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Il bilancio 15th Edition Robert N.

Anthony
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A

II bilancio
Q -

> la < |
XV edizione
Robert N. Anthony
David F. Hawkins
Diego M. Mactrì
Kenneth A. Merchant

Îl bilancio
Analisi economiche per le decisioni
e la comunicazione della performance

Quindicesima edizione
Titolo originale: Accounting: Text and Cases, Thirteenth Edition
Copyright © 2011 McGraw-Hill Education

Copyright © 2021, 2016, 2012, 2010 McGraw-Hill Education (Italy) S.r.l.


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Portfolio Manager: Daniele Bonanno


Realizzazione editoriale: Fotocompos, Gussago (BS)
Grafica di copertina: FeelItalia, Milano
Immagine di copertina: ©timquo/Shutterstock

ISBN 9788838699665
Indice breve

Capitolo 1 La natura e lo scopo


della contabilità

Capitolo 2 | principi contabili di base:


lo stato patrimoniale 29

Capitolo 3 La formazione del reddito nel conto


economico e i collegati principi di base 59

Capitolo 4 Il conto economico


e le sue classificazioni 81

Capitolo 5 | sistemi contabili e le modalità


di contabilizzazione 103

Capitolo 6 | ricavi e le attività monetarie 129

Capitolo 7 Le rimanenze e il costo del venduto 151

Capitolo 8 Le immobilizzazioni non monetarie


e l’ammortamento 181

Capitolo 9 Le passività e il capitale netto 213

Capitolo 10 |l rendiconto dei flussi di cassa 239

Capitolo 11 L’analisi di bilancio 277

Capitolo 12 |l bilancio civilistico 307


Indice

Autori XIII

Prefazione XxXV
Ringraziamenti dell’Editore XXI
Guida alla lettura XXIII

Capitolo 1
La natura e lo scopo della contabilità 1
1.1 H La necessità di informazioni 1
1.1.1 H Le informazioni monetarie operative 3
1.1.2 B Le informazioni di bilancio 4
1.1.3 H Le informazioni per il management 4
1.1.4 H Le informazioni fiscali 4
1.1.5 BH La definizione di contabilità 5

1.2 H L’approccio del libro 5


1.2.1 B Pregiudizi sulla contabilità 5

1.3 H Il quadro concettuale che regola la contabilità


e il bilancio 6
1.3.1 BH La contabilità come linguaggio 7
1.3.2 H La natura dei principi 7
1.3.3 H Tre criteri generali per la formulazione dei principi contabili 7
1.4 MI rendiconti economico-finanziari 9
1.4.1 H Lo stato patrimoniale 10
1.4.2 B Il principio del duplice aspetto 11
1.4.3 H Un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari 14
1.4.4 MH Lo scopo dei rendiconti economico-finanziari del bilancio 15

1.5 H Il quadro normativo internazionale 15


1.5.1 BH Il quadro normativo in Italia 17
1.5.2 H Quale Bilancio? 21
Riepilogo 24
Problemi 25

Capitolo 2
| principi contabili di base: lo stato patrimoniale 29
2.1 MI principi contabili di base 29
2.1.1 B l principio di omogeneità 30
2.1.2 BM I| principio dell’entità 31
2.1.3 B Îl principio di continuità di funzionamento 33
2.1.4 H l principio del costo 34
Indice

2.1.5 H l principio del duplice aspetto


2.2 M Lo stato patrimoniale
2.2.1 H Uno sguardo d’insieme
2.2.2 M Le categorie delle voci dello stato patrimoniale
2.2.3 M Le attività
2.2.4 M Le passività
2.2.5 M l capitale netto
2.3 H Gli indici
2.3.1 M L’indice di liquidità
2.4 H I cambiamenti dello stato patrimoniale
2.4.1 M Versamento del capitale iniziale
2.4.2 M Prestito bancario
2.4.3 BH Acquisto di merce
2.4.4 M Vendita di merce
Riepilogo
Problemi

Capitolo 3
La formazione del reddito nel conto economico
e i collegati principi di base 59
3.1 H La natura del reddito 59
3.2 HI principi di base 60
3.2.1 BM l principio della periodicità della misurazione 60
3.2.2 B l principio di prudenza 64
3.2.3 H l principio di realizzazione dei ricavi 67
3.2.4 B l principio di competenza: la correlazione diretta fra
costi e ricavi 68
3.3 H Il riconoscimento dei costi di competenza 68
3.3.1 H Terminologia 68
3.3.2 H Itre criteri per riconoscere i costi di competenza
del periodo 69
3.3.3 H Costi di competenza e spese 71
3.3.4 B Dividendi 74
3.3.5 H Una sintesi per misurare i costi di competenza 74
3.4 HAltri proventi e oneri 74
3.4.1 BM Il principio della continuità dei criteri di valutazione 75
3.4.2 M I| principio di significatività e rilevanza 76
Riepilogo 77
Problemi 78

Capitolo 4
lIl conto economico e le sue classificazioni 81

4.1 H Il conto economico a costo del venduto 81


4.1.1 M [|ricavi 82
4.1.2 B Îl costo del venduto 83
VI = Indice

4.1.3 M [risultati intermedi di reddito


4.1.4 H Il prospetto delle variazioni delle riserve di utili
4.1.5 H La relazione tra stato patrimoniale e conto economico
4.1.6 H Le percentuali del conto economico
4.2 H Il conto economico a margine di contribuzione
4.2.1 BH Costi variabili e costi fissi
4.2.2 H Un confronto con il conto economico a costo del venduto

4.3 H Il conto economico a valore aggiunto


4.4 H Altri concetti di reddito
4.4.1 H Contabilità per competenza versus contabilità finanziaria
4.5 H Il calcolo delle imposte dirette
4.5.1 BH Le imposte dirette sul reddito
Riepilogo
Problemi

Capitolo 5
| sistemi contabili e le modalità di contabilizzazione
5.1 H Alcuni concetti di base sulle modalità
di contabilizzazione
5.1.1 H l conto
5.1.2 M | conti permanenti e i conti temporanei
5.1.3 H Îl mastro
5.1.4 H Il piano dei conti
5.1.5 H Dare e avere

5.2 H Il processo contabile


5.3 H L’analisi delle transazioni
5.3.1 H Esempio: Oggetti per musei Srl
5.3.2 BM Îl saldo dei conti
5.3.3 H l bilancio di verifica

5.4 H Le operazioni di assestamento e di chiusura


5.4.1 M Le operazioni di assestamento
5.4.2 H Le scritture di chiusura
5.4.3 H La preparazione dei rendiconti del bilancio
5.4.4 H l giornale
5.5 H I sistemi contabili

5.6 H La contabilità informatizzata

Riepilogo
Problemi

Capitolo 6
| ricavi e le attività monetarie
6.1 H Quando riconoscere i ricavi 129
6.1.1 M | criteri fondamentali per il riconoscimento del ricavo 130
Indice m VII

6.1.2 M La regola della consegna 131


6.1.3 M La regola della percentuale di completamento 132
6.1.4 M La regola della rata ©
6.2 MH Quale ammontare dei ricavi riconoscere 134
6.2.1 I crediti inesigibili 134
6.2.2 Gli sconti ©
6.2.3 I resi e gli abbuoni ©
6.2.4 Storno diretto dei ricavi versus registrazione di un costo 137
6.2.5 I costi di garanzia e i collegati fondi 138
6.2.6 I ricavi per interessi attivi 139

6.3 H Le attività monetarie 141


6.3.1 M Le differenze nella registrazione delle attività monetarie
e non monetarie 141
6.3.2 L’analisi delle attività monetarie 142
6.3.3 L’indice di liquidità 142
6.3.4 L’indice di liquidità ristretto o acid test 143
6.3.5 I giorni di liquidità disponibili per il pagamento
dei costi 143
6.3.6 Il tempo medio d’incasso dei crediti commerciali 144
Riepilogo 145
Problemi 145

Capitolo 7
Le rimanenze e il costo del venduto
7.1 MI tipi “puri” di impresa
7.2 MH Le imprese commerciali
7.2.1 Il costo di acquisto
7.2.2 Il problema principale della misurazione
7.2.3 Il metodo dell’inventario periodico
7.2.4 Il metodo dell’inventario perpetuo
7.2.5 Il confronto fra l’inventario periodico e l’inventario
perpetuo
7.3 MH Le imprese di produzione
7.3.1 I conti di rimanenze di umn’impresa di produzione
7.3.2 Le materie prime utilizzate nel periodo
7.3.3 Il costo dei beni prodotti
7.3.4 Il costo dei beni venduti
7.3.5 I sistemi di determinazione del costo dei prodotti
7.3.6 I costi di prodotto e i costi di periodo

7.4 H Le imprese di servizio

7.5 HI metodi di valorizzazione delle rimanenze


7.5.1 Il metodo dell’identificazione specifica
7.5.2 Il metodo del costo medio
7.5.3 Il metodo first-in first-out
7.5.4 Il metodo last-in first-out
7.5.5 Il confronto fra i metodi
VIII = Indice

7.6 H Il più basso fra costo e valore di mercato


7.7 H L’analisi delle rimanenze
7.7.1 BM Îl margine lordo percentuale
7.7.2 M La rotazione delle rimanenze
7.73 M l livello delle rimanenze espresso in giorni del costo
del venduto

Appendice A H Sistema duplice contabile e sistema patrimoniale


Riepilogo
Problemi

Capitolo 8
Le immobilizzazioni non monetarie e l’ammortamento
8.1 H La natura delle immobilizzazioni
8.1.1 M 1I diversi tipi di immobilizzazioni

8.2 H L’acquisizione delle immobilizzazioni materiali


8.2.1 H La distinzione tra attività e costi di competenza
8.2.2 H Gli elementi da includere nel costo
dell’immobilizzazione
8.2.3 H Gli acquisti non registrati al costo
8.2.4 H Gli acquisti in blocco

8.3 H L’ammortamento delle immobilizzazioni materiali


8.3.1 H Gli elementi necessari per il calcolo
dell’ammortamento
8.3.2 H La vita utile
83.3.3 H I metodi di determinazione delle quote
di ammortamento
8.3.4 H La scelta del metodo di ammortamento

8.4 H La contabilizzazione dell’ammortamento


8.4.1 H Îl cambiamento del coefficiente di ammortamento
8.4.2 BH Le attività completamente ammortizzate
8.4.3 M Îl dimezzamento dell’ammortamento

8.5 H La dismissione delle immobilizzazioni materiali


8.5.1 M La distinzione tra fatti ordinari e straordinari
è soggettiva

8.6 H Le permute

8.7 H Le svalutazioni e i ripristini di valore


8.7.1 M Le svalutazioni
8.7.2 M [ ripristini di valore

8.8 H Il fair value e le rivalutazioni


8.8.1 H Il modello del fair value
8.8.2 H Gli aspetti contabili di applicazione del principio
del fair value
8.8.3 H Cosa c'è dietro il principio del fair value
Indice

8.9 MH Il significato di ammortamento

8.10 H L’ammortamento ai fini fiscali per la determinazione


del reddito imponibile
8.10.1H L’ammortamento ordinario per la determinazione
del reddito imponibile
8.10.28 L’ammortamento ridotto per la determinazione
del reddito imponibile
83.10.3H L’ammortamento integrale per la determinazione
del reddito imponibile

8.11 H Le risorse naturali

8.12 H Le immobilizzazioni immateriali


8.12.1H Le immobilizzazioni immateriali con vita utile finita
8.12.2mH Le immobilizzazioni immateriali con vita utile
indeterminata
8.12.3H Altre immobilizzazioni immateriali
8.12.4BH L’analisi delle immobilizzazioni non monetarie
Riepilogo
Problemi

Capitolo 9
Le passività e il capitale netto
9.1 H La natura delle passività
9.1.1 BM Le passività di ammontare non certo
9.1.2 H Gli obblighi che non sono passività
9.2 H Le fonti di finanziamento
9.2.1 H Le passività correnti
9.2.2 B | debiti di finanziamento a lungo termine
9.2.3 B l leasing
9.2.4 BM Il capitale netto
9.2.5 H Le riserve di utili
9.2.6 B | dividendi

9.3 H L’analisi della struttura del capitale


9.3.1 H Gli indici di indebitamento
9.4 H L’utile per azione
9.4.1 BM l rating
Riepilogo
Problemi

Capitolo 10
ll rendiconto dei flussi di cassa
10.1 H Lo scopo del rendiconto dei flussi di cassa
10.1.18 Le fonti e gli impieghi della liquidità
10.2 H Il rendiconto dei flussi di cassa
X u Indice

10.2.1 H_ Le categorie del rendiconto finanziario 242


10.2.2mH Le transazioni d’investimento 244
10.2.3H Le transazioni finanziarie 246
10.2.4B Le transazioni non monetarie 247
10.2.5 B Il flusso di cassa della gestione corrente 247
10.2.6 H 1 calcoli del flusso di cassa della gestione corrente
con il metodo indiretto 249
10.2.7 l Una sintesi del rendiconto finanziario 255
10.3 H Idee sbagliate sull’ammortamento 256
10.3.1B Îl reddito finanziario 257

10.4 H La preparazione del rendiconto finanziario 257


10.4.1 B Il processo di scomposizione 258
10.4.28 Come automatizzare il rendiconto finanziario 263
10.5 H L’analisi del rendiconto dei flussi di cassa 268
10.5.1 H Indici collegati al rendiconto dei flussi di cassa 269
10.5.2m Le previsioni del flusso di cassa 270
Riepilogo 271
Problemi 272

Capitolo 11
L’analisi di bilancio 277
11.1 H Gli obiettivi dell’impresa 277
11.1.18 La redditività dell’investimento 278
11.1.2mH Una posizione finanziaria sicura 279
11.1.3mH La struttura dell’analisi 279
11.2 H La performance globale 280
11.2.1 M La redditività dell’investimento 280
11.2.2mH Rotazione dell’investimento e margine percentuale
di profitto 287
11.2.3mH L’indicatore prezzo/utili 288

11.3 H Gli indici di profittabilità 289


11.3.1B l risultato netto 290
11.4 H Gli indici di efficienza nell’utilizzo degli investimenti 290
11.4.1 H La rotazione degli investimenti 291
11.4.2mM La rotazione delle immobilizzazioni materiali 291
11.4.3H Gli indici del capitale circolante 292

11.5 H Gli indici finanziari 293


11.5.1 B La liquidità e la solvibilità 293
11.6 H La politica dei dividendi 294
11.7 H Gli indici che misurano la crescita 294

11.8 H Effettuare i confronti 297


11.38.1m Le difficoltà 297
11.8.2 M Le possibili basi del confronto 299
11.3.3mH L’utilizzo dei confronti 300
Indice e XI

Riepilogo 301
Problemi 302

Capitolo 12
Il bilancio civilistico 307
12.1 H Il bilancio civilistico 307
12.2 H Lo stato patrimoniale civilistico 308
12.3 H I principali vincoli imposti dal legislatore alla struttura
dello stato patrimoniale 308

12.4 H La classificazione dello stato patrimoniale civilistico 310


12.5 H Il conto economico civilistico 311

12.6 H I principali vincoli imposti dal legislatore alla struttura


del conto economico 313
12.7 H La classificazione del conto economico civilistico 313
Riepilogo 316
Problemi 316

Indice analitico 319


Autori

Robert N. Anthony ha insegnato alla Harvard Business School.


David F. Hawkins insegna presso la Graduate School of Business Administration
della Harvard University.

Diego Maria Macrì è professore ordinario di Ingegneria economico-gestionale. Ha


svolto attività didattica e di ricerca sulla progettazione dei sistemi di controllo ma-
nageriali e ha pubblicato su questi temi libri e numerosi articoli su riviste nazionali
e internazionali. È attualmente presidente di Epoca Srl, una società di consulenza nata
come spin-off universitario che supporta le imprese nei processi di innovazione.

