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diciassette novembre

Lezione n°16
Pagina 166. “Un punto di incontro dei vitali compossibili” è una definizione che ci rimanda a
qualche pagina prima (Pagina 163). Qui abbiamo l’immagine di un punto della rete in cui
confluiscono diverse trame perché siamo nel laboratorio dove lavorano più persone e ogni persona
ha una sua storia. I “compossibili” sono traducibili in diverse possibilità, o meglio le diverse abilità
della Zamira, che sono tantissime. Più in generale dobbiamo intendere che ad incrociarsi sono le
possibilità esistenziali incarnate dalle lavoranti della Zamira, ciascuna delle quali ha una sua storia
che interferisce con le altre. Il laboratorio è un punto in cui interferiscono diverse storie e nella
seconda parte è un baricentro che in qualche modo corrisponde al Palazzo degli Ori della prima
parte, poiché anche là si incrociano le storie.
Da pagina 169 si inizia a parlare del maresciallo Santarella.
Pagina 175. Nell’ultima parte di questo capitolo viene introdotta la figura di Fabrizio Santarella, un
carabiniere maresciallo che comanda la caserma di Marino. Egli si muove, come Pestalozzi, in
motocicletta, e per questo viene definito “centauro saetta”. Muovendosi nella zona dei castelli
albani in motocicletta, Santarella canticchia l’inno del Touring poiché è socio del Touring club (il
Touring è un’associazione frequentata dai motociclisti che proponevano di promuovere il turismo
sul territorio nazionale e ha a che fare con la valorizzazione della bellezza di un determinato
luogo). L’inno cantato da Santarella è stato scritto da Bertarelli ed è importante il ritornello “Avanti,
avanti, via!” che sprona a girovagare, ma successivamente c’è scritto “che esclude ogni possibilità
di marcia indietro”, probabilmente per ironizzare sulla retorica di Mussolini: Mussolini, infatti, faceva
leva sulla capacità degli italiani di vincere su ogni ostacolo e di andare sempre avanti. La critica ha
appurato che per disegnare la geografia del romanzo, Gadda ha tenuto conto delle cartine del
Touring, anche perché è un appassionato delle cose del Touring.
Santarella è un donnaiolo e il nome va letto in senso antifrastico, poiché “santarella” sta ad
indicare un’apparenza di fedeltà nei confronti della moglie quando in realtà egli va dietro alle altre
donne, frequentando anche il laboratorio della Zamira. Tutti sono innamorati di lui e quindi il suo
personaggio è costruito anche sul modello del duce, che fa innamorare chiunque. Si parla anche
della vita privata di Santarella, che in casa se la deve vedere con ben nove donne (moglie,
suocera, cognata, due coinquiline, ecc.). In casa, però, risuona soltanto la voce maschile del duce,
che circola in casa di Santarella grazie alla radio, che proprio allora muoveva i primi passi e
Santarella se la procura quando va a Milano (città all’avanguardia) in missione speciale. Si ascolta
anche il grammofono per ascoltare l’opera classica, dove si alternano voci maschili (baritoni) e voci
femminili (soprani), ma quest’alternanza viene presentata in termini di metamorfosi (questo ci fa
ricordare Virginia). Anche la sciarpa, già menzionata diverse volte, subisce una metamorfosi dato
che cambia colore.
Capitolo 7
Pagina 176. Si continua con la deposizione/testimonianza di Ines Cionini. Viene utilizzato il verbo
“cantare” tipico del gergo poliziesco per indicare che un testimone vuota il sacco. Ines viene fatta
accomodare nella camera di sicurezza in compagnia di altre “nereidi” pescate dal pattuglione, che
altro non sono che le compagne di Ines. Viene nominato il “càntaro”, chiamato così in italiano
antico, che in linguaggio moderno potremmo chiamare “vaso da notte”, oggetto che si ripresenterà
nel momento del ritrovamento dei gioielli della Menegazzi, poiché sono custoditi là dentro. I gioielli
stridono col solito contenuto dei vasi da notte, per questo c’è un contrasto tra alto e basso che
abbiamo incontrato già altre volte, persino a livello stilistico e linguistico. Il càntaro, inoltre, viene
definito “muto” ed è un gioco di parole utilizzato proprio per spronare Ines alla parola, a
confessare.
Pagina 179. La prima cosa che Ines dice riguarda Virginia. In tutte le testimonianze Virginia
appare come un essere diabolico e inquietante. Ines, attraverso quello che aveva raccontato la
collega Camilla, racconta che Camilla le aveva detto del lavoro che Virginia aveva svolto a casa
dei Balducci, i quali le avevano fatto la dote, per cui ad un certo punto la doppia relazione erotica
aveva fruttato visto che era stata ricompensata con questa dote. Proprio grazie a questa dote,
Virginia aveva potuto sposare un ricco industriale del nord che abitava a Torino. A Ines rimane
impresso un dettaglio che aveva colpito già Ingravallo e anche don Corpi, cioè gli occhi magnetici
(“du stelle nere de l’inferno”) che catturano come se ci fosse una sorta di incantesimo. Sembra che
gli occhi vogliano inoltre manifestare un proposito vendicativo. È interessante anche il luogo e il
tempo in cui la Ines incontra Virginia: il luogo è ‘na stradaccia, dove nun ce so’ li preti, cioè dove
c’è una chiesa sconsacrata (come se l’alone che avvolge Virginia avesse interessato anche questa
chiesa), mentre l’ora è quella dell’Ave Maria, cioè la recita dell’Ave Maria durante una funzione
religiosa (contrapposizione tra il diavolo e la Vergine).
Diomede
È importante anche il personaggio di Diomede che è un ex di Ines, che la lascia e in qualche modo
la sprona alla prostituzione (situazione peggiorata dalla Zamira). Si tratta del classico bel ragazzo
invidiato da Ingravallo poiché fortunato con le donne. Ines, comunque, continua ad essere
innamorata di lui nonostante l’abbia abbandonata e rovinata e prova gelosia perché Diomede la
sostituisce con altre donne. Proprio dal tono con cui parla si capisce che Ines deve fare conto con i
sentimenti.
Pagina 184. Diomede è un elettricista e questa è un’informazione importante nelle indagini perché
avrebbe potuto manomettere il sistema elettrico precedentemente per poi informare i ladri della
disposizione delle stanze in una determinata casa. Diomede, poi, è biondo e per questo ben figura
sulle pagine di una rivista intitolata “Difesa della razza”, recando una testimonianza di arianesimo
splendido.
Pagine 186-187. Ines si avvia alla prostituzione e segue quello che le ha suggerito di fare il suo
fidanzato Diomede. A quel punto il Signore avrebbe potuto richiamarla sulla retta via, sulla via della
virtù, ma lei non Gli dà ascolto e per questo si perde. Si apre così il cammino della macchia, una
zona piena di alberi che in qualche modo rievoca i peccati e anche Dante con la sua selva oscura.

La polizia che strazia


Verso la fine di pagina 179 Ines è paragonata ad una cerva assalita e azzannata da quattro cani,
quindi è l’immagine di una preda che ha a che fare con degli inquirenti che non hanno scrupoli.
Pagina 187. Si ritiene migliore la fame rispetto alla giustizia esercitata in maniera violenta e che
non tutela nessuno, infatti non c’è neanche un avvocato d’ufficio a difendere Ines.
Pagina 196. Viene presentata l’immagine di Ines paragonata ad una starna, animale indifeso: è
ricorrente, dunque, il fatto che la polizia quando interroga strazia.

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