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Johann Drumbl

Just in Time: imparare quando occorre - per tutta la vita

Docti vero imprudentes, qui ad peculiaria a vero ex genere recta


pergunt, per anafractuosa vitae perrumpunt. At sapientes, qui per
agendorum obliqua et incerta ad aeternum verum collimant, quia
recta non possunt, circumducunt iter; et consilia expediunt in
temporis longitudinem, quantum natura fieri potest, profutura.
G. B. Vico

Le università italiane registrano in questo momento un vistoso calo delle iscrizioni, dovuto
certo a più fattori, ma forse un po’ anche alla sfiducia nei confronti di un’istituzione che fatica
ad aggiornarsi alle esigenze dei giovani che s’immetteranno nel mondo del lavoro. Downsizing,
outsourcing, lean managment, re-engineering, e via dicendo, rappresentano concetti di riforma
con un punto in comune: risparmiare le infrastrutture intermedie mirando all’efficienza
produttiva di prima. Tra i posti di lavori persi in quel modo si trovano anche molti dei posti
tradizionalmente occupati dai neolaureati all’inizio della loro vita professionale.
Secondo le previsioni attuali, in Europa, all’inizio del nuovo secolo, il 60% dei posti di lavoro
sarà legato al settore della comunicazione ed ai servizi ivi connessi.
Per dare nuova credibilità all’università come luogo di formazione e di cultura, bisogna dare
una svolta progettuale ai piani di studi e agli indirizzi, ma anche ai metodi di lavoro di volta in
volta adottati.
Nel campo dell’insegnamento linguistico il ripensamento metodologico è particolarmente
sentito per due motivi, primo perché in alcune Facoltà italiane sembra minacciata la stessa
sopravvivenza degli insegnamenti linguistici tradizionali – ricordo solo il nuovo piano di studi
delle Facoltà di Economia e Commercio che in alcuni casi ha portato all’eliminazione della
seconda lingua straniera. In considerazione del fatto che le Università non sono solo chiamate a
progettare curricula, insegnamenti, posti di ruolo ma anche a provvedere alla copertura
finanziaria delle scelte adottate, è prevedibile che le materie “deboli” faticheranno sempre più a
trovare il loro spazio.
Il nostro convegno è nato sotto la spinta della consapevolezza che, nell’odierno panorama
universitario, la materia “Lingua Tedesca”, rientra nella categoria delle materie “deboli”.
Il secondo punto è forse più strettamente legato al primo di quanto si voglia ammettere. In
Italia regna piena sfiducia sulle effettive possibilità di imparare le lingue nei corsi offerti nelle
istituzioni scolastiche.
Nel nostro paese, le lingue straniere non sono di casa. E’ persin troppo nota l’aneddotica a
questo proposito che spazia dagli speaker professionisti delle radio e delle televisioni di Stato e
private che maltrattano sistematicamente ogni parola straniera, passando attraverso il ben noto
deficit linguistico di politici, professori universitari e capitani d’industria, tutti esempi che
dimostrano che delle lingue, tutto sommato, si può fare anche a meno, per giungere
all’apparente incapacità di molti giovani di apprendere le lingue, persino dopo costosi
soggiorni all’estero.
Prova ultima di questa situazione del tutto negativa è il diffuso pessimismo che regna anche tra
coloro che sono impegnati in prima linea a condurre le riforme atte ad accompagnare i giovani
italiani nella loro nuova patria di diritto, l’Europa.
Renzo Titone, un osservatore privilegiato della situazione scolastica italiana, ha recentemente
richiamato l’attenzione dei docenti universitari sull’educazione degli adulti, adducendo una
motivazione realistica e sorprendente: “Tornare a riflettere sulle modalità di apprendimento