Kenneth A. Merchant detiene la cattedra di Accounting presso la University of


Southern California.
Prefazione

Gran parte del mondo occidentale come oggi lo conosciamo, con le sue radici nel
liberalismo economico, con i meriti e i demeriti della globalizzazione, con l’acuirsi
delle distanze che essa ha generato, ma anche con la crescita del reddito pro capite
e l’allungarsi delle aspettative di vita che in molte aree del mondo ha prodotto, è
costruita su pochi pilastri: la presenza di istituzioni democratiche ed eque; la capacità
di far convivere gli interessi delle singole nazioni con quelli di unioni più ampie di
popoli; la libertà d’iniziativa dei singoli e delle imprese. Su questa libertà di intra-
prendere si fonda il capitalismo e le inevitabili sistematiche conseguenze che l’ac-
compagnano: crisi distruttive (rivoluzioni industriali) che esso stesso genera, seguite
da innovazioni riparatorie che l’intelligenza, la ricerca scientifica, l’ambizione e anche
la bramosia di guadagno producono come antidoto, come superamento continuo dei
problemi, come rilancio. Ondate di entusiasmo e di euforia economica si alternano
così a recessioni anche profonde, come quella recente del 2008 e la crisi ancora più
drammatica che stiamo vivendo con la pandemia. Questa successione di fasi carat-
terizzate da grande incertezza durante le quali il capitale si avvicina allo stato e
chiede sussidio, seguite da periodi di impeto all’azione con gli imprenditori che ri-
vendicano spavaldamente maggiore autonomia, ha disegnato la storia recente di buo-
na parte del mondo occidentale. Almeno sinora così è successo.
Comunque sia, il capitalismo non potrebbe esistere se le imprese e le organiz-
zazioni non pubblicassero documenti veritieri sulla loro performance, se non fossero
cioè in grado di comunicare cosa fanno e, soprattutto, quali sono i risultati economici
che ottengono. Solo in questo modo flussi ingenti di denaro sono spinti a muoversi
e ad attraversare, oggi con grande facilità, i confini dei Paesi alla ricerca di nuove
opportunità. Solo in questo modo è possibile valutare tempestivamente le iniziative
destinate a concludersi e, al contrario, fare in modo che le imprese che lo meritano
possano far conoscere i risultati della loro capacità, invogliando il mercato a scom-
mettere sul loro futuro.
Le principali informazioni che rendono possibile un processo così vitale per la
nostra vita economica sono contenute nei bilanci delle imprese. Sono trascorsi più
di cinque secoli da quando il matematico Luca Pacioli elaborò le prime importanti
riflessioni sistematiche sulla contabilità, avviando lo sviluppo di una vera e propria
disciplina che quelle fondamenta ha conservato. Un grande numero di esperti, di
professionisti e di studiosi di economia di tutto il mondo perfezionano in modo si-
stematico da decine di anni il modello del bilancio e lo adattano a obiettivi mutevoli
e, in parte, anche contrastanti: da un lato quello di tutela dei creditori, dall’altro
quello meno conservativo di sviluppo del mercato. Da tempo, oramai, importanti
istituzioni come lo IASB e in Italia l’OIC, sono impegnate ad armonizzare i principi
e le regole per la redazione del bilancio affinché la maggior parte dei Paesi occidentali
possa farle proprie, la lingua possa diventare unica e le difficoltà di traduzione e in-
terpretazione possano attenuarsi, accelerando i tempi delle analisi e delle scelte eco-
nomiche dei player nazionali e internazionali.
Considerata l’enorme quantità di impegno che gli uomini hanno nel tempo pro-
fuso, il modello concettuale del bilancio colpisce per la sua coerenza interna e per
le logiche di ragionamento che lo sostengono. Selezionate e affinate nel tempo, queste
riflessioni sono diventate principi, regole e, anche, indicazioni generali su come os-
XVI u Prefazione

servare e giudicare la vita economica delle organizzazioni. Non si tratta di leggi na-
turali, immutabili. Il modello del bilancio è un corpo complesso che evolve e si
adatta, perché sono gli uomini che lo formano in funzione dei loro bisogni.
Chi non conosce questo modello può pensare che parlare di bilancio significhi
illustrare la tenuta dei libri contabili, come si effettuano le registrazioni in dare e
avere, come si compiono le scritture a giornale, come si chiudono i conti. Operazioni
in parte ripetitive, quasi meccaniche. Ma equivarrebbe a confondere le capacità ne-
cessarie a utilizzare la funzione di uno smartphone, come per esempio il calendario
o la rubrica telefonica, con le capacità necessarie a progettarlo e costruirlo. Come ha
scritto Alessandro Baricco nel suo libro The Game, le funzionalità che il mondo
digitale ci offre, così come le sperimentiamo, sono la piccola punta di un enorme
iceberg sommerso che non vediamo.
Questo testo non parla della punta dell’iceberg. Parla invece, sia pure in termini
introduttivi, del grande corpo “invisibile” che ogni scrittura contabile, ogni transa-
zione sottintende: parla delle idee coerenti e sistemiche sulle quali si fonda il modello
del bilancio. Un modello che, almeno per me - ingegnere che con sospetto e solo
per necessità di insegnamento si avvicinava molti anni fa al bilancio - niente altro
significava, allora, che appropriarsi di una conoscenza tecnica. Mi sono ricreduto, ed
è stata ur’inaspettata sorpresa. Mi auguro che qualcosa di analogo possa accadere a
chi avrà modo di leggere questo libro.
Il testo trova il suo riferimento iniziale in Accounting: Text & Cases, di Robert
Anthony, David Hawkins e Kenneth Merchant, un libro che si articola in due parti.
La prima riguarda i sistemi contabili e il bilancio, l’argomento qui illustrato. La se-
conda, invece, affronta i problemi del controllo di gestione. Si tratta di temi in suc-
cessione che, nell’insieme, formano gli studenti ai concetti che riguardano la dimen-
sione economica dei problemi organizzativi, gestionali e di investimento.
La seconda sezione del testo Accounting: Text & Cases costituisce il riferimento
di Sistemi di controllo: analisi economiche per le decisioni e la valutazione della performance,
un libro che ha riscosso notevole successo e anch’esso giunto, in parallelo a quello
qui presentato, alla sua quindicesima edizione.
Poiché, come detto, la preparazione degli studenti ai temi dell’economia azien-
dale e del controllo di gestione prevede un percorso in due fasi (prima la conoscenza
del bilancio e dei sistemi contabili, che costituiscono una sorta di linguaggio del ma-
nagement, poi lo studio dei temi riguardanti l’uso delle informazioni quantitative
nelle decisioni e nella valutazione della performance), utilizzare all’interno di un me-
desimo corso di laurea due libri con genesi unitaria garantisce che l’apprendimento
abbia a riferimento un’impostazione organica di condivisione non solo della stessa
terminologia, ma anche dei medesimi principi e schemi concettuali. Garantisce, in
definitiva, un percorso di studio coerente che ritengo particolarmente efficace.
A partire dalla loro versione originaria, i due testi italiani hanno subito nel tempo
cambiamenti e integrazioni importanti per essere adattati alle specificità italiane, alle
idee di chi scrive e, con riferimento al testo sul bilancio, al continuo dinamismo
della prassi contabile e dei principi internazionali. Quest’ultima edizione de Il bilancio
presenta numerosi cambiamenti che hanno attualizzato taluni temi, sviluppato nuovi
argomenti e conformato i contenuti del testo a molte delle richieste dei colleghi
che lo adottano nei loro corsi di studio.
Il volume si rivolge agli studenti dei corsi di laurea in Ingegneria Gestionale ed
Economia, agli studenti dei master e, in generale, a coloro che affrontano corsi in-
troduttivi ai temi del bilancio e propedeutici al controllo della gestione. Il libro
illustra con rigore, ma senza eccedere nelle specificità professionali tipiche dei ma-
nuali, il modello del bilancio, il sistema delle rilevazioni contabili e i principi che
ne sono alla base, spiegando dunque come leggere un bilancio e quali informazioni
Prefazione m XVII

sia possibile da esso desumere e quali no. Infine, la prospettiva adottata è gestionale,
si rivolge cioè prevalentemente agli utilizzatori del bilancio piuttosto che a coloro
che devono prepararlo. Lo fa con un approccio che si basa su approfondimenti suc-
cessivi, sulla presenza di numerosi esempi, su una ricca sezione di esercizi e casi.

Cambiamenti nella quindicesima edizione


La quindicesima edizione è cambiata in modo significativo rispetto alla precedente.
Sono di seguito menzionati, per differenza rispetto alla precedente, i principali tra
questi cambiamenti. Îl tratto che li accomuna è stato il sistematico confronto delle
norme e della prassi contabile italiana - che riguarda la maggior parte delle società
di capitali - con i principi internazionali che guidano la redazione dei bilanci delle
società quotate in borsa, certamente una piccola parte di quelle totali (circa um’im-
presa su diecimila), ma una quota importante.
Non potendo essere presentati due corpi giuridici e normativi diversi, si è nel
testo focalizzato il bilancio di società di capitali non quotate in borsa. Ciononostante,
in relazione a molte voci dello stato patrimoniale e del conto economico (per esempio,
fra le prime, le immobilizzazioni materiali, l’avviamento, i fondi per oneri e rischi, le
azioni proprie; fra le seconde, i costi di ricerca e sviluppo, i costi e i proventi stra-
ordinari e ’ammortamento) il testo illustra, accogliendo così la richiesta di molti col-
leghi, il “doppio binario”: descrive cioè le regole e le norme dell’una e dell’altra ca-
tegoria di società.
I cambiamenti non riguardano però solo questo aspetto. L’intero volume è stato
in buona parte revisionato e molti esempi sono stati aggiornati in base alle più recenti
informazioni del mercato finanziario. Box di approfondimento o di riflessione sui pro-
blemi più controversi sono inoltre stati inseriti in quasi tutti i capitoli. Considerata
poi la specificità della terminologia, si è ritenuto opportuno sviluppare un indice
analitico. Infine, sempre accettando i suggerimenti di alcuni colleghi, la sezione Pro-
blemi di ciascun capitolo contiene ora uno o due casi più impegnativi.
Passando ora a una descrizione più analitica dei cambiamenti di questa quin-
dicesima edizione, essi sono i seguenti. Nel Capitolo 1 è stata riscritta la parte ri-
guardante il quadro di riferimento normativo nazionale e internazionale. Poiché ogni
Paese adotta ancora in buona parte regole e principi propri per la redazione dei bi-
lanci, e poiché i bilanci cambiano a seconda della natura giuridica dell’impresa, della
sua dimensione, del tipo di attività svolta e della fase “di funzionamento” in cui si
trova, districarsi all’interno del quadro normativo nazionale e internazionale significa
entrare in una sorta di torre di Babele, un territorio dai diversi linguaggi all’interno
del quale non è facile muoversi. Ho ritenuto pertanto opportuno sistematizzare
questo importante aspetto di cornice. In tal modo, è stato anche possibile definire
senza ambiguità qual è il focus principale del testo: qual è il bilancio di cui tratta.
Nel Capitolo 2 è stato illustrato in modo diverso il principio del costo e come esso
focalizzi un aspetto della performance in parziale contrasto con quello che il con-
cetto di fair value persegue. Sono anche state anticipate, rispetto a quanto appro-
fondito nel Capitolo 8, le principali eccezioni all’applicazione del principio del costo
per le società di capitali non quotate in borsa. Nel Capitolo 4 si è illustrato il
concetto dei costi per destinazione (specie quelli di Ricerca & Sviluppo) e si è ap-
profondito il significato dei componenti straordinari di reddito e i motivi per i quali
il legislatore abbia negato la possibilità di poterli rilevare nel bilancio esterno, ferma
restando ovviamente la possibilità di mantenere viva la distinzione nei bilanci in-
terni, riclassificati a uso degli analisti finanziari o del management. Si è inoltre in-
trodotto il significato di EBITDA e spiegato perché sia un indicatore più utile nella
comparazione della performance di imprese diverse, piuttosto che per valutare il
XVIII = Prefazione

risultato operativo di singole imprese. Anche il paragrafo su IRAP e IRES è stato ri-
scritto per tenere conto degli aggiornamenti fiscali di questi ultimi anni. Il lungo
esempio che accompagna l’intero Capitolo 5 è stato reso più attuale. Nel Capitolo 6
è stato sottolineato e approfondito un concetto importante, cioè che l’aspetto fiscale
che vincola ’ammontare massimo di molti costi - come per esempio tutti quelli di
svalutazione, ma anche le spese di manutenzione, i costi di garanzia prodotti e gli
stessi ammortamenti - non debba e non possa condizionare la determinazione del
reddito civilistico. Il Capitolo 7, uno dei più complicati dal punto di vista tecnico
assieme al Capitolo 11, è stato in buona parte riscritto per rendere più chiara la
differenza fra i costi di prodotto e i costi di periodo, e chiarire meglio i vantaggi/svan-
taggi dell’utilizzare il LIFO anziché il FIFO. Anche il concetto di margine lordo è
stato sottoposto a critica per poterne comprendere l’importanza ma anche i limiti,
specie quando utilizzato (come spesso purtroppo accade) come misura per definire
l’allocazione degli investimenti in innovazione. Nel Capitolo 8 è stato aggiornato il
complicato argomento riguardante la valutazione delle immobilizzazioni materiali,
in particolare le svalutazioni e rivalutazioni delle immobilizzazioni delle società di
capitali non quotate in borsa, e le differenze che esistono fra la prassi contabile ita-
liana per le società non quotate in borsa e l’applicazione del fair value per quelle
quotate. Il Capitolo 9 sottolinea come le società quotate in borsa debbano utilizzare
criteri più severi nella quantificazione dei fondi per rischi e oneri, trattandosi di
stime altamente soggettive che si prestano alla realizzazione di politiche di bilancio;
approfondisce anche il tema del riacquisto di azioni proprie. Il Capitolo 10 è stato
in buona parte riscritto. Il rendiconto finanziario, infatti, è un documento che molti
sanno preparare, ma la descrizione formale di come tutto questo debba essere fatto
non è semplice. Non è neppure semplice capire se il documento sia stato costruito
più o meno bene giacché, comunque sia, la somma dei valori deve quadrare con la
variazione della cassa e, a partire dalle semplici differenze fra due stati patrimoniali
consecutivi, già si dispone dei dati per costruire un rendiconto finanziario, sia pure
molto basico. Sapere, però, se siano state compiute o no tutte le rettifiche rilevanti
e, soprattutto, sapere come individuarle e quantificarle è altra cosa. Nella precedente
edizione Vl’illustrazione della procedura formale era contabilmente molto rigorosa
ma, proprio per questo, forse troppo complicata. In occasione della nuova edizione
ho pensato di semplificarla e presentare un metodo che personalmente utilizzo da
molti anni. La nuova procedura, implementabile su un foglio Excel, si presta a una
completa automazione garantendo, al tempo stesso, che tutti gli effetti delle retti-
fiche siano visibili e bilanciati. Il Capitolo 11, che tratta dell’analisi del bilancio è,
come detto, certamente uno fra i più impegnativi. Ho chiarito con nuovi esempi il
significato di alcuni indici, ho inserito la scomposizione del ROA oltre che del ROE,
e fatto riferimento, per alcuni esempi, ai valori del mercato finanziario. Infine, il Ca-
pitolo 12, presente sul web nella precedente edizione, non ha subito variazioni di
rilievo, ma è stato nuovamente inserito nel testo. L’indice analitico, come detto, si
aggiunge a questa quindicesima edizione.

| casi

I casi non suggeriscono necessariamente il modo corretto o sbagliato di affrontare i


problemi. In altri termini, essi non intendono sostituirsi all’esperienza o simulare
tutta la complessità delle situazioni reali. Riflettere sui problemi sollevati da un caso
e discuterli implica, però, che gli studenti analizzino i temi emersi, soppesino i diversi
elementi coinvolti, svolgano dei calcoli, assumano una posizione, la difendano e siano,
al tempo stesso, in grado di comprendere e apprezzare la prospettiva dei colleghi,
selezionando le argomentazioni più convincenti. Tutte queste attività integrative so-
Prefazione ® XIX

no necessarie per una comprensione soddisfacente della teoria e per affrontare i pro-
blemi concreti. Le Teaching notes presenti sul sito web e a uso dei colleghi presen-
tano una possibile discussione dei singoli casi.

