura (Hanhart 1983: 70a.b,
e ibid.: apparato critico I.II, nn. al v. 21; Rahlfs 1971: 1006a.b) – s’impone la formulazione pro-
posta in 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 5, cioè ʾḥyqr (Fitzmyer 1995b: 8; Beyer 1994: 135; Gar-
cía Martínez, Tigchelaar 1997: 384), che può essere trascritta Aḥ(ī)-yaqar, «il mio fratello [di-
vinizzato] è stimato». Cfr. Zadok (1977: 83).
21
Grelot (1996: 330), sulla base di 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 5, considera l’uso del termine
«fratello (frère)» per Anael come «semplice (simple)»; infatti esso figura qui in senso proprio
(«au sens propre»): «Le sage araméen entre ainsi dans la famille de Tôbî» (ibid.: n. 9). La cor-
ruzione che ha subito il nome Anael nella tradizione testuale è attestata dalle versioni antiche:
nel GI.II è reso 9Anah/l (Hanhart 1983: 70a.b; Rahlfs 1971: 1005a.b), nella VL (v. 24) Annani-
hel (Sabatier 1743: 712a); nella Vg (v. 25) non figura (Benedettini 1950: 172a; Weber 1983:
677b). In 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 5 si ha ʿnʾl, «Dio ha risposto» (Fitzmyer 1995b: 8; Beyer
1994: 135; García Martínez, Tigchelaar 1997: 384).
22
Infatti la VL – come fa notare Wise (1993: 567) – che con i LXXS ha conservato il «testo lun-
go» di Tobia (GII), il più vicino all’originale, «pur tradotta dal greco, deriva da un diverso sot-
togruppo di questa famiglia testuale, rispetto a quanto fa il Sinaitico», perciò spesso possiede
delle lezioni «uniche», oltre che numerose in comune con il GI. Sulla tradizione diretta e indi-
retta di questa versione si veda Auwers (2005: 1-21). Una presentazione generale della tradi-
zione testuale della VL di Tobia e del suo contesto si trova in Gathercole (2006: 5-11), che si ba-
sa sull’analisi dettagliata dei principali manoscritti latini (per un elenco completo cfr. Fitzmyer
2003: 8, n. 32).
23
Cfr. Fitzmyer (1995b: 1). Si tratta del fr. 2, rr. 1-13, dove si riporta la sezione 1,19-2,2.
24
’Axi/xarov ga\r h]n o( a)rxioinoxo/ov kai\ e)pi\ tou= daktuli/ou kai\ dioikhth\v kai\ e)klogisth/v (Han-
hart 1983: 71b; Rahlfs 1971: 1006b).
Ahiqar nel libro di Tobia 93

tzmyer 1995b: 8; Beyer 1994: 135; García Martínez, Tigchelaar 1997: 384),
conferma il numero (quattro) e la qualità di queste funzioni di Ahiqar, dando
alcune sottolineature significative. Anzitutto ribadisce che si tratta di un «capo
coppiere», non di un semplice «coppiere»25 (cfr. 1Re 10, 5) o «assaggiavele-
ni», sulla base dell’aramaico rb šqh, che gli corrisponde alla lettera. Ciò sem-
bra confermare26 la grande fiducia del re e la forte influenza di Ahiqar su di lui.
Il secondo titolo è reso nel testo qumranico con rbʿzqn, «guardasigilli (lett.
«capo/custode dei sigilli reali»)»,27 mentre nel GI.II figura al singolare; esso sta
a ribadire l’autorità di Ahiqar, dato che il sigillo era consegnato «solo al fun-
zionario più fedele e potente» (Moore 1996: 123, n. al v. 22) per l’autentica
dei decreti reali (cfr. Gn 41,42; Est 3,10; 8,2.8). Gli ultimi due titoli, invece,
sono più complessi dal punto di vista linguistico. «Capo dell’amministra-
zione» rende fedelmente il senso di dioikhth/v, del GI.II, hapax attestato anche
nei papiri tolemaici d’epoca romana per indicare l’amministratore delle finan-
ze pubbliche (cfr. Schüngel-Straumann 2000: 60; Fitzmyer 2003: 123), e di
hmrkl, di 4QTob ara (4Q196), che può derivare dal persiano hamarakara,
«ministro del tesoro». 28 Con «sovrintendente della contabilità» si traduce
e0klogisth/v, del GI.II, termine tecnico che in POxy 1436.23 designa il funzio-
nario dell’Egitto ellenistico a capo di un distretto, incaricato della supervisione
sui conti e sulle entrate (cfr. anche Fitzmyer 2003: 123-24); questo senso ha
pure il corrispettivo qumranico [w]šyzpn, che, pur rivelando chiaramente
l’accezione che ha nel contesto, rimane d’origine incerta.29
————
25
Secondo il GI:oi0noxo/ov (Hanhart 1983: 71a; Rahlfs 1971: 1006a); gli altri titoli concordano con
quelli del GI.
26
In effetti Wise (1993: 570, n. 13) spiega che il termine rbšqh, che ricorre in 2Re 13,17, deriva
da un titolo accadico che significa «chief of the officers», cioè «capo dei funzionari», la cui e-
timologia non aveva quindi connessione con la radice šqh, «dare da bere (give to drink)».
L’uso fatto dai traduttori greci in Tb 1,22, perciò, che invece stabiliscono tale rapporto seman-
tico, si spiegherebbe sulla base di un’etimologia popolare, trattandosi di un prestito accadico
poco familiare. A riprova Wise cita la presenza del termine nell’aramaico tardo con il signifi-
cato di «chief butler», cioè «maggiordomo», e «chief cupbearer», cioè «capo coppiere». 
27
Cfr. Fitzmyer (1995b: 9, Translation, r. 7): «the keeper of the signet rings». Quindi il titolo qui
è formulato con una diversa espressione rispetto a quella che si legge nella versione di Elefan-
tina nella col. I, r. 3: [wṣ]bytʿzqth, «[e gu]ardasigilli» (Porten, Yardeni 1993: 26).
28
Cfr. Fitzmyer (1995b: 9, Translation, r. 7): «treasury accountant». Secondo Greenfield (1970:
180-86), «* Hamarakara > ʾAmarkal». La presenza della he iniziale, invece dell’alef, ne fa
una probabile forma di transizione rispetto a ʾmrkl, dei testi rabbinici. Cfr. Fitzmyer (1994:
223, Commentary, r. 6).
29
Cfr. Fitzmyer (1995b: 9, Translation, r. 8): «[and c]redit accountant». Si può pensare – con
Wise (1993: 570, n. 16) – a un neologismo aramaico, che perciò il traduttore greco forse non
comprese e rese con «un insolito e mal definito (uncommon and ill-defined)» termine greco; o,
più probabilmente – secondo Fitzmyer (1994: 222-23, Commentary, r. 5), con Greenfield –,
può trattarsi di una forma šaʿel della radice yzp, «prendere in prestito (borrow)», il cui signi-
ficato causativo è «dare in prestito (lend)». Sui titoli di Ahiqar nel papiro di Elefantina cfr. an-
che Greenfield (1995: 44-45).
94 G. Toloni

