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Unità Sistemi di Generazione Rapporto tecnico


Via Andrea Pisano, 120 – 56122 Pisa (Italia) Numero rapporto:
Tel. +39 050 535111 – Fax + 39 050 535651 ENELP/RIC/RT-2001/197/0-IT+RT.RIC.PI
Codice interno:
SG-R16.0-2001

Analisi dei processi di produzione e trattamento del


syngas da biomasse

Gianluca GIGLIUCCI

28 dicembre 2001

Copyright 2001 Enel Produzione, Roma – Tutti i diritti riservati


Diffusione libera
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Rapporto tecnico
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Via Andrea Pisano, 120 – 56122 Pisa (Italia)


Tel. +39 050 535111 – Fax + 39 050 535651

Analisi dei processi di produzione ed trattamento del syngas da biomasse

28 dicembre 2001

Verifica Approvazione
N° Data Elaborazione
PM Direzione
00 28/12/2001 G. Gigliucci F. Donatini G. De Michele

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RIASSUNTO

La presente relazione descrive i processi di gassificazione di biomasse disponibili


a livello industriale su scale utili alla produzione di energia elettrica. In particolare,
vengono descritti e messi a confronto i processi di gassificazione a letto fluido
circolante, a letto fluido bollente e alimentati con vapore, dando risalto alle
caratteristiche più significative in vista dell’accoppiamento degli stessi con gruppi
turbogas mediante co-combustione di syngas e gas naturale o l’utilizzo di
configurazioni IGCC alimentate a sole biomasse.
Viene poi esaminata la questione del trattamento del syngas da biomasse. Dopo
una breve rassegna dei principali sistemi utilizzabili per il trattamento a caldo, vengono
analizzati i metodi più idonei per la rimozione di quelle sostanze che sono in grado di
causare problemi operativi in impianti che vogliano bruciare syngas da biomasse, con
particolare riferimento, anche qui, ai gruppi turbogas.
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INDICE

1 INTRODUZIONE ............................................................................................4

2 GASSIFICAZIONE .........................................................................................6

2.1 TECNOLOGIE BASATE SU LETTI FLUIDIZZATI CON ARIA O OSSIGENO .......................7

2.1.1 Letto fluido circolante ..................................................................................7

2.1.2 Letto fluido bollente .....................................................................................9

2.2 TECNOLOGIA A LETTO FLUIDIZZATO CON VAPORE ..............................................11

2.3 CONSIDERAZIONI SULLE TECNOLOGIE PRESENTATE ...........................................13

2.4 DIFFUSIONE DELLE TECNOLOGIE DI GASSIFICAZIONE DI BIOMASSE ......................16

3 TRATTAMENTO DEL SYNGAS DA BIOMASSE........................................18

3.1 PRINCIPALI PROCESSI DI TRATTAMENTO DEI GAS A CALDO .................................18

3.1.1 Filtri a letto granulare .................................................................................18

3.1.2 Filtri meccanici a barriera ..........................................................................22

3.2 NECESSITÀ DI TRATTAMENTO DEL SYNGAS DA BIOMASSE ...................................24

3.2.1 Rimozione del particolato ..........................................................................25

3.2.2 Tar cracking ................................................................................................26

3.2.3 Rimozione dei tar ........................................................................................27

3.2.4 Metalli alcalini .............................................................................................27

3.2.5 Azoto del combustiile.................................................................................28

3.2.6 Zolfo, cloro ..................................................................................................29

4 CONCLUSIONI ............................................................................................30

BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................32
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1 INTRODUZIONE

Gli impegni presi dalla Comunità Internazionale in occasione della Conferenza di


Kyoto prevedono che ciascun firmatario del protocollo si impegni a ridurre le emissioni
di gas responsabili dell’effetto serra, in particolare l’anidride carbonica, secondo
obiettivi temporali fissati.
In tale ottica, le biomasse rappresentano una fonte di energia da sfruttare, in quanto
il loro ciclo di vita complessivo, dalla nascita all’utilizzo come fonte energetica, vede
una quantità di anidride carbonica complessivamente generata pari a zero.

La gassificazione e l’utilizzo del syngas nei turbogas dei moderni cicli combinati
costituiscono il processo che permette la massima efficienza di conversione delle
biomasse in energia elettrica. I rendimenti di conversione ottenibili attraverso la co-
combustione di syngas e metano, infatti, raggiungono il 42 – 44 %, ben al di sopra dei
valori raggiungibili dalla combustione diretta delle biomasse in cicli a vapore
convenzionali, difficilmente superiori al 30%.
Nel nostro Paese gli impianti di gassificazione di biomasse non si sono ancora
affermati, a causa sia dell’alto costo di investimento che li caratterizza, sia dell’elevato
costo del combustibile primario in confronto a quello vigente altri Paesi europei, in
particolare quelli scandinavi.
Tuttavia il forte impulso dato dal processo di liberalizzazione del mercato
dell’energia alla costruzione di cicli combinati ad alta efficienza, può aprire nuove
opportunità per la gassificazione di biomasse. Infatti, l’accoppiamento tra la
gassificazione di biomasse e i cicli combinati darebbe origine ad un impianto che è da
solo in grado di generare, in modo remunerativo, fino al 10 – 15 % di energia
rinnovabile, coprendo così una parte del fabbisogno di certificati verdi dei produttori di
energia, senza il ricorso ad ulteriori metodi di generazione.

In quest’ottica, il presente documento si propone di descrivere i processi di


gassificazione utilizzabili in accoppiamento con i cicli combinati e le tecniche per
soddisfare, in termini di pulizia del syngas, i requisiti di tale accoppiamento. Alcune
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tecnologie hanno già raggiunto la maturità e la distribuzione commerciale, altre stanno


uscendo dalla fase dimostrativa.