Ringraziamenti
I suggerimenti dei colleghi che adottano il testo in molte sedi universitarie italiane
sono stati preziosi e in gran parte accolti. Ringrazio anche lo staff della McGraw-Hill,
in particolare Marta Colnago, Chiara Daelli, Beatrice Scolari e Daniele Bonanno per
l’impegno e i suggerimenti che hanno accompagnato la revisione del libro. Ringrazio
poi, ma non potrei farlo nominalmente perché sarebbe troppo lungo, tutti gli autori
di buoni ed eccellenti testi sul bilancio, non solo italiani, che ho avuto modo di leggere
o consultare in questi anni.
Non posso comunque esimermi, come accade in occasione di ogni nuova edi-
zione, dal fare un’eccezione. Un sentito riconoscimento rivolgo infatti immancabil-
mente alla memoria di Robert Anthony, già professore emerito della Harvard Business
School, per la sua leadership intellettuale. Il trascorrere del tempo non attenua la
mia gratitudine. Le sue idee, il suo modo di esprimerle in progressione cioè per ap-
profondimenti successivi, la sua capacità - a dire il vero rara - di non utilizzare mai
concetti in precedenza non illustrati, la sua abilità di iniziare da uno sguardo d’insieme
per poi entrare in profondità, la sua chiarezza espositiva, mi colpirono profondamente
quando lessi i suoi primi testi. Fu allora che capii che il bilancio non era una questione
di tecnica, ma un modello concettuale tanto complesso e sfidante, quanto affasci-
nante. Mi auguro che il suo insegnamento sia rimasto intatto in queste pagine.

Diego Maria Macri


diegomaria.macri(@gmail.com
Ringraziamenti dell’Editore

L’Editore ringrazia i docenti che hanno partecipato alla review e che, con le loro
preziose indicazioni, hanno contribuito alla realizzazione della quindicesima edizione
de Il bilancio:
Lorenzo Abbate, Università degli Studi di Palermo
Natalia Aversano, Università degli Studi della Basilicata
Enrico Marone, Università degli Studi di Firenze
Gianluca Masia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Guido Nassimbeni, Università degli Studi di Udine
Luisa Pellegrini, Università di Pisa
Guida alla lettura
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un breve Riepilogo degli argomenti
affrontati e con una serie
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di verificare immediatamente
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Capitolo

La natura e lo scopo
della contabilità
Gran parte dell’attività umana è svolta attraverso organizzazioni, gruppi di persone
che stabiliscono di cooperare stabilmente per conseguire obiettivi comuni e indivi-
duali. Nello svolgere queste attività le organizzazioni utilizzano una molteplicità di
risorse diverse che devono essere finanziate e che devono remunerare adeguatamente
i soggetti finanziatori.
Per operare efficacemente le organizzazioni hanno pertanto bisogno di conoscere
quante risorse stanno impiegando nelle diverse attività e se il loro utilizzo è econo-
mico. Informazioni analoghe sono necessarie ad attori esterni per esprimere un giu-
dizio sulle organizzazioni e legittimarle (acquistando i loro prodotti o fornendo loro
beni e servizi o finanziandole o investendo a titolo di rischio). La contabilità è un
sistema che fornisce questo tipo d’informazioni.
In termini molto generali le organizzazioni possono essere classificate in orga-
nizzazioni con scopo di lucro (imprese) e organizzazioni senza scopo di lucro
(organizzazioni no profit). Così come questi termini suggeriscono, scopo princi-
pale delle organizzazioni del primo tipo è conseguire un profitto soddisfacente, men-
tre le organizzazioni no profit hanno altre finalità, come governare, fornire servizi
sociali, sicurezza, sanità, istruzione!. La contabilità è simile in entrambi i tipi di or-
ganizzazione sebbene diversa possa essere la struttura dei documenti e, in parte, an-
che i contenuti e i criteri di misurazione utilizzati. Nel testo si farà riferimento in
particolar modo al bilancio delle imprese.

1.1 n La necessità di informazioni

In assenza di informazioni, la gestione di un’organizzazione non sarebbe ovviamente


concepibile: equivarrebbe a guidare un’autovettura bendati. Tutti i fatti importanti
che riguardano la vita di un’impresa dovrebbero essere rilevati, misurati e rappre-
sentati, anche se non è evidentemente possibile collezionarli, misurarli soddisfacen-

! Nel testo si utilizzerà spesso il termine “impresa”, inteso come soggetto economico che pro-
duce beni (imprese manifatturiere) e servizi (imprese commerciali, d’intermediazione finan-
ziaria, di assicurazione, di trasporto, di assistenza medica ecc.). L’impresa è una particolare or-
ganizzazione la cui funzione caratteristica è una soddisfacente produzione di ricchezza per
chi ha in essa investito. Anche il termine “azienda” sarà spesso usato, da intendersi qui come
sinonimo di organizzazione di beni e capitale umano finalizzata a soddisfare bisogni. Come
avviene nel linguaggio comune, i termini organizzazione, impresa, azienda e società spesso sa-
ranno utilizzati nel testo come se fossero intercambiabili.
2 m Capitolo 1

temente e interpretarli tutti adeguatamente. Sempre più numerose, poi, sono le fonti
d’informazione delle imprese e questo pone nuovi importanti quesiti su come sele-
zionare quelle rilevanti. La cosiddetta “trasformazione digitale” ha infatti negli ultimi
anni moltiplicato la quantità dei dati disponibili.
Alcune fonti di informazione sono strutturate e formali, come per esempio: un
sistema di Customer Relationship Management o CRM che raccoglie e codifica tutte
le interazioni di un’azienda con i clienti potenziali ed esistenti; sensori appositamente
progettati che rilevano e trasmettono automaticamente le modalità e la frequenza
di utilizzo del prodotto da parte del cliente; la contabilità generale che rileva le
fatture emesse e ricevute o il pagamento degli stipendi. Altre informazioni sono in-
vece informali e non sono raccolte e archiviate nei database aziendali, non sono dun-
que strutturate. Le quotidiane interazioni che si sviluppano fra le persone all’interno
dell’organizzazione producono innumerevoli informazioni di questa natura. Allo stes-
so modo, anche le relazioni con l’esterno, con clienti, fornitori, banche, partner, isti-
tuzioni, possono essere importanti fonti di dati sebbene non sempre strutturati. Infine,
i dati presenti sul Web e gli Open Big Data costituiscono già da tempo una sconfinata
frontiera per la ricerca di nuove informazioni rilevanti.
Se esaminate nei dettagli, le informazioni necessarie al funzionamento delle or-
ganizzazioni sono pertanto molto diverse. A un livello di sintesi alto, i bisogni d’in-
formazione della maggior parte delle organizzazioni sono però simili, e possono dun-
que essere classificati in poche categorie a seconda che si tratti di informazioni quan-
titative o non quantitative, una classificazione questa coerente con il sistema delle
rilevazioni del bilancio.
Per descrivere la necessità d’informazioni di un’organizzazione faremo qui riferi-
mento ad Alba Motori SpA, una concessionaria di automobili. Alba Motori SpA con-
segue i propri obiettivi economici: (1) vendendo automobili nuove e usate, (2) ven-
dendo pezzi di ricambio e accessori, (3) fornendo servizi di riparazione e manuten-
zione. È un’organizzazione costituita da 52 persone, guidata da Enrico Fonti, il pre-
sidente. L’impresa possiede un immobile che contiene l’autosalone, il punto vendita
dei ricambi, il magazzino ricambi, l’officina e gli uffici. È proprietaria di molte auto-
vetture nuove e usate pronte per essere vendurte, di un certo numero di PC, cellulari,
tablet e di una certa quantità di pezzi di ricambio, accessori e disponibilità liquide.
Tutti questi sono esempi di risorse necessarie all’impresa per svolgere la propria
attività. La Figura 1.1 mostra i diversi tipi di informazioni che potrebbero essere utili
alle persone interessate alla gestione di Alba Motori SpA. Queste informazioni sono
di natura quantitativa e non quantitativa.
Le informazioni quantitative sono esprimibili mediante numeri. Le informazioni
non quantitative sono invece quelle raccolte attraverso l’osservazione, le conversa-
zioni, gli articoli di giornale, internet, il Web, i libri, i programmi televisivi e così
via. I1 sistemi contabili trattano prevalentemente informazioni quantitative. Quelle
contabili, poi, sono uno specifico tipo d’informazioni quantitative perché espresse
per lo più in termini monetari. Pur essendo quantitativi, i dati sull’età dei dipendenti
e sulla loro anzianità professionale non sono di solito considerati informazioni con-
tabili. Tuttavia, il confine fra informazioni contabili e informazioni quantitative non
monetarie non è netto.
Un documento contabile delle vendite di Alba Motori SpA mostrerebbe, per
esempio, non soltanto il valore dei ricavi realizzati, ma anche il numero di automobili
vendurte di ciascun tipo, comunicando dunque anche un dato non monetario. Infor-
mazioni non monetarie, come si vedrà, sono incluse nella nota integrativa al bilancio,
perché consentono al lettore di comprenderlo meglio. Una domanda centrale è per-
tanto: quali sono le informazioni necessarie per (1) conoscere l’ammontare delle ri-
sorse investite da Alba Motori SpA in un certo momento, (2) delle fonti finanziarie
La natura e lo scopo della contabilità ® 3

Informazioni
Î
Consistono di

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Informazioni non quantitative Informazioni quantitative
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Informazioni monetarie Informazioni non monetarie

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Informazioni Informazioni Informazioni Informazioni
operative di bilancio per il management fiscali
ì PI a PI

Figura 1.1
I diversi tipi
di informazione.

che ne hanno consentito il possesso e (3) per esaminare la performance economica


che l’impresa ha conseguito in un certo periodo utilizzando le suddette risorse?
Queste informazioni possono essere classificate in quattro categorie: (1) informazioni
monetarie operative, (2) informazioni di bilancio, (3) informazioni per il management,
(4) informazioni per il pagamento delle imposte o informazioni fiscali. Ciascuna di
queste quattro categorie è riportata nella parte inferiore della Figura 1.1.

1.1.1 ® Le informazioni monetarie operative


Una grande quantità d’informazioni contabili di natura operativa è necessaria per
rendere possibile lo svolgimento delle attività ordinarie di un’organizzazione. Per
esempio, i dipendenti di Alba Motori devono ricevere mensilmente gli stipendi negli
esatti importi dovuti, ed è obbligatorio conservare registrazioni contabili relative a
ciascun dipendente che riportino gli importi maturati e quelli pagati, come pure
varie elaborazioni per il pagamento degli oneri fiscali e contributivi; i venditori de-
vono conoscere il costo e il prezzo di ciascuna automobile in vendita; quando si
vende un’autovettura è necessario procedere alla rilevazione del corrispondente ri-
cavo; le persone che lavorano al magazzino ricambi devono conoscere quali ricambi
e accessori sono disponibili e il loro prezzo di vendita. Se le rimanenze di un certo
ricambio si vanno esaurendo rapidamente, questo fatto deve essere noto a chi si oc-
cupa di acquisti perché possa emettere tempestivamente un ordine. Si deve poi co-
noscere il credito commerciale vantato nei confronti del singolo cliente e bisogna
sapere se un cliente è in ritardo con i pagamenti per poterlo sollecitare. L’impresa
deve anche sapere qual è il debito che ha nei confronti dei singoli creditori, quando
estinguere ciascun obbligo e quanto denaro è disponibile in banca.
Le informazioni monetarie operative rappresentano la maggior parte di tutte le in-
formazioni contabili. Come suggerito dalle frecce nella parte bassa della Figura 1.1, le
informazioni operative sono la principale fonte dei dati elementari necessari a redigere
il bilancio, fornire informazioni al management e pagare le imposte sul reddito.
4 = Capitolo 1

1.1.2 n Le informazioni di bilancio

Le informazioni di bilancio sono usate dal management e soprattutto da terze parti, cioè
soggetti economici esterni interessati alla vita dell’organizzazione: azionisti, banche, cre-
ditori, Ministero delle finanze, osservatori finanziari, dipendenti, fornitori e la stessa co-
munità al cui interno l’organizzazione opera. Il bilancio è costituito da una serie di do-
cumenti che informano su “come l’azienda sta andando”. Per esempio, gli azionisti di
Alba Motori, che hanno investito denaro nell’azienda, devono potere disporre di questo
tipo di informazioni. Se, infatti, decidessero di vendere le proprie azioni, dovrebbero es-
sere in grado di giudicare il valore della loro cessione. Informazioni simili servono, spe-
cularmente, ai potenziali acquirenti di azioni dell’impresa. Inoltre, se l’impresa intendesse
ottenere un prestito, allora la potenziale banca avrebbe bisogno d’informazioni sulla sol-
vibilità dell’impresa cioè sulla probabilità di ottenere il rimborso del prestito. Solo in
rari casì, però, gli attori esterni all’impresa hanno diritto all’accesso d’informazioni pre-
parate specificamente per loro. Nella maggior parte, i soggetti esterni devono limitarsi
alle informazioni del bilancio pubblico e a quelle che l’impresa ha deciso di fornire.
È importante precisare che qualora i soggetti esterni non conoscessero le regole
alla base della compilazione del bilancio di Alba Motori, allora essi non potrebbero
comprenderle e non ci si può neppure aspettare che le persone apprendano regole
diverse per bilanci di imprese diverse. Le regole che presiedono alla redazione del bi-
lancio pubblico o bilancio esterno non cambiano pertanto generalmente da un’im-
presa all’altra, salvo le importanti precisazioni svolte nel Paragrafo 1.5. Queste regole
generali che presiedono alla raccolta, misurazione e presentazione sintetica dei risultati
economico-finanziari sono l’oggetto di studio della contabilità e del bilancio.

1.1.3 ® Le informazioni per il management


Il presidente, il vicepresidente, i responsabili delle diverse aree e gli altri manager di
Alba Motori non hanno tempo per esaminare tutti i dettagli delle informazioni mo-
netarie operative. Si affidano, invece, a sintesi di queste informazioni (per lo più con
riferimento a specifiche aree o entità od “oggetti” di interesse), che utilizzano, unita-
mente ad altre informazioni, per svolgere il loro lavoro. Le informazioni contabili spe-
cificamente preparate per assistere il management e orientarlo verso il conseguimento
degli obiettivi dell’impresa sono dette informazioni di controllo di gestione. Que-
ste informazioni sono usate nell’ambito di tre tipiche funzioni del management, cioè
la programmazione, l’implementazione (o attuazione dei piani) e il controllo?.

1.1.4 n Le informazioni fiscali

Alba Motori SpA deve presentare la propria dichiarazione dei redditi. Le regole per
determinare il reddito civilistico, cioè quello del bilancio pubblico, sono diverse
da quelle per determinare il reddito sul quale sono pagate le imposte, cioè il reddito
imponibile. L’azienda deve pertanto disporre d’informazioni specifiche finalizzate
alla dichiarazione dei redditi, finalizzate cioè al calcolo del reddito imponibile.
Come specificato nel Paragrafo 4.5.1, in Italia il reddito imponibile è calcolato ap-
portando rettifiche (variazioni in più e in meno) al reddito civilistico. Il calcolo

? Per questi argomenti si rimanda ai testi che si occupano di controllo di gestione. Si veda,
per esempio, R. Anthony, D. Hawkins, D. Macrì, K. Merchant, Sistemi di controllo di gestione:
analisi economiche per le decisioni aziendali, McGraw-Hill, Milano, 2020 (quindicesima edizione),
che costituisce il complemento a questo testo sul bilancio.
La natura e lo scopo della contabilità m 5

delle imposte non influenza pertanto il modo in cui è redatto il bilancio pubblico,
vale anzi il contrario perché le imposte possono essere calcolate solo una volta che
il reddito civilistico sia stato determinato. Il testo non affronta i problemi fiscali
per i quali si rimanda al codice tributario.