Tobi poi spiega qual era il ruolo ufficiale di Ahiqar sotto Sennacherib. Il
GI informa laconicamente che Sacherdonos lo aveva nominato per quella fun-
zione e0k deute/rav (Hanhart 1983: 71a; Rahlfs 1971: 1006a), espressione che
appare subito di difficile traduzione. Nel GII è preceduta dall’annotazione che
Ahiqar aveva ricoperto tali ruoli già con Sennacherib, 30 prima che con Esar-
haddon. Il confronto con il testo aramaico di Elefantina conferma la continuità
di questi incarichi sotto entrambi i re;31 perciò la locuzione è stata spesso resa,
sulla base delle versioni, con «per la seconda volta», per dire che Esarhaddon
confermò Ahiqar nel suo incarico, o lo rinominò (kate/sthsen au)to\n ... e)k deu-
32 a
te/rav). Tuttavia 4QTob ar (4Q196) suggerisce una diversa interpretazione,
senz’altro preferibile. Qui infatti, con wʾšlṭh ʾsrḥdwn tnyn lh, «ed Esarhaddon lo
nominò secondo [solo] a se stesso», si fa presente che Ahiqar è il primo funzio-
nario, subito dopo il re, e che occupa una posizione che lo assimila ad Aman
(Est 3,10), Mardocheo (Est 8,2.8) e Giuseppe (Gn 41,42-43). 33 È evidente,
————
30
Infatti nel GII si ha: e)pi\ Sennaxhrei\m basile/wv ’Assuri/wn, «al tempo di Sennacherib, re degli
Assiri» (Hanhart 1983: 71b; Rahlfs 1971: 1006b). Per sé in 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 8, si
legge ʾsrḥyb (Fitzmyer 1995b: 8; Beyer 1994: 135; García Martínez, Tigchelaar 1997: 384),
ma mentre Fitzmyer (1995b: 9, r. 8) traduce il termine ad sensum con «Sennacherib», Beyer
(1994: 136) e García Martínez, Tigchelaar (1997: 385) si limitano a traslitterarlo, rispettiva-
mente, con «Asarherib» e «sharcharib», ritenendolo forse un secondo nome dello stesso re, o,
meno probabilmente, quello di un altro re. Tuttavia, con Wise (1993: 570, n. 9) e Fitzmyer
(1994: 223, Commentary, r. 8), lo si può considerare una forma «anomala» del nome Senna-
cherib – corrispondente all’ebraico sanḥērîb, del TM (cfr. per es. 2Re 19,36; Elliger, Rudolph
1984: 661), e all’aramaico śnḥʾryb o snḥʾryb, dell’Ahiqar di Elefantina, col. I, rr. 3.4 (Porten,
Yardeni 1993: 26) e col. IV, r. 55 (ibid.: 32) – prodottasi per una confusione dello scriba, che
iniziò erroneamente a trascrivere il nome Esarhaddon, concludendo poi, inavvertitamente, con
le ultime consonanti di Sennacherib. Cfr. anche Moore (1996: 123, n. al v. 22). Sulle trascri-
zioni aramaiche del nome Sennacherib si veda Fitzmyer (2003: 116-17).
31
Infatti nella col. I, rr. 1.3, sotto Sennacherib Ahiqar è definito sprḥkym wmhyr, «scriba saggio
ed esperto», e [wṣ]byt ʿzqth zy śnḥʾryb mlk ʾtw[r, «[e gu]ardasigilli di Sennacherib, re di As-
si[ria»; ibid.: col. I, r. 12, sotto Esarhaddon è detto [s]prʾ ḥkymʾ yʿṭ ʾtwr klh, «lo [sc]riba sag-
gio, consigliere di tutta l’Assiria» (Porten, Yardeni 1993: 26). I titoli sono poi ripresi e amplia-
ti nella col. III, r. 42, e nella col. IV, rr. 55-56, designando Ahiqar, rispettivamente, come sprʾ
ḥkymʾ wbʿl ʿṭtʾ ṭbtʾ, «lo scriba saggio e il maestro di buon consiglio» (ibid.: 30), al tempo di
quest’ultimo re, e ʾbwh zy ʾtwr klʾ zy ʿl ʿṭth snḥʾryb mlkʾ wḥyk ʾtwr [kl]ʾ [ hw]w, «il padre di
tutta l’Assiria, dal cui consiglio il re Sennacherib e [tut]ta la gente di Assiria [ er]a (guidata)»
(ibid.: 32), all’epoca del precedente.
32
Cfr., per es., Pautrel (1998: 664b: «et Assarhaddon l’avait maintenu en fonctions»); Priero
(1963: 54: «Sacherdonos infatti lo aveva rimesso in quella carica per la seconda volta») e Vir-
gulin (1995: 46: «e Asarhaddon l’aveva mantenuto in carica»), che propone anche (ibid.: 45-
46, n. al v. 22) di rendere liberamente «e lo nominò suo vizir», con un’interpretazione non del
tutto pertinente in quanto introduce nel testo un elemento estraneo e che parrebbe costituire
una quinta carica di Ahiqar.
33
Così traducono Moore (1996: 116: «Esarhaddon appointed him second only to himself»);
Fitzmyer (1995b: 9, Translation, r. 8: «Esarhaddon put him in charge as second to himself») e
Wise (1993: 569: «he appointed him second [only] to himself»). Del resto Fitzmyer (1994:
224, Commentary, r. 8) propone il confronto con le espressioni ebraiche mšnh lmlk (Est 3,10)
Ahiqar nel libro di Tobia 95

quindi, che il ruolo di Ahiqar alla corte assira è descritto nel testo qumranico
con maggior precisione che nelle versioni.34 Del resto, la stessa denominazio-
ne delle sue cariche, come ha spiegato puntualmente Contini (1998: 92; cfr.
anche Fales 1987: 68-69), «riecheggia solo in parte» i termini con cui sono de-
signati i funzionari assiri nei libri storici della Bibbia ebraica e nell’aramaico
di Elefantina; invece la titolatura corrispettiva nel GI.II «riflette il linguaggio
amministrativo tolemaico». Questo conferma che nei diversi rami della tradi-
zione la denominazione della professione di Ahiqar e i suoi titoli onorifici
hanno subito un processo di continua interpretazione e attualizzazione attra-
verso il lessico contemporaneo 35 nei «tentativi di storicizzarne la figura»
(Contini 1998: 92).36
Infine Tobi precisa il suo grado di parentela con Ahiqar: lo designa come
suo «nipote»;37 ma non risulta che egli avesse veri fratelli o sorelle. Nemmeno
l’espressione seguente, dove Tobi dice che è uno «della mia parentela»,38 aiuta
a risolvere il problema. In 4QTob ara (4Q196), fr. 2, r. 9, si legge br ʾḥy hwh,
«egli era figlio di mio fratello» (Fitzmyer 1995b: 8; Beyer 1994: 135; García
Martínez, Tigchelaar 1997: 384); ma Fitzmyer (cfr. anche 1995b: 9, Notes on
Readings, r. 9) contrassegna le due lettere della prima parola e l’iniziale della
seconda con il «circello», indice di incerta lettura.39 Anche nel testo qumranico
————
e hmšnh ʾšr lw (Gn 41,43), e la correlazione con l’accadico «turtānu o tartānu, ‘Mann an 2.
Stelle’» (Soden 1981: 1332a-b, s.v. ta/urtānu, ta/rtānnu), mentre Fitzmyer (2003: 124), ag-
giunge anche un richiamo al testo greco di Gdt 2,4, dove si legge deu/t eron o!nta meta\ au)to/n,
«essendo secondo dopo di lui (being second after him)».
34
Wise (1993: 569) ritiene che l’interpretazione delle versioni sia frutto di un fraintendimento
del significato di tnyn, o dipenda da una diversa Vorlage, in cui si doveva leggere forse tnyny
o, meno probabilmente, tnynwt.
35
È la nota tesi di Schmitt (1996: 37-38).
36
Di questa «differente attualizzazione» del ruolo di Ahiqar nelle varie tradizioni testuali «non
tien conto» Luzzatto (1994: 270ss.; cfr. Contini 1998: 92, n. 66).
37
Secondo il GI.II: h]n de\ e0ca/delfo/v mou, «era figlio di mio fratello» (Hanhart 1983: 71a.b; Rahlfs
1971: 1006a.b). L’uso di e0ca/delfov nell’accezione di «nipote» è attestato anche in Giuseppe,
Ant. 20.10.3, par 236, come ricorda Fitzmyer (2003: 125).
38
Solo nel GII, dove si legge: e0k th=v suggenei/av mou (Hanhart 1983: 71b; Rahlfs 1971: 1006b).
39
Wise (1993: 568) preferisce leggere secondo la variante della VL erat amicus meus, «era mio
amico» (Sabatier 1743: 712b, apparato critico, n. al v. 24): si tratta di una lezione del codex
Reginensis (Regin. Vat. lat. 7 per Sabatier) e anche del Monacensis (Fitzmyer 1995b: 10,
Comments, r. 7); nel testo edito da Sabatier (1743: 712a) si ha invece erat enim consobrinus
meus (v. 24), «infatti era mio cugino», conformemente al codex Regius (Regius 3564 per Sa-
batier) e al Corbeiensis (Sangermanensis 4 per Sabatier). La variante «corrisponde»
all’aramaico ʾḥy hwh, «egli era mio fratello», di 4QTob ara (4Q196), da cui Wise (1993: 567)
espunge l’iniziale [br]: egli ritiene (ibid.: 570, n. 11) che qui la VL abbia interpretato il termi-
ne ʾḥy, «fratello», oltre il suo significato letterale, rendendolo liberamente sulla base del conte-
sto. Ne conclude (ibid.: 568), perciò, che si debba preferire tale lezione della VL, perché con-
fermata anche da 4QTob ara (4Q196) dove si attesterebbe che l’originale «conteneva tre frasi»;
i GI.II lo «abbreviarono», sia pure diversamente (due espressioni nel GII, una sola nel GI), men-
96 G. Toloni

quest’espressione è seguita da altre due, wmn byt ʾby wmn mšpḥty, «e dalla
casa di mio padre e dalla mia famiglia», che non consentono di definire me-
glio la tipologia della parentela di Ahiqar con Tobi.40

