Era un giorno di fine inverno dell’anno 2965, quando i nostri avventurieri
Elwing, l’alta e fiera elfa di Imladris, Parry Coniglio (Coglispino – cazzo avrà da cogliere le spine, sto qui)), lo squinternato lavapiatti di Brea, Farin, il nano puzzone, nipote di Balin, e Targon, tardone depresso Ranger del Nord, figlio di Tamaron, ricevettero una missiva da quel nano insopportabile di nome Balin, figlio di Fundin e zio di Farin. Qualcosa di oscuro e puzzolente stava accadendo a Brea. Un nugolo di Nani degli Ered Luin era bloccato a Brea per problemi commerciali. Ai nostri avventurieri mezzi azzoppati venne richiesto di andare a controllare e aiutare quei nani puzzolenti conterranei di Balin, la cui guida è quell’ubriacone Bláin, lontano cugino. Ricevuta la scomoda e noiosa missiva, Farin e Targon, entrambi impegnati a fingere di allenarsi ad Imladris, fecero i bagagli e partirono per Brea, uno sulla sua pony, Miccia, l’altro a piedi. Targon aveva perso il suo cavallo zoppo, Artax, da piccolo nelle Paludi della Tristezza. Sulla loro testa volava quell’uccellaccio spennacchiato di Dudenak, il corvo di Farin. La valorosa e intrepida Elwing, impegnata a sorvegliare le scorribande degli Orchi, con suo sommo disappunto dovette abbandonare le sue faccende per prendere la strada verso Brea in sella al suo cavallo dal manto bianco Nahar. Arrivarono a Brea un’uggiosa sera di Aprile. Il sole era già calato da un paio d’ore e la pioggia veniva giù a scrosci quando arrivarono, in contemporanea alla porta meridionale di Brea. Ormai, dopo tutti quegli anni passati assieme ad apprendere l’arte della Guerra, gli studi affrontati e le vari avventure intraprese, si conoscevano talmente tanto bene che percepivano la presenza dell’altro a chilometri di distanza. Dopo i primi languidi convenevoli, Farin si concentrò nello scrutare le mura di Brea. Parse tutto molto tranquillo, solo un fattore inusuale lo lasciò stranito. La guardia sedeva dal lato esterno delle mura con il portone di ferro battuto e legno semiaperto. Il Gruppo, vista la natura malvista a Brea sia del Ramingo del Nord sia dell’Elfa (a Brea non capiscono un cazzo), decise di far parlare il finto astuto Farin, che tentò inutilmente di intortare la guardia, che, mentre fino a poco fa sembrava al gruppo tranquilla e ben disposta, divenne improvvisamente guardinga verso quelle che ai suoi occhi erano losche figure. Un gruppo così variopinto e così puzzone (colpa di quei puzzoni di Farin e Targon; Elwing profumava di tuberosa e gelsomino) lo aveva visto raramente. A quel punto, grazie alla sua natura da elfa caparbia e fiera e grazie al suo Diadema Elfico, unico ricordo della madre, riuscì ad intimorire la guardia e a permettere al gruppo di entrare a Brea. E pensare che lei voleva starsene in disparte. Che Zoticone, quel Farin, che buono a nulla. Era toccato a lei dover sistemare, come sempre, la situazione. Inoltre, per colpa della sua incompetenza non sapranno mai perché la guardia sedeva fuori dalle mura. Una volta oltrepassata la soglia del portone sud, il gruppo si avviò verso la locanda, dove l’altro compagno del gruppo lavorava, il Puledro (Impegnato) Impennato. Brea era la località principale della zona, l’ultimo villaggio lungo la Grande Via Est in cui si potevano avvistare sia la Gente Alta che la Gente Piccola, ovvero quegli esseri curiosi denominati Hobbit. Si sviluppava sui fianchi Ovest e Sud del Colle di Brea, circondata da un profondo burrone. Il villaggio si divideva in antica sul fianco della collina, dove vivevano le famiglie benestanti, e in nuova dove invece erano stati costruiti i locali commerciali e viveva ii resto della popolazione. A quell’ora, non si scorgeva nessuna luce accesa tra le finestre delle case di Brea, ma una volta giunti presso la Locanda del Puledro Impennato, il gruppo vide i primi segni di vita. Dalle finestre si scorgeva, infatti, la luce di un focolare e le orecchie da Elfa percepivano un gran vociare da dentro. Sulla porta della Locanda, il gruppo vide Parry, che, come al solito, era intento a fumare la sua amata pipa, riparato da una piccola tettoia. Parry appena