1.1.5 n La definizione di contabilità

La contabilità può avere a riferimento tutte le attività descritte in precedenza e, in


tutte, l’enfasi è posta sull’uso delle informazioni per migliorare il processo decisionale.
Sia i manager dell’impresa sia attori esterni usano le informazioni contabili per assu-
mere decisioni che influiscono sull’organizzazione. La contabilità può essere definita
come il processo di rilevazione, misurazione, analisi, interpretazione e comunicazione d’in-
formazioni che consentano agli utilizzatori di sviluppare giudizi, valutazioni e decisioni con-
sapevoli riguardanti i loro rapporti diretti o indiretti con l’impresa. Il bilancio, un docu-
mento che riassume i dati della contabilità generale, ha quindi lo stesso obiettivo.

1.2 ® L’approccio del libro


La contabilità può essere affrontata da una delle seguenti prospettive: dal punto di
vista del contabile o dal punto di vista del destinatario delle informazioni contabili.
Il primo approccio pone l’enfasi su concetti e tecniche utilizzati nel processo di rac-
colta, misurazione, sintesi e comunicazione delle informazioni contabili; il secondo
pone l’enfasi su che cosa i destinatari delle informazioni contabili debbano sapere di
contabilità. Il testo focalizza in prevalenza questo secondo approccio. La differenza
è comunque una questione di enfasi. 1 contabili, infatti, specie con riferimento al bi-
lancio interno cioè quello rivolto al management, devono sapere come e da chi
saranno utilizzate le informazioni. Il loro compito è raccogliere, interpretare e ripor-
tare le informazioni in una forma che sia la più utile possibile ai fruitori dell’infor-
mazione stessa. Gli utilizzatori delle informazioni, da parte loro, devono sapere come
i contabili operano, altrimenti non comprenderebbero appieno il significato delle in-
formazioni ricevute e non potrebbero utilizzarle al meglio.
Per esempio, chi usa le informazioni contabili deve conoscere il significato di
una determinata voce, quali ne sono i limiti o le ambiguità e in quali circostanze
potrebbe assumere un significato diverso da quello che apparentemente sembra co-
municare. I fruitori delle informazioni contabili non devono però sapere progettare,
costruire o gestire un sistema contabile (per queste importanti funzioni ci si rivolge
ai contabili di professione), così come chi guida un’autovettura non deve essere in
grado di progettare un navigatore, ma sapere quali informazioni lo strumento produce
e qual è l’accuratezza delle informazioni che fornisce.

1.2.1 ® Pregiudizi sulla contabilità


I lettori di questo libro hanno già avuto a che fare, più o meno consapevolmente, con
molti tipi di informazioni contabili. Le ricevute delle carte di credito, gli estratti conto
bancari dell’home banking, le bollette, i bonifici, gli sms ricevuti a seguito di pagamenti
con l’app dello smartphone, fanno tutti parte di sistemi contabili. Nei quotidiani si
legge dei profitti (o delle perdite) di singole imprese o d’interi settori industriali, di
dividendi distribuiti e d’investimenti necessari per portare a compimento grandi opere
pubbliche. Anche queste informazioni provengono da sistemi contabili. Chi si accinge
a leggere un libro che affronti temi di contabilità già dispone, ancor prima d’iniziare,
di molti “indizi” e già ha sviluppato, probabilmente, alcune idee sulla contabilità.
6 m Capitolo 1

Il problema è che alcune di queste idee conducono a considerazioni e aspettative


sbagliate o fuorvianti. Per esempio, sembra intuitivamente ragionevole che i sistemi
contabili rilevino quanto vale un’azienda. Il bilancio, come vedremo, non produce
però quesv’informazione, né cerca di farlo a tutti i costi. È diffusa inoltre la convin-
zione che con il termine risorsa patrimoniale o attività? o asset ci si riferisca a tutte
le cose di valore che l’azienda possiede. Le capacità professionali e le competenze
dei dipendenti di un’organizzazione non sono però una risorsa patrimoniale (un’at-
tività) da un punto di vista contabile, non sono cioè rappresentate in bilancio, sebbene
siano “cose di valore” il più delle volte fondamentali per l’organizzazione.
È quindi importante abbandonare alcuni preconcetti: i sistemi contabili “reali”
possono essere diversi sotto importanti punti di vista da come avevamo supposto
che fossero. Potremmo scoprire che vi sono ottime ragioni per mantenere in vita
queste differenze e che è importante comprenderle. Gli utenti d’informazioni con-
tabili devono conoscere abbastanza i concetti e le tecniche sottostanti per giungere
a comprendere la natura e i limiti delle informazioni che utilizzano.

1.3 ® Il quadro concettuale che regola la contabilità e il bilancio


“ LI

Supponete che vi sia chiesto di mantenere traccia di ciò che accade in un’organiz-
zazione per fornire informazioni utili a chi la gestisce. Un modo di portare a termine
questo compito potrebbe essere quello di scrivere un “racconto”, una sorta di diario
di bordo e registrare tutti gli accadimenti importanti, come potrebbe fare il capitano
di una nave. Dopo una prima esperienza iniziale sviluppereste gradualmente un corpo
di regole per rendere più efficace la vostra attività. Per esempio, poiché sarebbe im-
possibile tenere traccia di tutti gli eventi riguardanti le singole persone all’interno
dell’organizzazione, sviluppereste alcune regole per stabilire quali siano quelli suffi-
cientemente interessanti da meritare di essere tracciati e quali, invece, scartare perché
poco rilevanti. Capireste, inoltre, che il vostro diario di bordo acquisirebbe maggior
valore se alcuni termini fossero normalizzati. La standardizzazione, infatti, consenti-
rebbe a persone esterne che leggessero il vostro diario di capire meglio il senso e le
intenzioni delle vostre trascrizioni. Standardizzando termini e definizioni potreste,
inoltre, affidare il compito di effettuare le rilevazioni anche a un’altra persona, avendo
però buone garanzie che il suo diario conterrebbe informazioni molto simili a quelle
che sarebbero state da voi rilevate. Nello sviluppare le regole del diario, però, sareste
necessariamente in qualche modo arbitrari. Esistono, infatti, modi diversi di descrivere
uno stesso evento e molti di questi potrebbero essere soddisfacenti. Per potere di-
sporre di una base condivisa di comprensione dovreste pertanto selezionare solo uno
di questi modi. Tutte queste considerazioni sono centrali nello sviluppo del processo
contabile. Il bilancio si è evoluto nel corso dei secoli e così pure è accaduto alle
regole, alla terminologia e ai principi dei quali esso si avvale. Per comprendere i ren-
diconti economico-finanziari che compongono il bilancio è dunque fondamentale
conoscerne le sottostanti convenzioni e i sottostanti scopi.

3 Il termine attività è conosciuto nel linguaggio comune con il significato di azione o lavoro,
impiego, occupazione. In contabilità, invece, le attività o asset sono, come più volte ricordato
nel testo, le risorse (cioè le cose di valore) possedute da um’impresa a una certa data e rap-
presentate nella parte di sinistra dello stato patrimoniale. Le attività in un certo momento
sono anche interpretabili, come si dirà, come gli investimenti dell’impresa in quel momento.
La natura e lo scopo della contabilità m 7

1.3.1 ® La contabilità come linguaggio


La contabilità può essere interpretata come il linguaggio del business. Imparare i con-
cetti base della contabilità è simile all’apprendimento di un linguaggio tecnico, ma
talvolta più difficile, perché molti dei termini specifici della contabilità sono presenti
anche nel linguaggio colloquiale, indicando però, in tal caso, altri concetti. Per esem-
pio, i contabili utilizzano il termine “utile” per indicare uno specifico valore riportato
sui documenti di bilancio. Nel linguaggio comune, invece, il termine “utile” è un ag-
gettivo che si applica quando qualcosa è percepito come di valore perché in grado
di produrre un beneficio. Un tale significato non coincide con quello contabile (il
significato di Utile o Reddito è spiegato nel Capitolo 2).
La contabilità è guidata da alcune regole pienamente condivise e da altre che
non lo sono. I contabili possono avere diverse opinioni su come registrare un evento,
così come una persona che scrive può preferire una determinata struttura della frase,
una diversa parola o una diversa punteggiatura. Tuttavia, così come talune espressioni
denotano un uso non elegante della lingua italiana, parimenti alcune pratiche con-
tabili non sono appropriate. Nei prossimi capitoli saranno presentati i principi alla
base di una corretta pratica contabile e indicate le aree ove esistono divergenze di
opinioni su cosa sia o no appropriato.
Nel caso della contabilità e del bilancio (che periodicamente riassume e struttura
i dati della contabilità), i principi generali descritti nel testo sono quelli oggi in uso,
ma saranno in futuro certamente cambiati per rispondere ai nuovi fabbisogni informativi
delle organizzazioni e dei portatori d’interesse. Come già detto, infatti, il bilancio è un
sistema artificiale che persegue scopi e finalità d’informazione mutevoli nel tempo.

1.3.2 ® La natura dei principi


Le norme e i concetti di base della contabilità sono comunemente definiti principi.
Un principio è da intendere come una legge generale o una regola che guida l’azione.
Questo significa che i principi contabili non prescrivono esattamente come un’azien-
da debba registrare ciascun evento che la riguarda. Di conseguenza, molte questioni
legate alla contabilità possono essere trattate, almeno in parte, diversamente da questa
o quell’impresa. La maggior parte di queste differenze sono inevitabili, perché un
unico dettagliato corpo di regole non potrebbe mai essere applicato a tutte le imprese.
In parte, queste differenze riflettono anche la circostanza che, sia pure nel rispetto
dei principi contabili, è lasciata ai manager una qualche discrezione per esprimere
le proprie idee su come meglio registrare uno specifico evento. Chi legge un bilancio
potrebbe quindi talvolta non comprendere appieno il significato di tutte le voci che
lo costituiscono, a meno che non sappia quale, fra le alternative possibili, abbia scelto
chi ha preparato i documenti.

1.3.3 ® Tre criteri generali per la formulazione dei principi contabili


I principi contabili sono formulati da essere umani. A differenza dei principi della
fisica, della chimica e delle scienze naturali, i principi contabili non sono dedotti da
assiomi fondamentali, né possono essere falsificati tramite osservazioni o esperimenti.
I principi contabili si sono evoluti nel tempo e continueranno a farlo: non si tratta
di verità eterne, anzi il loro dinamismo tende ad accentuarsi nel tempo.
L’accettazione di un principio contabile dipende dalla sua capacità di rispettare
alcune norme di carattere generale: la rilevanza, l’oggettività e la fattibilità. Un prin-
cipio è rilevante se produce informazioni importanti e utili riguardo a un’impresa,
dunque informazioni che possono influenzare le decisioni economiche di chi le uti-
8 = Capitolo 1

lizza. Un principio è oggettivo se produce informazioni non influenzate dal giudizio


di chi le fornisce. L’oggettività implica pertanto affidabilità (applicato da due persone
diverse uno stesso principio dovrebbe portare allo stesso risultato) e verificabilità
(deve esistere un modo, attraverso urn’indipendente ricostruzione del processo con-
tabile, per controllare che l’informazione sia corretta). Infine, un principio è fattibile
se può essere implementato senza eccessivi costi o complessità.
Questi criteri sono spesso in conflitto l’uno con l’altro. In alcuni casi, la soluzione
più rilevante è esclusa perché potrebbe essere quella meno oggettiva e fattibile.
Molte volte è questa la scelta preferita.

Lo sviluppo di un nuovo prodotto può avere un effetto importante sul valore di mercato
Esempio di un’impresa. La scoperta di un principio attivo particolarmente efficace o lo sviluppo
di un nuovo chip a basso consumo energetico per smartphone ne sono esempi. L’in-
formazione sul valore dei nuovi prodotti è molto utile per gli investitori e la migliore
stima possibile è quella del management. Ciononostante, si tratterebbe di una stima
altamente soggettiva. La contabilità non si prefigge pertanto di rilevare tali valori: sa-
crifica la rilevanza nell’interesse dell’oggettività.

ll valore che TESLA, la più innovativa impresa mondiale di auto elettriche, ha per i
Esempio suoi proprietari è ottenuto moltiplicando il prezzo di mercato di un’azione per il numero
di azioni in circolazione. Questa stima è certamente più accurata del valore contabile
del capitale netto che compare nel bilancio. Il mercato ha attribuito all’impresa un va-
lore di 96,9 miliardi di dollari il 31 marzo 2020, mentre il valore del capitale netto in
bilancio era, alla stessa data, 6,61 miliardi di dollari, circa 15 volte inferiore. La differenza
non indica un errore nei rendiconti, comunica semplicemente che il bilancio non intende
rappresentare il valore di mercato di un’impresa. L’indicatore che segnala questa dif-
ferenza (Capitolo 11) è il quoziente P/B o Price/Book value, il rapporto cioè fra il prezzo
di mercato di un’azione e il suo valore contabile (il valore del capitale netto presente
in bilancio diviso per il numero di azioni in circolazione). Nel caso TESLA, il valore del
quoziente era 14,67 a fine marzo 2020. Come detto, il mercato attribuiva dunque al-
l’impresa un valore circa 15 volte superiore di quello del bilancio.

Nello sviluppare nuovi principi, il problema essenziale è trovare il giusto equilibrio


fra la rilevanza da un lato e l’oggettività e la fattibilità dall’altro. La mancanza di com-
prensione di questo trade-off (cioè la necessità di dovere bilanciare esigenze fra loro
in controtendenza) porta spesso a critiche dei principi contabili che sono però inap-
propriate. È facile criticare la contabilità sostenendo che l’informazione prodotta non
sia poi così rilevante come dovrebbe essere, ma queste critiche sottovalutano che
per aumentare la rilevanza dei dati sarebbe spesso necessario sacrificare l’oggettività
e la fattibilità. In molte circostanze non ne varrebbe la pena.
Il bilancio, comunque, non è, come detto, un “sistema naturale” del quale indagare
il funzionamento. Al contrario, è un sistema artificiale realizzato dagli uomini per con-
seguire determinati scopi, sicché le regole che presiedono alla sua redazione cambiano
nel tempo. Sino agli anni Settanta dello scorso secolo, per esempio, l’interazione fra
impresa e ambiente era più limitata, sviluppandosi in prevalenza attorno alle relazioni
con i soci, i finanziatori e i fornitori. In Italia, la principale finalità del bilancio era so-
prattutto quella di rendere conto dell’operato degli amministratori ai soci e di tutelare
i creditori applicando, dunque, valutazioni improntate a grande prudenza* con il ri-
schio di produrre risultati non pienamente rappresentativi della reale performance.
A partire da quegli anni, però, l’intensità dei rapporti con l’esterno è cresciuta e
il comportamento delle aziende è oggi fortemente condizionato da tutti i soggetti in-

‘ Il principio di prudenza è descritto nel Capitolo 3.


La natura e lo scopo della contabilità m® 9

teressati e potenzialmente interessati ai suoi risultati economici, anche soggetti in-


ternazionali. Al bilancio è stata dunque gradualmente assegnata una funzione in-
formativa pubblica volta a favorire - attraverso l’armonizzazione delle regole dei
diversi Paesi - l’ingresso delle imprese nel mondo finanziario globale dei capitali. Ac-
quista in tal modo progressiva importanza il compito di rappresentare, in particolare
per le società quotate in borsa, risultati economici non penalizzati da un’applicazione
eccessivamente severa del principio della prudenza. Questo principio tende ad anti-
cipare perdite, magari in parte di competenza futura, e, al contrario, a rinviare a esercizi
futuri quote di reddito perché ancora non pienamente realizzate”. A questa progressiva
esigenza di comunicare una performance non penalizzata da ur’eccessiva prudenza
si è ispirato il legislatore che, a più riprese, ha modificato la disciplina del bilancio
verso le nuove necessità informative (la questione è approfondita nel Capitolo 8 che
tratta il tema delle svalutazioni e rivalutazioni).