2.2. Ahiqar esempio di rettitudine (14,10)


Tobi, ormai sul letto di morte, rivolge al figlio le ultime raccomandazioni
(14,8-11), richiamando la propria condotta morale, già presentata in 4,3-21. In
particolare esorta Tobia a insegnare ai figli la pratica della giustizia e
dell’elemosina (v. 8), a dare onorevole sepoltura a lui e ad Anna, e a non ri-
manere più oltre a Ninive, dove regnano l’ingiustizia e la perfidia (v. 9). A
questo precetto fa seguito il richiamo all’esempio del retto Ahiqar, a cui si
contrappone l’ingratitudine di Nadab.41 Infatti Ahiqar lo «aveva allevato», 42 e
invece «fu ridotto a scender vivo sotto terra»;43 ma «Dio ha rigettato l’infamia
————
tre la VL lo «ricevette confuso»: lo proverebbe una delle tre frasi di cui consta il suo testo, nel-
la quale si «rapporta Ahiqar al re più che a Tobi».
40
Secondo Grelot (1996: 334), il testo qumranico attesta che nelle recensioni greche si è avuto
un adattamento dell’originale: «Mais ce sont là des indications purement sociologiques, alors
que le livre tourne autour des relations affectives de la famille».
41
Per il GII (Hanhart 1983: 181b; Rahlfs 1971: 1038b); invece nel GI si legge 9Ama/n (Hanhart
1983: 181a, e ibid.: apparato critico I, n. al v. 10; Rahlfs 1971: 1038a, e ibid.: apparato critico
I, n. al v. 10), dei LXXA, probabile corruzione da Adam (LXXB): potrebbe trattarsi dell’Aman
figlio di Hammedata (Est 3,1; cfr. Moore 1996: 292, n. al v. 10). La VL ha Nabad (Sabatier
1743: 743a-b, versetto con *, fra i vv. 13 e 14), ma anche le varianti Nabat, Nabath, Nabal
(Hanhart 1983: 181b, apparato critico II, n. al v. 10). Invece in 11,18 il GII ha Naba/d, e il GI
I
Nasba=v (Hanhart 1983: 154b.a; Rahlfs 1971: 1030b.a [v. 19]). In effetti in 14,10 il G ha un
testo molto diverso dal GII, inoltre spesso confonde i nomi di persona che riporta. Come si è
visto, nella versione aramaica di Elefantina si ha Nadan, o più probabilmente, Nadin: infatti
Pennacchietti (1981: 66, n. 4) fa notare che il nome Nadan (in arabo Nādān, in armeno Na-
than) «rispecchia il nome abbreviato accadico Nādin (cfr. l’ebraico Nātān) molto frequente in
epoca neoassira». Un’etimologia di Nādin è suggerita da Lindenberger (1985: 483, n. 30), che lo
considera participio attivo accadico di nadānu, «dare (to give)», e soprannome di «Nabū-nādin-
zēr, (‘Nabu-gives-progeny’)», cioè «Nabu dà (una) progenie».
42
Secondo il GII (tw|= e0kqre/yanti) e il GI (tw|= qre/yanti), che propongono un testo pressoché i-
dentico (Hanhart 1983: 181b.a; Rahlfs 1971: 1038b.a). Del resto, Grelot (1996: 336) sottolinea
che la scelta di alcuni traduttori di rendere liberamente «al padre adottivo (au père nourricier)»
è scorretta, poiché nel greco non si ha un «termine tecnico (mot technique)», ma semplicemen-
te il participio aoristo del verbo tre/fw, «nutrire (nourrir)».
43
Secondo il GII : ou)xi\ zw=n kathne/xqh ei)v th\n gh=n, «non fu ridotto a scender vivo sottoterra?»
(Hanhart 1983: 181b; Rahlfs 1971: 1038b). Si tratta di un riferimento allusivo a un motivo at-
testato anche nella versione siriaca della Storia di Ahiqar, dove si dice che il saggio condanna-
to scese nel nascondiglio preparato per lui sotto la soglia di casa sua dalla moglie e da Nabu-
semakh (cfr. anche Moore 1996: 293, n. al v. 10). Quest’ultimo nome, con Pennacchietti
(1981: 79, n. 50), figura nel testo siriaco nella forma ybwsmk mskyn, quindi può considerarsi
«corruzione di Nabûsumiskun (dall’accadico Nabû-šum-iškun)». Sul tema della morte appa-
rente (Scheintod) in Ahiqare in altri racconti biblici e vicino-orientali antichi si veda Grotta-
nelli (1987: 7-34 [= Id. 1999: 147-71, spec. 156-60]).
Ahiqar nel libro di Tobia 97

in faccia a costui (o anche, liberamente: ha ritorto l’infamia contro di lui)»,


così «Ahiqar è tornato alla luce44 e Nadab è sceso nella tenebra eterna, per a-
ver tentato di uccidere Ahiqar».45 Tobi stesso precisa il senso di questa men-
zione di Ahiqar nell’applicazione moraleggiante con cui si chiude il v. 10:
«per aver praticato l’elemosina egli46 sfuggì al laccio mortale, che gli aveva
teso Nadab; Nadab, invece, cadde in quel laccio, ed esso lo fece perire». 47
L’esempio, citato a sostegno delle ammonizioni paterne, non figura nella Vg e
nelle versioni semitiche; nella VL vi si fa solo un accenno.48 Qualche fram-
mento del passo è riportato solo nel terzo (4QTob arc [4Q198]) e nel quarto
(4QTob ard [4Q199]) dei manoscritti qumranici (cfr. Fitzmyer 1995b: 2); ma
in 4QTob arc (4Q198), fr. 2, rr. 1-5, il testo è mal conservato, perciò è presso-
ché impossibile proporne il confronto.49 Invece in 4QTob ard (4Q199), fr. 2, r.

————
44
Moore (1996: 292-93, n. al v. 10) sottolinea il significato letterale e nel contempo simbolico di
quest’espressione: infatti Ahiqar lascia il suo nascondiglio e di nuovo torna a godere del favo-
re del re. Cfr. anche Fitzmyer (2003: 333), per il quale luce e tenebre sono usate qui come
simboli di bene e male.
45
Con il GII: kai\ a)pe/dwken o( qeo\v th\n a)timi/an kata\ pro/swpon au)tou=, kai\ e)ch=lqen ei)v
to\ fw=v )Axi/karov, kai\ Nada\b ei)sh=lqen ei)v to\ sko/tov tou= ai)w=nov, o(/ti e)zh/t hsen
a)poktei=nai ’Axi/k aron (Hanhart 1983: 181b-82b; Rahlfs 1971: 1038b).
46
Nel GI la pratica dell’elemosina, invece che ad Ahiqar, è attribuita a Manassh=v, «Manasse»
(Hanhart 1983: 182a; Rahlfs 1971: 1038a), con la già rilevata confusione dei nomi di persona
che caratterizza il testo di questa recensione in 14,10. Potrebbe anche trattarsi (con Moore
1996: 293, n. al v. 10) di un’errata lettura del participio aramaico «mĕnaššēh, ‘his benefactor’».
Del resto sussistono poche possibilità di identificare costui con il perfido re Manasse di 2Re
21,1-18, benché in 2Cr 33,10-20 si attesti il suo pentimento e il tentativo di riabilitarsi – ma
non la pratica dell’elemosina –, data anche l’antichità dell’epoca in cui egli visse (687-642
a.C.); né egli può costituire un ulteriore esempio di perfidia, poiché nel passo Ahiqar è la vit-
tima del tradimento. Cfr. anche Fitzmyer (2003: 334).
47
Nel GII si legge: e0n tw|= poih=sai e0lehmosu/nhn e0ch=lqen e)k th=v pagi/dov tou= qana/t ou, h4n e1phcen
au)tw|= Nada/b, kai\ Nada\b e1pesen ei0v th\n pagi/da tou= qana/tou, kai\ a0pw/lesen au0to/n (Hanhart
1983: 182b; Rahlfs 1971: 1038b). Nei LXXS l’espressione e0n tw|= poih=sai è integrata con me,
«me», pronome di 1a pers., acc. m. sing., che però è fuorviante rispetto al contesto, in cui si at-
tribuisce la pratica dell’elemosina ad Ahiqar, non al narratore; quindi va corretto con au0t o/n,
«egli», pronome determinativo d’identità, acc. m. sing., richiesto dal verbo e0ch=lqen, «uscì (li-
beramente: sfuggì)» (Hanhart 1983: 182b, apparato critico II, n. al v. 10; Rahlfs 1971: 1038b,
apparato critico II, n. al v. 10: questa integrazione è accompagnata dalla nota di Rahlfs «quod
deleui», che conferma la sua non pertinenza). La cosa si spiega come probabile errore di di-
strazione del traduttore greco che lesse nell’aramaico beʿōšēnî invece di beʿōšēhû (su tale
possibile originale conviene anche Priero 1963: 59b, Nota II). Nel testo del GII, invece, il pro-
nome è semplicemente sottinteso, essendo ricavabile dal contesto immediato, in cui ricorre
appunto il termine ’Axi/x aron.
48
Infatti in Sabatier (1743: 743a) non è riportato il v. 10, ma (ibid.: 743a-b) tra i vv. 13 e 14, in
un versetto contrassegnato con un asterisco, figura un breve cenno a quest’episodio della vi-
cenda di Ahiqar, privo però della applicazione morale conclusiva.
49
Il frammento più esteso è quello della r. 4, dove si legge npl lpḥ [mwtʾ wʾwbdh ---], «cadde
dentro il laccio della [morte, ed essa lo uccise ---]» (Fitzmyer 1995b: 59), che sembra confor-
98 G. Toloni