Gli ostacoli ancora da superare per la diffusione della gassificazione combinata a


cicli combinati sono legati principalmente alla disponibilità di combustori di turbogas in
grado di gestire la co-combustione in maniera affidabile ed efficiente e che consentano
di rispettare i limiti di emissione previsti, specie per quanto riguarda gli ossidi di azoto.
Tuttavia, i principali costruttori mondiali stanno avviando progetti, finanziati in parte
anche da strutture pubbliche, per lo sviluppo di tali combustori sulle proprie macchine.
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2 GASSIFICAZIONE

Con il termine gassificazione si intende la conversione termochimica di un


combustibile solido in un gas combustibile attraverso l’utilizzo di un agente ossidante.
Il processo può essere distinto in quattro fasi consecutive: l’essiccamento, la
devolatilizzazione, ovvero il rilascio della porzione volatile del combustibile solido,
l’ossidazione parziale del carbonio fisso (char), e le reazioni in fase gas tra i
componenti liberati nelle fasi precedenti.
I metodi di gassificazione vengono distinti in relazione alle modalità con le quali le
fasi descritte si susseguono nello spazio e nel tempo, alla sostanza ossidante, al
metodo per fornire al processo l’energia necessaria al suo sostentamento e alle
condizioni termodinamiche che lo caratterizzano, con particolare riferimento alla
pressione di gassificazione.
Le tecnologie potenzialmente utilizzabili per integrare l’utilizzo di syngas da
biomasse in cicli combinati alimentati a metano sono: gassificazione con aria (o
ossigeno) in letto fluido circolante, gassificazione con aria (o ossigeno) in letto fluido
bollente e gassificazione con vapore. Mentre le prime due trovano già numerose
applicazioni industriali, specie per combustibile ad alto potere calorifico quali carbone e
residui di raffinazione, l’ultima è ancora in fase di sviluppo e le sue potenzialità sono
state verificate solo su scala dimostrativa.
Nel presente capitolo, le tecnologie suddette vengono descritte dal punto di vista del
processo e delle prestazioni in termini di qualità del syngas da esse ottenibile a partire
da biomasse legnose aventi una composizione tipica riportata in Tab. 2.1. Il paragrafo
finale del capitolo, invece, mette a confronto le tre tecnologie e propone alcune
considerazioni nell’ottica di utilizzare syngas da biomasse come integrazione al
metano negli attuali cicli combinati.
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Composizione u.m.
Carbonio % d.b. 45,50
Idrogeno % d.b. 6,90
Azoto % d.b. 0,31
Ossigeno % d.b. 44,20
Zolfo % d.b. 0,046
Cloro % d.b. 0,04
Ceneri % d.b. 3,00
Umidità % w. d.b. 35,0

HHV d.b. MJ/kg 19,73


HHV (a.r.) MJ/kg 12,82
LHV db. MJ/kg 18,21
LHV (a.r.) MJ/kg 10,98

Tab. 2.1 Composizione tipica di biomasse ligno-cellulosiche.


(d.b. = dry basis; a.r. = as received)

2.1 Tecnologie basate su letti fluidizzati con aria o ossigeno

Nei gassificatori a letto fluido convenzionali, fluidizzati con aria o ossigeno, il calore
necessario per la conversione delle biomasse è ottenuto attraverso una parziale
combustione delle stesse nel reattore di gassificazione.
Il grado di fluidizzazione distingue gli impianti in due tipologie: quelli con letto fluido
ricircolante e quelli con letto fluido bollente.

2.1.1 Letto fluido circolante

La tecnologia di gassificazione a letto fluido circolante è schematizzata in Fig. 2.1. Il


combustibile solido, introdotto nel reattore, viene trascinato, per mezzo di una corrente
di aria o ossigeno, assieme al materiale costituente il letto vero e proprio,
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generalmente sabbia silicea. Le reazioni di conversione termica avvengono all’interno


del reattore e sono favorite dal forte mescolamento tra il combustibile ed il materiale
del letto, che ha le funzioni di favorire l’uniforme distribuzione di temperatura e di
asportare le parti già combuste dai nuclei solidi. Il calore necessario alla gassificazione
è fornito dalla parziale ossidazione dei gas prodotti nella fase di devolatilizzazione e
dalla combustione del carbonio fisso. Il biogas viene separato dai solidi trascinati
attraverso un filtro a ciclone, ed i solidi stessi, costituiti dal materiale d’apporto e dagli
incombusti, vengono reintrodotti nel reattore attraverso l’apposito canale di ricircolo.

Fig. 2.1 Schema di un gassificatore a letto fluido circolante [1].

La Tab. 2.2 riporta le caratteristiche del syngas ottenibile attraverso la


gassificazione, in letto fluido circolante, di biomasse aventi la composizione specificata
in Tab. 2.1.
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Caratteristiche biogas u.m. CFB atm.


CO % 8,37
CO2 % 10,84
H2 % 4,67
H2O % 34,56
CH4 % 3,06
N2 % 38,49
H2S 0,01

PCI kJ/kg 2700

Tab. 2.2: Caratteristiche tipiche del biogas ottenibile dalla gassificazione in letto fluido
circolante atmosferico, a partire dalle biomasse di Tab. 2.1 [2].

Parametri operativi tipici dei letti fluidi ricircolanti utilizzati per la gassificazione di
biomasse sono:
§ rapporto aria/combustibile: 1,7 – 2 :1;
§ velocità di fluidizzazione: 5-9 m/s
§ temperatura del syngas: 850 – 950 °C.

La pressione di esercizio può variare entro limiti molto ampi, dalla pressione
atmosferica a circa 30 bar, tuttavia, mentre nel caso di combustibili ad alto potere
calorifico, quali il carbone o i residui di raffineria, i gassificatori pressurizzati trovano
larghi impieghi, nel caso di utilizzo di biomasse essi non vengono sono stati adottati su
scala commerciale.

2.1.2 Letto fluido bollente

I gassificatori a letto fluido bollente (Fig. 2.2) si differenziano da quelli a letto fluido
ricircolante per il minor grado di fluidizzazione che caratterizza il letto stesso e, quindi ,
per la minor quantità di solidi trascinati assieme al syngas.
Per questo motivo, il ciclone posto a valle del reattore serve unicamente per la
filtrazione meccanica del gas prodotto e non vi è la necessità di reintrodurre nel letto i
solidi raccolti.
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Fig. 2.2 Schema di un gassificatore a letto fluido bollente [1].