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delle lingue straniere da parte dell’adulto è oggi una rinata necessità, anche per il fatto del
diffuso insuccesso dell’insegnamento delle lingue straniere dal periodo dell’adolescenza in
avanti.”
Sono convinto che l’atteggiamento di “riluttanza” assunto da tanti Consigli di Facoltà nei
confronti degli insegnamenti linguistici abbia una radice anche in questo clima di sfiducia dei
risultati ottenuti. Non è raro sentire l’opinione che gli studenti migliori imparano comunque le
lingue, perché servono, ma che l’Università non ha il compito di pensare alla formazione in un
campo che dovrebbe essere dato per acquisito, magari, tramite un modo di vita che garantisce
l’apprendimento linguistico partecipando semplicemente alla molteplicità dei mass media oggi
facilmente reperibili nelle edicole e nelle trasmissioni TV via satellite.
Dal fallimento dell’insegnamento linguistico nelle istituzioni, può nascere tuttavia un impulso
positivo. Come ha giustamente osservato Titone, per trovare nuovi indirizzi bisogna guardare
al mondo dell’educazione permanente e della formazione aziendale, confrontando i metodi di
lavoro delle università con quelli dei centri di formazione a distanza e della formazione
professionale.
Da un paio di anni nelle aziende si è diffuso il concetto di approvvigionamento Just in Time.
Le fabbriche che perseguono questa strada non necessitano più di magazzini, perché le
componenti per l’assemblaggio dei macchinari vengono ordinate in modo tale da arrivare
puntuali per la produzione.
Il concetto del Just in Time illustra al meglio la moderna gestione dell’informazione su
computer opposta all’approvvigionamento tradizionale che mette sugli scaffali tutto quanto
potrà servire pensando ad eventuali impieghi futuri, secondo la modalità del Just in Case (in
caso servisse).
Prendiamo l’esempio delle rubriche telefoniche degli Stati Uniti vendute su CD-ROM a poco
più di due milioni di lire, cui va aggiunto il tempo per l’ordine, il pagamento, l’archiviazione
delle ricevute, la catalogazione, il costo dello spazio e del personale per il deposito, per la
distribuzione del CD-ROM e per la sorveglianza. Il bibliotecario che acquista i CD-ROM
segue la filosofia Just in Case della gestione di informazioni. L’alternativa è di collegarsi, ogni
qual volta serva un’informazione, con una banca-dati esterna alla biblioteca che vende il
servizio. Seguendo la filosofia del Just in Time il servizio viene acquistato quando serve, con il
vantaggio di trovare fonti sempre aggiornate e di eliminare le spese accessorie legate
all’acquisto e al deposito del materiale.
Nell’uso quotidiano presso un grande Centro Computer, le due forme di approvvigionamento
delle informazioni dovranno coesistere. Il Just in Case rientra nelle nostre abitudini ormai
consolidate, perché rappresenta il principio su cui si fondano le biblioteche e gli archivi,
mentre il Just in Time, richiede un periodo di apprendimento e, forse, anche una svolta nel
nostro atteggiamento verso l’informazione.
Per capire come funziona, per valutare i costi e per sperimentare l’utilità di questo nuovo modo
di entrare in contatto con i dati, bisogna però avere l’opportunità di usare il sistema. In questa
prospettiva, il computer diventerà strumento per l’uso quotidiano alla stregua della macchina
da scrivere, del telefono e dell’agenda personale.
In modo del tutto analogo all’acquisto Just in Time si realizzano oggi i progetti di formazione
delle grandi aziende. Un esempio recente: un gruppo bancario internazionale con ca. 17.000
impiegati abbandona il vecchio sistema computerizzato di gestione del lavoro in favore di un
sistema che distribuisce l’intero lavoro su tanti PC collegati in rete. Certo i programmi nuovi
sono molto più facili del vecchio sistema con i suoi 600 codici da imparare a memoria; ma un
programma completo di gestione bancaria, non è comunque facile da imparare. Tutti gli
impiegati devono imparare il necessario allo stesso tempo per poter passare al nuovo sistema
senza interrompere il servizio.