1, che consta di una sola espressione, si trova un’indicazione significativa sul


piano narratologico: infatti la locuzione [- - -ʿ]wbdy ndn[- - -] (Fitzmyer 1995b:
62),50 «[- - - le a]zioni di Nadin[- - -]»,51 sottolinea che il narratore non ha vo-
luto specificare il comportamento di Nadab, e questo presuppone la consape-
volezza che i lettori fossero a conoscenza dei fatti a cui egli si è limitato a fare
una semplice allusione. Anche in questo particolare si può riconoscere un’ulte-
riore prova del sottile impianto narrativo che regge tutto il racconto. La conclu-
sione di Tobi, che segue nel v. 11a, è gnomica: «vedete, figlioli, ciò che fa l’ele-
mosina e ciò che fa l’ingiustizia: uccide!».52 Essa ribadisce l’insegnamento di
fondo del libro biblico:53 chi fa bene riceverà bene, chi fa male, male. Inoltre
contiene la definizione del retto agire, che consiste soprattutto nell’essere mise-
ricordiosi con i fratelli (cfr. Priero 1963: 143b, n. al v. 9). In definitiva, in que-
sto passo il tema del giusto riabilitato in virtù della sua rettitudine è presentato
con due novità sostanziali rispetto all’antecedente di Ahiqar: il nascondiglio sot-
terraneo, in cui egli si segrega, e l’elemosina, che costituisce la causa della sua
salvezza. Infatti, la presentazione di Ahiqar che si legge in Tobia si avvicina
più alla recensione «rielaborata e romanzata» (Contini 1998: 93) delle versioni
tarde del romanzo, e specialmente a quella della versione siriaca antica, come
ha dimostrato Greenfield (1981: 329-36). Del resto fino al secolo scorso la vi-
cenda di Ahiqar era nota primariamente nella versione siriaca (ibid.: 330). Fu
Hoffmann (1880: 182-83) a collegare il saggio assiro con l’Ahiqar di Tobia;
inoltre la versione aramaica di Elefantina è laconica in più punti, rispetto alla
siriaca (cfr. Greenfield 1981: 333-34). Contini (1998: 93) segnala due elemen-
ti fondamentali nelle varie affinità tra il racconto biblico e il testo siriaco di
Ahiqar. Il primo è «la presentazione di Tobia come anti-Nadin»: infatti i me-
desimi insegnamenti e massime della sapienza tradizionale, con cui i due sono
egualmente formati, hanno esiti opposti, il vile tradimento da parte del figlio a-

————
me al GII. Del resto lo stesso Fitzmyer contrassegna il passo con un punto interrogativo, a in-
dicarne l’incerta attribuzione. Beyer (1994: 147) e García Martínez, Tigchelaar (1997: 394)
leggono npl bpḥ [mwtʾ…], «cadde dentro il laccio della [morte...]», di significato equivalente.
50
Il frammento non si trova nelle edizioni di Beyer (1994: 134-47) e di García Martínez, Tigchelaar
(1997: 382-99) né in alcuna fotografia del PAM; esso è stato nuovamente fotografato nel 1994.
51
Similmente anche nel GII: o3sa Nada\b e)poi/hsen 'Axika/rw|, «quanto fece Nadab ad Ahiqar»
(Hanhart 1983: 181b; Rahlfs 1971: 1038b), e nella VL: quid fecit Achicaro, «ciò che fece A-
hiqar» (Sabatier 1743: 743a-b, versetto con * fra i vv. 13 e 14), che presuppongono quindi la
stessa Vorlage.
52
Con il GII, più pertinente per la presenza anche dell’alternativa al negativo, che sintetizza
l’intera vicenda di Ahiqar e Nadab (Hanhart 1985b: 182b-83b; Rahlfs 1971: 1038b); nel GI,
invece, si ha kai\ nu=n, paidi/on, i1de ti/ e)lehmosu/nh poiei=, kai\ ti/ dikaiosu/nh r(u/etai, «ed ora, fi-
glio, considera ciò che fa l’elemosina, e come la rettitudine salva», con cui si fa di dikaiosu/n h
un sinonimo di e0lehmosu/nh (Hanhart 1983: 182a; Rahlfs 1971: 1038a). Cfr. anche Moore
(1996: 293, n. al v. 11).
53
Così anche Nowell (1997: 62).
Ahiqar nel libro di Tobia 99

dottivo Nadin (Nadab in Tobia), la pietà filiale e devota da parte di Tobia. L’altro
è «l’aspirazione a una pia sepoltura», uno dei temi centrali del libro, come pure
l’elogio dell’elemosina presenti in questo passo, che – com’è stato notato sopra –
«potrebbe riposare su una diversa interpretazione di un originale aramaico
(/ebraico postbiblico) ṣdqh semanticamente ambiguo soggiacente alla ‘rettitudi-
ne’ (kʾnwtʾ) attribuita ad Ahiqar nella recensione siriaca antica».54
Le due menzioni centrali di Ahiqar (2,10; 11,18), invece, sono meno si-
gnificative sotto il profilo narratologico.

2.3. Ahiqar soccorre Tobi (2,10)


Una citazione di Ahiqar ricorre anche nell’ampio contesto di 2,10, in cui
si narrano le circostanze che portano Tobi alla cecità (v. 10a). Non è chiaro se
questa malattia costituisca per lui una pena per la mancata purificazione
dall’impurità contratta con la sepoltura dei cadaveri abbandonati; ma è certo
che l’autore intende soprattutto porre in rapporto quella sofferenza fisica con
l’opera misericordiosa svolta da Tobi (cfr. Priero 1963: 65b, n. ai vv. 9-10). La
debolezza, che sopravviene al suo rientro a casa, e la causticità degli escre-
menti degli uccelli che gli cadono sugli occhi, mentre riposa presso la parete
dell’atrio, e del gesto di stropicciarsi gli occhi sono forse all’origine di una
malattia («leucoma»), che gradualmente degenera in cecità: in effetti, il decor-
so della stessa si protrae per circa quattro anni.55 In questo contesto viene in-
trodotta la figura di Ahiqar. Infatti le condizioni economiche di Tobi, oltre al
duro colpo subito per la confisca di tutti i beni (1,20),56 ora si fanno ancor più
precarie a causa della malattia: la subentrata inabilità al lavoro, insieme con le
nuove spese per le cure mediche, contribuiscono certo ad aggravare il suo dis-
sesto finanziario. Ma Ahiqar viene in soccorso di Tobi (v. 10b), provvedendo-
gli il necessario (GI.II: e1trefe/n me) «per [almeno] due» dei quattro anni della
sua cecità, «prima della sua partenza per l’Elimaide»,57 cioè l’Elam, regione
————
54
Una dettagliata presentazione delle varie recensioni dell’Ahiqar siriaco si trova in Contini
(2005b: 193-96).
55
Secondo il GII: kai\ h1mhn a)du/natov toi=v o)fqalmoi=v e1th te/ssara, «e rimasi cieco per quattro
anni» (Hanhart 1983: 75b; Rahlfs 1971: 1007b); cfr. anche la VL: Et eram inutilis oculis meis
annis quatuor (versetto con *, fra i vv. 11 e 12), «ed ero inabile nei miei occhi per quattro an-
ni» (Sabatier 1743: 714a-b). Si veda a riprova 14,2 e, in Priero (1963: 144a-46b, nota s.n.), il
computo dei numeri parziali (secondo il GI.II, la VL e la Vg) dell’età a cui Tobi perse la vista,
della durata della cecità e di quanto sopravvisse in seguito, confrontandoli con il totale degli
anni della sua vita.
56
La notizia che si legge in Vg 1,25 (cfr. supra, n. 19) rimane una testimonianza isolata (cfr.
anche Skemp 2000: 65-66): si deve credere perciò che a Tobi non è più restituito nulla di
quanto requisito in precedenza.
57
Con il GII: kai\ 'Axia/x arov e1trefe/n me e1th du/o pro\ tou= au)to\n badi/s ai ei0v th\n 'Elumai5da, «E
Ahiqar mi sostentò nei due anni prima che egli partisse per l’Elimaide» (Hanhart 1983: 75b-
76b; Rahlfs 1971: 1007b).
100 G. Toloni

della Persia, a sud della Media, con capitale Susa. Nel testo qumranico il passo
(2,10b) è conservato solo nel primo manoscritto (4QTob ara [4Q196]) (cfr. Fi-
tzmyer 1995b: 1), nel fr. 4, r. 1, di lettura incerta; la ricostruzione proposta da
Fitzmyer [- - - lʿy]lm, «[ per l’E]lam» (ibid.: 12),58 in linea con il GII e la VL,59
conferma l’improbabilità dell’interpretazione di Dillon, che considera «Elimaide
(Elymais)» un’errata interpretazione dell’ebraico ʿlm, «nascondiglio», e perciò
traduce «egli entrò nel nascondiglio (he went into hiding)».60 Nulla si sa, però,
del motivo specifico che induce Ahiqar a partire (cfr. Priero 1963: 65b, n. ai vv.
9-10).61

2.4. Ahiqar alle nozze di Tobia (11,18)


Al ritorno dal viaggio in Media, dopo aver riabbracciato i genitori Anna e
Tobi, che ormai ha recuperato del tutto la vista, Tobia presenta ai familiari la
nuora Sara; i «fratelli» (= parenti), che avevano partecipato all’afflizione di
Tobi nel giorno della sua malattia (2,10), 62 ora si associano alla sua festa
(11,17).63 Fra essi accorrono anche Ahiqar e suo «nipote»64 Nabad (= Nadab),