I gassificatori a letto bollente utilizzati per la gassificazione di biomasse hanno i


seguenti parametri operativi tipici:
§ rapporto aria/combustibile: 1:1;
§ velocità di fluidizzazione: 2-5 m/s
§ temperatura del syngas: 800 – 900 °C.

La pressione operativa può variare dalla atmosferica a circa 30 bar. Le


caratteristiche del syngas ottenibile nei due casi, a partire dalle biomasse con la
composizione riportata in Tab. 2.1, è mostrata nella seguente Tab. 2.3.
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Caratteristiche biogas u.m. BFB atm. BFB pres.


CO %-v 6,9 7,1
CO2 %-v 13,8 14,3
H2 %-v 11,1 11,3
H2O %-v 25,8 26,5
CH4 %-v 3,6 5,2
N2 %-v 38,2 35,0
C6H6 1320 ppmv 1920 ppmv
C2H4 1190 ppmv 720 ppmv
C10H8 410 ppmv 220 ppmv
CxHy tar pesanti 10 ppmv 10 ppmv
H2S+COS 100 ppmv 110 ppmv
NH3+HCN 1540 ppmv 1690 ppmv
HCl 80 ppmv 90 ppmv

Densità,kg/m3 kg/Nm3 1,089 1,079


Peso molecolare kg/kmol 24,42 24,19

PCS kJ/kg 3787 4472


PCI kJ/kg 3435 4054

Tab. 2.3: Caratteristiche tipiche del biogas ottenibile attraverso gassificazione in letti
fluidi bollenti atmosferico e pressurizzato [2].

2.2 Tecnologia a letto fluidizzato con vapore

La gassificazione con vapore viene effettuata utilizzando due reattori a letto fluido
circolante separati (Fig. 2.3):
§ un reattore di gassificazione in cui, in assenza di ossigeno, la biomassa è
convertita in syngas e char;
§ un reattore di combustione in cui il char residuo è bruciato con aria per fornire
calore al processo di gassificazione.
Il calore è trasferito alla biomassa indirettamente (ossia, in ambiente separato da
quello dove avviene la combustione) da un vettore, che generalmente è sabbia silicea.
Il combustore riscalda la sabbia ad una temperatura compresa fra 950 e 1000 °C.
La sabbia è poi alimentata al reattore di gassificazione, fluidizzato con vapore, dove si
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mescola con la biomassa fornendole il calore necessario alla sua decomposizione,


prima di ritornare al reattore di riscaldamento.

Fig. 2.3: Schema del processo di gassificazione con vapore [3].

Nel processo descritto le biomsse sono convertite in maniera molto simile alla
pirolisi, il ché rende il syngas molto più ricco di tar pesanti dei processi a gassificazione
diretta prima descritti, come si può notare dalla Tab. 2.4.
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Caratteristiche biogas u.m. Batelle


CO %-v 43.2
CO2 %-v 13.4
H2 %-v 21.2
H2O %-v
CH4 %-v 15.8
N2 %-v 0
C6H6 %-v 1.1 %
C2H4 %-v 4.4 %
CxHy tar pesanti %-v 0.4 %
H2S+COS %-v 0.08 %
NH3+HCN %-v 0.4 %

PCS kJ/kg 16800


PCI kJ/kg 12500
Tab. 2.4: Caratteristiche tipiche del biogas ottenibile attraverso gassificazione con
vapore.

2.3 Considerazioni sulle tecnologie presentate

Considerando i gassificatori fluidizzati con aria o ossigeno, il minor grado di


fluidizzazione che caratterizza quelli a letto bollente rispetto a quelli a letto ricircolante
conferisce ai primi alcuni vantaggi sui secondi:
§ il rapporto tra la portata di aria e la portata di combustibile è inferiore, pertanto si
può ottenere gas a più alto potere calorifico;
§ è possibile introdurre combustibile avente pezzatura fino a 100 mm di lato e con
basse caratteristiche di uniformità, mentre i bassi tempi di residenza che
caratterizzano i letti ricircolanti richiedono, alfine di ottenere elevati valori
dell’efficienza di conversione, combustibile con granulometria uniforme e
dimensioni non superiori a circa 20 – 30 mm;
§ le perdite di carico ed i problemi di erosione all’interno del gassificatore sono
inferiori;
§ l’architettura dei letti bollenti è più semplice, così come la loro gestione, che risulta
meno delicata per quanto concerne il controllo del materiale del letto e della
ricircolazione.
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D’altra parte, i letti circolanti hanno i vantaggi di una più elevata potenza specifica
(cioè potenza termica per unità di superficie in pianta del letto) e di un migliore
mescolamento tra sabbia e combustibile, che consente al processo di generare biogas
con un contenuto di tar pesanti inferiore.

Per quanto riguarda l’opportunità di realizzare i processi di gassificazione con aria in


condizioni di alta pressione, va ricordato come essa si presenti molto costosa in
termini di costi di investimento, soprattutto per le necessità legate all’alimentazione del
combustibile e al controllo del processo.
I vantaggi che ne possono derivare sono significativi soprattutto quando il syngas è
destinato alla combustione in turbine a gas (configurazioni IGCC in co-combustione on
il gas naturale o con alimentazione a sole biomasse). Infatti, i processi pressurizzati
non hanno bisogno di compressione del syngas, il ché evita che la filtrazione dei tar
debba raggiungere gli elevati valori richiesti per la sua introduzione del compressore.
Conseguentemente, i processi in pressione possono essere accoppiati a sistemi di
trattamento del syngas a caldo con filtri a barriera, senza la necessità di introdurre filtri
a letto granulare. In questo modo le perdite di carico legate alla filtrazione sono ridotte
e il calore sensibile del gas può essere direttamente utilizzato in turbina, pertanto i
processi di gassificazione combinata ai cicli combinati (IGCC) sono sensibilmente più
efficienti quando vengono utilizzati gassificatori in pressione.

