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4 Stampa 3D vs Stampaggio a iniezione

Stampaggio a iniezione Stampante 3d

+ Velocità + Produzione personalizzata


+ Produzione di massa + Bassi costi per prodotti unici
+ Possibilità di utilizzare più materiali + Produzione in-house di prototipi
+ Possibilità di stampare oggetti grandi + Forme non realizzabili in altri modi
+ Non necessità di uno stampo
- Flessibilità geometrica + Relativo basso costo della macchina
- Personalizzazione + Aggiornamento del prodotto senza costi
- Piccole imprese non entrano rapidamente nel + Posso variare le proprietà localmente
mercato

Le parti stampate a iniezione sono prodotte nell'ordine di centinaia di migliaia di unità, per cui in
settori come la produzione di dispositivi medici o di articoli sportivi è necessario trovare alternative
che si prestino meglio alla produzione con volumi ridotti o alla personalizzazione.

Secondo uno studio di Deloitte, oltre il 50% dei clienti ha manifestato l'interesse di acquistare
prodotti o servizi personalizzati e la maggioranza ha dichiarato la propria disponibilità a pagare di
più per un prodotto o servizio personalizzato.

5 Analisi baropodometrica [1] [3] [4]


La baropodometria è la materia che studia il carico del peso del corpo distribuito nella pianta del
piede. Tramite l’analisi fatta con l’ausilio di un determinato macchinario disposto di centinaia di
sensori e con l’aiuto di un software, è possibile visualizzare come il piede appoggia e con quanta
forza. Com’è facilmente visibile dalle immagini sottostanti il peso del corpo è scaricato
principalmente dal tallone quando si sta in una posiziona eretta e ferma, mentre nella fase di rullata
del piede il peso si trasferisce all’avampiede.

Analisi da fermo Analisi in movimento


Nel piede sono riconosciute tre zone:

1. La zona del retropiede: composto da calcagno e astragalo, quest’ultimo attraverso


l’articolazione tibio-tarsica si connette alle due ossa lunghe della gamba stabilizzando il
piede;
2. La zona del mesopiede: include l'osso cuboide, i tre cuneiformi e l'osso navicolare e ha
come funzione quella di ammortizzare i carichi;
3. La zona dell’avampiede: comprende i cinque metatarsi e le falangi, ha come ruolo quello di
fornire dinamicità al piede.

La caviglia e le articolazioni permettono il movimento della struttura anatomica su tre assi:

1. Movimenti di ab/adduzione
sugli assi sagittali;
2. Movimenti di flessione ed
estensione sugli assi
trasversali;
3. Rotazione interna o esterna
(inversione ed eversione)
sull’asse longitudinale.
4. Oltre a questi movimenti
attorno ad un preciso asse si
aggiungono i movimenti di
pronazione e supinazione che
si svolgono sui tre piani e sono
una combinazione dei tre tipi
di movimento
precedentemente descritti.

La pianta del piede non poggia completamente sul terreno, infatti


si possono identificare tre archi plantari che delimitano una
superficie concava, chiamata volta plantare. La funzione di questi
archi è paragonabile a quella degli archi architettonici, ovvero è
quella di trasformare le spinte verticali in carichi laterali e dunque
distribuire meglio il peso corporeo nella superficie di appoggio. I
tre archi plantari sono:

1. L’arco longitudinale laterale;


2. L’arco longitudinale mediale;
3. L’arco trasverso.
Le patologie più comuni cui può essere soggetto il piede:

• Alluce valgo: deviazione laterale dell’alluce verso le altre dita del piede;
• Neuroma di Morton: patologia degenerativa di un nervo plantare sensitivo che innerva il 3
e 4 dito;
• 5° dito varo: sporgenza laterale della base del 5°dito che appare deviato in senso opposto
all’alluce valgo cui spesso si accompagna;
• Dita a martello: deformità delle dita del piede che si curvano verso l’alto in corrispondenza
dell’articolazione centrale, assumendo un aspetto curvo;
• Metatarsalgie: infiammazione delle teste dei metatarsi dovuta a una cattiva distribuzione
del carico dell’avampiede o sollecitazioni innaturali.
• Fascite plantare: dolore nella parte arcuata del piede dovuto alla degenerazione
dell’aponeurosi plantare (fascia plantare). Solitamente è causata dalla ripetizione continua di
eccessivi sovraccarichi a livello podalico.
• Morbo di Haglund: osteocondrosi (processo di tipo infiammatorio-degenerativo a carico
dei nuclei di accrescimento delle ossa) caratterizzata dalla comparsa di una protuberanza
ossea nel retro del calcagno, all’attaccamento del tendine d’Achille.
• Infiammazione del tendine
d’Achille;
• Ulcere dovute a diabete.
• Piede cavo: eccessiva
concavità dell’arco
plantare, il piede poggia
solo nella parte anteriore e
posteriore.
• Piede piatto;
In conseguenza alle patologie su indicate sono proposte sei tipologie di ortesi:

1. Plantari correttivi: per prevenire e correggere patologie e disturbi, funzionano in età


evolutiva fino a quando l’apparato muscolo-tendineo-scheletrico è in grado di rispondere
alle sollecitazioni esterne;

2. Plantari ortopedici: categoria generale;

3. Plantari sportivi: per prevenire e alleviare traumatismi, tendinopatie e migliorare le


performance sportive distribuendo al meglio i carichi;

4. Plantari diabetici: per la prevenzione di ulcerazioni;

5. Plantari angiologici o flebologici: aiutano la funzionalità della pompa di ritorno e sono


consigliati nei casi d’insufficienza venosa, linfatica e durante la gravidanza;

6. Plantari pre/post-operatori: utilizzati per brevi periodi.

Piede piatto / tipi appoggio (pronatore o supinatore) / tipi di piede / fasi camminata [4]

6 Comodità delle solette [3]


Il comfort non si misura solo se il prodotto svolge il suo ruolo per cui è stato progettato, ma esso
deve garantire anche un certo grado di umidità e una determinata temperatura nella scarpa
altrimenti subentra il pericolo di ulcere o funghi.

Secondo lo studio di Niang non è possibile trovare con certezza una tecnologia migliore riferita al
comfort, anche se pare che quelle stampate in 3D garantiscano un livello leggermente minore
rispetto a quelle in pelle o tessuto.
7 Reticolati infill [1] [4]
Posso essere:

 Beam, rami ripetuti;


 TPMS, tripla superficie
minima periodica. Molto
compatti, adatti
all’assorbimento di energia se il
peso non è un requisito
principale. All’aumentare del
peso diminuisce la
deformazione;
 Honeycombs, forma è
alveolare. Elevata rigidità ma
anche un elevato peso;
 Stochastic, rami non in
maniera periodica.

È importante scegliere il reticolato con il miglior rapporto tra il peso e la capacità di assorbire
l’energia.

Calcolare le proprietà meccaniche di un reticolato periodico è fattibile mentre quelle di un reticolato


stocastico variano con il variare della forma.

In ordine dal più leggero al più pesante.

Pezzi al 100% di riempimento garantiscono massima resistenza a trazione e torsione ma ciò


implica costi più elevati, sia in termini di tempo sia di materiale, oltre a rendere il pezzo più
pesante. È necessario studiare ogni caso in dettaglio in base al tempo di resistenza e tempo di
stampa tenendo conto che dal 25% al 50% del riempimento la resistenza è aumentata del 25% e dal
50% al 70% della resistenza al riempimento è aumentata solo del 10%.
In questi grafici sono stati messi a confronto i dati di prove sperimentali di trazione di 4 campioni
stampati tutti al 15% di riempimento ma ognuno con geometria diversa: rettangolare (rectangle),
romboidali (diamond), esagonale (Hexagon/honeycomb) e un campione solido come confronto. Il
tipo di riempimento riferito alla curva sforzo-deformazione con modulo elastico più elevato (blu
figura 19 o rossa figura 20) è quello esagonale o honeycomb, seguito dal rettangolare.