————
58
Il passo non figura nelle edizioni di Beyer (1994: 134-47) e di García Martínez, Tigchelaar
(1997: 382-99).
59
Achicarus autem pascebat me annis duobus, priusquam iret in Limaidam (v. 15), «Ahiqar mi
nutrì per due anni, prima che se ne andasse in Limaida» (Sabatier 1743: 714a). Nel codex Re-
ginensis (Regin. Vat. lat. 7 per Sabatier) si legge Elimaida, invece di in Limaidam (ibid.: 714a,
apparato critico, n. al v. 10; cfr. anche Fitzmyer 1995b: 12, Comments, r. 1).
60
Citata in Moore (1996: 132, n. al v. 10): si tratta di Dillon (1898: 362-86).
61
Sulle congetture dei critici circa i motivi di questo viaggio si veda Moore (1996: 131-32, n. al
v. 10). Virgulin (1995: 52, n. al v. 10) sostiene che esso «sembra aver un movente pacifico,
connesso con gli affari o con l’ufficio», anche se per «il racconto tradizionale, Achikar dovette
nascondersi perché era perseguitato». Per Fitzmyer (2003: 137-38), la meta dell’Elam di fatto
mantiene ambientata la vicenda in Mesopotamia.
62
Solo nel GII: kai\ pa/ntev oi( a)delfoi/ mou e0lupou=nto peri\ e)mou= (v. 10), «e tutti i miei fratelli si
afflissero per la mia sorte» (Hanhart 1983: 75b; Rahlfs 1971: 1007b) e nella VL: Et omnes fra-
tres et amici mei dolebant pro me, «E tutti i miei fratelli e amici si addoloravano per me» (v.
15) (Sabatier 1743: 714a).
63
Sull’identità di quei «fratelli», da intendersi probabilmente nel senso lato di «parenti», o anche
«connazionali», è iluminante il confronto del GI (kai\ e0ge/neto xara\ pa=sin toi=v e0n Ni-
neuh\ a)delfoi=v au)tou=, «E ci fu [grande] festa per tutti i suoi fratelli a Ninive» [Hanhart 1983:
154a; Rahlfs 1971: 1030a – v. 18]) con il GII: e0n th|= h(mh/ra| tau/t h| e0ge/neto xara\ pa=sin toi=v
'Ioudai/oiv toi=v ou]sin e0 n Nineuh/ (v. 18), «In quel giorno ci fu [grande] festa per tutti i Giudei
che erano a Ninive» (Hanhart 1983: 154b; Rahlfs 1971: 1030b) e la VL: In illa die erat gau-
dium magnum Judaeis qui erant in Ninive (versetto contrassegnato con tre asterischi, fra i vv.
19 e 20), «in quel giorno c’era grande letizia per i Giudei che si trovavano a Ninive» (Sabatier
1743: 736b), da cui risulta che all’esultanza generale degli stretti familiari si associarono i pa-
renti o i connazionali della comunità giudaica cui apparteneva Tobi; quindi nello stesso senso
potrebbe essere inteso anche il significato di oi9 a)delfoi/, «fratelli» (= parenti) di 2,10, presente –
come si è visto – solo nel GII e nella VL, che comprende appunto anche gli «amici».
Ahiqar nel libro di Tobia 101

e si congratulano con lui (v. 18). Si noti che l’autore non ha mai menzionato
Nabad prima; quindi questa sua comparsa priva di precisazioni sulla sua iden-
tità, oltre al legame di parentela con il saggio assiro, è un’ulteriore conferma
della tesi di Greenfield, che cioè il narratore presuppone nei suoi destinatari la
conoscenza della vicenda di questo personaggio (cfr. anche Moore 1996: 264,
n. al v. 18). I manoscritti di Qumran non aiutano a valutare questa menzione,
poiché non conservano alcun frammento di questo passo. L’autore dice poi
che le nozze di Tobia si celebrano «con letizia». È probabile che si tratti delle
vere feste nuziali, come lascia intendere l’espressione o( ga/mov del GI (v.
19);65 esse si celebravano nella casa paterna dello sposo, dove veniva introdot-
ta la sposa, e si protraevano per sette giorni (cfr. Gn 29,27; Gdt 14,12). La fe-
sta precedente, in casa di Sara (8,20; 10,6), era stata perciò una sorta di ecce-
zionale anticipazione, data la distanza dalla casa dei futuri sposi (Priero 1963:
122b, n. ai vv. 18-19).

3. LE MENZIONI INDIRETTE DI AHIQAR IN TOBIA

A parte vanno considerate le due ultime menzioni di Ahiqar (4,17; 14,15),


data la fisionomia anomala che le contraddistingue dal punto di vista del testo.

3.1. Un’eco della sapienza di Ahiqar (4,17)


Credendo ormai prossima la morte, Tobi dà a Tobia una serie di consigli
e norme pratiche di vita morale in una sorta di testamento spirituale (4,1-22),

————
64
Priero (1963: 122a, n. ai vv. 18-19) – sulla base del GI: kai\ parege/neto 'Axia/xarov kai\ Na-
sba=v o( e0ca/delfov au)tou= (Hanhart 1983: 154a-55a; Rahlfs 1971: 1030a [v. 19]) –, traduce «E,
accorendo anche Achicar e Nasbas, suo cugino». Invece Virgulin (1995: 127) – con il GII :
kai\ parege/nonto 'Axixa\r kai\ Naba\ d oi( e0ca/delfoi au)tou= xai/rontev pro\v Twbi/n (Hanhart
1983: 154b; Rahlfs 1971: 1030b [v. 19]) –, rende «Achikar e Nadan, nipoti di Tobi, vennero a
congratularsi con lui». Pare preferibile, però, l’interpretazione di Moore (1996: 261): «Ahiqar
and his nephew Nadin also came to share in Tobiah’s joy», perché (ibid.: 264, n. al v. 18) in-
travede qui una chiara allusione all’«ingrato figlio adottivo (faithless adpted son)» di Ahiqar.
Per sé il sostantivo e0ca/delfov ha entrambe le accezioni di «cugino» e di «nipote», ma, come si
conferma in Liddell, Scott (1996: 581a, s.v.), quella di «nephew», che si affianca a «cousin-
german», è tipica dei LXX e specifica di Tb 1,22 (25). Del resto in Lust et al. (1992: 156b) si
annota solo il significato di «nephew», assegnandolo a Tb 1,22; 11,19 e precisando che si trat-
ta di un neologismo.
65
Solo in GI: kai\ h1xqh o( ga/mov Twbi/a met’ eu)frosu/nhv e(pta\ h(me/r av (v. 19), «e si celebrarono
le feste nuziali di Tobia con letizia per sette giorni» (Hanhart 1983: 155a; Rahlfs 1971: 1030a),
nella Vg: et per septem dies epulantes omnes guadio magno gavisi sunt (v. 21), «e per sette
giorni, banchettando, tutti godettero grande letizia» (Benedettini 1950: 201a-b; Weber 1983:
687b), e nella VL: Et consummatae sunt nuptiae cum gaudio septem diebus, et data sunt illi
munera multa (v. 21), «E furono celebrate le nozze con letizia per sette giorni, e gli furono dati
molti doni» (Sabatier 1743: 737b), dove si aggiunge pure il particolare del dono di munera
multa.
102 G. Toloni

che per la dimensione sapienziale66 richiama quello che Ahiqar, nella Storia,
affida come eredità al nipote Nadin prima di lasciare il suo incarico alla corte
assira. Fra queste istruzioni trovano posto anche alcune raccomandazioni ri-
guardanti i rapporti con il prossimo (vv. 14-19), compresa l’esortazione a de-
porre il pane sulla tomba dei giusti (= Israele), e a non darne ai peccatori (= i
pagani),67 in aperto dissenso con la proibizione di Dt 26,14 e Sir 30,18 di offri-
re sacrifici sulle tombe dei morti e predisporre cibi per la loro sopravvivenza.
Nel passo si ha forse l’allusione a una delle Massime di Ahiqar (2,10 nella
versione siriaca).68 Il riutilizzo di tale proverbio in Tobia potrebbe allora equi-
valere non a un invito a fare offerte ai morti, ma a praticare l’elemosina in loro
onore (cfr. Pautrel 1998: 668a, n. a); ma è anche possibile che qui si alluda al
banchetto funebre con cui si consolavano i familiari del defunto dopo il digiu-
no rituale (cfr. Ger 16,7; Ez 24,17; 2Sam 3,25; cfr. Virgulin 1995: 75, n. al v.
17). Il passo non è conservato nei manoscritti qumranici (cfr. Fitzmyer 1995b:
2). Nella traduzione della versione siriaca curata da Pennacchietti (1981: 68),
esso (par. 67b, proverbio 10) è reso come segue: «Figlio mio, versa il vino sul-
le tombe dei giusti, piuttosto che berlo con uomini iniqui», e questo conferma
che il problema interpretativo deve essere affrontato sul piano della critica te-
stuale. Infatti per Moore (1996: 173, n. al v. 17)69 qui si ha un indizio del pri-
mitivo racconto di Ahiqar, in cui si doveva invece leggere «versa il tuo vino
(Pour your wine)» (ibid.: 162),70 contro il GI (e1kxeon tou\v a1rtouv sou, «deponi i
tuoi pani»), la VL (Funde vinum tuum et panem tuum, «offri il tuo vino e il tuo
pane»; Sabatier 1743: 721b [v. 18]) e la Vg (panem tuum et vinum [...] constitue,
«deponi il tuo pane e vino [...]»; Benedettini 1950: 180a [v. 18]; Weber 1983:
680b [v. 18]). Si potrebbe perciò considerare la traduzione «pane» come un frain-
tendimento: l’originale aramaico laḥamrak, «il tuo vino», fu forse reso erronea-
mente in ebraico, per assonanza, laḥmekā, «il tuo pane» (cfr. Moore 1996: 173, n.
al v. 17). Perciò in quest’interpretazione è possibile riconoscere effettivamente