Prendendo in considerazione la gassificazione con vapore, essa permette di


ottenere syngas con contenuto di inerti, quali CO2 ed azoto, estremamente inferiore a
quello che caratterizza i processi di gassificazione tradizionali. Pertanto, il syngas
generato ha potere calorifico molto più elevato.
Tuttavia, il fatto che la conversione delle biomase avvenga, in pratica, sotto forma di
pirolisi, comporta un’elevata concentrazione di tar nel biogas.

L’integrazione del processo di gassificazione indiretta attraverso il vapore con


gruppi turbogas, dunque, può essere estremamente efficiente, in quanto il gas a medio
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potere calorifico che si produce è sostituibile al gas naturale, permettendo di usare le


turbine a gas esistenti senza modificarne i combustori. Inoltre, il maggior potere
calorifico del gas, rispetto a quello dei processi di gassificazione con aria, rende meno
sensibile la perdita energetica che si subisce in caso sia necessario raffreddare il gas
per la sua pulizia. Infine, a parità di potenza termica del syngas, la sua portata in
massa, nel caso di gassificazione con vapore, è sensibilmente inferiore a quella
derivante da gassificazione con ara, e conseguentemente, è ridotta l’energia
necessaria alla sua compressione.
L’elevato contenuto di tar derivante dal processo indiretto, rende possibile l’utilizzo
di gassificazione con vapore in configurazioni IGCC solo a patto di adottare tecniche di
trattamento del biogas che siano sufficientemente efficaci in termini di rimozione dei
tar.

Al proposito della co-combustione di syngas e metano nelle turbine a gas, un


esperienza da citare è quella di Carbona Inc. Tale azienda, che offre sul mercato
gassificatori a letto bollente sia atmosferici sia pressurizzati, ha collaborato con
General Electric e Westinghouse per verificare la possibilità di bruciare gas sintetico,
con composizione coincidente a quella generata dal suo impianto dimostrativo di
Tampere (Finlandia), all’interno di turbine a gas esistenti. In particolare, il syngas è
stato utilizzato per alimentare un solo bruciatore dei turbogas General Electric F6B (40
MW e) e Westinghouse V251. I principali risultati che sono stati ricavati da tali test sono
i seguenti:
§ L’utilizzo di syngas a temperatura elevata può risultare problematico in quanto, pur
aumentando il rendimento di combustione, può determinare pulsazione della
fiamma. Ciò potrebbe limitare i vantaggi dovuti all’utilizzo di gassificatori
pressurizzati accoppiati a trattamento dei gas a caldo.
§ Circa il 50% dell’azoto contenuto nelle biomasse si trasforma, in fase di
gassificazione, in ammoniaca e composti azotati ed è perciò in grado di contribuire
alla formazione di ossidi di azoto in fase di combustione nelle turbine a gas. È
quindi fondamentale verificare che i bruciatori del turbogas siano in grado di
garantire il rispetto delle emissioni con tutte le possibili miscele metano-syngas.
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§ È bene che l’aria di alimentazione del gassificatore venga estratta tramite uno
spillamento a valle del compressore, in modo da diminuire l’aumento di portata fumi
all’ingresso della turbina.

Al fine di garantire un buon funzionamento del processo di gassificazione


atmosferica, il limite massimo dell’umidità delle biomasse nei gassificatori che
utilizzano aria è fissato al 30%. Per tenori superiori, è opportuno introdurre nel
gassificatore non solo aria ma anche vapore surriscaldato.
I gassificatori a vapore, invece, consentono di introdurre biomasse con umidità fino
al 50 % e con dimensione massima di circa 80 mm, valore intermedio a quello
caratteristico degli altri due tipi di gassificazione.

Il contenuto di metalli alcalini nelle biomasse è un fattore rilevante dal punto di vista
del funzionamento del letto, a causa dell’abbassamento della temperatura di fusione
delle ceneri che sono in grado di provocare. Pertanto, quanto più è alto il tenore di
alcali del combustibile, tanto più l’esercizio del gassificatore richiederà cautele per
evitare l’agglomerazione nel letto, quali un adeguato tasso di ricambio del materiale
che lo compone e l’eventuale utilizzo di additivi, quali calce o dolomite.
Un altro motivo per introdurre dolomite o calce nei letti fluidi, in particolare in quelli
bollenti, è quello di ridurre il contenuto di zolfo nel syngas.

2.4 Diffusione delle tecnologie di gassificazione di biomasse

I gassificatori a letto circolante, prodotti da Foster Wheeler, TPS e Lurgi, sono


utilizzati industrialmente per la conversione di biomasse su scale dell’ordine dei 30 –
100 MW t (si veda l’esperienza di Lathi, Finlandia).
La gassificazione in letti bollenti è nelle prime fasi della commercializzazione; la
tecnologia è stata sviluppata dal Combustion Instituteed è proprietà di Carbona Inc.,
che nell’anno passato ha stretto un accordo commerciale per la diffusione con Miljo.
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Attualmente si stanno costruendo numerosi impianti per la conversione di bagassa


nelle isole Hawaii.

La gassificazione con vapore, infine, è stata sviluppata da Battelle Columbus


Laboratories negli anni ’70, e la proprietà del brevetto è stata acquistata da Future
Energy Resouces Corporation (FERCO), che ha continuato il suo sviluppo (grazie ai
contributi DOE) ed ha battezzato la tecnologia come “SilvaGas TM” .
Finora con questa tecnologia sono stati costruiti solamente l’impianto pilota Battelle
e un impianto dimostrativo FERCO da 45 MW t, sito nello stato del Vermont, USA. Nel
corso del 2000 FERCO ha concluso accordi per la diffusione commerciale della
tecnologia SilvaGas.
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3 TRATTAMENTO DEL SYNGAS DA BIOMASSE

L’utilizzo di syngas in co-combustione nelle caldaie a vapore convenzionale può


avvenire senza alcuna necessità di trattamento. Un’esperienza di questo tipo a livello
industriale è quella di Lathi (Finlandia), in cui un gassificatore a letto ricircolante di
costruzione Foster Wheeler, alimentato con biomasse e combustibile derivato da rifiuti,
fornisce dal 30 al 50% dell’input termico di una caldaia a carbone. In questa
configurazione, le impurità e gli inquinanti contenuti nel syngas non rappresentano un
pericolo per il funzionamento della caldaia e vengono trattati a valle della stessa con i
sistemi previsti per i fumi da carbone.