1.4 n | rendiconti economico-finanziari

La finalità ultima del processo contabile è la produzione di documenti o rendiconti


economico-finanziari, i documenti che riassumono i dati della contabilità generale
sintetizzando il risultato della gestione. Il Codice Civile rende obbligatorio per le so-
cietà quotate in borsa la produzione di 4 rendiconti: (1) lo stato patrimoniale; (2) il
conto economico; (3) il rendiconto finanziario®; (4) la nota integrativa, un documento
contenente informazioni complementari e integrative. Nel loro insieme questi do-
cumenti costituiscono il bilancio.
Molti rendiconti nei campi più svariati possono essere classificati in due categorie:
(1) rendiconti di stock o di stato; (2) rendiconti di flusso.
La quantità d’acqua presente in un certo istante all’interno di un bacino idrico è
una misura di stock, mentre quella che defluisce in un certo periodo è una misura di
flusso. I rendiconti di stato si riferiscono sempre a un determinato istante, mentre quelli
di flusso hanno sempre a oggetto un determinato periodo di tempo. I rendiconti di stock
sono un”’istantanea”, quelli di flusso sono una sorta di “filmato”. Un rendiconto di stock
è lo stato patrimoniale che fornisce informazioni sulle risorse possedute da un’azienda
in un certo momento e sui diritti che su tali risorse vantano, sempre allo stesso momento,
sia la proprietà sia terze parti. Gli altri due rendiconti, il conto economico e il rendiconto
finanziario (o rendiconto dei flussi di cassa), sono rendiconti di flusso. Essi contengono
informazioni sui risultati delle attività svolte in un certo periodo di tempo, come, per
esempio, un anno o un trimestre.
Le società quotate in borsa pubblicano annualmente e trimestralmente il bilancio
e lo rendono disponibile anche sul Web. Lo scopo di questo testo è fornire la cono-
scenza necessaria a leggere e interpretare con padronanza un bilancio.
Il capitolo fornisce una preliminare descrizione sintetica dello stato patrimoniale
e del conto economico e, pertanto, le definizioni presentate devono essere conside-

° ] concetti di perdita, utile, prudenza, competenza saranno illustrati nel seguito. Per il momento
è importante comprendere che l’enfasi della funzione assegnata al bilancio si è in questi ultimi
anni gradualmente spostata dalla salvaguardia dell’integrità del patrimonio a tutela della garanzia
dei terzi a quella di fornire ai portatori attuali e potenziali di capitale di rischio (cioè azionisti
attuali e potenziali) informazioni sulla performance dell’impresa non eccessivamente condizio-
nate dalla prudenza e utili per una valutazione il più possibile prospettica dell’impresa.
° Le società non quotate in borsa non hanno l’obbligo di produrre il rendiconto finanziario.
10 = Capitolo 1

rate preliminari. 1 prossimi otto capitoli illustrano più approfonditamente questi due
rendiconti, mentre il Capitolo 10 è dedicato al rendiconto finanziario. Poiché que-
st’ultimo documento deriva dai dati contenuti nei primi due, sarebbe illogico pre-
sentarlo prima di avere spiegato lo stato patrimoniale e il conto economico.

1.4.1 ® Lo stato patrimoniale


La Figura 1.2 mostra lo stato patrimoniale dell’impresa Moretti SpA al 31 dicembre
2019 (i significati di alcune voci che compongono il documento non risulteranno
subito chiari perché saranno esaurientemente approfonditi nei prossimi capitoli).
Lo stato patrimoniale di Moretti SpA è urn’istantanea della posizione patrimoniale
e finanziaria dell’azienda. Il documento ha due sezioni: sulla sinistra ci sono le attività,
sulla destra le passività e il capitale netto. Di seguito è esposta una preliminare de-
scrizione di ciascuna delle due sezioni (una spiegazione più approfondita delle singole
voci si trova nel Capitolo 2).

Moretti SpA
Stato patrimoniale
31 dicembre 2019
(€ x 1000)

Attività Passività e capitale netto

Attività correnti: Passività correnti:


Cassa 1449 _ Debiti verso fornitori 5302
Titoli in portafoglio 246 Debiti a breve verso banche 1000
Crediti commerciali netti 9944 Costi sospesi 876
Rimanenze 10 623 Debiti tributari 1541
Costi anticipati 389 Quota in scadenza debiti 500
Attività correnti (A) 22651 a lungo termine
Passività correnti (F) 9219
Attività immobilizzate: Passività a lungo termine:
Terreni, fabbricati, impianti M UO D
e macchinari 26946 Debiti finanziari a lungo
Meno fondo termine 2000
ammortamento 13534 Debiti tributari a lungo
I _ I — termine 824
Immobilizzazioni materiali i j =
nette (B) 13 412 Passività a lungo termine (G) 3124
Immobilizzazioni finanziarie (C) 1110 Totale passività (H = F + 6) 12 343
Marchi e brevetti 403
Avviamento 663 Capitale netto:
Immobilizzazioni Capitale sociale 1000
immateriali (D) 2176 Riserva da sovrapprezzo
Attività immobilizzate delle azioni __11256
(EESABEACED) 15588 Capitale versato (I) 12 256
Riserve di utili (L) 13 640
Capitale netto (M = l + L) 25 896

Figura 1.2 l Totale passività


Totale attività (A + D) 38 239 e capitale netto (N = H + M) 38 239
Lo stato
patrimoniale.
La natura e lo scopo della contabilità m 11

Attività
Un’impresa ha bisogno di denaro, macchinari, impianti, stabilimenti, applicazioni soft-
ware, touchpoint digitali, siti Web e altre risorse per operare. Queste risorse sono le
sue attività. Le attività sono risorse “di valore” possedute dall’azienda. La sezione di
sinistra dello stato patrimoniale ne mostra ’ammontare a una determinata data. Per
esempio, l’ammontare della cassa posseduta da Moretti SpA al 31 dicembre 2019 è
€ 1449 000. Le attività, come detto, sono risorse possedute da Moretti SpA. I suoi
dipendenti, sebbene rappresentino probabilmente la risorsa più preziosa, non sono
attività, perché un’azienda non possiede i propri dipendenti. Non tutte le risorse di
valore di cui si avvale un’impresa sono dunque rappresentate in bilancio.

Passività e capitale netto


La sezione di destra dello stato patrimoniale mostra le fonti che hanno finanziato il
possesso delle attività. Così come le descrizioni citano, ci sono due principali categorie
di fonti finanziarie, le passività e il capitale netto.
Le passività sono obblighi di comportamento che l’azienda ha nei confronti di
terze parti per avere da queste ricevuto risorse. Le terze parti sono normalmente de-
nominate creditori poiché hanno concesso credito all’azienda. Come la Figura 1.2 mo-
stra, il credito concesso complessivamente dai fornitori al 31/12/2019 è € 5 302 000,
così come indicato dalla passività: debiti verso fornitori.
Le parti terze che hanno finanziato l’impresa (i creditori) vantano diritti sulle
attività per un ammontare mostrato dal valore della passività che l’azienda ha nei
loro confronti. Per esempio, le banche hanno concesso prestiti a breve a Moretti SpA
per € 1000 000 e, pertanto, vantano diritti per un tale ammontare, così come mo-
strato dalla voce debiti a breve verso banche. Poiché un’azienda utilizzerà le proprie
attività per estinguere le passività, i diritti dei creditori sono vantati nei confronti
delle attività.
L’altra categoria di fonte finanziaria di cui l’azienda si avvale per disporre delle pro-
prie attività è denominata capitale netto o patrimonio netto. Îl termine è capitale
netto (al singolare) e non capitali netti (al plurale) anche se in realtà esso è costituito
da: (1) l’ammontare di denaro apportato direttamente dalla proprietà e denominato ca-
pitale versato; (2) ’ammontare di “ricchezza” (utili) generata attraverso la gestione e
non distribuita sotto forma di dividendo ai proprietari, denominata riserve di utili.
I creditori possono perseguire legalmente l’azienda se gli obblighi nei loro con-
fronti non sono rispettati. Chi investe nel capitale netto gode, invece, solo di un
diritto residuale. Questo significa che, qualora la società sia sciolta, i detentori del
capitale netto potranno rifarsi solo su quanto resta dopo avere onorato tutte le pas-
sività (è per questo motivo che i proprietari di un’impresa sono anche denominati
detentori del capitale di rischio).
La sezione di destra, lo stato patrimoniale, può essere descritta in due diversi
modi e cioè: (1) come ammontare delle fonti finanziarie messe complessivamente a
disposizione dai creditori e dalla proprietà; (2) come diritti complessivamente vantati
dai creditori e dalla proprietà sulle attività aziendali. È possibile utilizzare indiffe-
rentemente l’una o l’altra di queste due definizioni.

1.4.2 " Il principio del duplice aspetto


Deducendo dal valore delle attività quello dei diritti vantati dai creditori (cioè le
passività), si ottiene l’ammontare dei diritti vantati dai detentori del capitale netto,
cioè dalla Proprietà. Se a una certa data le attività di un’azienda ammontano a € 10 000
e le passività a € 4000, allora il capitale netto o patrimonio netto è di € 6000.
12 = Capitolo 1

Poiché: (1) ogni attività sulla quale non vantano diritti i creditori sarà rivendicata
dai detentori del capitale netto (la proprietà) e (2) il totale dei diritti vantati sulle
attività (cioè: passività + capitale netto) non può eccedere quanto l’azienda possiede
(le attività), allora se ne deduce che il totale delle attività è sempre pari alla somma
delle passività + il capitale netto.
Il fatto che il totale delle attività debba uguagliare o bilanciare il totale delle
passività + il capitale netto, giustifica la denominazione anglosassone di tale rendi-
conto come Balance Sheet. Quest’uguaglianza non dice nulla sulla posizione patri-
moniale e finanziaria dell’azienda. L’uguaglianza, infatti, è sempre verificata, a meno
che non siano stati commessi errori nelle registrazioni contabili.
Tali considerazioni sono alla base del principio del duplice aspetto il quale
sancisce l’uguaglianza fra: (1) attività e (2) passività + capitale netto. La condizione
esiste anche qualora le passività siano superiori alle attività. Per esempio, se un’azienda
che operasse in perdita ormai da tempo avesse attività per un valore complessivo di
€ 100000 e passività per € 120 000, allora il capitale netto assumerebbe un valore
negativo di € 20 000.
Il principio del duplice aspetto, il primo degli undici presentati nei Capitoli 2
e 3, può essere espresso sotto forma di equazione:
attività = passività + capitale netto

Si tratta di un’equazione fondamentale che è alla base di tutta la contabilità e che


è possibile riscrivere in una forma che mette in luce come il capitale netto costituisca
un valore residuale:

capitale netto = attività - passività

Se, per esempio, le attività di Rossi Srl ammontassero a € 19 000 e le passività a € 3000,
allora il capitale netto sarebbe di € 16 000 (tenuto conto del fatto che il capitale netto
è sempre la differenza fra le attività e le passività, il termine capitale netto potrebbe
essere sostituito da attività nette, cioè attività al netto delle passività).
Ciascuna transazione contabile può essere descritta nei termini dei suoi effetti
su questa equazione fondamentale del bilancio. Per esempio, se Rossi Srl acquistasse
una nuova autovettura per € 15 000 pagandola in contanti, allora questo evento sa-
rebbe rilevato da una riduzione dell’ammontare della Cassa (— € 15 000) e da un au-
mento, fra le attività, della voce autovetture (+ € 15 000).
L’ammontare delle attività e delle passività di un’azienda varia di giorno in giorno,
ma lo stato patrimoniale riporta, come detto, le attività, le passività e il capitale netto
riferiti a uno specifico istante e deve quindi essere corredato di data”.
Tornando all’esempio iniziale, se il 1° gennaio 2020 - subito dopo la mezzanotte
del 31 dicembre 2019 - Moretti SpA redigesse lo stato patrimoniale d’apertura del
nuovo anno, allora questo sarebbe identico a quello della mezzanotte del giorno pre-
cedente (Figura 1.1) poiché niente sarebbe cambiato tra la chiusura di un certo
giorno e la riapertura del giorno seguente.
La Figura 1.3 mostra il conto economico di Moretti SpA. L’aumento di capitale
netto determinato dalle operazioni di gestione in un certo periodo di tempo è de-
nominato risultato netto, profitto o reddito o utile del periodo (qualora positivo;
altrimenti perdita del periodo qualora negativo). Il conto economico spiega come il
reddito sia stato generato. La Figura 1.3 mostra uno standard di conto economico

7 Poiché il riferimento è a uno specifico momento e non a un intero giorno, è sottinteso che
l’istante al quale si riferisce il bilancio è il momento di chiusura delle attività nel giorno
indicato nel rendiconto.
La natura e lo scopo della contabilità = 13

Moretti SpA
Conto economico anno 2019
(€ x 1000)

Ricavi
Meno: costo del venduto 52 227
Margine lordo 2325
Meno: costi operativi 10 785
Risultato prima delle imposte 12 466
Meno: imposte sul reddito 6344
Figura 1.3 Risultato netto
Il conto economico.

ampiamente utilizzato (il conto economico è descritto in maggior dettaglio nel Ca-
pitolo 3). L’equazione di base del conto economico è:

ricavi - costi di competenza = reddito


La prima voce del conto economico sono i ricavi derivanti dalla vendita, cioè il valore
dei prodotti (beni e servizi) consegnati o erogati ai clienti durante il periodo. La se-
conda voce è il costo del venduto (o costo dei beni venduti) che rappresenta il costo
delle risorse direttamente riconducibili alla produzione dei beni o all’erogazione dei
servizi i cui ricavi sono riportati nella prima riga (come, per esempio, il costo dei
materiali diretti o della manodopera diretta utilizzati per la produzione dei beni ven-
duti o dei servizi erogati). Per un’impresa commerciale il costo del venduto è il costo
d’acquisto della merce che è stata venduta.
La differenza fra i ricavi derivanti dalla vendita e il costo del venduto si chiama
margine lordo e pertanto si ha:
margine lordo = ricavi - costo del venduto
Se i costi operativi sono quindi sottratti dal margine lordo, allora si determina il red-
dito prima delle imposte. Si ha pertanto:
margine lordo - costi operativi = reddito prima delle imposte
I costi operativi di competenza (Capitolo 3) includono: (1) costi direttamente asso-
ciabili a singole transazioni di vendita ma non facenti parte del costo del venduto
(per esempio, le provvigioni riconosciute ai venditori, oppure royalties pagate per
prodotti realizzati su brevetti di terzi); (2) costi associati alle attività di gestione del
periodo contabile ma non direttamente riconducibili a specifiche transazioni di ven-
dita del periodo, quanto piuttosto ai ricavi nel loro complesso (per esempio, le attività
degli uffici amministrativi); (3) costi che non daranno alcun beneficio in futuro ma
che non sono neppure associati alle attività di gestione del periodo (per esempio,
merce che ha perso valore a seguito di un incendio, dunque un costo non ricondu-
cibile allo svolgimento delle attività di acquisto, trasformazione e vendita, un costo
che non ha prodotto alcuna utilità).
La voce successiva nella Figura 1.3, cioè le imposte sul reddito, è mostrata sepa-
ratamente perché si tratta di un elemento di costo particolarmente importante che
è possibile calcolare dopo avere determinato il reddito imponibile (Paragrafo 4.5.1).
L’ultima riga del conto economico, come detto, è denominata risultato netto o utile
netto o reddito (o perdita se i costi di competenza sono maggiori dei ricavi).
14 = Capitolo 1

1.4.3 ® Un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari


La Figura 1.4 rappresenta un “pacchetto” di rendiconti economico-finanziari costituito
da due stati patrimoniali e un conto economico (un pacchetto completo compren-
derebbe anche il rendiconto dei flussi di cassa o rendiconto finanziario). La figura
mostra come lo stato patrimoniale, il prospetto delle variazioni delle riserve di utili
e il conto economico siano fra loro collegati attraverso la voce riserve di utili.