————
66
Virgulin (1995: 68, n. a 4,1-22) sottolinea, con Alonso Schökel, che i consigli di Tobi hanno
«un sapore» e «un contenuto tipicamente sapienziale». Sebbene questa collezione di massime
nella sua formulazione sia «naturalmente inferiore» quanto a genio e a vivacità rispetto ad altri
paralleli sapienziali, essa «è una nuova testimonianza della sapienza ed eminente virtù di Tobi
e riflette esattamente la pietà di una comunità giudaica della diaspora».
67
Con il GI: e1kxeon tou\v a1rtouv sou e)pi\ to\n ta/fon tw=n dikai/wn kai\ mh\ dw|=v toi=v a(martwloi=v
(Hanhart 1983: 94a; Rahlfs 1971: 1013a); nel GII il passo non si è conservato (Hanhart 1983:
94b; Rahlfs 1971: 1013b).
68
Segnalata da Greenfield (1981: 332), per il quale l’ammonizione di Tobi in 4,17 ha «a direct
parallel in the Syriac text». Per il testo siriaco cfr. Charles (1913: 730-31).
69
Da una suggestione di Zimmermann (1958: 70).
70
Cfr. anche MacDonald (2006: 99-103, spec. 102) che ritiene interessante questo stretto paral-
lelo con Ahiqar, sebbene «lacks explanatoy power».
Ahiqar nel libro di Tobia 103

un’eco dei secolari racconti popolari di cui si avvalse l’autore di Tobia.71

3.2. Ahiqar re di Media (14,15)


Un’ulteriore menzione di Ahiqar, seppur filologicamente incerta, ricorre
nell’ultimo versetto del libro, dove si descrivono gli eventi che precedono la
morte di Tobia, avvenuta ad Ecbatana di Media (v. 13). Qui l’anziano Tobia, a
sua volta ricco di giorni e di onori, prima di spirare è testimone del compimen-
to di buona parte degli oracoli spesso predetti dai profeti (Na 1-3) e a lui pre-
annunciati da Tobi nell’imminenza della morte (cfr. 14,4),72 tra i quali quello
relativo alla rovina di Ninive (612 a.C.). L’autore riferisce perciò, nel v. 15, che
egli vede arrivare nella Media i prigionieri deportati da Ahiqar, re di Media.73
Tuttavia le versioni antiche indicano in maniera diversa i responsabili della di-
struzione della capitale assira e della deportazione dei suoi abitanti (per altro non
menzionata in altra fonte), e spesso l’attribuiscono a due personaggi distinti, ai
quali danno anche nomi diversi.74 Nel GI si imputa la deportazione all’opera di
Nabucodonosor e Assuero75 (forse per influsso del libro di Ester), contro la le-
zione del GII e della VL, che fanno solo il nome di Ahiqar, scambiandolo evi-
dentemente con Ciassare76 – che però non appare in alcuno dei manoscritti anti-
chi –, dato che nessun re della Media è chiamato Ahiqar o Nebukadnezzar
————
71
Così anche Grabbe (2003: 741b), che parla di «a reference to a pagan rite … quoted in a Jew-
ish writing». Cfr. anche MacDonald (2006: 165-78). Tuttavia, con Fitzmyer (2003: 177), si
deve riconoscere che l’aspetto positivo dell’esortazione consiste certamente nel contrasto fra
giusti e peccatori, ai quali Tobia è invitato a non associarsi.
72
Il genere letterario proprio di queste predizioni di Tobi è fortemente connotato dallo stile apo-
calittico, quindi si tratta di vaticinia ex eventu, secondo l’esempio del libro di Daniele, destina-
ti a rafforzare la vera profezia, che segue nei successivi vv. 6-7, dove si annuncia
l’universalismo escatologico con la conversione a Dio di tutte le nazioni della terra e il ritorno
a Gerusalemme di tutti gli Israeliti che si saranno salvati. Virgulin (1995b: 154-55, n. al v. 4),
con Alonso Schökel, conferma che questa «costruzione è artificiale: ... l’autore ha molto inte-
resse nel sottolineare il compimento delle profezie, perché il lettore verifichi che una parte di
essa si è realizzata, ed abbia così fiducia che si compiranno anche le altre».
73
Secondo il GII: kai\ ei]den th\n ai)x malwsi/an au)th=v a)g ome/nhn ei)v Mhdi/an, h4n h|)x malw/tisen 'A-
xia/xarov o( basileu\v th=v Mhdi/av, «e vide condurre in Media un gruppo di suoi prigionieri,
che deportò Ahiqar, re di Media» (Hanhart 1983: 184b; Rahlfs 1971: 1039b), e la VL: Et vidit
captivitatem illius adductam in civitatem Medorum, quam adduxit Achicar, rex Medorum (v.
17), «e vide condurre nella città dei Medi un gruppo di suoi prigionieri, che deportò Achicar,
re dei Medi» (Sabatier 1743: 743b).
74
Nella Vg, nei vv. 16-17, non si fa alcuna menzione della distruzione dell’impero assiro e della
deportazione degli abitanti (Benedettini 1950: 209b; Weber 1983: 690b).
75
kai\ h1xousen pri\ n h2 a)poqanei=n au)t o\n th\ n a)pw/leian Nineuh/, h4n h|)xmalw/teusen Nabouxodo-
noso\r kai\ 'Asou/hrov, «e prima di morire venne a sapere della rovina di Ninive, che deportò (=
deportarono) Nabucodonosor e Assuero» (Hanhart 1983: 184a-85a; Rahlfs 1971: 1039a).
76
Anche Fitzmyer (2003: 337), come già Greenfield (1981: 335), vi intravede «an attempt to
write the greek name Kuaca/rhv ».
104 G. Toloni

(= Nabucodonosor). D’altra parte, nessuno dei re qui menzionati pare essere o-


riginale (cfr. Moore 1996: 297, n. al v. 15); lo stesso Nebukadnezzar dev’essere
escluso, dato che la distruzione di Ninive si deve alla sinergia delle forze del
padre di Nebukadnezzar II, cioè Nabopolassar (625-605 a.C.), re di Babilonia,
e di Ciassare, re di Media (625-585 a.C.; cfr. Pritchard 1969: 304-5). In questo
caso i manoscritti di Qumran non sono d’aiuto, poiché nessuno di essi riporta
il passo.77 Perciò i tentativi dei critici di spiegare le varie corruzioni del nome
originario sono destinate a rimanere senza risultato.78 In definitiva, questa ci-
tazione di Ahiqar si presenta molto discutibile dal punto di vista della critica
testuale, a prescindere dalla scarsa conoscenza della storia della Mesopotamia
di questo periodo che rivela l’autore.79 Del resto, il suo contributo a Tobia ri-
mane del tutto irrilevante anche nella prospettiva del racconto e sul piano nar-
ratologico.

Giancarlo Toloni
Università Cattolica del Sacro Cuore
via Trieste, 17 – I-25123 Brescia
giancarlo.toloni@fastwebnet.it

————
77
Cfr. Fitzmyer (1995b: 2), almeno finché parte dei frammenti finora identificati come appartenenti
ai manoscritti 4QTob ara (4Q196) e 4QTob arb (4Q197) ma non ancora collocati, sarà inserita
nel suo vero contesto nel libro biblico, sempre che si consideri 14,11-15 parte integrante
dell’originale. Cfr. Moore (1996: 297, n. 189).
78
Un’attenta valutazione critica del problema si trova in Moore (1996: 297, n. al v. 15).
79
Cfr. anche Grabbe (2003: 747), che condivide il giudizio.
Ahiqar nel libro di Tobia 105

APPENDICE: TESTI E FONTI

1. Ahiqar alla corte assira (Tb 1,21-22)

GII (v. 21) kai\ ou) dih=lqon h(me/rai tessara/konta e3wv ou[ a)pe/kteinan
au)to\n oi( du/o ui(oi\ au)tou=: kai\ e1fugon ei)v ta\ o1rh )Arara/t,
kai\ e)basi/leusen Saxerdono\v ui(o\v au)tou= met' au)to/n.
kai\ e1tacen )Axi/xaron to\n (Anah\l to\n tou= a)delfou= mou ui(o\n
e)pi\ pa=san th\n e)klogisti/an th=v basilei/av au)tou=, kai\ au)to\v
ei]xen th\n e)cousi/an e)pi\ pa=san th\n dioi/khsin.
(v. 22) to/te h)ci/wsen )Axi/xarov peri\ e)mou=, kai\ kath=lqon ei)v
th\n Nineuh/. )Axi/xarov ga\r h]n o( a)rxioinoxo/ov kai\ e)pi\ tou=
daktuli/ou kai\ dioikhth\v kai\ e)klogisth\v e)pi\ Sennaxhrei\m ba-
sile/wv )Assuri/wn, kai\ kate/sthsen au)to\n Saxerdono\v e)k deu-
te/rav: h]n de\ e)ca/delfo/v mou kai\ e)k th=v suggenei/av mou.