Nel caso di utilizzo del syngas in sistemi di combustione avanzati, quali i gruppi
turbogas, è necessario interporre, tra il gassificatore il turbogas stesso, degli opportuni
sistemi di trattamento del syngas che consentano di rendere le sue caratteristiche
rispondenti alle esigenze di pulizia che caratterizzano le turbine a gas.
I trattamenti possono avvenire a freddo, con consolidate tecnologie commerciali
quali scrubber ad acqua, filtri a maniche, precipitatori elettrostatici, o a caldo, con
tecnologie commercialmente disponibili, ma che, in campo elettrico, trovano ancora
applicazioni non molto diffuse. Queste ultime, proprio per la scarsa diffusione che
ancora le caratterizza, vengono descritte nella parte iniziale del presente capitolo.
La seconda parte, poi, è riservata alla descrizione delle sostanze che è necessario
controllare per garantire il funzionamento dei sistemi di combustione alimentati a
syngas e dei metodi più adatti per la loro rimozione.

3.1 Principali processi di trattamento dei gas a caldo

3.1.1 Filtri a letto granulare

I filtri a letto granulare funzionano costringendo il gas da pulire ad attraversare un


letto costituito da grani di materiale solido. La dimensione dei grani stessi è legata al
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potere filtrante richiesto, mentre l’utilizzo di materiali opportuni può far sì che il filtro
abbia, oltre all’effetto di rimozione meccanica del particolato trasportato, un’azione
chimica verso sostanze indesiderate, la cui concentrazione può essere dunque
abbattuta. Ad esempio, nel caso il letto sia composto di dolomite, l’anidride solforosa
presente nel gas si combina ad essa a dare gesso, con conseguente riduzione del
contenuto di zolfo nel gas.
Esistono tre tipologie di letti granulari: il letto fisso, il letto mobile e il letto fluido (Fig.
3.1).

Fig. 3.1: Filtri a letto granulare [8]

Nei letti fissi il materiale filtrante può essere rigenerato solamente interrompendo il
flusso dei gas, mentre nei letti mobili e nei letti fluidi la sostituzione del materiale
stesso, e la conseguente possibilità di rigenerazione, sono di tipo continuo e non è
necessario sospendere l’esercizio dei filtri in fase di rigenerazione. I letti fluidi si
differenziano da quelli mobili per il fatto che nei primi i grani vengono mantenuti in
sospensione dal gas da filtrare.

I letti fissi sono caratterizzati da grani di dimensione compresa tra 0,5 e 5 mm e da


velocità di filtrazione comprese tra 0,05 e 2 m/s, mentre le velocità di filtrazione
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utilizzate nei letti mobili sono piuttosto basse, inferiori a 0,5 m/s. Tuttavia, a parità di
portata dei gas filtrati, i letti mobili occupano una superficie in pianta inferiore ai letti
fissi, grazie alla possibilità di costruire filtri alti anche alcuni metri.
Per ciò che riguarda l’efficienza nella rimozione del particolato, nel caso si utilizzino
filtri a letto fisso con granulometria di circa mezzo millimetro e velocità di filtrazione
inferiore a 0,25 m/s, è possibile raggiungere un valore superiore al 99 % anche
considerando le particelle submicroniche.
Tali prestazioni vanno attribuite alle condizioni operative che consentono la
formazione di un rivestimento (cake) attorno ai grani del letto: tale rivestimento riduce
sensibilmente lo spazio intergranulare e, quindi la dimensione minima delle particelle
catturabili. Grani con dimensioni superiori al millimetro non consentono, di solito, la
formazione del cake.

Il vantaggio principale dei letti fluidi rispetto ai letti non fluidizzati sta nella maggiore
capacità di filtrazione, in termini di portata di gas, a parità di superficie in pianta del
filtro.
La rimozione del particolato dal gas fluidizzante avviene in due zone distinte: la
regione di ingresso del gas e la regione bollente del letto. La capacità di filtrazione
nella prima zona aumenta all’aumentare della velocità del gas, in quanto il
meccanismo di filtrazione è legato agli urti tra le particelle ed i grani del letto e
coinvolge, pertanto, le particelle di dimensioni maggiori. Al contrario, la parte bollente
del letto è destinata alla filtrazione del particolato fine, che viene trattenuto soprattutto
grazie alla loro tendenza ad aderire ai grani e allo strato di cake che su di essi è
depositato. Perciò, nella zona bollente del letto è opportuno che le velocità di
fluidizzazione siano sufficientemente basse, al fine di limitare la tendenza del
particolato fine a distaccarsi dai grani e ad essere trascinate del gas.
Per questi motivi, al fine di ottimizzare il funzionamento dei filtri a letto fluido
vengono utilizzate delle piastre distributrici forate con area totale di passaggio piuttosto
ridotta, in modo da determinare una forte differenza della velocità di fluidizzazione tra
la zona di ammissione del gas e la zona bollente.
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Una conseguenza interessante del meccanismo di filtrazione del particolato fine,


basato sulla sua adesione ai grani del letto, è che la presenza di alcali nel gas,
diminuendo la temperatura di fusione delle ceneri e la loro appiccicosità, favorisce
l’efficienza di rimozione dei filtri a letto fluido (Fig. 3.2).