scorse il gruppo, con il suo solito modo gioviale e da Golden Retriver, che vede il padrone di ritorno dal prendere la posta al piano terra, accolse il gruppo in un caloroso benvenuto, suscitando lo schifo dell’intero gruppo che non era ancora avvezzo alle smancerie di ‘sto giovane paffutello ragazzo. Infatti, nessuno del gruppo era avvezzo alle manifestazioni d’affetto: Farin era un depresso vendicativo, tormentato dal non essere stato scelto dallo zio Balin nelle avventure di Bilbo e Thorin Sqcudodiquercia. Targon non aveva mai conosciuto un momento di pace nella sua fanciullezza, aveva sempre dovuto procacciare il cibo per sé e i suoi amici. Elwing, in quanto essere superiore, amava starsene tra sé e sé. Parry, non curante dell’insofferenza suscitata nel gruppo, tormentò di domande sul viaggio accompagnando gli amici nella stalla in modo che sia Farin sia Elwing potessero lasciare i loro destrieri. “Birra?” Propose Elwing, nella speranza di mettere a tacere Parry, che stava continuando a tormentarli di domande. Accolta dal resto del gruppo la proposta, il gruppo si avviò verso il resto della Locanda. Varcato l’ingresso scorsero un gruppo festaiolo di nani puzzoni, in cui Farin riconobbe Blain, un gruppo di Hobbit che consumava la serata tra balli, chiacchere e birra, un uomo di Brea in un angolino della locanda circondato da boccali di birra, un gruppo di uomini parlottante impegnato a concludere probabilmente un affare e il Locandiere - Barba Straccio - Barnaba Farfaraccio, che guardò con disappunto quel fannullone di Parry.Parry aveva chiesto, infatti, congedo per quella sera. Finito il primo boccale di birra decisero di affrontare di petto il vero motivo per cui si erano incontrati a Brea, ovvero perché Blain non era stato in grado di cavarsela da solo nelle sue trattative commerciali? Ma soprattutto, perché loro dovevano rinunciare ai loro affari per risolvere quelli di un gruppo di nani? Farin, nonostante la sua scarsa propensione alla socialità e la sua avversione verso lo zio, venne sospinto dal gruppo a parlare con Blain. Con il suo solito modo burbero e aggressivo, interrogò quel malcapitato di Blain, che, fortunatamente da ubriaco, non colse l’aggressività nei modi di Farin. Blain, dopo i primi convenevoli in cui venne a conoscenza di non avere il supporto diretto di Balin, suo cugino, raccontò al gruppo che erano bloccati a Brea da mesi a causa di una trattativa, che non stava andando in porto, con il gestore della cava di pietra Larry Spaccacazzi – ehm no, Spaccapietra. Larry Spaccapietra era l’uomo seduto nell’angolino della locanda, sommerso dai calici di birra. Appariva un uomo distrutto dalla vita. A Elwing, l’imprevedibilità di un uomo offuscato dall’ebrezza dell’alcool incuteva timore. Inoltre, lei non aveva piacere a mettersi in mostra, in un luogo come quello, in cui sapeva perfettamente che gli Elfi erano malvisti. Decise di convincere Parry, il più empatico del gruppo, ad andare a parlare con quell’uomo accompagnandosi con un boccale di Birra, in modo da suscitare una sorta di simpatia (termine a lei sconosciuto) e benevolenza verso i loro confronti. Parry vendendo il boccale di birra e il modo gioviale di Parry decise di aprirsi verso quel ragazzo, che ogni sera gli portava la sua tanto amata birra. Larry confidò al ragazzo la lunga lista di disgrazie che lo stavano affliggendo in quel periodo. Tutte le sue disgrazie erano nate dalla sua decisione di aprire una nuova galleria nella cava. Sinora alla cava non c’erano stati problemi, lavoravano sia Gente Alta sia Gente Piccola di Brea. Erano tutti felici di come lavorava e della ricchezza che portava al villaggio. Dava lavoro ad un sacco di gente e tutti erano contenti di lavorare alla cava. Purtroppo, qualche mese prima, c’era stato un crollo che aveva provocato il decesso sia di un uomo di Brea sia ad un Hobbit e ora sia la Gente Alta sia la Gente Bassa voleva che si prendesse la responsabilità dell’accaduto. Gli erano stati confiscati tutti i suoi averi, tranne i vestiti che aveva indosso (ecco il motivo della puzza) e la casa, in cui stava morendo il figlio Root, Groot, Roat, Rottincul (?). In Elwing, che sinora era guardinga verso il gruppo di tre uomini di cui due erano incappucciati, sentendo quest’ultima frase, si accese dell’interesse verso l’uomo e verso il figlio Rot. Era caduto da cavallo, aveva sbattuto la testa ed era in fin di vita. Nonostante suo padre avesse cercato aiuto ovunque, nessuno era stato in grado effettivamente di curare il figlio. Forse, Lei, Curatrice alle prime armi, poteva dare una mano. Nel frattempo che decideva se farsi coinvolgere o meno in questa fastidiosa vicenda – già doveva aiutare quell’ubriacone stupido di Blain –, la conversazione tra Parry e Larry (che grossa fantasia con i nomi, qui, a Brea) proseguiva. Una spedizione di pietre era stata rubata durante il suo viaggio a destinazione. In poche parole, aveva perso tutto. Terminate le lagne di Larry, Elwing prese parola e si propose di andare a visitare il figlio Groot. Sfortunatamente, anche quella patella di Targon decise di aggregarsi – ma possibile che non la lasciassero stare in pace per i fatti propri? Sempre in mezzo, sempre. Il trio composto da Elwing, Targon e Larry uscì dalla locanda in tarda notte sotto una pioggia battente e folate di vento per avviarsi verso quello sventurato di Rod – si finalmente aveva capito il nome. Mentre Parry e Farin decisero di rimanere alla locanda per continuare ad investigare sulle vicende infruttuose capitate a Brea negli ultimi mesi. Attraversata Nuova Brea, si diressero verso le pendici della collina, verso Vecchia Brea, la parte del villaggio più ricca e benestante. Luci intorno non se ne vedevano e nemmeno segni di vita. Finalmente giunsero a casa Spaccaroccia Spaccapietra, Larry li condusse attraverso la buia casa verso una stanza in cui giaceva mezzo moribondo un ragazzo paffutello di 20 anni. Le sue condizioni le gelarono il cuore, ma fiduciosa delle sue capacità e con l’ausilio di Targon, che - fortunatamente qualcosa di utile nella sua vita aveva fatto – aveva da lei appreso le sue conoscenze in arti mediche, inziò a controllare la ferita e la vecchia medicazione. Era stata fatta piuttosto male ed era a rischio infezione – Chi era stato quel maldestro che si era finto Curatore? Voleva saperne il nome (tanto non se lo sarebbe ricordato) per insegnargli un po’ di buon senso. Rifatta la medicazione e una volta fattogli bere il Miruvor – che fortunatamente Targon non si era bevuto come tutte le erbe che si era fumato -, Rod parse respirare meglio e assumere maggior colorito. Ma sfortunatamente aveva sicuramente bisogno di altre cure. Nel Frattempo, alla Locanda dello Spuledro Impegnato, Farin e Parry si confrontavano sul da farsi. La situazione era ambigua, sicuramente Blain avrebbe fornito loro maggiori informazioni. Tornati da Blain, lo trovarono sempre più alticcio, poco disposto al dialogo e propenso alla caciara, così decisero di parlare con il locandiere Barnaba, sempre molto indaffarato e sempre più stizzito dal fatto che quello scansafatiche di Larry (ops! Parry) non lo stesse aiutando in una serata così tanto affollata. Parry si propose, un po’ per farsi perdonare, un po’ per cercare di convincerlo a rispondergli, di lavorare entrambe le sere consecutive. Parry chiese a Barbanera – Barnaba – se fosse a conoscenza di chi fosse quella figura esotica che sedeva e parlottava con due loschi figuri incappucciati. Era Gianni Feci, Sperti, Sperma – Felci – un famoso commerciante di cavalli che rifilava destrieri malnutriti e malati a prezzi esorbitanti. Nel frattempo, le persone nella locanda si stavano ritirando nei rispettivi alloggi; gli Hobbit se n’erano già andati via dopo quel rubicondo di Blain si era alterato. Gianni Feci e i due uomini incappucciati si stavano alzando in quel momento. Gli unici rimasti erano quel pugno di nani che continuava a vociare. Così Parry decise di aiutare Barnaba a sistemare il locale. Passato un po’ di tempo, quando ormai nella locanda c’erano più Parry, Farin e Barbascura X, ritornarono Elwing e Tanfon – ops! Tardon, no aspetta… Targon. Elwing, ormai stanca, si presentò a Barbanera, chiedendogli un alloggio per la notte per lei e i suoi compagni.