Moretti SpA
(€ x 1000)

Stato patrimoniale sintetico Stato patrimoniale sintetico


31-12-2019 31-12-2020
Attività Attività
Attività correnti 22651 Attività correnti 24 062
Immobilizzazioni tecniche 13412 Immobilizzazioni tecniche 14 981
nette nette
Altre attività immobilizzate 2176 Altre attività immobilizzate 3207
Totale attività 38239 Totale attività 42 250

Passività e capitale netto Passività e capitale netto |


Passività 12343 Passività 14 622
Capitale netto: Capitale netto:
Capitale versato 12 256 Capitale versato 12 256
— Riserve di utili 13 640 Riserve di utili 15 372
Totale passività 38239 Totale passività 42 250
e capitale netto e capitale netto

Moretti SpA
Conto economico
anno 2019
(€ x 1000)

Ricavi 75 478
Meno: costo del venduto 52 227
Margine lordo 23 251
Meno: costi operativi 10 785
Risultato prima delle imposte 12 466
Meno: imposte sul reddito 6344
Risultato netto 6122

Cambiamento delle riserve di utili

>- Riserve di utili al 31/12/2019 13 640


Più: risultato netto 6122

19 762
Figura 1.4 Meno: dividendi 4390
Un pacchetto M
di rendiconti Riserve di utili al 31/12/2020 i5B/2
economico-finanziari.
La natura e lo scopo della contabilità ® 15

Il conto economico di un periodo sintetizza alcuni cambiamenti delle riserve di utili


che si sono verificati nel periodo. Riporta, in altri termini, alcuni cambiamenti delle
riserve di utili avvenuti fra la data d’inizio e di fine del periodo.
Un pacchetto di rendiconti efficace per comunicare la performance economico-
finanziaria è pertanto costituito dallo stato patrimoniale all’inizio del periodo contabile,
dal conto economico del periodo e dallo stato patrimoniale alla fine del periodo.
Il prospetto delle variazioni delle riserve di utili (nella parte bassa della figura) mostra
che le riserve di utili ammontavano a € 13 640 000 il 31 dicembre 2019. Nel corso del-
l’anno le operazioni di gestione hanno generato un reddito di € 6 122 000 che ha ac-
cresciuto le riserve di utili dello stesso valore (il reddito netto è l’ultima riga del conto
economico). Le riserve di utili si sono inoltre ridotte nel periodo di € 4 390 000 a motivo
di una distribuzione di dividendi. Il 31 dicembre 2020 il valore totale delle riserve di
utili è pertanto di € 15 372 000 (€ 13 640 000 + € 6 122 000 - € 4 390 000). I dividendi
per contante riducono il valore delle riserve di utili e della cassa perché si tratta di una
distribuzione di denaro agli azionisti. 1 dividendi non sono un costo di competenza e
non compaiono pertanto in conto economico.

1.4.4 ® Lo scopo dei rendiconti economico-finanziari del bilancio


Si è precedentemente detto che il bilancio, sebbene di utilità anche per il manage-
ment e la proprietà, ha lo scopo prevalente di fornire informazioni rilevanti a terze
parti, cioè ad attori esterni all’organizzazione. Gli obiettivi assegnati alla comunica-
zione verso l’esterno sono molteplici e ci limiteremo qui solo ai principali. Il bilancio
deve fornire informazioni che:

1. siano utili ai creditori attuali e potenziali per assumere decisioni razionali di fi-
nanziamento o di investimento;
2. siano comprensibili a coloro che possiedono nozioni sufficienti di economia
aziendale e che intendano analizzare con cura i dati contenuti nei rendiconti;
3. riguardino le risorse economiche dell’organizzazione e i diritti su di esse vantati,
nonché gli effetti di transazioni ed eventi in grado di modificare ’ammontare
delle risorse e dei diritti a esse riconducibili;
4. riguardino la prestazione economica dell’impresa in un determinato periodo;
5. siano d’aiuto agli utilizzatori nel valutare ’ammontare, i tempi e le incertezze
derivanti dalla distribuzione di dividendi, dal pagamento di interessi e dalla ri-
duzione del debito.

I primi due obiettivi si applicano a tutti i documenti del bilancio. È da sottolineare


che si presume che gli utilizzatori del bilancio dispongano di un adeguato livello di
preparazione. Il bilancio, infatti, non è rivolto a persone disinformate. L’obiettivo 3
si riferisce allo stato patrimoniale, il 4 al conto economico e il 5 al rendiconto dei
flussi di cassa. Così come i cinque obiettivi complessivamente suggeriscono, il bilancio,
sia pure fornendo informazioni relative al passato, ha anche lo scopo di aiutare i suoi
utilizzatori a compiere previsioni e scelte che hanno a riferimento la futura posizione
economico-finanziaria e i futuri flussi di cassa dell’impresa, non quelli passati.

1.5 = Il quadro normativo internazionale

Il testo, come detto nel Paragrafo 1.2, si rivolge principalmente ai destinatari delle
informazioni contabili, cioè al management e non invece ai professionisti della con-
16 = Capitolo 1

tabilità e del bilancio. Ciononostante, riteniamo utile, a conclusione di questo primo


capitolo introduttivo, presentare il complesso quadro normativo nazionale e inter-
nazionale che disciplina la costruzione del bilancio pubblico o bilancio esterno
e le differenze di rilievo che esso ha con il bilancio interno. Sarà così possibile
chiarire meglio l’impostazione data al volume, in particolare: (1) il peso relativo as-
segnato alle norme e alle regole nazionali e a quelle internazionali; (2) la discrezio-
nalità del management nello scegliere alcuni aspetti formali (e talvolta anche so-
stanziali) quando definisce le caratteristiche del bilancio a uso interno. Come si avrà
modo di comprendere meglio nel seguito, la costruzione di ogni bilancio pone due
tipi di problemi: problemi formali (quali documenti produrre, con quali e con-
tenuti e struttura) e problemi sostanziali (Come misurare e quantificare i valori,
cioè i criteri di valutazione). Entrambi questi aspetti variano evidentemente a se-
conda che, in alternativa, ci si riferisca: alle norme e regole nazionali; alla disciplina
internazionale o, qualora si tratti di un bilancio a uso interno, alle scelte effettuate
dal management.
Con la globalizzazione e la crescita degli scambi economici e commerciali degli
ultimi decenni, i flussi degli investimenti finanziari internazionali si muovono sem-
pre più dinamicamente nel mondo alla ricerca di nuove opportunità. Per essere
individuate e valutate correttamente, tali opportunità hanno bisogno di informa-
zioni e, fra queste, le più rilevanti sono quelle comunicate attraverso il bilancio.
Il bilancio esterno è il documento più importante e più affidabile che gli attori in-
teressati possono consultare per formulare un giudizio economico sulle imprese e
sviluppare con esse, a qualsiasi titolo, un rapporto d’affari, non ultima l’ipotesi di
un acquisto parziale o totale della proprietà. In coerenza con questa premessa, un
irrinunciabile requisito del bilancio esterno è che esso sia il più possibile veritiero
e corretto, sia cioè redatto nel rispetto di norme e regole che lo disciplinano e
alle quali nessun amministratore può sottrarsi se non sottoponendosi a severe san-
zioni civili e penali.®
Una seconda importante condizione che rende possibile il funzionamento dei
mercati finanziari è che la disciplina che guida la costruzione del bilancio sia applicata
un grande numero di bilanci. Sarebbe altrimenti impensabile ipotizzare una diffusa
consultazione del documento da parte di soggetti esterni. Se, infatti, ciascuna impresa
fosse libera di pubblicare il bilancio con forma e criteri di valutazione propri,
allora si dovrebbe apprendere un nuovo sistema di norme e di regole per ogni nuovo
bilancio, ma quest’ipotesi è chiaramente irrealistica.
D’altro canto, però, guardando il mondo nella sua globalità, non possiamo neppure
immaginare che tutti i principali Paesi che lo costituiscono abbiano già uniformato
a un unico standard i bilanci delle loro imprese. lL’armonizzazione, così si chiama
il processo internazionale che produce il sistema di norme e di regole per la redazione
del bilancio dei principali Paesi, è in atto da anni, ma è resa lenta e difficile da una
dimensione normativa e giuridica complessa che cambia da Paese a Paese, che segue
l’evolvere dei mercati finanziari e che muta con la definizione dei nuovi obiettivi
dell’internazionalizzazione. Nei principali Stati occidentali, con differenze talvolta an-
che di un certo rilievo, vige dunque ancora oggi un sistema di norme e di regole
contabili nazionali, nonostante il processo di armonizzazione tenda a uniformarle
progressivamente.
A questa prima dimensione di complessità, riconducibile all’autonomia ammini-
strativa dei singoli Paesi, si aggiunga poi il fatto che: (a) sia la diversa dimensione

8 La veridicità, in particolare, si riferisce al fatto che i valori dei documenti rispettino il più
possibile la realtà dei fatti e che le stime e le congetture svolte siano razionali e credibili.
La natura e lo scopo della contabilità m 17

giuridica delle imprese, (b) sia la natura dell’attività svolta, (c) sia la fase nella
quale si trova l’impresa (per esempio, in una fase di continuità di funzionamento
oppure di liquidazione), costituiscono altrettanti fattori che spingono a porre in atto
regole e norme specifiche nella redazione del bilancio, perché sarebbe impensabile
uno stesso bilancio per tutte le imprese. Una grande società per azioni quando pub-
blica il proprio bilancio (magari consolidando quelli di decine di divisioni controllate
delle quali alcune all’estero, come per esempio il Gruppo Bosch) deve, come intuibile,
attenersi a una disciplina più complessa di quella di una società di persona che ge-
stisce un’attività di ristorazione. Anche la natura dell’attività svolta dall’impresa de-
finisce, come in precedenza detto, quale debba essere la disciplina del bilancio. Per
esempio, le banche e così pure le imprese di assicurazione svolgono un’attività suf-
ficientemente diversa da quella di un’impresa commerciale o di produzione tale da
richiedere una normativa specifica. Infine, un ulteriore elemento per utilizzare bilanci
con regole diverse è la condizione in cui si trova l’impresa, per esempio in una fase
di liquidazione oppure di continuità di funzionamento.
In Italia, sotto la spinta delle direttive europee, le norme contabili si sono gra-
dualmente adattate ai principi ai quali guarda il legislatore europeo. Quest’ultimo, a
sua volta, recepisce nel tempo le norme internazionali dettate dall’International Ac-
counting Standard Board o IASB. L’istituto è uno standard setter e ha l’obiettivo di
elaborare la prassi contabile dei principali Paesi del mondo, adoperandosi per l’armo-
nizzazione delle regole, dei principi e delle procedure contabili. 1 principi contabili
emanati dallo IASB sono denominati IFRS (International Financial Reporting Standard),
mentre quelli emanati da IASC, sono invece i cosiddetti IAS (International Accounting
Standard)?.
Definito il quadro generale di progressiva armonizzazione internazionale, entria-
mo ora in maggiore dettaglio nell’illustrazione di quali sono in Italia le regole e le
norme; di chi le stabilisce; di come esse cambiano a seconda della forma giuridica o
della natura dell’attività svolta dall’impresa e, di quale sia fra questi diversi sistemi
di regole, quello che rappresenta l’argomento centrale del testo. Come vedremo, è
questa una questione complicata e anche in parte ostica a motivo delle molteplici
dimensioni di complessità in precedenza elencate.

1.5.1 ® Il quadro normativo in Italia


Per una comprensione di quale sia il complesso quadro normativo contabile italiano
è utile rifarsi alla Figura 1.5, che mette in relazione tre sistemi di regole e di norme
con altrettante caratteristiche del soggetto redattore del Bilancio.
Nella prima sezione di sinistra sono le Società di capitali, a esclusione però degli
enti creditizi, finanziari e assicurativi per i quali si applicano norme e regole parti-
colari. Queste aziende sono nella zona centrale della figura. È dunque la natura del-
l’attività svolta che le distingue da quelle presenti nella sezione di sinistra, non la
forma giuridica.
Nella colonna di destra sono invece le aziende individuali e le società di persona,
dunque società aventi una forma giuridica diversa. Anche ai bilanci di queste im-
prese, in genere di piccola dimensione, si applicano disposizioni differenti da quelle
delle società di capitali presenti nella prima colonna, sebbene la tendenza del legi-
slatore sia quella di conformarsi gradualmente alla disciplina dettata per le società
di capitali.