Fig. 3.2: Efficienza di filtrazione di un letto fluidizzato in funzione della dimensione del
particolato e della concentrazione di solfato di sodio nel gas. [8]
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3.1.2 Filtri meccanici a barriera

I filtri meccanici a barriera hanno questo nome perché il particolato trascinato dai
gas da filtrare viene captato sulla superficie del mezzo filtrante o all’interno dello
stesso.
La filtrazione avviene grazie a due azioni combinate: quella del filtro meccanico vero
e proprio e quella del deposito di particolato (cake) che si forma sulla superficie e negli
spazi intergranulari del filtro. Infatti, considerando la filtrazione di un gas a partire dal
filtro pulito, la quantità del deposito superficiale cresce fino a che esso stesso diventa
un’ulteriore superficie filtrante che aderisce a quella sottostante in virtù della perdita di
pressione indotta nel flusso di gas che lo attraversa. Questo effetto cresce fino al
momento di pulizia del filtro meccanico, che consente la rimozione del particolato
catturato. Lo strato di deposito sul filtro consente allo stesso di trattenere particelle più
piccole del suo diametro medio, pertanto la capacità ottimale di filtrazione si raggiunge
dopo una prima fase di formazione del cake.
Da quanto sopra, è evidente che la perdita di carico totale è data dalla somma di
quella dovuta al filtro pulito e di quella dei depositi che si formano: per questo motivo,
solitamente la pulizia dei filtri a barriera avviene quando la perdita totale di pressione
dei gas supera un valore predeterminato.
I filtri a barriera possono raggiungere valori di efficienza di rimozione superiori a
quelli caratteristici dei filtri a letto granulare, pertanto il loro utilizzo è subordinato
solamente alla loro affidabilità, che, specie per ciò che riguarda i filtri ceramici, è tuttora
insufficiente per una loro adozione in impianti industriali.
Anche i filtri a barriera, così come quelli a letto granulare, possono essere utilizzati
in modo da ottenere un’azione combinata di rimozione meccanica del particolato e di
abbattimento di sostanze indesiderate. Per fare ciò, gli agenti catalizzatori necessari
per le azioni chimiche possono essere distribuiti sulla superficie filtrante come strato di
cake, oppure possono essere inseriti all’interno della matrice di filtri sinterizzati [4].
Una via alternativa è quella di inserire, prima del filtro a barriera, un reattore a letto
trascinato nel quale avvenga il mescolamento tra il catalizzatore ed il flusso del gas:
così facendo le reazioni di abbattimento possono avvenire nel reattore e sulla
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superficie filtrante. Questa metodologia è stata adottata, nel caso di gas a temperatura
di circa 200 °C, per la rimozione di acido fluoridrico e anche per l’abbattimento di
diossine, furani e metalli pesanti da gas di inceneritori [10].

Per le applicazioni legate alla filtrazione di gas ad alta temperatura, le tipologie di


filtri a barriera più diffuse sono i filtri porosi sinterizzati in materiale metallico o
ceramico, le reti metalliche termosaldate, le membrane o candele ceramiche e i filtri a
manica in tessuti ceramici.

Filtri porosi sinterizzati

I filtri porosi sinterizzati possono essere costituiti da polvere metallica, ovvero da


materiale ceramico.
Il diametro minimo delle particelle trattenute dipende dalla dimensione iniziale della
polvere sinterizzata e dai parametri di sinterizzazione: valori tipici di filtri in acciaio inox
commerciali sono 0,1 – 0,3 µm.
La temperatura massima sopportabile dai filtri sinterizzati è spesso limitata dalle
caratteristiche meccaniche dei supporti utilizzati per il loro sostentamento e può
raggiungere, per applicazioni commerciali, valori di circa 850°. A livello sperimentale,
sono stati costruiti filtri sinterizzati a base di polveri ceramiche capaci di operare a
temperature superiori a 1000 °C. Per questo motivo uno schema utilizzato per la
costruzione dei filtri ceramici destinati a temperature particolarmente gravose è quello
basato su elementi filtranti “a baionetta” infilati in una piastra tubiera: in questo modo è
possibile raffreddare la piastra tubiera e vengono limitate molto le sollecitazioni
meccaniche a cui sono soggetti gli elementi ceramici, notoriamente caratterizzati da
estrema fragilità.
Le cadute di pressione dovute a questi filtri sono di circa 300 mbar, a cui vanno
sommate le perdite legate all’involucro che li contiene, dell’ordine di 150 – 200 mbar.
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Filtri in rete metallica termosaldata

I filtri in rete metallica termosaldata, normalmente in acciaio, sono in grado di


trattenere particelle con diametro minimo dell’ordine del micron.
Analogamente ai filtri porosi, la temperatura massima da essi sopportabile può
essere limitata dalle caratteristiche meccaniche dei supporti adottati e può raggiungere
valori di 800 – 850 °C, pertanto spesso si utilizzano supporti filettati costituiti dallo
stesso materiale dei filtri stessi.
Le cadute di pressione dovute a questi filtri sono di circa 100 mbar.

Filtri a manica ceramici

I filtri a manica sono da tempo utilizzati per la rimozione di particolato solido in gas
di combustione preventivamente raffreddati. Al fine di utilizzare lo stesso tipo di
tecnologia anche nel caso di gas ad elevata temperatura, è necessario adottare
maniche composte da tessuti ceramici, basati su elementi quali silicio, boro e allumina.
Così facendo sono stati costruiti filtri che si sono dimostrati validi, almeno in sede
sperimentale, per trattare gas con temperature fino a 815 °C [1].

3.2 Necessità di trattamento del syngas da biomasse

Il syngas da biomasse contiene, in proporzioni variabili a seconda del processo col


quale è stato ottenuto, gli elementi riportati in Tab. 3.1. Pertanto, è necessario
sottoporlo ad opportuni trattamenti che limitino la sua tendenza ad erodere, corrodere
ed intasare le superfici con cui viene in contatto e che riducano le sue caratteristiche
inquinanti per l’ambiente. A questo proposito, la Tab. 3.1 riassume anche i principali
problemi legati a ciascun contaminante ed i metodi utilizzabili per la loro rimozione.
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Sostanza Esempio Problemi Metodi di rimozione


Cenere, char, materiale
Particolato Erosione Filtrazione, scrubbing
del letto
Raffreddamento,
Composti del sodio e del
Metalli alcalini Corrosione a caldo condensazione,
potassio
filtrazione, assorbimento
Azoto del combustibile NH3, HCN Formazione di NOx Scrubbing, SCR
Intasamento filtri,
Idrocarburi ciclici e depositi sulle superfici Rimozione del tar, tar
Tar
policiclici interne, difficoltà di cracking
combustione
Assorbimento o
Zolfo, cloro H2S, HCl Corrosione, emissioni scubbing con calce o
dolomite
Tab. 3.1: Sostanze contaminanti presenti nel syngas, effetti e metodi di rimozione.