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Fermiamo la nostra attenzione non già sui metodi per insegnare una materia complessa a un
numero così elevato di persone, soffermandoci non sul “come”, ma sul “quando” - just in time,
nel momento in cui le conoscenze servono davvero.
Nelle aziende la formazione professionale riguarda contenuti necessari e non mira a
promuovere competenze fruibili in un lontano futuro, secondo il paradigma del Just in Case.
Nel prossimo secolo tutte le forme di apprendimento istituzionale saranno caratterizzate dal
modello del Just in Time. L’insegnamento impartito nelle istituzioni scolastiche si avvicinerà
alla formazione aziendale e non viceversa, e il computer ne sarà il principale strumento
didattico.
Il boom delle reti di computer non è avvenuto per caso. Il computer collegato in rete con tutti
gli altri computer del mondo sembra il passo necessario per rendere trasparente l’essenza di
questo nuovo strumento di lavoro. Per troppi anni il mondo dei computer era stato soffocato da
promesse troppo generiche, da progetti troppo ambiziosi; l’intelligenza artificiale era sembrata
pronta a sostituire l’uomo in compiti complessi quali le traduzioni di testi poetici e la prognosi
dell’andamento delle quotazioni in borsa.
Ora che queste idee sono state accantonate emergono le vere qualità del computer, e la prima
tra le qualità irrinunciabili è quella di poter rimanere sempre acceso. Il cervello umano ha
bisogno di riposo, il computer no. Una volta depositate sulle capienti memorie, le informazioni
sono sempre presenti in attesa di essere prese, e... apprese.
La seconda qualità del computer è la sua pazienza: le conoscenze depositate sui server in tutto
il mondo (nella parola inglese risuona la radice di “servo”), aspettano in tutta tranquillità di
essere diffuse su richiesta. Nessun insegnante invadente, premuroso a insegnare proprio nei
momenti in cui gli allievi, magari, vorrebbero fare altro. Ogni grano di conoscenza depositato
sulla rete aspetta il proprio turno per rendersi utile, è pronto per l’uso Just in Time da parte di
un utente in qualche angolo del mondo oppure nella stanza accanto.

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Site under Construction, pagina Web in costruzione:

Quando nel febbraio dell’anno scorso i responsabili della sede di Brescia dell’Università
Cattolica decisero di allestire la sala PC collegata in rete, Netscape, l’azienda oggi alla ribalta,
non esisteva ancora, come non erano ancora state fondate le aziende che forniscono i
programmi che rendono tanto affascinante la navigazione in Internet. Il programma con il
quale lavoriamo tutti i giorni è stato caricato sulla rete il giorno 25 ottobre, la versione attuale
di un altro programma che usiamo è disponibile per il downloading dal 7 novembre. Il software
per far funzionare il nuovo servizio di Internet, che permette l’ascolto dell’audio in tempo reale,
è stato inserito sul servente di rete mezz’ora prima dell’inizio del convegno “Deutsch in
Italien”, tenutosi a Brescia dal 10 all’11 novembre 1995, i cui partecipanti sono stati tra i primi
italiani a fare la conoscenza di questo nuovo mezzo di comunicazione.
Questi sono i ritmi abbastanza normali per gli utenti di Internet.
La prima caratteristica di Internet è dunque la velocità con la quale vengono diffusi i nuovi
programmi.
Da questo fatto deriva la prima regola: il know-how necessario per lavorare in rete si impara
con gli strumenti presenti sulla rete stessa.
Data la velocità di diffusione, usando i programmi, molti utenti individuano dei problemi, i
famosi bugs, vari malfunzionamenti dei programmi. Veloce quanto la diffusione è anche il
feedback: la casa di produzione riceve le risposte degli utenti in tempo reale, e può procedere a
migliorare il programma in circolazione... Per eliminare i bugs riscontrati dagli utenti, i
programmi vengono aggiornati in continuazione.
Da qui scaturisce la seconda regola: procurarsi all’ultimo momento il programma con il quale
si intende lavorare, vale a dire, non una settimana prima dell’inizio dei lavori, ma un giorno
prima, oppure – perché no? – dieci minuti prima di iniziare a scrivere. Si tratta del principio del
Just in Time, essenziale per tutti i progetti didattici recenti.
In Internet la regola del Just in Time è d’obbligo, anche perché i programmi nascono tutti i
giorni e bisogna aggiornarsi di continuo. Giungiamo così alla terza regola. E’ ormai chiaro che
lavorare in rete presuppone la rete come strumento di lavoro, di aggiornamento e di
apprendimento. La rete è immensa. Tra poco, su Internet viaggeranno più dati che non su tutte
le linee telefoniche del mondo messe insieme. Navigare senza guida equivarrebbe ad usare un
sistema telefonico in cui tutti i numeri del mondo fossero in una rubrica telefonica unica, senza
ordine alcuno, né alfabetico, né di altro genere.
La terza regola è la più importante. Chi entra in rete ha bisogno di una guida di fiducia. La
pagina tipica Web si presenta infatti con vari riferimenti ad altre pagine che il gestore di quella
pagina ritiene di interesse anche per gli altri.
L’essenza della rete, così come è venuta a realizzarsi negli ultimi due anni, sta nel desiderio di
cercare persone dagli interessi affini e di metterli in contatto tra loro. Poiché il collegamento in
gergo si chiama link, la natura del Web si può illustrare con la frase
LINKS TO FRIENDS