GI (v. 21) kai\ ou) dih=lqon h(me/rai penth/konta e3wv ou[ a)pe/kteinan
au)to\n oi( du/o ui(oi\ au)tou=: kai\ e1fugon ei)v ta\ o1rh )Arara/t,
kai\ e)basi/leusen Saxerdono\v o( ui(o\v au)tou= a)nt' au)tou=.
kai\ e1tacen )Axia/xaron to\n (Anah\l ui(o\n tou= a)delfou= mou
e)pi\ pa=san th\n e)klogisti/an th=v basilei/av au)tou= kai\ e)pi\ pa=san
th\n dioi/khsin.
(v. 22) kai\ h)ci/wsen )Axia/xarov peri\ e)mou=, kai\ h]lqon ei)v Ni-
neuh/. )Axia/xarov de\ h]n o( oi)noxo/ov kai\ e)pi\ tou= daktuli/ou
kai\ dioikhth\v kai\ e)klogisth/v, kai\ kate/sthsen au)to\n o( Sa-
xerdono\v e)k deute/rav: h]n de\ e)ca/delfo/v mou.

VL (v. 24) Et contigit, dum laterem, post dies quadraginta quinque


occiderunt regem illum duo filii sui. Et fugerunt in montem Ara-
rath. Et regnavit post eum Archedonassar filius eius pro illo. Et
constituit Achicarum filium fratris mei Annanihel super omnem
curam regni. Et ipse habebat potestatem super omnem regionem.
(v. 22) Tunc petiit [locutus est] Achicarus pro me, erat enim
consobrinus meus. [Tunc descendi in Ninive et erat amicus meus
qui erat praepositus super annulis et procurator domus et exactor
et suasit regi Assyriorum et praestituit me rex Archedonosor
iterum. Erat enim Achicarus compatruelis meus et ex cognatione
mea et ex cognatione regis.]

Vg (v. 24) post dies vero quadraginta et quinque occiderunt regem


filii ipsius
106 G. Toloni

4Q196 fr. 2, rr. 3-9 (vv. 21-22)


21
[Ny(br]) Nymwy hwh )lw [- - -] 3
N[wdxrs) {Kl]mw} Klmw +rr) yrw+l wqr( Nwn)w yh[wnb yrt - - -] 4
t[wnpzy]# lk l( yx) l)n( rb rqyx)l +l#)[ )whw - - -] 5
yl( rqyx) h(bw 22 )klm twlkrmh l[k ]l( N+l[# hwh hlw - - - htwklm] 6
lkrmhw Nqz( brw hq# br hwh yx) rq[yx)w yr) - - -] 7
yr) hl Nynt Nwdxrs) h+l#)w rwt) Klm byrxrs) Mdq Npzy#[w] 8
ytxp#m Nmw yb) tyb Nmw hwh yx) rb 9

3 Neanche quaranta giorni [erano passati]


4 [che lo uccisero i suoi due fi]gli; essi poi fuggirono sui monti
dell’Ararat. Do[po di lui]
5 [il figlio Assarhaddon] regnò. Egli ad Achikar, figlio di mio fratello
Anael, diede potere su tutti
6 [i tesori del regno ed ebbe la direzione generale] su di essi e su tutte le
finanze del re. Allora Achikar intercedette
7 [per la mia vita e potei ritornare a Ninive. Achik]ar era gran coppiere,
guardasigilli, tesoriere
8 e amministratore sotto Assaryarib e Assarhaddon lo nominò suo secon-
do. Vedi,
9 era mio nipote, della casa di mio padre e della mia famiglia.80

2. Ahiqar soccorre Tobi (Tb 2,10)

GII (v. 10) kai\ ou)k h1|dein o3ti strouqi/a e)n tw=| toi/xw| e)pa/nw mou/
ei)sin, kai\ e)ka/qisen to\ a)fo/deuma au)tw=n ei)v tou\v o)fqalmou/v
mou qermo\n kai\ e)ph/gagen leukw/mata. kai\ e)poreuo/mhn pro\v
tou\v i)atrou\v qerapeuqh=nai, kai\ o3sw| e)nexri/osa/n me
ta\ fa/rmaka, tosou/tw| ma=llon e)cetuflou=nto oi( o)fqalmoi/ mou
toi=v leukw/masin me/xri tou= a)potuflwqh=nai: kai\ h1mhn
a)du/natov toi=v o)fqalmoi=v e1th te/ssara. kai\ pa/ntev oi( a)delfoi/
mou e)lupou=nto peri\ e)mou=, kai\ )Axia/xarov e1trefe/n me e1th du/o
pro\ tou= au)to\n badi/sai ei)v th\n )Elumai5da.

————
80
Traduzione di C. Martone, in García Martínez (1996: 480).
Ahiqar nel libro di Tobia 107

GI (v. 10) kai\ ou)k h1|dein o3ti strouqi/a e)n tw=| toi/xw| e)sti/n, kai\ tw=n
o)fqalmw=n a)new|go/twn a)fw/deusan ta\ strouqi/a qermo\n ei)v
tou\v o)fqalmou/v mou, kai\ e)genh/qh leukw/mata ei)v tou\v
o)fqalmou/v mou. kai\ e)poreu/qhn pro\v i)atrou/v, kai\ ou)k
w)fe/lhsa/n me: )Axia/xarov de\ e1trefe/n me, e3wv ou[ e)poreu/qh ei)v
th\n )Elumai5da.

VL (v. 10) Et ignorabam quoniam passeres in pariete super me resi-


debant, quorum stercora oculis meis calida et induxerunt albugi-
nes. Et ibam caecus ad medicos ut curarer. Et quanto mihi medi-
camenta imponebant, tanto magis excaecabantur oculi mei
maculis, donec perexcaecatus sum. Et eram inutilis oculis meis
annis quattuor. Et omnes fratres et amici mei dolebant pro me.
Achicarus autem pascebat me annis duobus, priusquam iret in
Limaidam

Vg (v. 11) ex nido hirundinum dormienti illi calida stercora inside-


rent super oculos eius fieretque caecus.

4Q196 fr. 4, r. 1 (v. 10b)

Ml[y(l - - - ] 1
1 [ - - - per l’E]lam

3. Un’eco della sapienza di Ahiqar (Tb 4,17)

GI (v. 17) e1kxeon tou\v a1rtouv sou e)pi\ to\n ta/fon tw=n dikai/wn
kai\ mh\ dw|=v toi=v a(martwloi=v.

VL (v. 18) Funde vinum tuum et panem tuum super sepulcra iusto-
rum, et noli illud dare peccatoribus.

Vg (v. 18) panem tuum et vinum super sepulturam iusti constitue et


noli ex eo manducare et bibere cum peccatoribus.

4. Ahiqar alle nozze di Tobia (Tb 11,18)

GII (v. 18) kai\ parege/nonto )Axika\r kai\ Naba\d oi( e)ca/delfoi
au)tou= xai/rontev pro\v Twbi/n.
108 G. Toloni

GI (v. 18) kai\ parege/neto )Axia/xarov kai\ Nasba=v o( e)ca/delfov


au)tou=.

GIII (v. 18) kai\ parege/nonto )Axia/xarov kai\ Naba=v oi( e)ca/delfoi
au)tou= pro\v Twbi\t xai/rontev.

VL (v. 18a) Et venit Achicarus, et Nabal, avunculus illius, gaudentes


ad Thobin.

Vg (v. 20) veneruntque Achior et Nabath consobrini Tobiae gauden-


tes ad Tobin congratulantes ei de omnibus bonis quae circa illum
ostenderat Deus

5. Ahiqar esempio di rettitudine (Tb 14,10)

GII (v. 10) e)n h|[ a2n h(me/ra| qa/yh|v th\n mhte/ra sou met' e)mou=, au)th|= th|=
h(me/ra| mh\ au)lisqh=|v e)n toi=v o(ri/oiv au)th=v: o(rw= ga\r o3ti
pollh\ a)diki/a e)n au)th|=, kai\ do/lov polu\v suntelei=tai e)n au)th|=,
kai\ ou)k ai)sxu/nontai. i1de, paidi/on, o3sa Nada\b e)poi/hsen )Axi-
ka/rw| tw|= e)kqre/yanti au)to/n: ou)xi\ zw=n kathne/xqh ei)v th\n gh=n;
kai\ a)pe/dwken o( qeo\v th\n a)timi/an kata\ pro/swpon au)tou=,
kai\ e)ch=lqen ei)v to\ fw=v )Axi/karov, kai\ Nada\b ei)sh=lqen ei)v
to\ sko/tov tou= ai)w=nov, o3ti e)zh/thsen a)poktei=nai )Axi/karon: e)n
tw|= poih=sai e)lehmosu/nhn e)ch=lqen e)k th=v pagi/dov tou= qana/tou,
h4n e1phcen au)tw|= Nada/b, kai\ Nada\b e1pesen ei)v th\n pagi/da tou=
qana/tou, kai\ a)pw/lesen au)to/n.