3.2.1 Rimozione del particolato

Il syngas derivato da biomasse trasporta particelle carboniose estremamente fini:


esse sono di difficile rimozione attraverso filtri a ciclone, i quali non sono in grado di
abbassare la loro concentrazione al di sotto di 5 – 30 g/Nm 3.
Pertanto, la rimozione del particolato fine risulta estremamente più efficace
attraverso l’utilizzo di filtri a barriera, di tipo ceramico o metallico. Tali filtri, inoltre,
possono essere utilizzati anche ad elevate temperature (fino a 850 °C circa), pertanto
trovano applicazione soprattutto accoppiati a sistemi di gassificazione pressurizzata,
dove consentono di conservare il calore sensibile del syngas ed evitano la necessità di
utilizzo di sistemi di rimozione dei tar quali gli scrubbers.
Un problema a cui i filtri a barriera possono essere soggetti è l’intasamento dovuto
ai tar presenti nel gas, pertanto è necessario adottare sistemi automatici di rimozione
dei depositi sulle superfici filtranti.
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3.2.2 Tar cracking

La concentrazione di tar nel syngas è legata alla temperatura di gassificazione (il


contenuto di tar è tanto minore quanto piú elevata è la temperatura) ed alle
caratteristiche delle biomasse utilizzate.
Rispetto al syngas da carbone, quello derivante dalle biomasse presenta tar in
concentrazioni maggiori, con peso maggiore e con caratteristiche più stabili, pertanto
le tecnologie sviluppate per gli impianti di gassificazione del carbone per la rottura dei
tar stessi non sono immediatamente trasferibili agli impianti a biomasse.
I metodi di tar cracking sono principalmente due: la rottura per via catalitica,
utilizzando, ad esempio, dolomite o nichel, e la rottura per via termica.

Rottura catalitica
La rottura catalitica dei tar, realizzata utilizzando dolomite o nichel a temperature
dell’ordine di 800 – 900 °C, può raggiungere efficienze di rimozione superiori al 99 %.
Di solito il processo avviene in un reattore separato dal gassificatore, ma l’iniezione
delle predette sostanze nel free-board del reattore di gassificazione può essere
efficace, purché la temperatura in detta zona resti superiore ai limiti indicati.

Rottura termica
La rottura termica dei tar può avvenire, nel caso di syngas da carbone o torba,
mediante la permanenza del gas a temperature comprese tra 800 e 1000 °C per
periodi di tempo sufficientemente lunghi. I tar derivanti da biomasse sono meno
sensibili a questo effetto, tuttavia effetti benefici sulla loro concentrazione possono
essere ottenuti aumentando i tempi di residenza nel free-board del gassificatore,
portando il syngas a contatto con superfici scaldate da una sorgente esterna o
creando zone di post-combustione, nelle quale far avvenire un’ossidazione parziale del
syngas attraverso l’iniezione di aria o ossigeno. Quest’ultima strada causa l’incremento
del contenuto di CO2 nel syngas e riduce l’efficienza del processo, ma può essere
molto efficace se si raggiungono temperature dell’ordine dei 1300 °C.
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3.2.3 Rimozione dei tar

I processi di scrubbing (lavaggio dei gas con acqua) sono considerati tra i più
efficienti per la rimozione di particolato e altri contaminanti, tuttavia, per quanto attiene
alla rimozione dei tar da biomasse, essi possono presentare problemi e possono
essere non sufficientemente efficaci.
Infatti, i tar da biomasse sono caratterizzati da scarsa tendenza a coalescere e ad
essere catturati fisicamente dalle gocce di acqua utilizzata per la loro rimozione,
pertanto, nel caso sia necessario raggiungere valori dell’efficienza di rimozione
superiori al 90 %, è opportuno ricorrere ad un processo diviso in più fasi.
Nella prima fase il gas viene raffreddato e saturato, dopodiché esso viene introdotto
in uno scrubber ad elevata efficienza in cui l’acqua viene fatta condensare sul
particolato e sulle molecole di tar, in modo da favorirne la tendenza
all’agglomerazione. Segue, infine, una fase finale in cui il gas attraversa, con tempi di
residenza elevati, una torre in cui il processo trova il suo equilibrio.
In questo modo è possibile raggiungere concentrazioni di tar di 20 – 40 mg/Nm 3 e
concentrazioni di particolato di 10 – 20 mg/Nm 3; il processo, inoltre, presenta anche
un’elevata efficienza di rimozione dell’ammoniaca e dei solidi solubili, quali il carbonato
di sodio.
Il sistema descritto è piuttosto costoso e può richiedere un successivo trattamento
delle acque di lavaggio.
Un alternativa per la rimozione di tar e particolato può essere rappresentata dai
precipitatori elettrostatici, tuttavia non vi sono esperienze di loro utilizzi su syngas da
biomasse.