Giorno 11
Mentre i compagni continuavano il loro sonno, Elwing, che era una
persona piuttosto mattiniera e voleva passare un po’ di tempo senza che quelle sanguisughe si attaccassero e non la lasciassero in pace, decise di andare a trovare Rot. Una volta arrivata a casa Spaccacazzi, trovò la porta di casa chiusa come l’avevano lasciata la sera prima. Una volta entrata, trovò Larry ripreso dai fumi dell’alcool, che nonostante la sera prima non fosse particolarmente lucido, la riconobbe immediatamente. Ricordava che quell’Elfa aveva aiutato il figlio Roatincul con le medicazioni e ora pareva stare meglio dei giorni scorsi. Elwing, vedendo l’uomo benevolo nei suoi confronti, decise di porre qualche domanda sull’accaduto. Parry – ah no Larry! – gli raccontò che il figlio aveva appena compiuto 20 anni e che era sua intenzione fargli un bel regalo. Il sogno del figlio era sempre stato quello di avere un cavallo e, quindi, si era recato dal commerciante di cavalli più in voga del momento – Gianni Feci. Alla prima uscita con il cavallo, Rod aveva avuto l’incidente: il cavallo, che lì per lì, sembrava in salute, in realtà era un cavallo anziano. Incontrata una buca, si era azzoppato, era caduto e si era rotto l’osso del collo, morendo sul colpo. Rod, in sella al cavallo, era caduto, aveva picchiato di testa e si era ritrovato con il peso del cavallo addosso. Finito il racconto, consapevole che le cure date la sera precedente fossero solo un palliativo, chiese a Larry a quale Curatore si fosse rivolto e se conoscesse qualcuno in grado di procurare erbe o che fosse un Curatore. Larry le parlò di un Curatore Locale e di una certa Ceralacca – con che disgusto aveva pronunciato il suo nome -, una schiva Ranger del Nord, ormai non più nel suo fiore degli anni, che, mentre un tempo bazzicava spesso per Brea, negli ultimi anni faceva visita a Brea saltuariamente e solo per affari commerciali. Pareva essere un’abile curatrice, ma che la sua reputazione all’interno del villaggio non fosse particolarmente positiva. Elwing, conclusasi la visita, decise di tornare dal gruppo per andare a occuparsi delle altre questioni. Nel Frattempo, mentre Elwing era via, Farin e Targon, una volta svegli e seguendo le loro abitudini mattutine, decisero di allenarsi sotto la pioggia nel cortile della Locanda, facendo lotta libera, pesistica e flessioni. Larry o Parry - chichessia - che aveva promesso a Barbascura X di aiutarlo nelle faccende della locanda, si mise a pulire i boccali sporchi della sera prima e a resettare la sala. Una volta giunto un orario che permettesse di far visita al Magistrato per avere più informazioni sulla questione dell’incidente in cava, decise di avviarsi verso l’edificio. Una volta giunto, grazie alla sua faccia da stupido e dal suo modo di fare benevolente, riuscì a convincere il segretario a prendere udienza con il Magistrato. Una volta entrato, vide il Magistrato impegnato a lisciarsi i baffi su alcune scartoffie. Dopo essersi presentato, chiese al Magistrato dei fatti accaduti alla cava. Basito e un po’ insospettito da questo improvviso interesse da parte di Parry in merito alla questione, il Magistrato si interruppe dal lisciarsi e arricciarsi i baffi. Come mai questo ragazzo era venuto a immischiarsi in una faccenda tanto complessa e intricata, che lui invece vorrebbe tanto sbolognarla? Fortunatamente, Parry, grazie alle sue doti leggermente carismatiche, riuscì a togliere ogni sospetto dallo sguardo del Magistrato che, dopo avergli raccontato la faccenda intricata, lo incaricò di indagare sui fatti. Nel frattempo, arrivata alla locanda, Elwing trovò Farin e Targon intenti a lottare. La scena era talmente tanto patetica ai suoi occhi che si avvicinò per interromperli. “Scemotti, fatevi una doccia e andiamo a parlare con il curatore del villaggio”. Farin che sosteneva che lui non era propenso a sudare, rimase lì fermo, Targon face finta di lavarsi. “Ma dov’è Larry?” “Parry!” gridarono in coro Farin e Targon. “Si va beh, dov’è Parry?“ ”E’ andato a parlare con il Magistrato” “Speriamo non sia andato a cacciarsi in qualche guaio”. Con sguardo contrariato e arreso, Elwing disse di darsi una mossa. Seguendo la strada percorsa poco fa, giunsero dal Curatore. Nell’edificio c’erano diverse brandine con lenzuola pulite, alcuni letti erano occupati da malcapitati, altri vuoti. Intorno gli strumenti erano di scarsa qualità e pressoché inutili. Le medicazioni erano dozzinali. Rivolse uno sguardo a Targon che si propose di dare una mano a sistemare la stanza e a cambiare le medicazioni. Nel frattempo, Elwing si presentò al Curatore, che rimase un po’ intimorito dal fascino dello sguardo caparbio e fiero di quella giovane Elfa senza età. Mezzo affascinato e mezzo intimorito, rispose alle domande dell’Elfa in merito alla ranger Sanguisuga (?). Scoprirono che abitava a nord di Brea e il suo nome era Mescifiltri, - Ecco come si chiamava! - pronunciato con sommo disgusto. Il Curatore sembrò avere una brutta opinione nei confronti dei Ranger del Nord, capaci solo della più bassa manovalanza. Finito di aiutare il Curatore, il gruppo si ridiresse verso il Puledro Scapestrato, ricongiungendosi con Parry, che era ormai tornato e stava facendosi insultare da Barbaliscia.