GI (v. 10) kai\ qa/yon me kalw=v kai\ th\n mhte/ra sou met' e)mou=:
kai\ mhke/ti au)lisqh=te ei)v Nineuh/. te/knon, i1de ti/ e)poi/hsen
7(Ama\n )Axiaxa/rw| tw|= qre/yanti au)to/n, w(v e)k tou= fwto\v
h1gagen au)to\n ei)v to\ sko/tov, kai\ o3sa a)ntape/dwken au)tw|=:
kai\ )Axia/xarov me\n e)sw/qh, e)kei/nw| de\ to\ a)ntapo/doma a)pedo/qh,
kai\ au)to\v kate/bh ei)v to\ sko/tov. Manassh=v e)poi//hsen
e)lehmosu/nhn kai\ e)sw/qh e)k pagi/dov qana/tou, h[v e1phcan au)tw|=,
(Ama\n de\ e)ne/pesen ei)v th\n pagi/da kai\ a)pw/leto.

VL (v. 10) Sed quocunque die sepelieris matrem tuam circa me, eo-
dem die noli manere in finibus eius. Video enim, quia multa ini-
quitas est in illa, et fictio multa perficitur et non confunduntur.
Ecce, filius, Nabad, quid fecit Achicaro, qui eum nutrivit, quem
Ahiqar nel libro di Tobia 109

vivum deduxit in terram deorsum? Sed reddidit Deus malitiam


illius ante faciem ipsius. Et Achichar exiit ad lucem, Nabad au-
tem intravit in tenebras aeternas, quia quaesivit Nabad Achica-
rum occidere.

Vg (v. 12b) sed quacumque die sepelieritis matrem vestram circa me


in uno sepulchro ex eo dirigite gressus vestros ut exeatis hinc (v.
13) video enim quoniam iniquitas eius finem dabit ei

4Q198 fr. 2, rr. 1-5 (v. 10?)

[ - - -] )l 1
[- - - h]l Nypn) 2
[Ndnw - - -])XqXw 3
[- - - hdbw)w )twm ]xpl lpn 4
[- - -]l 5
1 non
2 uscì a […]
3 … […]
4 cadde nella trappola [mortale]
5 … […]81

4Q199 fr. 2, r. 1 (v. 10b)

[- - -]Ndn ydbw[(- - -] 1

1 [- - - le a]zioni di Nadin [- - -]

————
81
Traduzione di C. Martone, in García Martínez (1996: 485).
110 G. Toloni

6. Ahiqar re di Media (Tb 14,15)

GII (v. 15) kai\ ei]den kai\ h1kousen pro\ tou= a)poqanei=n au)to\n th\n
a)pw/leian Nineuh\ kai\ ei]den th\n ai)xmalwsi/an au)th=v a)gome/nhn
ei)v Mhdi/an, h4n h|)xmalw/tisen )Axia/xarov o( basileu\v th=v
Mhdi/av, kai\ eu)lo/ghsen to\n qeo\n e)n pa=sin, oi[v e)poi/hsen
e)pi\ tou\v ui(ou\v Nineuh\ kai\ )Aqouri/av: e)xa/rh pri\n tou=
a)poqanei=n e)pi\ Nineuh\ kai\ eu)lo/ghsen ku/rion to\n qeo\n ei)v tou\v
ai)w=nav tw=n ai)w/nwn.

GI (v. 15) kai\ h1kousen pri\n h2 a)poqanei=n au)to\n th\n a)pw/leian Ni-
neuh/, h4n h|)xmalw/teusen Nabouxodonoso\r kai\ )Asou/hrov,
kai\ e)xa/rh pro\ tou= a)poqanei=n e)pi\ Nineuh/.

VL (v. 15) Et antequam moriretur, audivit perditionem Ninives. Et


vidit captivitatem illius adductam in civitatem Medorum, quam
adduxit Achicar, rex Medorum; et benedixit Dominum in omni-
bus, quae fecit in filiis Ninive et Assur. Et gavisus est antequam
moriretur, in terra Ninive.

Vg (v. 17) omnis cognatio eius et omnis generatio eius in bona vita
et sancta conversatione permanist ita ut accepti essent tam Deo
quam hominibus et cunctis habitatoribus terrae.
Ahiqar nel libro di Tobia 111

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SUMMARY

The relations of analogy or dependency between the book of Tobit and the History of
Ahiqar can be studied from their characters, and in particular from the image of the Assyrian
wise emerging in the passages of Tobit, in which he was introduced as a relative of Tobit. In fact
in the both stories, the general perspective is very different. Ahiqar is mentioned in Tb 1:21-22;
2:10; 11:18; 14:10, where his vicissitudes are only evoked, and recontextualized against the
backdrop of the ones of Tobit. The influence of Ahiqar is reflected, indirectly, also in Tb 4:17
(only in GI), where, however, the author alludes to one of the Proverbs, and, according to some
versions, also in 14:15, but perhaps due to an error of textual transmission. On the contrary, the
first and the last one of the direct mentions contain several important information: they occur at
the beginning and at the end of Tobit, i.e. in the framework that encloses essential features of the
Tobit’s story. In these passages, criticism currently tends to recognize traces of the original leg-
end which inspired the author, whose outline is also present in the book of Job, and in other texts
of the Ancient Near East.

Keywords: Ahiqar, Tobit, dependency, recontextualization, original legend


Stampa: Tipolito: Istituto Salesiano Pio XI – Via Umbertide, 11 – 00181 Roma – tel. 067827819 – fax 067848333
Finito di stampare: Luglio 2013
ARTICOLI
FRANCESCA BELLINO, Manoscritti e testimonianze orali del Nord Africa: la spedizione contro il re
al-Ġiṭrīf nel Wādī al-Saysabān (1-39); KHALID SINDAWI, The Abbasid Vizier ‘Alī b. Yaqṭīn (124-
182/741-798). The Man and His Role in Early Šī‘ite History (41-59); PELIN ŞAHIN TEKINALP,
Mount Vesuvius in Ottoman Wall Paintings in the Context of Ottoman-Italian Relations (61-
67); MARIA RITA CASTALDI, La valenza in accadico ed ebraico biblico: alternanza sintattica e de-
rivazione causativa (69-86); GIANCARLO TOLONI, Ahiqar nel libro di Tobia (87-114); DORIS METH
SRINIVASAN, Childbirth, Childhood and the Magico-Religious World of Transformations (115-
135); ANNA MARIA QUAGLIOTTI, Siddhārtha’s Cutting of his Hair: Interpretations and its Mea-
ning (137-147); GIULIA RAMPOLLA, Figli della globalizzazione: gli scrittori cinesi post-Ottanta
tra web, seduzioni commerciali e aspirazioni letterarie (149-181).

NOTE E DISCUSSIONI
KRISHNA DEL TOSO, The Wolf’s Footprints: Indian Materialism in Perspective. An Annotated
Conversation with Ramkrishna Bhattacharya (183-204); GIUSEPPE FERRARO, A proposito di una
recente interpretazione di Pramāṇasamuccaya 5.46 (205-213); UBALDO IACCARINO, Le attività
marittimo-commerciali di Cina e Giappone nei secoli XVI-XIX. A proposito di tre libri recenti
(215-225).

RECENSIONI (227-252)
Juan Pedro Monferrer-Sala, Angel Urbán (a c.), Sacred text. Explorations in lexicography
(Riccardo Contini); Fabian Käs, Die Mineralien in der arabischen Pharmakognosie. Eine Kon-
kordanz zur mineralischen Materia medica der klassischen arabischen Heilmittelkunde nebst
überlieferungsgeschichtlichen Studien (Francesca Bellino); Werner Diem, Arabische Briefe aus
dem 10.-16. Jahrundert (Francesca Bellino); Peter Behnsted, Manfred Woidich (eds.), Wortatlas
der arabischen Dialekte. Band I: Mensch, Natur, Fauna und Flora. Band II: Materielle Kultur
(Francesca Bellino); Beatrice Gruendler with the Assistance of Michael Cooperson (eds.), Classi-
cal Arabic Humanities in their Own Terms. Festschrift for Wolfhart Heinrichs on his 65th Birth-
day Presented by His Students and Colleagues (Francesca Bellino); Jérémie Schiettecatte, D’Aden
à Zafar. Villes d’Arabie du Sud Préislamique (Romolo Loreto); Nina Ergin (a c.), Bathing Culture
of Anatolian Civilizations: Architecture, History, and Imagination (Valentina Laviola); Rosa
Maria Cimino, Leggende e fasti della corte dei “Grandi re”. Dipinti murali di Udaipur, Rajast-
han (Stefania Cavaliere); Anne O’Keeffe, Michael McCarthy (eds.), The Routledge Handbook of
Corpus Linguistics (Patrizia Zotti).

NECROLOGI (253-297)
Giovanni Maria D’Erme (Natalia L. Tornesello), Alessandro de Maigret (Romolo Loreto),
Luciano Petech (Giacomella Orofino).

ISSN 0393-3180

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