3.2.4 Metalli alcalini

I metalli alcalini, sono in grado di causare corrosione a caldo sui metalli e, in


particolare, sulle pale dei primi stadi delle turbine a gas, pertanto la loro
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concentrazione nei gas sintetici che si vogliano utilizzare in alimentazione ai turbogas


va ridotta entro limiti molto bassi, dell’ordine delle parti per milione.
I metalli alcalini contenuti nel syngas restano in fase vapore finché quest’ultimo non
viene raffreddato al di sotto della loro temperatura di condensazione, che si attesta
attorno ai 500 – 600°C. Dunque, se la rimozione del particolato dal syngas avviene a
temperature superiori, essi passano attraverso i filtri, mentre se si procede al
raffreddamento prima della filtrazione, gli alcali condensano sui nuclei di particelle
trascinate dal gas e vengono rimosse insieme a queste ultime.
È pertanto opportuno, quando si vogliano accoppiare gasificatori di biomasse e
gruppi turbogas, prevedere un raffreddamento al di sotto dei 600°C prima dell’utilizzo
di filtri a caldo. Un’ulteriore aspetto da considerare nel caso si voglia operare con filtri a
barriera ad alta temperatura, è la capacità dei metalli alcalini, così come dell’acido
fluoridrico, di danneggiare i filtri ceramici.

Un mezzo alternativo per la rimozione degli alcali è l’utilizzo i sistemi scrubber ad


acqua descritti nel paragrafo precedente.

3.2.5 Azoto del combustiile

Una frazione variabile tra il 50 e 80 % dell’azoto contenuto nel combustibile viene


convertito, in fase di gassificazione, in ammoniaca e composti azotati, quali l’acido
cianidrico. Tali sostanze danno origine a ossidi di azoto in fase di combustione,
pertanto la loro concentrazione va tenuta sotto controllo e, se richiesto, ridotta, al fine
di rispettare i limiti di emissione di NOx in atmosfera.
Ammoniaca e composti azotati sono presenti nel syngas in fase vapore, perciò non
vengono trattenuti dai filtri di rimozione del particolato, ma possono essere rimossi
attraverso i sistemi di lavaggio con acqua.
In alternativa, le emissioni di NOx dagli impianti associati ai gassificatori di biomasse
possono essere controllate attraverso i sistemi comunemente utilizzati negli impianti di
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combustione, quali la riduzione catalitica (SCR) e l’utilizzo di tecniche di combustione a


bassa produzione di NOx.

3.2.6 Zolfo, cloro

La presenza di zolfo nelle biomasse legnose è alquanto ridotta, variabile tra lo 0.01
e lo 0.05 %, pertanto esso, generalmente, non dà origine a problemi particolari.
Tuttavia, nel caso si voglia utilizzare syngas da biomasse in gruppi turbogas, i limiti
imposti dalle caratteristiche della turbina, dell’ordine delle parti per milione, possono
richiedere la rimozione di zolfo dal syngas.
Possibili sistemi che permettono di ottenere tale rimozione sono i tar cracker
catalitici che utilizzano dolomite o l’iniezione di dolomite o calce nei letti di
gassificazione, nel caso di impianti a letto bollente.
In alternativa, è possibile utilizzare letti fissi costituiti da ossido di zinco, che
presentano una buona efficienza di rimozione e sono relativamente economici.
Tuttavia, essi danno origine a solfuro di zinco, che va depositato in discarica.

Per quanto riguarda il cloro, il suo contenuto nelle biomasse è di solito stremamente
modesto e non causa problemi impiantistici né di emissioni. Comunque, la sua
concentrazione viene ridotta nel caso vengano utilizzati sistemi di trattamento del
syngas quali l’iniezione di dolomite nel gassificatore o in reattori secondari o il lavaggio
con acqua.
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4 CONCLUSIONI

Il presente documento ha presentato i processi di gassificazione di biomasse


disponibili a livello industriale su scale utili alla produzione di energia elettrica. In
particolare, sono stati descritti e messi a confronto i processi di gassificazione a letto
fluido circolante, a letto fluido bollente e alimentati con vapore, dando risalto alle
caratteristiche più significative in vista dell’accoppiamento degli stessi con gruppi
turbogas mediante co-combustione di syngas e gas naturale o l’utilizzo di
configurazioni IGCC alimentate a sole biomasse.
I gassificatori a letto circolante, prodotti da Foster Wheeler, TPS e Lurgi, sono
utilizzati industrialmente per la conversione di biomasse su scale dell’ordine dei 30 -
100 MW t.
La gassificazione in letti bollenti è nelle prime fasi della commercializzazione; la
tecnologia è stata sviluppata dal Combustion Institute ed è proprietà di Carbona Inc.,
che nell’anno passato ha stretto un accordo commerciale per la diffusione con Miljo.
Attualmente si stanno costruendo numerosi impianti per la conversione di bagassa
nelle isole Hawaii.
La gassificazione con vapore, infine, è stata sviluppata da Battelle Columbus
Laboratories negli anni ’70, e la proprietà del brevetto è stata acquistata da Future
Energy Resouces Corporation (FERCO), che ha continuato il suo sviluppo, anche
grazie ai contributi DOE. Finora con questa tecnologia sono stati costruiti solamente
l’impianto pilota Battelle e un impianto dimostrativo FERCO da 45 MW t, sito nello stato
del Vermont, USA. L'interesse per questa tecnologia è sostanzialmente legato
all'elevato potere calorifico del syngas prodotto con essa.
Per quanto riguarda i sistemi di trattamento del syngas sono stati analizzati processi
ad umido e processi a secco a media ed alta temperatura.
I processi a bassa temperatura utilizzano consolidate tecnologie commerciali quali
scrubber ad acqua, filtri a maniche, precipitatori elettrostatici, introducendo tuttavia una
significativa riduzione dell'efficienza complessiva dell'impianto dovuta alle irreversibilità
connesse al raffreddamento del syngas.
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I processi di trattamento a caldo utilizzano tecnologie commercialmente disponibili,


anche se non ancora adeguatamente provate soprattutto nei grandi impianti tipici della
generazione termoelettrica. Questi sistemi di trattamento consentirebbero una più
efficiente integrazione tra l'unità di gassificazione ed il ciclo combinato, soprattutto
utilizzando gassificatori di tipo pressurizzato. Infatti, in questo caso si evitano sia il
raffreddamento del syngas che la sua compressione necessaria per l'alimentazione
della turbina a gas, fasi particolarmente dispendiose in termini energetici.
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BIBLIOGRAFIA

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