? Lo IASB ha sede a Londra ed è nato nel 2001 dal rinnovamento del precedente IASC (In-
ternational Accounting Standard Committee).
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doubt not but she will soon get over it, for she is quite accustomed to
these sorts of disappointments.” A week later the topic was again
referred to. “‘The winds and the waves,’ says the sagacious Mr. Puff,
‘are the established receptacles of the sighs and tears of unhappy
lovers.’ Now, my dear mamma, as there is little wind in this heated
atmosphere, and as the muddy waters of the Thames would scarcely
be purified by the crystal tears of all the gentle lovers in the
metropolis, it would almost seem that my evil destiny has fixed on
me to supply their place; for, from the staid and prudent lover of fifty,
to the poor languishing maiden of twenty-five, I am the general
confidante, and sighs and blushes, hopes and fears, are ‘all poured
into my faithful bosom.’ It is inconceivable how that mischievous little
urchin deadens all the faculties. Mary Mitford [her cousin] was bad
enough, but even she was more rational than Victoire at this
moment.” Thus Miss Mitford on the love-affairs of others.
This London visit, which resulted, we are told, in “a total
destruction of gloves and shoes, and no great good to my lilac
gown,” was brought to an end in a perfect whirl of festivities and
sight-seeing. “As you and I do not deal in generalities,” wrote Miss
Mitford to her mother, “I will give you my account in detail.... On
Friday evening I dined at the St. Quintin’s, and we proceeded [to the
Opera House] to take possession of our very excellent situation, a pit
box near to the stage and next the Prince’s.... Young is an admirable
actor; I greatly prefer him to Kemble, whom I had before seen in the
same character (Zanga in The Revenge). His acting, indeed, is more
in the style of our favourite Cooke, and he went through the whole of
his most fatiguing character with a spirit which surprised every one.
A curious circumstance happened—not one of the party was
provided with that article, so essential to tragedy, yclept a
handkerchief; and had not papa supplied the weeping beauties with
this necessary appendage, they would have borne some
resemblance to a collection of blurred schoolboys. To me, you know,
this was of no consequence, for I never cry at a play; though few
people, I believe, enter more warmly into its beauties.... The dancing
of Vestris is indeed perfection. The ‘poetry of motion’ is exemplified
in every movement, and his Apollo-like form excels any idea I had
ever formed of manly grace. Angiolini is a very fine dancer, but her
figure by no means equals Vestris’s, and I had no eyes for her while
he remained upon the stage.... It was one o’clock before we
returned; and at ten the next morning Fanny and I set out to make
our round of visits in a very handsome landau barouche.” These
visits are then described, and the hope expressed that she will meet
Cobbett, a meeting to which she was looking forward. Continuing,
she writes:—“To-morrow we go first to Bedlam; then to St. James’
Street to see the Court people; and then I think I shall have had
more than enough of sights and dissipation. You cannot imagine, my
dearest mamma, how much I long to return home, and to tell you all
the anecdotes I have picked up, and pet my poor deserted darlings. I
would have given up any pleasure I have partaken here to have
seen the dear bullfinches eat their first strawberries. Did I tell you
that the high and mighty Countess D’Oyerhauser called on me
immediately after her return from Bath? She sets up for a femme
savante, attends the blue-stocking meetings at Lady Cork’s, and all
the literary societies where she can find or make an entrance. She
is, therefore, in raptures at finding a fresh poetess, and we are going
there this evening. I must tell you a good trait of this literary lady,
who can scarcely speak a word of English. She was to meet Scott on
Tuesday, and wanted to borrow a Marmion, that she might have two
or three lines to quote in the course of the evening.”
Upon her return home Miss Mitford devoted herself assiduously to
her literary work, polishing many of her earlier poems in preparation
for a volume which it was proposed should be published early in the
following year. Many of these had politics for their theme and were
written in honour of the political friends of her father, such as Colonel
Wardle, Cobbett and Fox, while others were devoted to portraying
her love for flowers and animals. To her father, still in London, and
now to be found at the Bath Hotel in Arlington Street, was given the
duty of arranging the volume for publication, and, taken altogether
the little volume put both father and daughter in a great flurry. It was
decided to call the volume Miscellaneous Poems, which settled, a
discussion arose as to whom it should be dedicated. Various names
were suggested to be at last discarded in favour of the Hon. William
Herbert, the third son of the first Earl of Carnarvon, and afterwards
Dean of Manchester. He was himself an author of distinction with a
leaning to the poetry of Danish and Icelandic authors, some of
whose works he had translated. At first the Doctor objected to certain
adulatory poems addressed to himself, but the objections were
promptly met with an entreaty that nothing should be curtailed or
omitted. “I speak not only with the fondness of a daughter, but with
the sensibility (call it irritability, if you like it better) of a poet, when I
assure you that it will be impossible to omit any of the lines without
destroying the effect of the whole, and there is no reason, none
whatever, excepting your extreme modesty, why any part of them
should be suppressed.”
A few days later the poet wrote off in a frenzy of “excitement”
because she could not compose the “advertisement” which it was
usual to prefix to works of this kind—a sort of apology which most
people skipped and which might therefore be omitted without hurt to
the volume. “It is usual,” she urged, “for people to give some reasons
for publishing, but I cannot, you know, for the best of all possible
reasons—because I have none to give.” The matter was eventually
settled, to be followed by disputes as to the “quantity of verses”
which the Doctor thought necessary to a proper sized volume. He
was for asking the opinion of literary friends such as Campbell, but to
this his daughter strongly objected. “If you had known your own mind
respecting the quantity of poetry necessary for the volume, I should
never have thought of writing this immoral production. As, however, I
am by no means desirous of having it hawked about among your
canting friends, I shall be much obliged to you to put your copy into
the fire. You need not fear my destroying my own, for I think too well
of it.... I am not angry with you, though extremely provoked at those
canting Scotchmen. If any of my things are worth reading, I am sure
that poor tale is; and who reads a volume of poems to glean moral
axioms? So that there is nothing offensive to delicacy, or good taste,
it is sufficient; and I never should think of writing a poem with a
sermon tacked to its tail.”
At length the volume was printed, at a cost of £59 for 500 copies.
This work was entrusted to A. J. Valpy, the nephew of Dr. Valpy, who
had just set up as a printer in London and required immediate
payment for the job. Both the author and her father thought the sum
excessive, especially as it included an item of £4 for alterations
which the printer called “Errata,” much to Miss Mitford’s annoyance,
she claiming that they were misprints and not, therefore, chargeable
to her. Much bickering ensued, and the young printer was separately
threatened with a horsewhipping from the Doctor and with boxed
ears from Miss Mitford.
The publication of this book afforded the Doctor a very good
excuse for prolonging his stay in the metropolis, for he could now
plead that his daughter’s welfare as an author demanded it. That he
did exert himself in her behalf is certain, for we find her sending him
“ten thousand thanks for the management of the Reviews,” although
“I am sadly afraid of not being noticed in the Edinburgh, the volume
is so trifling.” This was followed by a further “ten thousand thanks for
your attention to my commissions, and, above all, for the books,” in
which was included Crabbe’s poem, The Borough, just published,
and which drew from Miss Mitford the exuberant statement “it is a
rich treat ... with all the finish and accuracy of the Dutch painters,”
while, “in the midst of my delight, I feel a sort of unspeakable
humiliation, much like what a farthing candle (if it could feel) would
experience when the sun rises in all his glory and extinguishes its
feeble rays.” Miss Mitford was an impulsive creature, and in three
days’ time, after she had had an opportunity of thoroughly digesting
The Borough, she wrote:—“Crabbe’s poem is too long and contains
too gloomy a picture of the world. This is real life, perhaps; but a little
poetical fairyland, something to love and admire, is absolutely
necessary as a relief to the feelings, among his long list of follies and
crimes. Excepting one poor girl weeping over the grave of her lover,
there is not one chaste female through the whole book. This is
shocking, is it not, my darling? I dare say he is some crabbed old
bachelor, and deserves to be tossed in a blanket for his contempt of
the sex.” It was shocking of the critic too, for, ignoring her atrocious
pun on the poet’s name, she made a very bad guess in quoting him
as a bachelor, seeing that, as was well known, he was not only a
happy father, but very fond of the society of the ladies.
It is pleasant to note that the Hon. William Herbert accepted the
Dedication of the volume, which drew from him an appreciation in
verse composed of most flattering sentiments, in which he paid a
tribute to not only Miss Mitford’s ability as a poet, but to her political
leanings, in describing which he contrived to include a compliment to
her father. He also hinted that the fair writer would find a worthy
subject for her pen in the recent British Expedition to Copenhagen, a
subject about which much controversy raged. These verses were
dated March 29, 1810, inscribed “To Miss Mitford,” and began:—

“Fair nymph, my Arctic harp unstrung,


Mute on the favourite pine is hung;
No beam awakes the airy soul
Which o’er its chords wild warbling stole.”

After much more in this strain, he concluded

“Thou tuneful maid, thy ardent song


Shall tell of Hafnia’s bitter wrong:
My pen has force with magic word
To blast the fierce-consuming sword.
For not poetic fire alone
Is thine to warm a breast of stone;
But thou hast quaffed the purest rays
That round the patriot’s forehead blaze.”

This, of course, inspired a reply by return. It is dated March 31,


1810, and, after paying homage to “the gifted bard,” Miss Mitford
concluded with the modest lines:—

“For me—unskilful to prolong


The finely modulated song—
Whose simple lay spontaneous flows
As Nature charms, or feeling glows,
Wild, broken, artless as the strains
Of linnets on my native plains,
And timid as the startled dove,
Scared at each breeze that waves the grove;
Still may that trembling verse have power
To cheer the solitary hour,
Of Spring’s life-giving beauties tell,
Or wake at friendship’s call the spell.
Enough to bless my simple lays,
That music-loved Herbert deigned to praise.”

In a letter to her father she confesses that although Mr. Herbert did
her great honour in thinking her adequate to deal with the
Copenhagen subject, she had no faith in her powers to do so,
adding, “And to tell you the truth (which I beg you will not tell him), I
do not think I would write upon it even if I could. Cobbett would never
forgive me for such an atrocious offence; and I would not offend him
to please all the poets in the world.”
The little volume was greeted very cordially by the reviewers and
secured its author a good deal of compliment from her father’s
political friends when she occasionally ran up to town at this time to
give her father the chance of showing her off. But while grateful to
the reviewers, she took exception to some of the conclusions they
drew from the political verses in the book. “How totally reviewers
have mistaken matters,” she wrote to her father, “in attributing my
political fancies to you! They would have been more correct if they
had asserted a directly contrary opinion; for Cobbett is your favourite
because he is mine,”—a doubtful compliment to the father but quite
characteristic of the daughter.
It was well that Miss Mitford had so much that was congenial and
engrossing wherewith to occupy her at this time, for the shadow was
again hovering over the home at Bertram House, and creditors were
beginning to be unpleasant in their demands and threats. Hints of
the existing state of things were conveyed to the Doctor from time to
time and must have caused great anxiety to Mrs. Mitford, who did
not share her husband’s and her daughter’s optimism.
“Do not forget that, if the tax money be not paid early this week,
you will be reported as a defaulter; and your friends the ministers
would take great delight in popping you up.” This was contained in a
letter of March 17, 1810. A week later a letter addressed to the
Doctor at the Mount Coffee House, states:—“A letter came from
Thompson Martin this morning which, knowing the hand, mamma
opened. It was to request you would let him take the choice of your
pictures [in payment of taxes]. I wrote a note to say, generally, that
you had been in town for the last two months, and were still there;
but that you would probably return next week to attend the Grand
Jury, and would undoubtedly take an early opportunity of calling
upon him. Was not this right? You will collect from this that we have
received a summons from the under-sheriff, which was given over
the pale to William this morning.” There is also, in a letter of May 10,
1810, a suggestion of further trouble of a pecuniary nature, although
it is difficult to say to what it refers. “And now let me give you a little
serious advice, my dear son and heir. If those people do not give you
a secure indemnity, stir not a finger in this business. Let them ‘go to
the devil and shake themselves,’ for I would not trust one of them
with a basket of biscuits to feed my dogs. They have no more honour
between them all than you ‘might put on the point of a knife, and not
choke a daw withal,’ so comfort yourself accordingly; treat them as
you would lawyers or the king’s ministers, or any other fraternity of
known rogues and robbers.”
No matter how optimistic Miss Mitford may have been, we cannot
bring ourselves to believe that she was not harassed by the
importunate creditors, or that her work did not suffer in consequence.
One effect of it all was, of course, to make her re-double her efforts
to write something which would bring money into the family coffers.

FOOTNOTES:
[16] Writing in 1818 to her friend, Mrs. Hofland, she jokingly refers
to an American—“a sort of lover of mine some seven or eight
years ago—and who, by the way, had the good luck to be
drowned instead of married”; but in this she is scarcely to be
taken seriously.
CHAPTER X