Collegarsi con qualcuno di cui si ha fiducia è il fondamento della “cultura” della rete.
Con l’aiuto di amici fidati affrontiamo la ricerca della nuova versione del programma, del
server a noi più vicino dove trovare il programma perché lo possiamo copiare senza bloccare il
computer per mezza giornata, troviamo persone interessate agli stessi problemi che stanno a
cuore a noi, e troviamo le fonti di informazioni scritte e sonore più interessanti senza perderci
nei meandri della ragnatela gigantesca che ha ormai coperto il mondo intero con le più svariate
ramificazioni.

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I partecipanti al nostro convegno privi di esperienza specifica hanno iniziato la navigazione su
Internet senza bisogno di alcuna istruzione da parte del docente. Dopo pochi minuti erano
collegati con computer in Germania, negli Stati Uniti, o in qualsiasi altra parte del mondo. Per
muovere i primi passi hanno usato una dispensa di quattro pagine.
Dopo le prime esperienze, diciamo pure, dopo i primi 30 minuti con il nuovo strumento di
lavoro, l’ex utente novizio, ormai divenuto esperto, è perfettamente in grado di istruire i nuovi
arrivati. In realtà, forse, non pensa affatto a farlo, perché ritiene di non essere all’altezza di un
simile compito.
Ebbene, poiché gli strumenti informatici sono ridotti al minimo (in effetti per far funzionare il
“navigatore” bastano pochi click del mouse), la competenza richiesta agli utenti del Web è la
comunicazione.
L’unica difficoltà usando il WWW è di ordine comunicativo. L’utente alle prime armi è
chiamato a rispondere alla sfida mettendo a frutto la propria competenza comunicativa. E se,
forte di questa competenza, è pronto a diventare a sua volta istruttore, non dovrebbe esitare a
farlo e considerarsi utente della rete alla stregua di qualsiasi esperto.
Sin dal primo momento il novizio rivela l’altra faccia di se stesso: è novizio ma al tempo stesso
esperto, e potrà vivere l’esperienza di Internet da esperto e non da principiante.
A questo punto mi viene in mente il modo esemplare di incontro tra estranei che vige nelle
culture arcaiche, ripreso da Eugenio Barba come momento importante dell’antropologia
teatrale. Mi riferisco all’incontro con lo scambio di doni, il baratto. L’essenza culturale del
baratto sta nell’uguaglianza dei partecipanti.
In Internet, il baratto consiste nel diventare subito esperto per poter dare un contributo alla
crescita degli altri utenti. Nel caso specifico il baratto consiste nel diventare gestore di una
pagina “degna della fiducia altrui” alla quale gli altri possono fare riferimento.
Quello che vale per il docente che si avvicina alla rete, vale anche per gli studenti. La cultura
del WWW sollecita in prima istanza le capacità comunicative; la curiosità intellettuale spinge a
compiere semplici gesti con il mouse che porteranno a destinazioni sempre nuove. Anche lo
studente è chiamato a collaborare, a prendere delle decisioni in piena autonomia, nonché ad
assumersi la sua parte di responsabilità quando entra in contatto con gli altri.
Gli sviluppi di Internet degli ultimi 12 mesi ne fanno risaltare il tratto dominante: la
democratizzazione dell’informazione. Tutti possono partecipare offrendo informazioni oppure
usufruendo delle offerte. Grazie ai programmi della Progressive Networks, questa caratteristica
include oggi anche la diffusione dell’audio. Per allestire una piccolissima stazione radio sul
proprio server, in modo da farsi ascoltare in diretta nel più remoto angolo della terra, bastano
meno di due milioni di lire.
Per non sfociare nell’anarchia, la democrazia intesa con il grado di compiutezza che la
caratterizza in Internet necessita di regole di comportamento ferree, regole che il singolo utente
deve sentire il bisogno di seguire per garantire il successo altrui.
Con la rete WWW disponiamo oggi di uno strumento che offre autonomia e libertà a tutti.
Nella lettera ai giovani poeti, l’anziano Goethe ricordava l’ansia di libertà dei giovani a lui
contemporanei e ammoniva: “Dichiarare la propria libertà è una grande presunzione, perché si
dichiara al contempo di volere dominare se stessi; e chi mai sarebbe in grado di fare tanto?” E
Goethe continua con le parole che possiamo ascoltare come se fossero pronunciate riferendosi
alla nostra situazione: “Ai miei giovani amici poeti dico solo questo: voi in effetti non
sottostate ad alcuna norma, allora dovete darvene una voi stessi.”
Internet è un formidabile strumento di liberazione e di autonomia. Adesso tocca a noi
dimostrare, nei piccoli gesti quotidiani, nel modo in cui sfruttiamo le risorse, attraverso il
rigore con cui scegliamo i contenuti da offrire in rete, di possedere la forza e il coraggio di far
crescere il nostro senso di responsabilità senza il quale la libertà perde il suo valore.