In [40] sono stati testati 4 infill differenti


su campioni in TPU per la progettazione
di un plantare e in base ai moduli di
compressione e ai valori di deformazione
a compressione ottenuti sono stati
applicati questi diversi infill in varie
regioni del plantare. Questa soluzione è
molto utile perché permette di
personalizzare il grado di rigidità
dell’ortesi solo in determinate zone secondo le necessità del paziente.

I primi test in scala 60 sono stati eseguiti per verificare la rigidezza del plantare con il nuovo
materiale utilizzato. Tutti i primi quattro plantari elencati in tabella, secondo un parere dei tecnici
ortopedici, sono rigidi, non sono delle ortesi confortevoli. Per rendere il plantare più confortevole al
contatto con il piede si è pensato di abbassare la percentuale di infill e degli strati di base e di
copertura superiore. È stato scelto per compromesso un infill intermedio tra il 10% e il 25%. (fa test
confrontando varie solette in FEM).
8 Test e comparazioni materiali [1]
Ogni test fatto rispetta una determinata normativa:

 Densità (ASTM D792);


 Durezza (ASTM D2240);
 Modulo (ASTM D412C);
 Carico di rottura e allungamento a rottura (ASTM D412C);
 Resistenza allo strappo (ASTM D624);
 Resilienza di rimbalzo (ASTM D7121);
 Perdita relativa per abrasione (ISO 4649);
 Resistenza di flessione (ASTM D1052);
 Modulo di trazione (ISO 527-2);
 Modulo di flessione (DIN EN ISO 178);
 Massima energia assorbita (DIN EN ISO 179-1)
9 Caratterizzazione meccanica [2]
1. Prova a flessione: per determinare la resistenza, il modulo elastico e valori caratteristici
della curva sforzo-deformazione ottenuta dalla prova a flessione. È possibile calcolare il
modulo di elasticità a flessione (𝐸𝑓), espresso in MPa, come il rapporto tra la differenza di
tensione, 𝜎𝑓2 − 𝜎𝑓1, e la corrispondente differenza di deformazione 𝜀𝑓2 (= 0,0025) − 𝜀𝑓1
(= 0,0005), nel tratto iniziale della curva sforzo-deformazione, definito ‘tratto elastico’.

2. Prova di durezza Shore-D: misura le gomme dure e le plastiche semirigide e dure. I


componenti più duri forniscono una maggiore resistenza alle abrasioni ma offrono minore
flessibilità. Si esercita una pressione sul durometro nella direzione del campione di prova e
dopo una sollecitazione localizzata di diversi secondi si solleva lo strumento. La lettura si fa
direttamente su un quadrante graduato in gradi Shore presente sullo strumento. Questa
procedura è ripetuta per almeno cinque volte in punti diversi del provino (distanziati tra loro
di almeno 6 mm). Il valore finale della durezza Shore è dato dalla media aritmetica dei
cinque o più valori.

3. Prova di resistenza all’impatto Izod e Charpy: è


misurata utilizzando i metodi Charpy e Izod. Tali
test valutano l’energia assorbita dalla superficie del
provino soggetto a un urto da parte di un pendolo, o
mazza. Secondo il metodo Izod, la mazza è lasciata
cadere da un’altezza fissata a cui è agganciato,
impattando su un provino precedentemente
intagliato secondo normativa, posto nel porta-
campione. L’energia potenziale iniziale del pendolo
è nota poiché è nota la sua altezza, dopo l’impatto,
lo strumento restituisce il valore di energia assorbita dal provino, Ec [J], decurtato del
contributo energetico perso per attrito con l’aria. La resistenza all’impatto, 𝑅𝐶𝑁 [kJ/m2], si
ricava dalla seguente relazione:
𝑅𝐶𝑁 = 10
h spessore del privono e bn larghezza residua dopo
l’intaglio.

La prova di resistenza all’impatto di tipo Charpy è del


tutto analoga alla prova Izod, con la differenza del
posizionamento del provino e dell’intaglio rispetto alla
mazza.

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