A YEAR OF ANXIETY

While her first book was passing through the press, Miss Mitford paid
a series of hurried visits to London, and it was during the course of
one of these visits that she was introduced to a gentleman of wide
sympathy and of great culture and ability. This was Sir William
Elford, one of her father’s friends, although the friendship was not of
that character which would blind the one to the other’s faults and
failings. He was a Fellow of the Royal and Linnæan Societies, an
exhibitor in the Royal Academy, and Recorder of Plymouth, for which
borough he was representative in Parliament for a number of years.
At the time of this introduction he was well over sixty, a man of an
age therefore with whom Miss Mitford was not so likely to be
reserved as with one of fewer years. As a result of this meeting a
correspondence was started which continued for many years, during
which time Sir William encouraged his young friend to write freely to
him on any and every topic which interested her. It is a remarkable
and interesting correspondence, as the occasional extracts we
propose to give will prove, although, when he came to bear his share
in editing these letters, the Rev. William Harness spoke of them as
possessing “hardly any merit but high, cold polish, all freshness of
thought being lost in care about the expression”; and again, “I like all
the letters to Sir W. Elford, which (except when she forgets whom
she is writing to and is herself again) are in conventional English and
almost vulgar in their endeavour to be something particularly good.”
Nevertheless, he confessed later “the letters improve as I go on.
Even those to Sir W. Elford get easier and better, as she became
less upon punctilio and more familiar with him; in fact, as—with all
her asserted deference—she felt herself more and more his superior
in intellect and information.”
The first letter was dated London, May 26, 1810, and was
addressed to Sir William Elford, Bart., Bickham, Plymouth.
“My dear Sir,—
“Your most kind but too flattering letter followed me here
two days ago, and I gladly avail myself of your permission
to express my heartfelt gratitude for the indulgence with
which you have received the trifling volume I had the
honour to send you.
“For the distinguished favour you mean to confer on me”
[a present of a landscape painted by himself], “I cannot
sufficiently thank you. Highly valuable it will doubtless be in
itself, and I shall consider it inestimable as a proof of your
good opinion. Indeed, Sir William, your praise has made
me very vain. It is impossible not to be elated by such
approbation, however little I may have deserved it.
“Will you not think me an encroacher if, even while
acknowledging one favour, I sue for another? Much as I
have heard of your charming poetical talent, I have never
seen any of your verses, and, if it be not too much to ask, I
would implore you to send me at least a specimen. Forgive
this request if you do not comply with it, and believe me,
dear Sir, with great respect,
“Your obliged and grateful
“Mary Russell Mitford.”
This was not a bad beginning, although the “high, cold polish” is
unmistakable. Her request was at once complied with, and
emboldened by her success Miss Mitford plunged forthwith into a
series of literary discussions which ran, more or less steadily,
throughout the whole of this lengthy correspondence. The second
letter—a characteristic one—is particularly interesting because it
touches on her taste and predilection for country sights and sounds
and which found the fullest expression in the one notable work by
which she is remembered.
“You are quite right in believing my fondness for rural scenery to
be sincere; and yet one is apt to fall into the prevailing cant upon
those subjects. And I am generally so happy everywhere, that I was
never quite sure of it myself, till, during the latter part of my stay in
town, the sight of a rose, the fragrance of a honeysuckle, and even
the trees in Kensington Gardens excited nothing but fruitless wishes
for our own flowers and our own peaceful woodlands. Having
ascertained the fact, I am unwilling to examine the motives; for I fear
that indolence of mind and body would find a conspicuous place
amongst them. There is no trouble or exertion in admiring a beautiful
view, listening to a murmuring stream, or reading poetry under the
shade of an old oak; and I am afraid that is why I love them so well.
“It is impossible to mention poetry without thinking of Walter Scott.
It would be equally presumptuous in me either to praise or blame
The Lady of the Lake; but I should like to have your opinion of that
splendid and interesting production. Have you read a poem which is
said to have excited the jealousy of our great modern minstrel, The
Fight of Falkirk?” [by Miss Holford.] “I was delighted with the fire and
genius which it displays, and was the more readily charmed,
perhaps, as the author is a lady; which is, I hear, what most
displeases Mr. Scott.
“I enclose you Robert Jeffery’s Lament, altered according to your
suggestions.... This little poem is not inscribed to you, because I am
presumptuous enough to hope that at some future period you will
allow me to usher a book into the world under your auspices. A long
poem is to me so formidable a task that I fear it will scarcely be
completed by next year (it is now indeed hardly begun)—but when
finished, I shall make a new demand upon your kindness, by
submitting it to your criticism and correction. I am quite ashamed of
this letter. A lady’s pen, like her tongue, runs at a terrible rate when
once set a-going.”
Having inveigled Sir William into a discussion of Scott versus Miss
Holford, the attack was renewed in a subsequent letter wherein the
“extraordinary circumstance” is noted that “the dénouement of
Marmion and that of The Lay of the Last Minstrel both turn on the
same discovery, a repetition which is wonderful in a man of so much
genius, and the more so as the incident is, in itself, so stale, so like
the foolish trick of a pantomime, that to have used it once was too
often.”
Fortunately, or unfortunately, the correspondents found
themselves agreed as to the respective merits of Miss Edgeworth,
Miss Baillie and Mrs. Opie, “three such women as have seldom
adorned one age and one country” ... although with regard to Miss
Edgeworth “perhaps you will think that I betray a strange want of
taste when I confess that, much as I admire the polished satire and
nice discrimination of character in the Tales of Fashionable Life, I
prefer the homely pathos and plain morality of her Popular Tales to
any part of her last publication.”
At her father’s suggestion Miss Mitford was now—the beginning of
the year 1811—devoting herself to the production of the long poem
which she mentioned in her second letter to Sir William Elford. Its
subject was the incidents on Pitcairn Island following the Mutiny of
the Bounty, which had been revealed in 1808 by Captain Folger.
During the progress of its composition the Dedication to Sir William
Elford was submitted to that gentleman for his approval, drawing
from him the very kind and flattering request that it should be
couched in less formal language; “he says that he perfectly
comprehends the honour I have done him by my description; but that
he wishes the insertion of some words to show that we are friends;
for to be considered the friend of the writer of that poem appears to
him a higher honour than any he could derive from the superiority of
station implied in my mode of dedication.” The matter was eventually
settled to the satisfaction of all. Meanwhile as each canto of the work
was completed it was submitted first to Sir William and then to
Coleridge, both of whom took great pains in giving it a final touch of
polish, especially the latter, who prepared it for the press.
The Doctor, still in London and now at 17, Great Russell Street,
Covent Garden, concerned himself with arranging for a publisher. He
had decided that Longmans should have the first refusal of the
honour, but Miss Mitford rather favoured Mr. Murray because “he is
reckoned a very liberal man, and a more respectable publisher we
cannot have. I do not think Longman will purchase it; so, even if you
have taken it there, it is probable Murray may buy it at last.” Messrs.
Rivington produced it eventually under the title of Christina: or the
Maid of the South Seas, but not before there had been an angry
outburst at Coleridge for deleting an Invocation to Walter Scott. Mrs.
Mitford was particularly angry and attributed the action to “a mean,
pitiful spirit of resentment to Mr. Scott” on Coleridge’s part. “Were the
poem mine,” she continued with a vehemence quite unusual with
her, “I would have braved any censure as to what he terms ‘bad
lines,’ being convinced he would have thought them beautiful had
they not contained a compliment to Walter Scott. If our treasure
follows my advice, whenever she prints another poem she will suffer
no one to correct the press but herself: it will save you infinite
trouble, and be eventually of great advantage to her works. It is
certainly a most extraordinary liberty Mr. C. has taken, and will, I
hope, be the last he will attempt.” Miss Mitford did not share her
mother’s indignation, although, as she wrote in a postscript to the
above letter, “mamma has played her part well. I did not think it had
been in her. We seem to have changed characters: she abuses Mr.
Coleridge, I defend him, though I must acknowledge I do not think he
would have found so many bad lines in the Invocation had not the
compliment to Walter Scott grated upon his mind. My only reason for
lamenting the omission is that it makes the poem look like a pig with
one ear; but it does not at all signify,” which was quite true, for
Christina enjoyed a considerable popularity both here and in
America, where a call was made for several editions.
This success must have been very gratifying, although any
pecuniary advantage it brought was immediately swallowed up in
trying to discharge the family’s obligations and to provide for present
dire needs. The situation was indeed pitiful, especially for the two
women, who were forced to appear before their friends with a smile
at a time when their hearts were heavy and desolation and ruin
seemed inevitable. A number of letters from Bertram House to Dr.
Mitford in London, during the year 1811, give sufficient indication of
the suffering they were enduring, and this at a time when Miss
Mitford was exercising her mind in the production of a work the
failure of which would have been a disaster. Under date January 21,
1811, she wrote: “Mr. Clissold and Thompson Martin came here
yesterday, my own darling, and both of them declared that you had
allowed Thompson Martin to choose what he would of the pictures,
excepting about a dozen which you had named to them; and I really
believe they were right, though I did not tell them so. Nothing on
earth could be more perfectly civil than they were; and Martin, to my
great pleasure and astonishment, but to the great consternation of
Clissold, fixed upon the landscape in the corner of the drawing-room,
with a great tree and an ass, painted by Corbould, 1803. It had taken
his fancy, he said; and, though less valuable than some of those you
offered to him, yet, as he did not mean to sell it, he should prefer it to
any other. I told him I would write you word what he said, and lauded
the gods for the man’s foolishness. I have heard you say fifty times
that the piece was of no consequence; and, indeed, as it is by a
living artist of no great repute, it is impossible that it should be of
much value. Of course you will let him have it; and I wish you would
write to inquire how it should be sent.”
These pictures were being taken in liquidation of debts, an incident
sufficient of itself to wound the pride of a woman like Mrs. Mitford.
But, in addition to this, she found herself faced with the problem of
dismissing servants and no money wherewith to settle up their
arrears of wages. It was one of the few occasions on which her too
gentle spirit rose in revolt. Accompanying her daughter’s letter she
sent a note to her husband stating: “I shall depend on a little supply
of cash to-morrow, to settle with Frank and Henry, as the few
shillings I have left will not more than suffice for letters, and such
trifles. As to the cause of our present difficulties, it avails not how
they originated. The only question is, how they can be most speedily
and effectually put an end to. I ask for no details, which you do not
voluntarily choose to make. A forced confidence my whole soul
would revolt at; and the pain it would give you to offer it would be far
short of what I should suffer in receiving it.” A dignified, yet tender
rebuke, showing a remarkable forbearance in a woman so greatly
wronged.
Still worse was to follow, for at the beginning of March Dr. Mitford
was imprisoned for debt and only secured his release by means of
the proceeds of a hastily-arranged sale in town of more of his
pictures, augmented by a loan from St. Quintin. At the same time he
was involved with Nathaniel Ogle, “more hurt at your silence than at
your non-payment,” and was experiencing difficulties in regard to
certain land adjoining Bertram House for which he had long been
negotiating—having paid a deposit—but a transaction which Lord
Shrewsbury, the owner, hesitated to complete in view of the Doctor’s
unreliable position.
At length the anxiety became greater than Mrs. Mitford could bear,
and for a time she was prostrated.
“I am happy,” wrote Miss Mitford, “that the speedy disposal of the
pictures will enable you, as I hope it will, to settle this unpleasant
affair. Once out of debt and settled in some quiet cottage, we shall all
be well and happy again. But it must not be long delayed; for my
dear mother must be spared a repetition of such shocks.”
Even so, the Doctor gave the waiting women no information
regarding the sale of the pictures or the condition of affairs until Mrs.
Mitford reproved him for his neglect; but the reproof was softened in
her next letter, for she says: “I know you were disappointed in the
sale of the pictures. But, my love, if we have less wealth than we
hoped, we shall not have the less affection; these clouds may blow
over more happily than we have expected. We must not look for an
exemption from all the ills incident to humanity, and we have many
blessings still left us, the greatest of which is that darling child to
whom our fondest hopes are directed.”
Moved at last to desperate action, Dr. Mitford made an endeavour
to sell Bertram House, with the intention of removing to some less
pretentious dwelling, possibly in London. The property, described as
an “Elegant Freehold Mansion and 42 Acres of Rich Land (with
possession),” was put up for sale by auction at Messrs. Robins’, The
Piazza, Covent Garden, on June 22, 1811, but apparently the
reserve was not reached, and no sale was effected. Miss Mitford did
her best to straighten out matters, and indeed showed uncommon
aptitude for business in one whose whole education had been
classical. To her father, then staying at “New Slaughter’s Coffee
House,” she wrote on July 5, “The distressing intelligence conveyed
in your letter, my best-beloved darling, was not totally unexpected.
From the unpleasant reports respecting your affairs, I was prepared
to fear it. When did a ruined man (and the belief is as bad as the
reality) ever get half the value of the property which he is obliged to
sell? Would that Monck” [a near neighbour] “had bought this place
last autumn! At present the best we can do seems to me to be, to
relinquish the purchase of Lord Shrewsbury’s land, and (if it will be
sufficient to clear us, mortgage and all) to sell all we have out of the
funds, and with that, and Lord Bolton’s legacy, and the money in
Lord Shrewsbury’s hands, and the sale of the books and furniture,
clear off our debts and endeavour to let this house. If this can be
done, and we can get from three to four hundred a year for it, we
may live very comfortably; not in a public place, indeed, but in a
Welsh or Cumberland cottage, or in small London lodgings. Where is
the place in which, whilst we are all spared to each other, we should
not be happy? For the sale of the money in the funds, or rather for
Dr. Harness’s consent to it, I think I can be answerable. It will not,
four years hence, be worth a guinea, and it would now nearly clear
the mortgage, and we should retain our only real property. If the
thousand pounds of Lord Bolton, the six hundred of Lord
Shrewsbury, the three hundred at Overton, and the sale of stocks,
books, crops and furniture will clear all the other debts, this may still
be done. If not, we must take what we can get and confine ourselves
to still humbler hopes and expectations. This scheme is the result of
my deliberations. Tell me if you approve of it, and tell me, I implore
you, my most beloved father, the full extent of your embarrassments.
This is no time for false delicacy on either side. I dread no evil but
suspense. I hope you know me well enough to be assured that, if I
cannot relieve your sufferings, both pecuniary and mental, I will at
least never add to them. Whatever those embarrassments may be,
of one thing I am certain, that the world does not contain so proud,
so happy, or so fond a daughter. I would not exchange my father,
even though we toiled together for our daily bread, for any man on
earth, though he could pour all the gold of Peru into my lap. Whilst
we are together, we never can be wretched; and when all our debts
are paid, we shall be happy. God bless you, my dearest and most
beloved father. Pray take care of yourself, and do not give way to
depression. I wish I had you here to comfort you.”
The advertisement in the Reading papers, announcing the sale of
Bertram House, was, of course, something in the nature of a surprise
to the County folk, although, doubtless, some of them were
sufficiently well-informed to know that the Mitfords were in trouble.
“There is no news in this neighbourhood,” wrote Miss Mitford to Sir
William Elford, “excepting what we make ourselves by our intended
removal; and truly I think our kind friends and acquaintances ought
to be infinitely obliged to us for affording them a topic of such
inexhaustible fertility. Deaths and marriages are nothing to it. There
is, where they go? and why they go? and when they go? and how
they go? and who will come? and when? and how? and what are
they like? and how many in family? and more questions and
answers, and conjectures, than could be uttered in an hour by three
female tongues, or than I (though a very quick scribbler) could write
in a week.”
There was a very practical side to Miss Mitford’s nature and, for a
woman, a somewhat uncommon disregard for the conventions, a
disregard which developed with her years. Consequently, what
people thought or said affected her very little, and she devoted her
mind rather to solving difficulties than to wringing her hands over
them. That indolence of mind and body, of which she was self-
accused, she conquered, and though domestic troubles were
heaped about her, she set to work on a new poem which was to be
entitled Blanch of Castile.
To her father she wrote: “I wish to heaven anybody would give me
some money! If I get none for Blanch, I shall give up the trade in
despair. I must write Blanch—at least, begin to write it, soon. I wish
you could beg, borrow, or steal (anything but buy) Southey’s
Chronicle of the Cid, and bring it down for me.”... A week or so later
she wrote: “I have now seven hundred lines written; can you sound
any of the booksellers respecting it? I can promise that it shall be a
far superior poem to Christina, and I think I can finish it by
November. We ought to get something by it. It will have the
advantage of a very interesting story, and a much greater variety of
incident and character. I only hope it may be productive.”
Throughout the letters of this period it is rather pathetic to notice
the forced optimism of the writer, especially in those addressed to
her father. Sandwiched between reports of progress with Blanch are
the most insignificant details of home, of Marmion’s prowess with a
rabbit; of the ci-devant dairymaid Harriet, who, at the request of her
admirer, William, had consented to leave her place at Michaelmas to
share his fate and Mrs. Adams’s cottage; of Mia’s puppies, and of
the pretty glow-worms which she would so love to show the errant
one had she the felicity to have him by her side.
More than this, it is astounding to gather from her letters to Sir
William Elford that she was keeping up her reading, expressing
herself most decisively regarding Scott’s new poems, the preference
for which in Edinburgh she deems unlikely to extend southward; and
then falling-to at Anna Seward’s letters—The Swan of Lichfield—just
published in six volumes and which she finds “affected, sentimental,
and lackadaisical to the highest degree; and her taste is even worse
than her execution.... According to my theory, letters should
assimilate to the higher style of conversation, without the snip-snap
of fashionable dialogue, and with more of the simple transcripts of
natural feeling than the usage of good society would authorize.
Playfulness is preferable to wit, and grace infinitely more desirable
than precision. A little egotism, too, must be admitted; without it, a
letter would stiffen into a treatise, and a billet assume the ‘form and
pressure’ of an essay. I have often thought a fictitious
correspondence (not a novel, observe) between two ladies or
gentlemen, consisting of a little character, a little description, a little
narrative, a little criticism, a very little sentiment and a great deal of
playfulness, would be a very pleasing and attractive work: ‘A very
good article, sir’ (to use the booksellers’ language); ‘one that would
go off rapidly—pretty, light summer reading for the watering-places
and the circulating libraries.’ If I had the slightest idea that I could
induce you to undertake such a work by coaxing, by teasing, or by
scolding, you should have no quarter from me till you had promised
or produced it.”
How light-hearted! And, moreover, how strangely prophetic was
this promised success for the book written on the lines suggested,
when we remember the unqualified welcome given to a delightful
novel, a few seasons ago, which surely might have been made up
from this very prescription. Had Mr. E. V. Lucas been delving in
Mitfordiana, we wonder, or was Listeners’ Lure but another instance
of great minds thinking the same thoughts?
CHAPTER XI

LITERARY CRITICISM AND AN


UNPRECEDENTED COMPLIMENT

“As soon as I have finished Blanch to please myself, I have


undertaken to write a tragedy to please Mr. Coleridge, whilst my
poem goes to him, and to Southey and to Campbell. When it returns
from them I shall, if he will permit me, again trouble my best and
kindest critic to look over it. This will probably not be for some
months, as I have yet two thousand lines to write, and I expect Mr.
Coleridge to keep it six weeks at least before he looks at it.” This
extract is from one of Miss Mitford’s letters to Sir William Elford,
dated August 29, 1811, and it was not until exactly two months later
that she was able to forward the finished poem for Sir William’s
criticism.
It was a production of which her father thought little at first,
declaring that the title alone gave him the vapours. Her mother and
the maid Lucy were half-blinded with tears when it was read to them,
but then, as Miss Mitford remarked: “they are so tender-hearted that
I am afraid it is not a complete trial of my pathetic powers.” In this
case Sir William was the first to scan the lines, an arrangement due
possibly to the stress of work then being engaged in by Coleridge
and Campbell—the former with lectures on Poetry and the latter in
the writing of his famous biographical prefaces to his collection of the
poets. Eventually the book was produced in the December of 1812,
news of which, apart from any other source, we glean from a letter of
its author in which she says: “ Blanch is out—out, and I have not
sent her to you! The truth is, my dear Sir William, that there are
situations in which it is a duty to give up all expensive luxuries, even
the luxury of offering the little tribute of gratitude and friendship; and I
had no means of restraining papa from scattering my worthless book
all about to friends and foes, but by tying up my own hands from
presenting any, except to two or three very near relations. I have told
you all this because I am not ashamed of being poor, and because
perfect frankness is in all cases the most pleasant as well as the
most honourable to both parties.”
It was fortunate that Blanch was finished, for just as it was on the
point of completion, Miss Mitford was greatly excited over the
prospect of collaborating with Fanny Rowden in the translation of a
poem which would have given both a nice sum in return for their
labours. Unfortunately the project came to naught and the work was
entrusted to a man.
From now, on to the close of the year 1815, there is no record of
any work of Miss Mitford’s, unless we except one or two odes and
sonnets of which she said the first were “above her flight, requiring
an eagle’s wing,” while of the latter she “held them in utter
abhorrence.” Her time really seems to have been taken up with an
occasional visit to London and into Hampshire (where she inspected
her old birthplace, Alresford); with short excursions into Oxfordshire
(within an easy drive out and back from home), and largely with a
voluminous correspondence, chiefly on literary topics, with Sir
William Elford. Fortunately this correspondence was not wasted
labour as she was able to embody a very large proportion of it in the
Recollections of a Literary Life. Indeed, had she not specifically
suggested the plan of that work many years later, we should feel
justified in believing that, from the very outset, it was to such an end
that her correspondence and literary criticism were directed.
Now that a century has passed since the letters were written, it is
interesting to peruse her comments on such writers as Byron, Scott,
Jane Austen and Maria Edgeworth, all of whom were publishing at
that period. “I dislike Childe Harold,” she wrote. “Not but that there
are very many fine stanzas and powerful descriptions; but the
sentiment is so strange, so gloomy, so heartless, that it is impossible
not to feel a mixture of pity and disgust, which all our admiration of

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