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Note
Die unklugen Gelehrten, die geradewegs vom allgemeinen Wahren auf das Einzelne losgehen,
durchbrechen die Verschlingungen des Lebens. Die Klugen aber, die über die Unebenheiten
und Unsicherheiten der Praxis das ewige Wahre erreichen, nehmen, da es auf geradem Wege
nicht möglich ist, einen Umweg; und die Gedanken, die sie fassen, versprechen für lange Zeit,
soweit es die Natur zuläßt, Nutzen.
G. B. Vico, Vom Wesen der geistigen Bildung (lateinisch-deutsche Ausgabe), übertragen von
Walter F. Otto. Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1974, p. 63.
G. B. Vico, De nostri temporis studiorum ratione, cap. VII,in: Opere, a c. di A. Battistini,
Mondadori 1990, vol. I, p. 132.
“I dotti avventati che dai veri universali scendono direttamente ai veri particolari, restano
impigliati nelle contingenze della vita. Ma i sapienti, i quali, pur tra le tortuosità e le incertezze
della vita pratica, mirano sempre all’eterno vero, quando riesca loro impossibile prendere la via
retta, aggirano l’ostacolo e prendono decisioni utili a lunga scadenza e per quanto naturalmente
possibile.”
“I dotti imprudenti, poi, i quali direttamente si orientano verso le verità peculiari attraverso il
vero in generale, naufragano tra le anfrattuosità della vita. Ma i sapienti, che attraverso le
ambiguità e le incertezze della pratica si tengono stretti alla verità eterna, se non possono andar
diritti alla meta, girano gli ostacoli ed escogitano accorgimenti utili per il futuro per la durata
che la natura consente.” (traduzione di V. de Ruvo, Padova, CEDAM 1941, p. 36).
R. Titone, Presentazione, in: B. Price Little (a c. di), Per una lingua in più. Saggi
sull’insegnamento della lingua straniera per adulti, Armando Editore, Roma 1995, p. 7.

J. Drumbl, Just in Time: imparare quando occorre - per tutta la vita, in: "Giornale di Brescia",
17 novembre 1995, p. 5 [http://www.bs.unicatt.it/daf/time.htm].

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